BS 1890s|1892|Bollettino Salesiano Settembre 1892

ANNO XVI - N. 9.   Esce una volta al mese.   SETTEMBRE 1892

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano -Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario.

Cristoforo Colombo.

Monsignor Cagliero ed altri Missionari Salesiani in Italia.

Gli antichi allievi di D. Bosco all' Oratorio. INGHILTERRA. La prima pietra della nuova Chiesa del S. Cuor di Gesù a Londra.

SPAGNA. Un altro Oratorio festivo a Gerona. FRANCIA. Caritatevoli industrie dei Cooperatori Salesiani di Nizza Marittima.

Notizie dei nostri Missionari. - Dalla Terra del Fuoco, Chili, Argentina ed Equatore.

BETLEMME. Dall' Orfanotrofio della Sacra Famiglia. Notizie varie.

Don Michelangelo Braga.

Cooperatori defunti.

AVVISO

Crediamo bene d'avvertire nuovamente i nostri benemeriti Cooperatori e Cooperatrici che, per essere più prontamente serviti nelle loro richieste, sarà bene che per libri o musica si indirizzino alla Libreria Salesiana, per immagini, medaglie, crocifissi, statuette, corone e simili al Magazzino di somministranze, per istampa di libri, opuscoli ecc. alla Tipografia Salesiana, per accettazioni o raccomandazioni di giovani o pagamento di pensioni alla Direzione dell'Oratorio Salesiano, infine per inscrizioni di nuovi Cooperatori, rettificazioni d'indirizzi del Bollettino o reclami pel medesimo alla Direzione del Bollettino Salesiano.

Tutti questi diversi uffici sono in Torino, via Cottolengo, N. 32.

CRISTOFORO COLOMBO

Colombo è nostro.

(LEONE XIII. Encicl. Quarto abeunte saeculo).

IL quarto Centenario della scoperta dell'America vien festeggiato con uno splendore di solennità che trova un'eco nei due mondi. Questo concerto d'entusiasmo è un vero trionfo, perchè è segnato di un carattere innegabile dì soprannaturale. Tale scoperta, sia in se stessa, come avuto riguardo al suo autore ed alle conseguenze per la Religione cristiana, porta l'impronta di Dio. D'altronde, una voce augusta ha determinato, con una parola piena di grandezza e di santo orgoglio, la natura di quest'allegrezza che fa trasalire le anime nell'universo intiero. Colombo è nostro, disse Leone XIII. Questa rivendicazione, fatta in nome della Chiesa cattolica dal Vicario di Gesù Cristo, è il più bel titolo di gloria dell'immortale navigatore ; essa fu ripetuta dall'intiera Cristianità, lieta di mandare a sua volta quel grido di gioia uscito dal cuore del Sommo Pontefice.

Figli d'un padre che sapeva rendere proprii e i dolori e le allegrezze della Chiesa, noi abbiamo il dovere di rallegrarci dello splendore che il trionfo del Christo ferens getta sopra di essa ; la divina opportunità poi di questo trionfo contiene insegnamenti che sono per noi, figli di Don Bosco, come un patrimonio, e nel medesimo tempo come una regola di condotta ed un incoraggiamento.

I.

Cristoforo Colombo ha radunato in sè tutte le grandezze. In lui, l'uomo di genio è divenuto apostolo, perchè era fervente cristiano.

L'avvenimento che noi ricordiamo è uno di quelli che debbono glorificare il loro autore. « Poichè il fatto è in se stesso il più grande e meraviglioso di quanti mai si videro nell'ordine delle cose umane: e l'uomo che recollo a compimento non è paragonabile che a pochi di quanti furono grandi per tempra d'animo e altezza d'ingegno. Surse per lui dall'inesplorato grembo dell'Oceano un nuovo mondo : milioni di creature ragionevoli vennero dall'oblio e dalle tenebre a integrare la famiglia umana ; di barbare , fatte mansuete e civili ; e, quel che infinitamente più importa, di perdute che erano, rigenerate alla speranza della vita eterna, mercè la partecipazione dei beni sovranaturali recati in terra da Gesù Cristo. - L'Europa, percossa allora di meraviglia alla novità e grandezza del subitaneo portento, fece poi giusta stima di quanto essa deve a Colombo, mano mano che le colonie stabilite in America, le comunicazioni incessanti , la reciprocanza di amichevoli uffizi e l'esplicarsi del commercio marittimo diedero impulso poderosissimo alle scienze naturali , alla possanza e alle ricchezze nazionali , con incalcolabile incremento del nome europeo (1). »

L'apostolato è più grande del genio. « Delle cose divine la più divina quella si è di cooperare con Dio a salvare le anime (1). » L'eroe che il mondo celebra in questo quarto Centenario non ha diminuito i meriti di nessuno dei suoi predecessori ; ma tra gli uni e l'altro passa una notevole differenza. « La nota caratteristica di Colombo sta in questo che, nel solcare e risolcare gli spazi immensi dell'Oceano, egli aveva la mira a maggior segno che gli altri non avessero. Non già che nulla potesse in lui la compiacenza nobilissima di avanzar nel sapere , di ben meritare della umana famiglia ; non che tenesse in non cale la gloria, i cui stimoli chi è più grande più sente, o che disprezzasse affatto la speranza de' materiali vantaggì ; ma sopra tutte queste ragioni umane campeggiò in lui il sentimento della religione de' padri suoi, dalla quale ei prese senza dubbio l'ispirazione del grande disegno, o sovente nell'ardua opera di eseguirlo ne trasse argomenti di fermezza e conforto. Imperocchè è dimostrato ch'egli intese e volle massimamente questo : aprir l'adito all'Evangelo per mezzo di nuove terre e nuovi mari (2). » Questo ardore di apostolato è in cima a tutti i suoi pensieri , anima tutti i suoi passi. Procurare la gloria di Dio, è questo un bisogno che tormenta la sua grande anima, sprona il suo nobile ingegno e accende nel suo cuore una fiamma che doveva illuminare e riscaldare popoli innumerevoli. Nelle sue relazioni coi re di Spagna e col Sommo Pontefice, la propagazione del Vangelo è il grande affare, la sollecitudine che domina tutte le altre. Le più dure prove non lo abbattono punto. Infine , come dice Leone XIII nell'ammirabile Enciclica di cui abbiamo il testo sott'occhio : « Colombo svelò l'America, mentre una grave procella veniva addensandosi sulla Chiesa; sicchè, per quanto è lecito a mente umana di congetturar dagli eventi le vie misteriose della Provvidenza , l'opera di quest'uomo, ornamento della Liguria, sembra fosse particolarmente ordinata da Dio a ristoro dei danni che la santa fede avrebbe poco stante patito in Europa. » In mezzo ai preparativi del suo viaggio, in ciascheduna delle sue scoperte, come anche nelle sue differenti spedizioni, l'illustre navigatore si dimostrò sempre e soprattutto Apostolo.

E ciò perchè egli era un vero, un grande cristiano; perchè egli si servì meravigliosamente delle grazie sparse dalla divina bontà nell'ambiente, ove nacque alla fede e crebbe nella virtù.

Quest'ambiente evidentemente preparò Colombo alle grandi cose che gli hanno dato nella storia un posta d'onore (3).

Figlio di un operaio cattolico di Genova, scardassiere di lana, Cristoforo trovò nella casa paterna una modesta agiatezza, frutto di un lavoro indefesso e di una probità e vita cristiana, che merìtò le lodi degli stessi storici protestanti. A dieci anni, buono, pio, dotato di grande intelligenza precocemente sviluppata, il fanciullo dimostrava un'indole ardente, facile all'ira ed appassionata. Costante nelle sue idee , egli poteva diventare un valente capo di fazione in un tempo, in cui varii partiti si contendevano il dominio di Genova. Il padre ne vide il pericolo, e s'impose grandi sacrifizi per mandarlo a studiare in Pavia. Ma in capo a due anni, per mancanza di mezzi , il buon operaio fu costretto a richiamare il figlio per metterlo al lavoro nella propria officina.

Le impressioni della giovinezza contribuiscono moltissimo a formare l'uomo. L'atmosfera in cui entrava Colombo non poteva non influire potentemente sulla sua bell'indole.

Il popolo ligure non aspetta nulla dal suolo : che cosa domandare a monti aspri e sterili ? La nautica, l'industria e la manifattura quindi aprono altri orizzonti al genio di questa razza intelligente : e da secoli infatti i Genovesi sono o valenti marinari o eccellenti operai.

Nel medio evo gli operai non erano agglomerati, come oggidì, in vaste fabbriche, ma, lavorando nelle proprie botteghe, eran legati, secondo l'arte che esercitavano, in varie corporazioni, dette Maestranze o Confraternite, vere potenze sociali, costituite sul principio del mutuo soccorso e formate per proteggere gl'individui dalle vessazioni del dominio feudale e per difendere gli interessi professionali di ciascheduno. La nobiltà di carattere che segnalava gli operai d'una volta era uno dei benefizi di queste corporazioni.

Il lavoro era mirabilmente organizzato. Ma ciò che noi vogliamo specialmente far notare si è l'insieme di condizioni richieste per l'ammissione di un candidato a queste corporazioni. Bisognava essere buon cattolico, valente nella propria arte, avere mezzi adeguati per esercitarla e sottoporsi agli usi prestabiliti. Il sentimento religioso era l'anima di queste corporazioni, che avevano ciascheduna la lor chiesa, il loro patrono, la loro bandiera e la lor cassa di risparmio. Un'aura di lealtà cristiana vivificava fino nei minimi particolari la vita operaia. L'esercizio della professione era sorvegliato sotto il triplice aspetto della qualità dei prodotti, dei procedimenti della messa in opera ed anche della vendita, a tal segno, che la parola di un operaio aveva forza di atto notarile. Il bilancio delle corporazioni aveva crediti per le spese del culto, per gli operai disgraziati, le operaie vedove inette al lavoro, le zitelle povere da accasare, l'istruzione pubblica. Ed è così che lo spirito di corpo dava a questo popolo d'operai, insieme col sentimento della propria dignità, una grande fiducia nelle proprie forze e la giusta nozione dei suoi doveri e dei suoi diritti.

Cristoforo Colombo, figlio d'operaio ed egli stesso operaio , si dimostrò sempre onorato di appartenere alla Maestranza del suo mestiere, felice di assumere gli obblighi che imponeva il suo titolo e geloso dei suoi privilegi. Non era forse questo per lui un dovere di stretta riconoscenza? Come si vede, egli doveva tutto all'ardenza di fede dell'ambiente in cui era cresciuto ed alle corporazioni istituite dallo spirito cristiano del medio evo.

Quest' atmosfera benedetta gli mise in cuore tre amori essenzialmente soprannaturali.

In Genova, città piena di conventi, egli apprese a venerare gli Ordini religiosi. Gli Umiliati ed i Francescani, poveri e dedicati ai lavori manuali, fecero fiorire in Italia l'industria della lana; per questo, oltre il rispetto e la gratitudine che loro attirava l'esercizio del santo ministero, i religiosi godevano pur anco presso gli operai il prestigio e la simpatia generale tanto per valentia professionale, come per comunanza di interessi.

Il culto costante e figliale, onde la Chiesa ed il suo Capo visibile furono sempre circondati dai Genovesi, fu per Colombo mira grande scuola di sentire cattolico. Egli ne raccolse con gioia gli insegnamenti e li mise a capo di tutte le sue relazioni coll'Autorità più augusta che esista sopra la terra.

Infine, la splendida corona di Santi, dei quali il nostro eroe era attorniato, non poteva che radicare sempre più profondamente i germi di virtù robusta depostì nell'animo suo presso al focolare paterno. Ricordiamo di passaggio che a quell'epoca e malgrado le disgrazie dei tempi, la città e la Repubblica di Genova diedero alla Chiesa nove Santi e Sante, tra cui sopra tutti risplende S. Caterina Fieschi Adorno.

Un cristiano così formato e prevenuto da tante grazie, poteva egli non adoperare il suo ingegno a diventare un apostolo? E non avrem dunque noi il diritto di ripetere con Leone XIII, all'onore della Chiesa cattolica; Colombo è nostro?

(1) LEONE xiii. Encicl. Quarto abeunte saeculo.

(1) S. Dionigi Areopagita.

(2) LEONE XIII.- Doc. cit.

(3) Quest'ambiente fu descritta da mano maestra dal nostro Sac. G. B. Lemoyne nel suo Cristoforo Colombo (decima edizione interamente rifatta. Torino, Tip. Salesiana; 1,50).

II.

La grandezza di Cristoforo Colombo appartiene alla Chiesa. La solennità, colla quale il mondo intiero celebra il quarto Centenario della scoperta dell'America, è, nell'epoca in cui viviamo, di tale provvidenziale opportunità, che noi dobbiamo qui parlarne.

La Chiesa, vera madre delle anime, le genera tutti i giorni e ad ogni istante alla vita cristiana. Durante i tre secoli di persecuzioni, fu in un bagno di sangue che essa provò le gioie laboriose, ma trionfanti della sua maternità soprannaturale.

Fortificata, e come ringiovanita dai supplizi, essa diede ai suoi figli la parola d'ordine ricevuta dal suo divin fondatore : Andate, predicate il Vangelo ad ogni creatura. I popoli barbari, radunati da un disegno provvidenziale alle porte dell'Impero Romano, erano maturi per la buona novella: la Chiesa li convertì. Queste nazioni diverse avevano delle divinità grossolane, la cui pretesa potenza e il culto vano o crudele scomparvero dal mondo per far luogo nella mente e nel cuore di queste razze incolte, ma robuste e nuove, al dolce impero di Gesù Cristo, al giogo soave della sua legge, al fardello leggiero dei suoi comandamenti.

Nuovi barbari danno alla nostra età lo spettacolo di un'invasione ben altramente formidabile che nol fossero quelle del secolo quarto. Non sono più le orde tumultuanti e feroci, mandate da Dio per rigenerare il inondo romano , decrepito e corrotto , rovesciandolo nella polvere, donde nascerà l'Europa cristiana; l'esercito che dà l'assalto alla società attuale ha i suoi diritti : esso è forte di tutta la sua civiltà fuorviata : anch'esso ha una missione dall'alto, e noi sappiamo che ne ha coscienza. « I portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell'industria; le mutate relazioni tra padroni ed operai ; l'essersi in poche mani accumulata la ricchezza, e largamente estesa la povertà; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici più vivo, e l'unione tra loro più intima; questo insieme di cose e di peggiorati costumi han fatto nascere il conflitto, il quale è di tale e tanta gravità che tiene in trepida aspettazione sospesi gli animi ed affatica l'ingegno dei dotti, i congressi dei savi, le assemblee popolari, le deliberazioni dei legislatori, i consigli dei principi: in guisa che oggi non v'ha questione che maggiormente interessi il mondo (1). »

La Chiesa, che ha le parole della vita eterna, non poteva tacere in presenza di un simile stato di cose, e il suo apostolato è santamente armato contro gli infedeli di tutti i tempi. Senza dubbio, quando si tratta di salvare moltitudini traviate che mandano il grido doloroso: Nè Dio, nè padrone, la questione è difficile e pericolosa. « Difficìle, perchè ardua cosa egli è segnare nelle relazioni tra proprietari e proletari, tra capitale e lavoro, i precisi confini. Pericolosa, perchè uomini turbolenti ed astuti s'argomentano ovunque di falsare i giudizi e volgere la questione stessa a sommovimento dei popoli.

- Comunque sia, egli è chiaro, ed in ciò si accordano tutti, essere di estrema necessità venir senza indugio con opportuni provvedìmenti in aiuto dei proletari che per la maggior parte trovansi indegnamente ridotti ad assai misere condizioni... (1): » « A rimedio di questi disordini ; i socialisti , attizzando nei poveri l'odio dei ricchi, pretendono doversi abolire la proprietà... (2) ».

Il Vicario di Gesù Cristo ha detto ai poveri ed ai ricchi che la soluzione della questione sociale è nascosta in questa parola del Vangelo: Cercate anzitutto il regno dì Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato di soprappiù. E la Chiesa, nel momento in cui applica le sue forze divine ed il suo ardore d'apostolato alla conversione dei proletari sedotti dal socialismo, nell'ora in cui turba con una salutare energia l'egoistica, sicurezza di ricchi infedeli alla lor missione, la Chiesa ha voluto unire la sua nuova impresa alle lotte ed ai trionfi che risplendono attraverso la sua storia.

Cristoforo Colombo ha dato alla Chiesa un mondo nuovo e le anime che Dio vi aveva seminate per la sua gloria. Il quarto Centenario di quel grande avvenimento è dunque prima di tutto la festa della maternità della Chiesa e dell'Apostolato cattolico. Ma, come abbiam detto, se il Christo-ferens è diventato Apostolo, si è perchè fu un grande ed un vero cristiano. Noi abbiam veduto che l'illustre marinaio, figlio di un operaio e uscito dal popolo, fu formato alle sode virtù cristiane in seno della società operaia del medio evo. Noi abbiamo descritto quell'ambiente, in cui la fede pratica faceva produrre alle anime dei frutti ammirabili di santità. Le angoscie della questione sociale non hanno travagliate le generazioni contemporanee di Colombo, perchè l'operaio occupava il suo vero posto nella società e godeva di tutti i diritti che egli ha da Dio, quei diritti che Dio non ha ancor tolti. Con un'opportunità, che è tra le prerogative della Chiesa, questa Madre di tutti e specialmente dei poveri e degli umili di questo mondo, ha voluto ricordare in presenza del socialismo armato e minaccioso, che la Religione cattolica fece di Colombo non solo un cristiano ed un apostolo, ma anche un valente operaio , felice della sua sorte, onorato da tutti e ricolmo di quei beni che il socialismo giammai potrà dare ai lavoranti.

(1) LEONE, XII. Encicl. Rerum novarum.

(1) Ibid. (2) Ibid.

III.

Se il trionfo di Colombo vìene alla sua ora, soprattutto se ha strette relazioni colla questione sociale, deve contenere insegnamenti preziosi e affatto provvidenziali. E noi vogliamo provarci a raccoglierli.

 « Nel passato secolo, soppresse le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in lor vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi, venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che a poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi e in balìa della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male una usura divoratrice, che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa, continua lo stesso, sotto altro colore, per fatto d'ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tantochè un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all'infinita moltitudine di proletari un giogo poco men che servile (1)».

Noi abbiam veduto qual parte religiosa e sociale avevano nel medio evo e a favore della classe operaia le Maestranze o Confraternite. La soppressione di questi elementi protettori ha reso possibile lo stato desolante, in cui noi troviamo l'operaio del nostro tempo.

La Chiesa si è commossa. Preoccupata per ridonare un Dio e padroni cristiani alle moltitudini che penano, essa ha fondato dappertutto Società aventi per missione di risuscitare in mezzo al popolo la vita cattolica e di spargervi i benefizi, che nel medio evo derivavano dalle corporazioni come da fonte abbondante e pacifica. In virtù della sua fecondità divina e della sua giovinezza soprannaturale sempre rinnovata, la Chiesa si adatta con un affetto tutto materno e un tatto infinito alle miserie, ai bisogni , agli entusiasmi ed alle lotte dei tempi, cui essa deve informare per guadagnar anime a Dio.

La sua azione si manifesta in un modo particolare e sovente con immenso vantaggio delle anime per mezzo de' suoi membri eletti. Quasi sempre questi sono i Santi. Ma ancorchè il popolo cristiano non veda ancora i suoi benefattori sugli altari, egli comincia ad onorarli nel suo cuore. Se il Papa degli operai metterà un giorno nel numero dei Beati l'umile figlio dello scardassiere genovese, che ha scoperto un mondo, gli operai saranno glorificati in lui e comprenderanno meglio che l'operaio ha bisogno di un Dio e di un padrone, ma del Dio vero e di un padrone cristiano.

Ai nostri giorni, un uomo che è nostro padre ha dato anch' esso al mondo maravigliato una prova delle sollecitudini materne della Chiesa pei piccoli, i poveri e gli abbandonati. Come non ricordare qui che il venerato nostro Don Bosco ha consacrato alla gran causa degli operai quanto trovò nell'anima sua di fede , di zelo e di devozione? La riabilitazione del lavoro per mezzo della religione conosciuta e praticata, è questa la parola d'ordine lasciata da Don Bosco alla sua posterità religiosa. I nostri cari Cooperatori sono anch' essi figli di Don Bosco ; ne danno prova prestando con una generosità instancabile il loro appoggio caritatevole all' esercito salesiano di prima linea. Come tutti i veri figli della Chiesa, essi han ripetuto con esultanza la parola di Leone XIII : Colombo è nostro ! L'apostolato, al quale la Chiesa applica nei nostri tempi le sue forze vive, l'apostolato cioè verso gli operai, sarà fecondo e largamente benedetto, perchè la Provvidenza sta preparando visibilmente l'apparizione di un mondo ancor nascosto ai nostri occhi ed in cui Dio verrà servito dall'operaio ridivenuto cristiano, rialzato ai suoi proprii occhi, di nuovo nobilitato, vale a dire rimesso in possesso dei diritti che godeva al tempo delle corporazioni.

Quando questo mondo nuovo si rivelerà nel suo splendore di grazia alla Cristianità estatica, i figli di Don Bosco potranno ricordarsi non senza gioia che il loro amatissimo padre consumò la vita e le forze in cerca delle sponde di una terra fino allora sconosciuta ; e se la storia, la voce dei popoli e la voce della Chiesa attesteranno che Don Bosco fu, per parte sua, il Christo ferens delle regioni dove egli ha rivelato il lavoro cristiano, noi diremo del nostro padre con un'esultanza, il cui pensiero solo è già una benedizione : Colombo è nostro !

(1) LEONE XIII. Encicl. Rerum novarum.

Monsignor CAGLIERO E ALTRI MISSIONARII SALESIANI IN ITALIA.

IL giorno 6 del testè decorso Agosto sbarcava felicemente a Genova il nostro amatissimo Monsignor Giovanni Cagliero, Titolare di Magida e Vicario Apostolico della Patagonia centrale e settentrionale. L'accompagnavano i nostri cari Missionari D. Domenico Milanesio, proveniente dalle Missioni del Rio Negro, e D. Giuseppe Beauvoir, proveniente dalla Terra del Fuoco. Giunsero inoltre alcuni selvaggi della Patagonia e della Terra del Fuoco e due Indiette Patagone accompagnate da due Suore di Marìa Ausiliatrice.

L'arrivo di Monsignor Cagliero a Torino ebbe luogo il lunedì seguente, 8 Agosto.

Noi l'aspettavamo ansiosi ed ogni ora che ancora ci separava da lui ci parea mill'anni. Gli archi pavesati a festa, i drappi, le bandiere nostrali ed estere che con brillanti colori svolazzavano distribuite in sorprendente armonia, i canti ed i suoni non erano che l'ombra della gioia e della festa grandissima che dominava gli animi nostri e quelli dei nostri giovanetti.

Come descrivere l'incontro desideratissimo di Monsignor Cagliero col Sig. D. Rua e con gli altri Superiori Salesiani? Come dire degli entusiastici evviva di cui tutto l'Oratorio andava risuonando?

Dopo un breve saluto ed omaggio lettogli da uno dei nostri giovanetti, Mons. Cagliero ci comunicava il saluto di un popolo di fratelli ed amici che lavorano sotto la bandiera Salesiana nella lontana America. Udimmo altra volta la sua calda parola tutta improntata d'affetto e di spirito apostolico, piena di santo entusiasmo per la Chiesa e per la cara memoria del compianto D. Bosco.

Oh, se il buon padre ancor vivesse, andavamo pensando, qual gioia, qual piena d'affetti nel suo gran cuore ! Ma egli, sebben volato a Dio, non si rese straniero a noi, quindi la sua gioia e la sua esultanza si sarà al certo unita agli evviva dei suoi cari figli.

Il giorno 14 dello stesso mese accogliemmo pure con gran festa i carissimi nostri Salesiani Sac. Prof. D. Luigi Lasagna, Ispettore delle case nostre dell'Uruguay e del Brasile, e D. Carlo Peretto Parroco e Direttore Salesiano in Lorena (Brasile) venuti anch'essi in Europa per urgenti interessi.

Al rivedere questi cari nostri fratelli, all'udirli, al dolce trattenerci con loro proviamo ineffabile consolazione e con volo spontaneo corriamo sempre con maggior frequenza agli altri quattrocento e settanta che abbiamo nelle lontane Missioni d'America, e c'interroghiamo: Quando li rivedremo tutti? Quando potremo tutti insieme riunirci in santi festeggiamenti? La fede nostra si riaccende e già ci par di gustare la eterna gioia e le interminabili feste, che ci attendono in Cielo, se saremo fedeli nel compiere le sante imprese che Iddio ci ha affidate.

Oh ci aiutino i cari fratelli d'America, d'Asia, e d'Africa colle loro preghiere ed apostoliche fatiche a ottenere un tanto premio a tutti noi ed a quanti amici e benefattori ci aiutano a sostenere ad a diffondere per tatto il mondo le istituzioni del compianto nostro Fondatore e Padre.

GLI INDIGENI provenienti dalle nostre missioni d'America.

Gl'indigeni partiti con D. Beauvoir dalla Terra del Fuoco per l'Italia erano una famiglia, composta del marito e moglie con un bambino ed una bambina, più due vispi ragazzetti, provenienti tutti dai canali dell'Arcipelago Fueghino, tranne uno dei ragazzetti che è della Tribù degli Onas. Disgraziatamente pel cangiamento del clima soccombette la madre in Montevideo, lasciando in mani caritatevoli la bambina lattante di 4 mesi. Resta il padre con un figliuoletto di cinque anni, che pure sofferse pel viaggio, ed il suo fedele schauh, ossia un pelluto bianco di faccia volpina, valente cacciatore di nutria in quelle gelide temperature. Questi vestono il loro costume selvaggio, con pelli di foca e di guanaco e portano l'arco e la freccia. I due ragazzetti sono sui dieci anni e già abbastanza educati nella Missione salesiana dell' Isola Dawson e in Puntarenas nello stretto di Magellano. Essi parlano discretamente la lingua spagnuola, e, lasciate le loro pelli, arco e freccia, vestono gli abiti del civilìzzato e cominciano a leggere e scrivere con soddisfacente calligrafia.

Dalla Patagonia Mons. Cagliero condusse un giovane patagone sui 17 anni di nome Santiago Melipan. Questi si battè gloriosamente con le armi argentine nel 1882 e vinto fuggì nelle impenetrabili gole. Tutta la sua famiglia e la sua disfatta tribù, in numero di trecento, furono presi prigionieri, spogliati dei loro utensili ed ornamenti d'argento, e privi dei loro numerosi armenti furono condotti in Chichinal, presso il Rio Negro. Mons. Cagliero ed i missionarii Salesiani li hanno istruiti e battezzati nel 1886, insieme ai 700 della tribù del Cacico Sayueque. Santiago parla bene la lingua spagnuola, capisce l'italiano, ed oltre essere buon calzolaio, è anche valente musico.

Inoltre colle Suore di Maria Ausiliatrice vennero pure due giovanette, una figlia e l'altra cugina del Cacico Sayueque. Queste due Indiette, Severina e Joseppa, con altre della tribù, furono ricevute ed educate nelle case di dette Suore della Patagonia. Parlano l'idioma di Castiglia, cantano bene e lavorano meglio, avendo in Viedma, capitale del Rio Negro, preso il premio nei lavori di ricamo in bianco. Vestono un tessuto senza maniche. che copre la loro persona, con una cintura ricamata con gingilli di vetro e di argento, ed una cappa che loro scende dalle spalle a i piedi; e, siccome sono discendenti di Araucani e di famiglia cacica, vanno adorne di grandi spilloni, collane e braccialetti ai polsi ed ai piedi e tutto d'argento. Esse sanno la dottrina cristiana anche in lingua araucana e recitano abbastanza bene le preghiere in latino ed in italiano.

GLI ANTICHI ALLIEVI DI D. BOSCO.

GIORNI giocondi e pieni di lietissima festa furono pel nostro Oratorio di Torino la domenica 31 luglio e il giovedì 4 agosto testè decorsi, nei quali tanti antichi allievi di D. Bosco, aderendo all'invito del signor D. Rua , riunivansi presso di noi ad agape fraterna.

Ritornavano a quell' Oratorio, nel quale avevan passati anni felicissimi alla scuola di quel D. Bosco, la cui memoria vive profondamente scolpita nei loro cuori e vi suscita sempre grande riconoscenza e santi entusiasmi.

Parroci, canonici , magistrati , professori, commercianti , operai, che da dieci, venti, trent' anni erano partiti dall' Oratorio di D. Bosco, ed avevan portato in mezzo alla società i frutti della preziosa educazione nel medesimo ricevuta, ora convenivano insieme con nobile pensiero di ravvivare i dolci legami di santa amicizia con gli antichi compagni e superiori, e con quella pia società, che, quale perpetuazione vivente di D. Bosco, tiene vivo lo spirito e va amplificando per tutto il mondo le benefiche istituzioni dell'indimenticabile loro Maestro e Padre.

Il giorno 24 giugno, come già accennammo in altro numero, avevan presentato al signor D. Rua un ricco dono, ma non avevan potuto convenire in gran numero, nè parlare quanto il loro cuore avrebbe desiderato. Ora invece tutto il tempo era per loro; quindi alla levata delle mense piovvero a iosa i brindisi ed i discorsi, tanto il giovedì in cui la maggioranza era di sacerdoti, quanto la domenica in cui abbondavano i laici. Non potendo far cenno di tutti, riprodurremo un brano del discorso del Rev.m'° Teol. D. Antonio Berrone, Canonico dell'insigne Congregazione del Corpus Domini in Torino, donde vennero in questo secolo il Ven. Cottolengo e l'illustre predicatore Can. G. B. Giordano.

L'oratore dopo alcune pagine piene di caldi affetti e nobilissimi pensieri, alludendo al regalo offerto dagli antichi allievi in quest'anno, consistente in un ricco strato, così continuava:

Il Reale Salmista in uno de' suoi slanci di preghiera, o precisamente nel salmo LXII, rivolgendosi a Dio gli diceva : Se io mi sono ricordato di te sul mio strato (che vuol dire : sul mio letto), anche nel mattino mediterò sopra di te: perchè tu fosti il mio aiuto : « si memor fui lui super stratum mena, in matutinis meditabor in te: qui a fuisti adiutor meus » 6 7. Orbene, collo strato nostro nel Santuario di Maria, sul quale, come sopra di un letto, riposeranno i nostri pensieri e i nostri affetti, noi diremo continuamente a D. Bosco: Ecco che noi ci ricordiamo di te e a te pensiamo, non solo nella notte e di buon mattino, ma anche a mezzodì e alla sera di nostra vita, e in tutti i giorni del viver nostro; e perchè ? perchè tu fosti il nostro aiuto : quia fuisti adiutor meus ».

Sì, o Signori, D. Bosco è stato il nostro aiuto; e chi è di noi che non senta tutta la potenza e l' efficacia di questo aiuto provvidenziale che D. Bosco ci porse, specialmente nella maschia e religiosa educazione ricevuta da Lui? Non è a Lui che noi dobbiamo la formazione del nostro carattere, il retto indirizzo nella nostra condotta, la giusta misura nei nostri costumi, e quella tempra coraggiosa e forte, che ci sostiene e ci rinfranca nell'adempimento dei nostri doveri religiosi e civili?

Massimo d'Azeglio, nel libro intitolato I miei ricordi, in mezzo a molte idee balzane in fatto di religione e di politica, ha pure dei momenti felici. Fra le altre cose egli scrive: « Oltre il ministro della pubblica istruzione ci vorrebbe pure il ministro della pubblica educazione; il primo per fabbricare scienziati, il secondo per fabbricare i galantuomini ». E più sotto : « Si deve imprimere nel cuore dell'allievo, per mezzo del dogma, quel senso cristiano del bene e del male, che è pur sempre la base della società moderna, e la sola guarentigia di quel benessere ripartito abbastanza egualmente, che è la più vasta applicazione del primo dei precetti evangelici, la carità ».

Orbene, D. Bosco è stato per noi non solo il ministro della istruzione, ma specialmente il ministro della educazione, anzi, più che il ministro, il padre. Colla sua paterna sollecitudine egli seppe informare il nostro cuore a quel senso cristiano del bene e del male, che non solo, giusta il citato autore, è la base della società moderna, e la salvaguardia del benessere sociale, ma è altresì la sorgente e il custode della individuale felicità. Ecco in qual modo D. Bosco è stato il nostro aiuto: « quia fuisti adiutor meus ».

Questo aiuto è di un valore tale, che non si potrà mai apprezzare abbastanza. Date uno sguardo ai frutti che produce una educazione senza Dio e una istruzione senza religione, e dal confronto si potrà valutare alquanto la preziosità dell'aiuto che D. Bosco ci diede.

La precoce sfacciataggine dei fanciulli, il cinismo dei giovani, la scostumatezza degli adulti, il numero dei delinquenti e dei malfattori che si moltiplica in modo spaventoso, lo spirito di ribellione che si estende, le masse che si sollevano minacciose, la società che trema impaurita e si avvia a gran passi alla sua rovina ; ecco i frutti della istruzione e della educazione senza religione e senza Dio.

« La scuola senza religione, esclama il Tommaseo, non è scuola, ma tana », e nelle tane non si allevano che le bestie. Il celebre Portalis, grande giureconsulto e grande uomo di Stato, diceva in faccia ai seguaci di Voltaire dalla tribuna francese : « È omai tempo che le teorie tacciano dinanzi ai fatti. Nessuna istruzione senza educazione, senza morale e senza religione. Dacchè si proclamò che non si deve parlare di religione nella scuola, i fanciulli non hanno più idea di Dio, non hanno più nozione del giusto e dell'ingiusto. Di qui costumi barbari, e ben presto un popolo feroce ». Ah ! dunque, grazie o D. Bosco, grazie del tuo prezioso aiuto. Tu ci hai salvato dalla barbarie « quia fuisti adiutor mens. ».

Da lunga pezza ci hanno abituati a sentirci chiamare i biricchini di, D. Bosco. Ebbene noi accettiamo il titolo, che altamente ci onora. Perchè biricchini di D. Bosco, non vuol già dire monelli scapestrati, nè tanto meno vuol dire malfattori, no. Biricchini di D. Bosco vuol dire, Sacerdoti di specchiata virtù, come D. Rua, i membri del Capitolo superiore e tutta la falange illustre dei sacerdoti salesiani. Biricchini di D. Bosco vuol dire, Missionari coraggiosi e zelanti, come Monsignor Cagliero e tutta la nobile schiera dei Salesiani d'oltre mare. Biricchini di D. Bosco nella immensa maggioranza degli individui, e fatte pochissime eccezioni, vuol dire: giovani costumati e pii, uomini onesti e religiosi, cristiani senza rispetto umano, sudditi fedeli, operai laboriosi, padroni coscienziosi, negozianti senza frode, impiegati integerrimi, cittadini probi; vuol dire in una parola, elementi d'ordine. Quando la società sia composta di biricchini di questa fatta, avrà raggiunto l'apogeo del benessere e della felicità.

Questo, o Signori, è l'aiuto preziosissimo che Don Bosco continua a porgere alla società per mezzo della saggia educazione che imparte nelle sue case alle centinaia di migliaia de' figli suoi:

« quia fuisti adiutor meus ».

L'oratore interrotto a quando a quando da fragorosi applausi, finiva riepilogando a nome di tutti gli antichi allievi di D. Bosco i comuni loro sentimenti di amore, di riconoscenza, di attaccamento e di venerazione nel classico grido di: W. D. Bosco ! W. D. Rua! W. l'Opera dei Salesiani!

Noi applaudiamo di gran cuore a questo nobile esempio di affetto e di riconoscenza di questi cari nostri amici, e ci uniamo anche noi con loro al classico grido di D. Bosco! W. D. Rua ! implorando nel tempo stesso da Dio ogni benedizione sopra gli antichi allievi di un tanto Padre e sopra i Salesiani loro fratelli.

Facciamo poi speciali congratulazioni con la Commissione Direttiva di feste così dolci e soavi al cuore per la felice riuscita delle medesime, e facciamo caldi voti che altri molti degli antichi allievi di D. Bosco, rispondano al nuovo suo appello, che qui di buon grado riproduciamo

« La Commissione Ordinatrice delle annuali dimostrazioni a Don Michele Rua nella ricorrenza dell'onomastico di D. Bosco, saputo per esperienza che oltre ai molti aderenti altri ancora concorrerebbero a queste simpatiche feste, se loro venissero fatte conoscere in un con lo spirito di esse ; prega caldamente tutti i cari amici ad adoprarsi presso i loro conoscenti, che sapessero aver già un tempo appartenuto all'Oratorio, perchè questi pure abbiano agio a porgere ogni anno il tributo dell'affetto e della riconoscenza loro alla memoria santa di D. Bosco; e così aver occasione di rivedere qualche volta gli amati Superiori e gli antichi compagni. »

Per informazioni rivolgersi a qualcuno dei seguenti membri componenti la sullodata Commissione

GASTINI CARLO pres. GIARDINO ANDREA FUMERO LUIGI SANDRONE GIUSEPPE REVIGLIO Teol. FELICE REANO GIUSEPPE

PIANO D. GIOVANNI   ALASIA MATTEO ANFOSSI Cav. Can. GIO. CASASSA SECONDO BERRONE Can. ANTONIO FABRE Prof. A. Segret.

INGHILTERRA

La prima pietra della nuova Chiesa del S. Cuore di Gesù in Londra.

NEL gennaio di quest'anno l'amatissimo nostro Superiore D. Rua tra le opere di somma urgenza proposte alla intelligente carità dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane caldamente raccomandava la fabbrica d' una Chiesa per la nostra Missione di Londra.

« La Cappella di legno e ferro che serviva fin qui di Chiesa parrocchiale (così scriveva egli nella sua lettera annuale ai Cooperatori e Cooperatrici Salesiane) è divenuta insufficiente pel numero sempre crescente di fedeli. Di più, le Autorità di quella capitale non permettono più che si funzioni in simile chiesuola, ma pretendono che se ne costruisca una in muratura... Vano è sperar notevoli soccorsi là dove le opere cattoliche son tutte onerate di debiti, e dove pure, in mezzo ai protestanti, non è a dire quanto sia necessaria l' opera nostra... io non ho altra speranza che nella Divina Provvidenza e in voi, benemeriti Cooperatori e pie Cooperatrici. »

Fidati in questa Divina Provvidenza e nei suoi ottimi procuratori e procuratrici , che non verranno certamente meno nel soccorrere quest' opera di Apostolato cattolico, quei nostri confratelli, trovato un luogo adatto e comodo, tosto ne fecero scavare le fondamenta ed il 3 Agosto u. s. con pompa solenne ponevano la prima pietra di quella nuova Chiesa, che verrà dedicata al Cuore Sacratissimo di Gesù, e della quale presentiamo il disegno qui di fronte.

Eccone la relazione che ci mandarono

REvmo. SIG. RUA,

Finalmente le belle speranze concepite, i voti ardentissimi di noi tutti cominciano ad effettuarsi.

Il giorno tre agosto segna una data memorabile nella cronaca di questa Casa e lascia un'impressione duratura come di un importante avvenimento lungamente sospirato.

Ella, cui è ben noto il gravissimo bisogno, anzi necessità, in cui ci troviamo di un edifizio adatto al culto per i cattolici di questo popolosissimo borgo, troppo ben fornito di templi, cappelle, sale di sétte d'ogni colore, Ella, dico, potrà immaginarsi la gioia nostra e dei nostri poveri parrocchiani invedere solennemente collocata la pietra fondamentale della nuova Chiesa del Sacro Cuore.

Si desiderava di dare alla cerimonia la maggior solennità che per noi si potesse; tanto a consolazione dei cattolici , cui tali funzioni tornano come un benefico raggio di luce a chi visse lungo tempo nelle tenebre, ed anche per lasciare negli altri che v'accorressero qualche impressione della maestà dei nostri riti. Il luogo fu preparato a festa e venne tosto gremito da numerosi fedeli ed anche da protestanti trattivi da curiosità , mentre altri, dalle finestre delle case circostanti, tenevano gli occhi fissi su quel nuovo spettacolo.

Alle quattro pom., preceduto da Crocifisso, accoliti e numerosi sacerdoti, spuntò la veneranda e paterna figura del nostro Vescovo Monsignor Butt, accompagnato dai Sacerdoti della Casa. Tutti presero posto sul palco appositamente eretto.

Il rito pel collocamento della pietra fondamentale, come tutti gli altri della nostra S. Religione, è maestoso e pieno di altissimi sensi; ma in questa circostanza parevami guadagnasse assai in forza di significato ed effetto. A vista di tanti templi di sétte svariate, che pretendono ciascuna d'essere la vera Chiesa fondata da Gesù Cristo, sétte tutte a cui la Chiesa Cattolica può dire Voi siete nate ieri ed io coi secoli; in questa circostanza, dico, il collocamento della pietra fondamentale di questa chiesa era un fatto eloquente e s'appresentava alla mente come una condanna, una profezia, un trionfo. L'unità, la perpetuità, la santità della Chiesa implorate e significate dalle orazioni recitate dal santo Ministro facevano spiccato contrasto colla disunione, instabilità e sterilità delle trecento sétte che si dividono e contrastano questo popolo, tralci divelti dalla Vite, perciò aridi ed infruttuosi.

Compiuta la prima parte coll'aspersione della croce, invocata la protezione del cielo sopra quel luogo e presone come possesso a nome di Dio, il Vescovo passò alla benedizione della pietra, che poi ad un cenno venne calata ed assettata sulla sua base, sotto la direzione dell'egregio architetto signor Walters. Nella pietra, in un astuccio di piombo, era stata collocata una pergamena con varii ritratti, medaglie e monete. Indi vennero asperse le fondamenta, mentre un coro di uomini in sottana e cotta eseguivano con accompagnamento d' harmoniurn il canto grave e maestoso di rito.

Terminata la funzione, Monsignore si assise, ed il Rev.m° Canonico Akers , ricevuta la benedizione, s'avanzò per pronunziare il discorso di occasione. Questo nostro ottimo Cooperatore aveva di buon grado aderito all'invito del signor Direttore; venne espressamente da Hampton Wick, ove ha residenza; e nel suo eloquente ed accalorato discorso diè prova di quanto affetto nutra verso Don Bosco e la Pia Società Salesiana.

Egli, prese a testo le parole: Hi sunt figuli habitantes in Plantationibus et in Sepibus apud regem in operibus ejius; commoratique sunt ibi, (I Paral. IV, 23), che egli bellamente illustrò ed applicò ai Sacerdoti, operai evangelici, che lavorano unitamente al loro Re Gesù Cristo ed al suo Vicario, a plasmare i vasi destinati ad ornamento della Chiesa Cattolica qui in terra e per essa della celeste Gerusalemme. È compito troppo superiore alle mie forze non che riprodurre, ma anche solo dare un ristretto dello splendido svolgimento del suo assunto e delle sue belle e utilissime pratiche conclusioni che ne trasse. Ma non posso passar in silenzio che quando, venendo dal generale al particolare , applicò a Don Bosco le parole del testo, parlò con vero entusiasmo del venerato nostro Padre ed usò parole assai benevole a riguardo dei figli e della loro missione. Perorò esortando ad apprezzare il beneficio della Provvidenza e ad aiutare anche a costo di sacrifizio l'opera or ora incominciata.

Finito il discorso si andò da tutti nella scuola che s' usa per cappella, e Monsignore impartì la benedizione col Santissimo.

Mentre la folla si disperdeva, Monsignor Vescovo con alcuni invitati parteciparono ad un modesto thè servito nella scuola delle ragazze; e prima di partire si compiacque visitare la casa da poco ampliata, e se ne mostrò assai soddisfatto. Per noi la paterna benevolenza di Monsignor Vescovo fu mai sempre di grande conforto e d'incoraggiamento.

Eccole, R.mo Sig. D. Rua, una succinta relazione della festa che per noi riveste grande importanza, fu cagione di tanta gioia e formerà sempre una grata rimembranza. Possa presto questo tempio essere aperto al divin culto, ed essere la dimora di dove il Sacratissimo Cuore di Gesù spargerà copiosissime le sue grazie e misericordie a fugare il demone dell'eresia, del vizio, a ricondurre sulla Via e alla Verità gli erranti, perchè tutti godano della vera Vita in grembo alla vera Chiesa, Vita che sarà pegno dell'Eterna.

I lavori progrediscono alacremente e speriamo non s'avranno mai ad interrompere e nemmeno rallentare. Questi buoni cattolici vi prendono vivissimo interesse e vi concorrono a misura delle loro forze; ma ella sa come queste sono limitatissime, essendo poveri operai. La nostra fiducia riposa dopo Dio su tante anime divote del Sacro Cuore, che bramano s'estenda il Regno suo sopra tutti i cuori e che sia glorificato sopratutto dove finora ricevè più insulti. Certo esse non mancheranno di aiutarci per erigere questa Chiesa, che senza fallo sarà mezzo per ricondurre tanta anime alla vera fede e guadagnare tanti che ingrosseranno le file degli adoratori del Divin Cuore.

Gradisca, Rev.m° Sig. D. Rua, gli ossequii della famigliuola Salesiana di Battersea; ci ricordi tutti al Signore e sopratutto il suo in Corde Jesu sempre

Affezionatissimo figlio Sac. GIOVENALE BONAVIA. Battersea (Londra sud-ovest), 7 agosto 1892.

SPAGNA

GERONA. Un altro oratorio festivo Salesiano

La domenica 8 maggio u. s., festa del Patrocinio di S. Giuseppe, i nostri confratelli di Spagna inaugurarono anch'essi un nuovo Oratorio festivo in un sobborgo di Gerona detto la Manola. Di esso ecco come ne parla poco tempo dopo un tal Aurora Lista nella Revista popolar di Barcellona

« ....Pochi giorni fa, i Sacerdoti Salesiani incominciarono una delle loro benefiche opere in una villa poco distante dalla capitale, chiamata la Manola...

Senza casa propria, senza locale adattato per l'Oratorio festivo, improvvisarono in un vasto campo alcuni giuochi, come trapezzi, altalene, passo volante, sbarre ed altri divertimenti ginnastici, che mentre servono di salutare esercizio al corpo e di sollievo allo spirito, sono prue un efficace mezzo per allettare i giovani che nelle domeniche e negli altri giorni festivi vagano quali abbandonati per e quali all'osteria ed in peggiori ritrovi a sperperare quel poco che han guadagnato durante la settimana.

Questo ricreatorio s'inaugurò l'8 maggio, con globi areostatici, tombolina, ecc. ecc. accorrendovi subito più di ottanta, giovanetti d'ogni età; numero che nelle domeniche susseguenti arrivò fino a duecento, contando tra loro moltissimi operai delle fabbriche e laboratori di Gerona.

» Superiore ad ogni encomio è l'affetto e la carità con cui i Salesiani trattano i giovani: pareva vedere altrettante madri circondate dai loro figli carissimi ; e se questo spettacolo commoveva dolcemente il cuore, rallegravano i giovani chierici e gli studenti dell'Istituto, lavorando infaticabili nel far giuocare e divertire i piccolini, cooperando 'così all'opera di D. Bosco e addestrandosi essi medesimi nel guadagnare le infantili volontà pel giorno in cui saranno ministri di Colui che disse

Lasciate che i fanciulli vengano a me; e questi, figli pur di famiglie agiate e di onorata posizione sociale, confondevansi con lieta espansione coi poveri orfanelli laceri e malmessi e cogli umili apprendisti dell'officina, giuocavano con loro come fratelli o antichi amici, realizzando così il sublime ideale della fraternità cristiana, ideale che coltipiè l'insigne D. Bosco nel riunire giovani di diverse classi sociali nelle ore del piacerc, perché fossero anche uniti nelle ore del dolore, ed il forte fosse di appoggio al debole, il potente tendesse la mano al misero, e chi è felice consolasse coloro che piangono, chè tale è la norma e la legge della società ideata da Dio.

Non vi è bisogno di dire il bene immenso che il detto Oratorio festivo produrrà alla società in generale, e specialmente alla povera classe operaia; pertanto noi supplichiamo , per le viscere misericordiosissime di Gesù e di Maria, i padroni di fabbriche e di laboratorii che non tengono occupati al mattino dei giorni ,festivi gli apprendisti e giovani operai, affinchè dalle prime ore, e almeno un giorno alla settimana, possano sentire il dolce e salutare influsso di chi collo spirito di carità, di lavoro e di sacrifizio, vuol fare di essi operai cristiani, istruiti nei propri doveri, capaci di sopportare all'uopo le privazioni ed i travagli, contenti della loro condizione, che il medesimo Figlio di Dio elesse di vivere in questo mondo.

» In poche domeniche si videro nell'Oratorio festivo giovani di sedici e diciassette anni, che non hanno ancor fatta la prima Comunione, ed alcuni che non sanno neanche il Pater noster. Qual freno potranno avere questi disgraziati, quando il soffio delle dottrine dissolventi ed anarchiche attizzeranno le passioni connaturali all'uomo senza Religione, che, non riconoscendo altra legge che quella del più forte, non potrà tollerare che il ricco goda e il povero soffra, l'uno si diverta e l'altro lavori? Dovrà forse recar meraviglia che, giudicando la diversità delle classi e le fortune un'ingiustizia del caso , la proprietà un furto, il capitalista un tiranno che schiaccia ed opprime , vogliano farsi giustizia di propria mano mandando in rovina la società ? I disegni satanici ed i malvagi propositi degli uni, la glaciale indifferenza e lo sdegnoso egoismo dei più hanno preparato la mina che minaccia di atterrare tutte le nostre istituzioni : qua e là si provano già spaventose convulsioni, presagi del gran cataclisma che tutti confessano imminente.

La sapienza di Dio provvede alle necessità di ogni epoca, inspirando opere adequate: per questo Don Bosco moralizzando, istruendo e dilettando l'operaio, scongiura il pericolo di mali irrimediabili, arresta il torrente che c'invade e sopratutto fa crescere una generazione di giovani onorati, laboriosi, intelligenti che a tempo debito saranno virtuosi e degni capi di famiglia nelle differenti sfere sociali, in cui la Divina Provvidenza li avrà collocati.

» Bella prova di saviezza e di buon accorgimento ha dato Gerona, nel chiamare e proteggere i figli di D. Bosco; ma non bisogna dimenticare che la loro pia o meno grande sfera d'azione dipende dalla cooperazione più o meno efficace che tutti e ciascuno possiamo e vogliamo prestar loro.

» I nostri sono tempi di azione, di lotta accanita e continua, in cui la propria opera non basta: oggi siamo in dovere di combattere uniti con vigore e coraggio per strappare anime al nemico, perché, questo anime traviate, illuse e disgraziatamente delinquenti, sono, come la nostra, redento dal sangue di Dio. Quando gli uomini erano buoni o fingevano di essere tali, si poteva alla buon'ora attendere solo alla salvazione propria, senza dover curarci degli altri : ma oggi che si sono scatenate le potenze infernali, per colpa in parte dell'apatia di gran numero di cattolici, oggi a tutti noi che siamo debitori a Dio del dono della fede, per giusta ricompensa della bontà, divina, la quale ci ha salvati dai pericoli dandoci forza per superarli e vincerli, corre l'obbligo certo e stretto di aiutare a conquistar anime a Gesù Cristo. Che diremmo del marinaio, che, per sorte scampato dal naufragio, contemplasse dalla spiaggia impavido ed indifferente i suoi fratelli lottare colle onde sconvolte e perire, senza tender loro una fune, senza dar loro un grido, un incoraggiamento, una parola che infonda loro animo? Basterebbe a quest'uomo il dire che quegl' infelici perirono per loro propria colpa. perché furono temerari, pazzi ed anche colpevoli? Quei disgraziati che vogliono porre fine alla loro esistenza, cercano luoghi appartati per compiere il loro nefando delitto, sicuri che non ci sarebbe uomo ben nato, il quale per salvare loro la vita non facesse sforzi poderosi e disperati, anche con pericolo della propria esistenza. E noi mireremo tanti naufragii, tanti suicidii di anime, con indifferenza o con lievi sforzi di aiuto, solo per soddisfare al nostro orgoglio o per far tacere la voce della nostra non molto scrupolosa coscienza, ma in nessun modo per adempiere al debito che abbiamo con Dio? Per non cooperare al t'opera di D. Bosco non varrà il dire che quelli che ci s'invita a proteggere sono disgraziati, delinquenti forse per propria colpa; si tratta d'innocenti fanciulli, di giovani traviati nell'età più pericolosa della vita. Chi potrà negare il suo concorso ad un'opera tanto profittevole e simpatica? Ah sì, accorriamo tutti in aiuto dei fanciulli abbandonati, della gioventù tanto assediata e perseguitata dai corifei dell'empietà, che non lasciano alcun mezzo per corromperla e perseguitarla! Ah! che non s'abbia a dire con troppa verità ciò che si ripete oggi, che cioè i figli delle tenebre lavorano con zelo, con perseveranza, con ardore e con ansia nelle loro opere di abbominazione e di distruzione, mentre i figli della luce dormono colla fede morta nel loro gelido cuore, colla face della carità spenta ai loro piedi, senza impulsi di virile energia nella volontà, senza slanci di entusiasmo e di abnegazione nell'anima, senza preoccupazione nella coscienza. Impegniamoci di farci creditori delle grazie del Signore, lavorando infaticabili per la sua causa benedetta, ed Egli terrà lontani i mali che ci circondano e minacciano. Oggi è per la santa opera di Don Bosco, che Dio domanda il nostro concorso: diamoglielo quanto possono le nostre forze; cooperiamo tutti col nostro lavoro, colle nostre orazioni, colle nostre limosine, coi talenti e doni tutti, di cui ci ha arricchiti la munificenza di Dio e dei quai dovremo un giorno rendergli stretto conto...».

FRANCIA

Nizza Marittima.

Caritatevoli industrie di quei Cooperatori.

Degni di alto encomio sono i Cooperatori Salesiani di Nizza Marittima. Essi, per poter meglio aiutare il Patronato Salesiano di quella città, già da parecchi anni si erano costituiti in Comitato allo scopo di procurar lavoro ai poveri orfanelli ivi raccolti e di fare e procurare loro limosine.

Non paghi di questo, l'industriosa loro carità immaginò un'altra opera eminentemente cristiana, intitolata L'Opera del pane quotidiano. Scopo di questa nuova Opera si è di provvedere il pane necessario al Patronato per un giorno a scelta.

La spesa è di 40 lire al giorno. Si sono stampati appositi fogli a mo' di polizze. Una famiglia, oppure una persona, quel giorno che più le aggrada, o del suo onomastico, o del compleanno, o il dì delle nozze , o la nascita di un bambino, o l'anniversario della morte di un parente ecc., ecc., sottoscrive uno di detti fogli e lo invia al Direttore del Patronato: è l'obbligazione a pagare il pane che si consumerà quel giorno dagli orfanelli del Patronato stesso.

Il signor Don Rua l'ultima volta che passò a Nizza , altamente commosso nel sentire l'origine di quest'Opera benedetta , in una seduta .del Comitato espresse tutta la sua riconoscenza e la sua piena fiducia in quei buoni amici dei poveri orfanelli di Nizza.

In quell'adunanza uno dei membri del Comitato suddetto narrò a Don Rua un fatto che noi non possiamo a meno di riferire ad edificazione de' nostri lettori e lettrici.

Due socii del Comitato , che abitano nella medesima casa , son soliti ogni sera radunare insieme le loro famiglie per la ceci ta del S. Rosario. Una sera, dopo questo pio esercizio, essi s'intrattennero a parlare dell'Opera del pane quotidiano, di cui si era trattato nella seduta del Comitato tenuta in quel giorno. Dopo essersi rallegrati del maggior bene che era chiamata a produrre quest'altra caritatevole istituzione, i nostri due buoni amici risolvettero di prendere una sottoscrizione ciascuno pel giorno di propria scelta.

Le due serventi di questi signori avevano ascoltato la conversazione dei loro padroni. Se questo fosse caso oppure curiosità , noi ben non lo sapremmo dire. Per chi è cristiano il caso si chiama Provvidenza;. e se fu curiosità, la riparazione è stata molto generosa. Infatti quelle ottime giovani si proffersero ai loro padroni di sottoscriversi esse pure per il pane dell' orfanello ciascheduna per un giorno.

Quei padroni commossi accettarono la doppia sottoscrizione e a nome dei fanciulli del Patronato ringraziarono con effusione le nuove benefattrici.

Ma la notte è apportatrice di consiglio. Il peso di un sacrifizio così grande - un'elemosina di quaranta lire - sorpassava evidentemente le forze delle povere fantesche, le quali non guadagnavano mensilmente che da 30 a 40 franchi. Quindi per loro sarebbe stato già troppo, se potevano permettersi una sottoscrizione tra tutte due.

All'indomani , quando i due signori si rivedono, constatano che durante la notte ambedue erano stati assaliti dal medesimo scrupolo. Confermati nella loro maniera di vedere da questa coincidenza, se ne aprono colle serventi. Lavoro perduto ! Da parte loro , queste povere fantesche avevano esaminato con calma il loro primo slancio di carità, ma solo per ratificarlo col lume della riflessione e per rallegrarsene come d'un favore ricevuto dal cielo. Niente potè vincere la loro pia ostinazione.

« Noi guadagniamo poco, è vero, risposero, ma quel che guadagniamo è nostro; e noi non possiamo farne miglior uso che impiegarlo a soccorrere i bisognosi. Noi vogliamo avere ciascuna il nostro giorno fisso. Ben fortunate ci terremo di essere per quel giorno le madri nu trici dei cari figli di Don Bosco. Iddio ci ricompenserà !

Sì, Iddio ricompenserà queste povere fantesche ! Possa il loro generoso esempio toccare il cuore di quelli che nuotano nell'abbondanza e che hanno la terribile responsabilità dei beni di questo mondo !

Quale dei nostri lettori non si terrebbe fortunato di avere presso di sè e de' suoi anime di questa tempra? Ma queste giovani avrebbero esse avuto questa inspirazione di generosità cristiana in quelle famiglie opulenti, dove Dio non è riconosciuto, nè giammai soccorso nei suoi membri sofferenti, quali sono i poveri di Gesù Cristo ?

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARI

Dalla Terra del Fuoco.

Puntarenas, 10 maggio 1892. REV.MO SIG. D. RUA,

Ho una bella notizia a darle. In una mia che le scrissi l'anno scorso (1) diceva che l'istruzione religiosa che gli Indii ricevono alla Missione di S. Raffaele (isola Dawson) serve loro per catechizzare ed attirare all'isola altri selvaggi. Orbene, ecco la bella nuova che voglio darle adesso, che gli Indi, partiti questa primavera colle loro canoe, riuscirono a catechizzare altri Indii e che già incominciano a far ritorno cum exultatione, portantes manipulos suos (Salmo cccv).

Giovedì prossimo passato, 5 corrente, facendo la chiusura degli Esercizi spirituali in S. Raffaele, raccomandava a quei confratelli ed agli Indii che pregassero il buon Dio, affinchè aumentasse il numero dei selvaggi nella Missione ed altri molti venissero con buona volontà ad arrendersi ai piedi della Croce. Undici Indii quel mattino avevano fatto la loro s. Comunione a questo fine.

Verso le dieci di quel mattino stesso, mentre mi trovava ritirato in camera, il confratello Asvini tutto giulivo corre ad annunziarmi che si scorgono due piroghe dalla punta sud della Baia (Harris), le quali cercano di entrare in porto.

A quest'annunzio mi si allarga il cuore. Prendo il mio cannocchiale e dal finestrino l'appunto a quella parte. Scorgo infatti due punti neri che si muovono alla volta del porto di S. Raffaele e che si vanno ingrossando a misura che si avvicinano.

Gli Indii intanto dalla porta delle loro casette guardano essi pure e cercano d'indovinare chi siano, e chiacchierando nel loro linguaggio, fanno già conto di dare ospitalità, dividendosi fra loro le nuove famiglie.

Povere piroghe! venivano a quattro remi e con tutta forza per vincere la corrente contraria e per sottrarsi in fretta ad una pioggia dirotta che pareva un diluvio.

Coll'occhio sempre al cannocchiale stava con piacere contemplando un uomo a gesticolare, ritto alla prora, il quale, ai segni di allegria sempre più concitati all'avvicinarsi alla spiaggia, ben addimostrava di conoscere molti degli Indii residenti nella Missione e forse di avere tra loro stretti parenti. Poco stante ecco saltano a terra dalla prima piroga nove individui, e colui dall'aria amica s'avanza prima di tatti, dà la mano ai confratelli Ferrando, Sibosa, Asvini accorsi alla spiaggia , presenta loro i nuovi arrivati, e poscia fa segno alla seconda piroga di avvicinarsi, perchè si trovano in mezzo ad amici.

Tutti i neofiti della Missione, in festa per quest'arrivo, senza punto curarsi della pioggia che viene a catinelle, corrono anch'essi alla spiaggia, aiutano a tirare in secco le piroghe, fanno passare i nuovi amici nelle case, accendono dei grandi fuochi per riscaldarli e per far loro asciugare le misere pelli che ne ricoprono alquanto il corpo.

Frattanto Asvini, gran magazziniere, cogli altri confratelli prendono altri Indii e fan portare carne, galletta, pane, grassa e quanto può far loro bene, chè si vedevano, specialmente i fanciulli, le ragazze e le donne, assai sparuti e pareva avessero una dose di appetito da chiamarsi peggio che fame. Le Suore di Maria Ausiliatrice, che erano pure accorse alla spiaggia., si danno d'attorno per vestire specialmente i piccolini, i quali erano mal coperti, e cercano di riunire fra di loro gli individui di ogni famiglia, per assegnare a ciascuna la propria abitazione.

Appena si furono ben riscaldati ed ebbero calmati i rimorsi della coscienza, il capo squadra, colui che pel primo era saltato a terra, il quale, di nome Santiago (Giacomo), già era stato alla Missione, venne alla Casa nostra e si presentò prima a D. Pistone e quindi anche a me e ci rese conto del suo viaggio. Disse come aveva incontrati molti Indii, ma che per ora, con suo grande rincrescimento, non aveva potuto condurne che quindici, gli altri stavano preparando le loro piroghe e presto verrebbero essi pure.

Povero Indio! Quando era partito, D. Pistone l'aveva vestito bene e provveduto di galletta, carne, ecc. ecc. ed ora quasi più non si riconosceva, tanto era malmesso e sparuto della persona.

Io godeva nel vederlo parlare a D. Pistone con tanta confidenza, accompagnare i nuovi selvaggi a vedere la nostra Casa, i laboratorii, indicare loro ove si mena il bestiame, donde si passa per recarsi a questo o a quel sito, a questo o a quel lavoro, e finalmente condurli nella cappella. Egli, il poveretto, si trovava in casa sua e pareva volesse dire agli arrivati : - Vedete se non è vero tutto quanto vi ho detto, tutto quanto vi ho contato tante volte. - I poveri selvaggi lo seguivano dappertutto quasi sbalorditi, e pareva non comprendessero come vi fossero tante e tante cose in quel piccolo mondo.

Mi rincrebbe di dover ripartire subito da S. Raffaele : altre urgenze m'attendevano a Puntarenas; ma raccomandai tanto questi nuovi arrivati a D. Pistone ed agli altri confratelli, perchè s'adoperassero in ogni modo per attirarli al bene, alla moralità ed al lavoro, stando per altro sempre attenti al tradimento. Con quest'attenzione a prevenirne il minimo pericolo, io spero che non avremo a piangere altre disgrazie personali, nè a soffrire perdite nelle conversioni già fatte : dopo un colpo d'insurrezione ci vuol gran tempo e molta fatica a riacquistare la lor confidenza.

Il buon soccorso inviatoci di questi giorni fu provvidenziale : se ne aveva proprio di bisogno per vestire quest'Indii ed i nuovi che presto arriveranno. Prego Iddio che voglia Egli rimunerare questi nostri Benefattori! Continuiamo i preparativi per la nuova stazione da fondarsi al Capo Peña, ove speriamo di attirare gli Onas , che finora si mostrano indomabili e restii alla civilizzazione.

Le cime di tutte le montagne cominciano a biancheggiare di neve ed il freddo a gelare tutte le lagune : se continua ad aumentare, sarem costretti a lasciare per un poco le missioni volanti, che sogliamo dare qua e là nel buon tempo.

D. Beauvoir si prepara con alcuni Indii a partire per Montevideo e di lì alla volta di Genova, ove assisterà all'Esposizione delle Missioni d'America in onore di Cristoforo Colombo, l'iniziatore di queste Missioni stesse.

Ci benedica tutti, o Rev.mo Sig. D. Rua, e voglia sempre ricordare al Signore nelle fervide sue preci chi gode di potersi professare di lei

Dev.mo Obbl.mno in G. e M Sac. GIUSEPPE FAGNANO Prefetto Apost. della Terra del Fuoco.

DAL CHILI

I LABORATORII SALESIANI in Santiago del Chili.

Il Porvenir, giornale che si pubblica nella capitale del Chilì, stampò nel suo numero del 26 d'aprile di quest'anno un articolo riguardante la Casa salesiana aperta colà il 6 gennaio p. p. sotto il titolo di Asilo de la Patria, articolo che crediamo conveniente di far conoscere, almeno in compendio, ai nostri Cooperatori.

Dopo un'introduzione troppo elogiastica per noi, il Porvenir narra quello che fecero i pochi Salesiani mandati ad aprir quella Casa per ridurla, abitabile non solo, ma atta a servire al suo scopo, dopo i guasti d'ogni maniera che vi fecero le truppe del Dittatore negli otto mesi che vi bivaccarono, rubando o distruggendo anche le immagini e i parai menti sacri.

Le prime limosine furono destinate a ripulir la Casa, rifar le muraglie, imbiancar le pareti e comprar gli attrezzi e i mobili indispensabili per dar albergo ai numerosi orfani e giovanetti abbandonati che battevano alle sue porte.

«Vera sorpresa ci ha prodotto, aggiunge il detto giornale, il vedere come fu trasformata in pochi mesi quella casa, che prima pareva un letamaio. Dagli opifici salesiani di Talca e Concezione si fecero venire gli operai necessarii: nella stessa casa si costrussero i letti, i banchi, le cattedre, gli armadii, le cucine economiche: alcuni cortili furono cambiati in orti per averne i legumi necessarii: e, quel che vale assai più, si riaperse al pubblico il tempio della Riconoscenza Nazionale al S. Cuor di Gesù, dove i fedeli trovano adesso un diligentissimo servizio religioso.

« Quelli che conoscono i grandi bisogni della popolazione povera di Santiago non si meraviglieranno se diremo che centinaia di fanciulli abbandonati supplicarono la loro ammissione ai nuovi laboratori salesiani. I figli di D. Bosco, stimolati da quella santa audacia, che è inspirata dalla confidenza in Dio, senza aver alcuna rendita fissa, si affrettarono a ricevere sotto il manto della carità più di cinquanta fanciulli, i quali ricevono da loro il mantenimento, le vestimenta, l'ospitalità, l'istruzione, l'educazione e l'apprendimento di un mestiere nei varii laboratorii che cominciano a funzionare sotto la direzione di cinque sacerdoti e alcuni coadiutori salesiani. »

« Ma donde ricavano i Salesiani, domanda poi il Porvenir, le somme non indifferenti che si dovettero spendere per la installazione di queste officine e pel mantenimento di questi fanciulli?» E risponde che strumento della Divina Provvidenza per l'Asilo della Patria furono finora le Autorità ecclesiastiche e le persone caritatevoli di Santiago, le quali colle loro limosine fecero dare il primo passo a questa santa opera. «Ma bisogna continuare la nobile e cristiana impresa. »

E qui il buon periodico fa un patetico appello a tutti i cuori generosi ed alle borse ben fornite, affinché vengano in aiuto al nuovo Asilo e lo pongano in grado di aprir le porte a centinaia di giovanetti, che si aggirano adesso cenciosi, affamati e senza educazione per le vie di Santiago.

Voglia il cielo che i buoni cristiani ed i ricchi benefichi, dopo aver lette queste linee, lascino cadere abbondanti ed auree le monete nelle mani dei poveri orfani che gemendo pietosamente chieggono : Una limosina per amor di Dio!

Buenos-Aires (Argentina). - Il 13 maggio scorso, ricorrendo il centenario della nascita di Pio IX, i Salesiani del collegio di Almagro, dedicato appunto alla venerata memoria di questo Sommo Pontefice, celebrarono nella chiesa parrocchiale di S. Carlo un solenne funerale in suffragio dell'anima dell'angelico Pio, che pel primo degnossi inscrivere l'augusto suo nome nel registro dei Cooperatori Salesiani.

Equatore. - Dalla Repubblica dell'Equatore apprendiamo che colà si va estendendo la divozione verso a Maria SS. Ausiliatrice. E questo è buon segno.

- A Quito, il 24 maggio si celebrarono feste grandiosissime nei Talleres del Sagrado Corazon con partecipazione di tutto il pubblico. La Messa della Comunità fu celebrata dal R.mo Vicario generale dell'Archidiocesi, il quale ebbe la grata sorpresa di porgere la, prima volta il Pane degli Angeli a due indietti dai capelli lunghi, di fresco accolti nei Talleres. La Messa solenne fu cantata da un novello sacerdote Salesiano. Il Superiore dei Gesuiti di Guatemala tenne il discorso in onore di Maria Ausiliatrice.

- A S. Michele, piccolo paesello tra Guayaquil e Quito, lo stesso giorno il colonnello Mora Pio, governatore della Provincia e cooperatore salesiano, dopo aver fatto innalzar le bandiere, radunò nel suo palazzo un duecento persone, tra cui cento e più ragazzi e le notabilità del paese, coi quali tutti assistette al santo Sacrificio, celebrato in un salone, addobbato a cappella, da un sacerdote del luogo, il quale nel pomeriggio recitò un bel sermone sulla potenza e bontà di Maria, infervorando tutti alla divozione di questa Vergine, Aiuto del popolo Cristiano. I signori intervenuti inviarono poi il loro nome al Direttore di Quito, perchè li volesse inscrivere tra i Cooperatori Salesiani.

- Da Quito ci scrivono pure, che il 26 maggio, solennità dell'Ascensione, colà s'inaugurò l'Esposizione Nazionale, a cui presero parte tutti i giovani dei laboratorii Salesiani colla banda musicale, la quale alternò scelti pezzi colla militare e la cittadina di Quito. In varie gallerie dell'Esposizione poi figurano diversi lavori eseguiti dai giovanetti del Sacro Cuore.

Le suore di Maria Ausiliatrice di Almagro (Buenos-Aires) quest'anno ebbero a toccare una grave perdita nella morte di S.r DOMENICA ROLETTI, da ben diciassette anni ascritta al sodalizio delle Figlie di Maria, istituito da

D. Bosco. Il 21 aprile u. s., munita di tutti i conforti di nostra santa Religione e con Gesù Sacramentato ancora in cuore spirava la sua bell'anima questa santa religiosa, lasciando un gran vuoto tra le sue consorelle di Almagro e chiari esempi d'abnegazione, di umiltà e d'ubbidienza a tutta prova a quante ebbero la fortuna di conoscerla. Essa era partita per l'America colla seconda spedizione de' Missionaria Salesiani nell'anno 1877. Stabilitasi a Buenos-Aires, disimpegnò sempre appieno e con l'ammirazione delle sue consorelle quanto l'ubbidienza le affidava. Il buon Dio e la Vergine Ausiliatrice, da cui imploriamo requie eterna all'anima sua benedetta, vogliano consolare le suore di Maria Ausiliatrice col mandar loro altre ed altre figlie virtuose come Suor Domenica Roletti.

BETLEMME

Dall'Orfanotrofio della Sacra Famiglia.

Rev.mo SIG. DON RUA,

Betlemme, 8 giugno 1892.

IL nostro caro Superiore Don Belloni mi incarica di mandarle una breve relazione delle nostre feste, ed io adempiendo all'onorevole incarico sono lieto di attestarle pure, o veneratissimo Padre, i sensi di stima, di venerazione e di assoluta obbedienza di tutti questi confratelli.

Chiesa del Sacro Cuore di Gesú a Betlemme.

Come descriverle questa chiesa? Essa è piccola e pure pare grande. Non ha che 14 metri circa d'altezza all' interno, e, come nelle nostre antiche cattedrali gotiche, la volta sembra assai elevata per lasciar salire assai in alto le preghiere dei fedeli. Un semplice prete, un missionario ne è stato l'architetto ; egli, sotto l'impulso del suo amore per il Sacro Cuore, ha saputo trovare delle ispirazioni che hanno impresso alla sua opera un suggello particolare d'armonia e di grandezza , che non mi rammento aver trovato altrove in una chiesa di così modeste proporzioni.

È la chiesa del Sacro Cuore! Entrando in questa casa del Signore, ognuno sente il suo pensiero deliziosamente attirato dal Cuore di Gesù. Sulla cupola, che domina il coro, è rappresentata l'apparizione alla Beata Margherita Maria di Gesù Cristo mostrantele quel Cuore sì amante e sì poco amato. Abbassando un poco lo sguardo, s'incontra im mediatamente la grande statua del Sacro Cuore. Questa statua riccamente decorata e compitissima in tutte le sue parti ha 3 m. di altezza. Essa è collocata in una grande nicchia di marmo bianco, in maniera da dominare l'altare e tutta la chiesa.

L'altar maggiore, pure in marmo bianco, è monumentale.

Le decorazioni sono chiaramente distinte da incrostature di marmo di color diverso e da alcune leggiere indorature. La chiesa, in forma di croce latina, ha tre navate. Le navate laterali sono sormontate da vaste tribune che permetteranno, allorchè ciò diverrà necessario, di ricevere una numerosissima udienza.

Nella forma generale domina lo stile romano. Le parti decorative appartengono allo stile greco. Le vòlte sono a piena armatura, ciascuna delle colonne quadrate che le sostengono è coronata da un capitello corintio. Questi capitelli, una bella e grande cornice appartenente allo stesso ordine d' architettura, che circonda la parte superiore della chiesa, e le decorazioni della nicchia del Sacro Cuore sono i soli destinati ad aggiungere qualche grazia alla severa bellezza delle grandi linee. Le pitture e le indorature sono distribuite con gusto e moderatezza. I colori sono temperati e armoniosi ; i disegni si uniformano con lo stile generale. Una bella balaustra, sorretta da colonnine in marmo bianco, interdice l'accesso al coro.

Da ciascun lato della grande navata, quattro vòlte sostengono le tribune e formano quattro cappelle laterali. Da ciascun lato del coro, una quinta volta più elevata delle altre forma i due bracci della croce. Questi due bracci racchiudono uno spazio sufficiente per permettere a tutta la comunità di prendere parte alle cerimonie senza frammischiarsi col pubblico.

Delle otto cappelle laterali, quattro solamente hanno degli altari provvisorii o definitivi ; sono le cappelle della Santa Famiglia, di San Luigi Re di Francia, di Maria Ausiliatrice, di S. Antonio da Padova. La cappella di S. Giuseppe e tre altre cappelle sono ancora sprovviste di altare.

La luce è distribuita in una maniera felicissima. Nelle navate laterali essa è data da aperture circolari guarnite di vetri colorati. Nella parte superiore, viene dai vani molto larghi delle tribune, le quali sono abbondantemente illuminate da vaste finestre porgenti all'esterno. Così la luce mite e fioca nella parte inferiore, più abbondante nella parte superiore, invita al raccoglimento ed agli slanci dell'anima.

Ecco, o amatissimo Padre, ciò ch'io posso dirle sulla chiesa del Sacro Cuore di Betlemme. È un luogo opportunissimo per la preghiera, ed io sono convinto che il Sacro Cuore di Gesù e Maria Ausiliatrice, che hanno ispirato questa idea, ricompenseranno quest'atto di fede con abbondanti favori.

Benedizione della chiesa. Confermazione.

In assenza di Monsignor Patriarca, chiamato da altri ufficii , il suo Vicario Monsignor Pasquale Appodia, vescovo di Capitolia, venne il 23 maggio dopo il mezzogiorno per procedere alla benedizione della nostra chiesa ed alla confermazione di alcunì dei nostri fanciulli. Dopo alcuni istanti di riposo, Monsignore, assistito da un numeroso clero secolare e regolare e dagli allievi ecclesiastici del Seminario di Beit-Gialla, procedeva a questa importante cerimonia.

Una numerosa folla s'accalcava alle porte, impaziente di veder uffiziare Monsignore e di prendere parte alle cerimonie della chiesa. Infine , terminata la benedizione, numerosi fedeli assistettero alla cresima dei ragazzi ed alla benedizione impartita dal pio Prelato.

Io non descriverò i particolari di queste due ceremonie. Ma quanto esse sono commoventi ! La prima ci fa riflettere che questa nuova abitazione, aedificata super firmam petram, è per diventare l'augusta dimora del Signore. Gesù, nel Sacramento adorabile del suo amore, viene ad abitare quel povero ed angusto tabernacolo, ed ivi attendere le preghiere e le adorazioni de' suoi fedeli, sempre pronto nel suo amore infinito ad innondarli delle sue grazie.

Nella seconda, lo Spirito Santo discende su questi cari fanciulli, per loro comunicare i suoi doni meravigliosi, e se noi non vediamo le lingue di fuoco posarsi su quelle giovani teste, noi sappiamo le meraviglie che lo Spirito della luce e della verità opera in quelle giovani anime. Monsignore partì dopo la cerimonia, accompagnato dai suoi seminaristi, per passare la notte a BeitGialla.

Festa di Maria Ausiliatrice.

Finalmente eccoci a quel giorno di festa sì cara a tutti i cuori Salesiani. Maria Ausilìatrice ! Questo nome tanto amato ci rammenta i meravigliosi ricordi di quella vita sì santa , sì umile , sì grande e sì feconda quale fu quella di Don Bosco. Qual felice ispirazione di scegliere questa festa per inaugurare la chiesa del Sacro Cuore ! Madre santa e benedetta ! Possiamo noi offrirvi qualche mazzo di fiori che vi sia più accetto delle nostre testimonianze d'amore, fiori sbocciati nei nostri cuori, che noi offriamo con esultanza al Cuore del vostro Divin Figlio?

Quali ringraziamenti pure dobbiamo all'esimio sacerdote che ha condotti i lavori sino al loro termine ed ai coraggiosi operai che hanno sì energicamente compito il lavoro nel tempo prescritto ! O Maria, essi hanno lavorato per glorificare il Sacro Cuore di Gesù e per glorificare anche Voi; è da Voi adunque che riceveranno la loro ricompensa, per mezzo delle grazie abbondanti che Voi loro otterrete.

Verso le sette ore del mattino, arrivava da Gerusalemme il sig. Ledoulx, console generale di Francia, che aveva ben volontieri accettato l'invito del nostro venerato superiore Don Belloni. Era accompagnato dal suo cancelliere e dal suo dragomanno. Alcuni momenti dopo arrivava pure Mons. Appodia da Beit-Gialla. Il clero si componeva di canonici , di superiori e di relìgiosi di diversi Ordini, di curati, di preti e degli allievi del Seminario di Beit-Gialla. Una numerosa folla empieva la chiesa.

Imponentissima fu la Messa pontificale. Tutto concorreva a dare gran lustro a questa cerimonia; un clero numeroso e venerabile, presieduto da un illustre prelato; i canti religiosi, eseguiti dai nostri fanciulli in maniera da guadagnarsi tutte le approvazioni ; un accompagnamento ben condotto, sostenendo le voci senza mai coprirle; infine tutto contribuiva ad imprimere a questa solennità un carattere di grandezza e di bellezza tale, che siamo felici di conservarla fra i nostri più preziosi ricordi. La musica fu quella di Maria Ausiliatrice di Monsig. Cagliero, la prima che si cantasse in questa chiesa del Sacro Cuore.

S. E. il Console generale di Francia, volendo che il ricordo di questa bella festa rimanesse scolpito nel cuore degli abitanti poveri di Betlemme, fece loro distribuire delle abbondanti elemosine, raccomandando loro di ricordarsi che le ricevettero in occasione di questa solennità.

Ma se tutti erano in allegria, le nostre buone Suore di Maria Ausiliatrice non prendevano guari parte alla festa. Bisognava moltiplicare i pani ed il resto; e, se la cosa fu facile pel Divin Maestro, per le nostre Suore costò non poca pena. Era impossibile riunire ad una stessa tavola tutti gli invitati. Alle persone già nominate, bisognava aggiungere un certo numero d'invitati di Betlemme, una deputazione di Beitgemal, un gran numero dei nostri fanciulli e del personale di Cremisan, alcuni membri del pellegrinaggio di penitenza ecc., ecc. Si dovette procedere per serie. Alla tavola dei Superiori, S. E. il Console generale brindò alla prosperità della nostra Opera; lascio a lei, sig. D. Rua, pensare se questo benevolo augurio sia stato applaudito !

I vespri solenni ed il Tantum ergo di Monsignor Cagliero si cantarono con lo stesso successo della Messa. L'affluenza era forse più grande ancora che nella mattina. Il R. P. Léjourné dell' Ordine dei Predicatori, accondiscese al nostro invito, e pronunziò un eloquente discorso su questa bella festa, la quale ebbe termine colla Benedizione del SS. Sacramento.

Io non parlerò della illuminazione e dei colpi di cannone incaricati d'esprimere strepitosamente la nostra allegrezza, ma prima di terminare questo resoconto troppo lungo bisogna ch' io parli delle raccolte.

Il buon Dio ci ha inviato quest'anno una abbondanza di pioggie che è una vera benedizione per i nostri paesi; abbiamo avuto anche in maggio alcuni acquazzoni, ciò che è assai raro in Palestina. Quindi le raccolte sono bellissime : la messe abbondantissima è quasi terminata. Preghi, o amatissimo Padre, e faccia pregare per la povera patria del Salvatore degli uomini !

A. N.

NOTIZIE VARIE

Oratorio di Torino. - Distribuzione di premii. - L'anno scolastico e professionale pei nostri giovanetti studenti ed artigiani dell'Oratorio interno terminava il 15 dello scorso Agosto con una solenne distribuzione di premii.

Si tenne in tale occasione una grandiosa accademia musico-letteraria, alla quale intervennero molti invitati, tra cui alcuni illustri personaggi.

La presidenza onoraria era tenuta da S. E. Rev.ma Mons. Giovanni Cagliero.

Questa bellissima festa riuscì oltremodo splendida ed imponente. Stretti dall' angustia dello spazio dobbiamo limitarci a segnalarne il programma. Eccolo

1. Suonata d'introduzione.

2. Discorso del Sac. Prof. D. Tommaso Chiappello.

3. Cristoforo Colombo e le Missioni Salesiane. - (Cantata a 4 voci con duetto) del Maestro Gius. Dogliani.

4. Un saluto a Mons. Cagliero, Vie. Ap. della Patagonia - (Poesia) del Sac. Prof. D. Eusebio Calvi.

5. Cristoforo Colombo e l'immortalità. - (Prosa italiana) del Prof. Luigi Bottaro.

6. Suonata-Fantasia Ungherese.

7. Distribuzione dei Premi agli alunni studenti. 8. - Il figlio dell' esule - (Romanza per mezzo soprano) di Mons. G. B. Cagliero.

9. A Cristoforo Colombo. - (Poesia). 10. Dialogo - Avv. Dollero.

11. Cantata a 4 voci con terzetto, del Maestro Gius. Dogliani.

12. Distribuzione dei Premi agli alunni Artigiani. 13. Il piccolo Spazzacamino - (Romanza per mezzo sop.) di Mons. G. B. Cagliero.

14. Il giorno della premiazione - (Poesia) del Sac. Prof. D. G. B. Francesia,

15. Fantasia per Banda sulle romanze di Mons. Cagliero, del Maestro G. B. De-Vecchi. 16. Parole di S. E. R. Mons. Gio. Cagliero. 17. Suonata finale.

Confienza e Palestro. - Togliano dal Vessillo di S. Eusebio, gazzetta Vercellese, la seguente corrispondenza

- Il giorno 26 agosto p. p. si tenne una conferenza sulle Opere Salesiane a Confienza ed il 29 dello stesso mese a Palestro nel Vercellese per invito degli ottimi e zelanti prevosti dei due paesi.

Conferenziere fu il Rev. D. Luigi Nai, direttore dell'Oratorio Salesiano di S. Benigno Canavese, il quale predicò per circa un'ora in entrambi i luoghi.

Egli esordiva, manifestando la propria soddisfazione pel gran concorso di popolo venuto a sentirlo ; quindi passava a parlare di Don Bosco, di ciò che fece e che continuano a fare tuttora i suoi figli , sotto la guida del suo successore il Rev. sig. Don Rua, il quale ha ereditato tutto lo zelo e lo spirito del fondatore.

La sua parola piena di slancio e soavissimo affetto per Don Bosco e tutta la Congregazione Salesiana era ascoltata con vivissimo interesse, e bene spesso non potevano trattenersi dal manifestarlo coi segni e colle parole , ed intenerirsi fino alle lacrime , quando parlò delle difficoltà che ebbe ad incontrare Don Bosco e delle fatiche che sostengono i Missionari. Salesiani nella lontana America, e il sig. Don Rua per provvedere il pane e vestito alle migliaia di alunni che conta la società Salesiana.

Parlò dei Cooperatori Salesiani, di quanto Don Bosco li abbia sempre amati e stimati, e delle speranze che ripone in essi , Don Rua. Indicò in che consista la loro cooperazione, e diede loro, nel tempo stesso , alcune norme per poter divenire veri Cooperatori delle Opere di Don Bosco.

Trattandosi poi di scendere all' atto pratico, di coadiuvare cioè coll'elemosina le Opere salesiane, mostrarono in modo veramente meraviglioso , quanto la carità fiorisca nei loro cuori; specialmente poi figli di Don Bosco. Si può francamente dire che non ci fu uno che non portasse la propria offerta. Quelli che non potevano farlo in denaro , portavano tela , calze , fazzoletti od altro consimile , esponendo il proprio rincrescimento che la loro povera condizione non permettesse loro di poter fare di più , e partivano promettendo di voler sempre adoperarsi per aiutare le opere suddette....

Don MICHELANGELO BRAGA

La Pia Società Salesiana il 6 di agosto ha fatto una perdita gravissima nella persona del Rev.do Sac. Michelangelo Braga, che da circa vent'anni con zelo, pietà e dottrina non comune esercitò il s. Ministero ciel nostro Ospizio e parrocchia di S. Pier d'Arena. Ecco quanto il giorno dopo ne scriveva il giornale Il Cittadino di Genova

« Ieri verso le ore 4 pom. nell'Ospizio di Don Bosco in Sampierdarena passava dalla terra al cielo l'anima eletta del sac. Michelangelo Braga. Nato nella diocesi di Brescia, prima di essere ordinato sacerdote perfezionò i suoi studi a Roma nel collegio Capranica.

» Ebbe a condiscepoli il Vescovo attuale di Cremona, l'Arcivescovo Cecconi di Firenze e i due Cardinali Vannutelli.

Circa venti anni fa, avendo udito parlare di Don Bosco, si recò a Torino e fermò in cuore di consecrare la sua mente eletta, le sue forze, anzi la vita intera nella Pia Società Salesiana. Andò in Sampierdarena quando Don Bosco aprì in quella città il suo Ospizio e vi restò quasi continuamente, tolti alcuni anni che ebbe uno speciale ufficio a Roma.

» Sampierdarena fu il campo delle sue fatiche indefesse. Non vi è famiglia che nol conoscesse, non persona a cui, potendo, non abbia fatto del bene. Di lui può dirsi che fu in tutto vero ministro di Dio.

» La sua morte sarà pianta non solo dai suoi confratelli, dai quali era teneramente amato, ma da tutta la popolazione della parrocchia di San Gaetano, perchè perdè in lui un amico dei poveri, un consolatore degli afflitti, un padre della povera gioventù.

» Il Signore solo può ricompensare tanta virtù e tanto zelo. A quest'ora egli avrà in cielo il guiderdone delle opere buone compiute sulla terra.

» È da augurarsi che Iddio susciti molti di simili apostoli per il bene delle anime e per la pace delle famiglie. « Fin qui quel giornale.

Il giorno prima della sua morte, fatta che ebbe la S. Comunione per Viatico, si mostrò più contento dell'ordinario, anzi al Rettore dell'Ospizio che lo visitò disse queste precise parole : Mi è comparsa la Madonna, che mi tolse tutti i mali.

Nella sua agonia era circondato da molti confratelli sacerdoti, chierici e laici, da alcuni stretti parenti, i quali tutti piangevano e pregavano presso il suo letto, mentre i giovanetti dell'Ospizio in chiesa recitavano le preghiere per gli agonizzanti.

Durante la sua malattia si erano fatti tridui e speciali preghiere in casa e in parecchi istituti della città, perchè Iddio, per intercessione della Vergine Ausiliatrice, volesse conservarci una così preziosa esistenza,; ma il nostro Don Angelo era già maturo pel cielo, i suoi giorni erano pieni come quelli del giusto, e il Signore lo volle con se.

I solenni funerali, che ebbero luogo la mattina del giorno 8 agosto nella chiesa parrocchiale di S. Gaetano, furono una solenne manifestazione dell'affetto e della grandissima stima in cui era presso tutta la popolazione della parrocchia di S. Gaetano, anzi della intera città.

Il sacro tempio era letteralmente stipato di fedeli. Oltre al clero della città e al nostro Ospizio, si notarono pure gli istituti della Provvidenza, della Visitazione, di S. Anna, la Società operaia cattolica di S. Giuseppe , i membri della Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli, le Congregazioni delle Madri Cristiane e delle Figlie di Maria della parrocchia.

Prima delle esequie fu pronunziato un breve elogio funebre da Don Giovanni Marenco, Rettore dell' Ospizio, nel quale con brevi tratti era delineata la vita apostolica del defunto.

Tutti gli istituti e una moltitudine immensa di persone si associarono ad accompagnare la salina all'ultima dimora, benchè fosse lontano il cimitero e faticosa la strada.

Le vie per dove sfilava il funebre corteo erano gremite di gente, commossa come per la morte di un amico, di un amorosissimo padre.

Era uno di quegli spettacoli che mostrano quanto sia ancor viva la fede e sentita la riconoscenza verso un sacerdote che consacra interamente se stesso per la salute delle anime.

La parola che si udiva sulla bocca di tutti era questa : Don Angelo era un santo. Nutriamo fiducia che veramente esso goda già in Dio il premio delle sue virtù ; tuttavia lo raccomandiamo alle preghiere dei Cooperatori. E mentre pregheranno per l'anima di lui, preghino anche che tutti i Salesiani lo emulino nella vita di zelo e di sacrifizio.

Cooperatori defunti nel Giugno e Luglio 1892.

1 Abbato Daga Teresa nata Ferrero - Cavour (Tonni).

2 Appendini Mons. G. B. - Villastellone (Torinoo.

3 Baldetti Altavilla - Ferretto (Arezzo).

4 Baravalle D. Alessandro - Mathi (Torino).

5 Barbacelli Maria - San Severino Marche (Maceratao.

6 Barbieri Carlo - Novi-Ligure (Alessandria).

7 Belotti-Briscioli Giovannina - Capo di Ponte (Brescia).

8 Bettoni Gio. Batt. fu Gio. Batt. - Capo di Ponte (Brescia).

9 Bertazzoni Gioachino - Polesine (Mantova).

10 Bertini D. Salvatore, parroco - Lucca,

11 Bertotti cav. D. Gio., arciprete - Oleggio (Novara).

12 Braida D. Domenico - Gorizia (Austria).

13 Brunetti Ferdinando - Torino.

14 Bugarelli Don Cesare - Corpo di Reno (Ferrara).

1 Accorsi dott. Alessandro conte d'Avignone - Spezia (Genova).

2 Annosi Monsig. Gaetano Arcipr. - Monza (Milano).

3 Anzilotte D. Eugenio - Spinea (Venezia).

4 Arata D. Gio. Battista - S. Michele di Pagana (Genova).

5 Arnaldi conte Gerolamo - Vicenza.

6 Balestro Giovanni - Montecchio Maggiore (Vicenza).

7 Bartoli D. Giuseppe - Rigomagno (Siena).

8 Battagliai Card. Francesco Arciv. - Bologna.

9 Bellini D. Giacomo cappell. - Lusia (Rovigo).

10 Bertuzzo Lucia Do Toni - Sandrigo (Vicenza).

11 Bianco Linda - Madonna del Pilone (Torino).

12 Biondi nobil donna Silvia nata marchesa Cavriani - Parma.

13 Bomba D. Tommaso parroco - Lanciano (Chieti).

14 Caligaris D. Vincenzo - Buia (Udine).

15 Cappello Illuminata - Riva (Trento). 16 Carboniero D. Angelo - Vicenza. 17 Carlotta D. Francesco - Verceia (Sondrio).

18 Casaccia D. Giuseppe Vic. Gen. - Siracusa.

19 Castagnari Vittoria - Urbino.

20 Caretti D. Gio. Prevosto - Bollengo (Torino).

21 Ciapponi Giuseppe fu Carlo Antonio - Morbegno (Sondrio),

22 Cirino D, Vrancesco M. - Roma.

23 Civallero Margherite maestra - Roburent (Cuneo).

24 Cottini Benedetto - S. Pietro Incariano (Verona).

25 Cravosio-Anfossi contessa Felicita nata Langosco di Langosco- Torino. 26 Cuvini-Schinas D. Luigi - Valletta (Malta).

15 Buonore Rosa - Salerno.   -

16 Ceechi D. Tommaso, curato - San Gio. in Compito (Forlì).

17 Cerignacco contessa Gabriella - Torino.

18 Dublan Don N. - Verrès.

19 De Cavi Angela in Bacina - Ovada (Alessandria).

20 Fosti D. Carlo, curato - Ranzo (Austria).

21 Galli Teresaa di Luigi - Lugagnano Val d'Arda (Piacenza).

22 Ghedina D. Andrea - Venezia.

23 Gravina Angola - San Marco in Lamis (Foggia).

24 Leggero canonico Pietro - Torino. 25 Longari D. Eugenio, parr. - Crema (Cremona).

26 Lovera Teresa - S. Rocco di Bernezzo (Cuneo).

27 Manzoni Rosina De Pagan - Verona. 28 Marchetti tool. cav. Ludovico-Novara.

29 Marinoni Mons. Giuseppe - Milano. 30 Mezzadri Luisa veda Laviosa - Bologna.

31 Moccagatta D. Luigi - Taj-jueu-fu (China).

Luglio e Agosto.

27 Desideria D. Giovanni - Pagani (Salerno).

28 Faggian D. Antonio curato - Nauto (Udineo.

29 Fagioli D. Paolo parroco - Faenza (Ravenna).

30 Fasoli Stella - S. Pietro Ineariano (Verona).

31 Ferrari Marianna ved. Stoppavi - Ghemme (Novara).

32 Franci Sao. prof. Andrea-Verscio Pedemonte.

33 Franco Francesco - Torino.

34 Giarrani dott. Alberto vice pretore - Torino

35 Gori D. Pacifico pievano - Pozzuolo (Perugia).

36 Greifenberg D. Gio. Battista - MalI - (Tirolo).

37 Guiducini D. Luigi parroco - Cenacchio (Bologna).

38 Gayot D. Secondo - Miradolo San Secondo (Torino).

39 Gussoni D. Carlo - Locate Varesino (Comoo.

40 Impone D. Raffaele - Pandola (Salerno).

41 Lambruschini D. Luigi - Borghetto di Varo (Genova).

42 Latini D. Ramiro V. F. - Ripabe. rarda (Ascoli Piceno).

43 Liva D. Giacomo parroco -Lavriano (Udine).

44 Marchisio Giovanni - Bottigliera d'Asti (Alessandria).

45 Marco Aubert Anna - Torino.

46 Martellato Teresa - Montagnana (Padova).

47 Mattiello D. Girolamo - Padova. 48 Massa Bibiano - Urbino.

49 Massinetti D. Francesco - Marmoredio (Aquila).

50 Mercante dott. Francesco- Vicenza. 51 Migone avv. Giuseppe Luigi fu Luigi Bartolomeo - S. Fruttuoso(Genova). 52 Milano Angiola vedova Rigoletti - S. Giorgio Canavese (Torino).

32 Posero Lucia - Montemale (Cuneo). 33 Peirano D, Antonio - Carasso (Genova).

34 Pellegrini D. Pietro, arcipr. - Collecchio (Parma).

35 Rebesani Vittorio - Monteforte d'Alpone (Verona).

36 Roccia Irene nata Martina - Vigone (Torino).

37 Roja canonico Antonino - Girgenti. 38 Sandri D. Bartolo - Vicenza. 39 Saragozza Maria - Lovere (Bergamo).

40 Stoppani D. Francesco - S. Bartolomeo (Comoo. 41 Tempini Luigino di Gio, Batt. - Capo di Ponte (Brescia).

42 Temporini D. Giuseppe, parroco - Monte di Valenza (Alessandria). 43 Theodoli Cardinale Augusto-Roma. 44 Teppa Anna - Torino. 45 Togni Flaminio - Brescia. 46 Vaschetti Agostino - Carmagnola (Torino).

47 Vassallo canonico Carlo - Asti (Alessandria).

48 Zenoni D. Giovanni - Venezia.

53 Molachino Felicita- Conzano (Alessandria).

54 Monticone Teresa - San Damiano d'Asti (Alessandria).

55 Paganelli D. Michele - Calavino (Trento).

56 Po 1). Giuseppe - Solato (Brescia). 57 Pedemonte Rosa ved. Garlaschi - Savona (Genova).

58 Pellegrini D. Pietro - Collecchio (Parma).

59 Persiani canonico Antonio - Sutri (Roma).

60 Piaceri canoa. Aurelio - Bettona (Perugia).

61 Poggio D. Francesco - Villanova d'Ardonghi (Novarao,

62 Prete ch. Luigi - Larino (Campobasso).

63 Puppinato D. Santo capp. San Giuseppe - Treviso,

64 Rossi D. Pietro - Quintole (Ferrara).

65 Sandri D. Bortolo - Vicenza.

66 Secchi Solinas Catterina AngolaBosa (Cagliari).

67 Sivori D. Giovanni rett. - San Bernardo (Genovao.

68 Solaro D. Francesco - Saluzzo (Cuneo)

68 Spighi D. Pasquale parroco - Montegranelli (Firenze).

70 Stupenengo Felice - Valle S. Nicelao (Novara).

71 Toresani D. Gerolamo - Barbisaia (Treviso).

72 Uccellis D. Domenioo - Fosdinoro (Massa Carrara).

73 Vicario D. Leonardo - Tamal (Udine).

74 Vitali D. Filastrio - Niardo (Brescia).

75 Zaniboni D. Germano - Valsugana (Tirolo).

76 Suor Maria Gabriella, n. Sirtori Luigina.