BS 1900s|1905|Bollettino Salesiano Dicembre 1905

BOLLETTINO SALESIANO

Periodico della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani dí Don Bosco

ANNO XXIX - N. 12.   Esce una volta al mese   DICEMBRE 1905.

SOMMARIO - Sinceri auguri    349 Partenza di missionari per l'Oriente   . 350 I piccoli Calabresi: Alcune lettere interessanti - I Salesiani a Borgia, Soverato e Monteleone . . 351

Il nostro tesoro spirituale . . . . . 356 Le nostre chiese : S. Agostino a Milano; la nuova chiesa di Londra . 356 Tra i nostri emigrati : Buenos Aires, Pro Calabria . 358 MISSIONI - Equatore : Nelle foreste dei Jivaros: Usi e carattere degli indii - In fascio    359

CULTO DI MARIA AUSILIATRICE: X) La Patrona delle Opere Salesiane - Feste e date memorande - Il 24 del mese - Grazie e graziati   . . 368 NOTIZIE VARIE: Riverente omaggio - A Valdocco

Distribuzione dei Premi agli artigiani - Torino - All'Estero: Lisbona, Vienna - Dalle Americhe: Bahia, Batataes

Necrologia e Cooperatori defunti    376

Indice dell'annata    378

Ai benemeriti signori Cooperatori ed alle zelanti signore Cooperatrici

il Sac. Michele Rua SUCCESSORE DI Don BOSCO

presenta in nome di tutta la famiglia Salesiana i più sinceri augurii di ogni bramata felicità in occasione delle prossime Feste Natalizie e di Capo d'Anno, e riverentemente offre le copiose preghiere, che in tutte le Cappelle le chiese Salesiane, in cui per apostolico indulto nella Notte del S. Natale si celebreranno le tre Messe e si distribuirà la S. Comunione, Egli, i figli di D. Bosco con i giovani alunni, e specialmente gli Orfanelli beneficati, innalzeranno per tutti al Divin Infante.

Partenza di Missionari per l'Oriente

LA SERA del 23 novembre u. s. una moltitudine di fedeli, in gran parte nobili signori e signore e venerandi ecclesiastici, si affollava nel Santuario di Maria Ausiliatrice per implorare le celesti benedizioni sopra un nuovo drappello di Missionarî.

La sacra cerimonia era presieduta dall'Eminentissimo sig. Card. Agostino Richelmy. Gli alunni dei nostri istituti di Torino con un senso di religioso stupore stavan serrati attorno i nuovi apostoli, sui quali si posavano con affettuoso interesse anche gli sguardi di tutti gli astanti.

Come sempre, il drappello dei generosi stava schierato nel presbitero... In quegli istanti, certo ad alcuni sorridevano le care terre lontane, non per anco viste ma pur note e vagheggiate da tanto tempo dopo le relazioni dei cento e cento fratelli che li precedettero nella gloriosa vocazione   Altri invece, quasi più compresi dell'ora solenne, avevan fisso il cuore e la mente in regioni ancor più lontane e quasi del tutto ignote!... erano questi i valorosi che andranno ad inalberare la bandiera di Don Bosco nel remoto Oriente.

L'Opera delle Missioni Salesiane, iniziata appena da sei lustri colla partenza di dieci missionari per l'Argentina, colla nuova spedizione vede allargarsi del doppio il campo d'azione. Dopo l'Occidente, è l'Oriente che, nell'immenso suo orizzonte, si schiude all'apostolato dei figli di D. Bosco.

L' 11 novembre 1875, il dì memorando in cui i primi missionari prostravansi ai piedi dello stesso altare per essere benedetti dall'Ausiliatrice, D. Bosco profferiva queste parole

« Varie Missioni ci si presentavano nella China, nell'India, nell'Australia, nell'America stessa; ma per vari motivi, specialmente per essere la nostra Pia Società incipiente, si preferì una Missione nell'America del Sud nella Repubblica Argentina...»

Ma in breve, al cenno della Divina Provvidenza, dall'Argentina i Missionari Salesiani scesero nella Patagonia e nella Terra del Fuoco, si estesero a quasi tutta l'America, ed ora son sulle mosse per recarsi nelle Indie e nella Cina.

Pensando a questo sviluppo si è compresi di quel sacro spavento, che un'anima cristiana prova di fronte al soprannaturale. Ah ! non era possibile che un semplice, umile e povero prete riuscisse a por mano ad un'opera già insigne negli annali stessi della Chiesa, se non fosse stato guidato e sorretto dalla mano del Signore

Noi quindi siamo orgogliosi di essere i figli di D. Bosco, e ci sentiamo spinti ad implorar da Dio lena ognor maggiore per calcar fedelmente le orme di un tanto Padre.

Quanto ai nostri Cooperatori, qui ci piace ricordare a loro incoraggiamento la bella osservazione che fluì spontanea dalla penna del nostro Don Bonetti nello stendere la memoria dei primi tempi dell'Opera Salesiana: (1) - Pare che Iddio abbia promesso anche a Don Bosco quello che già promise ad Abramo: - cioè di moltiplicare le sue benedizioni sopra quelli che avrebbero a lui benedetto: Benedicam benedicentibus tibi! (2).

Rallegriamoci adunque tutti nella nuova partenza di Missionari. Segnando un passo avanti nello sviluppo dell'Opera Salesiana, essa è realmente per tutti un nuovo pegno delle benedizioni di Dio.

PRIMA ancora del Giorno 23 suddetto, partirono per varie direzioni, in aiuto dei loro compagni, parecchi missionari.

Il primo drappello di quelli destinati all'Oriente, a Dio piacendo, salperà dal porto di Genova il 17 corrente alla volta della città di Meliapor nell'India Orientale, sotto la guida del Sac. Giorgio Tomatis. Quanto prima partirà il secondo drappello, alla volta di Macao in Cina.

Scopo delle due fondazioni è di aprire nell'una e nell'altra città un Orfanotrofio con Scuole d'Arti e Mestieri.

Sollecitiamo vivamente particolari preghiere per queste missioni e pei nostri confratelli ad esse destinati, specialmente durante il loro lunghissimo viaggio.

(1) Ved. Cinque lustri di Storia dell'Oratorio Salesiano, pag. 686.

(2) Gen. XII, 3

I piccoli Calabresi.

Lettera interessante di un inviato del sig. D. Rua. - Festevoli accoglienze e riconoscenza. I Salesiani a Borgia e Soverato - Un'altra fondazione a Monteleone.

Per appagare il desiderio di molti dei nostri lettori e far cosa grata alle singole famiglie dei piccoli Calabresi raccolti nei nostri istituti, torniamo ancor una volta in argomento, dando varie notizie di questi cari figliuoli, i quali, omai accostumati al nuovo genere di vita, fan concepire di sè le più belle speranze.

E prima di tutto, pubblichiamo una lunga lettera, quanto mai interessante, che uno degli inviati dal sig. D. Rua in Calabria, il prof. Don Salvatore Gusmano, direttore dell'Istituto Salesiano di Messina, inviava da Roma al veneratissimo nostro Superiore.

Da Monteleone a Roma - A S. Marta - In giro - I veri bisogni della Calabria - Ai piedi del S. Padre.

Roma, 27 Ottobre 19o5. REV.MO SIG. D. RUA,

La carovana dei nostri orfanelli, insieme a quella ancor più numerosa raccolta dalle Dame Torinesi a nome della Principessa Laetitia, è già a Roma, dove arrivammo ieri con 19 ore filate tra diretto e direttissimo. Fu una bella corsa, e spinosa anche la parte sua per la non sempre mansueta condotta dei 155 Calabresetti, che di star quieti ne volevano sapere assai poco ; di giorno specialmente. La notte i più dormivano sodo, senza lasciarsi scomporre dal buon umore di due o tre che sentivano il bisogno di stuzzicare ad ogni stazione i vicini coi gomiti e i lontani colla voce perchè ammirassero ciò che essi credevano bello, fosse anche un fanale di acetilene o un fantoccio d'un avviso rèclame.

Si era stabilito di fermarci a Napoli, e la cortesia del nostro D. Scappini era pronta ad allestire vitto e alloggio, anzi ci aveva telegrafato che tutto era all'ordine ; ma poi si pensò di fare una tirata sola, visto e considerato che le varie tappe disordinavano il nostro piccolo battaglione, e a rimettere le cose a posto ci voleva dispendio di tempo, di soldi e di polmoni.

Lungo il viaggio, ad ogni fermata, quando i giovanetti si addossavano agli sportelli, desiderosi di vedere ed anche un po' di esser veduti, ci si domandava sempre con un interrogare affermativo : - Gli orfanelli ? - E al cenno nostro ch'eran proprio essi, succedevano quasi sempre atti di benevolenza verso i piccoli disgraziati, premura di servirli nelle loro richieste di acqua, frutta, dolci; e augurii e congratulazioni finchè il treno non ripigliava la corsa in mezzo ai battimani dei fanciulli, lieti della buona accoglienza, e i saluti di chi, accompagnandoli collo sguardo, mirava in essi tante esistenze che la Provvidenza aveva sottratto al terremoto ed ora la carità cristiana toglieva alla miseria ed al mal costume.

A Roma un comitato di sacerdoti e laici, cortesissimi con noi e verso i piccoli arrivati, ci venne a rilevare alla stazione; Mons. Beccaria, Cappellano Maggiore di S. M., ci usò le più premurose attenzioni. - Con quella specie di stordimento in cui li aveva buttati il primo aspetto della Città, le orfanelle e i nostri ragazzetti salirono su parecchi splendidi omnibus che attendevano il nostro arrivo e che ci portarono all'Ospizio S. Marta. Eravamo come si poteva essere dopo un tal viaggio ; e ci volle il sapone e l'acqua calda per ridarci un aspetto meno pauroso. Ne sa qualche cosa la signora Amalia Capello che nel congratularsi di non so qual faccenda sentì il bisogno d'una stoccata all'opera nera prodotta su di me dal fumo della macchina, ed io... scorsi per il suo viso il mio aspetto stesso.

I nostri del Sacro Cuore desideravano ricevere i Calabresetti con un po' di banda e una bicchierata, a testimoniar loro la simpatia che ispiravano ; ma il Santo Padre volle tutti a S. Marta e li fece generosamente trattare con ogni riguardo; Mons. Angeli e le buone Suore di S. Vincenzo furono esecutori insuperabili della carità del Papa. A casa loro i più dei nostri reclutati sbocconcellavano un pezzo di pane per le strade, dormivano dove la notte li sorprendeva o in certe catapecchie che ho visto con un senso di terrore e che rammento ora con accoramento vivissimo. A Monteleone il ben di Dio fu più abbondante, ma si pigliava sdraiati in un cortile ; i materassi c'erano, ma buttati per terra nelle Scuole del R. Liceo Filangeri. Qui invece larghi dormitorii e ben arieggiati, letti soffici e una pulizia accuratissima che mise negli orfanelli un forte senso di rispetto. Disgraziatamente, poco appresso, il pranzo abbondante e il vino non anacquato tolse ogni riguardo eccitando tutti ad un buon umore desolante per chi doveva tenere un po' di disciplina. - Oh ! di stare a Roma (s'indovinava da ogni parola e movimento) ci avrebbero messo la firma i nostri piccoli amici, anche quelli che non sapevano scrivere. E le mamme e il paese abbandonato ieri sera lo ricordavano assai lietamente, a quel che pareva.

Stamattina i maschietti mi sono arrischiato di condurli fino a S. Pietro. Erano una bella fila ; e quando mi vidi solo con essi per le vie della città e pensai che di ordine, obbedienza e disciplina, non avevano l'idea e tanto meno la pratica, ebbi quasi paura della mia audacia. Tuttavia, e come Dio volle, siamo tornati a casa sani e salvi col solo ricordo di qualche misura presa in S. Pietro scivolando sul pavimento ai piedi degli altari e sotto la Confessione del Santo. Era il meno che potesse capitare ! Il gusto artistico dei piccoli visitatori non restò gran fatto colpito dalle bellezze della Basilica... Gli schizzi d'acqua, ah quelli sì me li inchiodarono come per incanto in mezzo alla piazza, e ci volle del buono e del bello per rimetterli in moto, ed ho dovuto piantarmi dianzi ai varii gruppi di colonne presso cui si passava perché, distratti com'erano e guardando sempre indietro, non me le buttassero giù a capate o a colpi di naso.

*

In questo momento arriva D. Minguzzi. Mi dice che Lei mi vedrebbe assai volentieri a Torino. Si figuri quanta voglia ne ho io e come la raddoppi questo suo invito paterno. Torino è Torino, ma per noi è di più la città santa. Vedere Valsalice e la tomba di D. Bosco, riverire i Superiori, salutare gli amici tanto numerosi costì, ove passai intera la mia gioventù, è una forte tentazione alla quale cederei volontieri, se da Messina non insistessero per il mio ritorno che quei buoni Confratelli dicono necessario all'aprirsi dell'anno scolastico, e che io non posso disconoscere torni di qualche utilità nelle presenti circostanze. A voce le avrei dette tante cose delle Calabrie, per iscritto mi trovo alquanto impicciato. Ad ogni nodo mi sfogherò con D. Minguzzi e Lui dirà quello che è necessario, presentandole gli orfanelli che a nome Suo, rev.mo sig. D. Rua, abbiamo raccolto dove credevamo che il bisogno fosse maggiore.

Per avere un'idea completa di questi fanciulli era necessario forse vederli nel loro ambiente, in mezzo ai compaesani, scalzi e quasi nudi ; ma anche come si presenteranno a Lei dicono qualche cosa.

Delle condizioni generali della Calabria si è scritto e si è parlato tanto da un mese a questa parte che a discorrerne ancora sarebbe per lo meno inopportuno. Ciò che non da tutti, nè da molti fu osservato e riferito è questo, ed è importante assai. Si crede che la miseria che si vide nei paesi danneggiati sia effetto del terremoto. E' falso. Il terremoto a quei popoli, alle classi povere almeno, ha portato vantaggio, non danno. Il vestito che quei di Stefanàconi, Piscopìo, S. Onofrio, Zammaró ecc. hanno in dosso fu regalo di un qualche comitato ; in via ordinaria vanno più cenciosi e seminudi. I visi emaciati dal digiuno, quel guardare mezzo intontiti, che altri attribuì al pensiero della disgrazia subita, non è effetto di sofferenze recenti ; anzi le cucine economiche ed altre elargizioni di cibo qualche rifacimento nelle persone lo produssero. Il patire laggiù è antico ed abituale così da crederlo inevitabile. Guai però se spirerà un soffio di malintesa eguaglianza su tante miserie ! Mancando l'educazione cristiana, dall'acquiescenza che non è virtù si passerà certo alla ferocia più crudele. Educare le popolazioni è cosa indispensabile in Calabria perchè sappiano soffrire con fortezza, perchè ricevano con riconoscenza il bene e chiedano solo per vie legali quello a cui hanno diritto. - Mi è sfuggita dalla penna una frase che forse Lei, sig. D. Rua, lascierà passare inosservata se non aggiungo una qualche spiegazione. Ho detto che a quel popolo è necessaria l'educazione cristiana perchè riceva con riconoscenza la carità. E' proprio così ! Non sono maturi manco da questo lato... All'apparire di persone che avevano intenzione di far qualche cosa, le pretese dei paesani crebbero enormemente, e con le pretese l'inerzia. E si cercò di sfruttare la buona fede dei fratelli che venivano al soccorso, accampando bisogni mai esistiti e facendo magari morire chi era vivo e sano e presente all'elogio funebre che s'intesseva per intenerire la gente. E quelli che prima si contentavano d'un soldo, ora volevano una lira, e coloro che un giorno si mostravano riverenti alla Chiesa ed allo Stato, perchè credevano questa riverenza giovevole a qualche cosa, dicono ora corna dell'una e dell'altro nella speranza che il loro modo di agire possa fruttare un qualche maggiore soccorso.

Quello che farà Lei, rev.mo Sig. D. Rua, coll'aprire la Casa di Borgia e mettere l'Oratorio festivo a Soverato è cosa di importanza e vantaggio gran dissimo. Saranno quei luoghi due focolari di bene continuo e santamente contagioso. L'aver raccolto per conto nostro più di 8o tra i più miseri fu certo cosa lodevole ; ma il bene resta isolato a questi 80, perchè i compaesani non vedranno e non sapranno nulla della trasformazione che si opera nei loro piccoli parenti ed amici ; ed il giorno in cui questi orfanelli, fatti operai onesti e laboriosi, torneranno al loro paese con idee diverse dalle comuni, non troveranno quell'atmosfera di simpatia e di ammirazione che attendono, che dovrebbero trovare e di cui forse avrebbero bisogno per continuare nel bene. E ciò finirà o col respingerli lontani dalla patria verso un ambiente più sano, o col farli tener dietro all'andazzo comune pur di evitare attriti e grattacapi.

Invece se l'educatore è sul luogo modifica, oggi un'idea falsa, ne introduce domani una nuova, e gira largo quando non può pigliar di fronte e torna alla carica e una e due e tre volte e quanto basta, e trascina coll'esempio se non riesce a persuadere colla parola, e modifica e trasforma e semina almeno: altri mieteranno certo. Anche il bene ha il suo fascino, quantunque disgraziatamente meno efficace di quello del male. Soltanto che bisognerà avere in Calabria la gran virtù del sapere attendere. Virtù questa, rev.mo sig. D. Rua, che farebbe anche evitare più che parecchie cantonate nel fare la carità. I bisogni d'un popolo e dei singoli individui, si capisce, non si conoscono in un giorno. Quanta povera gente non chiede perchè non ha forza di chiedere e perchè sa di non poter ottenere ! E' sempre l'affare della Probatica Piscina : il paralitico, se non va Gesù a sanarlo, non arriverà mai a buttarsi in tempo nelle acque commosse.

Ci siamo andati D. Garneri ed io in certe tane buie dove manco gli animali ci avrebbero voluto dormire ma ci siamo andati dietro ad un qualche fanciullo lacero, scalzo e sporco al quale avevamo domandato chi fosse, se aveva padre e madre. Non aveva più i genitori. Il nonno sì l'aveva ancora, ma infermo assai da tanto tempo. - E chi ti dà dunque da mangiare? dove stai, dove dormi la notte ? - Il fanciullo camminando sorrideva, sorpreso forse di quelle domande insolite che gli rivelavano un suo diritto. - E dietro a lui arrivavamo presso un povero vecchio che, steso sopra un mucchio di paglia, ci narrava cose raccapriccianti di figli e nuore che non sognarono mai l'obbligo di mantener l'esistenza a coloro cui l'avevano data, non sempre benedetti da Dio e dal suo Ministro in terra. Certe descrizioni dell'isola Dawson potrebbero sembrare, nei loro colori tristi, inferiori alla realtà infelice di questa terra veramente inesplorata nelle sue bellezze fisiche e nella sua desolazione morale e finanziaria !

Smetto, rev.mo sig. D. Rua ! Qui nel cortile, sotto la mia finestra, gli orfanelli gridano come aquilotti e forse la fanno a pugni. Bisogna ch'io scenda, metta pace e li aggiusti anche un po' negli abiti, perchè da qui ad un'ora si andrà dal Santo Padre. Ripiglierò al ritorno.

28 ottobre. - Le scrivo sotto la più cara delle impressioni. Benedetto il mio viaggio in Calabria e benedette anche le noie che mi causò ! Stamattina sono stato ricevuto dal Santo Padre in udienza. particolarissima.. Non osavo davvero sperare tanto. Non saltavo giù per le scale per non farmi dare del matto ; ma avevo in cuore tale gioia serena che la maggiore non ho mai provata in vita mia. Che Santo Pontefice, quale cordialità più che paterna !... Ieri era andato insieme cogli orfanelli e Gli stetti al fianco per quasi mezz'ora, mentr'Egli passava a regalarli d'una piccola medaglia e interrogava ora l'uno ora l'altro, per nulla sorpreso della rozzezza fenomenale con cui si diportavano dinanzi al Papa. Povero il mio predicozzo a base di buona creanza ! di quanta poca efficacia riuscì all'atto pratico ! Non ricordarono altro che di gridare « Viva 'u papa »; ma lo dissero con tanto affetto da far dimenticare i loro torti in ogn'altra cosa. - C'ero dunque stato dal Papa, e stamattina ho per di più assistito alla Messa da Lui celebrata ed ho ricevuto dalle Sue mani la S. Comunione ; ma quando un'ora fa ho potuto parlargli proprio in tutta la confidenza che m'ispirava il suo fare paterno, quando Gli sentii uscir di bocca delle parole grandemente affettuose e confidenti sulla Calabria, sui mali che moralmente la travagliano e sui rimedii che Egli, il S. Padre, intende apprestarvi, allora la riverenza prese in me natura d'affetto e l'obbedienza più affannosa non mi sarebbe costato proprio nulla, perchè ubi amatur non laboratur.

Dei paesi visitati potrà dirle quanto basta Don Garneri, che ha la fortuna di venire costì ; sono un campo vastissimo presentato all'attività retta d'un sacerdote educatore. Quanto bene si potrebbe fare introducendo le aspirazioni d'un progresso giusto con il correttivo del pensiero praticamente cristiano. Di questi giorni si aveva relazione con tanti e una parola si diceva con tutti : eran giornalisti, capi di varii comitati, Vescovi, Prefetti ed anche un Ministro. E tutti dicevano concordemente la stessa cosa : la panacea non di tutti , ma di molti mali essere un'educazione sana che dia, colla conoscenza dei proprii diritti quella più necessaria dei proprii doveri, specialmente ai giovanetti. Gli uomini fatti sono quel che sono e difficilmente cambieranno ; ma non potendo portar rimedio nei già macchiati è giusto prevenire le generazioni nuove. Il Signore ispiri Lei, sig. D. Rua, e Le dia i mezzi e il personale necessario.

Parto oggi all'una. La prego, carissimo Padre, a far presente alla Principessa Laetitia tutta la nostra riconoscenza per l'appoggio validissimo che S. A. I. e R. diede alla nostra particolare missione. Ella poi benedica me ed i Confratelli della Casa di Messina.

Dev.mo come figlio

Sac. SALVATORE GUSMANO.

Festose accoglienze e riconoscenza.

Nello scorso numero, accennammo alle festose accoglienze, che ebbero all'Oratorio gli orfanelli condotti a Torino. Ora, se volessimo dire dell'accoglienze che ricevettero gli altri piccoli Calabresi inviati alle altre case Salesiane, dovremmo ripetere le medesime relazioni.

Da Catania, ad esempio, così ci scriveva il rev.mo D. Francesco Piccollo.

« Sono giunti qui in Catania gli orfani Calabresi. Si attendevano col treno che arriva in Catania alle 15, e il Collegio nostro era pronto a riceverli al suono della banda e con altri segni di gioia, ma invece giunsero alle 10 1/2 di notte di guisa che non si potè far nulla. Eravamo alla stazione : il Direttore ed io. Però all'indomani furono circondati da tutti i segni più cordiali di simpatia da parte dei numerosi nostri giovanetti, il che produsse nel cuore di questi poveri orfanelli la più grata impressione. Condotti a visitare Mons. Riccioli, Vicario Generale, in assenza di Sua Eminenza il sig. Card. Nava, furono accolti anche là coi segni della commozione e dell'affetto più tenero.

» Stamane furono poi presentati all'ill.mo Comm. Trinchieri, Prefetto de la Città, il quale oltre la più gentile accoglienza, ebbe per i Salesiani parole di encomio ed agli orfanelli diresse parole veramente toccanti, chiamandoli fortunati, per essere stati accolti in Case dove potranno crescere virtuosi, istruiti e laboriosi. »

Ma senza dilungarci nel ripetere le medesime cose, amiamo trascrivere alcune letterine degli stessi giovanetti ricoverati, nella certezza che torneranno più gradite.

Il giovanetto Francesco Bernaudo di Monteleone, che per ragion di studio venne trasferito dal Collegio nostro di Spezia a quello di Borgo S. Martino, così scriveva al nostro Direttore

Carissimo D. Minguzzi,

Ieri sera giunsi al Collegio di Borgo S. Martino, ove fui ricevuto con somma allegrezza dai superiori e dai compagni tutti.

Il sig. Direttore mi ha voluto a mensa con sè, i compagni mi accolsero con battimani e con dimostrazione di tenerezza.

Mi sentii commosso fin nel profondo del cuore e non potei fare a meno di asciugare una lacrima insieme a loro e ringraziare Iddio di essere capitato fra così buoni superiori e compagni. Oh! come son contento, tanto più che mesto qual ero per aver perduto un Direttore che tanto mi amava, ne ho trovato un altro che mi dimostra un affetto più che di padre.

E tutto ciò lo debbo prima a Dio, che esaudì le mie preghiere, e poi a lei, ottimo benefattore, che non s'è dimenticato punto di me che soffrivo per dover perdere un anno inutilmente, ed ha fatto di tutto per potermi consolare....

Il suo FRANCESCO BERNAUDO.

Il giovanetto Paolo Quaranta, anch'esso di Monteleone, dopo aver passato alcuni giorni nell'Istituto S. Ambrogio di Milano venne assegnato al Collegio di Sondrio ; di là scriveva al Sac. Domenico Garneri:

Reverendo Signore,

La ringrazio immensamente per la grande premura che ha verso di me; non ho nessun mezzo per compensarla, ma sarà compensato da Dio in un modo migliore.

Io qui sto bene, meglio di Milano, anche perchè l'aria per me è migliore; solo sono un po' raffreddato ed ho sempre quella benedetta tosse, che ora però un Salesiano di qui mi sta curando.

Ho trovato dei buoni superiori che mi amano e mi trattano bene, e già da parecchi giorni ho incominciata la scuola, e frequento la terza ginnasiale.

Sarei stato molto contento, se insieme agli altri orfanelli avesse preso anche il mio povero fratellino; così mia madre restando libera forse sarebbe venuta vicino a me, ed io mi sarei trovato molto contento e quasi felice.

Avrei desiderio di vedere quelle fotografie che ci siam fatte a Monteleone, a Roma e a Torino... Riceva tanti saluti, e un bacio di mano dal suo

PAOLO QUARANTA.

Da questi saggi le famiglie dei piccoli ricoverati possono rilevar facilmente la piena contentezza di questi cari figliuoli nelle loro nuove dimore, come noi vi scorgiamo con gioia la più soave riconoscenza pei loro superiori.

E per amor del vero ci piace soggiungere, che i piccoli Calabresi hanno proprio un buon cuore, che sente profondamente il benefizio, il che è senza dubbio un buon coefficiente per la loro piena educazione. Il suddetto D. Garneri ci narra in proposito alcuni cari episodi

«Rammento, che una mamma diceva al bimbo suo, nell'atto che questi partiva di casa: -. Tu parti, figlio mio, ma se poi lontano non ti troverai contento, forse maledirai a me che ti lascio partire... - Ah ! mamma, rispondeva il fanciullo, soffro anch'io nel lasciarvi, perchè vedo il gran sacrificio che fate e mi accorgo che lo fate pel mio bene!..

» Un babbo diceva ad una figliuola, già accolta tra la schiera di orfanelle, che sarebbero partite per cura della Principessa Laetitia . - Tu domani partirai. Lungi di casa, in mezzo ad un ambiente più civile, presto ci dimenticherai... - No, babbo, interruppe risolutamente la fanciulla, io non potrò mai dimenticarvi; voi sarete tutto per me, anche di lontano !...

» Nella prima metà di novembre , io fui nuovamente in Calabria, per accompagnare a Torino una seconda schiera di orfanelle, per incarico avuto dalla caritatevole Principessa Laetitia. Il direttissimo correva a tutta velocità da Napoli verso Roma, quando una ragazza, educata dalle Suore di Carità all'Asilo di Pizzo, sentendo le compagne parlare dell'accoglienza che avrebbero ricevuto a Torino dalla Principessa, si volse a me gridando: Ah! commu mi s'arricrìa 'u cori! Come mi si rallegra il cuore!.... Chiesta del perchè, mi rispose ingenuamente che era felice di poter vedere l'Augusta Signora, che si era tanto interessata del suo bene. Ed era una bambina di sei anni!.. »

Abbiam voluto registrare questi piccoli episodi per far conoscere il buon terreno che s'incontrerebbe in Calabria, se vi si potessero moltiplicare case ed istituti di educazione.

I Salesiani a Borgia e a Soverato.

L' annunziata fondazione di Borgia è già iniziata. Fin dalla seconda settimana di novembre , giunsero colà due sacerdoti, un chierico, ed un confratello coadiutore, i quali presero alloggio in una casa tolta ad affitto : perchè si sta restaurando l'edificio destinato per la fondazione. Per ora si è aperta una scuola diurna e serale e cominciato l'Oratorio festivo. L'Oratorio è destinato a compiere in quelle regioni un bene immenso. Uno dei sacerdoti residenti a Borgia si recherà ogni festa a Loverato, per attendere là pure all'Oratorio.

Una prossima fondazione a Monteleone.

Chiudiamo queste notizie riguardanti la Calabria, coll'annunziare un'altra prossima fondazione salesiana a Monteleone. Colà il Santo Padre, dietro istanza di S. E. R.ma Mons. Giuseppe Moràbito, Vescovo di Mileto, si è degnato di affidare ai Salesiani un'importante parrocchia, presso la quale, non appena sarà restaurata almeno la casa, subito si recheranno altri Salesiani per mettere là pure in azione il piano vagheggiato dal Successore di D. Bosco per l'educazione della povera gioventù Calabrese.

IL NOSTRO TESORO SPIRITUALE Indulgenze plenarie di gennaio.

NB. - Richiamiamo l'attenzione dei Cooperatori sulle molte indulgenze plenarie che possono lucrare nel prossimo mese di gennaio.

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati, divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella o, se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo la intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno l'INDULGENZA PLENARIA in GENNAIO:

1) il 1°, Circoncisione di N. S. G. C.; 2) il 6, Epifania del Signore;

3) il 14, SS. Nome di Gesù ;

4) il 18, Cattedra di S. Pietro in Roma;

5), il 21, Festa della Sacra Famiglia; 6) il 23, Sposalizio di Maria Vergine:

7) il 25, Conversione di S. Paolo Apostolo ; 8) il 29, Festa di S. Francesco di Sales (visitando però una Chiesa Salesiana ove esiste, altrimenti la propria Parrocchia ; e, se viventi in comunità, la propria Chiesa o Cappella privata) ;

9) in un giorno scelto ad arbitrio da ciascuno;

1o) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte ;

11) nel giorno in cui si raduneranno a conferenza.

Inoltre (e su questo richiamiamo vivamente l'attenzione di tutti i Cooperatori) ogni volta ch'essi reciteranno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità, ed un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella. E tutte queste indulgenze le potranno acquistare tutte le volte, che pei fini indicati reciteranno i suddetti 6 Pater, Ave e Gloria, in qualunque luogo, senza bisogno di confes= sione o di comunione o di visita, purchè siano in grazia di Dio.

In fine torniamo a ricordare, che tutte le indulgenze concesse ai nostri cooperatori

I) sono tutte applicabili alle anime sante del Purgatorio ;

Il) che pel loro acquisto è richiesta per tutti la recita quotidiana di un Pater, Ave e Gloria Patri, secondo l'intènzione del Sommo Pontefice coll'invocazione: Sante Francisce Salesi, ora pro nobis.

Le nostre Chiese La Chiesa di S. Agostino a MILANO.

NoN fu possibile, come pur si sperava, fissare l'inaugurazione di questa chiesa pel 7 corrente, perchè i lavori di sistemazione sono ancor indietro, quantunque sieno sempre proceduti alacremente. Diamo la fotografia della facciata.

L'inaugurazione è rinviata a primavera.

La nuova Chiesa Salesiana a Wandsworth-Londra

LA seconda settìmana di settembre i giornali cattolici di Londra diedero il primo posto alle notizie riguardanti la nostra nuova Chiesa, che si sta fabbricando a Wandsworth. Il Tablet, dopo avere accennato al gran movimento cattolico in quella parte dei sobborghi della capitale dell'Impero Britannico, soggiungeva : « Alla stazione del tram che parte da Clapham J., vicino alla sala del Consiglio di Wandsworth, divisi dal vecchìo cimitero protestante vi sono la casa e i terreni che si dice siano appartenuti alla regina Anna, i quali vennero acquistati per la fondazione di una chiesa cattolica a East Hill. La proprietà è stata regalata in rendimento di grazie da una signora convertita ; e i Sacerdoti Salesiani là stabilirono una missione fin dall'anno 1903 ».

Un oratorio, aperto in via provvisoria nella casa stessa, servì per le funzioni e i bisogni spirituali della popolazione cattolica del vicinato, che è sempre in aumento. La casa venne cambiata in una scuola secondaria, or frequentata da trenta ragazzi.

Un anno fa il Superiore della Missione fece appello alla carità dei fedeli da lui dipendenti ; e coi loro sforzi uniti si cominciò a fabbricare la nuova chiesa.

L'opera venne intrapresa con fiducia nell'altrui carità per far fronte alle spese che evidentemente importava l'impresa; e non andarono a vuoto le concepite speranze.

In assenza di Mons. Pietro Amigo, Vescovo di Southwark, che si trovava in Spagna, la posa della pietra angolare venne compiuta dal rev.mo Canon St. John, assistito dal Padre Cooney di West Hill, Wandsworth, e da D. T. Giltinan, nel giorno 8 settembre, Natività di Maria. Molti altri sacerdoti erano presenti, tra cui varii Salesiani con a capo l' Ispettore D. Macey. Il rev.mo P. Milner della Congregazione del SS. Redentore disse un dotto ed eloquente discorso.

L'insieme della nuova costruzione è di stile romanico. L'area è quasi quadrata ; per ricavarne buone proporzioni l'interno venne diviso in tre parti, una nave principale e due laterali.

Da un lato v'è il porticato con gradinata e porta esterna aprentesi di fianco, e porte girevoli per l'accesso all'interno dell'edifizio. Il pronao avrà al disopra un ornato con croce di pietra di Portland.

Le finestre della Chiesa, in numero di 24, si aprono in alto della navata centrale, e son sufficienti per dar luce a tutto l'edifizio. A ciascun lato dell'altar maggiore vi sarà una piccola cappella, l'una sacra alla Vergine, l'altra a S. Giuseppe; e dietro alla prima, in modo da poter vedere liberamente l'altar maggiore, vi sarà la Cappella per la comunità.

La cupola, verrà decorata in armonia col rimanente. All'esterno, il tetto sarà coperto di lavagne fissate ai travi di sostegno ; e la chiesa apparirà costrutta in mattoni di color rosso scuro. Internamente, le pareti saranno coperte d'intonaco ed ornate di pitture; il tetto apparirà colla sua travatura scoperta, come in molte chiese antiche, e tra l'uno e l'altro architrave sarà diviso in panelli. La navata centrale consta di quattro arcate sostenute da colonnati esattamente rettangolari ; la quarta, alquanto più ampia delle altre, forma il Sancta Sanctorum.

La semplicità architettonica dell'edifizio sarà compensata dall'arte delle decorazioni, le quali naturalmente saranno più ricche attorno e sopra l'altar maggiore. Le decorazioni dell'interno saranno del nostro confratello D. Fayers. La costruzione di questa nuova chiesa, non essendo di troppo vaste proporzioni, è già a buon punto: speriamo di poter presto annunziarne il compimento, se non verrà meno la generosità dei buoni cattolici di Londra.

Così i cattolici dell'importante Missione di S. Maria Maddalena avranno comodità di poter assistere alle sacre funzioni del nostro culto.

Tra i nostri emigrati Pro Calabria

DA BUENOS AIRES: Una colletta di 6000 franchi.

IL nostro Confratello Don Serafino Santolini, in data 19 ottobre 1905, scriveva all'amatissimo nostro Superiore, sig. D. Rua.

« La grave disgrazia di cui fu colpita la povera Calabria col flagello del terremoto, produsse una grande impressione in tutta la Repubblica Argentina.

« Noi addetti alla Chiesa Mater Misericordiae, detta pure degli Italiani, non potemmo rimanere indifferenti in questa circostanza, ed aprimmo perciò una sottoscrizione, col permesso della Autorità Ecclesiastica, per venire in soccorso dei nostri poveri connazionali. Quasi tutti i nostri Collegi si fecero centro di sottoscrizioni, e i buoni Italiani, quivi residenti, ed anche alcuni caritatevoli Argentini, risposero all'appello.

» La sottoscrizione Pro Calabria fruttò la somma di L. 6008,90 come potrà vedere dal chéque che le accludo.

» Ella, sig. D. Rua, voglia umiliare questa somma al S. Padre Pio X, perchè venga distribuita da S. S. alle provincie danneggiate, o, se crede, la invii direttamente ai Vescovi della Calabria.

» La prego a volerci indicare quale destinazione Ella avrà dato alla somma, affinchè noi possiam dare pubblicità alla cosa su qualche giornale e così soddisfare maggiormente gli oblatori. »

Il sig. D. Rua, farà umiliare lo chéque suddetto di L. 6008,90, nelle mani del S. Padre.

Altre sottoscrizioni.

IL Cristoforo Colombo, periodico settimanale che si pubblica dai nostri Confratelli di Rosario, nella Repubblica Argentina, e l'Italiano in America, edito dai Salesiani di New York, continuano le aperte sottoscrizioni. Quest'ultimo, nel n.° 45 del 10 novembre recava una lettera del Vicario Generale della Diocesi di Catanzaro, che, a nome di Mons. Vescovo assente, ringrazia ed accusa ricevuta di lire 1500 raccolte da quei fratelli emigrati per i danneggiati dal tremendo flagello, ed assicura gli offerenti, che le offerte saranno distribuite fra i più bisognosi.

DALLA PATAGONIA.

LA gara premurosa con cui tutti i nostri Confratelli all'estero sollecitarono aiuti e preghiere per gli infelici colpiti dal terremoto in Calabria, ebbe un'eco vivissima anche nella lontana Patagonia. I Salesiani di Carmen il 28 settembre celebrarono un solenne uffizio funebre per le vittime, al quale assistè la colonia italiana, e durante la messa raccolsero un'abbondante elemosina a favore dei danneggiati, che venne rimessa al sig. Carmelo Bottazzi, Reggente della R. Agenzia Consolare Italiana a Carmen di Patagones. Un severo tumulo campeggiava nel centro del tempio, quello coronato dalla croce al cui piede posava la bandiera italiana, questo parato a lutto. Il sig. Reggente Consolare, il sig. Luisoni comandante della Squadra, il sig. banchiere Guttierez, il sig. Sanchez Commissario di Polizia, il circolo operaio Cattolico, e tutte le associazioni religiose della Parrocchia erano presenti alla mesta cerimonia insieme con molte famiglie del luogo, invitate con appositi manifesti.

Da Buenos Aires.

La festa titolare alla Chiesa Mater Misericordiae - Consolante spettacolo di fede.

scrivono : - Il 1° ottobre si solennizzò con pompa straordinaria la festa della Madonna Mater Misericordiae, nella Chiesa che la Colonia Italiana Le ha dedicato in questa città; e i nostri connazionali, soprattutto i genovesi, dimostrarono coi fatti, quanto sia grande la devozione che nutrono per la loro celeste Patrona.

Fin dalle prime ore del mattino, si ebbe una grande frequenza ai santi sacramenti, non solo di donne, ma anche di uomini che venivano a compiere le loro divozioni dai più distanti rioni della città e molti anche dallia campagna. Alle 10 ebbe luogo la Messa solenne, pontificata dal rev.mo Protonotario Apostolico Mons. Rainerio Lugones, grande amico di D. Bosco, col quale ebbe la sorte di trattare varie volte durante la sua permanenza in Italia. Tessè il panegirico il giovane sacerdote Don Francesco Reverter, che all'esordire rievocò i ricordi della sua fanciullezza, dicendo, che nella Chiesa di Mater Misericordiae egli pure aveva fatto la prima Comunione.

Ma la nota culminante della festa fu la processione colla venerata immagine, e tutto cooperò a renderla oltremodo solenne. Vi prese parte la banda musicale del vicino Collegio Pio IX, la fanfara ed una compagnia di pompieri in alta tenuta per gentile offerta dal sig. Colonnello Rosendo Fragas, Capo di Polizia.

Il devoto corteo si fermò rimpetto il quartiere dei pompieri, ove essi ci aspettavano in bell'ordine schierati ; si rivolse verso loro la benedetta Effige, ed al rullo del tamburo quei bravi fecero il saluto alla Vergine. Lo stesso si fece davanti al Distretto di Polizia, ove i gendarmi che si trovavano in quartiere, allineati davanti la porta, ripeterono il saluto d'onore.

Dopo un'ora e mezzo di tragitto, la processione era di ritorno : ma la chiesa fu letteralmente ripiena, restando nella strada una moltitudine enorme, alla quale un sacerdote salesiano diresse opportune parole nella cara lingua italiana, encomiando la pietà e la fede dei nostri connazionali. Impartita la Benedizione, tutto il popolo proruppe ad una voce nel canto dell'inno notissimo : « Lodate, Maria, o lingue fedeli, » e lo proseguì sino all'ultima strofa.

Dobbiamo dire con giusto orgoglio, che la Colonia Italiana di Buenos Aires ha dato un grande spettacolo di fede.

MSSIONI

Equatore

Nelle foreste dei Jivaros. Usi e carattere degli indii.

(Dal ms. inviatoci dal Sac. Felice Tallachini* )

Ma ecco altri passi, più copiosi e molto caratteristici, sui costumi e sul carattere degli indii di queste meravigliose foreste.

Le case kivare.

Cominciamo dalle abitazioni. Son tutte disseminate per la foresta, lontane le une dalle altre e ordinariamente nel centro di una radura messa a coltivazione. Il nostro Confratello, che nelle sue pagine ha voluto celarsi sotto il nome di P. Kivaro, ci descrive assai bene la sua visita alla casa di Nantipa poco distante dalla Casa-missione di Gualaquiza.

«... Postosi in testa il suo gran cappello di paglia, calzati gli stivali e presosi in mano un nodoso stocco, il Missionario si avviò colà donde sorgeva il fumo.

Sotto alti palmizii, attraverso il pascolo già ingombro dagli indomiti arbusti cresciuti dopo l'ultimo disboscamento, ascese un piccolo pendio e si mise dentro alla fitta boscaglia. Per un sentieruccio umido ma non fangoso, che in vari punti si moltiforcava, girando e rigirando, ora strisciandosi sotto gli alberi caduti, ora equilibrandosi sui tronchi gettati lì fra una sponda, e l'altra di qualche torrente o di ampii crepacci, qua saltando su e giù, là trascinandosi secondo il bisogno, s'andava vicendevolmente avvicinando o allontanando dalla mèta che immaginariamente lo guidava. Ma dopo circa venti minuti di questo andirivieni, scoprì uno spazio aperto, che subito apparve piantato di yuca, aciote e caffè. Nel bel mezzo della piantagione, e sopra un piccolo rialzo, sorgeva una casa, che, per quanto la vegetazione permetteva di discernere, mostrava una forma perfettamente ovale, con recinto di fitte stecche per muri, ed una specie di cappello cinese per tetto.

Fermossi un momento per prendere fiato, recitò un'avemaria, e poi si mise ad ascendere verso il pianerottolo della casa, gridando

- Sciuoràci, sciuoraci; wignàhai, wignàhai! Kivarino, hivarino ; io vengo, io vengo !

Una voce di dentro rispose

- Wignìta, wignìta! vieni, vieni !

Ma, più forti che la voce umana, risposero almen dieci voci canine che sopraffecero la prima, e con latrati incessanti ed un abbaiare rabbioso riempivano e facevano echeggiare il bosco.

La casa aveva una strettissima porta in ciascuno dei due estremi. Nessun kivaro si mosse a ricevere il Padre, e questi, ponendo il piede sulla soglia della prima porta che si vide innanzi, s'udì gridare in mezzo al frastuono cagnesco

- Non di lì, chè è la porta delle donne.

Girò pertanto la metà della periferia della casa, e giunse alla porta opposta : quella degli uomini.

Entrò senza maggiori ostacoli, e fu ricevuto senza complimenti, se si eccettua un più veemente abbaiare dei cani.

Da quella parte una dozzina di kìvari, uomini, giovanetti e fanciulli, stavano seduti o coricati su quattro Peàka, ossia strati di canna alti due palmi dal suolo, e disposti assai simmetricamente intorno alla parete di stecche. Non misurava più di un metro di lunghezza per uno e mezzo di larghezza ogni Peàka, e davanti a ciascuna di esse, al medesimo livello, era gettato su due fulcri un legno orizzontale, su cui i giacenti adagiavano la parte inferiore delle gambe che sopravvanzava agli strati. Ai piedi di questi e sotto quelli dei kìvari, ardevano altrettanti fuochi di grossi e lunghi tronchi inestinguibili.

Nel fondo opposto ed in opposta simmetria erano altre quattro peàka, simili alle prime in tutto, coll'aggiunta di due sponde pure di canna, che le chiudevano a guisa di celle. Un numero esiguo di donne e di bambine erano lì adagiate e frammischiate a una dozzina di cani legati, dal dorso ispido, gli occhi biechi, con più peli che una rana e grassi come le vacche magre viste da Faraone. Due donne erano affaccendate intorno al fuoco ed a qualche pignatta.

Altri due letti erano addossati ad altrettanti grossi pali, che, sorgendo nei due fochi dell'elissi, sostenevano il culmine della tettoia, e formando presso la sommità una gran croce con un altro legno orizzontale, determinavano la pendenza di quella. Il tetto, leggerissimo, era un ammirabile tessuto di foglie secche, sì ben congiunte da non dar passo nè ad un filo di luce, nè ad una stilla d'acqua. Il suolo era la nuda terra, ma sì mondo e terso, che poteva sembrare un pavimento di smalto. Illuminava dolcemente la stanza la luce mattutina, che penetrando dagli intervalli uguali dello steccato tagliava l'aria affumata in moltissimi raggi o liste similiformi.

Nel mezzo dell'abitazione ed appoggiato alla parete destra per il visitatore, un giovane sedicenne era seduto ad un piccolo telaio obliquo e vi tesseva il suo itipi, facendo passare fra la trama, ora un fusetto di filo rosso, ora un altro di filo caffè, o di color zafferano. Di rimpetto a lui un fanciullo ancora ignudo filava l'urùci (1), togliendone il filo da un cartoccio di foglia secca sospeso, e ne tingeva i fusi già carichi colle essenze rubate ai fiori, alle foglie ed agli insetti. Anch'egli preparava la sua toga virile pel non lontano giorno, in cui se ne sarebbe investito. Nessuno si levò da sedere ; ma tutti salutarono l'arrivato con un sorriso ed uno sguardo di meraviglia e macchinalmente gli porgevano la mano quando egli loro la porgeva.... »

La bevanda... ospitale.

Il capo di casa disse al Missionario di sedersi ; poi spingendo uno sguardo alla parte ove erano le donne, fece un cenno che voleva dire : portate da bere!

« In quel momento era entrata dalla porta opposta una donna di forse trent'anni, grossa e tarchiata, dal viso rotondo, la bocca grande, gli occhi squarciati ; tutte le sue fattezze e la sua sua fisionomia morale erano un simpatico complesso di brutto e di buono. Depose un carico di yuca che traeva dal campo, poscia gongolando andò a togliere da una pignatta alcuni grossi tuberi della stessa radice cotti, prese un'altra pignatta piena del medesimo elemento che pareva triturato, si aggomitolò per terra, e lì incominciò un'operazione delle più caratteristiche ed importanti. Togliendo da una pignatta e spremendo quanta yuca poteva contenere in una mano, introducevala nella bocca che ne restava ripiena, e gonfiando le guancie per darle la sua massima capacità, mentre i denti macinavano il fecondo amilaceo per toglierne la potente fecola, passava la mano con diligenza sulle labbra necessariamente aperte e ve la ripassava ristuccandole varie volte, fin che la massa, già prossima a farsi bolo e gluccosa non si potesse più sfarinare. Sospesi per un momento i visacci, cui questa prima operazione obligava la poverina, il bolo ben elaborato passava, senza bisogno di veicolo alla pignatta dell'altra yuca, che era tutta della medesima costituzione chimica, e mentre la sinistra rimescolava la nuova colla vecchia , la destra introduceva nel laboratorio un'altra porzione di quella che era tuttora allo stato naturale. »

Intanto il missionario osservava, sospesa con due vimini, una specie di gran cassa informe, il famoso tundúi, fatto di un tronco scavato, con un'apertura nel mezzo. Il suono speciale di quest'arnese è un richiamo per i kivari amici di chi lo batte, i quali, armati di lancia, di saette e di fucili, accorrono in suo aiuto, in tempo di guerra. In questo tempo il kivaro fabbrica attorno alla casa un altro steccato, per tener lontani i nemici, e mentre gli uni assestano i colpi, gli altri mantengono il tetto umido coll'acqua di cui riempiono la loro canoa che tengono sospesa su in alto alla loro capanna e della quale in tempo di pace si servono per navigare.

Ma presto il povero P. Kivaro « cominciò a dubitare, poi a temere, e finalmente conobbe con certezza, che la preparazione chimica che avveniva nell'altra parte della casa, era per un ospite, e che questi era precisamente lui ; che insomma per festeggiare la sua visita gli si voleva far bere il nettare di quei semidei della foresta....

Infatti « l'operazione era già finita... L'india prese un'idria di finissima terra cruda pitturata ; ne versò acqua limpidissima in una delle molte pigninga della stessa creta che giacevano per terra. Con ambe le mani, pitturate a nero, tolse della yuca masticata, ve la immerse, la rimescè diligentemente ; poi togliendo la destra dal liquido e stringendo le cinque dita come in mazzetto, le cacciò quanto le fu dato nella gola, per bagnarle nuovamente nella preparata ciccia. ripetendo il saggio tre o quatrro volte, finchè trionfante e ridendo si avviò a portarla agli uomini. Questi si disvilupparono lentamente e, ridendo essi, pure ricevettero la megera come nei tempi preistorici si sarebbe ricevuto un messaggiero privilegiato dell'Olimpo... Ma gli occhi di tutti erano fissi in quelli del P. Kivaro, che doveva aver l'onore della libazione » ed egli si fece coraggio, fino a berne due volte !

Il testamento dei kivari.

È noto, che la sete di vendetta, con le sue terribili conseguenze , costituisce fatalmente la prima caratteristica del popolo kivaro : ma forse non è risaputo dai più, com'essa sia il frutto evidente delle instancabili raccomandazioni paterne. Il nostro missionario descrive mirabilmente una di queste scene :

Il gallo aveva appena cantato, quando ricominciò la conversazione dei kivari. Le kìvare si alzarono innanzi l'alba e si diedero ad elaborare ciccia e preparare infusioni e decozioni d'erbe medicinali.

D'un tratto tacquero tutti e, prendendo la parola il vecchio capitano, così favellò dalla sua peàka.

- Udite, o figli, o nipoti, o parenti. Il padre e capitano vostro parla. Ogni giorno dovete prima cercare nelle sue parole la luce del vostro vivere ; poi quella del sole. Sempre così dissi, sempre così dirò finchè io abbia voce ; quando la mia si spenga, quella di mio figlio maggiore ripeterà il testamento del padre suo ai figli ed ai nipoti ; e questi ai figli ed ai nipoti loro, insino all'ultima generazione. I vostri padri così hanno detto, così hanno sempre fatto, e così si farà sempre. Così è.

Tutti risposero : Maàgketa ! così sia ! Sandu continuò

- Prima che io fossi, erano gli Scíuora (i Kivari) ; essi uscirono dalla madre laguna (1). Tutti esclamarono : - Nikàtzan: è vero.

- Mio nonno ancor non era, e già erano i Scíuora.

- Hi, hi! sì, sì !

- Non erano i padri e i nonni dei padri nostri e i kìvari erano padroni del monte, del piano e della foresta, insino al ti uúnta canùssa. Noi eravamo i signori di tutti.

- Maàgke: bene.

- I Kìvari dell'altra parte del gran fiume tutti erano parenti ed amici nostri.

- Maàgke, maàgke! bene, bene !

- Nessuno mai ci fece piegare la fronte. - Tza, tza! no, no !

- Vennero altri indii prepotenti, dalle montagne d'onde nasce il gran fiume (2). Ci vollero sottoporre alle leggi loro. E noi ci siamo fortificati nei boschi.

- Hi, hi ! Tiì, tiì ! Sì, sì ! più, più !

- Vennero dall'immensità dell'acqua gli apàci (3), dalle facce bianche come la yuca e setolose come gli orsi.

- Ebbene

- Fecero molte case con torri e giardini sulle sponde del Paute, del Morona e dell'Upano. Volevano imporci il loro giogo. Gli Scíuora distrussero tutte le loro case, ammazzarono gli apàci, molti, molti, innumerevoli sì che non si possono contare sulle dita delle mani e dei piedi di tutti i kìvari insieme. Le loro donne, anche quelle del Yúsa (4), diventarono nostre. Mendoza , Logrogno, Seviglia dell'oro, caddero sotto il nostro ferro. Oggi al loro posto non trovate altro che la oscura selva, ove i Scíuora calpestano col loro piede trionfante l'antica superbia dei bianchi.

- E vero, è vero !

- E noi siamo rimasti padroni di piantare la yuca ed il banano dovunque ci piaccia.

- Bene, bene.

- Dopo d'allora la cionta è maturata dieci volte, per tre volte (5). Molte volte gli apaci ci vollero opprimere : noi li abbiamo sempre respinti.

Qui il vecchio fece una breve pausa, dopo la quale continuò con tono più forte.

- Io ho avuto molti nemici. - Cuociat! molti ! - Tutti li ho vinti. - Li hai vinti !

- Uno è morto senza ch'io abbia potuto farne vendetta. Questa si ha da fare nel suo figlio. - Nel suo figlio.

- Ho ancora altri da vendicare. (E qui pronunziò tre o quattro nomi). L'uno mi ha ingiuriato, or sono otto anni ; l'altro è il bruko (stregone) che fece morire il padre mio. Egli deve morire.

- Deve morire.

- Il terzo ha rubato una vostra sorella, quando era ancor piccolina.

- La rubò.

- Se egli non muore, morirà vostro padre. - Deve morire.

Seguì un'altra pausa , durante la quale le donne portarono , prima al capitano, e poi successivamente agli altri uomini, un'infusione tiepida di un'erba emètica dai selvaggi chiamata guayúsa.

Bevette il capitano ; poi pose termine al suo discorso, con questi detti

- Io ho figli perchè mi vendichino ; è il più sacro dei loro doveri. Benedetto il figlio che vendica il padre suo. La sua casa sarà sempre piena di yuca, cionta e deliziosi banani ; il suo campo sarà ubertoso ; scorrerà nel suo letto la ciccia; si moltiplicheranno i suoi porci ; i suoi cani cacceranno orsi, scimmie, cinghiali ed ogni selvaggina ; le sue reti si riempiranno di pesci ; terribile sarà la sua lancia ; sicura la freccia avvelenata, quando scocca dalla sua pukùna (cioè dalla sua cerbottana). Dovunque andrà , egli spargerà il terrore intorno a sè ; anche i genii neri della foresta rispetteranno e non verranno a soffocare i pargoli nelle fasce o nel seno delle sue donne ; la sua famiglia sarà numerosa ; i figli, valenti come il padre loro. Ed ancorchè l'iguanci o qualche bruko l'uccidano, egli vivrà coi cibi che i figli suoi porranno accanto al suo cadavere, e si difenderà colla lancia che gli porranno in mano.

Tutti risposero : - Così sia ! Sandu continuò

- Maledetto il figlio vigliacco che non vendica il padre suo e lascia le sue ceneri umiliate e confuse nella polvere ; non abbia figli che lo difendano ; sia vittima dei suoi nemici ; il suo cadavere sia lasciato senza cibo e senza lancia, affinchè non possa vivere oltre tomba ; le sue ceneri siano portate in continua bufera dal vento, nelle regioni tenebrose dell'oblio, o calpestate dall'immondo piede de' suoi nemici ; la sua testa sia trofeo di chi l'uccise ; nel suo cranio si beva la ciccia!

Tutti ripeterono : - Maàgketa ! così sia !

La shansha.

Con tali lezioni è facile comprendere come una testa sia per un kìvaro « più preziosa che una borsa d'oro ! Una testa tagliata forma il più grande orgoglio della sua vita. Il giorno ch'egli ritorna a casa con una testa infilzata sulla punta della sua lancia, quello è giorno di gran trionfo, è il più bello dell'esistenza. Il kivaro uccisore, da quel dì, si prepara a far la festa della shansha. Che cosa è mai la shansha?... « Il kivaro uccisore prende la testa dell'ucciso ; con diligenza somma ne taglia la pelle dal vertice alla cervice ; con ambo le mani la rovescia togliendone il cranio ; ne estrae le ossa che vi possano essere rimaste ; poi la fa bollire affinchè non vi resti alcun principio di putrefazione. così bollita la mette in forma su di una pietra rotonda, arroventata, non più grande di un' arancia, finchè si secchi ed acquisti la forma della pietra. Allora, cucendo la parte tagliata la riempie di sabbia ardente, ne pettina con amore le chiome ; ed ecco fatta la shansha, la sua cara shansha, che contempla poi come un gioiello preziosissimo e contempla con venerazione, infissa ad una lunga asta della sua casa. Essa diviene il nume protettore, il genio della famiglia, che allontana ogni disgrazia, qualora il kìvaro vincitore si prepari subito per farle la festa... - Ogni kivaro, quando porta la shansha, fa provvisoriamente la festa d'entrata. Chiama il sacerdote, il quale gli versa nella gola il sugo di tabacco, e poi si beve molta ciccia da tutta la famiglia, per molti giorni.... Allorchè comincia i preparativi per la festa della shansha, comincia a digiunare rigorosamente e continua nel digiuno ancorchè durassero, e talora durano, intieri anni. Frattempo visita tutti i parenti e gli amici. per farli consapevoli del suo trionfo ed invitarli alla festa ; coltiva un campo speciale di yuca e banani, ingrassa tutti i porci che trova...

Eloquenza kivara.

Si è già accennato, che il manoscritto, dal quale spigoliamo, parla della prima visita di Mons. Costamagna alla missione di Gualaquiza. Or avvennne che un giorno andando i nostri, Monsignore cioè, D. Mattana e D. Tallachini, a catechizzare gli indii nelle loro case « scorsero in un piccolo e verde piano, cui cedeva il posto la boscaglia aprendosi in forma di tempio, una numerosa sessione, e, saremmo per dire, un senato di selvaggi.

In numero di oltre quaranta, leggermente appoggiati alle loro lance, stavano ritti, in semicircolo, tutti intorno alla rotonda: i più cospicui, forse i capitani, qualche passo più innanzi, con ornamenti di penne, ossa e gusci d'insetti, e con fucili che gli altri non avevano

Giunsero i missionari, e Monsignore non appena ebbe scorto l'imponente quadro, rallegrandosi in cuor suo dell'incontro, avanzossi nel bel mezzo e gridò con voce che voleva essere ferina come le altre

- Maàgke, maàgke, sciuoràci! bene, bene, Kivarini : viva !

Nessuno assolutamente rispose ; anzi nessuno si mosse un apice , nè piegò a verun dei lati. Laonde il Vescovo, vedendosi così eroicamente trascurato, ritirossi in disparte ad aspettare che il codice kivaro gli concedesse udienza.

Durò circa un quarto d'ora la discussione ; dopo la quale gli oratori sfiniti, coi petti agitati e quasi sbuffando, ricevettero una pigninga di ciccia da un'ombra di donna, che fino allora era stata raggomitolata per terra, elaborando la divina ambrosia. Vi attaccarono le labbra schiumose e non le ritrassero per un buon fiato. Girò allora il vaso di mano in mano e di bocca in bocca, non tardò a giungere a quella dei missionarii ; non già a quella del vescovo che prudentemente si era ritirato per tempo.

Allora la discussione ricominciò e, per quasi due ore non cessò che a brevi intervalli, per dar agio alle libazioni... Anzi le dispute si erano accese in varii punti dell'assemblea ; parecchi selvaggi urlarono a un tempo, con una mano alla bocca, siccome vuole il loro cerimoniale, forse per arrestare gli spruzzi della saliva, gli occhi scintillavano, s'infiammavano le gote, agitavansi le braccia e le gambe, si brandivano le lance avanti, in alto, ai fianchi ; sotto l'immensa volta della foresta tuonavano in forma di urli, le esclamazioni tronche, le domande incalzanti, le grida di minaccia, di guerra, di trionfo ; e una pioggia di sputi cadeva da ogni parte   

Nelle varie dispute che si sostenevano, si udivano a intervalli queste espressioni.

- Essi ci offesero. Ci negarono ospitalità. - Uccisero la nostra prima spedizione.

- Vendetta, vendetta. L'abbiamo giurato là, presso il tempio dei sogni.

- Io infissi la mia treccia sulla stecca. Non starò contento finchè non abbia tagliato una testa.

- Io appesi due trecce di capelli. Due teste ho da tagliare.

- Io lo giurai all'Iguanci e gli offrii cinque trecce. Cinque teste smozzicherò.

- Muoiano i Kìvari del Pongo.

- Siano tutti trapassati dalle nostre lance.

- Mutilati e gettati alle tigri.

- Nei loro crani ciccia beveremo.

- Bene, bene ! Morte, morte !

- Morte, morte ! Vendetta, vendetta !

Innanzi a questo dramma splendido affascinante, lo spettatore avrebbe dubitato se Atene nell'areopago e Roma nel foro ne presenziassero mai dei più sublimi ; se fossero più imponenti i fiumi di eloquenza che correvano dalla bocca di Demostene e di Cicerone. E, a dir vero, questi non ebbero maestri sì poderosi come quelli che i Kìvari trovano ad ogni piè sospinto nella grandezza maestosa e divina dei loro boschi e dei loro fiumi, nel senso irresistibile e tremendo che ispirano i ruggiti delle loro belve, i fragori stupendi dei loro uragani. Il loro gesto, l'accento, lo sguardo, l'azione tutta dell'oratore, sebbene selvaggia, è sublimemente naturale, patetica, elettrizzante. Mirabeau e Lacordaire avrebbero da loro imparato.

Se i leoni parlassero, quanto supererebbero in eloquenza i più potenti oratori dell'umanità ! con quanta maestà ergerebbero la fronte conquisitrice ! che folgori uscirebbero dai loro sguardi ! la loro parola sarebbe rapida e sfolgorante come il fulmine, terribile e dominatrice come il tuono.

Ebbene : i Kivari, quando parlano fra loro diplomaticamente, senza che un interlocutore interrompa l'altro, ma perorando contemporaneamente ambidue, sono uomini con istinto di leoni : sono leoni parlanti. Unite a questo istinto il nervo di Ercole, le forme di Ettore, la voce di Stentore : ecco il Kìvaro in azione d'oratore.

Una finta battaglia.

« Uno dei capitani, continua il missionario, si piantò in mezzo al circolo e, dato un ordine, divise la gente in due squadre. Ebbe luogo una manovra : una finta battaglia.

Due capi si avanzarono per venire a trattative. Alla distanza di tre passi, il volto fiero, dipinto a vari colori , la fronte altiera, coronata di piume, brillante come quella di un sovrano , il petto gonfio, coperto di una corazza di ciondoli, la lancia in una mano e l'altra mano alla bocca, incominciò il dialogo, al principio grave e solenne, ricordando l'antica amicizia, poi agitato e nervoso, accennando alle ingiurie fatte o ricevute , finalmente minaccioso e furente.

I corpi degli oratori si contorcevano come serpi ; i petti ardenti di vendetta, sembravano mantici ; gli occhi dell'uno fissi in quelli dell'altro parevano due pietre ignee ; or l'uno or l'altro piede batteva forte al suolo ; il braccio che afferrava la lancia fendeva l'aria come scossa dall'elettricità ; le teste vibravano senza posa ; le chiome si diffondevano al vento sugli omeri ignudi ; le lancie guizzavano come lampi, per ogni lato. Da ogni membro e dalle lance stesse, quasi fossero animate, pareva uscire un fremito di terribile eloquenza ; l'atmosfera pareva satura di furore e di fuoco ; mentre i poggi vicini, ripercuotendo l'eco delle vicendevoli ed alte grida, parevano rispondere ed approvare quei feroci sentimenti.

Tutti gli altri kìvari erano rimasti sull'attenti e silenziosi mentre durò l'abboccamento. Ma ad un cenno del comandante, quello si troncò d'un tratto, e con un grido generale di morte, l'una parte si sbandò nel bosco, l'altra rimase alla difesa. Dopo breve intervallo, s'ode echeggiare la foresta di grida selvagge, d'urli feroci di vendetta e di strage : Ihiùta, ihiùta! ferisci, ferisci ! mainghita, mainghíta ! ammazza, ammazza ! Gli assaliti si dirigono a varie parti brancicando fra gli arruffati cespugli, i triboli e i roveti spinosi, scivolando fra gli intralciati tronchi, onde respingere gli assalitori o prenderli alle spalle. Ma questi li incalzano da ogni dove, li chiudono in un cerchio, li obbligano alla resa.

Vi fu un momento di tregua, del quale approfittò il Vescovo per fare ai selvaggi qualche regalo ; per appendere ai loro petti una piccola croce od una medaglia della Vergine. Poi disse loro in modo da farsi capire : « Figliuoli, non pensate alla guerra ; nulla vi gioverà, anzi perderete tutto. Andate alla Missione ; là aspettateci, finchè noi ritorniamo. Vi insegneremo molte cose che vi faranno felici ; vi regaleremo bellissimi oggetti... »

E voleva continuare ; ma il fuoco della disputa si era acceso nuovamente.

In quel momento uno degli oratori s'accostò al P. Kívaro, e con molta gravità gli sussurrò all'orecchio

- Se vuoi essere Kìvaro, devi brandire la lancia e far molti discorsi.

Per non perdere la giornata, i missionari, lasciate là le loro guide, si misero soli in cammino, recitando l'Angelus... »

I sentimenti religiosi dei Kivari.

Il culto pei morti e la credenza in una vita futura è uno dei caratteri più originali e comuni delle tribù selvagge americane. Esso solo basterebbe a dimostrarne la loro religiosità, anche prescindendo da molti altri usi, riferiti dal nostro missionario : perciò egli dice « che non capisce come certi viaggiatori, e fra essi due missionarii dell'Equatore ed uno della Terra del Fuoco, forse ripetendosi l'un l'altro, abbiano potuto scrivere con somma disinvoltura che le corrispondenti tribù sono atee, non ostante la contraddizione della filosofia, della storia, e dell'antropologia. Certo i detti selvaggi, in generale, non posseggono una idea filosofica di Dio, e neppure una forma determinata di un culto cosciente. Ma non crediamo che ciò sia mestieri sostanzialmente per essere religiosi. »

I kívari credono all'esistenza di uno spirito buono che chiamano Yúsa (Dio) e di uno spirito cattivo l'Iguanci, ossia il demonio. Pel primo non hanno nessun culto, pel secondo hanno un grande spavento. «Se la loro religiosità non può essere corroborata con questa parola Yusa (Dio); poichè essa non è kívara, ma evidentemente è una corruzione dello spaguolo Diós (da Diós à Diús: e da Diuss' a Yúsa c'è poca distanza)» tuttavia il nostro Missionario dice « che se dobbiamo credere alle parole, essi fra le altre ne hanno una che dimostra non essere questi selvaggi veramente materialisti come si pretenderebbe. Questa parola è wakàne (anima) che ha un senso tutto spirituale, a differenza di quelle d'altri popoli che per dir anima si servono di metafore tolte da cose materiali, come cuore, midollo, ecc. »

Ma a renderci certi della loro religiosità convergono moltissimi loro usi. Fra questi ci pare importante di ricordare il ricorrere che essi fanno all'Iguanci per conoscere il suo volere od avere il suo consiglio in certe circostanze, e con qual rito ! In mezzo alle loro foreste, a quando a quando s'incontrano delle piccole capanne dall'ossatura di legna, rivestite di foglie di palma. Non sono abitazioni umane, sono i veri tempii del diavolo. Dai kivari son dette iyàmtei, cioè tempii dei sogni. L'infelice indio, quando vuol sognare, beve il natèma, un narcotico potentissimo che prolunga il suo sonno per più giorni, si sdraia nello iyàmtei, e sogna ! Ad impedire in questo tempo l'avvicinarsi fatale delle tigri, egli ha la precauzione di accendere una catasta di cattzurum numi, cioè di legno duro, i cui tizzoni continuano ad ardere più giorni, nelle vicinanze del sognatorio. Il natèma è una radice che si secca, si macera e si cuoce : bevutala l'uomo resta fuori di sè per due o tre giorni, immerso in un profondo sonno. Talora fanno uso di un'altra radice, chiamata maiguà, e allora dormono cinque o sei giorni. E questo, per gli infelici Kivari, è un vero culto idolatrico.

Il loro sentimento religioso appare anche dal culto che hanno pei morti.

Culto pei morti.

Ecco la scena che seguì alla morte di un indio battezzato, il vecchio capitano Tuledu. « Da ogni angolo della casa si levarono gemiti e lamenti che laceravano il cuore. I bambini fuggirono inorriditi, e le loro strida risuonavano nel bosco. Il figlio maggiore Cayuca stramazzò sulla nuda terra e si mise ad ululare e ruggire come un leone ferito. Degli altri figli chi si gettava ai piedi del defunto padre, chi spezzava le lancie, e chi si strappava i cappelli e le carni.

Le donne e gli altri parenti correvano disperati da una parte all'altra levando altissimi lai e ferendosi con spina le braccia ed i petti, sì da farne stillare copioso sangue.

La vecchia moglie Tatzéma si era rovesciata attraverso il cadavere del marito, invocando chi la trafiggesse e la facesse morire con lui. Poi, sfinita dal pianto e dalle strida rimase là come morta finchè ne la tolsero.

- Usciamo, usciamo di qua - disse pieno d'angoscia il prelato : - lasciamo che la natura sia rimedio alle ferite di questi cuori disgraziati.

Ed i missionari s'avviarono verso il fiume Cucipamba, che correva a pochi passi, dove, slegata la canoa, passarono in essa all'altra sponda, per catechizzare la famiglia di Anguàsha.

Allora tutti i piangenti, facendo un coro di gemiti e di sospiri, si dipinsero a nero, e, senza che s'interrompesse il lamento, si udirono uscire da quei petti i più dolorosi accenti e le più calde proteste di amore verso il defunto.

- Ah ! chi mi darà ch'io veda ancora la luce dei tuoi occhi, oh padre mio - ululava il figlio maggiore. - Tu sei scomparso : il sole ha spento per sempre il suo splendore. Io andrò cieco e ramingo su questa terra (1).

- Io ti seguirò - esclamava un altro dei figli nell'oscurità della tomba, ovunque tu vada. Io vendicherò la tua morte.

Altrove s'udiva

- Chi era più forte, più valoroso di te ? Chi fece tremare più nemici, chi riportò tante vittorie e tante shanshe? Chi ci difenderà dai nemici ? Tu eri l'orgoglio dei Kivari, il loro braccio forte.

Ed altri aggiungeva

- Tu eri la vita della mia vita ; tu m'eri più caro del sangue mio ; tu eri per me l'aria, la luce, il calore. Io morirò con te.

- Ah ! perchè sono io nata ? - ripeteva la consorte - per vederti morire ? E come posso io vivere, se non morendo con te ? Chi mi riceverà nella sua casa ? Chi mi darà un pezzo di yuca? A chi darò la ciccia e la guayuza? (2). A chi porterò i banani del campo ? Per chi vivrò io? No : io sarò morta finchè non possa morire.

E così , di gemiti e di pianti quegli animi schiantati riempivano la casa e la foresta.

Dopo alcune ore di non interrotti lai si ritirarono tutti. In sul tramonto ritornarono le donne portando molte pigninghe di yuca, banani, ciccia e carne porcina e le collocarono intorno al morto perchè si alimentasse durante il viaggio di oltre tomba... Gli uomini avevano tagliato ampie foglie di banani e di palme. Vennero e, facendone un letto, vi adagiarono sopra il cadavere ; poi lo coprirono con altre foglie, formandone una tomba

Calmato un poco lo spasimo della famiglia, gli uomini presero le loro armi ; le donne, le masserizie e, rinnovato il pianto, abbandonarono la casa. Ma la povera vedova non si volle muovere dal fianco del morto compagno, se non strascinata da molte braccia e riempiendo l'aria di strazianti grida.

Indi le porte di quella casa trasformata in sepolcro furono chiuse per sempre affinché nessun vivo profanasse la pace del morto.

La famiglia abbandonò quella casa del dolore e andò a vivere nell'abitazione del figlio maggiore, sulla sponda destra del Cucipamba, in fronte a quella di Anguàsha....

Due ultime spigolature.

A completare il ritratto dei Kívari, quale sorge dalle pagine riportate, aggiungiamo due ultime spigolature ; l'una, che ci dà le più curiose riflessioni di alcuni selvaggi ; l'altra, che ci descrive il battesimo di un indio.

Strani commenti.

I nostri erano in missione. Il P. Kivaro s'era sforzato di far sentire la sua predica ad un'accolta di selvaggi, che finirono per farne argomento di infinite discussioni. Mentre durava il parlamento, i missionari rizzaron l' altare fuori della casa, e invano invitarono gl'indii alla santa Messa. Celebrarono quindi tutti e tre : Mons. Costamagna e i due sacerdoti. Gli indii « passavano davanti all'altare ; osservavano i sacri ornamenti, poi scuotendosi, grattandosi e fregandosi la persona contro la palizzata della porta (erano coperti di scabbia) rientravano a portare nuovi argomenti sul tappeto dei discorsi. »

Eccoli nella loro ingenuità.

- L'Aparu obispo ha vestito un lungo taràci bianco (una tunica bianca).

- Sì , e se n'è messo un altro simile ad una foglia di banano, quando è ingemmata dalla rugiada e coperta di farfalle azzurre, verdi, rosse, gialle, rosa, screziate d'oro e d'argento.

- Io vorrei che mi regalasse quel taraci per la mia donna.

- Io ne farei un itipi per le visite.

- Avete visto l'apàci (il P. Kivaro), che si è inchinato profondamente a terra e si è battuto il petto ? Segno che gli duole il ventre. Gli farebbe bene la guayuza

- Un'altra volta si è inchinato ed ha soffiato sopra una yuca rotonda e bianchissima ; poi fece lo stesso con un guscio rotondo e brillante più che le ali dei beccafiori e più che il ventre della cucúja (1), entro cui era una ciccia rossa.

- E l'ha mangiata la yuca, e l'ha bevuta la ciccia rossa !

- No : non dev'essere ciccia ! Perchè poco dopo, deposto il taraci e la camicia lunga, cadde sulle ginocchia e s'addormentò. Egli deve aver bevuto il natèma !....

Il battesimo di un indio.

Sospirata dai missionarii, dai cristiani e dai selvaggi, spuntò l'alba del 15 agosto, dell'anno 19o2: la festa della Yúsa nukuà, l'Assunzione di Maria...

I selvaggi che avevano partecipato alla missione trepidavano in grande aspettativa. Presto i fedeli gremirono l'umile chiesa ; nei presbitero si disposero i kivari preparati ai sacramenti ; e attorno alla balaustrata le kívare... Fra la generale ammirazione il Vescovo vestì gli ornamenti pontificali ; e non mancò alcun neofito che non credesse quegli oggetti preziosi essere destinati a sè ed alla sua donna.

Prima che cominciasse la Messa, Cingúgni fu battezzato dal Padre Kivaro. Colla fronte alta, lo sguardo fiero e la voce decisa, rispose a tutte le domande del rituale, che il sacerdote dirigevagli prima in latino, poi nella sua energica lingua.

- Come ti chiami ?

- Forse non mi conosci ? Sono Cingúgni, il figlio di Sandu.

- Però osservogli il padrino - d'ora innanzi ti chiamerai anche Giuseppe, Maria, Gioachino...

- Che chiedi ?

- Te l'ho già detto che voglio essere cristiano !

Poi, quando il Missionario gli fece le inalazioni sul volto

Che fai ? --- domandò il selvaggio.

- Caccio fuori l'Iguànci con tutti i suoi malanni - rispose il sacerdote.

- Va bene - soggiunse il neofito - Che se ne vada per sempre !

Alla domanda: Detesti l'Iguànci? Cingugni stette in forse, dubitando non fosse obbligato ad amarlo come gli altri nemici. Ma rassicurato da un gesto del Padre, rispose battendo il piede ed alzando il braccio

- Certo che lo detesto, perchè è molto cattivo.

Prometti che non berrai più il natéma e non andrai più a sognare coll'Iguanci ?

- Non berrò ; non sognerò.

Il sacerdote, secondo il rituale, ripetè altre due volte la domanda

Come ti chiami ? » onde il selvaggio

- E quante volte te l'ho da dire ! Mi chiamo Cingugni, Giuseppe, Maria... ma non lo dimenticare.

Fu condotto al fonte ; inchinò il suo rozzo capo, ricevette l'acqua rigeneratrice ; poi domandò

- Ora, sono cristiano ?

- Sì - gli fu risposto : - ora sei fratello di Gesù Cristo.

- E non ho più nessun male nell'anima mia ?

- No : ora in te tutto è bello ; tu sei pulito per quest'acqua ; tu sei bianco siccome quest'abito che ora indossi. - E così dicendo il sacerdote lo vestì di una tunica di bianco lino.

- Bene, bene, maagketa: adesso sono contento !.. E questo vestito me lo regali : non è vero ?

- Sì, ma non l'indosserai. Com'esso sia sempre bianca l'anima tua...

Così apparve il neo cristiano tra i fedeli, ricevuto dal sorriso e dalla grazia di tutti...

A conclusione di queste interessanti notizie, che scolpiscono mirabilmente il carattere delle tribù kivare, raccomandiamo vivamente alla carità ed alle preghiere dei Cooperatori l'importante Missione di Gualaquiza. Se non mancassero mezzi e personale, quanto maggior bene si potrebbe fare in mezzo a quelle foreste ! Si potrebbero stabilire altre residenze, soprattutto si potrebbero volgere i passi verso Mendez e il Pongo, ove si trova il maggior numero dei selvaggi appartenenti al Vicariato. Eppure, non v'è finora che una sola residenza stabile di missionari...

(*) Continuazione. - Vedi il BOLLETTINO di novembre, pag. 334. - Questo lavoro, che in realtà è la seconda parte della relazione da noi pubblicata negli anni 1902 e 1903 col titolo Attraverso l'Equatore, ha la forma di un bel racconto ed uscirà (col titolo Katipi) nella nostra collana di LETTURE AMENE in questo mese. Siccome pone in piena luce la vita e i costumi dei poveri Kivari e le non leggere fatiche che debbono incontrare i nostri missionari per la loro civilizzazione, siamo certi che esso tornerà gradito a molti Cooperatori. Si potrà avere da tutte le Librerie Salesiane.
Queste nostre spigolature poi, benchè in parte ripetano cose già dette, tuttavia hanno molto di nuovo, che le rende assai interessanti. (N. d. R.). (1) Specie di cotone. (1) La tribù dei Cara o Sciri, che vennero dal Pacifico circa mille anni dopo Cristo, a quanto pare.

(2) Gli Incas, padroni del Perù. Nel secolo XV s'impadronirono delle regioni che formano la parte civilizzata dell'Equatore. (3) Apaci é contrazione del diminuitivo aparuci, padre, babbo. Si applica questa parola al missionario ed anche talvolta ai cristiani.

(4) Le Vergini consacrate a Dio.

(5) La cionta è una palma, dalla corteccia somigliante all'ebano, il cui frutto matura precisamente una volta all'anno. Quindi l'espressione suddetta equivale a questa: Sono passati 30o anni (10X10X3)=300. (1) Non si creda esagerata questa scena. Le tribù americane conservano assai del sentimento orientale. (Nota dell'autore).

(2) Infusione d'erba emetica. (1) Lucciola, grossa come una fava.

In fascio

VIEDMA (PATAGONIA) - Ci vennero inviate alcune fotografie della Colonia Agricola di Viedma che riproduciamo in questo numero.

La Colonia venne impiantata, nel 1891, da Mons. Cagliero. Occupa una bellissima posizione sulla sponda destra del Rio Negro, incolta prima e piena di sterpi, oggi convertita in campagna fertilissima. È l'ammirazione di quanti la videro trasformarsi : e serve pure di modello e d'incoraggiamento a' molti coloni nostri connazionali, dei quali non pochi appresero in essa i principi pratici di agricoltura razionale.

In essa si coltivano con esito soddisfacente la vite ed ogni sorta di cereali e legumi.

Quest'anno, affin di dare maggior sviluppo ai cereali, si penserà a provvederla di un impianto per l'irrigazione artificiale; e ciò servirà di forte stimolo ai vicini agricoltori. Gli alunni del collegio della missione, compresi gli studenti, han tutti nella Colonia un'istruzione pratica di agricoltura, con esito consolante. Basti il rilevare, che i figli stessi degli indigeni, ivi educati, tornando ai loro ranchos si fanno felicemente propagatori de' principi agricoli che vi hanno imparato. Così, in quelle terre lontane, insieme colla luce del Vangelo si fa sempre più conoscere ed apprezzare quella gran fonte di benessere materiale, che è l'agricoltura.

MATTO GROSSO - Il Missionario D. Antonio Malan, Superiore delle Missioni Salesiane nel Matto Grosso, ci ha inviato una relazione interessantissima degli indii della Colonia del S. Cuore di Gesú e della fondazione della nuova Colonia dell'Immacolata Concezione al Rio das Garças fra gli stessi indii Coroados, accompagnandocela con molte fotografie. Sarà un vero regalo che potremo fare ai lettori nel prossimo numero.

In memoria. - Il 9 corrente si compie il decimo anniversario della morte del nostro D. Unia. Chi non ricorda questo degnissimo figlio di Don Bosco? L'eroica missione che con tanto zelo iniziò e continuò per cinque anni a pro degli infermi di Agua de Dios in Colombia, gli ha giustamente meritato il glorioso titolo di Apostolo dei Lebbrosi. Ricordando la mesta riccorrenza, preghiamo i lettori di un affettuoso suffragio per questo nostro Missionario, la cui memoria sarà sempre in benedizione.

IL CULTO di MARIA AUSILIATRICE

Noi siamo persuasi, che nelle vicende dolorose dei tempi che corrono non ci restano altri conforti che quelli del cielo, e tra questi l'intercessione potente di quella benedetta che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani.   PIO PP. X.

X.

La Patrona delle Opere Salesiane.

DANDO uno sguardo allo sviluppo del tenerissimo culto a Maria Ausiliatrice, ognun vede come la Divina Provvidenza si sia servita di D. Bosco - e in modo meraviglioso - per diffondere largamente questa soavissima divozione. Ma forse non tutti sanno, come la Divina Provvidenza si sia anche servita e si serva di Maria Ausiliatrice - in modo ancor più meraviglioso - per aiutare quotidianamente le Opere di D. Bosco.

Eppure l'esperienza dimostra, che di quanti ricorrono a Maria Ausiliatrice, quelli che fanno o promettono qualche offerta a benefizio del suo Santuario di Valdocco o a benefizio delle Opere Salesiane, sono più facilmente e prontamente ascoltati nelle loro preghiere.

È vero, infatti, che la Madonna ascolta dappertutto le preghiere de' suoi divoti, ed aiuta tutti quelli che a Lei ricorrono con le dovute disposizioni ; ma ognun vede come vi siano dei luoghi e delle immagini, per cui in modo speciale Ella dispensa, a chi l'invoca, le sue beneficenze e le sue grazie.

Ebbene, ai nostri giorni, uno di questi troni di misericordia è appunto il Santuario di Valdocco ; una di queste immagini prodigiose è Quella « che stupendamente dipinta fra gli Apostoli che le fanno ossequiosa corona, alza lo scettro colla destra, mentre il pargoletto Gesù sta graziosamente seduto sul braccio sinistro di Lei » (1); ma questa santa Immagine è sempre la Madonna di Don Bosco ; e dei vari mezzi con cui da Lei si ottengono tanti favori, come dice l'esperienza, il più pronto e sicuro si è

- Compiere una breve novena; accostarsi, potendo, ai SS. Sacramenti ; e poi, fare o promettere una qualche offerta a vantaggio del Santuario e delle Opere Salesiane, che possono anche chiamarsi: Opere di Maria Ausiliatrice.

Infatti, come si esprime il reverendissimo Don Michele Rua, successore di Don Bosco per noi Maria Ausiliatrice è tutto. É dessa che ispirò e guidò prodigiosamente il nostro Don Bosco in tutte le sue grandi imprese: è dessa che continuò e continua tuttodì tale materna assistenza sulle nostre opere, per cui possiamo ripetere con D. Bosco, che tutto che abbiamo lo dobbiamo a Maria Ausiliatrice. Così Don Rua (2).

E che diceva Don Bosco?

Alle persone d'ogni ceto che andavano a domandargli che dovessero fare per ottenere dalla Madonna qualche particolar favore, inculcava la pratica di una breve novena a Maria SS. Ausiliatrice, ma quello che egli teneva e suggeriva come il mezzo più sicuro a muovere la misericordia di Dio era l'accostarsi ai SS. Sacramenti e la elemosina.

Riguardo a quest'ultima fu udito più volte levar la voce contro quella specie di dìffidenza che promette un'offerta nel caso di un buon successo e tutto infiammato esclamare : « Non tocca all'uomo metter delle condizioni al Creatore; bisogna cominciare a donare con larghezza senza riserve, nè restrizioni; allora sì che il Signore apre le sue mani e distribuisce le sue larghezze. Date, se volete che vi sia dato. L'esperienza dimostra che questa è la via migliore per ottenere le grazie più segnalate : io l'ho toccato con mano migliaia di volle» (3).

Nella lettera-testamento, che lasciò pei Cooperatori, scrisse di suo pugno queste altre gravi parole : « In questi tempi, facendosi molto sentire la mancanza dei mezzi materiali per educare e far educare nella fede e nel buon costume i giovavetti più poveri ed abbandonati, la Vergine Santa si costituì Essa medesima loro protettrice; e perciò ottiene ai loro Benefattori e alle loro Benefattrici molte grazie spirituali ed anche temporali straordinarie. »

A Mons. Cagliero, che l'assisteva nell'ultima malattia, disse chiaramente : « Quelli che desiderano grazie da Maria Ausiliatrice, aiutino le nostre Missioni e saranno sicuri di ottenerle » (1).

A tali parole, non occorron commenti. Quindi conchiudiamo, augurandoci con tutto il cuore, che ogni divoto della celeste Patrona delle Opere Salesiane abbia a ripetere in punto di morte le stesse parole che proferì D. Bosco negli ultimi giorni di sua vita, fissando amorosamente un'immagine di Maria Ausiliatrice

Ho SEMPRE AVUTO TUTTA LA MIA FIDUCIA... IN MARIA AUSILIATRICE ! » (2).

(1) Breve di S. S. Leone XIII, 13 febbraio 190,3.

(2) Ved. Bollettino, marzo 1903. (3) Ved. Bollettino, maggio 1900.

(1) Ved. Bollettino, aprile 1888. (2) Ivi.

NUOVE CHIESE E CAPPELLE.

MADRID - Inaugurazione di una nuova chiesa, dedicata a Maria Ausiliatrice. - Il 12 ottobre, giorno consacrato dalla Spagna alla Madonna del Pilar, Patrona del Regno, inauguravasi a Madrid una nuova chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice. Il sacro edifizio, dello stile del rinascimento, è largo dodici metri, lungo quaranta. L'elegantissimo altar maggiore è dominato da un'artistica statua di Maria Ausiliatrice, eseguita dalle Scuole Professionali di Sarrià-Barcellona. Una fascia, che gira attorno l'arco del coro, porta scritto a grandi caratteri : AEdificavit sibi domum Maria! . Maria Ausiliatrice che si è da se stessa fabbricato questo tempio !... prova esplicita delle grazie e dei celesti favori, che accompagnarono l'erezione dell'edifizio.

L'inaugurazione fu solenne. La funzione di rito fu compiuta dal rev.mo Mons. D. Javier Vales y Tailde, vicario generale, che vi celebrò anche la prima messa, nella quale si usò per la prima volta un prezioso calice, inviato in dono da S. A. R. Donna Maria Teresa, Infante di Spagna. Alla messa solenne si eseguì musica del Palestrina a 4 voci, e disse l'orazione di circostanza il nostro illustre e fervente amico, il rev.mo P. Cadenas S. J che commosse ed entusiasmò profondamente l'eletto ed affollato uditorio. Alla sera si cominciò un triduo solenne con discorsi di un altro illustre padre gesuita, il rev.mo P. Sànchez, il quale, trattando delle glorie della nostra Patrona, efficacemente animò i fedeli a correre ai piedi di Maria Ausiliatrice in tutti i bisogni della vita.

Feste e date memorande.

SANTIAGO del CHILI - Solenissima Incoronazione dell'Immagine di Maria SS. Ausiliatrice, venerata nel tempio della « Gratitud Nacional ». Nel tempio della Gratitud Nacional in Santiago, si venera da molti anni una delle più belle e fedeli riproduzioni della Taumaturga Immagine di Maria SS. Ausiliatrice. Per questo, mèta di continue pie pellegrinazioni è quel sacro tempio, ed oggetto di culto speciale quella venerata Effige. Era quindi conveniente, ad assecondare l'onda di devozione ognor più intensa, che a questa sacra Effige venisse tributato l'omaggio solenne dell'incoronazione. E così si volle. A questo fine si scelse il giorno 8 settembre. In posti d'onore assistettero all'augusta cerimonia compiuta dall'arcivescovo Mons. Pietro Monti, Delegato Apostolico, molti membri del Governo, alti funzionari, e quanto ha di più eletto la cittadinanza di Santiago, mentre rigurgitavano di fedeli non pure il tempio ma tutte le ampie gallerie. Un tal rito, sempre commovente, avrà un ricordo indelebile in quanti vi furono presenti. Le auree corone vennero eseguite sull'identico disegno di quelle imposte alla taumaturga Immagine di Valdocco. Le feste si prolungarono per tre giorni e ben sei vescovi vi presero parte. Gli oratori furono l'Ecc.mo Vescovo di Ancud, Mons. Angel Jara nel primo giorno, il P. Soler nel secondo, Mons. Giacomo Costamagna nel terzo.

Con delicato pensiero, la mattina dopo il triduo dei festeggiamenti, si celebrò un ufficio funebre per tutti gli eroi caduti nella guerra del Pacifico del 1879, alcuni dei quali riposano nella cripta del tempio. Alle 11 il Cappellano Maggiore dell'esercito celebrò la santa messa per quelle anime valorose, cui nei suffragi si vollero unite pur quelle di tutti i defunti benefattori. L'assoluzione venne impartita nella cripta.

Cartoline illustrate coi ritratti dei vescovi che parteciparono ai solenni festeggiamenti e molti giornali e periodici con belle incisioni di circostanza, celebrarono questo glorioso avvenimento, che segna un'altra data memoranda nei fasti del Culto di Maria SS. Ausiliatrice.

IL 24 DEL MESE consacrato a Maria SS. Ausiliatrice.

ANcHE a CALTANISSETTA s'iniziò questa piissima pratica. Con previo permesso dell'Autorità Ecclesiastica locale, per cura del zelantissimo Cooperatore Prof. Michele Cucugliata, nella Chiesa di Maria Maggiore, detta della Saccara, dove il 28 maggio u. s. solennemente prese sede provvisoria, come sacro deposito, una nuova e bellissima statua della Madonna di Don Bosco, il 24 ottobre u. s. s'iniziò questa cara divozione del 24 del mese.

Il felicissimo pensiero fu accolto entusiasticamente dai fedeli, e da tutti i Cooperatori Salesiani in ispecial modo.

La mattina del 24, con l'intervento dei Cooperatori, celebrò la Messa il novello Sac. Rev. D. Abbate Ignazio, cooperatore Salesiano, durante la quale un numeroso stuolo di fedeli si accostò alla Sacra Mensa.

La sera, si cantarono solennemente le Litanie Lauretane e la Salve Regina, quindi recitò un fervorino d'occasione il cooperatore rev. Sac. D. Michele Amico. Si chiuse la festiciuola colla Benedizione del Santissimo.

L'Aurora di Caltanisetta, che ci reca queste notizie, fa voti perchè nella stessa città vadano a stabilirsi quanto prima anche i Salesiani ; noi deponiamo l'augurio ai piedi di Maria Ausiliatrice.

GRAZIE dí MARIA AUSILIATRICE

«Pregala e spera!... »

Già da qualche tempo malaticcia, verso la metà di maggio fui colta da febbri così forti che mi obbligarono a letto. Venuto il medico, trovò che la febbre era giunta a 40 gradi, con molta probabilità d'aumento; onde mi furono prodigate prontamente tutte le cure necessarie. La febbre in allora cessò, ma dopo qualche giorno tornò, quantunque più leggera; e poichè mi sentiva una straordinaria prostrazione di forze, il dottor curante volle visitarmi attentamente. E così fece. Ma ritirato ch'egli si fu nella camera attigua a parlare con la mamma, io, tendendo l'orecchio, potei ben capire ch'egli temeva di un tumore interno e quindi mi obbligava a letto per un mese, in attesa di qualche soluzione. A tali parole a me scoppiò il cuore ; onde, tornata la buona mamma al mio capezzale, mi trovò disfatta in lagrime, in uno stato abbattuto e quasi disperato. La buona donna cercò in mille modi di confortarmi, dicendomi che a nulla avrebbero giovato le mie lagrime, che anzi mi potevano esser fatali. Era appunto il mattino del 15 maggio. Stanca dal piangere, i miei occhi si volgevano attorno le pareti della camera come a cercare un aiuto. E l'aiuto mi parve di scorgerlo in un piccolo quadro di Maria Ausiliatrice che tengo a me vicino, poichè mentre lo fissava, una voce mi diceva: « Pregala e spera!... sai bene che comincia la grande novena nel Santuario di Valdocco in Torino... falla tu pure!... » Mi sovvenni d'avere una medaglia di Maria SS. Ausiliatrice; la presi, me la posi al collo con gran fiducia, e cominciai anch'io la novena, promettendo d'inviare una piccola offerta al suo Santuario e di rendere pubblica la grazia. Oh! bontà di Maria! Che a Te ricorra ogni infelice, poichè non sarà mai deluso nelle sue speranze! Dopo solo due giorni, il male scomparve ed io fui dichiarata fuor d'ogni pericolo e in via di prossima guarigione. Infatti con mia grande consolazione, nel giorno solenne della sua festa, il 24 maggio, potei recarmi in chiesa a ringraziar la Madonna e ricevere la S. Comunione con gran trasporto di gioia di tutta la famiglia. Felice di adempiere, sebbene un po' tardi, alla promessa, imploro dalla gran Vergine Ausiliatrice nuove grazie e favori di cui tanto abbisogno, certa che Ella, tanto buona e pietosa, vorrà sempre continuarmi la sua protezione.

Ghislarengo, 14 agosto 19o5.

EUGENIA RIVALDO

Cooperatrice salesiana. Grazie, o Maria Ausiliatrice!

Da giorni attendeva il ritorno di mio marito da' soliti suoi lavori di giardinaggio : ed una sera, mentre io mi recava in chiesa per ascoltare la parola di Dio, incontrai appunto mio marito. Sorpresa e lieta lo salutai, ma egli mi guardò tutto serio e continuò ad avviarsi verso casa brontolando. Lo seguii trepidante ! Ahimè ! aveva gli occhi foschi e stralunati, ed un'espressione accorata non solo, ma inebetita. Appena in casa, si pose a gridare : « I carabinieri mi perseguitano, io dovrò finire in prigione... anche sul treno hanno tentato di uccidermi ; fortuna che la Madonna mi ha aiutato ! » E continuava, smozzicando altre frasi tronche, inconcludenti. Con dolore mi persuasi che mio marito era divenuto pazzo. Mandai pel medico, e questi attribuì l'improvvisa alienazione mentale ad un colpo di sole. Gli si prestarono tutte le cure suggerite dall'arte, ma invano. Mio marito continuava a dare in ismanie e minacciava di gettarsi nel fiume che bagna il nostro paesello. Nell'angoscia terribile ricorsi all'Ausiliatrice Santa: La pregai e La feci pregare da tante anime buone, e Le promisi che se m'avesse concesso la guarigione di mio marito, avrei pubblicato nel Bollettino Salesiano la grazia segnalata. Oh portento di Maria! Poco dopo la mia promessa, poco dopo le fervide preghiere, mio marito acquistò la calma ed il buon senso; ed ora me lo rivedo buono, calmo, sereno, tutto dedito a' suoi lavori, tutto per la sua famiglia. Grazie, o Maria SS. Ausiliatrice ; potrò io mai ringraziarti quanto meriti ? Tu mi fosti Madre, ed io fino alla morte mi studierò di manifestarti la mia riconoscenza.

Olgiate Olona, 11 settembre 19o5.

SANTINA CALONI.

Una gravissima operazione scongiurata.

Una febbre lenta mi consumava, causa un tumore interno, e si aspettava ad operarmi non appena fossi alquanto in forze. Il chirurgo benchè valentissimo, non assicurava affatto la buona riuscita dell'operazione e non solo lo disse a mio marito ed alle persone di casa, ma a me, stessa onde dispormi, se così fosse, anche al passaggio all'altra vita. Io non mi faceva coraggio, perchè il male mi consumava orribilmente; ma essendo cooperatrice salesiana scorro il Bollettino e leggo : Tre operazioni scongiurate! Mi venne subito la speranza, e scrissi a Torino per far incominciare una novena in onore di Maria Ausiliatrice, ed ebbi pronta risposta. Eravamo ai primi di gennaio mi si consigliava di accostarmi ai SS. Sacramenti e dire alcune brevi orazioni. Subito aderii. Mi trovava alla mia scuola di Vasciano (Umbria-Todi), e stentatamente disimpegnava il mio gravoso ufficio. Il 15 gennaio con molta fatica mi recai alla chiesa del suddetto villaggio per accostarmi ai SS. Sacramenti; la sera dissi le preghiere indicate, ma intanto peggiorava sempre, a segno che al nono giorno della novena in mezzo a dolori spasmodici io aveva 40 gradi di febbre. Torno a scrivere, inviando alla Vergine il mio tenue obolo; mentre chiedo una licenza di due mesi per poter subire l'operazione. Ed ecco che ad ogni visita medica il tumore diminuisce prodigiosamente... Ai primi di aprile era del tutto ristabilita. Ora godo florida salute, e rendo vive grazie all'Ausiliatrice potente che mi ha mirabilmente sanata.

Todi (Umbria), novembre 19o5.

ADALGISA SERAFINA DOMINICI, Maestra.

Mergoscia (Cant. Ticino). - Nel passato mese di settembre mia moglie si trovò in grave pericolo di vita. Aveva già ricevuto gli ultimi conforti religiosi. In quei momenti di grande affanno ci rivolgemmo alla Madre delle misericordie, invocammo la pietosa Ausiliatrice dei Cristiani, e non invano.

Il pericolo cessò, e si deve eterna riconoscenza alla Madonna se l'inferma migliorò in salute, e fu conservata all'affetto dei parenti ed al bene dei nostri quattro innocenti bambini. Mando un'offerta in adempimento di una promessa, e cento e mille volte ripeto : « Grazie a Maria SS. Aiuto dei Cristiani, tu sei sempre la dolce speranza e la potente protettrice della mia famiglia ! »

Ottobre 1905.

CAMPINI LUIGI di EUGENIO.

S. Cristoforo di Gavi. - Due anni or sono, ai primi di novembre, fui costretto a lasciare gli studi ed il collegio per malattia. I medici curanti, dopo parecchie prove, dichiararono che si trattava di pleurite tubercolare. Si tentarono tutte le cure che ognun può immaginare, ma ahimè! sempre con infelice successo ; di modo che negli scorsi mesi di aprile, maggio e giugno fui costretto a stare continuamente a letto quasi immobile e assoggettarmi circa ogni dieci giorni a continue operazioni. Le mie carni andavano deperendo, ed io mi vedeva ridotto ad uno stato foriero di una non lontana catastrofe. I medici, vedendo inefficace ogni rimedio, non dissimulavano la mia fine vicina. Conobbi allora la necessità di una grazia per riacquistare la tanto desiderata salute ; e pregai e feci pregare con gran fiducia la cara Ausiliatrice, facendo voto di pubblicare la grazia e di inviare una piccola offerta àl suo Santuario in Torino. Si fecero infatti preghiere, in casa dai genitori, in collegio dai miei ottimi superiori e compagni, e la grazia si ottenne ora sono in piena salute. Riconoscentissimo verso la Vergine Ausiliatrice le rendo, benchè un po' tardi, le dovute grazie.

S. Cristoforo, 2 ottobre 19o5.

BORRA CESARE allievo dell'Ospizio S. Vincenzo de' Paoli di Sampierdarena.

Atocha (Ambato-Ecuador). - Una domenica del mese di luglio u. s. m'incontravo al capezzale di un infermo nell'ospedale di Ambato. Il poveretto era in putrefazione, aveva ancora poche ore contate di esistenza e non era rassegnato alla morte. Vedendo inutile ogni mia esortazione, mi raccolsi un momento e recitai un'Ave Maria, pregando la nostra Celeste Ausiliatrice, perchè volesse Lei toccare il cuore a quell'anima. Fu una preghiera d'un istante, ma appena mi volsi di nuovo all'infermo, questi era cambiato : e morì poche ore dopo in modo edificante.

Una signorina colta da assai molesta infermità pregò Maria SS. a sanarla senza medicine. Esaudita, dà pubbliche grazie.

Una famiglia nobile, ma in gravissime necessità, trovavasi in terribili strettezze, che non osava palesare : eppure c'era di mezzo la vita del capo, sposo e padre oltre ogni dire amato e necessario per la comune esistenza. Una delle sue figlie, piena di fiducia in Colei che giustamente è detta l'Ausiliatrice dei Cristiani, accorse ai piedi di Maria, a Lei piena di confidenza nominò due persone, perché le ispirasse ad accorrere in segreto aiuto. Poche ore dopo, la preghiera era esaudita-; e senza rossore della parte beneficata, le persone ricordate a Maria, come divinamente mosse, mandarono generoso soccorso. Per ragioni, che tutti capiscono, taccio il nome della famiglia beneficata : per altro son pronto a confermare con giuramento che quanto scrivo, è la pura verità, udita dalla bocca stessa della persona graziata.

10 ottobre 19o5.

SAC. PAOLO VALLE.

Carmagnola (Torino). - Il 30 maggio, mentre me ne andava su d'un carretto al lavoro, un bambino cercò di salirvi sopra, e nell'atto che feci per aiutarlo, il bastone che egli teneva in mano, mi urtò offendendomi gravemente il polmone, in modo che in poche ore mi trovai in fin di vita. Ricevuti i conforti di nostra santa religione mi aspettava la morte da un momento all'altro; il dottore stesso mi disse che non v'era più speranza, tranne un miracolo. In tale stato mi rivolsi a Maria Ausiliatrice, la invocai con tutto il cuore, le promisi di far pubblicare la grazia nel Bollettino, e le promisi anche un'offerta se otteneva la guarigione.

Ed essa sempre buona con chi la invoca, mi esaudì. Dopo tre giorni passati tra la vita e la morte incominciai a migliorare, e con meraviglia del dottore ora sono perfettamente guarito. Adempio quindi la mia promessa, ripetendo dal fondo del cuore : Sia sempre benedetta la potente e pietosa Madonna Ausiliatrice!

13 novembre, 19o5.

VASCHFTTI EMMANUELE.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:

A*) Alassio (Genova): N. N. 2 - Alcamo (Trapani) : Lipari in Manno 5 - Alessandria: Prof. Giacomo Ottone - Alvi (Teramo): De Federici D. Donato io - Angolo (Brescia): Graffini Caterina Bertocchi 3 - Acqualunga (Roma): Albini Giuseppe 5 - Avigliana (Torino): Borla Maria.

B) Barcellona Pozzo di Gotto (Messina): Rosina Crisapelle, 2 - Barano d'Ischia (Napoli) : Conte Agnese 5 - Baselga di Pinè (Trento): N. N. 3 - Bergamo : Lanoplani Erminia 5 - Bertinoro (Forlì): Colli Biagio o,5o - Bistagno (Alessandria): N. N. Io, per la guarigione della sua figlia Maria - Bologna: Parr. D. Francesco Comastri 20 - Brembo (Bergamo): Luraschi D. Benvenuto Coad. Parr. 3,3o a nome di una pia persona. - Brescia Gottardi Angela.

C) - Calcinato : N. N. 2 - Caluso (Torino) Crivelli Ved Adelaide - Cavedine (Austria) : F. B. R. - Casalmonferrato (Alessandria) : I. G 3 - id.: Quaglia Marcello 5 - Casamicciola (Napoli): Morgera Giosafatte 6 - Castellinaldo (Cuneo) : Pasquero Caterina - Cavagnolo (Torino): O. C. 30 Caxias (Brasile) : Dal Pizzol Giovanni io - id.: Ferronato Angelo 9 - id.: Reolon Giovanni e consorte 10 - id.: Schenato Pellizzaro Caterina 5 - Celle Enemondo (Alessandria): Morando Rosa 2 - Chivasso (Torino): Pogliano Angelo 5 - id.: Valle Maria - Ciriè (Torino): Sig. Giornano - Cisterna d'Asti (Alessandria) : Ardissone Caterina - id.: Povero Giuseppe - Cittadella : Sgarbossa Ch. Giuseppe 5 - Conegliano (Treviso): Romanato Teresa e Michele Zuanetti, 4 Correggiolo d'Ostiglia (Mantova) : Casonati Elvira 5, per guarigione dal medico dichiarata meravigliosa - Cuorgnè (Torino): N. N. 5.

D) - Diano d'Alba (Cuneo): Lacchio Carlo - 5 Dogliani (Cuneo): Gabetti Maria fu Celso. F) - Feisoglio (Cuneo) : Morelli Natalina 10.

*) L'ordine alfabetico qui segnato è quello della città e dei paesi cui appartengono i graziati da Maria Ausiliatrice.

G) - Gardone Riviera (Brescia): Bertola Angelina 5 - Gazzo (Cremona) : Corbari Isabella 2o per benedizione ottenuta a tutti i suoi raccolti - Genova: Sorelle Pastine - id.: Valentino Genova 5 - Giarole Monferrato (Alessandria): Nebbia Isidoro 2 - Gorno (Bergamo): Furia Ch. Gio. Battista 5- id.: Furia Giuseppe di Francesco 0,50 - id.: Gibellini Querinoni Pasquina i - Graglia (Novara): Damonte Lida 15 - Granarolo : Fenati D. Sebastiano 5 - Gradiscutta (Udine) : Schisizzo D. Osvaldo 5 - Guarene (Cuneo): Casalegni Teresa - Guazzolo (Alessandria): Luparia Luigia n. Boltri, 2.

I) - Isola d'Asti (Alessandria) : Scasso Domenico - Ivrea (Torino): Ch. G. M. Lazzero per la guarigione della mamma da tre anni inferma

L) - Laggio (Belluno) : Da Rin Sordin Marino 5 - Lanusei (Cagliari) : Ibba Monserrato Demurro 5 - id.: Sulis Rosa Piroddi, 5 - Lu (Alessandria): Rinaldi Secondina 5.

M) - Malta Nascaro : De Bono Fortunato Sac.Manerbio (Brescia): T. T. Io- Marano Vicentino Famiglia De Forni io - Mazzarino (Sicilia): Celli Bardo Giuseppina I,5o- Merate (Como) : N. N. 5 - Mombercelli : Coniugi Fino Angelo e Teresa io - Moncalvo: Manacorda Stefano io - Mondovì Piazza (Cuneo): Bertolino Marianna 5 - id.:B. M. 5 - Morbegno (Sondrio) : Nina Panzeri - Mortara (Pavia) : Emilia Cotta Ramusino io - Murello (Cuneo) : Coretti Teol. D. Bartolomeo Prev. 5.

N) - Niscemi (Caltanisetta): Maestra Aruritì, i.

O) - Occimiano (Alessandria) : De Ambrosi Matilde - Ortona a Mare : Cespa Erminia, 5 - id.: Maria Cespa Del Duca 20.

P) - Padola (Belluno) : Pochiesa Gaudenzia m. De Martin 5 - Padova : G. B. Slorate 25 - id.: Turri Miriam ed Eugenia - Palmanova (Udine) Anna Micheli Tignoni 3 - Palo del Colle: Annina Della Mura 2,50 - Parco (Palermo) : Palsamo Suor Rosa 7 - Parma : Fattori Daria 2 - Pieve Scalenghe : Audisio Guglielmo - Pozzolo Formigaro (Alessandria): Dellacà Ermelinda 5 - Prata di Pordenone (Udine) : Caterina Tolazzi Pujatti io - Punta Arenas (America) : Maria Menendez de Campos e la Superiora delle Figlie di M. A. 5 per varie grazie.

R) - Rapallo (Genova): D. Antonio Bellagamba 1oo, a nome del signor Figari Luigi per una novena con esposizione e benedizione all'altare di Maria SS. Ausiliatrice - id.: Mazza Emilia ved. Rizzardi io - Roverchiara : Chiampan Pietro, 2

S) - Sale Castelnuovo (Torino) : Perotti Giov. Batt. 4, per due messe di ringraziamento per guarigione ottenuta - S. Clemente (Forlì): Tasini Giovanni 2 - S. Leucio : Papa Rosa 2,50 - S. Marino (Repubblica) : A. Grossi in Barbieri Maria 5 - S. Nicolò Gerrei (Cagliari) : Giuseppe Contu, 5 - S. Michele Extra (Verona) : Pulcheria Battista Carrara per aver trovato un posto alla figlia AnnaS. Pietro Incariano (Verona) : Fasoli D. Arcadio 5 Santiago (Chile) : N. N. - S. Vittoria d'Alba (Cuneo Bruno Luigi - Sapri (Salerno): Cristoforo Degiovanni 2 ; - id.: Maria Malfi, 3 - Scaldasele (Pavia) Poltroneri Giovanni, 1 - Sesto Calende (Milano) Chiara Giardini 5 - Suzzara (Mantova) : Lorenzini Adalgisa.

T) - Taglio di Po : Morinetti Antonia 5 - Tarcento (Udine): Domenica Bossi ved. Candolini, 2 Tierzo Carnico (Udine): De Bona Domenica, 5 - Tonengo Mazzè (Torino): Peretto Felicita - id Vittonatti Maria - Torino : Alenti Emilio - id.: Astengo Angiolina - id.: Benso Carolina - id.: Bertolotti L. - id.: Brio Clemente - id.: E. B. - id.: Gariglio Giovanna - id.: G. D. - id.: M. C. - io id.: Manfredi Luigi - id.: Irene Sola-Garelli, 1oo - Torre di Pordenone (Udine) : Maggio Elisa 5 - Tortona (Alessandria) : Mongini Eufrosia ved. Ricci io - Tovo S. Giacomo : Girardi G. B. fu Bernardo 5 - Trento : M. D. 10 - Tropea : M. L. i.

V) - Valfenera d'Asti (Alessandria) : Volpiano Agostino 3 - id.: Ellena Bartolomeo 5 - id.: Grinza Lorenzo 8 - id.: Grinza Battista fu Giacomo i - id.: Novo Luigia ved. 0,50 - id : Molino Battista fu Carlo o,6o - id.: Volpiano fuigi fu Agostino 2 -id.: Grinza Antonio fu Giuseppe i - id.: Valente Stefano fu Giuseppe 0.50 - id.: - Grinza Pietro fu Giuseppe i - id.: Volpiano Gio. fu Secondo i - :id.: Grinza Giuseppe fu Giacomo 0.50 - id.: Volpiano Tommaso fu Remigio, per essere stati liberati dalla grandine - Valdidentro: Giacomelli Diac. Lorenzo 2 - Valle d'Orta: Bundiano Maria - Varese: (Como): Crugnola Carolina 5 - Verolengo: Vogliotti Giuseppe i - Venezia: L. D. B. - 5 - Villa S. Secondo d'Asti: Forno Francesco 2 - Vinovo: Stardero Maria m. di Spirito - Vittuone: Garavaglia Ernesta 15 - Volvera: (Torino): A. M. - Volpeglino: Pelirza Giulio 2 -

X) - Un devoto di Maria Ausiliatrice - Dalle Romagne N. N. 5.

Santuario di Maria Ausìlìatrìce

TORINO Dal 15 dicembre al 15 gennaio.

16 dicembre - Novena solenne del S. Natale - Ore 6, messa, canto delle profezie, predica e benedizione solenne - Sera, ore 19, canto delle profezie, predica e benedizione solenne.

24 dicembre-Commemorazione solenne di Maria SS. Ausiliatrice -- Ore io, messa cantata.

25 dicembre - SS. Natale di N. S. Gesù Cristo - Ore 9,30, messa solenne; ore 15,30, vespro; discorso e benedizione solenne.

26 dicembre - S. Stefano - Ore 6, messa, predica, benedizione: ore 17, Vespro, predica, benedizione.

31 dicembre - Ultimo giorno dell'anno - Ore 6 e 7,30 messe della Comunità : ore io, messa solenne in canto gregoriano.

I° gennaio - Ore 6, Esposizione del SS. Sacramento, indi messa della Comunione generale : ore 7,30, altra messa della Comunione generale : ore io, messa solenne: dalle ore ii alle 17 adorazione del SS. Sacramento e preghiere speciali - Ore 17, Vespro, discorso, rinnovazione dei voti battesimali, Te Deum e benedizione solenne.

5 gennaio - Primo venerdì del mese - Alle ore 6, messa con esposizione del SS. Sacramento e benedizione. Ore 17, altra funzione.

6 gennaio - Epifania - Ore 6 e 7,30, messa delle due Comunità: ore 9,30, messa solenne: ore 15,30, Vespro, discorso, benedizione solenne.

NOTIZIE COMPENDIATE

RIVERENTE OMAGGIO.

LA città di Capua ha festeggiato un lietissimo avvenimento: le nozze episcopali d'argento del suo venerando Arcivescovo, il sig. Cardinale Alfonso Capecelatro, Bibliotecario di S. Romana Chiesa.

L'eminentissimo Capecelatro, della Congregazione dell'Oratorio fondata da S. Filippo Neri, è una delle figure più venerande della gerarchia ecclesiastica. I suoi scritti gli assicurano un posto distintissimo fra gli storici e gli apologeti della epoca nostra ; il suo spirito di carità, che si afferma in continue opere di beneficenza, ne tramanderà il nome ai posteri come di un grande benefattore del popolo. Dei suoi libri i più celebri sono la storia di S. Caterina da Siena, quella di S. Pier Damiani, quella di S. Filippo Neri, e la Vita di N. S. Gesù Cristo. Ma l'Eminentissimo Card. Arcivescovo di Capua non scrisse soltanto per i dotti. Tutti dovrebbero leggere il bel volumetto : La Madre di Dio, parole di un curato - edito dalla benemerita Pia Società di S. Girolamo per la diffusione dei Vangeli. Il curato, che vi parla così bene della Madonna, è il Card. Capecelatro, che conosce a fondo i bisogni delle anime del nostro tempo.

All'Eminentissimo Principe, che nel tenero amore che porta al nostro padre D. Bosco, circonda di vivissime simpatie l'Opera Salesiana, umiliamo noi pure i più ossequiosi e riverenti auguri.

A Valdocco.

La distribuzione dei premi agli alunni artigiani, che da qualche anno si svolge con particolare solennità, ebbe luogo quest'anno il 26 della scorso novembre, e riuscì una festa geniale e solennissima. Il programma fu molto interessante. Un'eletta di pubblico assai numeroso stipava l'ampio teatrino. Presiedeva il rev.mo D. Rua, a cui facevano corona il rappresentante del Prefetto della città, cons. di prefettura Boggio avv. Edoardo; del primo presidente di Cassazione, Giorcelli cav. uff. Costantino ; del procuratore generale del Re presso la Cassazione; del Primo Presidente della Corte d'Appello; della Camera di Commercio ed Arti , cav. uff. Rognone, e di varie Ditte principali della città, come Nebiolo, G. B. Paravia, ecc.

Esordì il dott. D. Giovanni Borino con opportuno discorso sul tema: Fede e lavoro. Egli costatò il fatto, che l'uomo oggi si propone insistentemente il problema delle relazioni correnti tra la Fede e le sue varie attività: Fede e libertà, Fede e progresso, Fede e lavoro.

Questo fenomeno, disse, deve giudicarsi un sintomo significante - per ciò stesso che il problema è insistentemente proposto - di una rinascita di fede negli spiriti, di una quasi nostalgia che nuovamente li spinge verso il soprannaturale. La cosa è ragionevole: essi obbediscono, dopo tutto, dopo ogni sorta di progresso, a quanto è nell'animo di ciascuno di noi, chè non è la terra che possa appagare tutte le aspirazioni di cui siamo capaci. Ben venga questa rinascita di fede...

Ma chi più se la deve augurare questa rinascita è l'operaio, perchè la fede, e solamente la fede, che ci dà la vera nozione del nostro essere - tutti figli dello stesso gran Padre, tutti tendenti allo stesso fine oltre questa terra, - ci può dare in conseguenza la vera nozione della proprietà privata atta a indurre e mantenere la pace sociale: il ricco non è padrone assoluto dei suoi beni, ma amministratore di essi, anche per gli altri fratelli che ne son privi.

La fede ci impone anche obblighi di amore vicendevole: essa non solo legittima e avvalora le rivendicazioni dell'operaio, contro chiunque osasse non rispettare l'ordine naturale imposto da Dio medesimo, ma anche, sforzandosi di smozzare l'egoismo ch'è innato nell'uomo, fa quello che soprattutto è necessario perchè quell'ordine sia, il meglio che è possibile, rispettato.

Del resto, l'operaio, che passa la intera vita sotto la oppressione del lavoro materiale, ha bisogno, esso soprattutto, di un qualche cosa che porti nella sua esistenza la nota della spiritualità, poichè la vita dell'uomo è soprattutto vita dello spirito. La fede, atta a portarla a lui pure, a lui, più che a tutti, sarà di conforto; poichè, fra l'altro, gli indicherà che lo stesso Autore della fede, volendosi fare uomo, si fece operaio...

Dopo questo discorso, che fu religiosamente ascoltato, si venne alla distribuzione dei premi. I nostri artigianelli, mentre attendono al loro mestiere, hanno pure dei corsi speciali d'istruzione elementare e complementare, nei quali, secondo la capacità, sono suddivisi. Quindi si cominciò a premiare il loro profitto nello studio. Un dopo l'altro sfilarono i numerosi premiati delle scuole elementari, complementari, di Religione, Musica e Disegno. I premiati delle singole scuole professionali furono ancor più numerosi. Ai primi si diedero in premio libri e menzioni ; ai secondi invece altrettanti libretti di Cassa di Risparmio, intestati individualmente agli alunni con somme varie in proporzione del merito.

Interessò vivamente l'uditorio la relazione del Direttore, il quale fe' rilevare che nell'anno scolastico-professionale testè decorso ben trenta alunni conseguirono il Diploma di operaio e furono collocati presso varie Ditte; quattordici di essi, residenti in Torino o nelle vicine città ebbero la soddisfazione di trovarsi quel giorno fra gli antichi compagni, per ricevere personalmente il conseguito Diploma. Fe' pure buona impressione l'annunzio delle retribuzioni settimanali date per incoraggiamento agli stessi artigianelli in proporzione del loro lavoro, e soprattutto la disposizione del fondo-massa in contanti, tenuto in serbo per ciascun giovane all'epoca della sua uscita. Infatti, i trenta giovani suaccennati, cumulativamente, riscossero parecchie migliaia di lire.

Il trattenimento fu rallegrato da acconce declamazioni, alternate con nuovi pezzi di musica vocale e istrumentale sotto la direzione del M° Dogliani. Piacquero specialmente l'inno d'occasione del medesimo Maestro, ed una Tarantella vocale del Weber.

Chiuse il rev.mo D. Rua con ringraziamenti alle Autorità ed ai signori intervenuti, e con ricordi e paterni consigli ai giovanetti.

Torino.

Scuola di Religione. - La sezione della Scuola di Religione, inauguratasi con lieti auspici nello scorso anno presso la Chiesa di S. Giovanni Evangelista poi soli studenti delle Scuole Superiori, nel nuovo anno scolastico venne completata coll'aggiunta di nuove classi per le scuole secondarie ed elementari. Le lezioni del Corso Superiore, per studenti delle Scuole Universitarie, del Liceo, Istituto tecnico e Ginnasio Superiore, hanno luogo il mercoledì e il sabbato dalle ore 18 alle 19 - quelle del Corso Inferiore, per studenti delle Scuole elementari, delle Scuole Tecniche e del Ginnasio inferiore, il lunedì e il giovedì dalle ore 17 alle 18.

Ai due corsi auguriamo un gran numero di uditori.

Nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista, aggregata testè alla Basilica Maggiore di S. Giovanni in Laterano con partecipazione di copiose grazie spirituali a tenore del relativo diploma, da parecchi mesi si intrapresero importanti restauri. Pari alla necessità dell'opera ci auguriamo i soccorsi dei devoti che frequentano la bella chiesa.

Casa-Famiglia per Operale e Studentesse. - La Società Nazionale di Patronato e Mutuo Soccorso a favore delle giovani operaie, sotto l'alto patronato di Sua Maestà la Regina Madre, di S. A. I. e R. la Principessa Laetitia di Savoia Napoleone duchessa d'Aosta e di S. A. R. la duchessa Elena d'Aosta, ha aperto in Torino, in Via S. Domenico, 3o, una Casa-Famiglia, affidandone la direzione alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Non si fece ancora l'inaugurazione solenne dei locali, ma son già abbastanza numerose le giovani accolte. Queste son divise in due categorie : Operaie e commesse ; studentesse ed impiegate. La loro età dev'essere dai 15 ai 25 anni.

Le aspiranti potranno essere iscritte od iscriversi alla Società di Nazionale di Patronato e di Mutuo Soccorso, e non saranno ammesse nella Casa-Fa miglia che dalla Direzione della Società che ne farà la regolare accettazione.

Le accolte non potranno assentarsi nei giorni festivi per visitare i parenti che una volta al mese, nè potranno accettare inviti a pranzo senza speciale permesso da ottenersi nei singoli casi: ma avranno facoltà di ricevere i loro parenti una volta alla settimana, dalle 13 alle 14 della domenica.

Dando quest'annunzio alle famiglie dei nostri Cooperatori, assicuriamo quelle cui potrebbe interessare, che le convittrici avranno nella nuova CasaFamiglia cure affettuose e materne.

All'Estero.

LISBONA - La squisita gentilezza dei nostri benefattori. - Nell'istituto S. Giuseppe di Lisbona son raccolti molti giovani poveri e derelitti, che non hanno un luogo adatto, ove trascorrere alcuni giorni di meritato riposo; eppure ogni anno essi passano le più liete vacanze.

Son note le caritatevoli attenzioni che gode quell'istituto da parte di illustri signori e benemerite signore dell'aristocrazia lisbonese. Or bene questi egregi Cooperatori, che vanno a passare i mesi più caldi fuori dalla capitale, non si dimenticano dei loro protetti e sebbene lontani organizzano in loro favore delle splendide passeggiate, invitando spesse volte l'allegro stuolo dei giovani ai loro stessi villini nelle amene campagne.

E per questo che Cintra , Cascaes , Estoril, Setubal ecc., belle e ridenti cittadine della pittoresca costa dell'Atlantico, vedono sfilare ogni anno per le loro vie i baldi giovani dell'Istituto S. Giuseppe che si attirano l'ammirazione di tutti pel loro contegno e per le note allegre o marziali della loro musica istrumentale.

Fu appunto nella passeggiata che fecero ad Estoril, ospite del loro grande benefattore dott. Pinto Coelho, che quei giovani si spinsero fino a Cascaes, ove si trovava la Famiglia Reale, per renderle un devoto ed umile omaggio di riconoscenza. Con loro gran rincrescimento la Reale Famiglia era uscita poco prima; diciamo con grande rincrescimento, poichè essi sapevano che la bontà squisita della Regina Donna Amelia non li avrebbe lasciati partire senza qualche gradito ristoro.

Mentre riproduciamo un gruppo dei giovani più grandi nel loro uniforme di estate, esprimiamo tutta la nostra riconoscenza a tutti i loro illustri benefattori.

VIENNA - Inaugurazione del nuovo istituto affidato al Salesiani. - Or sono due anni alcuni nostri confratelli, dietro invito della Direzione Centrale dell'Unione Kinderschutz-Stationen, grazie alla benevolenza di S. A. I. l'Arciduchessa Maria Giuseppina e del borgomastro dott. Carlo Lueger, prendevano la direzione dell'istituto Maria Hilf, (di Maria Ausiliatrice) nella Bruckengasse, 3 in Vienna, ove erano accolti 50 poveri giovanetti come interni e 6o come esterni.

Ultimamente ì nostri confratelli passarono ad una casa più ampia, frequentata da più di duecento fanciulli, di cui 15o esterni e ben 6o convittori. L'inaugurazione del nuovo istituto si fece il 2 ottobre u. s.

Sua Eccellenza Rev.ma, Mons. Vescovo Dottor Marschall, assistito dal suo cerimoniere e dal rev.mo parroco Ross e dai nostri sacerdoti, ne benedisse la cappella. Insieme con numeroso pubblico vi assisteva il fior fiore dell'alta società di Vienna, la principessa Olga di Liechtenstein, in rappresentanza di S. A. I. Imperiale e Reale l'Augusta Arciduchessa Maria Giuseppina; la signora contessa Mac Caffy ; il presidente sig. Dr. Edoardo Principe di Liechtenstein; il sindaco sig. Dr. Lueger; il rev.mo signor P. Abel S. J. ; più consiglieri di città ecc. ecc.

Infra Missam, Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Vescovo rilevò in un breve discorso i meriti della Chiesa nell'educazione della gioventù.

Dopo la funzione religiosa gli invitati si raccolsero in un'ampia sala, messa a festa. Gli allievi eseguirono un coro ed il presidente Principe di Liechtenstein spiegò lo scopo del Kinderschutz-Vereines e domandò l'aiuto di tutti per quest'Opera pia, da lui affidata ai Salesiani.

Dopo la declamazione di brevi componimenti di circostanza e varie cantate eseguite dagli alunni, un nostro sacerdote umiliò i più vivi ringraziamenti all'Eccellentissimo Prelato che aveva benedetto la cappella ed erasi degnato di presenziare la festa inaugurale; a Sua Altezza Imperiale , e Reale l'Augusta Arciduchessa Maria Giuseppina, la quale mostrò sempre grande interesse all'opera salesiana; all'eccellentissimo signor sindaco Dr. Carlo Lueger, illustre apostolo di Vienna , e padre della gioventù e dei poveri, all'egregio e benemerito signor Principe Presidente; al rev.mo P. Abel, cui si deve in gran parte l'ingresso dei Salesiani a Vienna, e a tutti quanti i presenti.

Quindi prese la parola il Dott. Lueger, il quale espresse la sua viva soddisfazione per la parte presa dalla nobiltà e dal popolo a quella inaugurazione, e felicitò i Salesiani del buon risultato già ottenuto nell'educazione dei poveri fanciulli della capitale.

Con un evviva all'imperatore e l'inno nazionale, ebbe termine la bella festa d'inaugurazione.

Dalle Americhe.

BATATAES (S. Paolo-Brasile) - Inaugurazione dell'Escola Agricola S. José. - II 7 ottobre u. s. le autorità civili, il rev.mo Parroco Laphayette, il P. Raymondo Domenicano di Uberaba, gli amici e benefattori e tutto il popolo di Batataes erano alla stazione per l'arrivo dei Salesiani che andavano ad inaugurare quella scuola agricola. In mezzo a mille segni di gioia, questi furon condotti al nuovo ististuto, e tosto accompagnati alla futura cappella, ove erano schierati gli alunni delle scuole comunali e le alunne del Collegio di Maria Ausiliatrice. L'Ispettore D. Peretto disse un breve discorso di ringraziamento. Rispose il rev.mo Vicario con frasi veramente confortanti. Il Dott. Altino Arantes, a nome del popolo, promise, che sebbene in molti luoghi oggi si gridi il Crucifige a G. C. nella persona dei suoi ministri, i cittadini di Batataes avrebbero sempre detto con tutto l'entusiasmo il benedictus qui venit in nomine Domini! Vi furono altri saluti, tutti improntanti alla più cordiale letizia.

Il dì seguente, 2a domenica di ottobre, in cui si festeggiò in quella parocchia la festa della Madonna del Rosario, D. Peretto, invitato a fare il discorso, fece notare che l'arrivo dei Salesiani a Batataes, avvenuto proprio nel giorno anniversario e nelle stesse ore in cui nel 1571 a Lepanto si riportava dall'armata cristiana forse la più grande vittoria dei tempi moderni, era un dolce augurio per la nuova fondazione; la quale, al pari di tutte le case salesiane, ponevasi sotto la diretta protezione di Colei che appunto per la vittoria di Lepanto venne ufficialmente dichiarata Ausiliatrice dei Cristiani.

Il giorno 9 D. Peretto celebrò la prima messa nella cappella dell'Istituto, e dopo di lui solennemente celebrò il rev.mo Parroco ; il quale, compiuto il divin sacrifizio, procedeva solennemente alla benedizione della casa e delle scuole.

BAHIA (Brasile) -- S. E. R.ma Mons. Thomé da Silva, Arcivescovo Metropolitano di S. Salvador di Bahia e Primate del Brasile, che il 24 maggio 1896 indirizzava un appello ai suoi diocesani per aver aiuto nella fondazione di un istuto salesiano a Bahia, il 1° ottobre u. s. ha rivolto ai medesimi una Lettera Pastorale per indurre a compimento le Scuole Professionali Salesiane, già aperte in quella importantissima città. « La storia della carità, scrive il zelante Pastore, è un gran libro; e Bahía possiede in questo libro una fulgida pagina d'oro intitolata Lyceu Salesiano do Salvador». E pel compimento di quest'istituto, Sua Eccellenza chiede un'elemosina a tutti i fedeli affidati alle zelanti sue cure, ed ordina che data lettura della sua Pastorale nella prima domenica dopo ricevuta, si costituiscano in ciascuna parrocchia due Comitati, uno di signori, l'altro di signore, per la raccolta delle limosine. « Il fare il bene, conchiude Mons. Thomé da Silva, non impoverisce. V'è una mano misteriosa, che riempirà la vostra borsa a misura che voi la vuoterete per aiutare la gioventù abbandonata. Questa mano è quella di Dio, sorgente della bella e preziosa virtù, che si chiama carità ».

NECROLOGIA

Il cav. dott. Gìovannì Albertottì.

ABBIAMO perduto un altro caro ed antico benefattore di D. Bosco e dell'Oratorio. Il buon dottore, che per 34 anni ci prestò con generoso disinteresse l'opera sua, e che con grande affetto assistè il nostro D. Bosco nella sua ultima malattia, moriva a Calamandrana, presso Nizza Monferrato, nella notte del 29 al 30 ottobre decorso.

Pei giovanetti e per tutti i ricoverati dell'Oratorio il dott. Giovanni Albertotti ebbe sempre una cura ed una diligenza affettuosissima e singolare.

Pari alla bontà del cuore ebbe l'acutezza della mente. Distinto alienista, coperse alte cariche in importanti istituti di Torino; e fino all'ultimo, non ostante i suoi 82 anni, mantenne la lucidità della sua intelligenza. Il consiglio comunale di Calamandrana, appena nella scorsa primavera, l'aveva rieletto a sindaco. Una breve malattia lo trasse alla tomba; ed il compianto Dottore spirò serenamente munito dei conforti religiosi.

Inviando alla vedova consorte ed ai figli dolenti le più vive condoglianze, invitiamo ogni lettore ad innalzare una fervida prece per l'anima del caritatevole nostro benefattore, in cui suffragio noi celebrammo un ufficio funebre, nel giorno di trigesima, all'altare di Maria Ausiliatrice.

Il marchese Ottavìo dì Canossa.

E scomparsa la piu veneranda figura del patriziato veronese, l'uomo che parlava al cuore e invogliava del bene con la sola presenza e che seppe raggiungere i più alti fastigi della nobiltà, congiungendo all'eccellenza della posizione sociale lo splendore intemerato di ogni virtù cristiana.

Il venerando marchese Ottavio di Canossa è spirato nella villa di Custoza Veronese, dopo breve malattia, confortato da una speciale benedizione del S. Padre, alle ore 5 del giorno 17 ottobre, nell'età di 85 anni.

Figlio del march. Bonifacio, egli nasceva il 20 febbraio del 1820 in Verona, dove, fanciullo, adulto, sposo, padre, avo, cittadino segnò di una continua striscia luminosa il sentiero della sua vita.

Dalla nobil donna Marchesa Clelia Durazzo ebbe due figli e due figlie, i marchesi Ludovico e Giuseppe, le marchese Matilde e Giulia, che circondando il letto della sua agonia, e sciogliendosi in lacrime, poterono esclamare: Ecco, il giusto muore così !

Il giusto vive di fede, e il march. Ottavio di Canossa, come visse di fede, cosi è morto tra le consolazioni della fede stessa, che, avvalorandone le speranze, lo avviava alla vera patria, dove eterno è il premio.

Non tremò dinanzi all'ultima ora; ricevette i conforti religiosi con quell'edificante pietà che lo rendeva oggetto di meraviglia quante volte o nella sua prediletta chiesa di San Lorenzo, o altrove, si accostava alla mensa eucaristica, solcando spesso le guance con lacrime di tenera devozione. Anche l'unzione estrema ebbe nella pienezza delle sue facoltà mentali, accettandola sereno quando gli venne proposta, benchè a lui non sembrasse così imminente, come ad altri, il pericolo ; poi s'abbandonò fiducioso nelle braccia della benedetta Madre di Dio, cui ancora nella penultima sera della sua vita volle recitato l'Angelus, quando intese la campana di Custoza sonar l'Ave maria.

I fogli veronesi posero in luce le rare virtù, l'integrità di carattere dell'illustre patrizio, e l'affetto vivissimo che egli ebbe per la sua patria, cui rese continui e segnalati servizi; noi, memori della grande sincera benevolenza che l'illustre Cooperatore ebbe sempre per l'opera nostra, mentre inviamo alla sua nobile famiglia l'espressione del più vivo rimpianto, caldamente lo raccomandiamo ai nostri lettori.

La Sìg.ra Matta Marìanna ved. Marchìsìo.

NELL'ISTITUTO di S. Giovanna in Mathi Torinese, il 22 novembre, munita di tutti i conforti di nostra Santa Religione, rendeva la sua bell'anima a Dio la signora Marianna ved. Marchisio di Castelnuovo d'Asti, madre affettuosissima dell'attuale Direttore dell'Oratorio Salesiano di Valdocco.

Per lei si cantò una messa funebre all'altare di Maria SS. Ausiliatrice nel dì immediatamente seguente la sua morte, e i giovanetti ricoverati applicarono numerose comunioni. Questi suffragi, insieme colle virtù dell'egregia estinta, specie la sua pietà, la candida semplicità dell'animo e la sua rassegnazione, debbono averle già dischiuso il Paradiso. Tuttavia raccomandiamo affettuosamente quest' anima benedetta anche ai suffragi dei buoni Cooperatori.

UNA prece speciale per tutti gli altri cooperatori defunti, in special modo per Mons. Domenico Bonifacio, pio e caritatevole sacerdote, morto il 30 luglio u. s. ; per Mons. Giovanni Battista Mainardi, di Venezia, Protonotario Apostolico, Cooperatore Salesiano fin dal principio della Pia Unione ; per Mons. Antonio da Rin, Pievano d'Auronzo, Cameriere d'onore del S. Padre, decoro del Clero Cadorino, morto il 25 settembre u. s. ; per la nobile signora Clementina Fioridia, nata Papa, di Modica, morta a 33 anni il 14 ottobre u. s., esimia benefattrice delle Suore di Maria Ausiliatrice della sua patria ; e pei seguenti defunti dal 1° luglio al 15 ottobre;

Faverio Teresita - Torino.

Fazioli marchese Alfredo - Ancona. Feliziani Utilia - Sarmano, Macerata.

Ferraris D. Lorenzo, rettore - Mulazzo, Massa-Carrara. Ferraris Emilia n. Udina - Torino. Ferrari Maria - S. Gervasio, Brescia. Ferrero Maddalena n. Griva - Torino. Fittipaldi Angela - Lauria Inferiore, Potenza. Fornei Antonio - Macerata. Forneris Luigia - Torino.

Franchi Giovanni, sarto - Borgotaro, Parma. Franco Veronica V.a Casetta - S. Damiano d'Asti. Gabrielli D. Giorgio - Transacqua, Tirolo. Galli Gio. Battista - Quinzano d'Oglio, Brescia. Galli prof. Giulio - Canneggio, Ticino. Galesio-Piuma conte Giulio - Genova. Gambetta D. Domenico - Albissola Marina. Gay Giuseppe - Mascengo, Ticino.

Garatti Maria fu Giovanni - Pian Camuno, Brescia. Gentile P. Luigi - Cassinese, Catania. Gentili Amelia - S. Severino, Marche. Ghirardelli D. Girolamo - Veggiola, Piacenza. Giaccone D. Giovanni - Fossano, Cuneo. Giordani Elda - Bologna. Giovanetti Elena - Nichelino, Torino.

Girando Gio. Battista fu Bartolomeo - Bibiana, Torino. Girola Marietta Maccario - Torrione, Portomaurizio. Gironella-Costanzo - Spezia.

Giuliani can. D. Primicerio, parroco-Castiglione, Salerno. Gnemni D. Antonio - Nebbiuno, Novara. Gondolini D. Pietro - Fravittore, Vicenza. Gonzales Maria Vittoria - Torino. Grandi Teresa - S. Andrea Pelago, Modena. Grassi D. Domenico, parroco - Gandellino, Bergamo. Grassi-Scaglione Mariannina - Giardini. Catania. Grisi Modesta Rodoli - Torino. Grisolato D. Federico, cappellano - Rovigo. Guassone Tranquilla - Saronno, Como. Guillot-Teppa Emilia - Torino. Iardini Luigia - S. Vittoria d'Alba. Jardini Antonio Maria Cherasco, Cuneo. Lanza Luigi, farmacista - Torino. Lanza V.a Maria - Torino. Leonardi Fortunato - Ancona. Lotti Suffreddini D. Nicolao, rettore - Vagli Sotto. Lovatini Angelina - Brescia. Luccurelli Rosa - Rimini, Forlì. Lunardi D. Michele - Pieve di Camaiore. Maccari-Bosio Linda, maestra - S. Damiano d'Asti. Macetti Giacoma - Palosco, Brescia. Magini D. Antonio - Cingoli, Macerata.

Mammana D. Pasquale, canonico - Centuripe, Catania. Manca Vittorio di Effisio - Cagliari. Mandillo Giuseppina - Torino. Marinelli Augusto - Empoli, Firenze. Marongiu Mons. Diego, Arcivescovo - Sassari. Mastrocola D.Gio. Battista, arciprete - Casacalenda. Mazzaglia D. Antonino - Nicolosi, Catania. Mazzeo D. Enrico - Barcellona, Messina. Mazzucchetti-Piacenza Irene - Morino. Manetti D. Luigi Leone, parroco - Castel delle Alpi. Meozzi Alessandro - Roma.

Messina Angelo di Giuseppe - Fieri, Calania. Michelotti D. Michele - Mondovì Piazza. Milano Edoardo - Torino.

Mischia Tommaso - Negrar, Verona. Monigatti Ermelinda - Brusio, Svizzera. Morandi Domenica - Castelfondo, Tirolo. Morandi Amalia - Milano.

Morando De Rizzone Eligio - Verona. Moretta Alma - Torino.

Muzzic Clementino V.a Muzzi - Sulla, Novara. Neretti D. Pietro, prevosto - Costrignano, Modena. Negri D. Lauro - Gazzo, Cremona. Negro Camilla Teresa - Moncalieri. Nepoti Giuseppe - S. Maurizio Canavese. Neri D. Gesualdo, rettore - Sala, Firenze. Onesti Giuseppe - Roma.

Ortelii Marcellina - Mendrisio.

Ossola Luigi - Valcuvia. Como.

P. Maurizio da Cavallerleone O. M. - Emmaus, Palesi. P. Sante Sorini R.re Gen.le Ch. Reg. - Roma. Pagani D. Alfonso, economo - Tavernola, Bologna. Palliero Margherita - Castellamonte, Torino. Panta D. Vitino - Mazzara del Vallo, Trapani. Paramelli Maddalena - Gavirate, Milano. Pascucci D. Salvatore - Avenale, Macerata. Pe Margherita di Salato - Pian Camuno, Brescia.,

Peano Francesco - Cuneo.

Pedretti D. Avito, parroco - Pradalbino, Bologna. Pellerino Nemesio - Montechiaro d'Asti. Peretti Gio. Battista - Caltignaga, Novara. Preetti Vincenzo - S. Romano, Massa-Carrara. Preghen Filomena - Meano Lavis, Tirolo. Piccolomini contessa Maria - Orvieto. Picconi Giovanni - Roma. Pierelli Mons. Enrico, canonico - Ancona. Peirotti Card. Raffaele - Roma.

Pincherle E., direttore Scuola Reale - Italiana, Tunisi. Piovano Duigi - Druent, Torino. Piroddi Carboni Donna Annetta - CagliariPistori Maria - Villanovaforru, Cagliari. Poiatti Stefano - Pian Camuro, Brescia. Polotti Virginia, maestra - Coccaglio, Brescia. Poracchia D. Lorenzo, Vicario - Albaretto, Torino. Prandi Maria - Casale Monferrato, Alessandria. Prati Maria - Rimini, Forlì. Prato Giovanni fu Pietro - Mombarcaro, Cuneo. Puccini Antonio - Colle Salvetti. Quartino D. Stefano Maria - Voltri, Genova. Racchia Vedova - Torino.

Raffaelli D. Giuseppe, parroco - Rimini.

Raja can. D. Antonino, Vic. Gen.le - Girgenti. Rapello Maria - Torino

INDICE DELL'ANNATA

Documenti, articoli e relazioni varie.

Lettera del Rev.mo D. Michele Rua (1 gennaio 1905) pag. I. SOMMARIO delle indulgenze, privilegi ed indulti, concessi ai Cooperatori della Pia Società Salesiana, 8. Il Bollettino nel 1905, 10.

Sulla tomba del Padre, 15.

L'esercizio della carità verso il prossimo ed i nostri cooperatori, 33. Alcuni momenti della vita famigliare di D. Bosco - Discorso dell'avv. C. Bianchetti, 35.

Omaggio a S. S. Papa Pio X, 65.

Santifichiamo il lavoro, 66.

S. Giuseppe e D. Bosco, 68.

Comitati femminili d'azione salesiana, 70.

Avvicinandosi il mese dell'Ausiliatrice, 98.

Una splendida apologia della virtù educativa della Chiesa - Da un discorso di Mons. Giacinto Rossi, 99. Augusto Conti, 107.

Avvicinandosi la festa di M. Ausiliatrice, 132.

Ai Cooperatori Salesiani - Autografo dell'Em.mo Card. Dome.

vico Svampa, Arcivescovo di Bologna, 132.

Omaggio al Cuor di Gesù nel 250 dell'Opera Salesiana in Roma, 159. L'insegnamento del Catechismo - Dall'Enciclica del i5 aprile, 162. L'Opera di D. Bosco nella Spagna e nel Portogallo, 165. Dopo il XVI° Congresso Eucaristico Internazionale, 189. Il sig. D. Rua ed alcuni salesiani ai piedi del S. Padre, 190. Le feste pel XXV° dell'Opera di D. Bosco in Roma, 192. Il 24 Giugno a Valdocco, 196.

Il Congresso Torinese di Musica Sacra, 203.

Nel 110 Anniversario dell'elezione di Papa Pio X, 221.

Nuovi motivi di conforto; parole del Sac. Dott. C. M. Baratta, 223.

Alla vigilia di un nuovo anno scolastico, 254.

Albo d'onore dei Direttori e Condirettori Diocesani, 257. Una data gloriosa, 259.

Per gli orfanelli della Calabria, 286.

Una santa impresa, 317.

Le nuove Chiese, 319.

Gli Orfanelli della Calabria - Ottanta ricoverati negli Istituti

Salesiani - Una nuova fondazione in Calabria, 321. Il 1° Convegno Sportivo Cattolico Italiano, 327. Sinceri auguri, 349.

Partenza di Missionari per l'Oriente, 350.

I piccoli Calabresi e l'Opera di D. Bosco in Calabria, 351. Le nuove chiese di Milano e di Londra, 356.

I prodigi della carità - Monografie.

1) Torino - L'Oratorio di S. Francesco di Sales, 13. 2) Borgo S Martino - Collegio S. Carlo, 56. 3) Lanzo Torinese - Collegio S. Filippo, 72. 4) Varazze - Collegio Civico, 105.

5) Alassio - Collegio Municipale, 141.

6) S. Pier d'Arena - Ospizio S. Vincenzo de' Paoli, 168.

7) Torino-Valsalice - Seminario delle Missioni Estere, 232.

8) Mornese-Nizza Monferrato - Istituto delle Figlie di Maria

Ausiliatrice, 290.

Visita del sig. D. Albera alle Case d'America.

In Colombia, 17.

Al Venezuela, 43.

Dal Venezuela al Messico, 73. Nel Messico, 137 e 170. Negli Stati Uniti, 198 e 229.

Gli Oratori festivi.

(Lettera aperta agli amanti della gioventù).

PARTE IIa - § IV. Del compimento necessario dell'Oratorio, 103. Una parentesi, 287.

V. Delle speciali attrattive dell'Oratorio, 323.

Per e tra gli emigrati.

Una circolare della Commissione Salesiana - A Liegi; a Lubiana, 41.

Un appello di Mons. Bonomelli - A Sierk - Un avviso dell' « Italiano in America », 71.

Da Sierk - L'Italiano in America, 120. Soccorriamo i nostri emigrati, I, 134

»   »   »   II, 225.

Una Missione a Parigi, 227. Missioni negli Stati Uniti, 261.

Un bell'esempio ed una pia proposta -- Pro Calabria - Al Collegio Italiano di Troy, 328. Nell'Argentina - Pro Calabria ecc., 358.

Missioni.

Brasile-Matto Grosso: Dalla Colonia del S. Cuore: Le consolazioni dei piccoli selvaggi, D. G. Balzola, 47 - id.: Speranze e superstizioni, D. G. Balzola, 109 - Consolanti notizie: la nuova Colonia dell'Immacolata, 208 - Altri go indii alla Colonia del S. Cuore, Sac. Giov. Balzola, 263.

Colombia: La miseria nei lazzaretti (D. Evasio Rabagliati), 21. Feste al Lazzaretto di Agua de Dios pel ritorno di D. Variara e D. Crippa, 147 - Commoventi dimostrazioni di affetto dei lebbrosi di Agua de Dios, 177 - I miracoli della grazia divina ad Agua de Dios, 239 - Il nuovo asilo Don Unia per gli orfanelli lebbrosi ; la prima vestizione delle figlie del S. Cuore, D. Evasio Rabagliati, 265.

Equatore : Il battesimo di un Kivaro, G. De Maria, 23 - Tra i Jivaros, Sac. Felice Tallachini, 49 - Mons. Costamagna a Gualaquiza, Sac. Felice Tallachini, 5o - Un grave rischio di un Missionario, D. F. Mattana, 111 - Una nuova stazione di missione, G. De Maria, 266 - Nelle foreste dei Kivari: flora e fauna: usi e carattere degli indiii da un manoscritto del Sac. Felice Tallacchini, 334, 359.

La Pampa e la Patagonia : Prima e dopo le conquista: l'opera di Mons. Cagliero e dei Salesiani i studio di D. Lino Carbajal, 234, e 292.

Perii: Dall'Argentina alla Bolivia, sac. C. Santinelli, 144 - Una nuova fondazione al Cuczo : Ricordi dell'antica capitale degli Incas e monumenti sacri, sac. C. Santinelli, 174, 204.

Patagonia Sett.: Dalle sponde del Neuquen, cat. Serafino Sambernardo, 78 - Angela e Rosina Rayil e le fiere, Episodio, 113-Lungo le sponde del Rio Negro, Sac. A. Pestarino, 332.

Patagonia Centr.: In cerca di sussidi per la Missione del Chubut, Suor G. Torta, 331.

Patagonia Merid.: Salviamo la fede a Punta Arenas, sac. Maggiorino Borgatello, 77 - Alla Missione dell'Isola Dawson, sac. Maggiorino Borgatello, 207 - Dalla Missione delle Isole Malvine, Ch. G. Grant, 298 - Dall'Isola Dawson, P. Rossi, 299 - S. A. R. il Principe Ferdinando di Savoia, di passaggio a Punta Arenas, D. M. Borgatello, 330.

Una preziosa confessione, 21.

Le vie della provvidenza, 143.

In fascio: - Choele-Choel: Un caso pietoso di un povero indio, 51 - A bordo dell'Orione; Dal Rio Maddalena, Colombia, 81 - Patagonia Sett. e Centrale, 115 - Cuyabà e Corumbà, 208 - Le Scuole Salesiane in Patagonia, 336 - Al Chubut, 336 - Colonia Agricola di Viedina ecc. 367.

Il Culto di Maria Ausiliatrice.

1) La divozione a Maria SS. Ausiliatrice, 24. 2) Solenne sanzione del titolo, 53. 3) La solennità, 82.

4) Il Santuario, 116.

5) La caratteristica del Santuario, 148.

6) La prodigiosa Immagine, 209.

7) La benedizione di Maria Ausiliatrice, z63.

8) L'associazione dei divoti di Mari., Aus., 3019) I doveri della riconoscenza, 336. 10) La Patrona delle Opere Salesiane, 368.

Nuove Chiese e Cappelle.

A Bombodolo, 149 - Colonia Vignaud, 301 - Iabotào, 301 - Maierato, S3 - Madrid, 300 - Mosquera, 338 - S. Tecla, 150 - Valencia-Venezuela, 149 - Trelew-Chubut, 341.

Feste e date memorande.

Le feste solenni di Maria SS. Ausiliatrice nel Santuario di Valdocco, 179.

Altre feste e date memorande: a Valdocco, 25 - Adernò, 26 - Aragona, 241 - Bologna, 211 - Castellinaldo, 210 - Caltanisetta, 213 - Chieri, 210 - Diano D'Alba, 210 - Faenza, 212 - Figline, 241 - Genova, 242 - Ivrea, 241 - Lanzo, 211 - Maierato, 242 - Macerata, 213 - Mantova, 242 - Messina, 242 - Milano, 240 - Nizza Monferrato, 338 - Novara, 211 - Parma, 311 - Pisa, 213 - Riva di Chieri, 210 - S. Lazzaro Reale, 301 - Santiago, 369 - Torrione di Bordighera, 242 - Troia-Foggia, 242 - Villa Colon-Montevideo, 301 - Verona, 242 - Vicenza, 242.

Nella Spagna, nel Porto; allo, nel Messico, nel Brasile, al Centro America, in Colombia, nell'Equatore, nel Chili, e nell'Argentina, 269 e seg.

Il 24 del mese.

A Valdocco, 302 - a Bobbio, 302 - a Cammarata, 369 - a Caltanisetta, 350.

Grazie di Maria Ausiliatrice ed elenchi di graziati. Pag. 26, 53, 83, 117, 151, ,81, 213, 242, 272, 303. Brevi notizie varie.

La bontà del S. Padre, 28.

Il nuovo Vescovo di Bobbio, 28. Il Vescovo di Bergamo, 87.

Per l'istituto Internazionale di Agricoltura, 124. L'anno XXV° dell'Opera di D. Bosco in Roma, 136.

Il nuovo Arcivescovo di Vercelli, 153.

Il Vescovo tit. di Gaza, 153.

Il nuovo Delegato Apostolico del Messico, 216. Mons. Giovanni Maria Pelizzari, 3o8. L'Associazione Italiana di S. Cecilia, 308. L'Opera di D. Bosco a Berlino, 326. Onorificenza pontificia, 343. Riverente omaggio, 373.

Il nostro tesoro spirituale.

Che cosa sono le indulgenze, 68.

Le indulgenze stazionali i elenco delle medesime, 104. Indulgenze plenarie e indulgenze parlali, 289.

Delle condizioni per l'acquisto delle SS. Indulgenze, 325.

Il Giubileo dell'Immacolata.

Le feste di Roma, ii.

Nei nostri istituti, 12, 41.

A Nictheroy, 41.

L'Immacolata, D. Bosco e i Salesiani, 42. Al Congresso Mariano di Cagliari, 43.

Avvisi e raccomandazioni.

Per la festa di S. Francesco di Sales, 11. Per la quaresima, 69.

Per la festa di M. Ausiliatrice, 133. Congresso di Musica Sacra, 153.

Istituti di educazione vivamente raccomandati, 249.

I libri di testo, 267.

L'Opera dei figli di M. Ausiliatrice, 299. Scuola di Religione a Torino, 374.

Casa famiglia per Operaie e Studentesse, 374.

Notizie compendiate.

A Valdocco: 28, 58, 87, 120, 184, 245, 275. 308, 343. 373.

IN ITALIA:

Alessandria, 153, 245.   Ivrea, 155.

Alvito, 87,   Jesi, 89, 277.

Amatrice, 319.   Legnago, 89.

Ancona, 153, 245.   Livorno, 89.

Ascoli Piceno, 309.   Macerata, 217.

Bari, 309.   Milano, 58, 90, 217, 277. Bologna, 28, 84, 120, 154, 245. Monteleone Calabro, 155.

Borgo S. Martino, 88.   Napoli, 278.

Busto Arsizio, 155.   Nizza Monferrato, 246, 309.

Cammarata, 217.   Penango, 278.

Cassago Magnago, 58.   Portici, 279.

Catania, 276.   Roma, 90, 184, 246, 279.

Cento, 184.   S. Benigno Can. 58, 155.

Colleretto Castelnuovo, 309.   S. Gregorio di Catania, 309.

Cuorgnè, 309.   S. Pier d'Arena, 90, 279.

Faenza, 88.   S. Vittoria d'Alba, 121.

Firenze, 58, 121, 246, 277.   Savona, 246.

Fossano, 217.   Spezia, 90, 279.

Genova, 89.   Stella S. Martino, 155.

Genzano di Roma, 89.   Susa, 121.

Giaveno, 277.   Trevi, 155, 217.

Gordona, 184.   Verona, 59.

ALL'ESTERO:

Alessandria d'Egitto, 280.   Maroggia, 310.

Angra do Heroismo, 122.   Siviglia, 246.

Barcellona, 122.   Sliema Malta, 59.

Betlemme, 156.   Smirne, 156, 310, 343.

Cadice, 122.   Tunisi, 91, 280.

Cape Town, 29, 122.   Vienna, 375.

Gorizia, 59.   Vianna di Castello, 29.

Liegi, 310.   Zurigo, 29.

Lisbona, 280, 375.   Spagna e Portogallo, 91, 155.

NELLE AMERICHE

Ambato, 311.   Messico, 92.

Bahia, 91, 376.   Mosquera, 28,.

Barranquilla, 156.   New York, 61, 344.

Batataes, 29, 376.   Nictheroy, 29, 92.

Buenos Aires, 6,, 91, 122.   Ponte Nova, 312.

Cachoeira do Campo, 343.   Punta Arenas, 312.

Caracas, 343.   Rosario, 6,, 281.

Cordoba, 156, 311, 343.   Viedma, 92.

Cuyabà, 343.   S. Salvador, 156.

Estaclo Colonia, 344.   Ybaguè, 61.

Guayaquil, 344.   Brasile, 124.

La Paz, 246.   Venezuela, 312.

Mendoza, 123.   Uraguay, 312.

Necrologia.

Albertotti cav. dott. Giovanni, 376. - Aiuti Card. Andrea, 2,8. - Alasia Teol. avv. Gaspare, 137. - Annaratone coram. uff. Alessandro, 126. - Aschieri Margherita, 185. - Barisone sac. Giovanni, 30. - Bertagna Mons. Giov. Battista, 93. - Boccalatte Teresa, nata Rinaldi, 158. - Borghi Irene ved. Masetti, 30. - Bricolo sac. Francesco, 157. - Colli prev. Antonio, 219. - De-Vecchi M.° Giovanni, 313 - Del Marmol sig. Barone, 346. - Di Canossa March. Ottavio, 376. - Edvige Angela, 62. - Farina Antonio, 342. - Farrugia Carmela, 94. - Passati march. Maria, nata de Maistre, 94. - Furno sac. Pietro, 126. - Guadagnini Marietta, 282. - Gurrisi Mons. Gioacchino, 126. - Gambetta P. Giov. Batt., 314. - Lagorio Mons. Filippo, 94. - Manara Mons. Carlo, 250. -- Mandillo Giuseppina, 282. - Mariani Crispina, 127. - Marri D. Giuseppe, 158. - Matta Marianna ved. Marchisio di Castelnuovo d'Asti, 377. - Matteucci Luigi, 157. - Namuncurà Zeffirino, 184. - Negrone conlm. Giov. Battista, 62. - Nizzi P. Antonio, 282. - Noy Amalia ved. Beluschi, 62. - Pampirio Mons. Carlo Lorenzo, 31. - Parisi Emmanuele, 127. - Pelazza Andrea, 313. - Pentore Secondo, 313. - Pratolongo Ponta Tullina, 219. - Ribaldone Filomena n. Rinaldi, 126. - Rollini Giuseppe, pittore, 30. - Rosselli Marianna Del Turco, nata Uguccioni, 250. - Rossi De Vigo Catterina, 250. - Salino ten. generale Pietro, 94. - Santi Margherita, 126. - Sassoli Tomba march. Achille, 3o. - Scalabrini Mons. Giov. Battista, 218. - Sigismondi cav. Alessandro, 94. - Tacci prol. Giuseppe, 345. - Talamonti Luigi, 62. - Trionfi niarch. Antonietta, 282. - Trombini D. Andrea, 218. - Turina Eugenia ved. Costamagna, 335. - Volonteri Mons. Simeone, 62. - Uribellarea Michele Nemesio, 282.

Cooperatori Defunti.

A pag. 62, 95, 127, 158, 251, 282, 314, 346, 377.