BS 1900s|1909|Bollettino Salesiano Marzo 1909

ANNO XXXIII - N. 3.   Torino, Via Cottolengo 32.   MARZO 1909.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO

SOMMARIO: Per una data giubilare    65 L'Onomastico del Santo Padre . 66 La 3a Esposizione generale delle Scuole Professionali e Colonie Agricole Salesiane 67 L'Opera di D. Bosco in Sicilia 68 Echi del disastro: Chi erano i Salesiani periti - I suffragi - Gara di carità pei superstiti - Tra le macerie - Le nostre incisioni    71 Tesoro spirituale

Il Sistema educativo di D. Bosco: I) Il sistema preventivo nell'educazione della gioventù - II) Il miglior commento (importante colloquio di D. Bosco col Ministro Urbano Rattazzi)    74

L'8° Centenario della morte di S. Anselmo d'Aosta 8o

DALLE MISSIONI : Matto Grosso (Brasile): La tribù dei Boróros; studio di D. A. Malan, parte IIIa - Il viaggio dei piccoli musici - Chubut (Rep. Argentina) : Progressi della Missione   .   . 82

IL CULTO DI MARIA SS. AusILIATRICE: - Feste e date memorande - Grazie e graziati   . 87

NOTIZIE VARIE,: In famiglia: La « Causa » di Don Bosco - La « Causa » di Savio Domenico - Il nuovo Economo Generale -Dal Centro America - In onore di S. Francesco di Sales - Omaggi a D. Bosco - In Italia: Faenza, Milano, Treviglio - All'Estero: Buenos Aires, Piura    91

Necrologio: In memoria del Sac. Luigi Rocca ecc. . 94 Cooperatori defunti

Per una data giubilare

A CASELLE TORINESE, nella Cappella di S. Anna annessa alla villeggiatura del Barone Bianco di Barbania, la, domenica 29 luglio 186o uno dei primi alunni del Venerabile D. Bosco, essendo l'Arcivescovo Monsignor Fransoni in esilio, riceveva da Mons. Balma Vescovo di Tolemaide l'ordinazione sacerdotale. Il dì seguente, senza speciale solennità egli celebrava la prima messa nella chiesa di S. Francesco di Sales nell'Oratorio, e alla sera teneva invece di D. Bosco il discorsino dopo le orazioni, dimostrandosi oltremodo commosso e supplicando tutti a pregare per lui il Signore, affinchè riuscisse ad adempiere degnamente i gravi doveri che gli imponeva la dignità sacerdotale.

La domenica seguente , ottava dell'ordinazione e solennità della Madonna della Neve, fu gran festa nell'Oratorio. Tutti gli alunni, studenti ed artigiani, non mancarono di accostarsi alla santa comunione , sapendo essere questo il più vivo desiderio del nuovo levita, il quale cantò messa solenne assistito da D. Bosco. Il tripudio fu tale da non potersi immaginare da chi non fu presente. Un indicibile entusiasmo animava gli alunni, che non trovavano modi adeguati per dimostrare il loro affetto all'ottimo discepolo di D. Bosco. Anche i giovani esterni presentarono al nuovo sacerdote un mazzo di fiori, e tutti tennero in suo onore una splendida accademia, in cui si lessero ben ventisette componimenti, fra i quali primeggiava una poesia petrarchesca del ch. Giovanni Battista Francesia. Un'affermazione singolare echeggiò ripetutamente in varie composizioni. Un poeta terminava il suo canto apostrofando così il nuovo sacerdote Verso i fanciulli nutri tanto amore ... per cui t'avrà, preveggo, successore il buon D. Bosco !

Un chiérico, oggi Parroco e Vicario Foraneo nell'Archidiocesi torinese, in un affettuosissimo indirizzo gli diceva

« Tu dei sacerdoti sei l'esempio, dei chierici il maestro in virtù ed in scienze, degli studenti il consigliere, degli artisti sei la guida, degli ammalati sei il sollievo, degli afflitti sei il conforto, di tutti sei l'allegrezza. Tu insomma, amato ed ammirato da tutti, porti in te il cuore di un altro D. Bosco, e già tutti ti notano a dito come ben degno di lui successore ! »

E inutile che teniamo celato più oltre il nome di quel giovane sacerdote; i lettori l'hanno compreso, egli era Don Rua !

In quel dì memorando tutto fu un trionfo della carità. Da ogni parte si gridava: Viva D. Rua ! e questi sforzavasi di rivolgere le ovazioni a Don Bosco. Nella parlata di chiusa dell'accademia, chiamando fratelli tutti gli alunni , egli li ringraziò, nuovamente implorò le loro preghiere e chiese anche venia se talvolta avesse dovuto rimproverare alcuno, pur protestando di averlo fatto sempre a fin di bene. Inoltre promise a tutti un efficace affetto inestinguibile, supplicando oli essere ammonito qualora paresse aver egli dimenticato questa sua promessa; e finì con inneggiare affettuosamente a D. Bosco suo e loro padre. Un subisso d'applausi accolse le parole del nuovo sacerdote, e già in quel giorno gli evviva a Don Bosco e a D. Rua presero ad intrecciarsi.

Se il pio levita, così solennemente festeggiato il 5 agosto 186o, sia riuscito a compiere degnamente i gravi doveri che impone la dignità sacerdotale », se abbia mantenuto la promessa di portare « un efficace ancore inestinguibile » a tutti gli alunni di D. Bosco, non è mestieri il dirlo; parlano eloquentemente ornai dieci lustri trascorsi nello splendore di ogni più eletta virtù e nell'esercizio costante e più disinteressato della carità.

Il 29 luglio di quest'anno segnerà adunque l' alba del Giubileo Sacerdotale di Don Rua, sorgerà cioè l'anno cinquantesimo del suo sacerdozio! Domandiamo troppo, chiedendo ai buoni Cooperatori ed alle pie Cooperatrici una fervida prece per la preziosa salute dell'amatissimo Superiore, affinchè possa celebrare con noi il compiersi della faustissima data giubilare e vivere ancora ad multos annos al bene e al riverente affetto di tutti i suoi figli?

L' Onomastico del Santo Padre.

Il 19 marzo, sacro al glorioso Patriarca S. Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, ricorre l'onomastico del S. Padre .

Il mondo cattolico non mancherà di mostrare in mille guise il suo inalterabile attaccamento all'immortale Pontefice, che con tanto zelo e prudenza regge le sorti di tutta la Cristianità.

Fedeli agli esempi ed alle raccomandazioni di D . Bosco, non manchiamo, o buoni Cooperatori, di schierarci tra i primi in questa nobilissima gara, accesa dai più teneri sentimenti del cuore e dai pensieri più sublimi della Fede!

La IIIa Esposizione generale DELLE Scuole Professionali e colonie Agricole della Pia Società di S. Francesco di Sales

Nel 191o si terrà in Torino la Terza Esposizione generale delle Scuole Professionali e Colonie Agricole della Pia Società di S. Francesco di Sales. Come le due che la precedettero, essa avrà carattere strettamente scolastico professionale, sarà cioè uno specchio dello sviluppo, dell'ordinamento, dei metodi seguiti e dei progressi ottenuti nell'opera di formare gli operai delle varie arti, e di promuovere quella che è la prima e più necessaria tra tutte, l'agricoltura.

L'Esposizione sarà divisa in tre sezioni:

Ia) Cultura generale data ai giovani operai;

IIa) Insegnamento teorico-pratico delle arti coi relativi saggi di lavori;

IIIa) Agricoltura.

Il programma diramato in proposito a tutte le case, interessate dal prof. D.. Giuseppe Bertello Consigliere Professionale della nostra Pia Società è il seguente :

I. - Cultura generale dei giovani operai.

I) Classi nelle quali è distribuito l'insegnamento e numero degli allievi che le frequentano.

2) Programmi d'insegnamento. Per norma si terrà il programma proposto dal Consigliere Professionale. Meriterà maggior lode quell'Istituto, nel quale tale programma sia svolto per intero, e nel caso che se ne segua un altro, quando questo lo eguagli o superi per ampiezza e bontà.

3) Durata dell'anno scolastico - Orario delle lezioni e dello studio - Quadro del personale insegnante - Numero e qualità delle aule scolastiche - Materiale scolastico - Libri di testo - Collezioni di disegni e altri sussidii dell'insegnamento.

4) Saggi dei compiti eseguiti dagli alunni nelle varie materie - Tabelle rappresentanti la frequenza, il profitto e la promozione alle classi superiori.

II. - Insegnamento teorico=pratica delle arti.

1) Numero delle arti insegnate e loro indicazione. 2) Anni di tirocinio prescritto per ciascuna arte. 3) Orario dell'insegnamento teorico e dell'esercizio pratico.

4) Programmi seguiti nell'uno e nell'altro.

5) Criterii e prove per la promozione dall'uno all'altro corso di tirocinio.

6) Quadro statistico degli allievi di ciascun anno di tirocinio e degli operai diplomati nell'ultimo sessennio.

7) Mezzi usati per ricompensa ed incoraggiamento degli allievi.

8) Laboratorii e macchinario.

9) Collezioni artistiche e industriali per sussidio dell'insegnamento teorico-pratico.

10) Manuali per l'insegnamento teorico-pratico delle arti.

11) Saggi di lavori eseguiti dagli allievi dei singoli corsi di tirocinio.

12) Lavori rappresentanti il maggiore sviluppo e la maggiore potenzialità di ciascun laboratorio.

III. - Scuole Agricole.

1) Origine ed anni di vita e di esercizio della scuola.

2) Media degli alunni che vi furono inscritti in ciascun anno.

3) Programma ed orario dell'insegnamento teorico. Libri di testo adottati e trovati migliori.

4) Orario, metodo e varietà degli esercizi pratici. 5) Estensione del podere e sua ripartizione nei varii generi di coltura.

6) Trasformazione e miglioramenti apportati nel podere.

7) Varii sistemi di rotazione e di lavorazione. 8) Concimazioni usate e risultati ottenuti.

9) Proporzione tra l'interesse del capitale e la spesa di mano d'opera col valore dei prodotti ricavati. 10) Attrezzi e macchinario.

11) Collezioni di semi, piante, frutti, animali benefici e malefici, ecc. in servizio della scuola. 12) Vigneto - Sistemi d'impianto e di coltivazione - Quantità e qualità dei prodotti ottenuti. 13) Cantina e suoi attrezzi- Metodi e strumenti per la razionale vinificazione, perfezionamento e conservazione dei vini.

Campioni delle varie produzioni ottenute dall'uva e dai residui della vinificazione.

14) Stalla e prodotti zootecnici -- Alimentazione del bestiame - Esperimenti fatti e risultati ottenuti.

15) Pollaio - Conigliera - Apiario - Metodi di governo e di alimentazione - Prodotti - Saggi in natura od in fotografia.

16) Orto - Impianto - Sistemi di rotazione e di concimazione - Risultati ottenuti.

17) Frutteto - Trattamento - Concimazione - Difesa degli alberi da frutto - Prodotti e loro commercio - Metodi di conservazione e d'imballaggio.

18) Vivaio - Impianto - Concimazione -, Innesti - Commercio e spedizione delle piante.

Il programma accenna per sommi capi le cose che debbono figurare nell'Esposizione, ma non s'intende con esso di escludere le altre che non vi sono accentiate e che tuttavia o sono oggetto di studio e di esercizio in qualche casa o possono giovare all'istruzione dei giovani sperai ed al progresso delle arti coltivate nei nostri Istituti.

La giubilare ricorrenza che l'anno prossimo allieterà tutta la Famiglia Salesiana ci è arra sicura che sarà comune l'impegno per il miglior successo dell'annunciata Esposizione.

L'Opera di D. Bosco in Sicilia

UNA delle regioni in cui l'Opera di D Bosco è maggiormente diffusa è la Sicilia. Don Bosco stesso vi inviava alcuni Salesiani ad aprirvi il collegio di Randazzo e le Scuole di S. Filippo in Catania e la prima fondazione risale al 1879.

Da quell'anno fino al 1887 il grande Educatore ed Apostolo compì ancora lunghi viaggi in Italia e in Francia, si spinse in Austria e nella Spagna, ma non fu mai in Sicilia. Eppure quanta predilezione egli non aveva per quell'isola! Se ci fosse dato di scrivere, come vorremmo, una di quelle pagine meravigliose così frequenti nella sua vita, i lettori comprenderebbero quanto spesso e quanto affettuosamente si dovesse posare il pensiero di D. Bosco su quelle sponde incantevoli, perennemente carezzate dai zefiri, e in ogni stagione trionfanti alla luce di un sole smagliante.

Prima che la desolazione in cui fu immersa una lunga striscia dell'isola con un'ampia zona della costa di fronte colà richiamasse con infinito dolore lo sguardo di tutto il mondo, noi avevamo preparato questi appunti per offrirli ai lettori. Dopo il tremendo disastro, fatte poche dolorose varianti, ci sembra che essi non abbiano perduto nulla della loro opportunità, anzi, pur troppo, sien divenuti ancor più a proposito.

1) - Le Case dei Salesiani.

In Sicilia, come abbiamo detto, l'Opera di D. Bosco è largamente diffusa; in vero numerosi sono in essa gli Istituti Salesiani e quelli delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e numerosi e zelanti i Cooperatori.

In ordine cronologico di fondazione diamo una breve rassegna degli Istituti Salesiani.

Randazzo - Collegio S. Basilio.

Fu, come s'è accennato, la prima fondazione salesiana in Sicilia. Quel Municipio e il zelantissimo Mons. Genuardi di f. m., vescovo di Acireale, fecero per i primi così vive istanze a Don Bosco per l'apertura di un istituto salesiano, che D. Bosco inviò in Sicilia il Teol. D. Giovanni Cagliero (ora Arcivescovo tit. di Sebaste e Delegato Apostolico a Costa Rica) e il compianto prof. Don Celestino Durando, per vedere se era possibile annuire alla richiesta. Compiute felicemente le trattative, venne aperto il Collegio

S. Basilio nell'ottobre del con scuole elementari e ginnasiali per alunni interni ed esterni.

Il nome di D. Bosco, la bontà del suo sistema educativo e gli splendidi risultati fin dai primi anni ottenuti agli esami finali in varie scuole governative dell'isola, fecero salir presto in tanta rinomanza il Collegio di Randazzo, che subito si videro accorrere fra le sue mura i giovani delle principali famiglie:

- Annesso al Collegio è un Oratorio festivo, frequentato da circa 20o giovani.

Catania - Oratorio S. Filippo Neri.

Poco dopo l'apertura del collegio di Randazzo, l'Em.mo Card. Dusmet, Arcivescovo di Catania pieno di venerazione per Don Bosco e per l'Opera sua, offrivo anch'egli ai salesiani la direzione delle Scuole serali gratuite da lui fondate nella sua città residenziale; e D. Bosco cedendo alle istanze dell'Em.mo Porporato inviava i suoi figli a Catania nel novembre del 1885. Dette scuole son frequentate tuttodì da 370 alunni.

- Accanto ad esse sorse un Oratorio festivo che ha compiuto e va compiendo un gran bene fra la gioventù catanese, frequentato com'è assiduamente da circa 30o giovani, con una Scuola di religione per gli alunni delle classi superiori - con Scuole Elementari diurne pei giovanetti di civil condizione - con Gabinetto di lettura e Biblioteca circolante - la Compagnia drammatica S. Genesio - e la Società sportiva Ardor una delle prime associazioni sportive fondate in Sicilia, che il 1907 nel Congresso Nazionale di Messina ottenne, alla presenza del Re d'Italia, cinque medaglie d'argento e la gran coppa del Prefetto Trinchieri.

- A cura del personale del medesimo Oratorio fin dal 1892 fu aperto nella stessa città l' Oratorio della Salette, che dà tra i giovani operai frutti assai consolanti.

Catania - Istituto S. Francesco di Sales.

Venne iniziato nel 1891 per giovani interni, e prese tosto tale sviluppo che il vasto edificio diventò ristretto per soddisfare a tutte le dimande di accettazione. Presentemente abbraccia due sezioni : quella degli studenti che formano la maggioranza e quella degli artigianelli. I primi attendono agli studi elementari e ginnasiali ; e un nucleo dei migliori in ginnastica forma la società « Animus » che ha dato ottimi saggi. Gli artigianelli, quasi tutti mantenuti gratuitamente, si dividono nei mestieri dei falegnami, sarti, calzolai, tipografi e legatori, e, come in tutte le nostre scuole professionali, attendono non solo all'insegnamento teorico-pratico della propria arte, ma anche ad un corso letterarioscientifico, elementare e complementare. Dalla scuola Tipografica esce due volte il mese « L'amico della gioventù - Eco di D. Bosco» periodico educativo e letterario, indicatissimo per gli alunni delle scuole tecniche, ginnasiali e complementari. Complessivamente l' istituto Salesiano di Catania numera 250 alunni.

Ali Marina - Oratorio festivo.

Fin dal 1891 aprivasi anche ad Alì una piccola casa salesiana coane residenza, dei due sacerdoti addetti alla direzione spirituale dell'Istituto Maria Ausiliatrice ed all'ufficiatura della chiesa pubblica. Da parecchi anni vi si era attivato un Oratorio maschile con una fiorente associazione tra gli operai adulti.

Bronte - Real Collegio Capizzi.

Fondato nel 1778 dal Ven. Ignazio Capizzi - detto da Pio IX il « S. Filippo Neri della Sicilia » - nel 1892 venne affidato ai Figli di Don Bosco.

Rimesso a nuovo per l'opera indefessa dell'attuale rettore D. Giuseppe Prestianni, e ripristinativi gli studi e la disciplina, esso ha meritamente riacquistato l'antica celebrità in tutta l'isola. Il Collegio è pareggiato fin dal 1867.

Marsala - Casa della Divina Provvidenza.

Aperta per l'educazione de' giovani operai dal rev. D. Alagna, fu affidata ai Salesiani che ne presero la direzione nell'ottobre del 1892. Il benefico Istituto abbraccia le scuole professionali dei falegnami, sarti e calzolai.

- Annesso ha un Convitto-pensionato per giovani che frequentano le scuole pubbliche secondarie; una chiesa pubblica ed un Oratorio festivo.

S. Gregorio di Catania - Oratorio S. Cuore.

L'Oratorio S. Cuore, destinato alla formazione di nuovo personale, fu aperto provvisoriamente a Mascali Nunziata nel 1892, e solo dopo due anni potè essere strasportato stabilmente a S. Gregorio, grazie la generosità e lo zelo del sac. Antonino Mignemi.

L'Oratorio del S. Cuore è il centro di un operoso apostolato a pro' dei giovani dei dintorni. Infatti esso attende ad un fiorente Oratorio festivo nel paese di S. Gregorio, ad un secondo oratorio in S. Giovanni la Punta, ad un terzo in Trappeto, ad un quarto in Battiati e ad un quinto in Ficarazzi, ove si presta servizio religioso anche a tutta la popolazione.

Messina - Istituto S. Luigi.

I Salesiani entravano in Messina nel 1893, per munificenza dell'avv. Giovanni Marino. L'Istituto S. Luigi sorgeva nel quartiere Boccetta. Dal suo cortile lo sguardo abbracciava in un panorama incantevole tutta la città sottostante, il porto e lo stretto. L'Istituto era frequentato da circa 130 alunni di distinte famiglie, dei quali più di cento erano interni, divisi nelle varie classi ginnasiali ed elementari.

- Accanto ad esso sorgeva un Oratorio assai frequentato, con Compagnia drammatica, un Circolo intitolato da « Don Bosco» ed una Società sportiva. Nei pressi della stazione quegli stessi confratelli dirigevano un altro Oratorio detto della Sacra Famiglia, dove nei giorni festivi facevano un gran bene ad un altro bel numero di giovanetti.

Pedara - Istituto S. Giuseppe.

S'inaugurò nel novembre del 1897, mercè lo zelo del rev. D. Alfio Barbagallo, a scopo di educazione ed istruzione dei giovani adulti che aspirano allo stato ecclesiastico, cioè per l'Opera dei Figli di Maria Ausiliatrice. I frutti che se ne raccolsero già sono consolanti.

- Anche a Pedara, annesso all'Istituto, fiorisce un Oratorio a vantaggio dei giovani del paese.

Palermo - Scuole D. Bosco.

Anche nella Metropoli dell'isola nel 19o2 potevano por piede i figli di D. Bosco. Quelle scuole, frequentate da alunni esterni, si guadagnarono la riputazione di tutta la città. Degna di menzione la società sportiva « Panormus » sorta tra i giovani dell'Oratorio.

Quivi si è pure iniziato un Istituto convitto che è già fecondo di ottimi risultati. Gli alunni interni sono oltre 100.

Modica - Oratorio Ven. D. Bosco.

È l'ultima fondazione compiuta dai Salesiani nell'Isola. Aperto nel 1907 per iniziativa di Mons. Giovanni Blandini, Vescovo di Noto, e mercè la generosità dei rev.mi Canonici S. Romano e G. Papa, questo Oratorio venne intitolato dal nostro Venerabile Fondatore, essendo stata in quell'anno introdotta la sua Causa di Beatificazione. E frequentato da 150 alunni ed ha annessa una scuola serale.

* *

In Sicilia i Salesiani attendono complessivamente all'istruzione ed educazione:

a) di circa mille alunni interni, studenti ed artigiani, questi nella maggior parte mantenuti gratuitamente;

b) di circa settecento esterni che frequentano le loro scuole diurne;

e) di mille e cinquecento assidui alle loro scuole serali;

d) di parecchie migliaia di giovanetti che fre-quentano gli Oratori festivi.

Come si vede, Iddio benedice largamente i sudori dei figli del venerabile Don Bosco.

II) - Le Figlie di Maria Ausiliatrice.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice contano ben 18 case, da cui irradiano i benefici effetti della loro santa missione in tutta la Sicilia. Gli educandati da esse diretti sono tra i più fiorenti dell'isola.

Il primo, per grandiosità e per importanza, era quello di Ali Marina, sorgente in amena posizione sulla spiaggia del mare, fra i deliziosi giardini che rendevano tanto gaia quella parte della riviera orientale della Sicilia, celebre pei bagni minerali che dalla primavera all' autunno divenivano il convegno delle famiglie più aristocratiche. La buona fama del Collegio, disusa in tutta l'isola, vi attraeva annualmente numerose educande per compiervi i Corsi Elementari e Complementari.

Merita pure special menzione il Collegio Femminile di Catania, che, aperto nel 19o2, ebbe subito rapido sviluppo; al quale è provvidenzialmente unito un Convitto per normaliste che frequentano le R. Scuole Normali della città. Soppresso nel 1902 il Convitto annesso alle RR. Scuole Normali, molte famiglie - impensierite per non trovare una buona pensione per le loro figliuole - fecero vive istanze alle Figlie di Maria Ausiliatrice perchè aprissero esse un Convitto. E il Convitto si aperse fin dal 1894. Traslocato più volte per l'insufficienza degli ambienti, alla fine esso ebbe un ampio fabbricato appositamente costrutto in via Caronda, ove potè prendere il desiderato sviluppo.

Due altri fiorenti istituti hanno le Figlie di Maria Ausiliatrice in Sicilia: uno a Trecastagni, l'altro a Mascali Nunziata, ambedue frequentati da molte fanciulle di buone famiglie dei paesi Etnei.

L'attività delle buone educatrici e la bontà del loro metodo pedagogico mosse vari municipi ad affidare ad esse, in tutto o in parte, l'insegnamento delle classi comunali. Così furono richieste a Cesarò, Bronte, Parco, Piazza Armerina, Balestrate, Barcellona, Modica e in altri luoghi, ove non son deluse le speranze concepite dell'opera loro e il bene che esse compiono è ricambiato dalla gratitudine di tutti.

Ammirabile in fine è l'alacrità che esse spiegano negli Oratorii festivi. Nell'insegnamento della dottrina cristiana riportano veri trionfi; l'Em.mo Card. Nava, Arcivescovo di Catania, volle affidata alla Figlie di Maria Ausiliatrice l'opera dei catechismi domenicali nelle varie chiese della città.

III) - I Cooperatori.

Ma se i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice poterono intraprendere tante opere nella Sicilia, lo debbono, dopo Dio, allo zelo ed all'appoggio materiale e morale dei Cooperatori, i quali presentemente sommano a più di quattromila. Pieni di ammirazione per D. Bosco e di divozione per Maria Ausiliatrice, essi potrebbero essere riguardati come modelli di Cooperatori. Il loro concorso alle conferenze è pieno, cordiale, e fervente, e l'interesse che hanno per ogni cosa salesiana edificante. Per opera loro la divozione a Maria Ausiliatrice è divenuta in più centri popolarissima.

E quindi giusto che da noi si colga quest'occasione per confermare a ciascun di loro, e sopratutto ai singoli zelatori, decurioni e direttori diocesani, tutta la nostra riconoscenza.

ECHI DEL DISASTRO

GLI ampi particolari dati lo scorso numero

fanno seguito questi altri pochi, a soddisfare l'affettuosa partecipazione dei Cooperatori al nostro lutto e a chiedere nuovi suffragi Per gli indimenticabili estinti.

Chi erano i Salesiani periti.

A sfogo di fraterna pietà ecco in primo luogo un cenno dei Salesiani defunti. Erano tutti nel fiore degli anni, pieni di alacrità nella santa carriera abbracciata, e certo anelanti a vita più lunga per averla maggiormente ricolma di meriti! Ma Dio nei suoi adorabili consigli li volle con sè, vorremmo dire, innanzi tempo, e certo in un modo inaspettato, e insieme con 38 giovani vite, da loro affettuosamente avviate pel sentiero della virtù e del sapere!

Il più anziano era il Sac. Giuseppe Pasquali il quale non contava più di 4o anni, essendo nato a Roma il I° settembre 1868. Egli era già stato direttore in un'altra fondazione salesiana in Sicilia, e nell'anno in corso, attendeva all'ufficio di prefetto-economo dell'Istituto. Dopo lui veniva, per età, il sig. Giuseppe Longo, guardarobiere, siciliano e di soli 36 anni, poichè era nato a Biancavilla (prov. di Catania) il 4 settembre 1872.

I buoni maestri sacerdoti D. Mario Rapisarda e D. Antonio Urso erano ambedue di soli 34 anni, essendo nati a Belpasso (prov. di Catania) nell'anno 1876. Ambedue disimpegnavano nell'Istituto il delicato ufficio di direttori spirituali; ed han lasciato in molti giovani, amici ed ammiratori, il più vivo rimpianto. A Bova Marina ed a Sliema-Malta la memoria di D. Urso è veramente in benedizione.

Dopo questi veniva il Sac. Vincenzo Pirrello dottore in lettere e filosofia, nato ad Alcamo, provincia di Trapani. Non contava che 31 anno, ed era il vigile consigliere scolastico, o prefetto degli studi.

Il Sac. Arcangelo Lo Faro, insegnante e addetto a vari altri uffici, ancor più giovane, aveva soltanto 30 anni. Era nato a Biancavilla (Catania) il 5 aprile 1878.

E non contava ancora 29 anni il giovanissimo ed indimenticabile Sac. Dario Claris, dottore in lettere e filosofia, che per due anni era stato virtuoso insegnante anche qui all'Oratorio. Era nato il 4 gennaio 188o a Savona; ed a Savona per cura della desolata famiglia ne fu trasferita la salma, e l'anima elettissima ebbe in quella Cattedrale-Basilica, coll'elogio di quell'Ecc.mo Vescovo, reiterati solenni suffragi.

Nè più di 24 anni aveva il bravo chierico Mario Manzini di Bologna, prof. di Scienze Fisiche e Matematiche, il quale coi voti più ardenti sospirava di poter giungere al sacerdozio; - e non ne aveva compiuti 22 il buon chierico Giuseppe Venia di Bronte, solerte istitutore!

Dinanzi a queste robuste e volenterose esistenze troncate improvvisamente, noi troviamo conforto solo nella preghiera e negli alti pensieri di quella fede, la quale ci ammaestra che onora egualmente Dio il grano d'incenso che arde tutto intero nel turibolo come quello che cade e si perde sull'altare.

I suffragi.

Non ci è possibile registrare tutti i funerali che si celebrarono per le vittime, ma dobbiamo almeno dichiarare che ebbero luogo in tutte le nostre case.

A Roma, nella Chiesa del S. Cuore di Gesù, cantò messa il parroco D. Colussi e l'Em.mo Card. Cassetta impartì l'assoluzione al tumolo. Il tempio era gremito.

A Milano, nella Chiesa di S. Agostino, celebrò il rev.mo Prevosto Rolandi. L'apparato, arricchito da varie iscrizioni, era imponente.

A Parma, per tre giorni continui, vennero celebrate devotissime esequie.

A Firenze, nella Chiesa di S. Maria degli An geli, celebrò il S. Sacrifizio il rev.mo D. Ildefonso Sillani, Abate dei Camaldolesi, con assistenza pontificale di S. E. R.ma Mons. Mistrangelo, Arcivescovo, che in fine diè l'assoluzione.

A S. Pier d'Arena al solennissimo funerale celebratosi in S. Gaetano assistè numeroso clero con a capo il rev.mo Mons. Olcese e preser parte tutte le associazioni cattoliche e gli Istituti religiosi della città.

Eguali dimostrazioni di sincera stima e di religiosa pietà si rinnovarono in tutte le nazioni ove sono salesiani e coooperatori. In più luoghi, questi dettero le prove più commoventi della parte vivissima che prendevano al nostro dolore. A Cammarata, in Sicilia, a cura appunto dei medesimi, venne celebrato nella Chiesa di Santa Domenica un solenne ufficio di trigesima. L'addobbo della chiesa per la mesta cerimonia venne preparato con magnificenza e gratuitamente. Officiò il zelante Decurione D. Salvatore La Corte, assistito da molto clero, e si chiuse la funzione con un bel discorso funebre del professore D. Mendola. Numerosi gli intervenuti, appartenenti ad ogni classe sociale.

Noi confidiamo che il Signore abbia accolto tante preghiere ed abbia già dischiuse le soglie celesti ai cari confratelli, ai loro trentotto allievi ed ai quattro famigli periti a Messina la mattina del 28 dicembre; nondimeno continuiamo con affetto fraterno a suffragare le loro anime!

Gara di carità pei superstiti.

All'universalità dei suffragi pei defunti, fu pari il concorso degli Istituti Salesiani d'Italia pel ricovero di giovanetti rimasti orfani a causa del terremoto.

A Catania son già 27 gli orfani raccolti dalle Autorità Civili ed Ecclesiastiche e affidati a quell'Istituto Salesiano. Dalla provvida carità del Santo Padre altri 26 orfani vennero affidati al rev.mo D. Arturo Conelli, Ispettore dei Salesiani in Roma, il quale li fece accompagnare con ogni riguardo al nostro Istituto di Genzano. Due fratelli messinesi furono accolti nell'Oratorio di Valdocco, presentati dalle nobili Contesse Vittorelli e Cappello a nome di S. A. I. e R. la Principessa Laetitia. Similmente molti altri orfanelli vennero ricoverati in altre case, poichè non vi fu casa salesiana d'Italia che non si affrettò ad annunziare al nostro Superiore d'esser disposta ad accogliere qualche povero orfano del disastro.

Il sig. D. Rua poi, nella sua grande carità, mise a disposizione del Vescovo di Mileto il nuovo Istituto Salesiano di Borgia in Calabria, generosa proposta accolta con commossa riconoscenza dal zelantissimo Mons. Morabito, il quale telegraficamente inviò al nostro venerato Superiore le più vive azioni di grazie. Altre case, come quelle di Marsala, Ancona e S. Pier d'Arena, diedero ospitale ricetto a numerosi feriti.

Anche i nostri alunni - lo diciamo con vera soddisfazione - diedero uno splendido esempio di generosità e di bontà di cuore, facendo tutti di grand'animo la loro piccola offerta. Molti si privarono dei pochi centesimi che avevano; altri di ambiti divertimenti. In più luoghi, come a Ferrara ed Alessandria, interni ed esterni rinunziarono all'Albero di Natale; altrove, come ad Alassio e Schio, promossero al caritatevole scopo opportuni trattenimenti.

Altamente commendevole per gli stessi generosi intenti è stato anche lo zelo di varii Comitati Salesiani. Quello di Este ad esempio, non contento di aver devoluto al pio scopo il provento di alcune conferenze con proiezioni luminose tenutesi nei primi giorni dell'anno, si fece promotore anche di uno splendido Trattenimento musico-cinematografico e di riuscitissime Accademie-musicali nel Salone di S. Francesco.

A Parma, per iniziativa dei giovani dell'Istituto, delle Dame Patronesse e degli studenti universitari iscritti alla Scuola di Religione, fu promosso un trattenimento Musico-drammatico, al quale assistettero S. E. Mons. Conforti, Arcivescovo-vescovo, e le più distinte famiglie della nobiltà parmense.

Nè possiamo tacere la larga parte presa in questa gara di carità dai nostri ex-allievi. A cominciare dal caro D. Boeris che si unì ai nostri nel salvataggio compiuto fra le macerie dell'Istituto Salesiano di Messina, agli ex-allievi del Collegio di Frascati, dott. Enrico Arrigo, scelto a far parte della Commissione inviata dal S. Padre sui luoghi del disastro e sig. Casimiro Arrigo, membro della Commissione inviata dalla Società della Gioventù Cattolica per portare soccorsi in denaro e in generi alle disgraziate popolazioni, fino all'on. Giuseppe Micheli, ex-allievo del Collegio di Alassio e Deputato al Parlamento Nazionale che della morta città fu giustamente salutato il simpatico ed attivo restauratore, molti e molti altri si mostrarono memori di quegli alti sentimenti di cristiana fratellanza appresi all'ombra degli Istituti Salesiani.

Fra le macerie.

A Messina intanto non appena si ebbe il permesso d'incominciare gli scavi, subito s'intrapresero e tuttora continuano alacremente le ricerche dei cadaveri. Il 15 gennaio venne scoperto, fortunatamente quasi intatto, il Santo Tabernacolo, ove dentro i vasi sacri eransi con servate perfettamente illese le sacre Specie Eucaristiche, che l'indomani furono trasportate nella squallida carbonaia del collegio, divenuta il ricovero notturno della squadra intenta al disseppellimento dei cadaveri. La domenica seguente, 17 gennaio, il SS. Sacramento venne recato processionalmente in alto, sulla collina che è a ridosso delle macerie dell'Istituto, e di là, presenti un 200 superstiti, fu impartita in suffragio dei defunti e a tutta la città e allo Stretto la santa benedizione.

« La squadra dei coadiutori (così una lettera del 6 febbraio) continua sempre a scavare. Ha ritrovato già alcuni dei cari confratelli periti, ma tutti in condizioni assai tristi. Non uno di loro è rimasto intatto; tutti hanno il capo spezzato in più punti... Anche i giovani alunni finora scoperti si presentano su per giù in simili condizioni.

» La spianata dell'orto (dove era il cortile degli esterni e dove attualmente è situato l'altare al quale celebra ogni dì D. Farina per comodità di alcune famiglie accampate sulle vicine colline) si va convertendo a poco a poco in un cimitero che accoglie ogni giorno le vittime estratte dalle macerie. Ogni tomba ha la sua croce e reca il nome del sepolto... »

« Poveri confratelli! Poveri alunni!... (così un'altra lettera del 13 dello stesso mese) si trovano quasi irriconoscibili e in atteggiamenti contorti in modo straziante, col capo schiacciato o spezzato, col petto rotto, colle estremità divelte. Per lo più sono alla profondità di tre o quattro metri, e le enormi chiavi del fabbricato contorte come fili di ferro, ostruendo gli scavi, impediscono di accelerare i lavori... »

Rinunziamo a trascrivere altri particolari per non accorare di soverchio la pietà dei lettori.

Le nostre incisioni.

Diamo però quattro fotografie rappresentanti lo stato dell'Istituto S. Luigi dopo il disastro.

La prima (pag. 69), rappresenta i ruderi del l'Istituto, visti dall'ala interamente distrutta. A sinistra è il lato prospiciente l'ingresso, sconquassato ma rimasto in piedi; l'altro è il corpo di fabbrica principale. Questo era di due piani oltre il terreno; il secondo piano insieme col tetto e colle soffitte venne interamente distrutto.

La seconda (pag. 75) è presa un po' più lontano per ritrarre il cumolo di macerie formato dal corpo di fabbrica simmetrico a quello d'ingresso, ove abitavano gli insegnanti e i famigli dell'Istituto; questo lato venne letteralmente stritolato.

La terza (pag. 79) offre la vista raccapricciante dello sventramento e della distruzione completa della metà del corpo principale, rispondente al lato opposto al cortile, cioè verso la collina. Il corpo principale, come gli altri, era un edifizio doppio, avente nel mezzo ad ogni piano un corridoio. Orbene, della parte del corpo principale opposta al cortile nulla è rimasto in piedi; il muro di facciata cadde sul dorso della collina, e, insieme col tetto, sfasciandosi precipitarono contemporaneamente tutti i piani. Di questa parte non restano che le travi di ferro del primo piano perchè fortemente unite al muro interno del corridoio; contorte però come si vedono, esse dànno un'idea del cozzo tremendo dei piani rasi al suolo. Da questo lato al pian terreno trovavansi i refettori, al primo piano le scuole e la sala di studio, al secondo piano un dormitorio!...

L'ultima (pag. 85) rappresenta una delle scene pietose che si svolsero e si svolgono tuttora fra le macerie: il disseppellimento cioè di un cadavere

TESORO SPIRITUALE

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'INDULGENZA PLENARIA:

ogni mese:

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza;

dal 10 marzo al 10 aprile

1) il 25 marzo, Annunciazione di Maria SSma; 2) il 2 aprile, commemorazione dei 7 dolori di Maria SS.ma;

3) il 4 aprile, Domenica delle Palme.

Inoltre: ogni volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche Chiesa) reciteranno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità ed un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.

Torniamo a ricordare che tutte le indulgenze concesse ai Cooperatori

I) sono applicabili alle anime sante del Purgatorio;

II) che pel loro acquisto è richiesta per tutti la recita quotidiana di un Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice coll'invocazione: Sancte Francisce Salesi, ora pro nobis.

Nuove postille al decreto della S. Congregazione dei Riti per l'introduzione della Causa di D. Bosco.

Il Sistema educativo di D. Bosco

Nell'educare la gioventù GIOVANNI Bosco tenendo presente la divina sentenza : Il principio della sapienza è il santo timor di Dio, segui un sistema di preveniente industria, vigilanza e carità.

NEGLI ultimi anni parlammo più volte del Sistema educativo del Venerabile nostro Fondatore, ed ora siamo felici di poterne trattare nuovamente, riprendendo la pubblicazione delle Postille al Decreto della sua « Causa » di Beatificazione, che tornano così care ai lettori. (1)

Questa però, in luogo di essere un'elaborata dimostrazione della bontà del sistema, sarà una chiara, semplice e documentata illustrazione del medesimo, comprendendo

I) il testo autentico dell'esposizione che ne fece D. Bosco medesimo ;

II) un commento uscito dal labbro dello stesso nostro amatissimo Padre;

II) un saggio della pratica che ne fece Don Bosco;

IV) un memorabile esempio dell'intrinseca sua efficacia;

V) un ragguaglio del posto che gli compete nella pedagogia moderna.

I.

Il Sistema Preventivo

NELL'EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ.

Più volte fui richiesto di esprimere verbalmente o per iscritto alcuni pensieri intorno al così dello Sistema Preventivo, che si suole usare nelle nostre Case. Per mancanza di tempo non ho potuto finora appagare questo desiderio, e presentemente volendo stampar il Regolamento, che finora si è quasi sempre usato tradizionalmente, credo opportuno darne qui un cenno, che però sarà come l'indice di un'operetta che vo preparando, se Dio mi darà tanto di vita da poterla terminare., e ciò unicamente per giovare alla difficile arte della giovanile educazione. Dirò adunque: In che cosa consista il Sistema Preventivo, e perchè debbasi preferire; sua pratica applicazione, e suoi vantaggi.

(1) Ved. Bollettino di agosto u. s.

In che cosa consista il Sistema Preventivo e perché debbasi preferire.

Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il Sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d'uopo, il meritato castigo. In questo sistema le parole e l'aspetto del Superiore debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti.

Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più solo quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni.

Diverso, e direi, opposto è il Sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nell'impossibilità di commettere mancanze.

Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l'amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi. Sembra che questo sia preferibile per le seguenti ragioni:

I. - L'allievo preventivamente avvisato non resta avvilito per le mancanze commesse, come avviene quando esse vengono deferite al Superiore. Nè mai si adira per la correzione fatta o pel castigo minacciato oppure inflitto, perchè in esso vi è sempre un avviso amichevole e preventivo che lo ragiona, e per lo più riesce a guadagnare il cuore, cosicchè l'allievo conosce la necessità del castigo e quasi lo desidera.

II. - La ragione più essenziale è la mobilità giovanile, che in un momento dimentica le regole disciplinari, e i castighi che quelle minacciano. Perciò spesso un fanciullo si rende colpevole e meritevole di una pena, cui egli non ha mai ba-

dato, che niente affatto ricordava nell'atto del fallo commesso e che avrebbe per certo evitato se una voce amica l'avesse ammonito.

III. - Il Sistema Repressivo può impedire un disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti; e si è osservato che i giovanetti non dimenticano i castighi subiti, e per lo più conservano amarezza con desiderio di scuotere il giogo ed anche di farne vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro ai loro andamenti conosce che sono terribili le reminiscenze della gioventù; e che dimenticano facilmente le punizioni dei genitori, ma assai difficilmente quelle degli educatori. Vi sono fatti di alcuni che in vecchiaia vendicarono bruttamente certi castighi toccati giustamente in tempo di loro educazione. Al contrario il Sistema Preventivo rende amico l'allievo, che nell'assistente ravvisa un benefattore che lo avverte, vuol farlo buono, liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal disonore.

IV. - Il Sistema Preventivo rende avvisato l'allievo in modo che l'educatore potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo della educazione, sia dopo di essa. L'educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo allora eziandio che si troverà negli impieghi, negli uffizi civili e nel commercio. Per queste e molte altre ragioni pare che il Sistema Preventivo debba prevalere al Repressivo.

II.

Applicazione del Sistema Preventivo.

La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di S. Paolo che dice: Charitas patiens est, benigna est... Omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet (I Cor. XIII, 4, 7). La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque disturbo. Perciò soltanto il cristiano può con successo applicare il Sistema Preventivo. Ragione e Religione sono gli strumenti di cui deve costantemente far uso l'educatore, insegnarli, egli stesso praticarli se vuol essere ubbidito ed ottenere il sito fine.

I. - Il Direttore pertanto deve essere tutto consacrato a' suoi educandi, nè mai assumersi impegni che lo allontanino dal suo ufficio, anzi trovarsi sempre co' suoi allievi tutte le volte che non sono obbligatamente legati da qualche occupazione, eccetto che siano da altri debitamente assistiti.

II. - I maestri, i capi d'arte, gli assistenti devono essere di moralità conosciuta. Studino di evitare come la peste ogni sorta di affezione od amicizie particolari cogli allievi, e si ricordino che il traviamento di un solo può compromettere un Istituto educativo. Si faccia in modo che gli allievi non siano mai soli. Per quanto è possibile gli assistenti li precedano nel sito dove devonsi raccogliere; si trattengano con loro fino a che siano da altri assistiti; non li lascino mai disoccupati.

III. - Si dia ampia libertà di saltare, correre, schiamazzare a piacimento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate tono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina, giovare alla moralità ed alla sanità. Si badi soltanto che la materia del trattenimento, le persone che intervengono, i discorsi che hanno luogo non siano biasimevoli. Fate tutto quello che volete, diceva il grande amico della gioventù S. Filippo Neri, a me basta che non facciate peccati.

IV. - La frequente Confessione, la frequente Comunione, la Messa quotidiana sono le colonne che devono reggere un edificio educativo, da cui si vuole tener lontano la minaccia e la sferza. Non mai obbligare i giovanetti alla frequenza dei Santi Sacramenti, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro comodità di approfittarne. Nei casi poi di esercizi spirituali, tridui, novene, predicazioni, catechismi, si faccia rilevare la bellezza, la grandezza, la santità di quella Religione che Propone dei mezzi così facili, così utili alla civile società, alla tranquillità del cuore, alla salvezza dell'anima, come appunto sono i santi Sacra menti. In questa guisa i fanciulli restano spontaneamente invogliati a queste pratiche di pietà, vi si accosteranno volentieri con piacere e con frutto (1).

V. - Si usi la massima sorveglianza per impedire che nell'Istituto siano introdotti compagni, libri o persone che facciano cattivi discorsi. La scelta d'un buon portinaio è un tesoro per una casa di educazione.

VI. - Ogni sera dopo le ordinarie preghiere, e prima che gli allievi vadano a riposo, il Direttore, o chi per esso, indirizzi alcune affettuose parole in pubblico dando qualche avviso o consiglio intorno a cose da farsi o da evitarsi; e studii di ricavare le massime da fatti avvenuti in giornata nell'Istituto o fuori; ma il suo sermone non oltrepassi mai i due o tre minuti. Questa è la chiave della moralità, del buon andamento e del buon successo dell'educazione.

VII. - Si tenga lontano come la peste l'opinione di taluno che vorrebbe differire la prima Comunione ad un'età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza. Secondo la disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini le ostie consacrate che sopravanzavano nella Comunione pasquale. Questo serve a farci conoscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo alla santa Comunione. Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all'età e venga il Sovrano Celeste a regnare in quell'anima benedetta.

VIII. - I catechismi raccomandano la frequente Comunione; S. Filippo Neri la consigliava ogni otto giorni ed anche più spesso. Il Concilio Tridentino dice chiaro che desidera sommamente che ogni fedele cristiano quando va ad ascoltare la santa Messa faccia eziandio la Comunione. Ma questa Comunione sia non solo spirituale, ma bensì sacramentale, affinchè si ricavi maggior frutto da questo augusto e divino sacrificio (Concilio Tridentino, sess. XXII, cap. VI).

Utilità del Sistema Preventivo.

Taluno dirà che questo sistema è difficile in pratica. Osservo che da parte degli allievi riesce assai più facile, più soddisfacente, più vantaggioso. Da parte poi degli educatori racchiude alcune difficoltà, che però restano diminuite, se l'educatore si mette con zelo all'opera sua. L'educatore è un individuo consacrato al bene de' suoi allievi, perciò deve essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica per conseguire il suo fine, che è la civile, morale, scientifica educazione de' suoi allievi.

Oltre ai vantaggi sopra esposti si aggiunge ancora qui che

I. - L'allievo sarà sempre pieno di rispetto verso l'educatore e ricorderà ognor con piacere la direzione avuta, considerando tuttora quali padri e fratelli i suoi maestri e gli altri superiori. Dove vanno questi allievi per lo più sono la consolazione della famiglia, utili cittadini e buoni cristiani.

II. - Qualunque sia il carattere, l'indole, lo stato morale di un allievo all'epoca della sua accettazione, i parenti possono vivere sicuri, che il loro figlio non potrà peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli che per molto tempo furono il flagello dei parenti e perfino rifiutati dalle case correzionali, coltivati secondo questi principii, cangiarono indole, carattere, si diedero ad una vita costumata, e presentemente occupano onorati uffizi nella società, divenuti così il sostegno della famiglia, decoro del paese in cui dimorano.

III. - Gli allievi che per avventura entrassero in un Istituto con tristi abitudini non possono danneggiare i loro compagni. Nè i giovanetti buoni potranno ricevere nocumento da costoro, perchè non avvi nè tempo, nè luogo, nè opportunità, perciocchè l'assistente che supponiamo presente, ci porrebbe tosto rimedio.

Una parola sui castighi.

Che regola tenere nell'infliggere castighi? Dove è possibile, non si faccia mai uso dei castighi; dove la necessità chiede repressione, si ritenga quanto segue:

I. - L'educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi temere. In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo che eccita l'emulazione, dà coraggio e non avvilisce mai.

II. - Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per castigo. Si è osservato che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto che non farebbe uno schiaffo. La lode quando una cosa è ben fatta, il biasimo quando vi è trascuratezza, è già un premio od un castigo.

III. - Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni, e si usi massima prudenza e pazienza per fare che l'allievo comprenda il suo torto colla ragione e colla religione.

IV. - Il dare titoli villani, il percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio con posizione dolorosa, il tirar le orecchie ed altri castighi simili debbonsi assolutamente evitare, perchè sono proibiti dalle leggi civili, irritano grandemente i giovani ed avviliscono l'educatore.

V. - Il Direttore faccia ben conoscere le regole, i premi ed i castighi stabiliti dalle leggi di disciplina affinchè l'allievo non si possa scusare dicendo: Non sapeva che ciò fosse comandato o proibito.

VI. - Prima d'infliggere una qualunque punizione si osservi quale grado di colpabilità si trovi nell'allievo, e dove basta l'ammonizione non si usi il rimprovero, e dove questo sia sufficiente non si proceda più oltre.

VII. - Nè in parole, nè in fatti non si castighi mai quando l'animo è agitato; non mai per falli di semplice inavvertenza; non mai troppo sovente.

Se nelle nostre case si metterà in pratica questo sistema, io credo che potremo ottenere grandi vantaggi senza venire nè alla sferza, nè ad altri violenti castighi. Da circa quarant'anni tratto colla gioventù, e non mi ricordo d'aver usato castighi di sorta, e coll'aiuto di Dio ho sempre ottenuta non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desiderava, e ciò da quegli stessi fanciulli, cui sembrava perduta la speranza di buona riuscita.

(Torino, 1875).

Sac. Gio. Bosco.

(1) Non è gran tempo che un ministro della Regina d'Inghilterra visitando un Istituto di Torino fu condotto in una spaziosa sala dove facevano studio circa cinquecento giovanetti. Si meravigliò non poco al rimirare tale moltitudine di fanciulli in perfetto silenzio e senza assistenti. Crebbe ancora la sua meraviglia quando seppe che forse in tutto l'anno non avevasi a lamentare una parola di disturbo, non un motivo di infliggere o di minacciare un castigo. - Come è mai possibile di ottenere tanto silenzio e tanta disciplina? dimanda: ditemelo. E voi, aggiunse al suo segretario, scrivete quanto vi dice. - Signore, rispose il Direttore dello Stabilimento, il mezzo che si usa tra noi, non si può usare fra voi. - Perchè? Perchè sono arcani soltanto svelati ai cattolici. - Quali? - La frequente Confessione e Comunione e la Messa quotidiana ben ascoltata. Avete proprio ragione, noi manchiamo di questi potenti mezzi di educazione. Non si può supplire con altri mezzi ? - Se non si usano questi elementi di religione, bisogna ricorrere alle minacce ed al bastone. - Avete ragione ! avete ragione ! O religione, o bastone ; voglio raccontarlo a Londra! (È inutile osservare che l'Istituto di cui parla D. Bosco è l'Oratorio di S. Francesco di Sales, e il Direttore dello stabilimento è lo stesso D. Bosco. - Il fatto avveniva circa il 1864).

II.

Il miglior commento.

Un importante colloquio di D. Bosco col Ministro Urbano Rattazzi.

Era una domenica mattina del mese di aprile dell'anno 1854, verso le ore dieci e mezzo. I giovani interni dell'Oratorio di S. Francesco di Sales con molti altri esterni si trovavano per la seconda volta in Chiesa (quella di S. Francesco di Sales); avevano cantato Mattutino e Lodi dell'Ufficio della Beata Vergine, ascoltata la Messa. Don Bosco salito in pulpito stava raccontando un tratto di Storia Ecclesiastica, colla solita incantevole sua semplicità In quel mentre entra per la porta esterna un signore, che nessuno e neppure D. Bosco conobbe. Udendo che si stava predicando ci si sedette sopra uno dei banchi preparati in fondo pei fedeli, e fermossi ad ascoltare sino alla fine. Don Bosco aveva principiato la domenica innanzi a narrare la vita di S. Clemente Papa, e in quel mattino raccontava come il Santo Pontefice in odio alla Religione cristiana era stato dall'Imperatore Traiano mandato in esilio nel Chersoneso, chiamate oggidì Crimea.

Terminato il racconto, per dargli un più vivo interesse, egli interrogò uno dei giovani esterni se avesse qualche domanda a fare in proposito, e quale moralità si potesse trarre dal fatto storico. Costui, contrariamente ad ogni aspettazione, venne fuori con una domanda appropriata bensì, ma inopportuna pel luogo, e per quei tempi molto pericolosa. Disse adunque: - Se l'Imperatore Traiano commise una ingiustizia cacciando da Roma e mandando in esilio il Papa San Clemente, ha forse fatto male anche il nostro Governo ad esiliare il nostro Arcivescovo Monsignor Fransoni? - A questa domanda inaspettata D. Bosco rispose senza punto scomporsi: - Qui non è il luogo di dire, se il nostro Governo abbia fatto bene o male a mandare in esilio il nostro veneratissimo Arcivescovo: è questo un fatto di cui si parlerà a suo tempo; ma il certo si è che in tutti i secoli e fin dal principio della Chiesa i nemici della Religione Cristiana hanno sempre preso di mira i Capi della medesima, i Papi, i Vescovi, i Sacerdoti, perchè credono che, tolte di mezzo le colonne, cada l'edifizio, e che, percosso il pastore, si sbandino le pecorelle, e divengano facile preda dei lupi rapaci. Noi pertanto quando udiamo o leggiamo che questo o quel Papa, questo o quel Vescovo, questo o quel Sacerdote è stato condannato ad una pena, come per es. all'esilio, alla prigione e forse anche alla morte, non dobbiamo tosto credere che egli sia veramente colpevole come lo dicono; imperciocchè potrebbe darsi in quella vece che egli sia una vittima del suo dovere, sia un confessore della fede, sia un eroe della Chiesa, come furono gli Apostoli, come furono i Martiri, come furono tanti Papi, Vescovi, Sacerdoti e semplici fedeli. E poi teniamo sempre a mente che il inondo, il popolo ebreo, Pilato condannò alla morte di croce lo stesso divin Salvatore, quale tra empio bestemmiatore ed un sovvertitore del popolo, mentre era vero Figliuolo di Dio, aveva raccomandato obbedienza e sottomissione alle potestà costituite, mentre aveva ordinato di dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

Aggiunte alcune altre parole sul dovere di tenersi forti nella fede e nella divozione e rispetto ai Ministri della Santa Chiesa, D. Bosco discese dal pulpito, e i giovani, recitato il solito Pater ed Ave in onore di San Luigi Gonzaga, e cantato il Lodato sempre sia il nome di Gesù e di Maria, se ne uscirono di Cappella per la porta laterale. Dietro di loro usciva pure lo sconosciuto signore, che, venuto nel cortile, domandò di parlare con Don Bosco. Questi era allora allora salito in camera, e gli fu accompagnato da un giovane. Fatti i primi convenevoli, tra D. Bosco e quel signore uscì un breve dialogo, udito dal giovane medesimo, il quale, secondo il solito di quei tempi pericolosi, dopo aver introdotto il forestiere, erasi fermato colà sino a che D. Bosco non gli accennò di andarsene pure, perchè nulla occorreva.

Il dialogo è questo.

- Potrei sapere - chiese D. Bosco - con chi ho l'onore di parlare?

- Con Rattazzi.

- Con Rattazzi! Quel grande Rattazzi (1), Deputato, già Presidente della Camera ed ora Ministro del Re?

- Per lo appunto.

- Dunque - fece D. Bosco sorridendo - posso preparare i polsi alle manette e dispormi per andare all'ombra della prigione.

- E perchè mai ?

- Per quello che V. Eccellenza udì poc'anzi nella nostra Chiesa a riguardo di Monsignor Arcivescovo.

- Niente affatto. Lasciando a parte se fosse più o meno opportuna la domanda di quel ragazzo, Lei dal canto suo rispose e se la cavò egregiamente, e niun Ministro del mondo potrebbe fargliene il minimo rimprovero. Del resto, quantunque io sia di parere che, non convenga trattare di politica in Chiesa, tanto meno con giovanetti che non sono ancor capaci di farne il dovuto apprezzamento, non si hanno tuttavia da rinnegare le proprie convinzioni in faccia a nessuno. Si aggiunga anche che in un Governo Costituzionale i Ministri sono responsabili delle loro azioni, le quali possono essere sindacate da qualsiasi cittadino, e perciò anche da D. Bosco. Io stesso, sebbene non tutte le idee e gli atti di Mons. Fransoni mi arridano, sono lieto che la severa misura contro di lui non sia stata presa sotto il mio Ministero.

Se è così, conchiuse facetamente D. Bosco, posso dunque stare tranquillo che V. E. per questa volta non mi farà mettere in gattabuia, e mi lascerà respirare l'aria libera di Valdocco. Allora passiamo ad altro.

A questo lepido esordio tenne dietro un serio discorso di quasi un'ora; e il Rattazzi con una infilzata di domande a D. Bosco si fece dire per filo e per segno l'origine, lo scopo, il progresso, il frutto della istituzione dell'Oratorio e dell'unito Ospizio. Tra le varie sue interrogazioni, una si fu intorno al mezzo da D. Bosco adoperato per conservare l'ordine tra tanti giovani, che affluivano all'Oratorio.

- Non ha la S. V. a' suoi cenni, domandò il Ministro, almeno due o tre guardie civiche in divisa o travestite ?

- Non me ne occorrono punto, Eccellenza.

Possibile? Ma questi suoi giovani non sono mica dissimili dai giovani di tutto il mondo; saranno ancor essi per lo meno sbrigliati, accattabrighe, rissosi. Quali riprensioni, quali castighi usa adunque per infrenarli e per impedire scompigli ?

- La maggior parte di questi giovani sono davvero svegliati della quarta, come si dice; ciò non di meno per impedire disordini qui noli si adoperano nè violenze, nè punizioni di sorta.

- Questo mi pare un mistero; favorisca di spiegarmi l'arcano.

- Vostra Eccellenza non ignora che vi sono due sistemi di educazione; uno è chiamato sistema repressivo, l'altro è detto sistema preventivo. Il primo si prefigge di educare l'uomo colla forza, col reprimerlo e punirlo, quando ha violato la legge, quando ha commesso il delitto; il secondo cerca di educarlo colla dolcezza, e perciò lo aiuta soavemente ad osservare la legge medesima, e glie ne somministra i mezzi più acconci ed efficaci all'uopo; ed è questo appunto il sistema in vigore tra di noi. Anzitutto qui si procura d'infondere nel cuore dei giovanetti il santo timor di Dio; loro s'inspira amore alla virtù ed orrore al vizio. coll'insegnamento del catechismo e con appropriate istruzioni morali; s'indirizzano e si sostengono nella via del bene coli opportuni e benevoli avvisi, e specialmente colle pratiche di pietà e di religione. Oltre a ciò si circondano, per quanto è possibile, di un'amorevole assistenza in ricreazione, nella scuola, sul lavoro; s'incoraggiano con parole di benevolenza, e non appena mostrano di dimenticare i proprii doveri, loro si ricordano in bel modo e si richiamano a sani consigli. In una parola si usano tutte le industrie, che suggerisce la carità cristiana, affinchè facciano il bene e fuggano il male, per principio di una coscienza illuminata e sorretta dalla Religione.

- Certo, è questo il metodo più adatto ad educare creature ragionevoli; ma riesce egli efficace per tutti?

- Per novanta su cento questo sistema riesce di un effetto consolante; sugli altri dieci esercita tuttavia un influsso così benefico, da renderli meno caparbii e meno pericolosi; onde di rado mi occorre di cacciare via un giovane siccome indomabile ed incorreggibile. Tanto in questo Oratorio, quanto in quelli di Porta Nuova e di Vanchiglia, si presentano o sono talora condotti giovani, che o per mala indole, o per indocilità, od anche per malizia furono già la disperazione dei parenti e dei padroni, e in capo a poche settimane non sembrano più dessi; da lupi, per così dire, si mutano in agnelli.

- Peccato che il Governo non sia in grado di adottare siffatto metodo nei suoi Stabilimenti di pena, dove per bandire disordini occorrono centinaia di guardie, e i detenuti diventano ogni giorno peggiori.

- E che cosa impedisce il Governo di seguire questo sistema ne' suoi Istituti penali? Vi s'introduca la Religione; vi si stabilisca il tempo opportuno per l'insegnamento religioso e le pratiche di pietà; si dia a queste da chi presiede l'importanza che si meritano; vi si lasci entrare di spesso il Ministro di Dio, e gli si permetta di trattenersi liberamente con quei miseri e di far loro udire una parola di amore e di pace, ed allora il metodo preventivo sarà bell'e adottato. Dopo alcun tempo le guardie non avranno più nulla o ben poco da fare; ma il Governo avrà il vanto di ridonare alle famiglie e alla società tanti membri morali ed utili. Altrimenti egli spenderà il danaro a fine di correggere o punire per un tempo più o meno lungo un gran numero di discoli e colpevoli, e quando li avrà rimessi in libertà, dovrà proseguire a tenerli d'occhio, per premunirsi contro di loro, perchè pronti a fare di peggio.

Di questo tenore D. Bosco tirò innanzi per un buon pezzo; e siccome fin dal 1841 egli conosceva lo stato dei prigionieri giovani e adulti, perchè faceva a quei miseri frequenti visite, così potè far rilevare al Ministro dell'Interno l'efficacia della Religione sulla morale loro riabilitazione.

- Al vedere il Sacerdote di Dio, ei soggiunse, all'udire la parola di conforto, il detenuto rammenta gli anni beati in cui assisteva al catechismo, ricorda gli avvisi del Parroco o del Maestro, riconosce che se è caduto in quel luogo di pena si è, o perchè cessò di frequentare la Chiesa, o perchè non mise in pratica gli insegnamenti che vi ha ricevuti; onde richiamando a mente queste care rimembranze, sente il più delle volte commuoversi il cuore, una lacrima gli spunta in su gli occhi, si pente, soffre con rassegnazione, risolve di migliorare la sua condotta, e, scontata la sua pena, rientra in società disposto a ristorarla degli scandali dati. Se invece gli si toglie l'amabile aspetto della Religione e la dolcezza delle sue massime e delle sue pratiche; se lo si priva delle conversazioni e dei consigli di un amico dell'anima, che sarà del misero in quell'odiato recinto? Non mai invitato da una voce amorevole a sollevare lo spirito oltre la terra; non mai animato a riflettere che peccando ha offeso non solo le leggi dello Stato, ma Iddio, Legislatore Supremo; non mai eccitato a domandargli perdono, nè confortato a soffrire la sua pena temporale in luogo della eterna che gli vuol condonare, egli nella sua misera condizione altro non vedrà che il mal garbo di una fortuna avversa; quindi invece di bagnare le sue catene con lagrime di pentimento, egli le morderà di mal celata rabbia; invece di proporre emendamento di vita, si ostinerà nel suo male; da' suoi compagni di punizione imparerà nuove malizie, e con essi combinerà il modo di delinquere un giorno più oculatamente, per non ricadere nelle mani della giustizia, ma non già di migliorare e farsi buon cittadino.

D. Bosco, colta la favorevole occasione, segnalò al Ministro l'utilità del sistema preventivo, sopratutto nelle pubbliche scuole e nelle case di educazione, dove si hanno a coltivare animi ancor vergini di delitti; animi che si piegano docilmente alla voce della persuasione e dell'amore.

- So bene, conchiuse D. Bosco, che il promuovere questo sistema non è compito devoluto al dicastero di Vostra Eccellenza; ma un suo riflesso, ma una sua parola avrà sempre un gran peso nelle deliberazioni del Ministro della Pubblica Istruzione.

Il signor Rattazzi ascoltò con vivo interesse queste ed altre osservazioni di D. Bosco; si convinse appieno della bontà del sistema in uso negli Oratorii, e promise che dal canto suo lo avrebbe fatto preferire ad ogni altro negli stessi Istituti governativi...

Finita così la conversazione, egli se ne andò tanto bene impressionato, che da quel giorno divenne avvocato e protettore di D. Bosco. Fu questo un tratto di speciale Provvidenza, imperciocchè facendosi anno per anno più difficili le condizioni dei tempi, ed avendo il Rattazzi avuto molto sovente le mani al Governo, ed essendo rimasto ognora uomo influente, l'Oratorio ebbe in lui tale un appoggio, senza di cui avrebbe forse risentite delle fortissime scosse ed anche sofferto dei gravissimi danni. (1)

(Continua)

(1) Giova osservare che i due interlocutori parlavano in dialetto piemontese, e quindi la frase « quel grande Rattazzi » in italiano, corrisponde nel dialetto a « cöl gran Ratass »; e in piemontese « ratass » significa - un gran topo » « un topaccio ». Don Bosco pronunziando questa parola le aveva anche dato un tono di sorpresa, che fece sorridere il Ministro.

(1) Dalle preziose e diligentissime « Memorie biografiche del Sac. Giovanni Bosco » pubblicate per cura del Sac. Salesiano Giov. BATTISTA LEMOYNE (edizione privata, vol. V. pag. 48).

L'8° CENTENARIO DELLA MORTE DI SANT'ANSELMO D'AOSTA 1109-1909

Il 21 aprile di quest'anno si compiono 8oo anni dalla morte di S. Anselmo, Arcivescovo di Cantorbery, Dottore della Chiesa e gloria insigne del Piemonte, anzi dell'Italia e di tutto il mondo cattolico.

La data otto volte secolare, mercè lo zelo intraprendente di S. E. Rev.ma Mons. Giovanni Vincenzo Tasso, verrà degnamente commemorata con una serie di solenni festeggiamenti nella città di Aosta, che si gloria di aver dato la luce al gran Santo e religiosamente ne conserva la casa natale.

Niente di più opportuno e conveniente che di risvegliare e celebrare la memoria di S. Anselmo.

« Ai nostri tempi - scrive Mons. Tasso - pur troppo, quelli che si dànno allo studio ed alla scienza, si lasciano più facilmente sedurre e - sviare dalle pratiche religiose e dalla fede stessa, che hanno succhiato insieme col latte. E una delle pene più gravi pel cuore del Santo Padre, pel cuore dei Vescovi e del Clero, e pel cuore di tutti i buoni, il vedere come la scienza moderna allontana dalla fede e dalla pietà quelli che la professano. Oh! venga lo studente S. Anselmo, venga il professore S. Anselmo, venga il dottore S. Anselmo, venga a dirci col suo esempio come egli, perduta a vent'anni la santa sua madre Ermemberga, e rottala con Gondulfo suo padre, a guisa del figliuolo prodigo s'allontanò bruscamente dalla casa paterna e dalla patria stessa, da quest'atmosfera valdostana così impregnata di fede e di religione; e come lontano dalla casa paterna, dissipò anch'egli non solo le sue sostanze materiali, ma a poco a poco anche quei tesori più preziosi di fede e di pietà di cui era stato arricchita l'anima sua, e per circa sette anni andò errando qua e là qual pecorella traviata...

» Orbene, che cosa è che lo ricondusse all'ovile della Chiesa, alla religione de' padri nostri, alla. fede ed alla pietà di sua madre? Il figliuol prodigo del Vangelo fu ricondotto alla casa paterna dalla miseria e dalla fame materiale. Il nostro Valdostano invece fu ricondotto alla fede e alla pietà di sua madre dalla fame e dalla sete della scienza. E l'avidità della scienza che, dopo aver vagato per circa sette anni, nella Savoia, nella Borgogna, in Francia ed in Normandia, lo condusse finalmente al monastero del Bec, alla scuola di Lanfranco di Pavia, celebre anch'egli e per la nobiltà della sua famiglia senatoria, e per le peripezie della sua gioventù, ma più celebre ancora per la sua scienza. Di lui la Cronaca lasciò scritto: Fuit quidam vir magnus, Italia ortus, nomine Lanfrancus, in quo tunc temporis omnes thesauri sapientiae et scientiae saecularis credebantur absconditi. E per questo che, aperta una scuola al Bec, non solo pei Monaci ma anche per gli estranei, vi si accorreva da tutte le parti. L'amore della scienza vi condusse anche Anselmo. L'avidità del sapere che s'era accesa in lui sin da fanciullo, si ridestò nel suo spirito, e pien d'ammirazione pel suo maestro, si diede con tanto ardore allo studio e fece tanto profitto alla sua scuola, che ben presto lo sorpassò. Dapprima Anselmo non cercava che la scienza, e nella scienza la gloria e la fama che l'accompagna; ma a misura che la luce cresceva nella sua mente, si diradavano pure le tenebre del suo cuore, cadevano i pregiudizi del suo spirito, e si riaccendeva in lui il lume della fede. Era la scienza, la ragione che lo conduceva alla fede: Ratio ducens ad fidem, secondo l'adagio degli antichi.

» E non contento di ritornare alla fede, ritornava pure alla pietà primitiva, ed attratto dalla grazia andò più oltre ancora, si rese Monaco Benedettino, e ben presto divenne Priore ed Abate del celebre monastero del Bec. Haec mutatio dexterae Excelsi! Ma il mezzo di cui Dio s'è servito per operare in lui un cambiamento sì profondo e radicale è stato lo studio e l'amore della scienza, che ora pur troppo allontana tanti dalla fede e dalla pietà cristiana... Niente di più opportuno che il suo Centenario per risvegliare in noi il suo spirito, l'amor vero della scienza e l'arte dell'apologetica cristiana. »

Le Feste Centenarie saranno trasferite dal 21 aprile accennato al principio di settembre (dal 2 all'8) come ad epoca più adatta pel clima e per la stagione, sia pei Valdostani, sia pei forestieri che vorranno prendervi parte. Le onoreranno del loro intervento l'Em.mo Card. Arcivescovo di Torino; l'Em.mo Mons. Bourne, Arcivescovo di Westminster e Primate d'Inghilterra, successore di S. Anselmo nella sede primaziale di Cantorbery; l'Ecc.mo Arcivescovo di Vercelli e tutti gli Ecc.mi Vescovi del Piemonte, con altri venerandi Prelati.

Nei giorni accennati, oltre altri pubblici festeggiamenti religiosi e civili, si terrà ad Aosta anche un Congresso Mariano, diviso in tre gruppi.

Gruppo I. - Sant'Anselmo e la Madonna.

1. Analisi delle Opere di Sant'Anselmo relative alla Madonna.

2. Soggetti ed argomenti che si possono trarre dalle Opere di Sant'Anselmo per la predicazione sulla Madonna.

3. Sant'Anselmo e l'Immacolata Concezione.

4. Sant'Anselmo e l'Assunzione della Vergine Immacolata.

5. Gli Inni e le Preghiere di Sant'Anselmo alla Vergine Santissima, alimento della pietà cristiana ed inspirazione dei Poeti.

Gruppo II. - La Madonna e la Valle d'Aosta.

1. Antichità del Culto di Maria nella Valle d'Aosta (Monumenti).

2. Estensione ed incremento di questo Culto nel corso dei secoli.

3. Stato attuale: Chiese, Confraternite, Figlie di Maria, ecc.

4. Armonie naturali del Culto di Maria colla Valle d'Aosta: Le montagne, le nevi, le acque, i fiori, le vergini foreste, simboli della Madonna che invitano a cantarne le lodi ed imitarne le virtù.

5. Mezzi per far fiorire sempre più la divozione alla Madonna e stabilirla Regina della Valle d'Aosta: Santuari, Pellegrinaggi, Pie Associazioni delle Madri di famiglia e delle Figlie di Maria, Feste, Mese di Maggio, Mese del Rosario e dell'Immacolata.

Gruppo III. - La Madonna rimedio dei mali presenti.

1. Studio dei mali che affliggono la Società...

2. Dimostrare come questi mali trovino un rimedio salutare ed efficace nella divozione alla Madonna.

3. La divozione alla Madonna mantiene lo spirito di famiglia...

4. La divozione alla Madonna alimenta la pietà cristiana.

5. In che consiste la vera divozione alla Madonna e quali forme deve attualmente rivestire per riuscire veramente salutare ed efficace.

Il Congresso si terrà nelle due lingue del paese, italiana e francese, che sono anche le lingue del maggior numero dei Congressisti che si attendono dall'Italia, dalla Svizzera, dalla Savoia e dalla Normandia: si ascolteranno pure volentieri alcuni brevi discorsi in latino ed in inglese, sia per onorare la lingua in cui scrisse così bene S. Anselmo le sue Opere e quella che parlò negli ultimi anni della sua vita passati in Inghilterra; sia anche per dar facilità ai Congressisti di farsi intendere nella lingua sacra della Chiesa, come pure per deferenza agli illustri e gentili Ospiti d'Inghilterra che dividono coi Valdostani il Culto di Sant'Anselmo e che insieme coll'amabile e venerando loro Primate verrano ad onorare la sua Culla, il Congresso e le Feste comuni.

Il Congresso Mariano si terrà nella Chiesa monumentale dell'Insigne Collegiata di S. Orso, vicino alla quale trovasi la Casa in cui nacque S. Anselmo. Per ogni informazione rivolgersi a S. Ecc. Rev.ma Mons. Giovanni Tasso, Vescovo d'Aosta - o al Rev.mo D. Luigi Gorret, CanonicoPrevosto della Cattedrale e Vice-Presidente del Congresso Mariano, Aosta.

DALLE MISSIONI

Matto Grosso (Brasile)

La tribù dei Bororos.

(Studio del Sac. Antonio Malan). . PARTE IIIa. (Continuazione *). Cerimonie nuziali.

Una madre che vuol dare la figlia a marito prepara alcune leccornie, e sul mezzodì, accompagnata dalla figlia, le reca a colui che ha scelto per suo genero. Se il giovane acconsente alla mano della ragazza, accetta le vivande offertegli e le presenta alla propria madre perchè essa ne gusti; se questa le prende e ne assaggia, è segno che acconsente all'unione; se le rifiuta, e segno che non l'approva. Nell'ultimo caso, ancorchè la figlia vada a genio allo sposo cercato, il matrimonio non ha luogo; come se avviene che la figlia non piaccia al giovane, questi prende i doni che gli sono offerti, e rimettendoli alla propria madre, le dice: « Mamma, restituiscili a quella donna, perchè non voglio la sua figlia per compagna ». E se la figlia piace alla madre del giovane, benchè non piaccia a questi, il giovane l'accetta sulle istanze materne, ma la figlia non rimane ancora in sua compagnia. La madre della ragazza per quattro giorni deve portare alla medesima ora, cioè sul mezzodì, alcune leccornie alla madre del futuro genero, la quale non deve e non può mangiarne che il quarto giorno. Però il quarto giorno il giovane va già a dormire presso la famiglia della sposa, con la precauzione di levarsi di buon trattino affinchè questa non lo veda, ma passati altri quattro giorni aspetta che la giovane si desti, ed allora, voltando le spalle alla famiglia, si siedono ambedue presso un fuoco, ove la sposa rompe e pulisce alcuni cócos che offre allo sposo il quale ne mangia. Da quel momento i due son marito e moglie, e prendono a condurre vita di famiglia.

Senonchè un'infedeltà od un'ommissione dei doveri coniugali, od anche un vero capriccio per un nonnulla, è motivo sufficiente per divorziare. Se la causa vien dallo sposo, la sposa lo abbandona e, se n'ebbe qualche figlio che trovisi ancora in tenera età, lo uccide; se invece la colpevole è la sposa, il marito la scaccia insieme con tutta la prole. La ripudiata però, può, se vuole, passare ad altre nozze.

Motivi di morte e segni di cattivo augurio.

È pur oggetto di questa notizia l'elenco delle superstiziose credenze di questi poveri selvaggi. Sono tante, che starò pago a numerare le principali, e chi legge avrà un motivo di più di compiangere lo stato di tante anime.

Chi lancia una freccia su uno degli animali nei quali s'incarnano (od emigrano) gli spiriti maligni, e lo uccide e l'abbandona in pasto agli avoltoi, immediatamente incorre nella pena di morte. Questa condanna può essere commutata in lavori continui od anche esser del tutto rimessa, se il colpevole è amico del gran Baire, il quale lo salva colle sue potenti preghiere e con i suoi scongiuri.

Senza questo intervento, un indio Bororo incorre nella pena di morte allorchè mangia di un animale in cui si incarnano gli spiriti maligni, prima che ne abbiano mangiato Bope e Mareba per bocca del Baire supremo; - se incontrando delle schiere di cinghiali egli ne uccide e non ne offre al Baire, o ne mangia senza averli fatti esorcizzare; - se uccide un cervo e ne abbandona le carni agli uccelli, o se mangia carne di cervo, di touyou o di sariema senza averla fatta esorcizzare e non si purifica; - se ricusa di credere al Baire supremo o di eseguire i suoi ordini o di mettere in pratica i suoi consigli; - se rivela i segreti della religione a chiunque desideri far parte della tribù; - se rinnega finalmente le divinità o abiura definitivamente i costumi e gli usi dei Bororos.

I Baires sono esenti da queste sanzioni. Questi veri demoni della foresta fanno credere agli indii che gli dei sono adirati pei loro delitti, per cui gli spiriti maligni s'incarnano in loro producendo malattie mortali, o uccidendoli senza pietà. Perciò quando un Bororo per uno de' motivi suddetti o che dirò appresso è condannato alla morte, il baire cerca ogni mezzo per toglierlo di vita per poter mantenere la parola e, s'è necessario, lo soffoca col più piccolo pretesto, e spesso, senza pretesto alcuno.

Imbevuti di queste superstizioni, essi ritengono come segni sinistri il compiersi di certi fenomeni meteorologici od astronomici, e la stessa vista di certi animali. I principali fenomeni che, secondo essi, preannunziano grandi sventure, sono questi

Se nella notte che segue le feste conosciute sotto il nome di Mano e di Marido curis, cade un bolide lasciando una striscia rossa, e questi bolidi son visti da barico (la moglie più vecchia del Baire) è segno che dagli spiriti maligni è stato fatto prigioniero un selvaggio, e che essi ne han mangiato le carni e, mescolatene le ossa al sangue e dato ad esse fuoco, le han gettate nello spazio. In questo caso, il primo selvaggio che all'indomani cadrà malato, dovrà morire perchè gli dei vogliono questa vittima per placare l'ira prossima a scaricarsi su tutta la tribù.

Quanto un bolide cade di giorno lasciando dietro di sè una lunga coda bianca, o facendo un rumore che o commuove fortemente i selvaggi o è veduto da essi, è segno che i Baregues sono furiosi contro di loro e vogliono distruggerli tutti a frecciate. In questo caso chi sarà trovato malato in una delle case vicine, dovrà morire: così vogliono i Baregues per berne solo il sangue, non per divorarlo, e quindi imbeverne il cadavere d'un'essenza combustibile, dargli fuoco e gettarlo nello spazio. Questo genere di morte talvolta può essere scongiurato da una forte resistenza del Baire supremo agli spiriti maligni ed agli stessi Baregues, e dalle minacce di abbandonarli tutti ove lascino uccidere un selvaggio da lui protetto.

Se il sole durante il giorno si mantiene rossastro, o appare macchiato di nero, o mostra ai fianchi una nube color di rosa, è sempre segno che deve morire un indio.

Quando si fa sentire il canto di un uccello di cattivo augurio, chiamato macahuám, un'epidemia minaccia i Bororos, ed uno di essi deve andar subito all'altro mondo per scongiurarla.

Quando Bope, Mareba, Tupá o un eroe non vogliono parlare, è segno che i Braides (i civilizzati) vogliono distruggere la tribù e in questo caso un selvaggio ed un civilizzato devono morire pel bene comune.

Se il Baire vede in sogno una testa di morto o del sangue, il mattino dopo deve uccidere il primo selvaggio che lo avvicina per parlargli. Se il Baire vede in sogno l'Hayge ribelle passeggiare in questo mondo, è segno che il primo selvaggio che anche lo vedrà, andando contro un formale divieto, morrà; e questi sarà precisamente quell'indio che l'indomani s'intratterrà pel primo con lui.

Così pure se il Baire vede uno dei serpenti che soggiornano con gli Aroes, è segno che un indio deve morire; e se ciò non accade è unicamente d'iscriversi all'intervento ed alle suppliche del Baire supremo.

Come si vede, i Baires sono gli arbitri assoluti della vita e della morte degli altri selvaggi !

Della cura delle malattie.

Per i Bororos le malattie non sono altro che un effetto dell'ossessione dei loro corpi per parte di qualche spirito maligno, annunziato dal macahuám, l'uccello di cattivo augurio. Se un di loro viene a cadere malato ed è un indio buono, il Baire deve salvarlo ad ogni costo: infatti l'esorcizza, chiama gli Aroes, i Baregues e scongiura tutti gli dei affinchè scaccino lo spirito maligno dal corpo dell'infermo. Se l'indio è odiato dal baire, questi lo soffoca dicendo che gli dei vogliono la sua vita; se il baire lo ama, fa di tutto per salvarlo, perchè il malato è pentito dei suoi falli. E se alle volte il baire annuncia che il malato guarirà e questi muore, la ragione si è che Mareba proprio al momento della guarigione non si è ricordato di lui; nel caso al tutto contrario, è Bope che non ha voluto la morte dell'infermo.

Se cade malato un indio cattivo, si pon mano ad uno scongiuro solenne. Mentre tutto il villaggio è immerso nella più grande tristezza, il Baire supremo che ha già pronunziato la sentenza fatale, chiamato in fretta da uno dei più prossimi parenti ciel sofferente, accorre e scongiura gli Aroes ad entrare nel corpo dello sfortunato per produrvi una malattia sconosciuta ; ciò fatto, prescrive ai Baires subalterni di esorcizzarlo per tre giorni consecutivi. Passati i tre giorni, torna anch'egli presso l'infelice paziente, al quale fa conoscere la sua colpa (obbligando lo spirito malvagio a svelare il motivo che l'ha fatto entrare in quel corpo) e insieme interroga gli Aroes che odiano lo sventurato, domandando a questi perchè affrettino il corso della sua malattia. Allorchè ha appreso con certezza che l'infermo si è reso colpevole di uno o più delitti, tosto se ne parte ostentando il più vivo sdegno. Il povero Bororo vedendo il gran Baire allontanarsi in tanto corruccio, geme e sospira profondamente, finchè la famiglia, sempre più costernata, alza lamenti e manda grida strazianti. Al cader della notte i Baires subalterni vanno ad esorcizzarlo, quindi ritorna ancora una volta il Baire supremo, il quale con voce terribile annunzia al moribondo il giorno della morte. Giunto il momento fatale, le donne si affrettano a riunirsi presso la vittima disgraziata, e in un pianto straziante stendono una stuoia sopra il malato. In quel momento, il Baire capo, sotto pretesto di terminare gli scongiuri, soffoca abilmente l'infermo.

Ma se il malato non è inviso al Baire supremo, la cosa va diversamente. Anche in questo caso il parente più prossimo chiama il gran sacerdote, il quale, in vista del paziente steso sul letto o meglio sulla stuoia dei suoi dolori, chiede allo spirito malvagio perchè si sia determinato a prendere possesso di quel corpo. Saputolo, lo annunzia all'infermo e senz'altro si ritira; ma impietosito ai singhiozzi della sposa gemente, fatti solo pochi passi, torna indietro e chiede all'infermo: « Dove ti senti male ? » Saputolo, prende a stropicciare fortemente la parte che gli è indicata, ingiungendo allo spirito di partirsi. A tal fine intona una nenia, quindi dal fondo della gola trae un largo sputo sulla palma della mano, scongiurando Mareba ad allontanare la malattia che in quel momento trasmigra in quello sputo. Poichè, è da notare, che essendo il Baire nel tempo degli scongiuri ritenuto come una divinità, tutti credono che la malattia dell'infermo in quel tempo passi nella testa di lui e di là in quella saliva con la quale prende a frizionare fortemente il cocuzzolo tonsurato dell'infermo che è ritenuto come la sede di Mareba. In seguito sfiora più volte leggermente la parte malata, perchè la malattia, passata come si è detto nella saliva, trovasi trasformata in medicina dopo la frizione del capo. Questa cerimonia si ripete finchè Mareba non ha liberato l'indio dalla malattia.

Se poi avviene che muoia, ciò si deve a Bope che ha voluto vendicarsi e a Mareba che non si è curato di lui. Se guarisce, son Bope e Mareba che l'han liberato. Se nel dì fissato per la convalescenza l'infermo peggiora, è Mareba che non si è ricordato di lui; non appena questi se ne interesserà, il malato sarà guarito. Se dopo qualche tempo l'infermo è ancor grave, il baire gli dice chiaro: « La colpa è tua; la mancanza di corrispondenza è l'unico ostacolo alla guarigione ». Se entra in agonia, è la mano del nume che si è aggravata sul suo popolo; se l'agonizzante guarisce, è Mareba che l'ha salvato per misericordia.

In caso di guarigione il Baire consiglia al malato di non commettere più alcuna colpa e gli intima di purificarsi dallo spirito cattivo. Questa purificazione consiste nell'ungere tutto il corpo di urucù e nel coprirlo quindi di penne bianche, e, in fine, nel dipingersi la fronte di kidoguro e cingersi i fianchi di due striscie intessute di penne bianche.

Similmente, un indio che ha commesso involontariamente una colpa, se non muore della malattia che l'ha incolto, resta alle volte difettoso o incomodato per tutta la vita, affetto da paralisi o da reumatismi, ecc. ecc.

Ma morte di un selvaggio.

La morte di un indio è considerata per tutti i Bororos come una disgrazia irreparabile. Se viene a morire un adulto, la famiglia versa le lagrime più amare. La moglie disgraziata, in preda al dolore più vivo, s'avvicina tutta scarmigliata al cadavere del marito, lo scuote come se volesse destarlo da un profondo assopimento, ne bacia e ribacia la gelida fronte, lo abbraccia più e più volte, e quando non ha più alcuna speranza che l'anima del defunto avvivi quelle membra ghiacciate, si abbandona al lutto più profondo. Alle sue grida accorrono i vicini, facendo altissim'eco ai suoi singhiozzi ed al suo pianto. In mezzo a tale scena desolante giunge il Baire che, constatata la morte, dichiara che gli dei hanno voluto quella vittima in espiazione delle colpe da lei commesse; nel suo genere è una vera immolazione, che ricorda però non il sacrifizio di Abramo, ma il delitto di Caino.

Intanto i parenti dipingono il cadavere di urucu, gli cingono i fianchi con una fascia di penne bianche, e lo avviluppano in un tessuto di paglia che conservano appositamente per quest'uso; quindi lo collocano fra due stuoie e il cadavere è pronto per la sepoltura. Prima però, una dopo l'altra, tutte le donne gli camminano sui piedi, bagnandoli coi rigagnoli di sangue che scendono dai tagli profondi che si son fatti sulle proprie spalle, sulle braccia e sulle gambe. Alla vista di quella scena straziante il baire supplica Mareba di voler risparmiare al defunto un sacrifizio troppo doloroso, e infine la vedova inconsolabile e i parenti del defunto si strappano e si tagliano i capelli e rompono le loro armi, come gli ebrei stracciavansi le vesti nell'apprendere una trista notizia.

A questa cerimonia segue quella detta « della guardia » che è fatta da tre selvaggi, i quali sono vestiti come il cadavere, con l'unica differenza che quello di mezzo ha la fronte ornata di parico e gli altri due di un pennacchio, simile a quello di certi cacciatori. I tre deputati intonano subito con voce assai cupa il bacúrúrú « di compianto » e nelle pause, che sono. numerosissime, piangono amaramente. Quando sono stanchi, giungono tre altri a prendere il loro posto; e così il turno continua finchè il cadavere non è trasportato al bahyto (al grande capannone che sorge nel centro del villaggio) ove è lasciato per tre giorni, durante i quali continua sempre la cerimonia «della guardia ».

Alla metà del terzo giorno torna il baire, il quale avvicinandosi al cadavere gli si siede ai piedi, si mette in fronte il urico, prende i due bapos e comincia il bacúrúrú « d'invito ».

A questo punto l'anima del morto compare al baire, s'incarna in lui, e per mezzo suo domanda da bere e le si offre dell'acqua; chiede da mangiare e le si dà della canciga (un manicaretto comune ai Bororos); domanda da fumare e le si offrono sigari. In fine chiede nuovamente da bere e le si porge un po' di fanghiglia liquida. Dopo di essere stata accontentata in tutto, l'anima chiede il permesso di ritirarsi, ma il bacúrúrú continua fino al momento della sepoltura.

La sepoltura.

A lato del bahyto è scavata una fossa profonda un metro, lunga due e larga uno, e in fondo ad essa son collocati alcuni pezzi di legno su cui viene stesa una stuoia, sopra la quale due indii depongono il cadavere, che ricoprono con rami e con tre stuoie in modo da chiuder bene tutta la fossa, e quindi con grosse pietre capaci a difenderlo dagli animali della foresta. Ogni giorno però, finchè non giunge quello fissato per la lavatura delle ossa del defunto, la famiglia si reca mattina e sera ad irrorare tutta la fossa per sollecitare la decomposizione della salma e per dare comodità all'anima di rinfrescarsi allorchè, sul cader della notte, torna a riunirsi al corpo.

Nell'intervallo che passa dai funerali al giorno della lavatura delle ossa, la famiglia si raccoglie anche ogni mattino nel bahyto, mentre il baire compie il bacúrurú « di addio ». Durante questa cerimonia, è collocato sopra la fossa un dipinto che vorrebbe essere il ritratto del defunto, insieme con vari recipienti contenenti aloè, mota liquida, acqua pura e sigari, perchè l'anima del morto, sempre per la bocca dei baire, se ne serva. Durante questo bacúrúrú, il baire sta seduto davanti l'immagine del morto e le donne fanno gruppo attorno a lui.

Arrivando il giorno fissato, il gran sacerdote convoca i suoi ministri (i cacichi, i baires inferiori, e i guerrieri), e in loro compagnia si appresta a dar l'ultimo riposo ai resti del defunto. Giunto presso la fossa ove giace il cadavere, intona il bacúrúrú « di addio » a voce bassa per non disturbare chi dorme il sonno dei morti; quindi, scoperta religiosamente la fossa, comanda all'anima di allontanarsi da quel corpo, e col volto bagnato di lagrime trasporta la salma al fiume più appartato dal villaggio. Arrivato presso la sponda, depone su questa i resti mortali; e cinta la fronte d'un parico rosso e di una penna di aquila brasiliana e impugnati due bapos, indossa le vestimenta del morto, e deplorando la sua ostinazione e la sua sorte infelice canta il bacúrúrú in tono lamentevole e in frasi dolenti. Durante queste nenie, i baires subalterni, versando anch'essi abbondanti lagrime, lavano le ossa del morto, accompagnando coi singhiozzi il canto del baite supremo, mentre i cacichi ed i loro guerrieri, col corpo dipinto a striscie multicolori e ornati capricciosamente, fanno ad essi guardia d'onore.

Lavate le ossa, i baires inferiori le ornano ad una ad una di urucù, hidoguro e penne di papagallo e le collocano in una piccola cesta, intessuta di membrana di palme, ornata nell'interno di penne bianche e nell'esterno spalmata diligentemente di vischio, urucù e kidoguro e in fine rivestita di penne di pappagalli e di sparvieri, in modo da impedire all'acqua di penetrarvi.

Chiusa la cesta, la recano cantando al Baire supremo; dopo di che comincia un altro canto in lode del coraggio e della forza del defunto, mentre tutti si spingono e rinculano innanzi il punto più profondo del fiume, fino al momento in cui il baire supremo si avvicina alla sponda per evocare l'aroe, il quale batte leggermente la cesta ed entra nelle ossa, nel punto che il Baire grida: e Guguai!!! e e tuffandosi nel fiume scende a deporre quei resti mortali nel punto più profondo. Al riapparire del baire a fior di acqua, i baires subalterni e gli indii presenti fanno un baccano assordante e finalmente, tutti in silenzio e a capo chino come schiacciati dal peso delle più angosciose rimembranze, tornano al villaggio.

Intanto il morto in seno all'acqua risuscita, ma resta prigioniero nel cestello, soffrendo fame, sete e freddo. Per questo, il sesto giorno il baire comanda a Mareba d'affrettare il destino di quell'anima affinché possa andare al soggiorno degli aroes; e Mareba fa discendere dal cielo alcune onças, jaguatiricas, e iraras, in cui sono soliti ad incarnarsi gli aroes. In quello di questi animali che pel primo andrà a bere al rio (e il baire lo saprà poi in visione) s'incarnerà l'anima del defunto. Il settimo giorno il baire torna da solo al fiume, evocando l'aroe. Se le acque sono smosse, è segno che l'animale non è ancor venuto a bere; se sono tranquille, è segno che questo ha già bevuto. In tal caso il baire invoca di nuovo l'aroe, che immigra momentaneamente in lui e gli narra tutti i dolori sofferti e ciò che fa nell'animale, e dopo di aver fumato e bevuto, emettendo gemiti strazianti, se ne riparte senza indicargli in quale animale abbia posto dimora. Il baite, vedendolo partire, si strugge in lagrime e torna all'aldea, ove, sapendo che l'anima si è già incarnata, ordina i preparativi pel Quinagudo, cioè per un'altra cerimonia in cui il baire evoca l'eroe per sapere in quale animale egli si è immigrato.

(Continua).

Il viaggio dei piccoli Boróros.

Un telegramma di D. Malan al Redattore del Santa Cruz di S. Paolo ci annunzia il felice arrivo della schiera musicale dei piccoli Bororos alla Colonia del S. Cuore, fra la tranquillità e l'esultanza degli indii.

Chubut (Rep. Argentina)

Progressi della Missione.

nostri Missionari stanno ultimando a lato della cappella di Trelew un fabbricato di un piano, lungo 20 metri e largo 7, ove presto verranno aperte nuove scuole a vantaggio dei fanciulli di quella crescente popolazione.

L'11 novembre venne inaugurato in Trelew il Collegio femminile, eretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Lo spazioso edifizio fu benedetto dal rev. D. Bernardo Vacchina col cerimoniale prescritto dal Rituale Romano. Fece da padrino alla cerimonia il gerente della Banca locale sig. Ovidio Pellerano. A sera vi fu una riuscitissima accademia musico-letteraria. I piccoli musici del Collegio della missione fecero il servizio d'onore tanto al mattino che alla sera, vivamente applauditi. Un buon signore si assunse tutte le spese della festa.

Il Missionario D. Lodovico Dabrowski verso la fine dell'anno scorso intraprese un'escursione apostolica al sud del Territorio. Dopo aver visitato Cabo Raso, prima della festa dell'Immacolata giungeva a Camarones, ove amministrò 47 battesimi e 51 cresima, e, nella solennità dell'8 dicembre, 15 prime comunioni. La sua escursione, ove proceda senza contrattempi, non avrà termine che nel mese di maggio. Il Signore la fecondi di copiosi frutti di benedizione.

IL CULTO di Maria Ausiliatrice

Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente

INVITIAMO i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno nel Santuario avremo anche quest'intenzione generale

Implorare da Maria SS. Ausiliatrice una particolare efficacia ai Catechismi quaresimali.

Feste e date memorande.

AREQUIPA (Perù). - Il 24 novembre u. s. venne inaugurato il nuovo tempio votivo innalzato a Maria SS. Ausiliatrice in quella città. Compì la cerimonia l'Ecc.mo Vescovo diocesano, cui fece da padrino l'Ecc.mo Presidente della Repubblica sig. Augusto B. Leguìa, rappresentato dal Prefetto del Dipartimento sig. Lino Velarde, e da madrina la sig. Carmen de Goyeneche rappresentata dalla sig. Maria de Romana. Alla messa solenne, cantata dal rev.mo Mons. Gonzalez, assistettero il sig. Prefetto e il Presidente della Giunta Dipartimentale, una rappresentanza del rev.mo Capitolo della Cattedrale, il Comitato delle Dame Patronesse e un numero stragrande di fedeli.

BARCELLONA (Spagna). - In data 14 febbraio u. s. il Santuario di Maria Ausiliatrice di Sarrià (Barcellona) venne aggregato e incorporato alla Patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore di Roma, con comunicazione di speciali indulgenze e privilegi, per decreto dell'Em.mo Card.

Vincenzo Vannutelli, Arciprete del Capitolo,, e dei Rev.mi Canonici della Patriarcale Basilica predetta.

GRAZIE E FAVORI

Chi l'ha guarito? (1)

Era il 2o aprile dell'anno 1907 quando il giovinetto Riccheri Stefano di Giacomo dell'età di anni 10, nato e domiciliato in Carpasio, provincia di Porto Maurizio, stava trastullandosi sopra di una pianta assai alta, passando di ramo in ramo a mo' di uno scoiattolo. All'improvviso gli si spezzò sotto i piedi il ramo che lo sosteneva e con le manine tenendosi al ramo soprastante rimaneva sospeso in aria senza potersi muovere. Alle grida ed ai pianti dell'infelice accorsero i parenti che trovavansi poco lontano e col loro aiuto il fanciullo fu messo in salvo. Però fu tanto lo spavento dell'infelice che subito fu colto da deliquio e da convulsioni nervose così forti da far temere della sua vita. Prodigategli le prime e più affettuose cure dalla madre si mandò subito per il medico, che, appena lo vide, lo dichiarò epilettico. Si sperava tuttavia di poterlo liberare da quel terribile male, ma per quante medicine gli venissero prodigate, il poverino era sempre convulso. Non aveva nè di giorno nè di notte un'ora di tranquillità; sempre agitatissimo dal brutto male! In questo stato miserabile egli passò oltre dieci mesi.

Si consultarono nel frattempo una diecina di medici, e tutti lo dichiararono inguaribile. La madre piangeva di continuo disperatamente ed il padre non sapeva più a qual partito appigliarsi, quando gli venne suggerito di ricorrere ad un buon professore di Oneglia perchè procurasse di far accettare il disgraziato giovinetto nella Piccola Casa della Divina Provvidenza in Torino. Di fatto il padre si recò a tal uopo ad Oneglia e il bravo medico ne aveva già assunto l'impegno, quando tornando quegli alla propria casa, con quale sorpresa lo lascio immaginare, trova che il figlio s'era levato da letto, e aveva aspetto florido e sorridente senza più alcun segno della sua malattia. Questi infatti era guarito completamente e continua a godere perfetta salute.

Chi ha guarito il giovinetto? Maria Ausiliatrice ! La madre del Riccheri, a nome Bianca, è una donnina molto divota della Madonna. Ella aveva fatto voto a Maria Ausiliatrice che se le otteneva la guarigione del figlio, avrebbe fatto erigere una cappelletta a ricordo della grazia. E la buona Madre dei Cristiani l'esaudì. Proprio in quel mattino il fanciullo aveva domandato alla madre di volergli porgere gli abiti perchè si sentiva guarito. La madre in sulle prime credette che delirasse, ma insistendo egli, lo accontentò. Ed era la più consolante realtà : il fanciullo era stato prodigiosamente guarito dalla Vergine Ausiliatrice!

Il fatto è pubblico e notorio in Arzene, una frazione di Carpasio composta di una trentina di famiglie, che tutte furono testimoni sia della disgrazia del Riccheri come del singolare favore.

Tenda (Cuneo), 23 gennaio 19o9.

D. BONELLI Giov. BATT. Parroco.

Da morte a vita.

Nello scorso anno la carissima mia bimba Carmelina, appena sessenne, fu colpita da uno strano malessere che si risolse in dolorosa meningite. Vane riuscivano le cure sollecite dell'esperto dottore curante, la piccina andava sempre peggiorando. Mi rivolsi con fede e con amor di madre alla Vergine Ausiliatrice, ma nella bimba non si notava miglioramento alcuno, tanto che allo spuntar dell'ottavo giorno di sua malattia, pallida, immobile perfettamente, non dava più segno di vita, per cui quanti la circondavano la credettero morta. Infatti, per ventiquattro ore rimase in quello stato ; ma nel frattempo io non cessava di supplicare Maria Ausiliatrice e stavolta non invano. Ad un tratto la bambina leggermente si scuote e mi chiama a sè dopo più giorni che più non mi aveva fatto sentire la cara sua voce. Da quell'istante fu perfettamente guarita, sicchè quanti videro il suo stato disperato, la chiamano la « figlia del miracolo ». Il fiero male non lasciò in lei nessuna traccia. Grazie, o Vergine Ausiliatrice, eterna sarà per Te la mia riconoscenza.

Montale Celli (Tortona), 27 gennaio I9o9.

ERNESTINA ROVELLI-BOVERI.

San Pier d'Arena. - Il 2o novembre 1907 il mio vecchio padre fu colpito da polmonite acuta, che in pochi giorni lo condusse alla tomba. Negli ultimi istanti di sua vita un'altra disgrazia affliggeva la desolata famiglia : l'unica mia sorella, pel grave dolore della perdita del babbo, era colta d'improvviso d'acuta mania e delirio. Si sperava che rinsavisse, ma nonchè rinsavire, s'aggravò tanto che dopo 20 giorni si dovette venire alla determinazione di condurla ad una casa di salute. Nel momento in cui la povera figlia era condotta fuori di casa, la posi sotto la protezione di Maria SS. Ausiliatrice, pregando questa buona Madre a farle da madre ed a presto restituirmela sana in seno alla famiglia. Oh quanto è buona Maria! Un mese dopo, andata a visitarla, la trovai assai migliorata e dopo altri 5 mesi e mezzo, potei accompagnarla in famiglia perfettamente guarita.

Ho atteso finora a render manifesta questa grazia, onde appaia più certa la guarigione e l'intervento della bontà di Maria Ausiliatrice, giacchè da quel giorno la mia sorella è sempre stata in salute ed ha sempre adempito a tutti i doveri di buona figlia di famiglia. Ne sia ringraziata perennemente Maria SS. Ausiliatrice.

21 dicembre 7908.

GUALCO MADDALENA.

Ome (Brescia). - I coniugi Forelli Giuseppe e Poli Barberina, disperando di salvare da sicura morte l'unico loro figlio Carlino colto da difterite, ricorsero fiduciosi a Maria Ausiliatrice, promettendo se guarisse, di pubblicare la grazia e mandare una offerta al suo Santuario. Entro pochi giorni il loro angioletto era ridonato a perfetta salute, per cui adempiono la promessa.

28 dicembre 19o8.

Coniugi FORELLI.

Belforte Monferrato. - Riconoscente a Maria SS. Ausiliatrice per la guarigione da una infermità gravissima nel luglio scorso, faccio una piccola offerta come pegno della mia imperitura gratitudine, anche a fine di mettere la mia famiglia sotto la speciale protezione di così buona Madre.

1 gennaio 7909.

PASTORINO ANDREA.

Tirano. - È con la gioia più dolce e la più viva riconoscenza che rendo pubblica una grazia speciale ottenuta da Maria Ausiliatrice. Già da tempo ero afflittissima per un'infezione al naso per la quale soffriva non poco; e per quanto gli specialisti mi disinfettassero la parte ammalata, si temevano mali maggiori. Mi rivolsi con fede alla Madonna Ausiliatrice, e subito la malattia si arrestò, volse in meglio ed ora sono guarita perfettamente, senza che mi sia rimasta alcuna traccia. Sia quindi lodata e ringraziata per sempre la cara Madonna!

18 gennaio 1909.

MAZZA CATTERINA.

Padova. - Colta da forti dolori di testa, accompagnati da ancor più tormentosi disturbi di stomaco sì da non poter ritener nulla, mi rivolsi fiduciosa a Maria Ausiliatrice che tutto può, promettendo una piccola offerta e la pubblicazione della grazia, se lo stomaco si quietava e tosto mi vidi esaudita. Siccome il dolore di capo non accennava a diminuire, feci un'altra piccola offerta e anch'esso scomparve. Adempio ora alla promessa con l'animo pieno di riconoscenza verso sì buona e tenera Madre.

21 gennaio 1909.

A. Vusio.

Roma. - In principio dell'agosto 1907 un mio bambino di due anni fu colpito da tifo addominale, che in pochi giorni lo ridusse in grave pericolo. Non v'era più speranza di salvarlo; la febbre aveva preso il sopravvento e si temeva da un momento all'altro di vederlo morire. In tanta apprensione mi rivolsi a Te, o Maria, con quella figliale confidenza con cui T'invocai sempre nelle mie angustie, e Tu, pietosa, esaudisti le preghiere di una madre. Il mio bambino guarì, ed io a testimonianza di tanta grazia adempio, quantunque in ritardo, alla promessa fatta inviando un'offerta e queste poche linee pel Bollettino. Che tu sii ringraziata per avermi guarito lo stesso bambino anche da un'altra malattia. A Te, o gran Vergine, gloria, amore e riconoscenza eterna!

3 febbraio 1909.

ELENA DE-AGOSTINI.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:

A*) - Alcenago: Niropolis Francesco 9,50 - Alcorta (S. Fè, Rep. Argentina): L. B. e A. B. per due grazie - A lice Castello (Novara): Massara Giuditta 2 - Almenno S. Bartolomeo (Bergamo): Zanchi-Pesenti Maria 2 - Arignano (Torino): Teresa Reviglio - Avigliana-Bertassi (Torino): C. M. so per varie grazie segnalate-id.: N. N. e M. L. 8. - Avola (Siracusa) : Maria Bellomia Lampieri, per aver avuto salva la figlia nel terremolo del 28 dicembre.

B) - Bagnatica (Bergamo): Testa Giovanni Battista io - Bagnolo di Nogarole di Rocca. (Verona): D. Gaetano Patuzzo a nome della signora Tebaldi Maria 5 - Balzala (Alessandria): Maria Minotti-Provera -- Bassano (Vicenza): Maria Organo ved. Belloni 8 - Bergamo-S. Catterina: Pagnoni Ginevra Tagliavi 5 - Biella-Bracetto: Canepato Teresa - Bitonto (Bari): Agnese Annese Nagle io - Boca (Novara): Vittorio del Boca 5 - - Bollate: Sac. Antonio Donadeo P. P. Borgomanero (Novara): Giovanni Pietro Vergano 5 - Basa (Cagliari): Francesca Solinas Ledda 5 - Brescia-Chiesanuova: Surlini Barberina 5 - Brisighella (Ravenna): Elisa Argnani 5 - Beoni (Pavia): Cerutti Maria 3.

C) - Cagliano: Zai Francesca 2 - Cagliari: Angius Agostino - id.: Gessa Matilde 5 - Candia Lomellina: Molinari Angela - Candiolo (Torino): Serra Lucia 2 - Cavallermaggiore (Alessandria): Ginevra D. io - Caramagna Piemonte: Beccbio Maria fu Andrea - id.: Perlo Eleonora - Cardè (Cuneo): Fratelli Cambra - id.: Cagliero Giovanni Battista, sagrestano - Cardoso (Lucca): Toti Tecla 5 - Carmagnola: Chiattone Annetta - id.: P. L. - id.: C. L. - Casale Monferrato: Antonietta Porro 5 - id.: Morano Ermelinda 10 - Casola (Caserta): Giovanni D'Ancino 10 - Casteggio (Pavia): Corradini Carolina 20 - Castellanza: Tagnoni Maria 10 - Castellarano: Alfonso Bertolani 8 - Castelnzzovo Bormida: D. Giovanni Briata, Prevosto 5 - Catignano (Teramo): Maria ved. Colorossi 10 - Cavedine (Trento): Maria Bonetti Ceppich al Lago (Istria): Can. Nesich 20 - Cerano (Novara): Drisaldi Claudina - Cerrodolo (Reggio Emilia): S. Pellegrino 3 - Cerrina Monf.: Mezzano Carlo 2 Cesarò (Messina): Mazzucco Rosalia 5, Coscarello Maria 2, altra pia persona o,85 - Challant St. Anselme (Aosta): Giuseppe Favre 3 - Champorcher (Torino): Brun Baptiste d'Isaac 5 - Cherasco: Robasso Margherita 4 - Chiari (Brescia): Faustino Arrighetti 10 - Chiavari (Genova): C. M. 5 -- Chioggia (Venezia): Casson Antonio 3 - Chiusa Pesio (Cuneo): Marobotto Margherita 2 - Caresana (Novara): Balocco Caterina 5 - Cigliano Vercellese: N. N. 1 - Cividale (Udine): Amalia Agricola Carli 10 - Colà di Lazise (Verona): Carlo Tramdut 10 - Conflenza (Pavia): Come Lorenzo 2 -- Contano Monf. (Alessandria): Scagliotti Maria 3 - id.: N. N. 2 - Cordenons (Udine): Marson Teresa Marinocolo 3 - Costigliole d'Asti: Montersino Angelina g - id.: Torchio Luigia 10 -- Costigliole Salrazzo: Una persona riconoscente a mezzo del prevosto D. G. Abelli 10 - Cremona: Ferrari Teresina 5 - Cuneo: N. N. S. S.

D) - Dervio: Bettina Vitali 3 - Dogliani: Devalle Teresa di Emilio 5.

F) - Fiume: G. Lentis 10 - Fiumicello (Litorale Austriaco): Gottard Riccardo 4 - Forlì.: Una persona graziata 10 - Frascati: Elena Benedetti 10 = Fresonara (Alessandria): Domenichina Gualco 2.

G) - Genova: Per la guarigione di mia bambina 18 - id.: Teresa Arranzina 15 - id.: Carolina Pretto 5o - Grana: Giuseppina Avezzano, Maestra, 12 - Granaglione: Nanni Zelinda Berri 5 - Grezzana (Verona): Grazioli Giuseppe 14 - Groppello Cairolz: lirnesta Piazza 4.

Id) - I-laverstrow: Luisa Lagomarsino 25.

L) - Lannsei (Cagliari): Ibba De Mura 5 - Lequio Tartaro: Vayra Agnese ved. Mancini 6 - Lerma: Alcuni Cooperatori Salesiani - Lesino (Brianza): Villa Andrea e consorte - Lucca: Dottor Roncagli - id.: Don Donienico Sargentelli 5 - Lucinico (Gorizia): Amalia Vidoz 5 - Lugagnano Val d'Arda: Suor Giustina Borello 18 a nome del sig. Pizzuto da Palermo.

M) - Masorno (Modena): P. Evarista 3 - Martignacco (Udine): Deciani Clementina 100 - Malhi Canavese: N. N. - id.: Carnino Andrea 0,50 - Miasino (Novara): Poltroneri Bernardo 2 - Milano: Teresina Vigano 5 - id.: Giuseppina Chiappani 5 - id.: E. F,. 5 - id.: Giuseppe Lasagna, Procuratore 25 - id.: Rita Casabona 20 - Mirabello Monf.: Angelo Manfredi, già insegnante nel Collegio S. Carlo in Borgo S. Martino, pieno di riconoscenza a Maria SS. Ausiliatrice ed implorando preghiere, 10 - Molo Borbera (Alessandria): Borassi Pietro Antonio 10 - id.: 15 a conto di Giuseppe Spazzerino - Monastir (Sardegna): Raffaella Melis Mai 5 - Moneglia: P. C. 5 - Morcone (Benevento): D. Raffaele Lombardi - Morsasco (Alessandria): F. A. V. S. 50 - id.: Ivaldi Giulia.

N) - Nebbiuno (Novara): De Antonis Giovannina 10 - Nerviano (Milano): Maroni Rosa 10 - New York: Vogliano Teresa 10 - Nueva Cordoba (Rep. Argentina): G. S.

O) - Orbassano (Torino) : Cagnassi Anna 5 - id.: Musso Clara 3 - Oristano (Cagliari): Cav. Avv. Efisio Pischedda 20 - Orzinuovi (Brescia): Milani Lucia 5 - Ovada: Pastorino Giov. Battista.

P) - Padova: A. Vusio 9-Palermo: Rosa Cannella 1 - Pavia: Guido Ameggi 5 - Pentarizza di Varzi (Pavia): Inclinati Gedeone 3,80 Perrero (Torino): Cenalino Serafino - Piacenza: Ingegnere Cesare Trenchi 10 - Piavon (Treviso): Muneretto Giovanni 22 - Piazza Armerina: Concettina Lascaro 5 - Pinerolo (Torino): Maccagno Antonino 30 - Pollenzo (Cuneo): M. C. 1o - Pontecasale (Padova): Bottino Turri 20 - Pontelagoscuro (Ferrara): N. N. 3 - Ponte S. Pietro (Bergamo): Turla Capra Lucia 5 - Pont St. Martin (Aosta): Olivero Clotilde 2 - Ponzanello di Fosdinovo (Sarzana): Menichinelli Carlotta 5 - id.: Pordenone (Udine): Moschetta Antonio 5 - id.: De Franceschi Antonio 35 - Prade di Canale S. Bovo (Trento): Zortea Maria 15.

R) - Randazzo (Catania): R. R. - Reazzino (Bellinzona): Filomena Braghelli 5 - Rimini: Fabbri Ester 5 - Rocca Grimalda (Alessandria): S. C. 40 - Rodello d'Alba: Barile Giuseppe 10 - Roma: G. C. - id.: Antonielli Clementina 5 - Roniagnano Sesia: Depaolis Giuseppina - Romallo (Trento): E. M. 6 -- Rossiglione (Genova): Tortarolo Luigia 5 - Rovaiola (Pavia): Troglia Marina 5 - Rovereto (Trento): Piffer Maria 10.

S) - Saliceto (Cuneo): Valla Pietro Felice - S. Clemente (Forlì): Giovanni Tosini 1,9o - S. Colombano Gevtenoli: Demartini Rosa 5 - San Giorgio di Lomellina: Ercolina Bargeri 5 - id.: Una pia persona 2, a mezzo del sac. G. Ercole Parroco - S. Grato di Agliè (Torino): Michela Caterina ved. Borio 2 - S. Martino di Lunari (Padova): Bice Bianco a nome della sorella maestra - S. Maurizio: Fiorito Giuseppe di Bernardino - S. Pier d'Arena (Genova): Casissa Rosa 5 - S. Margherita (Torino): Civera Giorgio S. Maria di Feltro: Da Dalto Giulia 10-S. Antonino di Susa (Torino): Suppo Giovanna - S. Vittoria d'Alba: Bongiovanni Giuseppe 2 - Santerno (Ravenna): Celestina Manetti Pasi 3 - Santu Lussurgiu (Cagliari): Suor Maria Salmoiraghi a nome di pia persona 10 - Sardara (Cagliari): Mandis Laurino 5 - Selva di Progno (Verona): Pagani Pozza Luigia i Seuorbi (Cagliari): Sac. Mereu Francesco Vicario Foraneo 10 - Sesto al Reghena (Udine): Brusardini Augusta 5 - Sestri Ponente: Repetto G. B. 3 - Seveso (Milano): Giuseppina Segalini Maestra 5 - Soncino (Cremona): Guglielmina Stevani 10 - Sonico (Brescia): Romelli Costante i - Stradella: Parisio Maria Trinchieri 6.

T) - Thiene: Basso Giov. Maria 10 - Torino Emilia Balegno - id.: Famiglia Tedeschi a mezzo del ch. Giacomo 2 - id.: Mensio Annetta - id.. Leone Sabina 2 - id.: Soleri Clementina - id.: C. V. R. - id.: Sorelle Bourgeois 5 - id.. N. N. - id.: Oglietti Rosa - id.: Pretanari Giovanni 6 - Torraeza (Porto Maurizio): Barba Vittoria - Tortana (Alessandria): Alessandrina Anselmi 10 - Tribano (Padova): Graziato Pierina 5 - Troia: Navarra Giovanni 5 - Tromello (Pavia): Sac. Remo Riscaldi 25.

V) - Valfenera: Pistamiglio Battista di Ferrero 5 Varese Ligure: Dino Parodi - Varzi (Pavia): Zanocchi Desolina 2 - Varzo (Novara): Tito Furlan 5 - Verriano (Como): Pagani Paolo 5 Vercelli: Can. Benedetto Zandano 2 - Verola Nuova (Brescia): Adelaide Minini e consorte 5 - Verona: Veronesi Luigi Giacomo 4,50 - id.: Balconi Maria Anna ved. Rossi 3 - Veronella (Verona): Malesani Teresa 30 - Vigevano (Pavia): Comelli Giuseppina 5 - Vigo-Cadore. Giovanni Da Rin a nome di pia persona 5 - Villanovaforru (Cagliari): Maria Barbarossa 5 - Villar Perosa (Torino): Lerda Tommaso 12 - Vinovo (Torino): Perucchetti Lucia - Vinzaglio (Novara): Pescarolo Ambrogio 7.

Z) - Zevio: Elisa Chiatenzi Tapparelli 4.

X) - Maria Reynaud Bersanino 12 -- Paola Parlanti 10 - Filippina Demuro in Pretti 5 - Oleotti Maria e Luigina di Giovanni e Giuseppa Galliani 5.

NB. - Delle relazioni anonime o firmate con sole iniziali (ancorchè pregati di pubblicazione per esteso) non facciamo che un semplice cenno nell'elenco dei graziati.

Santuario di Marìa Ausìlìatrìce TORINO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per qualsiasi corrispondenza in proposito, rivolgersi al Direttore dell'Oratorio S. Francesco di Sales - Via Cottolengo, 32 - Torino.

Per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolersi al Rettore del Santuario.

Ogni sabato, alle 7.30 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.

Dal 10 marzo al 10 aprile:

16 marzo - Triduo in onore di S. Giuseppe - dopo la messa delle 6, benedizione.

19 marzo - Festa di S. Giuseppe - Ore 6 e 7.30, messa della comunione generale. Ore 10 messa solenne - Ore 15.30, Compieta, panegirico e benedizione.

24 marzo - Commemorazione di Maria Ausiliatrice (indulgenza plenaria).

25 marzo - Annunciazione di Maria SS. - Ore 6, messa, discorso e benedizione. - Ore 19, compieta, discorso e benedizione.

2 aprile - Primo venerdi del mese - Ad onore del S. Cuore di Gesti, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.

NB. - Da marzo a tutto settembre la Benedizione coi SS. Sacramento nei giorni feriali si dà alle ore 19.30, e le funzioni nel pomeriggio dei giorni festivi continuano e compiersi alte ore 3 e alle ore 4.30.

NOTIZIE VARIE

IN FAMIGLIA

La „ Causa " di D. Bosco.

LA S. Congregazione dei Riti ha inviato all'Em.mo Card. Arcivescovo di Torino le Lettere Remissoriali con cui si ordina la costruzione del Processo Apostolico circa la fama di santità, virtù e miracoli in specie del Venerabile Servo di Dio Giovanni Bosco, nostro Padre e Fondatore.

Il Processo verrà iniziato quanto prima: non manchino i benemeriti Cooperatori e le pie e zelanti Cooperatrici d'innalzare le più fervide preghiere pel suo felice compimento.

La „ Causa" di Savio Domenico.

Con decreto 10 febbraio u. s. l'Em.mo Cardinale Arcivescovo di Torino ordina la perquisizione degli scritti di qualunque genere (sieno autografi o vergati per mezzo d'altri) del Servo di Dio Domenico Savio.

« Mentre nella nostra Curia, dice il decreto, si sta ultimando il processo informativo per la Beatificazione del giovane Servo di Dio Domenico Savio, la Sacra Congregazione dei Riti ci invita a fare la ricerca di tutti gli scritti che si attribuiscono al Servo di Dio, che edificò colle sue virtù sante l'Oratorio Salesiano di questa città fin dai suoi inizii e riuscì una delle migliori illustrazioni dell'Opera del Venerabile D. Giovanni Bosco. »

Portando a conoscenza dei lettori la cara notizia, siamo certi di ottenere la carità delle loro preghiere pel buon esito anche di questa causa.

Il nuovo Economo Generale.

Il Consigliere Professionale della nostra Pia Società, Sac. Dott. Giuseppe Bertello, il 15 febbraio u. s. venne eletto dal rev.mo sig. D. Rua anche all'ufficio ed alla carica di Economo Generale, rimasta vacante con la morte dell'indimenticabile prof. D. Luigi Rocca. Al venerato Superiore, insieme coi più vivi rallegramenti, ogni migliore e cordiale augurio.

Dal Centro America.

Dal Nicaragua ci son giunti vari giornali con entusiastiche descrizioni della trionfale accoglienza fatta il 5 dicembre u. s. a Monsignor Giovanni Cagliero nella città di León. All'amatissimo Monsignore, Inviato Straordinario della S. Sede presso il Governo di Costarica, l'augurio cordiale di un esito felice nell'importante e delicata sua missione.

IN ONORE DI S. FRANCESCO DI SALES

DIAMO, come abbiamo promesso, un brevissimo cenno delle feste celebratesi ad onore del nostro Patrono San Francesco di Sales.

A Torino-Valdocco, le funzioni svoltesi nel Santuario di Maria SS.ma Ausiliatrice, anche per frequenza di divoti, riuscirono imponenti. La messa della Comunione generale delle ore 6, per gli alunni artigiani, fu detta dal rev.mo Can. Nicco, nuovo Direttore diocesano dei Cooperatori Salesiani di Aosta; quella delle 7.3o, per gli alunni studenti, da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giov. Vincenzo Tasso, Vescovo di Aosta ed antico alunno dell'Oratorio. Sua Eccellenza si degnò anche di assistere pontificalmente alla messa solenne cantata dal prof. D. Francesco Cerruti, e di pontificare alle sacre funzioni .del pomeriggio, in cui con eloquente dottrina disse l'elogio del Santo il rev.mo Prevosto di Nole Teol. D. Michelangelo Chiaretta. Tutte le preghiere e le sante comunioni, fatte nel Santuario il dì seguente, vennero applicate in suffragio delle anime dei Salesiani e dei loro Cooperatori defunti.

Il 2 febbraio poi, nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista sul corso Vittorio Emmanuele, si tenne la Conferenza Salesiana prescritta dal regolamento. Salì in pergamo il rev.mo Dottor Giovanni Marenco, procuratore generale della nostra Pia Società presso la S. Sede. Con parola semplice, pratica ed efficace egli illustrò la figura del cooperatore salesiano quale l'aveva ideata la mente di Don Bosco. Mostrò nel cooperatore l'uomo che, mentre attende al proprio perfezionamento cristiano, esplica un'influenza benefica, frutto di forte, continua e sentita carità cristiana, che egli esercita specialmente con un'attiva opera di difesa morale e di assistenza materiale per la gioventù. Rievocando le nobili tradizioni della carità torinese e dei primi cooperatori di D. Bosco, chiuse facendo un caldo appello perchè tali tradizioni si perpetuino a sostegno delle opere salesiane. Assisteva alla conferenza il venerando D. Rua che impartì la benedizione.

A Roma, nella Chiesa Parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù al Castro Pretorio, pontificò ai primi vespri Sua Ecc. Rev.ma Mons. Roberto Seton, Arcivescovo titolare di Eliopoli, e il giorno della festa celebrò la messa della Comunione Generale Sua Em. Rev.ma il sig. Card. Cagiano de Azevedo. La messa solenne fu pontificata da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescovo Pietro Alfonso Jorio, Vicario del Capitolo di S. Pietro; e la sera, dopo i vespri pontificali e il panegirico recitato dal rev. P. Dolcet dei Carmelitani Scalzi, impartì solennemente l'Eucaristica Benedizione Sua Em. Rev.ma il signor Card. Rinaldini.

Anche altrove Eminentissimi Porporati ed Ecc.mi Vescovi ebbero la bontà di unirsi ai Cooperatori per rendere omaggio al nostro dolce Patrono.

A Pisa ed a Colle Salvetti la solennità fu onorata dalla presenza dell'Em.mo signor Cardinal Pietro Maffi; - a Ferrara dall'Em.mo Card. Giulio Boschi ; - a Milano dall'Em.mo Arcivescovo Cardinal Andrea Carlo Ferrari ; - a Faenza dal'Ec.mo Vescovo Diocesano; - a Lugo da S. E. Rev.ma Mons. Francesco Baldassarri, Vescovo d'Imola; - a S. Pier d'Arena da S. E. Rev.ma Mons. Luigi Marelli, Vescovo di Bobbio ; - a Biella da S. E. Rev.ma Mons. Giov. Andrea Masera ; - a Trento da S. A. il Principe Vescovo diocesano ; - a Parma da S. E. Rev.ma Mons. Leonida Mapelli, Ve-, scovo di Borgo S. Donnino, che tenne ai cooperatori la prescritta conferenza; e così da altri zelantissimi Presuli altrove.

A Colle Salvetti l'Em.mo Cardinal Arcivescovo di Pisa ammise 16 alunni del Collegio S. Quirico alla prima comunione ; e la sera, prima d'impartire solennemente l'Eucaristica Benedizione, disse candide, affettuose, indimenticabili parole di circostanza.

A Faenza fu benedetta una splendida statua del Santo da Mons. Vescovo d'Imola, che disse anche il panegirico alla messa solenne. La statua, dono degli alunni dell'Istituto Salesiano e delle Dame Patronesse del medesimo, è squisito lavoro in plastica dei valenti fratelli Graziani della stessa città.

A Ferrara la conferenza fu tenuta da Mons. Giuseppe Manzini di Verona. Presiedeva Sua Eminenza il sig. Card. Giulio Boschi, in unione del suo Ausiliare, il nuovo Vescovo Mons. Adamo

Borghini. L'oratore tratteggiò eloquentemente lo stato miserabile della maggior parte della gioventù, additandone la cagione « nell'educazione odierna, mancante di un elemento essenziale alla formazione di retti e forti caratteri, cioè della religione. »

Ad Este la solennità ebbe luogo nella Chiesa di S. Martino con messa solenne celebrata dal rev.mo Mons. Giuseppe Lancillotto dal Mutto e discorso del dott. D. Domenico Pasi che tenne anche, nel Salone di S. Francesco, una conferenza con proiezioni luminose su D. Bosco e la sua epoca.

A Genova nella Basilica di S. Siro tenne una brillante conferenza il rev.mo D. Alfredo Marsano, Arciprete di Rivarolo e zelante Cooperatore; - a Ivrea e a S. Benigno Canavese parlò ascoltatissimo sull'apostolato di D. Bosco e sui doveri dei Cooperatori Salesiani il venerando prof. Don Giovanni Battista Francesia; - a Penango Monferrato il rev. D. Eugenio Capra, Vicario di Grazzano; - a Verona il rev. prof. D. Luigi Zoppi.

Ad A qui per iniziativa di Mons. Negroni, Vicario Generale e Direttore Diocesano dei Cooperatori, questi si raccolsero a conferenza nella divota chiesa della Madonnina: conferenziere fu il dott. D. Cairoli, prof. del Seminario Vescovile. A Malta tenne una splendida conferenza il giovane Dott. Avv. G. Galea su D. Bosco e la questione operaia; e la festa fu onorata dall'intervento di Mons. Grech, Vicario Generale.

Nel brevissimo cenno che ci siamo proposti ci vediamo costretti a tacere della pietà e dello zelo, mostrato dai Cooperatori e dalle Cooperatrici in queste feste solenni, e di altre circostanze; ma, siamo certi che vorranno benevolmente scusarcene i lettori, poiché uno dei motivi che a ciò ci ha indotti è quello di non aver a ripetere le medesime cose.

Omaggi a Don Bosco

Ricorrendo il XXI° anniversario della sua morte, la domenica 31 gennaio venne in più luoghi affettuosamente commemorata la memoria del Venerabile Apostolo della gioventù, il nostro indimenticabile Don Bosco. A Torino, nel teatrino dell'Oratorio di Valdocco, presente il rev.mo Don Rua, gli alunni ed un gran numero di Cooperatori, il sac. D. Stefano Trione tenne una bella conferenza su D. Bosco e sulle Opere Salesiane con riuscitissime proiezioni luminose, che lasciò nel cuore dei presenti le più dolci impressioni.

Nello stesso giorno l'Oratorio Salesiano di Trieste rendeva a Dio solenni azioni di grazie per l'introduzione della « Causa » di D. Bosco. Intervenne alla solennissima accademia musicodrammatico-letteraria Sua Ecc. Rev.ma Mons. Francesco Saverio Nagl, Vescovo Diocesano, che prese parte cordialmente, insieme coi più illustri benefattori e cooperatori di quell'Oratorio, anche alla funzione religiosa.

In Italia.

FAENZA.- Nell'istituto Salesiano venne, fin dall'anno passato, introdotto l'uso delle proiezioni luminose e del cinematografo per l'istruzione religiosa e morale degli alunni e specialmente pei giovani dell'oratorio festivo. « Non si può dire - così il Piccolo del 3 gennaio - quanto l'istruzione così impartita si infonda profondamente nelle tenere menti parlando all'intelligenza ed al cuore contemporaneamente e colla vista e coll'udito. Le proiezioni poi dello Schnoor e del Doré sono mirabili e servono anche potentemente ad educare il senso estetico. Abbiamo avuto il piacere di assistere all'ultima lezione di Storia Sacra fatta il giorno 3o u. s. alle signorine della città che frequentano la scuola di religione, e diciamo il vero affermando che ne siamo entusiasmati. Sua Ecc. Mons. Morganti Arcivescovo di Ravenna, Sua Ecc. Mons. Cazzani, Vescovo di Cesena, vollero onorare della loro presenza detta lezione per concretare il modo d'introdurre nelle loro diocesi l'insegnamento per mezzo delle proiezioni luminose; e se dobbiamo giudicare dalle parole lusinghiere che hanno avuto per noi, possiamo affermare che affrettano col desiderio il giorno di poter vedere, per mezzo di tanti buoni, attuata la loro idea. Come si può facilmente capire, il campo dell'istruzione per mezzo delle proiezioni non si restringe solo a soggetti religiosi e morali, ma si allarga ad altri svariatissimi. E così che furono già tenute conferenze di geografia e storia, sui cattivi compagni, ed ultimamente una conferenza per soli uomini sull'alcoolismo. Quest'ultima ha prodotto in tutti coloro che vi assistettero un'ottima e, riteniamo, duratura impressíone. »

MILANO. - L'Em.mo Card. Ferrari, nel pomeriggio del 17 gennaio, accompagnato da Mons. Nasoni e dal rev.mo prevosto di S. Gioachino Don Cesare Rolandi, recavasi a fare una visita al nostro óratorio festivo di via Copernico. I giovanetti si trovavano già raccolti nella loro cappella, graziosamente addobbata per la circostanza. All'entrare dell'Eminentissimo una massa corale di oltre 250 voci intonava il « Sacerdos et Pontifex » imparato per l'occasione e cantato con rara maestria, pegno della venerazione grandissima e dell'affetto figliale all'amato Pastore, il quale nella sua bontà non volle dimenticare l'Oratorio di S. Gioachino nella visita alla Parrocchia.

Dopo breve adorazione al SS. Sacramento, rivolgendosi con bontà tutta paterna, Sua Eminenza si trattenne con i giovanetti per più di mezz'ora, interrogando or l'uno or l'altro sul catechismo, e in fine, congratulandosi per la prontezza e precisione delle risposte, li esortava a voler sempre studiare la dottrina cristiana, amarne ed osservarne i precetti, come quelli che soli conducono l'uomo al conseguimento del suo fine e possono salvare la società dai tanti mali che la travagliano.

Dalla Cappella dell'Oratorio l'Em.mo Card. Arcivescovo passò alla Chiesa di S. Agostino ove sta vano raccolti per la funzione festiva tutti i giovanetti dell'Istituto. Anche ad essi il zelantissimo Cardinal Arcivescovo volle rivolgere la sua parola di padre e pastore. Dopo essersi cordialmente congratulato del loro numero confortante: « quali grazie, egli disse, non dovete voi rendere al Signore, o fortunati giovanetti, d'essere stati scelti tra mille e mille altri poveri fanciulli per essere raccolti in questo luogo di felicità e pace! Nell'Istituto di Sant'Ambrogio, io lo so, a voi viene impartita una educazione fortemente e nobilmente cristiana. Ringraziatene il Signore. Se tutti i giovanetti potessero ricevere la vostra educazione, il demonio avrebbe finito di spadroneggiare il mondo! » Quindi volle assistere alla benedizione del SS. Sacramento, dopo la quale accompagnato sino alla gradinata della chiesa dai superiori dell'Istituto ritornava alla Parrocchia di S. Gioachino.

All'Em.mo Principe che nutre tanto affetto pel nostro Istituto, i nostri più umili ringraziamenti e l'omaggio della più viva riconoscenza.

TREVIGLIO. - La solenne distribuzione dei premi ai convittori dell'Istituto Salesiano dell'anno 1907-1908 ebbe luogo il 7 febbraio u. s. Il vasto salone del Collegio ornato a festa e sfarzosamente illuminato accoglieva, coi 260 convittori, un pubblico scelto della città. Alle 18, salutato dal suono della marcia reale, prese posto sul palco d'onore il cav. avvocato Masi, R. Sotto-prefetto di Treviglio, con ai lati l'Onorevole avv. prof. A. Cameroni, ed il dott. Vertova, assessore anziano, in rappresentanza del sindaco cav. avv. Tiragallo che, impedito all'ultim'ora, faceva conoscere « il suo rammarico di non poter prender parte alla festa, protestandosi però col cuore in mezzo ai cari Salesiani. » Seguivano le notabilità del Clero e del Laicato Trevigliese.

Pel primo prende la parola pel discorso d'occasione l'on. Cameroni, sviluppando il tema « Sulla necessità dell'Istruzione e dell'Educazione ai nostri giorni. » Prendendo le mosse dalle parole lette nell'invito-programma, egli riassunse nel motto « studio e bontà » l'ideale dell'opera educatrice salesiana soffermandosi a rilevare come in niun tempo mai questi due elementi integratori di una perfetta educazione si siano dimostrati egualmente indispensabili. Se lo studio mette in valore effettivo e pratico, per così dire, l'individuo umano di fronte alla evoluzione ed all'ascensione costante della coltura e della vita moderna, la bontà è come l'olio lubrificatore che attutisce l'egoismo, mitiga le asprezze della lotta sociale, e fa della società umana una vasta famiglia. Della bontà - proseguì l'oratore - è fattore principalissimo il sentimento religioso, che a torto l'orgoglio settario ripudia e disprezza come quello che dà una base assoluta ed incrollabile perchè divina alla morale, sostiene l'uomo nella lotta col vizio, lo solleva nelle traversie della vita, e che, anche se sconfessato per obbedienza alla passione o per il timore del disprezzo, torna a galla supremo confortatore delle ore tristi.

Il discorso, denso di alti concetti ed elegante nella forma, interrotto più volte da applausi, venne alla fine salutato da una generale ovazione, quando l'oratore ringraziava il Direttore del Collegio per la promessa di ammettere tra i convittori due orfanelli del terremoto di Sicilia da lui raccomandati.

Seguirono alcune brillanti declamazioni intercalate da pezzi di musica istrumentale eseguiti dalla banda S. Carlo gentilmente prestatasi per l'occasione e da scelti canti della Schola Cantorum del Collegio. Il Direttore segnalò alla pubblica ammirazione sopratutto i 1o alunni della 5a Ginnasiale, i quali conseguirono tutti la Licenza e 9 di essi alla sessione di luglio: gli alunni del 3° Corso Tecnico, dei quali furono licenziati 23 su 25, ed i candidati all'esame di maturità, dei quali ottennero la promozione 25 su 27.

Terminata la premiazione, il dott. Vertova, prendendo la parola a nome del Sindaco, richiamò l'attenzione del pubblico sul gruppo dei candidati alla Licenza Ginnasiale del Collegio Salesiano, i quali ogni anno formano a Bergamo l'invidia degli studenti e l'ammirazione dei professori.

Chiuse il simpatico trattenimento il R. Sottoprefetto, che si disse lieto di aver potuto presiedere ad una festa, nella quale sentì opportunamente vibrare, coll'amore alla fede, quello della nostra cara patria.

All'Estero.

BUENOS AIRES. - Il nuovo Tempio di S. Carlo in costruzione ad Almagro, con lettera pastorale di S. E. Rev.ma Mons. Arcivescovo è stato dichiarato Omaggio popolare Argentino e monumento religioso del centenario patrio che si celebrerà l'anno prossimo 1910. Sua Eccellenza ha nobilissime parole di encomio per un'opera che da nove anni è oggetto di cure infinite da parte di quei nostri confratelli ed esprime la più viva soddisfazione « nel vedere che essa slancia snelle e maestose la torre e la cupola, su cui sorgono il segno della redenzione e l'effigie di Maria Ausiliatrice, dominanti il centro della Capitale... » Continuano con indefessa alacrità i lavori di decorazione, per cui è omai certa la solenne consacrazione dell'artistico tempio nell'anno venturo.

PIURA (Perù). - Il 20 dicembre u. s. ebbe luogo la chiusura dell'anno scolastico nell'Istituto Salesiano. La festa si svolse nel cortile dell'Istituto. Presiedettero la solennissima cerimonia il sig. Prefetto del Dipartimento, il Sottoprefetto della Provincia, vari illustri Magistrati della Suprema Corte di Giustizia e i signori Giovanni Helguero e dott. Vittore Eguiguren, insigni benefattori dell'istituto, ai quali, in segno di riconoscenza, venne pubblicamente consegnata l'artistica medaglia commemorativa dell'Incoronazione Pontificia di Maria Ausiliatrice, loro inviata dal sig. D. Rua.

NECROLOGIO

In memoria di D. Luigi Rocca.

La morte immatura di questo indimenticabile sacerdote e superiore salesiano non solo destò una profonda tristezza nel cuore dei suoi numerosi alunni, amici ed ammiratori, ma in più luoghi suscitò pubbliche dimostrazioni di cristiano rimpianto, che non possiamo tacere.

A Milano, a cura del Comitato Salesiano a lui riconoscente per l'opera sua affettuosa ed instancabile in assecondare l'impresa dell'erezione dell'Istituto Salesiano nella sua città natale, con gran concorso di ammiratori ed amici ebbero luogo solenni funerali di settima il 28 gennaio, nella sua cara chiesa di S. Agostino. Fervide le preghiere e numerosissime le comunioni che quei giovanetti fecero per l'amato Superiore; tutti sentivano profondamente di aver perduto un padre.

Ad Alassio, la sua morte venne considerata come un lutto cittadino. Apposito Comitato composto di Mons. Preve, Vic. Generale di Albenga, del Can. Podestà, del sindaco cav. Airaldi, del conte della Lengueglia, del conte Scofferi, dell'ing. Campanella, del cav. Morteo, del sig. Saloda e del dott. Vallega, si fece promotore della solenne funzione di trigesima compiutasi in parrocchia il 17 febbraio. La messa fu cantata dal dott. D. Francesco Cerruti, primo direttore del Collegio Municipale; e lo stesso rev.mo Prevosto della città disse l'elogio del carissimo estinto, rilevando non solo l'ammirevole zelo e sagacia con cui D. Rocca resse per tanti anni quel Collegio Municipale, ma anche la sapiente e benefica opera sua fuori della cerchia del medesimo aiutando col consiglio e coll'opera quanti ebbero a lui ricorso. La parte musicale fu egregiamente sostenuta dalla Schola Cantorum del Collegio stesso.

Altro solenne funerale di trigesima ebbe luogo il 25 febbraio nel Santuario di Maria Ausiliatrice. Le molte rappresentanze e le numerose famiglie di amici e ammiratori convenute alla mesta funzione, ci dissero ancor una volta l'alta stima e la grande venerazione che D. Rocca godeva anche in Torino. L'elogio funebre, ripetuto dal sullodato Can. Prevosto di Alassio, fu una bella ed affettuosa rassegna delle virtù del carissimo estinto, sopratutto della sua bontà di cuore e della sua carità.

Il Signore accolga le lacrime e le preci copiosamente versate sulla tomba di questo amatissimo nostro Superiore, donando largamente all'anima sua la gloria dei Santi.

L'Em.mo Card. Serafino Cretoni.

Passava all'eternità il 3 febbraio u. s. Giovane sacerdote fu zelantissimo nel ministero apostolico e tra i primi a dar opera all'azione cattolica, tenendo conferenze serali ad un Circolo Giovanile nelle sale del compianto Em.mo Borromeo al palazzo Altieri. Occupato quindi in altri laboriosi e importantissimi uffici, nel 1893 fu mandato Nunzio a Madrid e dopo tre anni creato Cardinale. Era Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti.

L'Eminentissimo conobbe e stimò assai Don Bosco e mostrò più volte il grande affetto che nutriva per le Opere Salesiane. Una fervida prece per l'anima sua

D. Davide Benedetto Delle Piane.

La mattina del 6 gennaio spirava santamente in Genova, munito di tutti i conforti religiosi, questo buon sacerdote cooperatore. Pio e tenerissimo di cuore, esercitò largamente la carità, ricordandosi spesso anche dell'Ospizio di San Vincenzo de' Paoli in San Pier d'Arena. La sua memoria vivrà in benedizione. All'egregio fratello D. Francesco ed ai parenti tutti le più vive condoglianze con l'assicurazione di speciali suffragi.

D. Giovanni Dellepiane.

Nella stessa città di Genova il 17 dello stesso mese moriva santamente, come visse, anche quest'altro sacerdote cooperatore, nella veneranda età di 82 anni. Soccorritore di ogni opera buona, pio, fervente, umilissimo, fu il modello del buon sacerdote, caro a Dio e agli uomini. Noi speriamo che il Signore lo abbia già ammesso alla gloria celeste, nondimeno lo raccomandiamo ai vostri suffragi.

FACCIAMo anche particolari suffragi pei seguenti defunti dal 10 giugno al 10 ottobre 1908.

Pochiesa Basilio - Padola,

Perenich Giovino - Irtona al Mare. Pistono D. G. B., Arcip. - Rialto. Rinaidi Maria -Spilamberto. Riva D. Valentino -- Artegna. Rossi Gesile - Como. Ramoino Antonio - Torino. Riscaldino Maria - Torino. Rossi Caterina - Strambino. Romanini Giuseppe - Cordenons. Rezzanico Maria - Olzino. Riccardi Giovanni - Stradella. Sabattini Teresa - Spilamberto. Scaramelllni Barbara - Campodolcino. Sonzogni Carlo -- S. Giovanni Bianco. Saccheri Francesco - Carpasio.

Salsa Carolina n. Gavinelli - Bellinzago. Stallo Annetta V. Furno - Trofarello. Solaroli Maddalena - S. Pellegrino. Saettone Domenico - Savona. Sonzogno Luigia - Venezia. Solari Suor Teresa - Genova. Sgarbi Giuseppe - Stienta, Rovigo. Sassone Eugenio - Rossignano. Spaghi D. Siro - Pairano, Pavia.

Tassone D. Antonio, Priore - Magliano d'Alpi. Thomas Elisa - Milano.

Turco D. Cipriano, Arcip. V. F. - Cassinello, Aless. Tognascioli Cat. V. Pedrani - Villa di Chiavenna. Tirelli D. Isidoro, Priore - Gavassa. Tafuri Michele - Napoli.

Vera Maddalena - Carmagnola. Vercesi Chiesa Elena - Milano.

Vecchi D. Ferdinando - Castelfranco d'Emilia. Vaghi Abramo - Milano. Vastano Giuseppe - Pedimonte d'Alife. Valsolina V. Boselli Caterina - Milano. Vittorie Tomaso -- Rivarolo Canavese. Villardi Vincenzo - Ronca, Verona. Venturelli Spagnuolo Domenica - Brescia. Ziggiotti D. Giuseppe - Mantecchio Maggiore.