BS 1900s|1901|Bollettino Salesiano Giugno 1901

BOLLETTINO SALESIANO

ANNO XXV - N. 6.   Esce una volta al mese.   GIUGNO 1901.

SOMMARIO -TESTo: Il Sacro Cuore nel secolo XX pag. 141 Leone XIII e la Democrazia Cristiana . . » 144 Il Rappresentante del Successore di D. Bosco in America » 146 Cronaca del movimento Salesiano : - Spezia - Riva di Chieti - Macerata - Zurigo    » 157 Per le Cooperatrici Salesiano . . » 160 MISSIONI - EQUATORE: dall'esilio alla patria IN FASCIO: Isola Dawson - Bogotà - Morelia - Sucre . . . » 161 Grazie di Maria Ausiliatrice    » 166

NECROLOGIA: Mons. Giuseppe Tettamanti - Comm. V. Demorra - Giuseppina Ferraudi ved. Imperatori . . » 169 Rivista Bibliografica    » 170 Cooperatori defunti . . » 140 ILLUSTRAZIONI - Decorazione della Chiesa di S. Francesco di Sales in Valsalice pag. 143 - Mons. Espinosa Arcivescovo di Buenos Aires, 150 - Vescovi Americani, 152 -Direttori Salesiani al Congresso di Buenos Aires, 158 - Gruppo di indii Onas, 164.

Il Sacro Cuore di Gesù nel secolo XX

ADDì 14 maggio u. s. si compivano 14 anni, dacchè a Roma, nella Capitale del mondo cattolico, veniva solennemente consacrata la nuova Chiesa Parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù. Il nostro buon Padre D. Bosco, recatovisi anch'egli, pur fra mille stenti e dolori, vedeva per tal modo compiuto quel che era stato per tanti anni l'ideale della sua mente, il sospiro dell'anima sua, il frutto di tante fatiche, di tante ansie, di tanti patimenti. Era il canto del cigno ; pochi mesi dopo egli scendeva nella tomba fra il compianto universale. Ma la Chiesa, ma il monumento al Cuor di Gesù rimane. Nè solo rimane, ma dice e dirà perennemente dall'alto dell'Esquilino nel suo muto, ma eloquente linguaggio qual sovrumana potenza, quali miracoli operi, anche ai giorni nostri, la fede avvivata dalla carità.

Facili, come siamo, a lasciarci sorprendere dal pessimismo, chiudiamo troppo spesso gli occhi sulle grandezze di Dio per ispalancarli sulle miserie umane. Certo è ben desolante lo spettacolo, l'eredità di mali che il secolo XIX lasciò al XX! Chi è che non si dolga dinanzi al dilagare dell'empietà e dell'immoralità ché tanta strage fa delle anime e sopratutto della povera gioventù, di quell'età cioè per natura sua vivace, ardente, accessibile potentemente così alle impressioni del bene, come alle seduzioni del male ? Chi è che non pianga alla vista di quell'imperversar di odii, di rancori, di vendette, di lotte di classe, di persecuzioni, che così profondamente turbano l'umana società ? Ma via, siamo giusti ; non arrestiamoci alla sola considerazione del male, apriamo pure gli occhi alle grandezze del bene. E non è bene, immenso bene quel risveglio potente di azione cattolica, a cui assistiamo ? Non sono desse uno spettacolo consolantissimo al nostro cuore di credenti quelle larghe e splendide manifestazioni di fede e di carità, che tuttodì ci si parano innanzi , quelle nobili e grandi figure di eroi di Gesù Cristo che si consacrano, s'immolano, vittime volontarie, qua a vestire o a sfamare gl'infelici, là a consolare i morenti, qui ad emendar i traviati, là ad istruire ed educare i diseredati della fortuna, dappertutto a far regnare lo spirito di amore, di fratellanza, di concordia, di carità ? Chi potrebbe non riconoscere in tutto questo la mano di Dio, gli splendori del Cuor di Gesù?

L'eloquente Mons. Freppel, rapito da pochi anni al bene della religione, all'ornamento della Francia, al decoro delle lettere e delle scienze, osservava in una conferenza da lui tenuta poco prima del termine dei suoi giorni, sul VenerabileCurato d'Ars, essere stato quest'umile prete suscitato da Dio per affermare e provare con la presenza sua, con le opere straordinarie da lui compiute, l'esistenza del soprannaturale in un secolo, in cui al soprannaturale si muove così aspra guerra. Ars, prosegue l'immortale Vescovo d'Angers, è stata la risposta di Dio alle bestemmie di Voltaire, ai lazzi inverecondi del più audace disprezzatore del miracolo. Dio ha suscitato ai giorni nostri il Curato d'Ars, come una dimostrazione vivente del soprannaturale, e, oso aggiungere, per la glorificazione del ministero sacerdotale.

Or non vi pare, o benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, che quello che Freppel dice del Venerabile Curato d'Ars , noi figli di D. Bosco possiamo dirlo con non minor ragione dell'umile prete di Valdocco? Non appartiene egli il nostro buon Padre alla schiera di quei cristiani eroi dei giorni nostri, che hanno illustrato il secolo testè decorso con le più splendide opere di fede e di carità, opere che non troveranno altra spiegazione fuorchè nell'impero del sovrannaturale ?

S. Agostino osserva con quell'acutezza, che lo contraddistingue, che tutte e singole le lettere della Bibbia tramandano, a chi ben le intende, il suono di Gesù Cristo venturo : Christum sonant. La stessa cosa ben possiamo dire, come di tutti i secoli dell'era volgare, nati da Gesù Cristo, così pure del secolo xix passato e del xx testè cominciato ; Christum sonant. Ce lo dice la splendida veste, di cui Gesù vestì la società civile; ce lo dicono le scienze dilatate e promosse, le lettere largamente diffuse, le arti nobilitate, il progresso, la coltura, la civiltà, emanazione del Cristianesimo. Nè le aberrazioni eventuali, che qua e colà lamentiamo, possono, per chi ben ragioni, inquinare nella sua origine la luce del Vangelo, meno poi seccare la fonte, intaccare la sostanza, da cui essi beni ci provengono al pari di tutti quegli altri che noi godiamo in ogni ordine della vita sociale. In tutto è sempre ben da distinguere la bontà di una cosa per se stessa dall'abuso che ne può fare, o ne fa la debolezza umana.

Che diremo poi di quello spettacolo così consolante, che ci si affaccia tuttodì, che vediamo anzi pigliar ogni giorno maggiori proporzioni e che costituisce una delle più belle e più pure glorie, una prerogativa, direi, particolare dell'era contemporanea ? Parliamo, come ben vedete, o cari Cooperatori e benemerite Cooperatrici, del ritorno largo , intenso, persistente di tanti nostri fratelli dissidenti alla Chiesa Cattolica, della dilatazione ogni dì più crescente della luce del Vangelo per le più remote ed inospite contrade. Quale gloria, qual gioia per noi Cattolici il contemplare quell'esercito di missionari, di apostoli, che, nati ed educati nella nostra fede, partono ogni giorno e da tutte le parti, in ispecie dall'Italia e dalla Francia, per portare a tutti i popoli della terra questa fede medesima , per propagare per ogni dove il Regno di Gesù Cristo! Non è dosso il frutto, l'opera più luminosa e potente del Cuor di Gesù i t vero, noi quasi di tal gloria non ci avvediamo, perchè l'abbiamo come domestica e famigliare ; ma essa sta e permane. « Trovasi qui ripetuto, osserva sapientemente il non mai abbastanza compianto Card. Alimonda, un fenomeno che è dell'ordine fisico; la terra che riceve i raggi del sole, fuori di sè li riflette. Ma noi che vi abitiamo sopra, questo riverberamento non iscorgiamo ; sicchè mentre il nostro piccoletto globo a noi sembra oscuro, scintilla esso di radiante luce agli abitanti degli altri pianeti. Adunque non ci dà nelle pupille il chiarore dell'apostolato che nella Romana Sede tiene il centro e che lungo i secoli manda i suoi giovani tironi ai popoli. Ma le distanti genti, i figliuoli dell'aurora, i figliuoli del polo, gli abitatori dell'Asia, dell'Africa, dell'Oceania e dell'America che vedono a sè venire i portatori del Vangelo, i nunzi della divina luce, esclamano : vengono dalla gran madre, sono usciti dalla Chiesa Cattolica.

Sono adunque, non sarà mai troppo il ripeterlo, grandi e consolanti i trionfi già riportati dal Cuor di Gesù, più grandi e più consolanti quelli che gli son riservati nel secolo xx, che dovrà essere chiamato il secolo del Cuor di Gesù. Certo se, come bellamente osserva S. Atanasio, la Chiesa Cattolica è l' umanità stessa di Gesù Cristo, (1) ne viene per legittima conseguenza che, la sua storia, la sua vita, sia al par di essa umanità un alternare di sofferenze e di trionfi, di gioie e di dolori ; ne viene che, come l'umanità mortale di Gesù Cristo, debba anch'essa la Chiesa provare la povertà del presepio e l'oro dei magi, la strage di Betlemme e il ritorno consolatore dall'Egitto, la fame del deserto ed il convito delle nozze di Cana, la confessione di Pietro e il tradimento di Giuda, la glorificazione del Tabor e la croce del Golgota. Ma alla fine verrà pure per la Chiesa l'ora della risurrezione, l'ora del trionfo completo, e quest'ora sarà affrettata da quel largo propagarsi, da quel miracoloso diffondersi della divozione al Cuor di Gesù, a cui assistiamo e che, sopratutto dopo l'impulso potente provenuto dal Vicario di Gesù Cristo, tutti i buoni debbono validamente promuovere, caldeggiare. Su adunque in alto i cuori, o cari Cooperatori e benemerite Cooperatrici; solleviamoci alle grandi speranze della fede, a quelle speranze vere, sode, reali, lontane ugualmente così dalla presunzione, come dalla pusillanimità. E poichè siamo nel mese del Cuor di Gesù, e al Cuor di Gesù ci siamo consacrati sull'apparire del secolo xx per invito del venerando successore di D. Bosco, poichè i fanciulli furono e sono in modo particolare la delizia, la pupilla degli occhi di Gesù, procuriamo questi cari fanciulli di menarli a Lui, sopratutto in questo mese, non risparmiando nè a fatiche, nè a sacrifici, dove si tratti del bene religioso, morale, intellettuale e materiale della gioventù. Al grido satanico di Lutero : nessun fanciullo deve sfuggire alle reti del diavolo contrapponiamo l'invito soavissimo del nostro Don Bosco : nessun fanciullo sfugga alle braccia amorose di Gesù.

(1) Ecclesia est Humanitas eius (Christi), et in ipso dominatur et regnat. (De Incarnatione).

IMPORTANTE

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LEONE XIII E LA DEMOCRAZIA CRISTIANA

NELL'INCOMINCIARE lo scorso aprile la publicazione dell'Enciclica Pontificia sulla Democrazia Cristiana premettevamo brevi parole sulla paterna sollecitudine del Santo Padre verso le classi operaie, sul concetto e sull'importanza del nuovo documento, invitando tutti i nostri buoni Cooperatori e zelanti Cooperatrici ad arruolarsi nella grande e nobile milizia della santa democrazia voluta dal Papa. Ed ora prima di pubblicare il restante dell'Enciclica, ci lusinghiamo di far cosa grata a tutti, raccogliendo alcuni altri pensieri su questo importantissimo argomento, servendoci all'uopo liberamente di quanto scrissero con piena autorità vari illustri prelati, al fine di rendere la parola del Papa, più accessibile all'intelligenza di tutti.

Ora che la luce si è fatta sopra questa vitale questione, è giusto che essa risplenda tutta ai nostri occhi, che ne riscaldi i cuori dobbiamo leggere e meditare la parola del Papa , per conformarvi il nostro modo di pensare, di vedere e, quel che più importa, per mettere in pratica i suoi insegnamenti. La sapientissima Enciclica di Leone XIII è di una chiarezza tale che non ammette replica. Il Papa tesse in breve la storia della questione e ci mette sotto gli occhi le fasi, la vera natura della democrazia cristiana, i suoi limiti, il suo significato, i pericoli che deve evitare, le opere che le appartengono con ammirabile ordine e concatenazione logica finissima, da non lasciar più luogo ad alcun dubbio e sofisma.

Nel corpo sociale (scrive saggiamente l'Angelo della diocesi di Tortona) vi è una parte più debole, più suscettibile delle esorbitanze delle arti superiori : ed è quella che viene sotto il nome di popolo, quella che nel paganesimo si trovò sgretolata dall'edificio sociale. P quella stessa che sotto l'odierno regime economico liberale costituisce il così detto proletariato, ammasso di elementi che non pigliano parte alla vita del corpo sociale, a cui stanno uniti per la chiave ferrea della necessità e per il servizio che rendono alla società. La Chiesa circondò sempre questa delle migliori e più tenere suo cure, e ne venne in soccorso ogni volta che trovossi nelle angustie e nell'indigenza. Nessuna meraviglia che ora nel ristoramento d'ogni cosa in Cristo, che noi vogliamo, sia il popolo che primo n'abbia a godere. Perchè ? Per una ragione semplicissima : perche oggi l'ingiustizia sta appunto lì, nell'essere negata al popolo l'agiatezza, i diritti, la funzione sociale che gli ha assegnato Iddio nella creazione e nella redenzione, chiamandolo a parte dell'umana famiglia e della società redenta.

In poche parole, la Chiesa è e fu sempre la vindice dell'onestà e della giustizia, e perciò dell'armonia tra le classi sociali, che indi rampolla. Perchè oggi il popolo è oppresso, ed essa difende il popolo. Domani sarà il ceto superiore che soffre ingiustizia? Ed essa, non dubitate, avrà parole ed azione a difesa di lui. Di qui l'invito del Papa d'andare al popolo, l'incoraggiamento dato a coloro che ne curano il miglioramento e la larga approvazione di tutte quelle istituzioni che tornano in vantaggio materiale del popolo. E perchè la Chiesa non dovrebbe in simil guisa comportarsi ?

L'ora è suonata : la molla, stata per lungo tempo compressa, tende a rialzarsi. Noi vediamo in questi ultimi tempi i più bassi strati sociali elevarsi come per forza di espansione, e portarsi verso l'alto, e dire : siamo uomini anche noi. È un fatto, diciamo, non consumato del tutto, ma più che incipiente, e che ha segnato le sue conquiste non indifferenti. Nessun pensatore oggimai osa più negare questa democrazia risorgente. In queste contingenze, domandiamo noi: che fare? Non battezzeremo noi cattolici questa elevazione delle classi inferiori? Non ne useremo, come della finestra che ci si riapre, per ricondurre in tutta la società l'aura vivificante del cristianesimo ?... Siamo dinanzi ad un fatto necessario : non impediremo noi il fatale andare di questa corrente democratica? Una delle due : o incanalarla per le vie cristiane, o subire in un domani, forse non lontano, un'altra esorbitanza, quella d'una demagogia scapigliata e anticristiana. Da guai si passerebbe a guai forse peggiori.

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Da questo fatto, cosi ben delineato in questa pagina, siamo necessariamente condotti alla cristiana democrazia la quale, secondo il concetto papale, altro non è che una benefica azione, aspirante ad un ordinamento sociale cristiano in cui le varie e singole energie del civile consorzio concorrano al bene comune, con una prevalenza finale a favore delle classi inferiori. Intesa nel senso indicato dal Papa, la democrazia è quindi, secondo le belle espressioni dell'Angelo della diocesi di Saluzzo, una nuova manifestazione della carità di Gesù Cristo : è la vampa di quel fuoco che egli è venuto ad accendere sulla terra e che desidera si diffonda, si dilati, penetri dappertutto : è lo spirito di Gesù Cristo, dell'Evangelo adattato ai tempi nuovi ed alle nuove questioni : è una diffusione del cattolicismo, che va fino là dove la verità e la carità sono destinate ad andare, che cerca di apportare all'individuo, alla famiglia, alla società, alla scienza, all'arte, al commercio, alle industrie, alle varie classi, a tutti i mestieri, alle professioni, alle aspirazioni, ai giusti desideri ed alle nobili affezioni, un aiuto, un appoggio, nn orientamento, una spiritualizzazione, un'ispirazione, una direzione, ma sempre pel bene, bene ordinato che insegna a tenere gli occhi rivolti al cielo, abbassandoli solo a tempo opportuno alla terra, per vedere ove porre i piedi : insomma è l'amore del prossimo ben regolato, proprio quello che ci porta ad amare il prossimo come noi stessi per amor di Dio.

Perciò il Papa vuole (è sempre Mons. Vescovo di Saluzzo che scrive) che a vantaggio delle classi inferiori si invochi dalla democrazia cristiana, non solo la carità, ma anche, quando è necessaria, la giustizia : sì, la giustizia, epperciò noi dobbiamo schierarci dalla parte del debole oppresso, difenderne i diritti, tutelarlo in tutti i modi ; così che il prepotente prima di opprimerlo ci abbia a pensare due volte e se non teme Dio, se non ha coscienza, tema almeno la legge, tema il castigo, anche inflitto dalla medesima legge che noi invocheremo contro di lui. E se questa legge non c'è, il democratico cristiano si agiterà, perchè essa si faccia a tutela della giustizia e del debole. Continuate pure, o uomini generosi, o dame pietose, nelle vostre opere pie, a distribuire elemosine, a consolare gli afflitti, ad esercitare le opere di misericordia spirituali e corporali, a frequentare le conferenze di S. Vincenzo de' Paoli, a pensare ai poveri, ai bimbi abbandonati; è già democrazia cristiana questa, ma non è tutta lì le opere di indole moderna e temporale richieggono pure il vostro intervento, il vostro concorso, la vostra borsa: su coraggio, compite la vostra santa evoluzione, in nome della carità e della giustizia, diventate democratici cristiani: Leone XIII con questa Enciclica ha firmato un concordato con tutto il popolo cattolico dell'orbe e questo popolo non lo lacererà mai, perchè non potrà lacerarlo, senza ricadere nella schiavitù, senza abbandonarsi all'anarchia. D'ora in avanti sarà il popolo cristiano che veglierà a difesa del Papa, vero ed. unico suo pastore e padre. Viva dunque il Papa, viva Leone XIII! Preghiamo per lui, stringiamoci a lui e se l'avvenire ha da essere della democrazia, esso sia della democrazia cristiana; e lo sarà se essa sarà fedele alla sua missione, fedele al Papa.

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Ecco ora la continuazione dell' Enciclica papale.

L'obbedienza ai Vescovi.

Guardisi parimenti ognuno dal ricoprire sotto la denominazione di democrazia cristiana il proposito d'insubordinazione o di opposizione alle legittime autorità. Già la legge, tanto naturale che cristiana, ingiunge il rispetto ai diversi poteri civili e l'obbedienza ai loro giusti comandi. Il che conviene fare sinceramente e per sentimento di dovere, cioè per coscienza, come ben s'addice ad uomo e cristiano ; conforme insegna lo stesso Apostolo là dove dice: Ogni anima sia soggetta alle podestà superiori (Ai Rom., XII, 1-5. ). Si diporta poi tutt'altro che cristianamente chi ricusa di sottostare a coloro che sono rivestiti di autorità nella Chiesa : e da prima ai Vescovi, che, salva l'universale autorità del Pontefice Romano, lo Spirito Santo pose a pascere la Chiesa di Dio acquistata da lui col proprio sangue (Atti, XX, 28). Chi pensa ed opera diversamente mostra di aver dimenticato quel solenne precetto dello stesso Apostolo : Siate obbedienti ai vostri prelati e siate ad essi soggetti. Imperocchè vegliano essi, come dovendo render conto delle anime vostre (Agli Ebrei, XIII, 17). Parole queste che tutti i fedeli devono profondamente imprimere nel cuore e cercar di mettere in pratica nella loro condotta ; più che mai i sacerdoti, considerandole con ogni diligenza, non cessino di inculcarle agli altri, non solo con la predicazione, ma più ancora con l'esempio.

Quale deve essere il programma della democrazia cristiana.

Ora, dopo aver richiamato questi punti di dottrina che altre volte all'uopo abbiamo più dichiaratamente e di proposito trattato, Ci ripromettiamo che cessi qualsiasi discordia sul nome di democrazia cristiana e ogni sospetto di pericolo sul suo significato. E ce lo ripromettiamo a buon diritto. Perchè, prescindendo da quelle opinioni sulla natura e sugli effetti della democrazia cristiana che non mancano di qualche esagerazione o errore, nessuno certo troverà di riprovar un'azione che mira, come vuol natura e la divina legge, a quest'unico fine di ricondurre a condizioni men dure quelli che campano del lavoro manuale, sì che riescano gradatamente a provvedere alle necessità della vita. Possano quindi in famiglia e in pubblico liberamente soddisfare ai doveri morali e religiosi ; sentano di non esser bruti, ma uomini, non pagani, ma cristiani ; quindi e più facilmente e più con ardore si volgano a ciò che solo è necessario, vale a dire al sommo bene per cui siam nati. Tale vuol essere il programma, tale lo scopo di coloro che desiderano, con animo veramente cristiano, arrecare un opportuno sollievo alla plebe e salvarla dalla peste del socialismo.

La questione sociale prima che economica è morale e religiosa.

E a bello studio Noi abbiam qui toccato dei doveri morali e religiosi. Spacciano infatti alcuni, e fanno credere a molti, che la così detta questione sociale sia soltanto economica; laddove sta con ogni certezza ch'essa è principalmente morale e religiosa, e che perciò bisogna scioglierla a tenore delle leggi morali e religiose. Raddoppiate pure la mercede all'operaio, diminuitegli le ore di la voro, abbassategli il prezzo dei generi; ma se voi lo lasciate , come troppo accade , imbeversi di certe dottrine, e specchiarsi in certi esempi che lo attirino a spogliarsi del rispetto di Dio e a corrompere i costumi , fatiche e sostanze gli andranno in rovina. Una quotidiana esperienza ci insegna che gran parte degli operai sebbene lavorino meno e piglino più larga mercede, se tengono una condotta depravata e priva di religione, vivono d'ordinario in una deplorevole miseria. Togliete dagli animi quei sentimenti che sono il frutto di un'educazione cristiana ; togliete la previdenza , la moderazione , la parsimonia , la pazienza, e somiglianti virtù morali che la stessa ragione ci detta, e vedrete che ogni maggiore sforzo per ottenere gli agi del vivere cadrà in nulla. E quest'è veramente la causa onde Noi non abbiamo mai esortato i cattolici a fondar società ed altrettante istituzioni per un miglior avvenire della plebe, senza raccomandare ad un tempo di fondarle sotto gli auspici della religione e avvalorarle del suo costante aiuto.

La carità nell'azione cattolica.

Tanto più poi ci sembra degna di lode la benefica azione dei cattolici verso i proletari , perchè essa si svolge nel medesimo campo in cui la carità, accomodandosi alle esigenze dei tempi, lavorò mai sempre attiva e con buon esito sotto l'amorosa ispirazione della Chiesa. La qual legge di scambievole carità, ch'è quasi un perfezionamento di quella di giustizia, non solo impone di dare a ciascuno il suo , e di non attraversare i diritti di alcuno, ma anche di favorirsi l'un l'altro, non in parole e colla lingua, ma con l'opera e verità (Giov. Ia Ep. III, 18) ; memori della sentenza che Cristo rivolge amorosamente ai suoi : Un nuovo comandamento do a voi, che vi amiate l'un l'altro, come io vi ho amati. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore l'uno per l'altro (Giov. XIII, 34, 35.). E tale studio di reciproco aiuto, benchè importi sopratutto una sollecitudine del bene non caduco delle anime, non deve poi dimenticare i bisogni e i conforti della vita.

Al qual proposito è da ricordarsi che allorquando i discepoli del Battista domandarono a Cristo : Sei tu quegli che sei per venire, ovvero si ha da aspettare un altro? egli, per dimostrare il motivo della missione affidatagli tra gli uomini, trasse argomento dalla carità, richiamandoli al vaticinio d'Isaia : - I ciechi veggono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati , i sordi odono, i morti risorgono, si annunzia ai poveri il Vangelo (Matt. XI, 5.). E ragionando del giudizio finale e della distribuzione dei premi e delle pene, dichiarò che avrà uno speciale riguardo a quella carità con che gli uomini si saranno reciprocamente trattati. Nè può non destar meraviglia ch'egli abbia trapassato qui in silenzio le opere di carità spirituali, rammettando soltanto quelle della beneficenza corporale : Ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere ; fui pellegrino e mi ricettaste; ignudo e mi rivestiste; ammalato e mi visitaste; carcerato e veniste da me (Id. XXV, 35-36).

Gli esempi di Gesù Cristo.

Cristo a questi ammaestramenti di duplice carità spirituale e corporale aggiunse i proprii esempi, e ognun sa quanto sieno luminosi. E torna grato il rammentar qui quel grido uscito dal suo cuore paterno : Misereor super turbam ; Mi fa compassione questo popolo (Marc. VIII, 2.); e il profondo divisamento di soccorrere anche con un miracolo. Onde di tanta sua misericordia rimane l'encomio: Fornì sua carriera facendo del bene e sanando tutti coloro che erano oppressi dal diavolo (Atti, x, 38). Gli Apostoli con religiosa diligenza seguirono fin da principio questa sua scuola di carità; e quelli che abbracciarono in appresso la fede trovarono istituzioni di varie maniere per sollevare le miserie del prossimo. Istituzioni che, continuamente aumentando, sono effettivamente un ornamento illustre e proprio del cristianesimo e della civiltà che ne deriva ; cosicchè gli uomini retti non si saziano dall'ammirarli, specialmente perchè si è tanto inclinati a cercare il proprio comodo e a non curare l'altrui.

L'elemosina non è nè umiliante nè debilitante.

Nè vuolsi escludere da questi modi di beneficenza l'offerta del denaro in elemosina; onde Cristo disse : Fate elemosina di quel che vi avanza (Luca, XI, 41). I socialisti la riprovano e vorrebbero sopprimerla, come ingiuriosa all' ingenita nobiltà dell' uomo. Ma, se si fa secondo le norme del Vangelo (Matt. VI, 2-4) e l'uso cristiano, no certo che non ingenera burbanza in chi la dà, né vergogna in chi la riceve. E poi tanto lungi dal vero che sia indecorosa all'uomo, che anzi serve a stringere i vincoli della società umana, fomentando una scambievole amorevolezza. Perchè nessuno è tanto ricco che non abbisogni di alcuno, e nessuno è tanto povero che non possa in alcuna cosa giovare altrui : sta in natura che gli uomini con confidenza e con benevolenza reciprocamente si domandino e portino aiuto. Per tal modo infatti la giustizia e la carità, con l'equità e mitezza di Cristo, abbracciano di concerto e meravigliosamente l'organismo dell' umana società, e ne guidano provvidenzialmente i membri al conseguimento del bene individuale e comune.

Le istituzioni di previdenza,

Vuolsi parimente ascrivere a lode di siffatta carità, se non pensa solo ai soccorsi del momento, ma anche ad istituzioni permanenti; così i bisognosi n'avranno un vantaggio più stabile e sicuro. Ed è anche più commendevole il voler informare ad uno spirito di parsimonia e previdenza gli artieri e gli operai, in modo che possano coll'andar degli anni provvedere almeno in parte ai propri bisogni. Cosa che da un lato alleggerisce i doveri dei ricchi verso i proletari stessi ; perché, mentre li stimola a prepararsi un avvenire mea disagiato, li allontana dai pericoli, li contiene dalle intemperanze delle passioni e li avvia ad una buona condotta morale. Ricavandosene adunque un'utilità di sì gran rilievo e sì adatta ai tempi, conviene davvero che la carità dei buoni vi cooperi con ogni sforzo, destra od accorta.

I doveri dei cattolici nell'azione sociale.

Resti fermo adunque che questa azione dei cattolici a favore e sollievo della plebe, consuona appieno con lo spirito della Chiesa e ne rispecchia ottimamente i perpetui esempi. Poco poi importa che questo complesso di opere passi sotto il nome di azione cristiana popolare o assuma quello di democrazia cristiana, purchè si osservino col dovuto ossequio e nella loro integrità gli ammonimenti da Noi dati. Invece importa molto che in cosa di sì grave momento si conservi tra i cattolici unità d'intenti e concordia di volontà e di azione. E non importa che questa stessa azione, moltiplicando aiuti d'uomini e di cose, ingrossi e si dilati. Bisognerà principalmente procurar la benevola cooperazione di coloro che per nascita, per censo, per ingegno e per educazione godono di maggiore autorità tra i cittadini. Se manchi questa cooperazione, troppo poco si potrà intraprendere di ciò che conduce al conseguimento dei desiderati vantaggi del popolo. Certo la via sarà tanto più sicura e breve quanto più sarà molteplice e intensa la cooperazione dei cittadini più ragguardevoli. E vorremmo che essi considerassero che non si trovano liberi di curare o meno la sorte degl'infimi, ma che vi sono veramente obbligati. Perchè il cittadino non vive soltanto a sè, ma anche alla comunità; cosicche quel contributo che alcuni non possono portare al bene comune, lo portino altri con maggiore larghezza. Della gravità di siffatto dovere ne avverte la stessa superiorità dei beni ricevuti, alla quale seguirà senza dubbio un conto più rigoroso da rendersi a quel Dio che li largì ; ne avverte la colluvie dei mali, che potrebbe diventar più tardi rovinosa a tutte le classi, se a tempo non vi si portò rimedio; di guisa che chi non si dà pensiero di sostenere la causa dei miseri agisce da imprevidente tanto per sè che per la comunità. - Nè è da temere invero che, se quest'azione sociale e di spirito cristiano largamente attecchisce e schiettamente prospera, abbiano a inaridirsi altre istituzioni che ci provengono dalla pietà e dalla previdenza degli avi e durano da molto tempo e sono in fiore, oppure che scompariscano assorbite dalle istituzioni nuove. Chè anzi le une e le altre, per essere mosse da uno spirito di religione e di carità e per non essere punto di lor natura ripugnanti, possono di leggieri accordarsi e combinar sì bene da poter ancor meglio ovviare, gareggiando nelle benemerenze, alle necessità della plebe e ai pericoli che diventano ogni giorno più gravi. - La triste realtà grida, e grida alto, che fa d'uopo di coraggio e di unione, perchè già ci sta di fronte un cumulo troppo ampio di sventure, e incombono paurose minacce di sconvolgimenti esiziali, massime per l'ingrossare dei socialisti. Copertamente s' insinuano nel cuore degli Stati; tra le tenebre di occulte congreghe ed in pubblico, colle conferenze e cogli scritti aizzano le moltitudini alle sommosse; rigettando ogni freno di religione, tacciono dei doveri e non esaltano se non i diritti, ed infiammano così turbe sempre più grosse di bisognosi , che per la loro miseria più facilmente cedono all' inganno e son trascinate all'errore. - Si tratta qui dei sommi interessi della società e della religione; tutti i buoni devono, come cosa sacra, tutelar l'onore dell'una e dell'altra.

Moniti per la concordia fra i cattolici,

Affinchè poi l'accordo degli animi abbia la desiderata stabilità, è necessario ancora astenersi da tutte quelle questioni che urtano e dividono. Si schivino quindi, in articoli di giornali e nelle conferenze popolari, certe controversie molto sottili e di quasi nessuna utilità , le quali difficilmente approdano ad una soluzione, mentre poi richiedono per bene intenderle conveniente capacità e non volgare coltura. Già è proprio della umana debolezza il rimanere nel dubbio di molte cose e il discordare in molte opinioni; ma quelli che cercano il vero con retto cuore conviene che nella incertezza della disputa serbino equanimità, modestia e scambievoli riguardi, affinche se discordano le opinioni, non si facciano discordi anche le volontà. Qualunque poi sia l'opinione che alcuno porta in una questione ancor dubbia, abbia sempre l'animo disposto a piegarsi con religioso ossequio alle decisioni della Sede Apostolica.

L'Opera dei Congressi,

E questa azione dei cattolici eserciterà certo un più largo influsso, se tutte le società, pur serbando la propria autonomia, muovansi sotto l' impulso di un'unica direzione. E in Italia questa direzione vogliamo che spetti all'Opera dei Congressi e Comitati cattolici, che più volte si meritò le Nostre lodi; alla quale il Nostro Predecessore e Noi medesimi affidammo l'incarico di dirigere il movimento cattolico , sempre sotto gli auspici e la guida dei Vescovi. Altrettanto si faccia presso le altre nazioni ,, che abbiano qualche simile società principale, a cui legittimamente siasi affidato un tale incarico.

L'esempio dei Santi,

Di per sè poi si fa manifesto quanto i sacri ministri debbano adoperarsi in tutto questo movimento di cose che legano direttamente gl'interessi della Chiesa e del popolo cristiano, e quanto valgano allo scopo i molteplici mezzi della loro dottrina, prudenza e carità. Noi stessi , e non una, volta, parlando ad ecclesiastici, abbiamo creduto bene di affermare essere opportuno ai nostri giorni di andare al popolo e farsela salutarmente con esso. Più spesso poi con lettere, anche da non molto tempo dirette a Vescovi e ad altre persone ecclesiastiche (1) , lodammo cotesta amorosa sollecitudine per il popolo, chiamandola tutta propria dell' uno e dell'altro clero. Però tutti nel compiere tali opere si diportino con grande cautela e prudenza, ponendo mente all' esempio dei Santi. Il poverello ed umile Francesco, il padre degl'infelici Vincenzo de' Paoli, ed altri molti in tutte le età della Chiesa., seppero così regolare le assidue lor cure verso il popolo, che senza uno stemperato affaccendarsi e senza dimenticare sè stessi , attesero con pari ardore alla perfeziono dello spirito. E qui Ci piace di mettervi innanzi alquanto più esplicitamente un modo d'azione in cui non solo gli ecclesiatici, ma tutti gli amici della causa del popolo, possono diventare, senza grande difficoltà, assai benemeriti. E consiste nell'inculcare con fraterna amorevolezza nell'animo dei popolani questi ammonimenti. Cioè che si guardino affatto dalle rivolte e dai rivoltosi; che rispettino inviolabilmente i diritti altrui ; che prestino volonterosi e col dovuto ossequio l'opera loro ai padroni : che non sentano disgusto della vita domestica, pur feconda di tanti beni; che pratichino anzitutto la religione, e ne traggano il più valido conforto nelle difficoltà della vita. E ad

ottener meglio l' intento servirà certo l' additare il singolar modello della Santa Famiglia Nazarena e commendarne la protezione , il proporre l'esempio di coloro che dalla stessa lor misera sorte seppero trarre buon partito per sollevarsi alla cima delle virtù, e (la ultimo l'alimentare la speranza del premio riservatoci in una vita migliore.

(1) Al Generale dell'Ordine dei Frati Minori, il 22 novembre 1898.

Ancora l'obbedienza ai Pastori,

Chiudiamo ora insistendo di nuovo sopra un avvertimento già dato. Tanto gl'individui quanto le società, nell'attuare qualsivoglia deliberazione al presente scopo, si rammentino che devono una piena obbedienza all'autorità dei Vescovi. Non si lascino ingannare da un certo zelo di carità irrompente, il quale se tenta di menomare il dovere dell'obbedienza, non è sincero, nè fecondo di solida utilità, nè grato a Dio. Iddio si compiace di coloro che, sacrificando le proprie opinioni, ascoltano i prelati della Chiesa, come lui medesimo, e propizio assiste alle loro imprese ancorchè ardue, e benignamente le conduce al desiderato compimento. A ciò corrispondano esempi di virtù, specialmente di quelle onde il cristiano si addimostra nemico dell' ignavia e dei piaceri, benevolo dispensatore del soverchio a vantaggio altrui, costantemente invitto ai colpi di sventura. Perchè questi esempi hanno gran forza ad eccitare salutarmente gli animi del popolo, forza che è tanto maggiore quanto sono più ragguardevoli i cittadini in cui si ammirano.

Un Invito ai Vescovi.

Ecco, o Venerabili Fratelli, quanto vi esortiamo ad eseguire secondo l' opportunità dei luoghi e delle persone con tutta la diligenza e la sollecitudine che vi è propria; su di che vogliamo ancora che nelle consuete vostre adunanze conferiate insieme. E la vostra vigilanza e la vostra au - torità si faccia sentire regolando, frenando, resistendo ; specie affinchè sotto pretesto di bene non si rilassi il vigore della disciplina ecclesiastica, e non si turbi l'ordine onde Cristo informò la sua Chiesa. - Nell'opera adunque retta, concorde e progressiva di tutti i cattolici apparisca più splendidamente che la tranquillità dell'ordine e la vera prosperità dei popoli fioriscono principalmente sotto la direzione e col favore della Chiesa, a cui s'appartiene il santissimo ufficio di ammonire, secondo i precetti cristiani, ognuno del suo dovere di avvicinare in fraterna carità i ricchi e i poveri, di rialzare e rinvigorire gli animi nelle avverse vicende.

La perorazione di S, Paolo.

L'esortazione, sì piena di carità apostolica, che San Paolo rivolgeva ai Romani. ravvalori gli ammonimenti e i desideri Nostri : Io vi scongiuro... Riformate voi stessi col rinnovellamento della vostra mente... Chi fa altrui parte del suo, lo faccia con semplicità; chi presiede, sia sollecito; chi fa opera di misericordia lo faccia con ilarità. Dilezione non finta: abborrimento del male, affezione al bene: amandovi scambievolmente con fraterna carità : prevenendovi gli uni gli altri nel rendervi onore. Per sollecitudine non tardi : lieti per la speranza : pazienti nella tribolazione : assidui nell'orazione: entrando a parte nei bisogni dei santi : praticando ospitalità. Rallegrarsi con chi si rallegra, piangere con chi piange ; avendo gli stessi sentimenti l'uno per l'altro : non rendendo male per male: avendo cura di ben fare non solo negli occhi di Dio, ma anche in quelli di tutti gli uomini (XII, 1-17).

Auspice di tali beni discenda sopra di voi, o Venerabili Fratelli, sopra il Clero e popolo a voi affidato, l'Apostolica Benedizione , che con effusione d'animo v'impartiamo nel Signore.

Dato a Roma presso San Pietro il 18 di gennaio dell' anno 1901, vigesimo terzo del Nostro Pontificato.

LEONE XIII.

Per la stagione estiva.

Nell'intento di favorire i R. R. Sacerdoti e buoni Signori, bisognosi di passare alcun tempo d'estate in luogo alpestre, i Salesiani pensarono mettere a loro disposizione la vasta e ben mobiliata villeggiatura avuta in donazione presso il simpatico e quieto paese di Oulx. Questo paese, Capo Luogo di Mandamento, trovasi sulla linea ferroviaria Torino-Modane all'altezza di circa 1100 metri sul livello del mare e distante da Torino appena due ore di diretto.

La posizione ridente, l'aria e l'acqua saluberrima, il luogo ricco di belle passeggiate e di splendidi panorami rendono il soggiorno di Oulx oltremodo grato e vantaggioso alla salute.

Distante pochi metri dalla Villeggiatura trovasi la stazione ferroviaria e s'innalza l'antica Chiesa abbaziale funzionata dai Salesiani, i quali abitano la stessa villeggiatura e l'hanno appositamente preparata per ricevere e servire i villeggianti di quanto può loro occorrere sia pel vitto, come per la camera.

Inoltre per l'ampiezza dei locali una parte di questi sono destinati ai giovanetti che le famiglie desiderassero collocarvi durante le vacanze per ristabilirsi in salute. Questi, oltre al buon trattamento, ed alla continua assistenza avrebbero tutti i giorni un po' di scuola impartita da Professori Salesiani. Alla medesima scuola potranno pure intervenire i giovanetti le cui famiglie villeggiassero in Oulx.

Per le ulteriori informazioni circa la retta mensile e le altre condizioni rivolgersi al R.do Don GUGLIELMO RiNALDI Rettore della Chiesa Abbaziale di OULX (Susa).

IL RAPPRESENTANTE DEL SUCCESSORE DI DON BOSCO in America

(Dalle corrispondenze del Sac. Calogero Gusmano *)

Buenos Aires, 1 dicembre 1900.

Il sig. D. Albera, dopo una breve sosta a Viedma, urgendo il tempo, fece ritorno insieme con Mons. Cagliero a Buenos Aires per il secondo riuscitissimo Congresso Salesiano ; perciò rimetto ad altra volta le mie impressioni sulla Patagonia, e, seguendo l'ordine cronologico fissatomi nelle mie relazioni, dirò brevemente dì questo indimenticabile e lieto avvenimento.

Una pagina Immortale - Un grido di entusiasmo - Sintesi, forza ed omaggio di gratitudine - Una geniale personificazione - Rivelazione delle opere del Signore - L'Omaggio dell' Archidiocesi Argentina a Cristo Redentore.

Lo Chateaubriand, parlando delle missioni, le chiama una di quelle nuove e grandi idee che appartengono alla sola religione cristiana. I culti idolatri hanno ignorato l'entusiasmo divino ond'è animato l'apostolo del Vangelo. Gli antichi filosofi stessi non hanno mai abbandonati i bei viali dell'Accademia e le delizie di Atene per andare, spinti da un impulso sublime, a umanizzare il selvaggio, a istruire l'ignorante, a guarire il malato, a vestire il povero, a spargere la concordia e la pace tra popolazioni nemiche ; e questo è quanto i Religiosi cristiani hanno fatto e fanno tuttora. I mari, le tempeste, i ghiacci del polo non li arrestano. Vivono coll'Esquimese nei suoi otri di pelle di vacca marina, si nutrono di olio di balena col Groenlandese, col Tartaro e coll'Irochese misurano la solitudine, montano sul dromedario dell'Arabo, seguitano il Caffro errante nei bollenti suoi deserti; il Chinese, il Giapponese, l'Indio sono divenuti loro neofiti. Non vi è isola, non vi è scoglio nell'oceano che sia sfuggita al loro zelo, e come altre volte mancavano i regni all'ambizione di Alessandro, manca ora la terra alla loro carità. Quando l'Europeo rigenerato non offrì pìù ai propagatori della fede che una grande famiglia di fratelli, essi volsero gli occhi verso quelle lontane regioni ove tante anime languivano ancora nelle tenebre dell'idolatria. La degradazione dell'uomo li mosse a pietà e sentirono uno smisurato desiderio di spargere il loro sangue per la salvezza di quegli stranieri. Bisognava penetrare profondissime boscaglie, superare impraticabili paludi, attraversare perigliosi fiumi, arrampicarsi sopra massi inaccessibili, affrontare nazioni crudeli, schiave della superstizione e sospettosissime, bisognava con alcune sormontare tutta la ignoranza della barbarie, con altre tutti i pregiudizi della civilizzazione. Pur svanirono innanzi ad essi ostacoli sì grandi. Quelli che non credono più alla religione dei padri loro converranno almeno che il missionario è veramente persuaso che non vi è salvezza fuori della cristiana religione : l'atto col quale egli si consacra a deì mali inauditi per salvare un idolatra è il più generoso di tutti i sacrifici. Si è visto più di uno esporsi alla morte per la patria, ma egli si è sacrificato in faccia a un intero popolo, ai suoi parenti e suoi amici, ha cambiato alcuni giorni di vita per secoli di gloria, ha illustrato la sua famiglia, l'ha innalzata alla ricchezza ed agli onori; ma il missionario consuma la sua vita in fondo alle selve, muore tra i supplìzi senza spettatori , senza applausi, senza alcun vantaggio per i suoi; oscuro, disprezzato, trattato da stolto, da fanatico, e tutto questo per procacciare l'eterna felicità ad un ignoto selvaggio.

Son questi riflessi che strappavano un grido di entusiasmo all'anima bella del Cardinale Alimonda, il quale, nel missionario vedeva, additava e dimostrava l'amico, il padre, l'educatore, il civilizzatore dei popoli, invitando tutti a non metterne in diffidenza l'opera, a non offuscarne colla calunnia il merito. 0 dategli aiuto , o lasciate lìberi a dargliene i zelanti della gloria divìna, della verace gloria patrìa. La patria che lo ha educato evangelizzatore ed eroe egli non metterà in cattiva vista mai! Non potrà tutto lodare quello che avviene nella sua patria, ma, stendendo un velo pietoso sulle azìoni che la disonorano, troverà sempre da ricordare ai popoli redenti glorie veraci religiose e civili, morali e scientifiche che la patria faranno amare e risplendere di luce purissima, imperitura.

I pensieri di questi due illustri scrittori sintetizzano bellamente le lodi tributate nel 2° Congresso Salesiano all'apostolato cattolico in genere e a quello dei figli di D. Bosco in modo particolare, mentre l'opera meravigliosa compiutasi in America durante 25 anni di missione veniva presentata dinanzi alla mente dei Congressisti i quali attoniti quasi non credevano a quanto essi stessi avevano compiuto sotto l'ìmpulso della mano misterìosa di Dio. Nè fu questa una rassegna vana: l'America Cooperatrice raccolse le sue forze e le enumerò per trovare nel bene uno sprone al meglio e rendere grazie a Dio perchè volle tanti a cooperarlo nella redenzione e nella vittoria sopra le anime, eglì che può trionfare senza e contro dell'uomo. Di più i Salesiani resero un omaggio dia more e di gratitudine ai Cooperatori ed alle Cooperatrici squisitamente personificati dal nostro Ispettore delle Case Argentine, nell'Arcangelo Raffaele, che accompagna Tobiolo durante il suo viaggio. I benefizi che l'Arcangelo ha prodigato al fortunato giovane sì operano segretamente, però nel restituire il figlio alla casa del vecchio Tobia nasce in tutti una generosa emulazione e vogliono ricompensare il celeste messaggiero per gli aiuti loro prestati.

Oggi, dice D. Vespignani, tra i Salesiani e loro alunni si è suscitato lo stesso generoso sentimento; si vuol dare alla cooperazione salesiana un pubblico attestato di riconoscenza con quei poveri elementi di cui possono disporre i figli di D. Bosco e i loro giovani. So bene che voi altri, come il buon Angelo, ricusate qualunque ricompensa in questo mondo, però riconosco altresì la necessità che si renda pubblica testimonianza affinchè tutti si convincano della divinità di nostra religione per la prerogativa speciale della carità verso il prossimo. Inoltre le parole dell'Arcangelo ci autorizzano a parlare, a spiegare questo divino secreto e manifestare al mondo intero le opere della cooperazione vostra. Avete mantenuto il secreto per venticinque anni, vi siete nascosti, come Raffaele, sotto la semplice apparenza di amici della gioventù, di protettori delle scuole, di difensori dell'educazione religiosa; avete dato l'elemosina senza che la destra sapesse ciò che faceva la sinistra. Sta bene avete eseguito il consiglio evangelico e posto in pratica quanto insinua l'Arcangelo: Sacramentum Regis abscondere bonum est.

Mentre s'innalzavano nei grandi centri colla maggior pompa e sotto i migliori auspici sontuosi edifici in nome della libertà e della filantropia, voi nei quartieri più abbandonati ci aiutavate a costruire le umili case, i poveri tuguri di Almagro, La Boca, Barracas, La Plata, Bahia Bianca, Rosario, Mendoza, Patagones, Viedma, Roca, Rawson, Junin de los Andes, Gallegos, ecc. Quelle umili fondazioni raccolgono oggi a migliaia i poveri giovani orfani; sono spaziosi Oratori Festivi, scuole di arti e mestieri, di agricoltura, sono collegi di istruzione primaria e secondaria, dove si irraggia la mente dei giovani colla luce della verità cattolica e se ne formano i cuori a virtù. Vi consolino le cento Case salesiane e le settantacinque delle Figlie di Maria Ausiliatrice aperte nel trascorso di cinque lustri, testimonio solenne della fecondità di questo grano di senapa che D. Bosco gettò venticinque anni or sono in questo benedetto suolo americano, e lasciate che riveliamo al mondo le opere del Signore: Opera autem Dei revelare et confiteri honorificum est. Vostro è il bene fatto, vostro quello che, coll'aiuto di Dio, si farà in avvenire, perchè voi siete il sostegno dell'Opera Salesiana. Come D. Bosco, così il suo Successore non ha intrapreso e non intraprende fondazione alcuna senza che venga proposta, aiutata e sorretta da voi che siete il segno del volere divino, la nube luminosa che guida i nostri passi sicuri che senza questa avanguardia si perderà molto tempo, si inutilizzerà molto personale e si concluderà nulla. Secondo lo spirito di D. Bosco la marcia all'azione salesiana l'aprono sempre i Cooperatori, essi che conoscono le necessità, le persone, i luoghi nei quali si può con profitto attuare l'opera nostra.

Fu anche il Congresso di Buenos Aires, per volontà espressa di Mons. Espinosa, un omaggio che la sua Archidiocesi rendeva a Gesù Cristo Redentore. E noi fummo lieti di unire la nostra voce al cantico immenso e svariato di adorazione e di gloria che il mondo cattolico, ritemprato a viva fede, ha voluto innalzare verso Dio sul finire del secolo. Gesù benedetto avrà gradito questo tributo dell'opera nostra che nel Congresso cercava nuove industrie per aiutare la gioventù a Lui tanto cara. Noi gli abbiamo detto coi fatti: Ti consacriamo, o Gesù, questi nostri fanciulli ; noi ci adoperiamo per far trionfare il tuo regno coll'allevare cristianamente quelli che un giorno della società saranno capo o membra. Noi desideriamo efficacemente gli uni e gli altri buoni , ossequenti alla tua legge e uniti tra di loro da quella carità che da Te ispirata non deroga alla ginstizia ed è qualcosa di meglio che non la filantropia, la quale alla fine si riduce in degnazione di chi gode in alto e nel fremito umiliante di chi giace al basso.

Il vero significato del congresso Salesiano - La coscienza nazionale - Il veicolo d'espansione - Funzioni religiose - Propizie circostanze - Influenza della Vergine nell'educazione - Efficacia dei Sacramenti nell'educazione - Le vocazioni ecclesiastiche - Il salone del Club Cattolico - Esecuzioni musicali - Senno e virtù.

A tutto ciò intese il 2° Congresso dei Cooperatori Salesiani desiderato da tutti con vero entusiasmo e con molta fiducia nella sua efficacia, come appare da questa bella pagina di La Voz de la Iglesia che qui trascrivo tradotta:

Non sappiamo ancora, scrive l'ottimo giornale, le risoluzioni prese dal Congresso Salesiano che forma la nota del giorno in questa nostra capitale; però ci basta conoscere lo spirito cristiano che lo informa, la tendenza civilizzatrice che caratterizza i figli di D. Bosco e quella carità inesauribile che riempie ogni loro opera per rallegrarci immensamente di questo avvenimento, credendo fermamente che da queste risoluzioni, maturate in cervelli ben ispirati e formulate con lo slancio di nobili propositi, uscirà, per il bene di tutti, un'azione uniforme e benefica, tale che allarghi il raggio entro cui si svolge l'opera grande della civiltà cristiana che con sacrificio e abnegazione menano avanti i Salesiani. Da quella risoluzione dovrà derivare la forza impulsiva e creatrice che risulta dallo sforzo collettivo tra chi coopera e chi eseguisce, quello sforzo delle volontà di tutti che si condensa in un sol proposito e imprime la direzione iniziale di una grande corrente, quella forza che nasce, in una parola, da un'idea superiore la quale crea un impulso generatore immenso. Quali che siano per essere le conclusioni alle quali arriverà il Congresso Salesiano in relazione ai problemi del giorno, che riguardano così vitali interessi di ordine morale, compromettenti talvolta fin l'esistenza della società medesima, queste conclusioni saranno necessariamente basate in uno spirito di rigenerazione cristiana, di civiltà superiore, di vera carità e di giustizia.

E noi ci rallegriamo innanzi a questo nuovo e benefico fattore del bene che si incorpora alla grande opera di Dio. E diciamo che si incorpora perchè questa unità che deve sorgere tra i Cooperatori e i figli di D. Bosco per condurre innanzi la grand'opera significherà sempre irrobustire l'azione dei secondi con i mezzi che attualmente mancano, significherà allargare il campo del lavoro, e per conseguente espandere i benefizi della conoscenza di Dio, della educazione della gioventù abbandonata, togliendo tanti esseri dal vizio e dalla dissipazione per elevarli al raccoglimento e alla virtù.

Nè saremo soltanto noi, che lottiamo per il regno sociale di Gesù Cristo, a ricevere il Congresso Salesiano come augurio di tempi migliori per l'avvenire della patria. Questi fanciulli che, rappresentanti di molti altri, oggi assistono al Congresso assimilandosi il seme cristiano che è sparso nella sua atmosfera, questi fanciulli che porteranno, un giorno non lontano, la buona novella facendo conoscere Iddio colle parole e coll'esempio della vita onesta nel lavoro, questi fanciulli, i quali saranno la semente che cade e si moltiplica, devono essere argomento di gioia per quanti desiderano al nostro paese una società onesta, un popolo sano di mente e di cuore, vigoroso e morale. Non vi è certo bisogno di accennare ai benefizi che i Salesiani hanno sparso nella vasta estensione del nostro paese, perchè questi benefizi formano la coscienza nazionale ed hanno ricevuto l'applauso dei cattolici e dei liberali in pieno Congresso. Diremo bensì che fino ad oggi essi hanno richiesto ai figli di D. Bosco sacrifizi cruenti, poichè alla mancanza dei mezzi materiali per lo sviluppo dell'opera loro si è congiunto sempre il pericolo personale, la penuria, le fatiche, spesso la morte. Solo lo spirito di D. Bosco ha potuto spingere dall'alto, attraverso tanti scogli, la marcia de' suoi figli verso la prosecuzione dei suoi grandiosi disegni, che son certo i disegni di Dio. Noi però siam sicuri che dopo il Congresso l'unità nell'agire sarà il miglior veicolo di espansione di un'opera tanto meritoria e così grata al sentimento cristiano.

Nutro viva speranza che i fatti daranno ragione all'ottìma Voz de la Iglesia; e me ne assicura in gran parte l'attività straordinaria dei preparativi, l'entusiasmo, la grandiosità e l'assennatezza con cui si svolse l'intero Congresso. Certo non si ebbe un Episcopato numeroso come a Bologna, ma non è da meravigliarsene per poco si consideri che in una occasione solennissìma quale fu l'imposìzione del pallio all'Arcivescovo di Buenos Aires non poterono intervenire che dodici Vescovi : la estensione grandissima di ciascuna Diocesi, talora superiore alla superficie dell'Italia intera, il disagio delle strade, il bisogno che i pastori si trovino continuamente in mezzo al loro gregge sono ragioni sufficienti a spiegare, a far ammirare anzi l'intervento di tre Arcivescovi e seì Vescovi.

Il clero e il laicato ebbero larga rappresentanza sia nelle Commissioni come nelle assemblee, e, spronati tutti dalla carità di Gesù Cristo, non smentirono la proverbiale attìvìtà degli Americani: a metà di settembre infatti vi era ancor nulla di preparato, in novembre tutto si trovava all'ordine. Ma tanto esito trova una spiegazione nelle condizioni di coloro che di questo Congresso furono anima e strenui sostenitori. Il presidente dott. O' Farell, mente sagace, ordinata, cuore accessìbile a tutto che è bello e buono ; il dott. Zorilla che all'entusiasmo del poeta unisce la ponderatezza del filosofo e l'attività del giornalista ; l'ingegnere Ayezza, il quale, discepolo a Torino dell'ingegner Richelmy, padre al nostro amatissimo Cardinale, ne ereditò lo spirito praticamente cristiano e l'affetto alla nostra Pia Società; l'avv. Emilio La Marca, ingegno poderoso, messo a beneficio della causa buona; il dott. Luigi Saenz Pena, ex-presidente della Repubblica ; Mons. Villanova Sanz, e tantì altri pei quali la Società Salesiana avrà sempre un palpito di riconoscenza e Dio un premio eterno. E tra le Cooperatrici un'accolta di dame che, restie nell'accettare l'invito, lo disimpegnarono poi con zelo e successo grandissimo. Nobili e ricche non credettero di abbassarsi passando di porta in porta a chiedere l'obolo del ricco e del povero per poter far fronte alle spese del Congresso ed alloggiare circa 200 dei nostri giovani venuti a Buenos Aires dalla Patagonia, dalla Repubblica Orientale, da Bernal, ecc. Questo nostro Congresso si può considerare nelle funzioni religiose, nelle adunanze partìcolari delle varie sezioni e nelle assemblee generali.

Le prime furono favorite da parecchie circostanze, già accennate dal sig. Don Albera; la cattedrale a nostra disposizione superbamente addobbata come per il ricevimento del nuovo Arcivescovo, del generai Roca presidente della Repubblica, del Corpo diplomatico e dello Stato d'esercito; tre Vescovi, oratori insigni; una schola cantorum poderosa e ben addestrata. La funzione cominciava alle ore 9 di ciascun giorno nel primo cantò la Messa solenne pontificale Mons. Espinosa ed ínfra Missam Mons. Giovanni Terrero, Vescovo eletto della Plata, parlò dell'influenza della Vergine nell'educazione della gioventù. Disse della grandezza di questa buona Madre, delle meraviglie operate in pro delle Opere di D. Bosco e dei giovanetti e terminò asserendo che, se la Chiesa non glielo vietava, non avrebbe avuto alcun dubbio a chiamar santo l'apostolo della gioventù del secolo xix, il fondatore della Congregazione Salesiana. Si sentì fortunato di rivolgere pei primo la parola al novello Pastore di Buenos Aires e sì congratulò con lui, che cominciava il suo ministero pastorale con un atto tanto solenne di religione, di fede, di azione cattolica, quale era il Congresso dei Cooperatori Salesiani. Queste parole fecero osservare a più di uno che non solo il primo pontificale del novello Arcivescovo, non solo la prima comparsa pubblica fu per i Salesiani; ma venticinque anni fa, semplice Monsìgnore, fu il primo ad abbracciare i nostri primi preti al giungere nel porto di Buenos Aires.

Il secondo giorno pontificò Mons. Mariano Soler, Arcivescovo di Montevideo e recitò il discorso sopra l'efficacia dei santi sacramenti nell'educazione della gioventù Mons. Marcolino Benavento, Vescovo di Cuyo, con quella eloquenza che distingue i figli di S. Domenico e che in lui risplende in modo speciale. Il terzo solenne pontificale fu tenuto dallo stesso Mons. Marcolino ed il discorso di un'ora ed un quarto fu detto da Mons. Cagliero, che non stancò per nulla, tanto era convincente, accalorato nel suo dire. Aveva preso per tema le vocazioni ecclesiastiche in relazione colla sana educazione dei figli del popolo. In tutti ì tre giorni l'udìtorio fu numerosissimo. Si volle che negli ultìmi due giorni dirigesse le cerimonie dei solenni pontificali D. Gusmano e queste gli richiamarono alla mente le grandiose feste nel Santuario di Maria Ausiliatrice e gli amici lontani.

Le tre imponentì pubbliche adunanze del Congresso ebbero luogo nel Club Cattolico che ha un grande ed artistico salone. A chi lo vedeva per la prima volta impressionava : presentava il suo recinto uno splendido colpo di vista. In fondo ed in alto s'ammirava uno scudo di grandi dimensioni coi colori delle bandiere argentina e pontificia: poco più sotto stava il busto di D. Bosco sopra una colonnetta di legno. Ornavano la fronte delle gallerìe varie bandiere e scudi delle diverse nazioni dove noi abbiamo Case. Le bande di Buenos Aires, quella di Montevideo, di Rosario e di Patagonia si davano il turno nel suonare scelti pezzi ; i cantori, in coro riunito di 150, eseguirono musica gustosissima. Come nella cattedrale in tutti e tre i giorni eseguirono musica prettamente liturgica, così pel Club scelsero pezzi di autori stimati.

Il Santa Cecilia, rivista competente e qui in America assai stimata, gìoiva perchè colla Messa Salve Regina del Sthele e con quella del Cappocci, col Laudate di Händel e con quello del Perosi si era formato nelle navate della Metropolitana un'atmosfera di soavità, di unzione, di amore, donde l'anima si slanciava nella preghiera dolce, trionfante, spontanea, dove il cuore sentiva staccarsi dalla terra e prendersi dalla nostalgia della patria lontana. Godeva dell'esecuzione riuscitissima dell'Ave Maria del Gomes, impregnata di lagrìme e di speranza, grido di dolore e di conforto nell'ora in cui il mondo s'abbruna e ci ricorda una caduta disastrosa per colpa della nostra prima madre e una felice resurrezione per mezzo di Marìa ; s'entusiasmava della preghiera della sera di Carlo Gounod, piena di malinconia crepuscolare e di ansìa e di aneli al Paradiso, la quale con violenza afferra l'anima dalle meschinità della terra e la solleva su in alto fino all'abbraccio divino, dove l'armonia è perenne, e sopratutto si estasiava di La Passione del M.° Perosi, eseguita nella prima sua parte durante l'accademìa che seguì al Congresso. Certo che non si vide mai in Buenos Aires un coro sì poderoso, formato di 150 giovanettì delle scholae cantorum riunite di Almagro, di Bernal e dì Las Piedras. E col Santa Cecilia giornali e critici di ogni colore scrissero elogi lusinghieri ben meritati dal lavoro intelligente e amoroso dei nostri D. Rota e D. Pedrolini.

Nelle assemblee particolari si svelò il senno e la vìrtù dei nostri cari Cooperatori che tutti si diportarono secondo queste nobili parole che, in mezzo alla Commissione esecutiva, pronunziò l'ingegnere Ayezza con convinzione ed affetto grande: Non dimentichiamo, o signori, che noi siamo qui per aiutare i Salesiani, non per insegnar loro lo spirito salesiano : siamo braccia, non mente; dobbiamo mettere tutte le nostre forze a loro disposizione perchè essi lavorano e si sacrificano per il bene del nostro popolo, ma dobbiamo lavorare secondo l'indirizzo che essi, vissuti al fianco di D. Bosco, educata alla sua scuola, imbevuti dello spirito del grande apostolo della gioventù, ci daranno. Fare altrimenti sarebbe invertire le parti, sarebbe un guastare l'Opera Salesiana, anzichè aiutarla.

Le solenni tornate - Telegrammi ed adesioni - Un sunto impossibile - L'Opera di D. Bosco e la questione sociale - Per la scuola di religione - Argomenti vitali - Il cuore che parla - Parola elettrica - Accademia - Un refettorio di 1200 coperti - Pellegrinaggio - Le moderne crociate.

Mi diffondo un po' di più nel parlare delle assemblee generali nelle quali si proclamarono con entusiasmo e apparato grande le risoluzioni lentamente maturate altrove e si trasfuse lo zelo santo delle opere buone nella massa imponente che assisteva al Congresso.

19 novembre. - Alle ore 16 la sala del Club era completamente piena: molti a stento poterono avere un posto nelle gallerie : il clero regolare, a detta della stampa liberale di qui, era quasi rappresentato al completo. Alle 16 e 25 entrano i Vescovi ed il dottor O' Farrel, presidente effettivo, apre la seduta. Il presidente aveva ai suoi fianchi il dottor Zorrilla, direttore del El Bien di Montevìdeo, vice-presidente e Mons. Villanova Sanz, Prelato domestico di S. S. e segretario generale del Congresso ; di fronte stavano il sig. D. Albera coi tre Ispettori Salesiani, D. Vespìgnani, D. Gamba e D. Peretto che formavano la Giunta direttiva. Erano presenti a questa prima adunanza l'Internunzio Apostolico Mons. Sabatucci, gli Arcivescovi Mons. Espinosa e Soler ed i Vescovì Cagliero, Costamagna, Terrero, Marcolino, Albertì, Ferreyra e La Lastra, dippiù Mons. Echagüe, Vicario Generale per l'esercito ed il protonotario Apostolico Mons. Lugones : tutti avevano posto nella presidenza d'onore, riccamente ornata con un fondo rosso-oscuro.

Prende la parola il segretario generale e tra gli applausi entusiastici dell'assemblea legge i seguenti telegrammi : - MoNs. SABATUCCI INTERNUNZIO NELLA REPUBBLICA ARGENTINA : Incarico V. S. si degni comunicare al Superiore dei Salesiani la benedizione apostolica concessa ben di cuore in occasione del Congresso Salesiano.

CARD. RAMPOLLA. - SUPERIORE SALESIANI BUENos AIRES: Episcopato italiano, Salesiani, Cooperatori europei aderiscono, applaudono. RuA. - Si dà in seguito lettura dei firmatarii di un numero senza fine di adesioni ed incoraggiamenti di Cooperatori dell'Uruguay, Paraguay. Brasile, Chilì, Perù, Bolivia, Equatore, ecc., ecc. Moltissime sono le associazioni cattoliche, i giornali, i periodici che si fanno rappresentare. Terminata questa lettura, ìl presidente concede la parola al dottor Emilio Lamarca, accolto con fragoroso battimano. Egli ripete in pubblica assemblea ciò che aveva detto in privato al sig. D. Albera.

La vostra benigna accoglienza sarebbe per me un incoraggiamento, se questi battimano non implicassero forse un'aspettativa, ed io debbo dirvi fin da principio che il tema del mio discorso Don Bosco e la sua Opera è troppo vasto e di tale grandiosa trascendenza che non si può abbracciare in pochi giorni di preparazione; confesso che non lo domino, assai grande, assai elevata la sua altezza, troppo piccolo colui che l'ha da trattare.

Ho letto più e più volte questo discorso per farne un sunto, ma m'accorgo che ciò è impossibile. Ogni parola esprime un pensiero, un'opera compiuta da D. Bosco ; io non so se altri arriverà a compendiare meglio e con più efficacia l'Opera di D. Bosco. So bene che la vera eloquenza si rivela nella viva parola e che nessun scritto potrà mai ritrarre la bellezza del porgere, l'espressione del volto, la convinzione che gli traspariva dagli occhi e che dava al suo dire un'efficacia magica ; ad ogni modo resterà sempre un capolavoro. Io ne riporterò qui qualche passo.

La vita di D. Bosco, diceva egli, impressiona qual detto dell'Evangelo : la sua opera qual pagina degli Atti degli Apostoli. Il suo ritratto sta delineato nella lettera ai Corinti, perchè era paziente e benigno, non s'insuperbiva, non era ambizioso, non operava precipitosamente, ecc. Specchio senza macchia con fulgori di vita eterna, uomo senza offuscamento alcuno, pel quale la vita non era buona se non per patire, non era corta se non per lavorare.

E qui descrive l'infanzia di D. Bosco, la sua dimora ai Becchi presso la madre, i primi anni del sacerdozio, le difficoltà incontrate e superate e come è preso per pazzo matto, signori, matto da catena!... Però la sua pazzia è la pazzia della croce, inesplicabile per una moltitudine di gente alle rive del Giordano, e dopo 19 secoli non compresa ancora per altra moltitudine sulle sponde del Po. Imperterrito e tenace, quantunque sorridente, continua la sua opera, nonostante le titubanze di persone buone impegnate per dissuaderlo, malgrado le aberrazioni e le persecuzioni di coloro che con animo perverso ponevano ostacoli nel suo cammino.

Egli non s'impensierisce, non si scoraggia, appunto perchè mansueto; motivo per cui non avendo nulla, possiede tutto: come la sua Congregazione che si slancia indefessa, manca di mezzi e nonostante fiorisce e s'estende dovunque impianti l'opera sua civilizzatrice. In lui non havvi debolezza : s'è uniformato intieramente al suo modello S. Francesco di Sales e ne segue le vestigia. Ha preferito Dio a tutte le cose e confida nella Provvidenza : ecco perchè trionfa. La sua fortezza doveva necessariamente piegare la maligna tenacia dei settari; la sua ardente carità disarmare la malvagità dei suoi oppressori.

Era amante dello studio ed il libro fu sempre il suo compagno e sollievo; tuttavia nè i suoi studi storici, nè quelli da teologo, non la sua svariata erudizione letteraria, nè la logica del suo raziocinio, nè le sagaci deduzioni del suo spirito osservatore bastano per spiegarci la sua sicurtà nel consigliare, le sue predizioni, gli annunzi di catastrofi benchè lontane, la soluzione rapida come ammirabile, in questioni di grave momento, di serii problemi. Predice l'Episcopato a Mons. Cagliero e la prelatura del nostro caro Mons. Costamagna e del martire del Brasile non gli era ignota. Rincresce che qui non .si trovi un degnissimo sacerdote, cui aveva svelato non essere chiamato nè tra i figli del Lojola, nè tra quelli del poverel d'Assisi, ma che ritornasse in patria dove l'attendevano grandi dignità ecclesiastiche. Era la mitra di Ancud che aspettava il nostro leale ed eccellente amico Mons. Angelo Jara.

I Pontefici Pio IX e Leone XIII avevano parlato al secolo colla superiorità del linguaggio inspirato di Vicarii di Gesù Cristo. D. Bosco tesorizza la parola infallibile, e con premura la diffonde nelle forme più attraenti e adeguate per le masse popolari. Se lo avessero ascoltato, se si fossero affrontate le gravi quistioni sociali collo spirito della Chiesa e dei suoi Ordini religiosi, non si sarebbero fomentate tante tendenze maligne, nè lasciato minare le basi della società : si avrebbe al contrario sempre più diffuso quel sentimento onorato, energico e virile dei popoli cristiani, che basta per se stesso per allontanare, se non per sopprimere il male: avremmo evitato più di un errore, più di un'infamia e forse non avremmo visto cader in questo ultimo decennio per mano di perfido assassino un Presidente, un'Imperatrice e un Re. Non crediate che mi allontani dal mio tema.

E qui continua facendo allusioni a Mons. Cagliero ed agli altri missionarii. Durò per più dì tre quarti d'ora lasciando in tutti la convinzione che, benchè breve il tempo concesso per studiare il suo tema, benchè carico di altri affari, lo dominò pienamente, se ne impossessò di tale maniera da rivelare ancor una volta il suo grande ingegno e l'affetto immenso pei figli di D. Bosco.

S'alza in seguito D. Vespignani a leggere un bellissimo discorso sopra la cooperazione salesiana, di cui ho già parlato, e per ultimo prende la parola il dottor Lenguas di Montevideo sopra il tema: gli Oratori Festivi. Erano quasi le 19 e Mons. Sabatucci chiude quella prima Sezione dicendo come l'Opera di D. Bosco è assai amata dall'attuale regnante Leone XIII, che si congratula coi promotori di questo Congresso, che apporterà, senza dubbio, grandì vantaggi alla società ed a nome del Papa, per incarico speciale, impartisce l'apostolica benedizione.

20 novembre. - Oggi la concorrenza è maggiore, i prelati sono al completo, manca solo l'Internunzio che per altri assunti non ha potuto intervenire. Recitate le preghiere d'uso il presidente legge il seguente telegramma : CARDINAL RAMPOLLA, ROMA. La benedizione del Santo Padre, ricevuta con figliale divozione, assicura esito Congresso Salesiano. O'FARELL, PRESIDENTE. Viene approvato. Il segretario porta a conoscenza dell'assemblea i numerosissimi telegrammi giunti nella giornata di ieri. Dopo prende la parola il dott. Sac. Lorenzo Pons di Montevideo. Tratta della scuola di religione nelle classi superiori ; fa vedere come usciti dal collegio, hanno bisogno più che mai del nutrimento religioso; lamenta che non si possa avere una università cattolica, reclamata da tanti padri e madri di famiglia i quali han diritto che ai loro figli si continui l'istruzione religiosa impartita nella famiglia e viene alle proposte pratiche.

Il dottor Gonzalo Conte di Casa Segovia aveva per tema: l'educazione della gioventù operaia. S'ammirò in lui un uomo di molta pratica, che ha consumata la sua vita in mezzo agli operai, e venne a molte saggie e pratiche conseguenze. Svolse infine con stile brillante, arguto, spesso satirico il tema: scuola di arti e mestieri e di agricoltura il sig. Fernando Bourdieu, presidente delle Conferenze di S. Vincenzo. Dopo aver fatto vedere la tendenza che il figlio del Paese ha di andare ai grandi centri, come ciò sia di grande pregiudizio, raccomanda all'assemblea si favoriscano il più che si può i collegi di arte e mestieri dei Salesiani, si facciano conoscere, si faccia grande propaganda, specialmente per le colonie agricole, assicurando che si farebbe un gran bene al proprio paese qualora si potesse giungere a far apprendere un' arte o il modo di lavorare la terra a coloro che la Provvidenza non ha collocati in condizione elevata, poichè il povero, vivendo da povero, sarà contento, al contrario aspirando ad uno stato superiore alla sua condizione, aggruppandosi nei grandì centri diventerà lo strumento più potente in mano ai socialisti.

Il presidente invita Mons. Soler, Arcivescovo di Montevideo, a chiudere questa seconda seduta. Questi si congratula coi Salesiani dello stupendo Congresso ; parla di D. Bosco con tale venerazione che strappa le lagrime : tocca rapidamente della sua Opera sotto i molteplici suoi aspetti, dicendola la più grande, la più importante del secolo xix ; raccomanda aì Salesianì che la facciano conoscere , che non stiano nel silenzio per malintesa umiltà, poichè il secolo futuro riceverà questa istituzione come il miglior legato che potesse farle il secolo che agonizza. I Salesiani conoscevano l'affetto di Mons. Soler per l'Opera di D. Bosco, ne conoscevano la dottrina e profondità di pensiero ; ma questa volta rivelò uno slancio, una vibratezza di parola ignota pel passato: era il cuore, che parlava.

21 novembre. - Alle ore 16,15 si apre la terza ed ultima seduta. Il segretario dà comunicazione di nuovi telegrammi, specie di uno dell'Equatore, e poi è concessa la parola al vice-presidente sopra il tema: le Missioni Salesiane. L'Oratore della Repubblica Orientale, il grande poeta, al presentarsi è accolto con un rumoroso battimano. Parla per più di mezz'ora delle missioni in genere e delle salesiane in particolare con tanta profondità di concetti, con tale carità cristiana, con tanta vivezza ed eleganza di linguaggio che commuove, elettrizza nessuno riscosse tanti applausi ; vidi qualche Vescovo a tergersi le lagrime. Quando descrive il missionario che abbandona patria, parenti, superiori, speranze per inoltrarsi nei deserti della Patagonia; quando fa vedere il Salesiano in atto supplichevole, quasi chiedesse l'elemosina per sè, mentre non fa che riversare il denaro che si pone nelle sue mani sui figli del paese bagnato dal proprìo sudore, riesce sublime. Fa un'apostrofe ai due Monsignori nostri e finisce con una calorosa esortazione a voler soccorrere questi intrepidi campioni della religione, questi benefattorì del nostro Paese, i figli dell'immortale D. Bosco.

Parlano in seguito il dott. Gabriele Carrano e Durà Francesco sull'immigrazione e sulla stampa popolare e scolastica. Furono entrambi applaudìti. Si volle che parlasse Mons. Cagliero e raccontò la predizione fattagli da D. Bosco dell'episcopato. Mons. Costamagna parlò delle peripezie per l'entrata in Patagonia e della protezione visibile di Maria SS. Ausiliatrice. Si alza infine

D. Albera con quel suo aspetto che guadagna i cuori. Egli non era più nuovo in quell'assemblea: molti nelle varie sezioni avevano già potuto ammirare la sua prudenza e quanto frutto abbia fatto alla scuola di D. Bosco. Disse che era fortunatissimo dì rappresentare in quell'aula il Superiore Generale dei Salesiani e dei Cooperatori, che rimaneva ammirato dell'attività, dell'amore ed esito di quel secondo Congresso dei Cooperatori; certo che se accanto a Mons. Cagliero avesse potuto sedere il compagno della sua infanzia, D. Rua, quanto bene per l'Opera Salesiana in America, quanta consolazione pel nostro amatissimo Superiore stesso! A nome del sig. D. Rua ringraziò i prelati, i promotori e coloro che avevano lavorato, concorso colla loro assistenza al buon esito. Disse che non si meravigliassero se a quando a quando il Superiore Maggiore ed i superiori locali loro domandavano soccorsi; ricordò a questo proposito quanto aveva detto al Congresso di Bologna Mons. Riccardi di f. m. ed aggiunse che, lamentandosi un dì D. Albera con D. Bosco per le ripulse ricevute, quel buon padre gli rispose : coraggio ! in Paradiso troveremo tanti ricchi che ci ringrazieranno di averli quasi violentati a farci delle elemosine, a farsi del bene. Il sig. D. Albera parlò in italiano, fu ascoltato con religioso silenzio ed io credo compreso da tutti.

Mons. Espinosa, il protettore, il padre delle nostre Opere e dei nostri Confratelli in America e specialmente nella Repubblica Argentina, aggiunge qualche parola a quanto aveva detto Mons. Costamagna riguardo alla loro penetrazione nella PatagOnia: si disse fortunato di avere i Salesiani nella sua diocesi e contento contentissimo della loro opera. Che avremmo potuto fare noi per la Patagonia con tanta scarsità di clero? Oh siamo riconoscenti ai Salesiani che si sacrificano per i figli della nostra patria ! mostriamoci generosi nel soccorrerli, sappiamo che quanto più loro diamo tanto più riversano sopra la nostra patria, sopra i suoi figli più bisognosi. Si recitano le preghiere, la banda suona l'inno salesiano che aveva fatto sentire tutti i giorni e si esce, passate le 19, dal Club che in quella sera era diventato piccolo. Tutta la stampa cittadina parlò con deferenza di questo Congresso che indubitatamente apporterà grandi benefizii.

23 novembre. - Oggi in S. Carlo si vede un movimento eccezionale. Molti Cooperatori e Cooperatrici visitano i laboratorii: il gran cortile di forma uguale a quello del Seminario di Torino per mezzo di un gran tendone è trasformato in sala. Qui alle ore 17 incomincia l'accademia musico-letteraria. Molti Vescovi e Cooperatori intervengono: un 1200 ragazzi e più di 500 ragazze, assistite dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, prendono posto nella galleria di sopra. Si dà principio al trattenimento col suono di una marcia composta, per la circostanza dal Maestro Barderi di San Carlo, diretta dal Maestro Cav. Dogliani ed eseguita dalle bande di S. Carlo e S. Francesco di Buenos Aires , da quelle di Montevideo, di Rosario e di Viedma; mai forse si videro cinque bande con più di 200 strumenti suonare insieme. Si recitò qualche complimento, si declamò un dialogo che spiegava bellamente la cooperazione salesiana e si eseguirono con orchestra la prima parte della Passione di Cristo del Perosi ed il Saepe dum Christi di Mons. Cagliero, gustosissimo. Al fine tutti i giovani coi principali Cooperatori furono invitati a passare nel cortile degli studenti trasformato in refettorio. Erano 28 lunghe tavole con 1200 coperti. Prendevano posto collegio per collegio, quando venne un terribile acquazzone con visibile disgusto dei piccoli commensali. L'imponente pranzo si cambiò in una colazione di campagna, trasportandosi ognuno il necessario e prendendo luogo ove poteva. L'acqua impedì che l'indomani s'andasse a far la grande pellegrinazione a Lujan; ma s'andò il giorno 26 a ringraziare la Vergine della visibile sua protezione in quelle feste. Che entusiasmo in quei mille e duecento ragazzi che alla mattina presto con treni speciali son venuti con noi! Era giusto che ai piedi di Maria si deponesse il lavoro compito durante il Congresso affinchè la Vergine lo prosperasse della sua benedizione rendendo duraturo ed efficace l'entusiasmo santo di cui i Congressisti si sentirono presi il cuore e che comunicheranno a molti nel ritorno ai loro paesi.

Io credo che questo Congresso abbia prodotto un aumento di solidarietà fra quanti militano sotto la bandiera di D. Bosco, abbia aumentato il coraggio e il buon volere in quanti onorano la nostra Pia Società della loro benevolenza, abbia ben impressionati i giovani che d'ora innanzi apprezzeranno maggiormente l'opera che han visto così entusiasticamente acclamata; e quel che è più darà a noi mezzo di trarre a Dio un numero maggiore di anime. Gli Istituti di D. Bosco, diceva l'Avv. Baroni a Bologna e proclamarono illustri oratori qui a Buenos Aires, sono destinati a trionfare perchè corrispondono pienamente ai bisogni del tempo nostro, informati ad uno spirito cristianamente democratico, con un intento completamente sociale. I Congressi sono crociate che radunano l'energie già esistenti e ne creano delle nuove e poderose ; l'esito vittorioso e trionfante non può non arriderci, la conquista dei nuovi regni è certa, ma si richiede, o benevoli dell'Opera di D. Bosco, il concorso della vostra carità.

(Continua.)

CRONACA DEL MOVIMENTO SALESIANO

SPEZIA - Consacrazione del Santuario di N. Signora della Neve. - Questo lieto avvenimento si compì alla Spezia (come annunziammo lo scorso aprile) nei giorni dal 27 aprile al 5 maggio, e noi ne daremo succinta relazione, servendoci delle corrispondenze inviate in quei dì all'importantissimo Osservatore Romano (1).

- Descrizione della nuova Chiesa. - Gli splendidi Santuarii che abbelliscono la gemina riviera, dove, più che l'arte, trionfa lo sfarzo e l'opulenza ligure, hanno avuto finalmente il loro anello di congiunzione colle magnifiche Chiese che adornano la Toscana, dove l'arte sopratutto trionfa ed ha il suo seggio regale, nel nuovo Santuario di Nostra Signora della Neve, che i figli di D. Bosco hanno elevato nella bella città di Spezia.

La felice concezione dell'architetto Cooperatore Salesiano di Torino, ha richiamato l'attenzione di tutti gl'intelligenti dell'arte e di tutte le menti elette, per il simbolismo di cui ha voluto con classica serenità arricchire l'artistico tempio, e per lo stile basilicale non privo d'originalità, che informa tutto il grande edificio. Simbolo sublime della Chiesa spirituale, del nuovo Santuario si può ripetere che la sua mole è costrutta di sassi, che il mazzuolo dello scalpellino con ripetuti colpi ha forbito, e che una mirabile arte ha collocato nel suo fastigio.

Il tempio è diviso, come le antiche Basiliche, in tre navate, precisamente come nell'antica e celebre Abazia di S. Antonino nella valle d'Orcia, ma lo stile non ha riscontro che nelle antichissime Basiliche di Ravenna. Molte colonne di marmo giallo di Verona coi pilastri delle grandi arcate dividono le navati laterali che sembrano avere al disopra il matroneo per altri archetti e colonnine soviimposti alle colonne stesse.

L'altare maggiore è sormontato da un baldacchino in marmo sorretto da quattro colonne, secondo lo stile delle Basiliche romane. Sotto vi è collocata la prodigiosa effigie di S. Maria della Neve. L'abside, traforata in alto da finestre originali, è dipinta a finto mosaico. Nella vòlta che sovrasta il presbitero, è raffigurato il Redentore circondato dagli Apostoli, dipinti molto abilmente in istile bizantino dal professor Thermignon di Torino.

Nello stesso stile furono dipinti gli angeli che sono tra le finestre della navata centrale, recanti simboli e stemmi come quello di Leone XIII, dei Salesiani, dei Vescovi di Luni ecc. Il soffitto del corpo principale della Chiesa e delle navate è in legno dipinto. Le arcate del presbitero hanno dei medaglioni, raffiguranti Santi lunensi, patroni della città e patroni della famiglia dell'architetto.

Un grande campanile di bellissimo effetto, che ha già un ottimo concerto di campane, completa l'esterno dell'edificio, che riesco sorprendente a chi lo guarda dal viale Garibaldi. La facciata, che ha una maestosa gradinata di Baveno, è decorata da tre porte, ricche a profusione d'ornati e di marmi, ed ha bassorilievi, cornicioni, finestre, tutto conforme allo stile della Chiesa. Una gran Croce nella cuspide centrale e due guglie ai lati sormontano la facciata, che tutti sono unanimi nel giudicare una vera opera d'arte.

- Le feste per la consacrazione. - Come splendido ne fu l'inizio, così splendida ne fu la prosecuzione e la chiusura. I concerti promossi da un Comitato di Signore per sopperire alle spese dei festeggiamenti sorpassarono l'aspettativa di tutti. Anche la gran fiera di beneficenza diede ottimi risultati. L'Istituto dei Salesiani, dice il corrispondente dell'Osservatore Romano, era continuamente visitato da quanto vi ha di eletto nella città. Due cose attiravano in modo particolare quella moltitudine di popolo : l'esposizione dei lavori regalati al nuovo Santuario e l'ultimo gran concerto che doveva tenersi dalla scuola di canto dell'Istituto e dalla rinomata banda militare di marina, sotto la direzione del suo valente maestro cav. Matacena.

L'esposizione occupava un intero salone dell'Istituto. Dai pizzi finissimi, ai broccati vistosi, dalle pianete superbamente ricamate ai piviali fulgenti d'oro e di gemme, dai calici cesellati alle palme di fiori, era tutto un scintillio d'ori, un bagliore di luce, dove i colori dell'arcobaleno si confondevano in un'armonia nuovissima, deve l'occhio seguiva sempre nuove bellezze e dove l'ammirazione del pubblico non avea confini per ogni nuovo oggetto che si presentava agli sguardi. Un plauso di cuore al zelantissimo Rettore del nuovo Santuario che ha saputo accendere una così nobile gara fra le benefattrici del Santuario.

Nel concerto serale, tenuto nel vasto Santuario, splendidamente illuminato a luce elettrica, la banda di marina eseguì con precisione ammirabile tre grandi pezzi di opere classiche, e la scuola di canto dell'Istituto vani mottetti.

La consacrazione della Chiesa venne compieta il 27 aprile con tutta la solennità del rito dall'II.mo e R.mo Monsignor Carli Vescovo di LuniSarzana, assistito dal suo Vicario Generale e dagli alunni del suo fiorente Seminario, nativi di Spezia, cho con delicato pensiero aveva seco condotti. Malgrado una pioggia abbastanza ostinata, una folla enorme attendeva nelle vicinanze del Santuario, che si compiesse la lunga cerimonia, e quando, permettendolo il rito, vennero aperte le porte del nuovo tempio fra il lieto suono dei sacri bronzi, in brevi istanti esso fu pieno. Mentre da Mons. Boracchia, Vescovo di Massa Marittima, nativo dei dintorni di Spezia, si proseguiva la consacrazione degli altari laterali, il R.mo D. Rua celebrava la prima Messa nella nuova Chiesa, assistito pontificalmente dall'Ill.mo e R.mo Monsignor Vescovo di Luni-Sarzana. La viva parte presa dall'illustre Presule lunense a queste feste, il grande amore che la sua angelica anima nutre per Maria SS. ed i figli di D. Bosco, apparvero chiaramente nella sua bellissima Lettera Pastorale intitolata: il nuovo tempio di N. S. della Neve ed i figli di D. Bosco nella città della Spezia, e nell'operoso suo intervento a queste feste.

Alla sera il valentissimo Mons. Omodei-Zorini, con slancio e facondia parlò dei tempi cristiani, inneggiando alla città di Spezia, che coll'opera di S. Rocco e colla devozione a Maria Santissima sa progredire di pari passo nella fede religiosa, come nel civile progresso.

La solenne processione. - Ma la gran giornata, che rimarrà memorabile nei fasti della città di Spezia, è stata senza dubbio domenica 28 aprile. Già la presenza dei sacri Presuli di Sarzana e Massa Marittima e degli Arcipreti mitrati di Sampierdarena e di Camogli, stava per conferire alle grandi funzioni un insolito splendore, quando arrivò fra noi il venerando Arcivescovo di Genova; il tempo però, che minacciava una pioggia dirotta, pareva dovesse impedire la. solenne processione, per il trasporto della prodigiosa effigio di Maria Santissima della Neve nel nuovo santuario Ad intervalli infatti piove e qua!cuno opina non doversi più fare la grande processione.

Ma le confraternite venute dalle parti più lontane del golfo hanno già indossato i loro ricchi costumi, spiegano i loro vessilli, accendono i fanali, e s'avviano precedute dai loro Crocefissi colossali, che solo un miracolo di equilibrio può sostenere. Lo spettacolo è meraviglioso. Un numero straordinario di agenti, guardie e carabinieri riesce a stento ad aprire un varco alla processione che sfila lungo il viale Garibaldi e via Prione verso la marina. Confraternite, associazioni femminili, Suore, istituti, formano un corteo interminabile. Preceduto dalla Croce del Capitolo di S. Maria esce dalla porta centrale del nuovo Santuario il Clero e si pone dietro alle confraternite, schierandosi davanti alla porta dell'Istituto S. Paolo, mentre la folla s'inchina al passaggio dei numerosi Prelati e dei Vescovi, che in ricchi paludamenti attendono l'immagine di Maria. Finalmente un fremito indescrivibile invade la folla : appare il venerando successore di D. Bosco ed il trono coll'effigie prodigiosa di N. S. della Neve. Le bandiere delle Società cattoliche s'inchinano, il Clero sì prostra, i Vescovi incensano, le musiche dan fiato alle trombe, un raggio vivissimo di sole squarcia le nubi e ir radia il trono della Vergine, scintillano lo gemme e gli ori che la coprono; la taumaturga effigie par che sorrida; brillano le mitre pontificali, rifulgono i ricami delle sacre vesti, si agita tutta una festa di luce e di colori, mentre gli occhi della moltitudine bagnati di pianto, attestano quanto in tutti la commozione sia profonda.

Quando la processione giunge ai pubblici giardini, vicino al porto, ed i Vescovi benedicono lo storico golfo lunense, un raggio fulgidissimo di sole torna nuovamente a brillare sull'effigie di Maria Santissima, mentre una schiera di fotografi prende addirittura d'assalto la scena maravigliosa e la ferma sulle lastre sensibili per tramandarne più vivo il ricordo. Alla sera vanno a ruba le riuscitissime cartoline illustranti la processione, malgrado il loro prezzo elevato. Il ritorno della processione fu commoventissimo quanto la partenza. Sull'ampia gradinata del Santuario attesideva, raggiante di gioia, la prodigiosa effigie di Maria Santissima, il Metropolita genovese. Il buon vecchio, vivamente commosso, incensò la Vergine, benedisse la folla, e la Madonna della Neve entrò nella sua reggia, mentre, dal popolo, veniva cantato solennemente il Magnificat. La ressa della moltitudine è stata tale, che si devo attribuire ad una grazia della Madonna, e poi alla presenza di spirito del sottoprefetto, che diresse egli stesso il servizio dell'ordine, se non si ebbero a deplorare disgrazie.

Rientrata la processione in chiesa ebbe principio la Messa solenne pontificata da Mons. Carli coll' assistenza di Mons. Reggio Arcivescovo di Genova e di Mons. Boracchia Vescovo di Massa Marittima.

Adunanza delle Società Cattoliche. - Alle ore 15, nella vecchia chiesina dei Salesiani, ebbe luogo l'adunanza di tutti i rappresentanti delle Società Operaie Cattoliche che erano intervenuti a prendere parte alla solennità in onore della Madonna della Neve. L'adunanza venne presieduta dall'infaticabile Rev.mo Don Rua, nonchè dai rappresentanti del Comitato della Federazione, uno dei quali dopo le preci d'uso aperse l'adunanza rallegrandosi cogli intervenuti per la bella attestazione di fede data al mattino, lasciando quindi la parola al presidente Don Michele Rua. Sarebbe qui lungo il riportare per intero le belle parole da lui pronunziate, i paterni consigli di attaccamento ai principii religiosi che informano le nostre società, di amore e concordia fra le stesse, da lui dati; basti l'accennare che un lungo e caloroso applauso coronò il suo discorso e gli vennero fatti repetuti evviva. Dopo di lui parlarono pure applauditissimi altri membri del Comitato e rappresentanti di società facendo sopratutto risaltare come gli operai cattolici devono essere di buon esempio in mezzo ai loro compagni per l'amore al lavoro, alla vita morigerata e di famiglia, per il rispetto e l'obbedienza a tutte le autorità costituite, per la venerazione al sacerdozio; e fu con più insistenza fatto notare come importerebbe molto che il giornale federale la Liguria fosse maggiormente diffuso non solo, ma anche letto, come pure che si tenessero possibilmente delle conferenze, onde colla stampa e colla parola si potesse sempre più portare a conoscenza dell'operaio ciò che per il suo bene spirituale e temporale sempre inculca il Sommo Pontefice. Ed appunto con una entusiastica ovazione al padre degli operai, al Papa Leone XIII, e colla proposta di inviargli un telegramma esprimente i sensi di devozione e di attaccamento alla S. Sede si sciolse l'adunanza. Seguirono poscia le funzioni religioso riuscitissime e varie bande tennero concerto fino a tarda ora.

- Cose notabili durante l'ottavario. - Lunedì si ripeterono le funzioni pontificali al mattino ed alla sera con scelta musica. Gli antichi allievi del Collegio prestarono il servizio all'altare; e, dopo un fraterno banchetto, si costituirono in Comitato per celebrare il venticinquesimo anniversario della fondazione dell'Istituto S. Paolo, che cade l'anno venturo. Martedì ebbero principio le solenni Quarantore e venerdì, 3 maggio, l'infaticabile Mons. Carli consacrò due sacerdoti salesiani. Alla sera dello stesso giorno altra commovente funzione: quella dell'erezione della Via Crucis. I quadri di essa sono veramente ammirabili, tutti a bassorilievi e colori diversi; per l'espressione delle figure, pei loro atteggiamenti, per precisione di tutto il lavoro meritano ed attirano specialissima attenzione.

Al sabato un pensiero mesto e pietoso venne consacrato ai benefattori defunti, e la solenne Messa di Requiem fu celebrata dall'Abate Monsignor Filippini: così nei giorni dell'esultanza salì al cielo anche la prece per tante anime buone, che passarono da questa vita senza veder compiuto il tempio, oggetto dei loro voti.

Alla sera una funzione cho potremmo chiamare intima, famigliare, e cioè un discorso di D. Rua; era un padre venerato elle in mezzo ai suoi figli rievocava i trionfi e le grazie della Madonna della Neve, e la storia dell'Istituto Salesiano di Spezia, che fondato nel 1877 prendendo poche camere in affitto, successi vani ente per lo zelo e l'opera indefessa dei vari Direttori D. Rocca, D. Leveratto, D. Scappini e D. Signorelli crebbe e divenne grandioso come al presente. Col suo faro semplice, colla sua parola amorevole rivolgeva caldo elogio alla cittadinanza per il concorso sempre prestato alle Opere Salesiane e l'esortava a continuare ad aiutarlo per far fronte agli enormi impegni assunti per la costruzione del Santuario. Speriamo che la sua parola non sarà caduta invano, poichè se è sorto un grandioso Istituto, esso è sorto per i figli del popolo, se fu innalzato uno splendido Santuario esso fu innalzato per raccogliere ai piedi della Vergine la cittadinanza intera, mentre i buoni Salesiani nella loro vita di sacrificio hanno fatta propria la divisa del loro padre Don Bosco : Da mini animas catera tolle.

Finalmente domenica, giornata di chiusura con solenne pontificale di Mons. Vinelli l'illustre Vescovo di Chiavari, e immenso concorso di popolo. Alla sera, vespri pontificali e splendido discorso di Mons. Vinelli, che con forma smagliante, con parole scultorie. con accento improntato a sentita commozione dinanzi alla folla che gremiva il Santuario, rievocò le devote tradizioni della Spezia, ricordò il grandissimo spettacolo di fede dato dall'intera cittadinanza il 28 aprile, ed animò tutti ad una divozione sincera, affettuosa, costante a N. S. della Neve. Intonò quindi l'inno del ringraziamento, ed il Te Deum echeggiò a voce di popolo, sintesi solenne dei solenni festeggiamenti, viva espressione del concorde sentimento di giubilo che tutto animava quell'immensa folla. E colla trina benedizione le feste finivano. All'uscita della Chiesa un assai vago spettacolo; la piazza ed il viale erano convertiti in una galleria luminosa, resa più bella dall'illuminazione delle case circostanti, e intanto la banda dell'I stituto Salesiano dall' alto della scalinata del Santuario eseguiva egregiamente un scelto programma.

Ed ora (cosí il corrispondente del Cittadino di Genova) le feste sono compiute; sono partiti i Vescovi che colla loro presenza le resero tanto solenni, è partito D. Rua, sono partiti tutti quei buoni Salesiani che già furono in altri tempi a Spezia e qui vollero tornare in quest'occasione da essi già tanto vagheggiata, e qui ritrovarono i loro figli, i loro amici, i loro beneficati. Basterà rammentare i due direttori D. Leveratto e Don Scappini, che ressero la casa di Spezia complessivamente per oltre vent'anni, e tanti titoli di riconoscenza, gratitudine ed amore acquistarono dalla cittadinanza : tutti sono partiti, ma di questi giorni sì belli, animati da tanto entusiasmo rimane incancellabile in tutti il soavissimo ricordo.

(1) Cogliamo la propizia occasione per raccomandare a quei nostri Cooperatori, che amassero di avere notizie sicure della Capitale del mondo cattolico, di abbonarsi a questo grandioso giornale quotidiano a sei colonne, ricco sempre di corrispondenze e notizie originali dall'Italia e dall'estero. L'abbonamento annuo costa L. 20 (Estero L. 35). Rivolgersi alla Direzione dell'OSSERVATORE ROMANO, Vicolo Sciarra 64 A - ROMA.

RIVA DI CHIERI. - La prima gara catechistica. - Togliamo dalla Scintilla di Chieri del 13 aprile : « Nei locali dell'Asilo Infantile Serra Paolina ved. Marone, affidato alle cure delle Suore di Maria Ausiliatrice, queste buone religiose già da parecchi anni radunano nei giorni di festa le ragazze del paese trattenendole in onesti divertimenti e spronandole allo studio del catechismo. Così annesso all'Asilo fiorisce l'Oratorio Festivo che produce un bene incalcolabile. Un saggio di tanto bene l'abbiamo potuto avere lunedì scorso, seconda solennità di Pasqua, fissato per la prima gara catechistica.

» La tettoia del cortile trasformata in vaga sala, all'ora stabilita è tosto gremita di gente, fra cui notiamo il R.mo sig. Priore con tutto il clero ed i principali signori e signore del paese. Le gareggianti sono una quarantina : attorno stanno schierate le loro compagne dell'Oratorio, che superano il centinaio. Presiede la gara il Direttore dell'Oratorio di Santa Teresa in Chieri, mandato espressamente dal suo Superiore a rappresentarlo. Sono due sezioni : le piccole che si battono su tutto il Catechismo piccolo, e le grandi su tutta la Dottrina Cristiana. Le venti piccole gareggianti in breve sono decimate, ma la lotta si rende più intensa finchè una sola rimane vincitrice del campo fra gli applausi universali, mentre il Rev. sig. Priore le pone in capo la corona d'alloro. Più viva diviene la lotta fra le altre venti gareggianti su tutta la Dottrina Cristiana, ma infine ne rimangono in piedi più solo cinque, le quali dopo mezz'ora di lotta sono ancor tutte a posto, nè più avrebbero finito se il Direttore dell'Oratorio S. Teresa non avesse proclamate vincitrici tutte cinque quelle giovinette con ugual premio - un vestito intero - provvedendo egli stesso alla spesa non indifferente pei quattro premi in più. Dopo alcune parole di lode alle altre della gara e di eccitamento a tutte le Oratoriane, si rivolge ai signori e signore e li ringrazia del concorso prestato alle Suore di Maria Ausiliatrice per far riuscire cotanto bene questa prima gara, animandoli a continuare il loro appoggio a favore dell'Oratorio.

» Le fanciulle che presero parte alla gara furono tutte premiate con abiti e libri di divozione, le altre furono regalate d'una bella immagine e di caramelle. Ecco i nomi delle vincitrici che diamo a titolo d'onore : Bechis Secondina, Ferrero Maria, Pennazio Anna, Marocco Marianna, Gamba Teresa, Pennazio Vittoria. Onore al merito ! »

MACERATA. - Buon cuore giovanile. - I giovanetti dell'Istituto Salesiano di quella città, in occasione della visita loro fatta dal Missionario D. Guido Rocca, fecero l'offerta di 15 lire per le nostre Missioni, privandosi tutti di una parte del piccolo peculio, depositato presso il prefetto dell'Istituto, per i loro minuti piaceri. Iddio benedica il loro buon cuore, conservandoli sempre caritatevoli nel corso della loro vita, e l' esempio bello trovi numerosi imitatori.

ZURIGO (SVIZZERA). - Per i nostri emigrati - Il Cittadino di Genova publicava, traducendole dai giornali di Zurigo, queste consolanti notizie intorno alla nostra missione a favore dei nostri connazionali. «Veramente solenne e commovente riuscì la prima funzione religiosa degli Italiani nel nuovo locale, il cui addobbamento così grazioso, ma pure così religiosamente festoso si deve tutt'affatto all'opera personale dell' infaticabile Rev. D. Branda ed al suo senso artistico, alla sua abnegazione ed al suo zelo apostolico. Durante la Messa in musica, squisitamente cantata, disse in modo realmente elevato un entusiastico panegirico il missionario dirigente degli Italiani e commosse il numerosissimo uditorio. Ora vogliamo sperare che da questo luogo sacro la missione estenda la sua opera benedetta rapidamente ed efficacemente a tutte le parti, e che presto si formi una comunità veramente grande e proporzionata ai bisogni. La cura delle anime è in buone inani, imperocchè il Rev. D. Branda si meritò già in Ispagna la fama e la stima di missionario instancabile e di organizzatore pratico. Iddio benedica anche qui la santa sua opera ».

PER LE COOPERATRICI SALESIANE.

Dopo aver létto con interesse i primi cinque numeri del periodico l'Azione Muliebre, organo del femminismo cristiano in Italia, e dopo i lusinghieri incoraggiamenti tributati dalla Civiltà Cattolica al detto periodico, lo raccomandiamo ben volontieri anche noi a tutte le nostro zelanti Cooperatrici, sicuri che desse saranno dall'energia e vita dell'ottimo periodico animate ad un azione più energica e salutare nel campo del bene. Riservandoci di parlarne altra volta diciamo a tutte che l'abbonamento costa solo lire otto annue e si ha ogni mese un elegante fascicolo di 64 pagine. « Rivolgersi alla Direzione in Milano. »

MISSIONI

EQUATORE

Dall'esilio alla patria (Relazione di Don Guido Rocca.*)

A Riobamba - Prime impressioni - Altre prove - Sette giorni di prigione - Una diceria - Telegrammi sopra telegrammi - Bisogna risolversi - Partenza da Riobamba - Viaggio a Quito.

Riobamba è una piccola città situata nella valle dello stesso nome, collocata alle falde del Chimborazo, il re delle Ande. Non conta se non 10 o 12 mila abitanti, in generale di buon carattere ed ospitalieri. La circondano molti villaggi di qualche importanza, come Guano, Chambo, Guamote, luoghi tutti di villeggiatura. Il clima è molto secco a cagione dei forti venti che vi soffiano; il terreno è arenoso e mancante d'acqua, perciò poco gradito alla vista e di pochi vantaggi alla vita, mentre al contrario il panorama è dei più belli che si possano contemplare. Come corona circondano Riobamba il Chimborazo, il Tungurahua, l'Altare colle sue tre punte, e il terribile Sangay, vulcano attivo delle Ande Orientali. Durante la notte allorquando il firmamento è limpido, il che succede quasi sempre, un astronomo avrebbe campo esteso per fare le sue osservazioni e per contemplare l'innumerabile quantità di astri che popolano il cielo di Riobamba. A mio parere, sia per questo motivo, sia per i fenomeni metereologici prodotti dal suo clima speciale, tornerebbe qui di molta utilità per la scienza un osservatorio astronomico. La città è abbastanza regolare, ma non possiede alcun edifizio bello ; fra tutti si distinguono il convento e la chiesa dei RR. PP. Redentoristi, il palazzo del governo, la chiesa ed il convento delle Marianite e l'Ospedale. Il commercio può dirsi completamente morto; se si eccettui il sabato, che è il giorno della fiera, uno può passeggiare tranquillamente per tutta Riobamba senza pericolo d'incontrare gente nelle vie.

Il nostro Collegio poi è proporzionato alla condizione della città in cui trovasi; è poverissimo sebbene paia d'origine antica, giacchè credo appartenesse un tempo alle religiose dei SS. Cuori di Issodun. È sommamente piccolo per i 180 allievi esterni che vi intervengono alle scuole ed i 40 interni che vi si trovano raccolti. È privo d'ogni comodità, specialmente per un collegio salesiano; ma in compenso i confratelli che vi si trovano fanno del gran bene. È annessa al Collegio una chiesa, che un tempo fu di N. S. della Mercede, al presente abbandonata, ma si spera che coll'andar del tempo si possa riaprire per soddisfare ai bisogni spirituali degli abitanti di quel rione.

Ma ritorniamo a noi. Arrivammo sulla piazza del Collegio alle 2 pom. della domenica 13 di novembre. Il direttore del medesimo trovavasi sulla soglia della porta, in procinto di recarsi al vicino Ospedale, dove serve da Cappellano. Con cenni e saluti, feci comprendere che noi, i quali forse giungevamo inaspettati, eravamo di casa. Se non ci fossimo trovati sulla via e quindi esposti al pubblico, avrei dato un abbraccio all'amatissimo Direttore, ed in seguito sarei volato nell'interno del Collegio per salutare ed abbracciare tutti gli altri confratelli. Ma tosto mi sentii dire dal direttore : - Molta prudenza, non parli molto, faccia che nessuno s'accorga del suo arrivo. Il suo compagno si fermerà qui, ma lei non può stare con noi, giacchè sarebbe un comprometterci; ho già pronta una casa d'un amico italiano , di grande confidenza; là andrà finchè possa seguitare il suo viaggio per Quito, o si disponga ciò che meglio converrà; molta prudenza e che i nostri giovanetti non s'accorgano che lei è qui. - A questa accoglienza mi si gelò il sangue; una mortale angustia oppresse l'anima mia e dissi fra me : Dove credeva finissero le mie pene, esse si rinnovano, coll'aggiunta di non poter fermarmi nemmeno tra i confratelli.

Entrammo in parlatorio e fra mille precauzioni e di soppiatto, procurando di non essere visti dai fanciulli, potemmo salutare gli altri confratelli, entrare nella cucina dove l'antico nostro cuciniere di Quito, ci servì un pranzo abbondante, e poi si pregò e si conversó finchè, in sul far della notte, dovetti separarmi dai confratelli e dal mio compagno, e sempre col mio vestito da secolare fui condotto alla casa del signor Ricciulli, nella quale io doveva rimanere fino a nuovo avviso, come si suol dire. Non vi sono espressioni per descrivere tutta la mia angoscia; sebbene in casa di buoni amici, io mi considerava come un prigioniero, giacchè in quella casa doveva rimanere occulto tutto il giorno, essendo la mia presenza in Riobamba, secondo il parere del direttore, di molto pericolo per me e per la comunità salesiana. Non poteva ancor vestire l'abito talare, nè celebrare la S. Messa ! Quest'era la mia maggior pena. Era più d'un mese che mi vedeva obbligato a questa vita e non c'erano segni che terminasse presto, pur trovandomi a pochi metri di distanza dai miei confratelli.

L'indomani attendeva con ansia il direttore per prendere con lui le opportune determinazioni. Molte difficoltà presentavansi pel mio viaggio alla capitale. In primo luogo le condizioni politiche del paese, che andavano assai male. Io a Quito era molto conosciuto e non avrei potuto continuare col mio travestimento. E come poteva io dimorarvi alla scoperta, essendo stato esiliato dai medesimi che di presente reggevano i destini della Repubblica? D'altra parte erano scoppiati allora moti turbolenti e sarebbe stato un esporvisi il voler viaggiare per di là. Aveva inoltre l'ordine da Mons. Costamagna di attendere in Riobamba la venuta del valoroso e carissimo nostro confratello Giacinto Pancheri. La mia permanenza in Riobamba, secondo il parere dei superiori locali, rendeasi impossibile per i pericoli che poteva cagionare agli altri. Non sapeva come fare. Col direttore si determinó di spedire al Pancheri un telegramma chiamandolo; e lo stesso direttore mi consigliò di passare a Cuenca od a Gualaquiza, se non potessi andar a Quito.

Ma io non accettai perchè essendo la riapertura del collegio di Quito la missione che m'era stata confidata dai Superiori, non potendola condurre a capo, era mia risoluzione di fare un viaggio all'Italia , secondo le istruzioni che a voce ed in iscritto aveva ricevuto da Mons. Costamagna. Passarono tre lunghissimi giorni ; finalmente si ricevette un telegramma di Pancheri nel quale diceva che si trovava piú sú di Otavalo a due giorni di distanza da Quito nella tenuta dì Manuel Fison Larrea e che perciò non poteva venire. Con questo telegramma gli affari si complicavano. Vedendo che la cosa ritardava piú di quanto credessi pregai il direttore di lasciarmi almeno celebrare la Messa, il che ottenni. Egli mi fece avere dai PP. Redentoristi un altare portatile, e nella casa stessa che mi ospitava, ogni mattina di buon ora, rivestito dell'abito talare, celebrava e poi ricompariva coll'abito secolare. Ciò durò quattro giorni che con i tre precedenti formavano sette giorni di prigionia; ed invece di schiarirsi l'orizzonte, ogni di si faceva più oscuro. La cosa faceva presagire un fine poco gradito, e ciò comprese molto bene il nostro amico, il quale soffriva vedendo me a soffrire. Ora ecco come piacque a Dio di disporre le cose.

Era domenica, proprio l'ottavo giorno dopo il mio arrivo a Riobamba, quando vennero alcune persone ad avvisare il sig. Ricciulli mio ospite, che correva voce per la città aver lui occultato nella sua casa un sacerdote travestito arrivato dal Chili in qualità di spia. Se erano certe queste notizie, l'affare si faceva serio. In questi casi le autorità male informate, senza darsi il pensiero di esaminare, mettono il calunniato in catene e dopo di averlo vessato in tutte le maniere procedono all'esilio o ad altre pene. Mandai ad avvisare immediatamente il direttore il quale opinò che avessi ad occultarmi in altre case per isviare le ricerche. Questa determinazione mi parve del tutto inopportuna giacchè non v'è chi non veda che coll'occultarmi in altra casa, avrei dato peso alle dicerie. Risolsi invece di prender dimora nel nostro Collegio, malgrado l'opinione contraria, ed alle 8 1/2 della sera mi vi presentai per fermarmi. Il direttore, benchè spaventato me lo concesse, dopo aver deliberato di abboccarsi all'indomani col Governatore di Riobamba manifestandogli in confidenza le cose e domandandogli il suo parere.

Il giorno seguente dovetti rimanere occulto nella dispensa della Casa, finche il direttore avesse parlato col Governatore. Sebbene questi fosse infermo e non avesse potuto riceverlo gli fece sapere per mezzo della sua signora che non esisteva quel gran pericolo che immaginavasi pel mio arrivo a Riobamba. Saputo questo nella dispensa stessa mi spogliai finalmente dell'abito secolare e rivestii le insegne dei ministri di Gesù Cristo. Ma dovetti chiedere tutto a prestito ai confratelli di quella Casa, perocchè io nulla aveva portato di abiti ecclesiastici. Nella nuova mia toeletta mi presentai ai fanciulli del Collegio, quale nuovo arrivato da Cuenca e come tale mi accolsero e tosto passai a celebrare nella nostra Cappella la S. Messa.

Il mio desiderio però era sempre quello di recarmi a Quito il piú presto possibile; a tale scopo andavano e venivano tra me ed il desideratissimo Pancheri lettere e telegrammi, che sia per la distanza, sia pel cattivo servizio, sia per il pseudonimo che io doveva diligentemente mantenere accrescevano l'oscurità e con essa le inquietudini e le ansietà. Desiderava sapere almeno se era possibile il mio viaggio a Quito, sebbene non si fosse fatto subito; ma neppur questo si poteva dedurre dai telegrammi che arrivavano in risposta ai miei. Naturalmente in Riobamba, quantunque i Superiori ed i confratelli mi colmassero d'attenzioni, non poteva stare tranquillo: imperocchè, non appartenendo in modo stabile a quella Casa, non mi si confidava alcun incarico da disimpegnare, contentandomi di aiutare i Confratelli in ciò che poteva; d'altra parte io stava fermo nella determinazione d'imprendere il viaggio per l'Italia se non poteva andare a Quito.

In mezzo a questì dubbi risolvetti di fare un passo decisivo. Scrissi una lettera al sig. Emmanuele Fison Larrea, ottimo nostro Cooperatore a Quito, nella cui tenuta trovavasi il nostro confratello Pancheri, e gli confidai il mio progetto di recarmi colà, supplicandolo nel tempo stesso d'indicarmi se ciò era o no conveniente. Quale non fu il mio conforto allorchè ricevetti in risposta una lettera del prelodato signore, lettera gentilissima, piena d'affetto, nella quale dicevami che non solo non vi era alcun pericolo per la mia andata a Quito, ma che anzi era molto conveniente, e mi offriva inoltre ospitalità nella sua casa! Nel tempo stesso giungeva per mano sicura, al nostro direttore di Riobamba, una lettera di Pancheri nella quale confermava le stesse cose.

Ipso facto, determinai il viaggio per Quito, malgrado la resistenza che ancora mi si faceva dal direttore. Se non gli avessi dato la parola di predicare durante la novena dell'Immacolata ai giovanetti del Collegio, non avrei forse ritardato nemmeno un giorno ; ma per assistere i confratelli nostri in festa così solenne, ritardai la partenza fino all'11 di dicembre, giorno in cui si compiva un mese dall'arrivo nostro alla capitale della Provincia, del Chimborazo. A tale determinazione pareva si opponesse la difficoltà di conseguire il passaporto. Ma peI Signore non vi sono ostacoli Infatti il 4 dicembre aveva mandato il mio compagno al Palazzo del Governo a ritirare il detto documento col mio nome, cognome e qualità, conseguendolo facilmente, ed il giorno dopo aveva in mio potere il passaporto.

Colla sicurezza che non vi erano difficoltà per la nostra andata alla capitale, incominciammo a disporre ogni cosa pel viaggio, assicurandoci con telegramma il posto nella diligenza che da Ambato va a Quito. Giunse finalmente il desiderato giorno 11 di dicembre. Celebrata la Santa Messa e fatte le nostre divozioni nella Cappella dell'ospedale, alle 7 e 1/2 del mattino, ci congedammo dagli amati confratelli e, raccomandandoci a Dio ed a Maria Ausiliatrice, riprendemmo il viaggio in compagnia della R. M. Superiora dell'Ospedale stesso e di una novizia, le quali parimenti si portavano a Quito. A Mocha pranzammo e giungemmo ad Ambato alle 5 e 1/2 della sera. Fummo ospiti dei RR. PP. Domenicani. i quali ci trattarono con tutto l'affetto possibile, confondendoci al sommo l'estrema loro bontà. Nelle colonne di questa relazione siano resi i più sinceri ringraziamenti alla Venerabile Comunità di San Domenico di Ambato ed al suo degnissimo Priore il M. P. P. fra Antonio Galindo.

Il giorno 12, prendemmo posto sulla diligenza che va a Quito. Iddio al tempo stesso che ci proteggeva, non dubito di affermarlo, in modo visibile, pareva altresì che si compiacesse di vederci lottare colle difficoltà. Il mio turbamento non fu poco quando, nel prendere posto sulla diligenza, m'accorsi che eravamo circondati dal fior fiore del partito radicale, parenti e amici degli attuali governanti, i quali subito manifestarono il loro disgusto di trovarsi in compagnia d'un sacerdote, ed io aveva dal canto mio un po' di timore che sapessero che era Salesiano. E difatti si vide che lo sapevano giacchè il giorno seguente, essendoci incontrati in un punto chiamato Tiopullo col Presidente Alfaro, avendo egli domandato chi era io, risposero che io era un sacerdote Salesiano, e come tale mi presentarono a lui.

In Latacunga fummo ospitati altresì in un convento di Domenicani, sia per avere la comodità di celebrare la Santa Messa di buon mattino, sia per evitare la compagnia di quei viaggiatori. E qui non posso passare sotto silenzio un incidente tragico-comico che ci accadde nello stesso convento dei RR. PP. Domenicani.

Ivi molto ben accolti e preparatici i letti nel parlatorio, restammo d'accordo che il giorno seguente ci saremmo alzati di buon mattino per celebrare la Santa Messa prima del viaggio. Pel timore che passasse l'ora e la diligenza ci lasciasse a Latacunga non potei dormire con tranquillità, e quando l'orologio segnava le 3 1/2 della mattina ci alzammo. Ma nel convento non udivasi il minimo rumore e non vi era segno che si fosse alzato il frate dì cui avevamo bisogno per entrare in chiesa. Passava frattanto il tempo erano già le 4 e la mia inquietudine aumentava. Mi decisi alfine di andare io stesso cercando pel convento fino ad imbattermi nella sacrestia. Uscimmo dalla porta del parlatorio, quand'ecco slanciarsi su di noi un terribile cane nero, che pel suo stesso colore non avevamo potuto distinguere .fra le tenebre del claustro. Dare un grido, e sentirci gelare il sangue nelle vene dalla paura, fu una cosa sola. Ma anche questo fu provvidenziale; giacchè realmente il religioso si era scordato della mia Messa e dormiva tranquillamente, allorchè lo svegliarono l'urlo della bestia e le nostre non meno rimbombanti grida. Forse senza questo incidente non avremmo potuto soddisfare la nostra divozione, mentre così potei celebrare la Santa Messa, fare la colazione ed a suo tempo prendere posto nella diligenza.

Era il 13 di dicembre, il giorno fissato nei decreti di Dio pel mio ritorno a Quito dopo la prova dell'esilio. A misura che andavamo innanzi, il mio cuore batteva fortemente, nel tempo stesso che si succedevano nella mia mente mille ricordi or grati or dolorosi. Mi figurava di tornar a vedere il Protectorado, i nostri benefattori, i conoscenti, e specialmente gli antichi nostri alunni. Si pranzò nella popolazione di Machachi e seguitammo tosto il viaggio, e verso le 4 1/2 pom. la nostra diligenza trovavasi già sulla discesa chiamata Guamani, dalla quale distinguevasi il pittoresco monte del Panecillo sentinella di Quito.

(Continua)

IN FASCIO

Isola Dawson (TERRA DEL Fuoco). - La vita del provveditore di questa nostra Missione. -Il confratello Bocco Francesco ci mandava tempo fa queste semplici notizie intorno alla sua occupazione nell'isola: « Il mio laboratorio ha una estensione di circa 15 miglia di circonferenza e per muro tutto il mare che lo circonda. I miei attrezzi sono il cavallo, il laccio e un coltellaccio da macellaio. Io sono quasi sempre in viaggio per terra e per mare, ma per lo più per terra a cavallo. La mia carica è quella di provveditore, con la differenza che i nostri provveditori delle altre Case comprano sul mercato, mentre io debbo cercare gli animali selvaggi, custodire quelli che sono già domestici e provvedere la carne per tutta la Missione. Gli animali selvaggi vivono nei boschi ed è molto difficile prenderli: bisogna attenderli al varco oppure inseguirli con buoni cavalli e una volta presi al laccio condurli in apposito recinto da cui non possano fuggire. Questa caccia è molto pericolosa ed io coi miei due aiutanti abbiamo già corso varie volte pericolo di rimaner schiacciati sotto il peso del nostro cavallo inciampantesi nella corsa o sprofondantesi in imprevisti pozzi d'acqua. Finora però la Madonna ci ha sempre protetti. »

Bogotà (COLOMBIA). - Notizie della rivoluzione e dei nostri lazzaretti. - L'infaticabile nostro D. Evasio Rabagliati, scrive in data 25 gennaio scorso: « Un mese fa mandai alcune notizie, sulla situazione dei nostri lazzaretti , ma in questo breve lasso di tempo quante cose nuove ! Malgrado lo stato di guerra in cui ci troviamo, poterono venire a Bogotà per fare i santi spirituali esercizi tutti i confratelli di questa ispettoria colombiana, eccettuati quelli del lazzaretto di Contratacion nel dipartimento di Santander. Era mia intenzione farli venire tutti, a costo di qualsiasi sacrificio; tanto più che già da due anni essi non avevano potuto attendere, nonostante l'ardente loro desiderio, a questo obbligo religioso; ma poi, consultato ripetutamente il Vescovo del Soccorro, si credè meglio rinunziare ad ogni progetto in proposito ; prima, per non lasciare quelle centinaia di lebbrosi, abbandonati a se stessi durante varie settimane, in sì critiche circostanze; poi per evitare possibili incontri di gente armata, che d'improvviso ti può sorprendere in mezzo al cammino, e prenderti quel poco che hai, comprese le bestie, ed obbligarti di fare a piedi otto o dieci giornate di strada, per valli e monti e precipizi che nulla hanno di gradevole, principalmente in epoca di pioggie. In tempi poi di tanta miseria come gli attuali, era necessario pure consultare la borsa. Sicchè tutto sommato insieme, si dovette sospendere la venuta a Bogotà di quei nostri confratelli e di quelle Suore di Maria Ausiliatrice. Un sacrifizio di più per loro davanti al Signore, ed anche un bel merito per il giorno dei conti finali.

» Le limosine ai 25 dicembre erano giunte, se non isbaglio, agli 82 mila scudi. Durante l'ultima settimana del secolo xix e la prima del xx mi proposi di dare doppia razione tanto per i mille e cento di Agua de Dios, come per gli ottocento di Contratacion. Operazione semplicissima in verità; ma che richiedeva non meno di 15 mila scudi. Ne feci parola a questo mio grande amico, che è il pubblico di Bogotà; in una pubblicazione annunziai il mio proposito, facendo un appello generale; scrissi alcune dozzine di lettere private a persone facoltose; ed ecco come per incanto piovermi in casa a centinaia e migliaia i biglietti piccoli e grossi, tanto da raggiungere in 15 giorni la bella somma di 16 mila scudi. Ne sia benedetto il Signore! Oggi il totale delle somme raccolte a pro di quei meschini lebbrosi ha raggiunto la cifra rotonda di cento e cinque mila scudi, compresi dodici mila che si mandarono ad Agua de Dios, parte durante l'anno, e parte come strenna del Bambino Gesù. E notare che in questo frattempo, non si sospesero i lavori di costruzione che hanno luogo in Agua de Dios , per condurre a termine un grosso edifizio che sarà destinato per i giovani lebbrosi completamente orfani ; il che significa, che varie altre migliaia di scudi furono donati a questo scopo ! E tutto questo ben di Dio, con pochissime eccezioni, uscì dalle saccoccie dei cattolici di Bogotà, non permettendo la rivoluzione di far appello al resto della Repubblica.

» In tempi normali, di abbondanza, di pace, non sarebbe la gran cosa; ma in tempo di guerra, quando tutto è anormale, rovine, stragi, miseria, odii, fame, il fatto sovraccennato ha veramente del fenomenale e del prodigioso. Qui lo dicono uno dei maggiori miracoli fatti dal nostro Don Bosco. Sarà, ma quello che è certo si è che è un vero miracolo della divina Provvidenza che mai abbandona quelli che soffrono e che in lei confidano; ed in gran parte lo si deve alla carità fenomenale di questa gente, tutta cuore per i suoi lebbrosi. Di maniera che, in un solo anno (è precisamente un anno adesso, che incominciava a chiedere limosina) si raccolsero per un'opera sola di carità, più di mezzo milione di franchi.

» È inutile che dica, che d'allora in poi più nessun lebbroso è morto di fame ; al contrario, non stettero mai meglio in quanto alla razione, che giungeva sempre a tempo con precisione matematica, portatavi dallo stesso nostro D. Garbari, a ciò consigliato dalla prudenza perchè le grosse somme non tirassero la gola a qualcuno non lebbroso e finissero per essere rapite da mani ingorde.

» Che io mi sappia, la politica non entrò in quel lazzaretto di Contratacion ; e fecero bene quei cari amici a non lasciarla entrare quella brutta bestia: per questo lato quei lebbrosi non ebbero ad aggravare la loro situazione, contenti che vi fosse nel mondo chi pensasse a loro e non li lasciasse morire di fame. Non così passarono le cose in Agua de Dios, dove la brutta bestia della politica entrò e rientrò più volte, peggiorando enormemente la situazione già tanto precaria di quei poveri disgraziati. Risultato finale quasi tutte le case furono saccheggiate dalle guerrille, portando via tutte le bestie del lazzaretto, principalmente trattandosi di cavalli e muli e persino i vestiti dei poveri lebbrosi; fu più volte distrutto il telegrafo, e quindi intercettata ogni comunicazione col lazzaretto; vi furono risse, piccole battaglie fra gli stessi lebbrosi dei due partiti, con morti e feriti; ed il lazzaretto, fu convertito in un piccolo inferno.

» Le cose giunsero a tal punto che il Governo dovette intervenire. Si decretò che i più rivoltosi, una cinquantina, fossero mandati in esilio, anche per impaurire gli altri. Quando meno si pensava, ecco un forte gruppo di soldati della legge, presentarsi in Agua de Dios. Si cercano i colpevoli, si radunano nella piazza, e poi, volere o non volere, a piedi, così con quello che si trovavano indosso, sono condotti a Gisardat, per essere imbarcati su improvvisati bonghi (zattere fatte con peli e giunchi) e portati fino alla costa oceanica, a soffrire l'esiglio in un isolotto vicino a Cartagena. Era certo però che non ne sarebbe arrivato neppur uno, perche i coccodrilli che pullulano in tutto il fiume Maddalena nel lunghissimo corso di centinaia di leghe, li avrebbero tutti divorati. Il nostro D. Crippa, sospettando quello che era, seguì i poveri raminghi fino al porto d'imbarco, e poi pregando uno e scongiurando l'altro, facendo non so quali e quante promesse alle autorità che erano molto restie a concedere la grazia, finalmente il decreto d'esiglio fu revocato, ed ebbe il gran piacere di tornare al lazzaretto il giorno appresso, fra l'allegria universale di quei meschinelli che si credevano risuscitati da morte a vita, e delle cinquanta famiglie che già piangevano la perdita per sempre dei loro cari.

» Fra tante peripezie, i nostri nulla ebbero a soffrire. All'arrivo dei rivoluzionarii, i capi, per evitare qualsiasi sorpresa di gente mal intenzionata o predisposta contro la nera sottana, mettevano le guardie a tutte le porte della Casa dei Salesiani, colla consegna rigorosa di non lasciare entrare chicchesia, e neppure di uscire per evitare incontri dispiacevoli. Così passò tutto un anno, senza che i nostri avessero a patire nè nella persona, nè negli averi. Di tutto ne sia ringraziato il Signore.

» Ma i pericoli non sono peranco scomparsi del tutto; la rivoluzione creduta morta le cento volte, è risuscitata altrettante. Anzi, dopo la scomparsa quasi improvvisa del generale del Governo Prospero Pinzon, - che era il maggior spauracchio della rivoluzione, per averla battuta tutto le volte che osò disputargli la vittoria, principalmente per quella ottenuta in Palonegro (Santander) dopo 15 giorni ed altrettante notti di lotta continua ed accanita - morto qui in Bogotà il primo gennaio e che si ebbe una vera apoteosi nel giorno dei suoi funerali, la rivoluzione alzò il capo, e si presentò di bel nuovo minacciosa più che mai. Mi raccomando quindi alle preghiere di tutti affinchè il Signore ci liberi da tanti pericoli, e metta un termine alle tante stragi, rovine e miserie che porta seco una guerra civile. »

Morelia (Messico). - Inaugurazione della nuova Casa. - Il confratello D. Antonio Riccardi scrive in data 28 gennaio scorso : Eccoci installati nella nuova Casa di Morelia! Ne sia ringraziato il Signore e Maria Ausiliatrice, come di una grazia sopra ogni altra grande e singolare ! Dire del ricevimento che i Salesiani ebbero alla stazione, sarebbe narrare un vero ingresso trionfale. Rappresentanti di S. E. R.ma l'Arcivescovo, del Capitolo della Cattedrale, del Seminario, delle varie Congregazioni religiose e del clero secolare; rappresentanti delle Giunta Salesiana e delle principali famiglie della Capitale, e più migliaia di persone tra cui moltissimi giovanetti ; addobbi alle finestre ed alle porte per cui dovevano passare, musica all'ingresso nel Collegio, augurii, felicitazioni e tutto accompagnato dalle benedizioni di tanta gente che aspetta dai Salesiani mirabilia per l'educazione dei proprii figliuoli...

» Il locale del Collegio non è per ora molto vasto in quanto ad edifizio, potendo contenere solamente una ottantina di alunni, che dovranno essere sorteggiati tra i 4000 e più che da tempo si inscrissero presso l'Arcivescovado e la Giunta per l'accettazione. Ma l'area del terreno non è inferiore ai 120.000 m. q., tutto coltivabile ed in buona parte fabbricabile, essendo poggiato sopra la rocca viva. Già l'Ec.mo Arcivescovo d'accordo colla Giunta pensano al modo ed ai mezzi per prolungare l'edifizio, il quale si può prolungare a destra ed a sinistra per oltre 100 metri sulla via pubblica. Il 20 gennaio S. E. benedisse solennemente la nostra Casa. Alle 9 celebrò Messa sotto il porticato, assistito dal Vescovo di Coahuilo e da più centinaia di invitati, oltre a 500 e più giovanetti esterni, tra cui 130 circa cantarono alcune lodi, frutto dei primi sudori salesiani in questi giorni. Dopo la Messa e l'allocuzione di S. E. parlarono altri oratori intorno all'Opera Salesiana ed al bisogno di sostenerla e fomentarla. Oh quanto bene, quanta messe si presenta dinanzi ai poveri Salesiani ! Un Oratorio Festivo aperto la prima domenica, accolse più di 300 poveri giovanetti, avidi della istruzione religiosa, i quali continuano a venire per ora tutti i giorni. Ma tra poco dovremo chiudere loro le porte, mancando locale e personale ! Quanto desiderata è pure una o due scuole diurne e serali, per i numerosissimi ragazzi di questo povero quartiere! Degnisi il buon Dio mandarci operai per poter operare tutto il bene che sarebbe necessario alla salvezza di tante anime ! »

Sucre (BOLIVIA). - Timori e Speranze. - Dopo varie peripezie che facevano temere assai del Collegio Don Bosco di quella città, ora ci si comunica che, per una visibile protezione di Maria Ausiliatrice, rimesse le cose, si continua a fare molto bene alla gioventù col Collegio e a tutto il popolo colla chiesa di S. Agostino. Peccato che la scarsezza di personale non permetta di fare quanto sarebbe nei voti di tutti. I giovani interni sono una quarantina : l'Oratorio Festivo prospera : il governo vede di buon occhio la nostra istituzione e buone persone aiutano quei nostri confratelli.

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

AVE, celeste Diva, messaggiera d'amore e di pace, vincolo d'alleanza tra l'uomo peccatore e la Divinità ! Ave, ripeta nei suoi flutti vorticosi l'oceano immenso e si ripercuota, eco dolcissima, negli spazi di zaffiro. Ti saluti la natura che, con gli effluvii di sua fragranza, risponde al bacio di primavera. Inneggiano a Te, Regina dell'arte, i trionfi che per la tua possente ispirazione hanno immortalato i genii, dedicanti in tuo omaggio e l'ingegno e la mano. Sulle vette elevatissime, nel fondo della valle, nel frastuono delle città e nella quiete del paesello, là ove sorge un Santuario dedicato a Te, Regina potente, s'elevi un'onda di voci a rendimento di grazie, d'invocazione e d'amore.

E tu sorridi allora, Madre amabilissima, sorridi al pargolo che a Te rivolge i primi slanci del suo cuore innocente, alla balda gioventù, che, pieno l'animo di liete speranze, colla prospettiva d'ardimentosi disegni sente talora l'urto dell'avversità, il gelido dell'indifferenza, il mortale egoismo, che soffoca nel sorgere sublimi ideali. Sorridi e rinfranca il coraggio ! Porgi la mano al debole, tergi le lagrime dell'orfano derelitto, cambia i gemiti dell'infermo in palpiti per un desiderio ardente di accompagnare i tuoi dolori, e di benedizioni al crudo malore che pur gli apporta la chiave del cielo.

Regina del bel Paradiso, aiuto dei Cristiani, Vergìne invocata sempre con sicurezza dal nostro indimenticabile Padre Don Bosco, oh quanto sei bella ed immacolata! Sono belli i velì che ti rivestono quali nubi che s'incolorano ai raggi del sole: è gemmato il tuo bel manto di Regina, lo scettro della tua potenza; ma il diadema, che fa cornice al tuo volto, che rapisce in un'estasi gli spiriti angelici, è d'un valore inapprezzabile. E bello, è caro a noi perchè formato dalle elettissime grazie che ad ogni ora mandi su questa misera terra di peccato e di morte per mezzo dei tuoi celesti messaggiera che c'infondono la pace e la speranza.

E se fulgentissime gemme sono le grandi vittorie di Lepanto e di Vienna, non meno luminose sono le quotidiane che fai, specialmente in favore della povera gioventù. E se ogni mattone del tempio monumentale dell'Ausiliatrice in Valdocco è un ex-voto; se le centinaia d'istituti aperti da D. Bosco pel bene dell'umanità sono segni dì Tua speciale predilezione, o Vergine possente, che li sostieni, non v'ha dubbio che quanti a Te fanno ricorso ottengano grazie luminose ed innumerevoli.

Perciò con fiducia noi continuiamo a presentarci a Te, o Vergine bella, esponendoti con filiale semplicità i nostri bisogni, sicuri che non si concede grazia quaggiù in terra che non passi prima per le Tue santissime mani.

Per ottenere le grazie, D. Bosco raccomandava la frequenza dei Sacramenti e la pratica di una novena consistente solo in tre Pater, Ave e Gloria a Gesù Sacramentato con una Salve Regina, unitamente alla promessa formale, di fare una proporzionata elemosina al suo Santuario.

Ernestino è guarito !

Conta tre anni appena il caro Ernestino e sotto l'occhio vigile della mamma sua cresce come un tenero fiore cui feconda la rugiada del cielo e colora il sole. Ma tutto è grazia di Maria Ausiliatrice... Un giorno fatale il mio nipotino venne colto da attacchi violenti e da tali accessi nervosi che, sbattendolo a terra, ne menavano miserabile scempio. Furono chiamati i periti sanitari ed unanimi lo sentenziarono affetto da epilessia. I desolati parenti, costernati per sì immane sciagura, tentarono ogni umano esperimento ma inutilmente. Il povero bimbo, sotto la stretta orrenda del male, più volte al giorno sembrava dover esalare l'ultimo respiro. - Oh! Vergine Ausiliatrice, Tu sola me lo puoi salvare, esclamò la madre in uno slancio potente di dolore e di fede; salvalo dunque, o Madonna di D. Bosco, ed io farò palese le tue glorie ! -Io scrissi a Torino chiedendo preghiere. Si stette in ansiosa aspettativa come aspettando il miracolo ed il miracolo venne. L'occhio del bimbo cominciò a rasserenarsi, il suo petto si sollevava aspirando liberamente l'aria vivificante, i suoi muscoli si distendevano, il suo corpo si vedea come rifiorire : era gua rito! Non più attacchi, nè violenti accessi, non più strida convulse, ma la garrulità infantile ed il sorriso dell'innocenza sono la vita di Ernestino Vaglio. Sia gloria a Maria Ausiliatrice in eterno

Cereje Ponzone Biellese, 21 marzo 1901.

Sac. VAGLIO GIUSEPPE Prevosto.

Come l'Ausiliatrice ci abbia regalato la sua statua.

Nella nostra chiesina di Jundialy mancava ancora la statua di Maria Ausiliatrice: e ci voleva proprio una sua grazia perchè la bella immagine venisse a rallegrarci e confortarci della sua vista. Un giorno incontrai un mio caro amico che a testa bassa e tutto raccolto in tristi pensieri andava verso casa. Lo fermai e, gli domandai come stessero i suoi affari. Male, molto male mi rispose : l'avvocato, cui presentai queste carte per una questione pendente tra me ed il padre di mia moglie, mi affermò chiaro e netto che io doveva rinunziare a metà della mia sostanza. L'affare era grave. La miseria per lui e per sette figliuoli era inevitabile. Mi venne un buon pensiero e : - se vinci la causa, gli dissi, prometteresti di comperare la statua di Maria Ausiliatrice? - Lo prometto... - Ebbene, allora fa pur conto di aver combinata ogni questione, - e lo lasciai. Ma che? non aveva fatto un 300 metri ed eccogli incontro un amico che, assuntosi di far valere i suoi giusti diritti, in due giorni sventa le male arti del suo competitore, lo scioglie da ogni obbligo con l'avvocato ed ottiene sentenza di indiscutibile padronanza sopra i suoi beni. Ora la statua di Maria Ausiliatrice ci sorride dalla nostra piccola chiesa e ci invita ad amarla e confidare in Lei.

Jundialy (Brasile), 15 febbraio 1901.

POLO GAETANO.

Caduto dall'altezza di otto metri.

L'anno testo decorso, notificando a mio fratello salesiano, come la nuova casa che si stava fabbricando era già a tetto, quasi presago di una imminente sciagura, gli raccomandava di pregare la Vergine Ausiliatrice affinchè ci tenesse lontana ogni disgrazia. Erano appena trascorsi alcuni giorni ed il mio fratello Luigi salito sul più alto culmine per tirare su un grosso trave, per un. brusco movimento, perdette l'equilibrio e cadde nel vuoto piombando dall'altezza di otto metri. Io lo vidi ed inorridii dallo spavento : sotto tutto all'intorno pietre, assi, macerie ingombravano il suolo: il mio povero Luigi doveva sfracellarvisi. Corsi come delirante in suo soccorso, ed, oh miracolo! era caduto in piedi sopra uno spazio di terreno sgombro, non più ampio di due palmi. La caduta però era stata tremenda; egli svenuto sembrava come morto. Fu trasportato a letto. Mia moglie corse ad avvisare l'ottimo nostro Parroco, il quale, sentito íl raccapricciante caso disse: - andate subito in Chiesa e pregate la Madonna di Don Bosco affinchè compia la grazia: io vado intanto a vederlo -- e frettolosamente venne al letto del paziente. Il mio povero fratello era ancora intieramente fuori di se, ed il Parroco per ogni evento gli impartì l'assoluzione e la benedizione papale. La Madonna però non fu sorda alle nostre preghiere. Dopo poche ore Luigi si riebbe ed in breve fu completamente ristabilito.

Perletto (Cuneo), 3 febbraio 1901.

ROCCA ANTONIO.

Maria protegge le nostre Missioni.

Il nostro confratello salesiano Antonio Bergese, missionario nella Patagonia Meridionale cadde ammalato di violenta polmonite che in pochi giorni lo condusse all'orlo del sepolcro. I medici non gli davano più che alcune ore di vita e noi si aspettava trepidanti la temuta catastrofe. Da qualche giorno non funzionava più il polmone sinistro , il cuore era pressochè inerte ed il catarro, facendogli groppo alla gola, lo soffocava. Oh ! come ci sanguinava il cuore vedendoci impotenti a soccorrerlo : ma le preghiere nostre volavano incessanti al trono di Maria. Essa benigna rivolse lo sguardo alla nostra Missione ed il suo sguardo fu una grazia strepitosa che tutti fece meravigliare all' inaspettato evento. Quando più si temeva e più si pregava, il nostro confratello cominciò a sentirsi migliorare: il cuore riprese a funzionare; il polmone si ristabilì, scomparve il catarro sì che alcuni giorni appresso il nostro Antonio lasciò il letto e si potè dire completamente guarìto.

Puntarenas, 28 gennaio 1901.

D. VITTORIO DURANDO. Evviva Maria Ausiliatrice!

Era già un anno dacche gemeva sotto l'incubo di un forte dispiacere per un grave scandalo che aveva nella mia Parrocchia, quando un bel giorno leggendo nell'ottimo Bollettino Salesiano le grazie strepitose che Maria Ausiliatrice suole dispensare ai suoi divoti che con tale nome l'invocano, mi nacque in cuore la più viva speranza di ricorrere a Lei, promettendo, che se mi avesse consolato in sì angoscioso frangente, avrei tosto pubblicata la grazia ricevuta cari piccola offerta a titolo di riconoscenza. Infatti, trascorsi alcuni giorni, ebbi a sperimentare quanto efficace sia il ricorso a sì tenera Madre, giacchè, cessato lo scandalo, ritornò nell'animo mio quella calma e quella gioia che prova sempre il cuore di un Parroco pei benessere dei suoi figli spirituali. In adempimento a quanto promisi spedìsco l'offerta e con figliale affetto e gratitudine esclamo: Evviva Maria Ausiliatrice!

Trignano presso Fanano, 21 aprile 1901.

Sac. PERFETTI LUIGI.

Roma. - Fui arrestato il 5 ottobre 1900 e quindi tradotto a Regina Coeli per scontarvi la pena di 7 mesi di reclusione. Fu un momento di estrema angoscia quando mi vidi la rinchiuso in una cella e ricordai i miei cari, la libertà, la luce, la vita della mia Roma. Bollato coll'infamia del carcere l'avvenire m'appariva avvolto in negre ombre come una tetra visione di minaccia e di sventura. Il dolore, la vergogna, il ribrezzo mi strinsero sì fortemente che determinai di sfracellarmi il capo contro le pareti della mia prigione. Ma la Vergine santa vegliava su di me! Mi venne concessa una udienza col Cappellano delle carceri. Egli con dolci parole cercò di confortare l'animo mio in preda alla disperazione più cupa, e nel lasciarmi mi porse a leggere il Bollettino Salesiano. Scorsi, per divagarmi, le prime pagine, ma quando giunsi alla rubrica delle Grazie e vidi l'immagine di Maria Ausiliatrice, l'animo mio s'aprì alla speranza, gli occhi mi si gonfiarono di pianto ed inginocchiato domandai singhiozzando la grazia della libertà. Il giorno 12 dello stesso mese io rivedea la luce, i miei cari, la mia Roma ; ero libero ! Ora, pieno di riconoscenza, il liberato prigioniero canta e pubblica le lodi della Madonna di Don Bosco.

29 ottobre 1900.

ALFREDO MIGANI fu ANTONIO.

Santa Tecla (CENTRO AMERICA). - Sciolgo solamente oggi le mie promesse a Maria Ausiliatrice offrendo la tenue offerta di L. 25. Da due anni questa buona Madre mi protegge in un modo specialissimo. Mi guarì mio padre da una malattia molto pregiudizievole alla famiglia, mi ottenne la grazia di potermi dedicare a quel genere di vita che era la mia unica aspirazione. Caduto infermo di una malattia gravissima mi sanava in un modo che incantò il medico curante. E quanti altri benefizi non mi ha concesso questa tenera Madre! Intendo adunque che si faccia un cenno di essi nel Bollettino Salesiano, perchè si accresca sempre più la confidenza in questa tenera Madre.

8 novembre 1900.

UGO LUNATI.

S. Pietro di Legnago.-Oh quanto è grande la potenza di Maria! Verso la fine dell'ottobre scorso, il nostro papà veniva preso da una fortissima febbre tifoidea, e così gagliarda che in pochi giorni lo ridusse agli estremi. Gli vennero perciò amministrati i SS. Sacramenti e si attendeva con ansia indicibile il colpo fatale. In tale frangente ci sentimmo come inspirati a ricorrere alla nostra potente Madre Maria Ausiliatrice, facendo una novena e promettendo una tenue offerta, con la pubblicazione della grazia nel Bollettino Salesiano. Non tardò Maria Ausiliatrice ad esaudirci. Da quel momento l'ammalato incominciò a migliorare, ed in pochi giorni si è perfettamente ristabilito. Siano rese infinite grazie a Colei che si è costituita Ausiliatrice di tutti i cristiani ! Voglia Maria continuare a proteggerci in tutte le nostre necessità. Oh! grazie a Te, Madonna di Don Bosco, tu sola ci potevi salvare e ci salvasti il nostro papà. A Te noi saremo grati in eterno.

10 marzo 1901.

Famiglia MARINI.

Varazze. - Leggendo nel Bollettino Salesiano le continue grazie che Maria Ausiliatrice prodiga a' suoi divoti, e la premura che questi si fanno nel manifestarle pubblicamente, mi sento anch'io in dovere di ringraziare la Vergine Ausiliatrice, e mi è dolce proclamare che la dolcissima Madre non solo mi fece andar bene l'operazione fattami, ma anche prontamente mi ha guarita. Perche i divoti di Maria mi aiutino a ringraziarla, e perchè siano tutti animati a gettarsi con filiale abbandono nelle sue materne braccia ogni volta che gemono sotto il peso della tribolazione, prego sia pubblicata questa grazia ed intanto piena di gratitudine adempio alla promessa fatta, ed unisco tenue offerta per una Messa da celebrarsi all'altare della Vergine Taumaturga.

11 gennaio 1901.

BOLLO TERESA in AMIGO.

Villafranca d'Asti. - Mentre io accudiva alle faccende di casa il mio Silvio, bambino di 15 mesi, gaio e vispo si trastullava seduto sopra una tavola a me vicino. Ma, perduto un momento l'equilibrio, si rovescia all'indietro e batte col capo sull'orlo d'un piatto ripieno di bollente liquido. Mandò un grido straziante il piccino ! quel liquido gli s'era riversato tutto sul viso deturpandoglielo orribilmente. Era tutto una piaga ; gli occhi completamente chiusi, lasciavano temere che avessero perduto la vista. Nel mio dolore ricorsi, come altre volte, a Maria Ausiliatrice promettendo di pubblicare la grazia: ed oh ! come è buona la Madonna di D. Bosco ! In capo ad otto giorni il mio Silvio era del tutto guarito senza traccia alcuna del male sofferto. Sieno rese grazie dunque a Maria Ausiliatrice e l'inno della riconoscenza non verrà mai meno sul labbro mio.

15 dicembre 1900.

GIUSEPPINA RISSONE STURA.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti

A*) - Agas : Fabre G. B., chimico, lire 20.

B) - Bagolino (Brescia) : Bazzani Bernardo, 5 per grazia ottenuta in una causa civile. - Bastia (Padova): Zaffari Francesco, 2. - Bologna: Trivelli-Ranuzzi, 5 per affari felicemente assestati.

C) - Cagliari : Bernardini-Sony Paola, 5. - Cagnano (Pavia): Pertusati Beatrice, 12 per due segnalatissime grazie. - Calco Inf. (Como) : Ripamonti Giustina, 5 per ricuperata sanità. - Capellazzo: Burgese Giovenale manda offerta per la preservazione del suo bestiame da malattia infettiva. - Carpeneto d'Acqui: R. C., 10 per Messa di ringraziamento. - Castellare (Saluzzo) : Contessa Mary di Saluzzo Crissolo ringrazia per ottenuta guarigione.-Catania: Marchesa Sebastiana Catalano, 10. - Cavour : Godano Lucia, 1. - Chaves: Casassa Giovanni, 10 per due specialissimo grazie. - Chioggia : Baffo Giuseppina di Giuseppe, 17. - Cividate Friuli : Saddici-Missio Maria, 5 con Messa.

D -Dwamish (Nord-America): I coniugi Lafranchi Anzini ringraziano la Madonna di D. Bosco per ottenuta segnalatissima grazia temporale e sciolgono le loro promesse.

G) - Garlate (Como): Conti Carlo e Conti Emilia, 20 con Messa di ringraziamento per grave polmonite felicemente superata e per guarigione da ribelle tremenda malattia. - Gemona : Savonitti Adele, 2. - Gerno (Milano): Morganti Carlo ringrazia per l'ottenuta guarigione della madre. - Giarratana (Siracusa) Piazza Giuseppe, 5.

(*) L'ordine alfabetico qui segnato è quello delle città e dei paesi, cui appartengono i graziati da Maria Ausiliatrice.

L) - Lenta : N. N., 20. - Lu : N. N. fa offerta per specialissima grazia ricevuta.- Lugano (Svizzera) Vicari-Zanini coniugi, 5 per Messa in ringraziamento della guarigione della figlia Giuseppina.

M) - Mandas : Pisano Adelina, 2. - Melici (Messina) : Aliberti Anna, 2 per Messa di ringraziamento. - Melle (Cuneo) : Bernardi-March Maddalena, 5 : Bernardi Maria Vd March, 3. - Montaldeo : Repetti-Valle Elisa, 2,10. - Milano : Carugati Ch. Egidio, 2 per Messa in ringraziamento di guarigione della sorella da grave malore : Cattaneo Giuseppina, 20 per due Messe. - Morozzo : N. N., 2 per Messa. - Montegrir dolfo (Forlì): Grilli Luigi, 5 per guarigione della figlia Mari.etta affetta da polmonite doppia. - Mirabello (Pavia) : Rossi Carlo, 5 per guarigione quasi istantanea da febbre che da due anni lo tormentava

N) - Nervi : Ruschera Vittoria, 2. - Nizza Monferrato : C. E., 10.

O) - Oulx : Toscani Francesco, 5.

P) - Palermo: Alfonso Luigi, 1. - Pometo (Pavia) Fiori- Comaschi Carmela, 5 per Messa di ringraziamento. - Pieve S. Giacomo (Cremona):.Corbari Isabella, 8.

R) - Recanati : Faggi Giuseppina, 3. - Riva Zilli Giuseppe fu G. B., 5 per Messa di ringraziamento. - Rovaiola : Troglio Marina, 2. - Rovegno Perini Francesca, 3. - Rovello (Como) : N. N., 3 per una Messa in ringraziamento di guarigione di cara persona.

S) - Saluzzo : Bertola Angelo, 5. - S. Agostino Montanari Aggeo, 5 per Messa di grazie. - S. Giorgio Lomellina : Nicola Virginia, 5 per Messa, avendo ricuperata meravigliosamente la salute da una malattia ribelle ad ogni cura. - S. Sebastiano Po : Birolo Giovanni, 10 per due Messe di ringraziamento. - S. Vittoria d'Alba: Montanaro Enrichetta, 1 per Messa. - Savino Corignola : Suor Ippolita, Superiora delle Figlie della Carità, ringrazia per la guarigione ottenuta da polmonite complicata. - Saviore : Tiberti Margherita, 2 con Messa. - Stradella : Daccò Marietta Va Sabbia, 5 per Messa, avendo ottenuto segualatissima grazia.

T) - Tonengo : S. L., 2 per Messa. - Torino B. A. - Trapani : Una signorina, 5. - Tuili : Melis Antonio, 2.

U) - Ugento : Sao. Contini Angelo, 25.

V) - Varallo Pombia : Ferrari Angela, 1 : Bolognini Maria, 2: Ferrari Giovanna, 2: Ingignoli Caterina, 3: Ingignoli Maria, i. - Venasca: Marchiaro Egidio, 1. - Vertile (Aosta): Luceat D. Giulio. Parroco, 5. - Villalvernia : Casetti-Ivaldi Maddalena rende grazie per lo scampato grave pericolo di un suo bambino. - Viano : G. Germini, 10. - Vizzini Failla Notar Ignazio.

X) - A. M., studente, 2 in ringraziamento per essere stato due volte favorito da Maria Ausiliatrice. - Giacoia Nicola, Diacono, 1. - Umberto Marina Va Vecchia, 20 per ricuperata salute dopo lunga malattia. - Barrel Filippina, 5. - Ala Luigi, 5 con Messa per singolar grazia ricevuta.

NECROLOGIA

Monsìgnor Giuseppe Tettamantì Prevosto di Busto Arsizio.

QUESTO padre buono, mite, soave, questo angelo consolatore, questo maestro e forte propugnatore dei diritti di Dio e della Chiesa rese la sua grand'anima a Dio in Busto Arsizio il primo marzo, dopo trent'anni di parrocchia, nel sessantesimo settimo di sua vita. Sacerdote modello, largamente fornito di ottime qualità intellettuali e morali, di pietà profonda, di inesauribile carità non posò mai stanco, ma con ognor crescente vigoria diè mano a tutto ciò che poteva giovare nell'ordine materiale e spirituale ad un popolo di forte tempra, religioso, lavoratore, tenace e di apertissima intelligenza. Sotto al suo zelo industre, al vigoroso impulso, allo squisito sentimento del bello ed alla vivace intuizione del buono tenne il suo popolo in una continua, santa operosità che sorprendeva ed edificava. Il tempio non era mai deserto culto, sacramenti, opere di devozione, alimentatrici della fede e vigilanti custodi della virtù, informavano con sacro entusiasmo ì fedeli; tutti si trovavano come impegnati a corrispondere allo zelo del parroco. Provvide all'abbellimento della casa di Dio, fece rifiorire il magnifico tempio di S. Maria ed agli artisti aprì il concorso per la decorazione della Chiesa parrocchiale. Dalle vòlte auguste del tempio, ove già tanta fiamma ardeva di carità, uscì in mezzo al popolo e mise mano ad opere egregie affin di provvedere alle necessità materiali e morali che reclamavano lo zelo della sua anima, l'affetto del suo cuore e l'operosità della sua mano. Fondò la Casa delle Signore di Nazaret che a centinaia raccolgono le giovanette e le assistono con amore di madri. Amò i figli di D. Bosco di particolare affetto, cui volle affidata la gioventù di Busto e l'ultimo palpito del suo cuore fu per essi. Indefesso Decurione dei Cooperatori Salesiani diffuse ampiamente il Bollettino e la Pia Unione dei Cooperatori.

Il nostro indimenticabile Padre D. Bosco lo chiamava il suo grande amico. Le opere cattoliche, Comitato, Circolo Operaio, Società di mutuo soccorso, come fiori sbocciati dai suo gran cuore, ebbero vita e meraviglioso incremento. Per esse costruì una casa speciale che serve di centro sia per gli Uffici come per le adunanze : ebbe in tutto prospetti larghi, complessivi e generosi. Partecipò sempre ai trionfi ed ai dolori della Chiesa e del Pontificato romano. - Siamo colpiti nel Capo. nel Padre, nel Papa, egli diceva, e dobbiamo anzitutto metterci d'attorno al Capo, al Padre, al Papa.

I suoi funerali furono il trionfo dell'uomo giusto. Sulla sua tomba scese l'universale compianto e l'uomo di Dio ebbe largo tributo di preci e di non mentiti elogi. Dio benedica alla sua bell'anima.

L'Ing. Comm. Vincenzo Demorra.

QUESTO illustre nostro Cooperatore spirò nel bacio del Signore, il 7 aprile scorso lasciando presso tutti il più amaro cordoglio e vivissimo desiderio di sè. Uomo d'integerrimi costumi, cattolico fervente e gentiluomo perfetto, altamente benemerito della società, modello dì pubblica e privata beneficenza, amò con predilezione l'Opera di D. Bosco, prodigando per essa l'eletto suo ingegno con saggi consigli, e tutto il suo buon cuore con la liberalità delle offerte. Ora dorme il sonno dei giusti nel sepolcreto di famiglia in Casalgrasso dove venne condotto per suo desiderio, e l'angelo della risurrezione veglia sulla sua lagrimata salma in attesa del gran giorno in cui dovrà richiamarla a novella vita per partecipare coll'anima sua dell'eternità beata.

Giuseppina Ferraudi Ved. imperatori da Intra (Cago Maggiore).

QUESTA pia e benefica signora, nostra zelante cooperatrice, dopo una vita intieramente spesa in segnalate opere di beneficenza, passò a miglior vita il 28 febbraio scorso. Il nome si-io risuona benedetto presso tutti i poveri che non ricorrevano mai invano al suo nobile cuore. Ammiratrice delle Opere di D. Bosco generosamente aiutò il nostro Oratorio Festivo Femminile destinato al bene morale di tante fanciulle di Intra, specie della classe operaia. La sua morte fu santa come era stata la sua vita ; e noi piamente crediamo ch'ella goda di già in cielo l'immarcescibile premio delle sue virtù e delle tante sofferenze cori cui il Signore la volle provare su questa terra. Alla compianta e benefica estinta perenne riconoscenza e fervide preci di suffragio.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

VINCENZO MONTI - Dialoghi filologici e il Caio Gracco, con introduzione e note ad uso delle scuole per cura del prof. Eugenio Ceria - Torino, Libreria Salesiana, 1901 - Un volume di pag. XI, 320. L. 1,20.

Il ch. raccoglitore ed annotatore delle Prose scelte del Giusti, altre volte da noi lodato, presenta oggi nella stimata biblioteca della gioventù italiana della benemerita Libreria Salesiana i dialoghi del Monti, che giacevano sparsi e quasi sepolti nei grossi volumi di quell'opera di grande mole, a cui die' mano negli ultimi anni il celebrato cantore della Basvilliana, vale a dire la Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca. L'appellattivo di filologici, appiccicato a questi Dialoghi del Monti, non faccia arricciare il naso a' giovani lettori, quasi non vi si ammanissero che aride pappolate grammaticali. Il fondo, certo, è sempre lo studio della parola ne' suoi rapporti con le idee e coi fatti ; ma la forma tutta originalità, festevolezza e vita, innamori anche i più schivi, ed acconce note illustrate del ch. professore Ceria ne accrescono la chiarezza per coloro che fossero allo scuro degli avvenimenti contemporanei al grande scrittore e delle lotte ch'ei venne a sostenere coi puristi pedanti del tempo suo.

Della tragedia del Caio Gracco - degna sorella dell'Aristodemo - torna superfluo ed anzi fuor di luogo dir parola nostra sia di elogio che di critica, l'una e l'altra omai sdegnando il grande emulo dell'Alfieri, che compensava l'inferiorità sua nella forza del dialogo e nella terribilità dei contrasti colla musicalità del verso e lo splendore della forma nelle quali doti superava il celebre Astigiano.

Piuttosto vogliamo congratularci col chiaro prof. Ceria che ha voluto mandar innanzi una biografia abbastanza copiosa di Vincenzo Monti, dove discorre con equanimità della vita avventurosa di questo Girella della poesia italiana e con grande competenza delle opere sue, così che la figura del Monti balza fuori quale essa fu veramente, e I giovani hanno modo di formarsi un concetto del carattere dell'uomo e del letterato, di avvertire tutte le debolezze sue e nel tempo stesso di sapere accordargli quelle attenuanti che i tempi e le circostanze in cui scrisse e si trovó chiedono dai facili giudici dell'oggi.

(Dai Berico di Vicenza).

CARMAGNOLA ALBINO sac. prof. - Quaresimale Vol. 2 - Torino - Tip. Ed. Salesiana 1901. L. 3.00.

Il principe dei periodici cattolici d'Italia così parla di questo nuovo quaresimale : « queste prediche sono sode, informate di spirito veramente religioso, ed accessibile a tutte le intelligenze. Dei tre Uffizi dell'oratore, docere, monere, delectare, il primo è certamente eseguito bene, il secondo altresì, del terzo poi è più difficile dare un giudizio fermo, perchè de gustibus non est disputandum ».

L. MATTEUCCI. Saggio di voci e frasi eleganti italiane , specie della lingua viva - Torino, Salesiana 1901. p. VII, 460. Prezzo L. 2,20.

Il ch. Autore vuole che questo sia un saggio, non piú di un saggio, e promette che ad una nuova edizione entreranno nel nuovo libro « centinaia d'altre frasi che son rimaste sulla porta a far capolino, e che aspettano di saltar fuori per far compagnia alle loro sirocchie che hanno avuto il sommo onore di essere qui presentate al colto pubblico e all'inclita guarnigione. » Attendiamo dunque, e non ce lo faccia sospirar molto, il lavoro completo, del quale è bella promessa questo volume.

Che se è lecito a noi un suggerimento, nella nuova edizione, elenchi al loro posto, secondo la lettera dell'alfabeto, le varie parole, ch'entrano poi in frasi, tutto dipendenti da un medesimo verbo il che ne agevolerà la ricerca, potendo essere che taluno ricordi della frase la parola più saliente e non altro. Il ch. autore fedelissimo nelle citazioni, ci diè un lavoro, nel quale è da ammirarsi, non sappiam davvero, se più l'erudizione o la pazienza.

(Dal Verona Fedele).

DOMENICO M° TORRES. - Missa Pascalis ad una voce con accompagnamento d'organo per fanciulli. - Torino Libreria Salesiana- L. 2.40.

Ecco. scrive il Verona Fedele, un altro buon lavoro regalato secondo le disposizioni della S. C. dei R. in materia di Musica Sacra e dei buoni principi dell'arte. Esso è serio così da dare affidamento sicuro che il ch. Autore è sulla via di apportare alla causa della ristaurazione musicale più che modesti contributi. La melodia del canto non è difficile e cammina naturalmente senza angolosità ; l'accompagnamento è ben fatto e non difetta di risorse armoniche e di modulazioni (alquanto ardite talvolta) che danno varietà al lavoro e lo rendono interessante e gustoso. Perciò merita senza più di esser preso in considerazione non solo, ma ancora di essere raccomandato.

Cooperatori defunti dal 15 Marzo al 15 Maggio 1901.

1 Aceti Carlo - Milano.

2. Allodi Alice nata Ferrari della Torre - Parma.

8. Angley Emanuele -- Torino.

4. Angorrova Damig. Luigia, R. Convitto Vedove e Nubili - Torino. 5. Baduero Maria -- Centallo (Cuneo). 6. Barilani Giovanni - Scaria (Como). 7. Baronci G. - Roma.

8. Benedicenti Don Francesco - Riva di Chieri - (Torino).

9. Bertolani Don Vincenzo, Rettore - Massa di Sassor (Massa Carrara). 10. Boni Don Vincenzo- Prevosto-Masone (Reggio Emilia).

11. Borgata Andrea - Trisobbio (Alessandria).

12. Boschi Suor M. Rosalia, Monastero Perpetue Adoratrici - Lugo ,Ravenna).

13. Botto Cav. Angelo - Trivero-Botto (Novara).

14. Bruno Filippo Pietro - Orsara Bormida (Alessandria).

15. Canevari Luigi. Posa. - Travaccò Siccomario (Pavia)

16. Cao Catterina vedova Folcher - Morbegno (Sondrio).

17. Ciapponi Catterina in Farabini - Morbegno (Sondrio).

18. Coggiola Elisabetta - Lu Monferrato (Alessandria).

19. Comollo Giuseppina, maestra - Borsano (Milano).

20. Conti Rosina - Troina (Catania). 21. Conticollo Carmela - Troina (Catania).

22. Cossio Don Pietro, Parroco - S. Lorenzo pr. Sedegliano (Udine), 23. Cusani Confalonieri (dei Marchesi) Donna Amalia - Carato Brianza. 24. De Voldre Sophie - Roma.

25. Donati Giulia Ved. Marchese Battista Spreti - Ravenna.

26. Dumas Maria - Parma.

27. Fenoglio Giovanna - Torino.

28. Francobandiera Don Giuseppe, Canonico - Barletta.

29. Gallo Cav. Cesare, Capo Sezione al Ministero di Grazia e Giustizia in ritiro - Torino.

30. Gallotti Campiglio Ottavia - Intra (Novara).

31. Gamba Comm. Prof. Barone Alberto - Torino.

32. Garzatagli Roberto - Campitelle (Mantova)

33. Gazzola Contessa Marietta - Piacenza.

34. Ghiringhello Giuseppina - Torino. 35. Gianotti Rosa nata Colli Landi - Novara.

36. Giordano Matilde - Torino.

37. Ibba Vittoria - Lanussi (Cagliari). 38. Ivaldi Teresa - Trisobbio (Alessandria).

39. Lorenzutti Matteo -Aviano (Udine). 40. Mangili Anna Maria. - Calolzio. 41. Manunta Don Giuseppe, Vicario - Lanusoi (Cagliari).

42. Meschini Margherita - S. Angelo Lomellina (Pavia).

43. Milani Carlo - V anzaghello (Milano). 44. Negri Costantino - Bologna.

45. Osnengo Giacomo, Geometra - Castelnuovo d'Asti (Alessandria). 46. Paganini Virginia- Asiago (Vicenza) 47. Patuzzi Nob. Pio Angelo - Milano.

48. Pilia Pietro - Lanusei (Cagliari). 49. Poggi Elisa - Bolzaneto (Genova). 50. Ravelli Luigi - Preseone Val di Sole (Trento).

51. Re Wildebaldo Cav. Uff. Avv. Gaetano, membro del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati in - Torino.

52. Riccardi di Netro Contessa Rita nata Carta Angioj - Torino.

53. Ricci Don Pietro, Parroco S. Maria - Mugnano (Modena).

54. Riva Don Filippo, Parroco - Roletto (Torino .

55. Rossi Cav. Pietro Ispettore dei Canali Demaniali - Torino.

56. Rubboli Don Giovanni, Parroco - Filetto (Ravenna).

57. Sala Santo - Lumezzane Pieve (Brescia).

58. Saluzzo di Paesana Marchesa Aurelia - Torino.

59. Seccia Don Ruggero, Canonico - Barletta (Bari).

60. Sona Maria - Negrar (Verona).

61. Squarcia Don Moderano, Prevosto SS. Trinità - Parma.

62. Suter Don Giuseppe, Vice ParrocoCisore (Novara).

63. Tesorieri Mons. Luigi, Vescovo - Imola (Bologna).

64. Testa Giusepppina - Torino. 65. Toniutti Antonio -- Montenars.

66. Vincenzi Teresa - Negrar (Verona). 67. Zuanella Don Valentino - Castello di Madama Monte (Udine).

1. Agnola Don Patrizio, Direttore Sp. Convento delle Rosarie - Udine. 2. Ambrosi Alberto - S. Didero di Susa (Torino).

3. Amoretti Anna in Tallone - S. Lazzaro Reale (P. Maurizio).

4. Andrighetto Gerolamo - Costozza (Vicenza).

5. Baietta Serafina Ved. Troia - Costermano (Verona)

6. Baima Giuseppe - Volvera(Torino). 7. Bandino Giovanna - Montalenghe. 8. Barbero Eroina nata Chiesa -Torino. 9. Benucci Vincenzo - Roma. 10. Biale Don Gregorio - Celle Lig (Genova).

11. Bianchi Don Giuseppe fu Natale - Ospedaletto.

12. Bagni Don Lorenzo, Maestro - Meugliano (Torino).

13. Bonavera Anna Ved. Cav. M. P. Bensa - Porto Maurizio.

14. Bonora Emanuele - Finalmarina. 15. Campora Teresa Ved. Clorico - Torino.

16. Canova Don Leone, Parroco - Cremona.

17. Cantoni Fini Marietta - Pavia.

18. Cipollona Catterina-Sampierdarena (Genova).

19. Coggiola Isabella - Lu (Alessandria) 20. Coggiola Don Luigi, Can. Arcip. di S. Nazzaro - Lu (Alessandria). 21. Conti Carlotta - Padergnone (Trentino).

22. Dalbon Maria Ved. fu Simone - Darò (Trentino).

23. Delfino Carlotta - Bernezzo (Cuneo). 24. De Morra Comm. Ing. Vincenzo - Torino.

25. De Petria Clementina Suora di San Vincenzo - Torino.

26. Fabbrini Don Francesco - Canonico Cattedrale - Arezzo.

27. Fiorini Luigi, Neg. Pellami - Cattolica (Forlì).

28. Focacci Cav. Don Lorenzo, Prevosto Vie. For. - Rezzoaglio (Genova). 29. Frassati Mons. Agostino, Cappellano Segreto d'onoro di S. S. Papa Leone XIII - Salasco (Novara). 30. Gallo Felicita -Torino.

31. Gamberoni Adelaide - Comerio (Como).

32. Gerbaudo Cattorina - Cardò (Cuneo). 33. Giudice Ferdinando - Genova.

34. Gnesotto Ferdinando, Prof. R. Università - Padova.

35. Guadagno Giuseppe fu Celestino - Troja (Foggia).

36. Iiòrin D. Antoine Ancien Curò Pollein (Trance),

37. Lucchetti Enrico - Ancona.

38. Maffoli Carola - Cocquio (Como). 39. Manno Baronessa Enrichetta nata Contessa Valfrò di Bonzo. - Riva di Trento.

40. Manzoni Contessa Luisa Ved. Pasetti - Faenza (Ravenna).

41. Mattone di Bennevello madam. Udegarda - Torino.

42. Mezzano Don Giuseppe Teol. Prevosto - Vettignò (Novara). 43. Modesti Orlando - Casalbuttano (Oremona).

44. Monti Luigi Gabriele - Torino.

45. Nasi Clara - Benevagienna (Cuneo). 46. Oltraqua Sebastiano fu Bart. Castelletto Orba (Alessandria).

47. Pallotti Don Domenico - Arezzo. 48. Parigi Giovanni - Verdello.

49. Parola Giovenale - Geometra (Cuneo).

50. Pasino Margherita nata Pratica - Lu (Alessandria).

51. Peretti Francesca - Cardò (Cuneo). 52. Piccone Suor M.° Irene, Figlia di N. S. della Misericordia, Superiora nell'Ospedale - Albiesola Marina.

53. Ravetti Clara, Maestra - Trino (Novara).

54. Realia Lidia ved. Riclreliny -Torino. 55. Ravelli Giov. Battista, Organista - Boves (Cuneo).

56. Roero di Mouticelli Nob. Guglielmo - Torino.

57. Rossi Prof. Gio. Batta - Sommariva Bosco (Torino).

58. Rondine Spanu Giov. Maria - Santa Lussurgiu (Cagliari)59. Sassoli De Bianchi N. D. Contessa Maria nata Rovinazzi - Bologna. 60. Savio di Bernstiel (dei Baroni) Donna Adele - Torino.

61. Stoppini Luigi - Busca.

62. Tatti Domenica nata Giacomelli - Avigliana (Torino).

63. Tavecchia Don Giuseppe - Milano.. 64. Trinchieri Amalia ved. Eula - Tor-tona.

65. Venera Stefano - Torino.

66. Viglietti Luca - Carrii (Cuneo), 67. Visona Angola -- Vicenza. 68. Zelli Tommaso - Arezzo. 69. Zunino Angela - Torino.