BS 1900s|1905|Bollettino Salesiano Febbraio 1905

BOLLETTINO SALESIANO.

Periodico della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani dí Don Bosco

ANNO XXIX - N. 2.   Esce una volta al mese   FEBBRAIO 1905.

SOMMARIO -- L'esercizio della carità verso il prossimo ed i nostri Cooperatori   . 33

Alcuni- momenti della vita famigliare di D. Bosco - DISCORSO dell'avv. Carlo Bianchetti . . . . 35 Per gli emigrati   .   . 40 Il trionfo dell'Immacolata a Nictheroy e in altre Case Salesiane

L'Immacolata, D. Bosco e i Salesiani    42 Al Congresso Mariano di Cagliari .

Della visita del Rev.mo D. Albera alle Case di America: al Venezuela   43

MISSIONI: Matto Grosso-Brasile : Dalla Colonia del S. Cuore - Equatore ; Tra i Jivaros - In fascio Choele-Choel (Patagonia Sett.) : Un caso pietoso di un Indio    47 IL CULTO DI MARIA AUSILIATRICE- Solenne sanzione del titolo - Grazie di Maria Ausiliatrice . 52 I prodigi della carità - Monografie: Il. Borgo San Martino - Collegio S. Carlo

NOTIZIE COMPENDIATE: A Valdocco - In Italia: Cassano Magnago, Milano, S. Benigno Canavese, Verona - Fuori d'Italia: Gorizia, Sliema-Malta, - Nelle Americhe : Buenos Aires, Ibaguè, NewYork, Rosario   . 58

Necrologia : Mons. Simeone Volonteri, Comm. G. B. Negrone. Luigi Talamonti, Amalia Noy ved. Beluschi, Angelo Edvige    62

Cooperatori defunti    62

L'esercizio della carità verso il prossimo ed i nostri Cooperatori

SPANDERE il denaro in divertimenti, quando molte famiglie languono nella miseria, ora massimamente che son costrette all'inerzia dalla rigida stagione invernale, non solo è peccato, ma delitto.

Io vi comando, dice il Signore, di aver sempre la mano aperta ai bisogni del vostro fratello, povero e senza aiuto. -Assistete il povero, per il comando che ve n'è fatto, e, alla vista della sua indigenza, non lo rimandate a mani vuote. - Non defraudate il povero dell'elemosina (Deut. xv, 7 -- Eccli. xxIx, 12; e IV, 1.). - Gesù Cristo poi, pieno com'era di carità, non si contentò di chiamar beati i poveri e di rammentare ai ricchi l'obbligo di venire in loro soccorso, ma dichiarò che avrebbe tenuto per fatto a sè, ciò che avremmo fatto pel più meschino dei poverelli.

Anche la legge naturale, scritta da Dio nel cuore di tutti gli uomini, dal fatto d'esser tutti fratelli, ci insegna a compatire il prossimo nelle sue pene e c'invita ad alleviarle finchè è possibile.

Il dovere quindi della carità, anche per questo capo, è indiscutibile; nè ad adempierlo, sono sufficienti le parole. Se queste bastassero, forse nessun'età sarebbe più caritatevole della nostra.

Invece la vera carità procede dal cuore e si mostra soprattutto colle opere. Se qualcuno, dice s. Giovanni, vede il suo fratello nella necessità, e non ne sente compassione ; se, potendolo aiutare, si contenta di augurargli che il cielo l'aiuti, come mai la carità abiterà in lui?... O miei cari figliuoli, continua l'apostolo prediletto, non amiamoci solamente a parole, ma a fatti e in verità. Tuttavia all'inosservanza di questo precetto non mancano dei pretesti ; e il più comune è quello dell'impotenza. Però se ben si considera, sono pochi i veri impotenti; anzi talvolta, quelli che accampano questo pretesto , son quelli che più hanno, e che non sanno determinarsi a venire in soccorso altrui, perchè li asseta il desiderio di accumolare. E del resto Iddio non esige che la limosina sia superiore alle nostre forze ; infatti leggiamo nel libro di Tobia: - Se hai molto, da' molto; se hai poco, procura di dar anche quel poco con buon cuore (IV, 9.) .

« Altro motivo ancora, che deve eccitarci a fare limosina è, secondo Don Bosco (2), quello che accenna il Salvatore nel santo vangelo. Egli dice così Voi non darete ai poveri un bicchiere di acqua fresca, senza che il Padre celeste ve ne dia la mercede. Di tutto quello che darete ai poveri, ne avrete il centuplo nella vita presente ed una ricompensa eterna in futuro. Di modo che il dare qualche cosa ai poveri nella vita presente è un moltiplicare, ovvero è un dare a mutuo col cento per uno anche nella vita presente, riserbandoci poi Iddio la piena ricompensa nell'altra vita. »

« Lungi adunque, dal perdere le vostre ricchezze distribuendole, dice Bossuet, voi le possederete tanto più sicuramente quanto le avrete più santamente prodigate. I poveri ve le renderanno di una qualità molto più eccellente, perchè esse cambiano di natura nelle loro mani. Nelle vostre sono periture; diventano incorruttibili tosto che passano nelle loro. Essi sono più potenti dei re. I re coi loro editti dànno qualche valore alle monete, i poveri le rialzano sino ad un valore infinito, tosto che vi applicano il loro segno. »

Di fronte ad un dovere, così chiaro e preciso, che hanno da fare tutti i Cooperatori Salesiani?

Apriamo il regolamento.

La pia vostra Unione « dal Sommo Pontefice è considerata come un Terz' Ordine degli antichi, colla differenza che in quelli si proponeva la perfezione cristiana nell'esercizio della pietà; qui si ha per fine principale la vita attiva nell'esercizio della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante. E questa carità verso i fanciulli pericolanti consiste nel raccoglierli, istruirli nella fede, avviarli alle sacre funzioni, consigliarli nei pericoli, condurli dove possono essere istruiti nella religione. Chi non fosse in grado di compiere alcuna di queste opere per sé, potrebbe farle per mezzo d'altri, come sarebbe animare un parente, un amico a volerle prestare. »

Finalmente « si pub cooperare colla preghiera, o col somministrare mezzi materiali dove ne fosse mestieri, ad esempio dei fedeli primitivi, che portavano le loro sostanze ai piedi degli Apostoli, affinché se ne servissero a favore delle vedove, degli orfani e per altri gravi bisogni. »

Quindi, pei Cooperatori Salesiani, l'esercizio della carità è chiaro come il dovere della medesima.

Potete far qualche limosina, specialmente a vantaggio della gioventù pericolante? fatela di buon cuore.

Non vi è possibile? Pregate ! Raccomandate al Signore gli interessi della pia vostra Unione, che sono gli stessi della pia Società Salesiana, colla quale forniate una sola famiglia. È questo un modo di praticare la carità, accessibile a tutti, e che noi raccomandiamo vivamente ai singoli Cooperatori.

VENTICINQUE anni fa, e proprio nel mese di febbraio, il Bollettino scriveva « Muove a pietà il leggere e il vedere le miserie, in cui si giacciono tante povere famiglie a cagione di questo inverno così perseverante e crudo. Quanti senza beni di fortuna e senza lavoro non hanno più da mangiare, intirizziscono dal freddo e muoiono di stento! Non è raro l'udire che or qua or là si sono trovate persone morte di fame o spente dal gelo !...

» Vero è che in quasi tutti i nostri paesi si trovano dei caritatevoli, i quali cercano di alleviare queste sciagure. Nelle città più popolate i Parroci, i Vescovi, i Comitati Cattolici fanno quello che una volta facevano i Conventi ed Monasteri, raccolgono limosine, stabiliscono cucine economiche, distribuiscono pane, minestra, abiti e coperte. Ma bisogna pur dirlo; i mezzi vanno mancando, e le miserie e gli stenti perdurano tenacemente.

« Noi medesimi ne siamo ogni giorno alla prova. Afflitti padri, desolate madri si presentano quasi ogni ora ai nostri Ospizi di carità, perorando con una eloquenza che non ha pari, affinchè ricoveriamo i loro figli che periscono... »

E questo è quanto dobbiamo ripetere anche quest' anno... O buoni Cooperatori, pregate che il buon Dio susciti ovunque dei cuori generosi, per cui vengano pietosamente lenite le miserie di tanti infelici.

(2) IL Mese di Maggio consacrato a Maria Immacolata, pag 176.

Alcuni momenti della vita famigliare DI DON BOSCO

L'AFFETTUOSO discorso pronunziato all'Oratorio dall'egregio avvocato Carlo Bianchetti, nella solenne commemorazione di Don Bosco del 24 giugno 1903, tratteggia assai fedelmente la vita fanzigliare del nostro Maestro e Fondatore. E poichè tal discorso, rimasto sino ad oggi inedito, ci pare indubbiamente uno dei più splendidi fiori che nel corso di quest'anno potremo deporre sulla tomba del buon Servo di Dio, ci affrettiamo a pubblicarlo integralmente fin da questo mese, umiliando prima all'esimio signor Avvocato i più sentiti ringraziamenti.

Introduzione. Il ricordo del III Congresso Salesiano.

LAscIATEMI, o Signorì, lasciatemi alcuni istanti di lieta divagazione. O, dirò meglio, di elevazione morale, dappoichè lo spirito umano, fra le inevitabili vicissitudini del tempo, ha pur bisogno talvolta di ringiovanire, almeno nel diletto di quelle soavi emozioni che nascono dall'intimità della vita, e che sono tanto più preziose, quanto talvolta meno avvertite.

Dappoichè, se il cuor vostro ha mestieri in cento contingenze di spaziare largo, di guardar alto, nuotare nella luce, pascersi del frastuono, e provare così impressioni profonde e durature, in altre per contro sentite la necessità delle impressioni delicate e solitarie, ma a lor volta piacevolissime, come quella della dolce ìmagine paterna, delle memorie infantili, dei vostri maestri, degli studi, della vostra cameretta, di tutto quel complesso in che si concretizza la poesia delle cose umili, della famigliarità, dei piccoli nonnulla; cose tutte che per voi hanno un valore personale tutto vostro, perchè fiorite nella vostra mente e nel vostro cuore.

Questo pensìero mi scendeva spontaneo, ripensando le ultime solenni manifestazioni del terzo Congresso Salesiano che nacque e poggiò nel sole, visse di armonie e di sorrisi, e richiamò nel loro massimo fulgore i grandi, momenti dell'immortale D. Bosco; congresso nel quale la figura dell'ammirabile Apostolo, come in prisma multicolore, venne ravvisata al lume del genio, della virtù, del tenace carattere, dei forti propositi; dell'anima nata alle celesti cose, nata al grandioso; dove alla solennità del concetto rispondea la magnificenza dell'azione, e la felicità dei risultati; cieli spaziosi, orizzonti smaglianti, luci divine, trionfi incomparabili. Ora, a voler ripetere queste cose, quasi si rimarrebbe sopraffatti ; gli è come a guardar nel sole; se vi fissate soverchio, ne rimarrete abbagliati. Come volontieri per contro, voi scendete a riposarvi nell'ombra benigna di una stanza socchiusa per ricrearvi alla meditazione del vostro piccolo mondo, e nella beatitudine dei vostri pensieri.

Ora, poichè la festa di questa sera ricorda un ambìente tutto famigliare, tutto di casa, nato qui e qui proseguito, non distacchiamoci, ve ne prego, da questo pezzo di cielo, e da un così fine concetto, che per la ragione del contrario e del contrasto, serve meravigliosamente a lumeggiare il quadro finale; sicchè, a vece di descrivervi la figura del grande educatore nelle sue linee epiche, granitiche, monumentali, consentirete ch'io rievochi la figura umile, semplice, direi quasi casalinga di D. Bosco, al quale, da vivo, non si sarebbe forse dato tutto quel credito che si meritava, se non fosse invece vero, che la sua modestia, e quel suo fare semplice, contribuiva vieppiù a dimostrare che Iddio, per compiere le massime opere, non va sempre in cerca di generali coverti di acciaio e di cimiero, ma sa prescegliere a tempo e luogo un fanciullo, un pastorello, un uomo dai modi meno elaborati, a cui fa corrispondere forze latenti, concezioni ardite, mezzi molteplici e stupefacenti.

AVETE voi adunque conosciuto Don Giovanni Bosco? Noi questa fortuna l'abbiamo avuta, o Signori, e per lunga pezza; possiamo anzi andar lieti che la santa persona di Don Bosco ci avesse in benevolenza superiore ai meriti nostri, tanto che, giovinetti ancora, non isdegnava ammetterci nella lista dei suoi avvocati e ricevere i nostri poveri consigli.

Ritratto di Don Bosco.

Don Bosco era persona di più che media statura. Nella florida età era ritto e spigliato ; più attempato, andava lievemente curvo, e abitualmente colle mani in mano. Negli ultimi anni aveva perduto alquanto della sua disinvoltura, finchè, non potendosi più reggere della persona, trascinavasi lento e pesante, soffulto spesso del braccio altrui; faceva pietà a se medesimo ed agli altri. I capelli aveva alquanto riccioluti; un po' negletti, ma sufficientemente ravviati ; e dalla sua berretta usciva sempre sulla fronte un pizzico di capegli, come di leggieri appare da quasi tutti i suoi ritratti. Nè col volgere dell'età, la capigliatura sensibilmente mutò; salvo qualche filo d'argento, la sua cara testa portò sempre l'onore di una chioma fitta e nera; attalchè D. Bosco parve sempre, or più giovane, or ringiovanito, or meno attempato. Rughe poche: e sì che certi grattacapi glie le avrebbero dovuto solcare fitte e profonde. Ciglia folte, ma sotto quelle ciglia brillavano, oh sì, brillavano due occhietti vivi, dolci e buoni, ma nei quali si intravedeva una penetrazione straordinaria, una furberia, un non so che, che ti feriva; tali, che se voi eravate buoni, figgevate volontieri gli occhi vostri nei suoi, senza poterneli più staccare ; se per contro sonavano rìmprovero a chi ne fosse meritevole, vi sentivate costretti a chinare i vostri; sì, dappoichè spirava dal suo sguardo una luce quasi profetica, la quale vi destava il timore che, s'egli non guardava benigno, ciò potesse significare alcunchè di avverso, quasichè la benedizione del Cielo non potesse discendere su chi di Don Bosco non sapeva possedere il cuore, l'amicizia e la benevolenza. Del suo labbro e del suo sorriso non occorre dire, tanto erano espressivi. Parlava lento, o meglio meditabondo. Sarebbesi detto che sottoscriveva le parole, perchè era difficile che ne dicesse una che non fosse ponderata; e quando voleva ben fissare od approfondire un concetto, stringeva le labbra, gittando lo sguardo fisso sovra qualche oggetto sul quale lo posava insistentemente, come se dopo averne tratto il filo, facesse uno sforzo per rifermarlo e rafforzarlo. Mettete poi insieme la dolcezza delle sue labbra col brillare degli occhi, un po' di rossetto sulle gote, una pace, una calma in tutta la persona, quelle mani sul cuore, quella riflessività accoppiata alla confidenza, quella semplicità irraggiata dalla pietà, e avrete un ritratto formale di D. Bosco, quale appare dalla sua oleografia, ch'io brevemente vi ho pressochè descritta.

Nella sua anticamera.

Una delle caratteristiche di D. Bosco era, come ho detto, una straordinaria pacatezza. Quando lo si andava a ritrovare, vi riceveva nella sua modesta cameretta , quella stessa dove oggi vi riceve il suo Successore. Abi-tualmente l'anticamera era affollata di visitatori, ed il buon segretario, vigile scolta, era là, che prendeva le debite annotazioni, affinchè l'uno non usurpasse il luogo dell'altro. Oh! le ore lunghe trascorse in quell'anticamera, dove i visitatori alquanto impazienti, attendendo il loro turno, avevano campo a far la conoscenza delle pareti in lungo ed in largo, e dei quadretti qua e là appiccicati, l'uno de' quali vi dava la soave immagine di Mamma Margherita, l'altro vi rappresentava Mons. Cagliero, primo vescovo salesiano col console dell'Argentina ; un altro i primi selvaggi della Patagonia; un quarto i convittori di S. Martino o di Lanzo; un quinto due o tre monsignori assieme fotografati. Pazienza da Giobbe, direte voi, Signori! In massima, sì; praticamente e personalmente, no; dappoichè noi non fummo posti lungo tempo a simile cimento, avendo l'amatissimo D. Bosco dato ordine preciso, che, quando venissero i suoi consulenti, fossero subito denunziati ed ammessi all'udienza; della quale deferenza il nobile ceto avvocatesco deve giustamente essere grato, malgrado la non dissimulata meraviglia di coloro, che proprio non sapevano darsi ragione di quella eccezionale disparità di trattamento ; però ne veniva data spiegazione, a voce sommessa, dal fido segretario. È lui, diceva questi, che l'ha mandato a chiamare. È un avvocato, mormorava ad un altro. Questa gente vuole ciò che vuole, insinuava ad un terzo. E intanto gli amici stavano là dentro.

Com'Egli riceveva.

Quando si era nella stanza di Don Bosco, ordinarìamente socchiusa, vi aleggiava una pace di paradiso. Dire non saprei, se noi fossimo fiori le cui corolle si aprissero a ricevere la consolazione, oppure sì chiudessero per non lasciar sfuggire l'alito celestiale che istantaneo discendeva nel calice dell'anima. Sedeva egli innanzi ad un modesto cancello con cassetti e piccoli tiratoi. Fasci di lettere e carte stavano affastellati innanzi a lui, e talora ad accrescerne il cumulo entrava il postino, non di rado recando lettere raccomandate od assicurate. Di tutto questo però, D. Bosco pel momento non davasi gran pensiero. Metteva là le carte ; egli era d'avviso che anche le piccole cose si debbono fare adagio e bene, e che perciò non occorrono distrazioni. Eppoi soggiungeva: Quel poco di bene che facciamo, bisogna farlo bene. La conseguenza era che Don Bosco pareva l'uomo che nulla o ben poco avesse da fare. Trascorsa una mezz'ora il visitatore gli osservava, che non si voleva essere indiscreti. Ma egli : Non fa nulla, non fa nulla; c'è tempo per tutti; per me, e per lei, e per quelli che son fuori... Laonde la conversazìone prendeva un nuovo aire; e allorchè noi, quasi a compassione dei sofferenti, gli dicevamo che bisognava pensare anche alle anime del purgatorio Abbiano pazienza, rispondeva, io sono come quel barbiere il quale alla gente che sopravviene dice: « Attenda, attenda! è presto fatto! un piccolo momento ! » ma poi fa il suo dovere colla massima comodità, come se nessuno aspettasse. Caspita, soggiungeva egli, chi paga ha diritto di essere servito, e sarebbe bella che il parrucchiere, per fare troppo presto la barba, la facesse male, e peggio nella fretta trinciasse a diritta e a sinistra. Splendide parole, le quali dimostrano come la semplicità andasse congiunta ad un alto sentimento del dovere. Per tal modo la conversazione si protraeva, finchè l'argomento non fosse convenientemente esaurito ; dopo di che egli, il buon D. Bosco, aveva la cortese abitudine di accompagnare il suo interlocutore fino alla soglia, mentre i signori dell'anticamera bufonchiavano un finalmente! ed il segretario invitava l'avente diritto a passare innanzi.

Suo modo di conversare.

La conversazione poi con D. Bosco era piacevolissima, appunto perchè piana e non soffocata. Sovratutto egli accoglieva le persone con gran rispetto, come se tutti fossero grandi signori, ed egli avesse bisogno di tutti. Sapeva benissimo che il biglietto da cento, da cinquecento o da mìlle poteva essere poca cosa per chi aveva l'onore di possedere una fortuna, ma che la lira di una povera vedova o di una contadinella rappresentava un sacrificio forse di gran lunga superiore. Ma v'ha di più, perchè nelle sue parole vi era sempre una grande umiltà, accompagnata da modi così dolci e soavi che lo rendevano prezioso al cospetto degli angeli e degli uomini. E quindi agevole l'immaginare la forza delle sue espressioni, che egli sapeva applicare con accorgimento eccezionale e con intuito meraviglioso. Era Iddio che parlava per lui? Era l'esperienza che gli suggeriva un buon pensiero per ciascuno ? Il vero si è, che sgranando lemme lemme una parola dopo l'altra, vi sciorinava lì un parere da santo padre, detto alla buona, ma ponderatamente e senza ostentazione, proprio come se un padre cappuccino vi offrisse una presa di tabacco, od una mano gentile vi innestasse un fiore nell'occhiello.

Intrecciava volontieri la barzelletta, il fatterello. E l'arguzia giungeva sempre a proposito; e perchè producesse i suoi salutari effetti, soleva dire che quei fatterelli erano occorsi a lui, o che li aveva appresi dal suo maestro di spirito, D. Giuseppe Cafasso, oppure dal teol. Guala, o dal teol. Borel, o da quest'altro, o da quegli. Il fatterello e l'esempio era bensì il modo di cui servivasi per fare impressione più viva e profonda ; ma ciò che più importava si era che calzavano a pennello, proprio come se un sarto li avesse a meraviglia foggiati. Sapeva trattare con grazia, attalchè nessurio, ch'io mi sappia, potè mai redarguirlo d'essere stato meno che delicato e prudente. Persino i cavadenti, diceva, devono usare belle maniere, in caso diverso, povera clientela. Insomma vi era in D. Bosco una caratteristica dolce, rispettosa, bonaria, affettuosa, la quale però non impediva che egli sapesse cavare il dente o pescare qualche pesce grosso. Ah il buon cavadenti ! ah il buon pescatore che era il nostro diletto Don Bosco ! Pescatori, e tiraborse, diceva spesso celiando, ed alludendo alle mille industrie che doveva usare per mantenere i suoi orfanelli, pescatori e tiraborse sono una cosa sola; ma tutto passa e può passare, quando si tratta delle anime. Semplice sempre e furbo il nostro D. Bosco! Ma almeno era franco e leale. Egli non conosceva orpelli, nè ondulazionì; non le regalava altrui, ma neppur le rìceveva. Sarebbesi anche detto un grande indifferente; ma l'apparente sua bonomia, per quanto connaturata, gli serviva a cappello per la buona rìuscita; appunto come Napoleone III, il quale diceva al Conte di Mornì, essere lieto che il popolo lo stimasse un semplicione, ed anche un pazzo, perchè era questo il modo con cui egli avrebbe meglio conseguito i suoi intendimenti.

Sotto i portici dell'Oratorio.

E ve lo figurate voi, il nostro D. Giovanni, quando, essendo tuttora in forze, discendeva dalla sua cameretta per andare a passeggìare sotto il porticato dell'Oratorio? Io sì, bene lo rammento, per avere con esso lui le tante volte misurato in lungo ed in largo quanto il porticato offre di metratura.

Si dilettava spesso a leggermi ed a far leggere le massime bibliche che egli aveva fatto dipingere sotto quei portici, qualificandole i suoi comandamenti, i quali costituivano, come diceva, l'arte di ben vivere e ben morire. Talora avveniva che qualcuno dicesse: « Chi è mai quel sacerdote con cui ella passeggiava ?» « Don Bosco », rispondeva io. E l'altro: « Don Bosco quello?! Credevamo fosse qualche predicatore ». E difatti non recò mai dìstìntivi che lo dimostrassero il superiore, o qualche cosa di superiore. Sembrava anzi da meno degli altri. Ben lo conoscevano però i fanciulli i quali sgattaiolando o sdrucciolando venivano talora a capitargli tra piedi. Ed egli « A proposito, tu l'hai poi ottenuta quella grazia? Ti sei confessato? Ti ricordasti del latino? » Ah ! era proprio bello vedere quello sciame di giovìnetti ricrearsi rumorosamente, come rondìni rincorrentisi! Belle quelle corse vertiginose ! quel balzo del pallone ! quel passo del gigante coi grappoli umani quasi spioventi! E quel gridìo ! quel visibilio! quegli schiamazzi ! Oh ne godeva Don Bosco ; non mai con esuberanza, ma con sentita compiacenza. E lo si udiva esclamare: « Son poveretti che han bisogna di tutto; se volessero la mia zimarra, la darei per coprirli. Però pazienza! Un po' di pane l'avranno; e vedrà, avvocato, vedrà... ». Di lì a qualche po' i ragazzi correvano alla merenda. Era una bella pagnotta fresca e crocante: ed allora, mio Dio! che classica dentatura!

Era dimesso in tutto ma con tutti amabile e rispettoso.

Sì, Don Bosco era veramente paterno, umile, mansueto, nè mai sarebbesi detto che sotto quelle parvenze si nascondesse la gran fiamma che vi ardeva. Nel vestire era dimesso; in tutto e per tutto sacerdotale. Come voleva che il caseggiato, le scuole, i ricreatorii fossero semplici e senza ornamentazioni, così la persona. Si direbbe che egli tenesse a conservare alcunchè della sua modesta origine, dell'antica semplicità dei suoi genitori. La sua camera è oggimai universalmente nota, che cosa di più dimesso? E chi non conosce la stanza quasi sotterranea dove soleva recarsi a fare un zinzolo di colazione, stando in piedi? Poca luce in quel pertugio; eppure Don Bosco l'aveva tanto cara, come fosse stata una cameretta dei Becchi!

E quando coi suoi sacerdoti recavasi al desco in comune, l'avrebbero detto l'ultimo di loro ; quanta semplicità in lui ! E qual intimo compiacimento quando aveva invitato qualche amico a prendere posto assieme! Venga con noi, quest'oggi! Venga! Veda; ci sarà appena... ma non completava la frase, e sorridendo graziosamente, faceva il gesto dell'allargar le mani, quasi a dire, che bisognava accontentarsi di quello che il convento avrebbe dato. Ma voi non sapete, o signori, la consolazione che si provava mescendo il sale con D. Bosco. Inter pocula il suo discorso era un po' più accalorato, poichè vi concorrevano anche gli altri commensali, l'in allora Prefetto Don Michele Rua, poi D. Durando, D. Bonetti, D. Sala; ma la parola di D. Bosco era pìù di ogni altra faceta, e ne contava delle carine tra un cucchiaio e l'altro. Sobrio e parco era misuratissimo; non dissentiva però dal porre in tavola un gocciolo di quel vecchio, ch'era lieto di offrire al suo invitato, non tanto perch'egli fosse degustatore di Falerno o di Barolo, quanto per dimostrare la sua soddisfazìone d'avere un commensale di più; compiacimento che poi chiosava con la nota rubrica : Ci perdoni se per quest'oggi ha dovuto fare un po' di penitenza! Ma Lei ci ha onorato, e basta. Proprio così; un buono e vecchio amico ; un intimo, un cuoraccione !

Che se tanta amabilità e rispetto aveva per gli amici, immaginatevi quando si trattava di personaggi distinti ed illustri. Piovevano da ogni parte all'Oratorio Vescovi ed Arcivescovi, i quali avevano per Don Bosco la massima considerazione; e questi li riceveva sempre senza scomporsi, con dignità pari alla nobiltà del sentire e colla massima umiltà. Soleva star ritto innanzi agli stessi, e nell'accompagnarli ora alla chiesa, ora al teatrino, li seguiva come un povero agnello felice della sua gloria. Rifuggiva dal voler parere; ma impegnato nel discorso, era di una maestria e di una avvedutezza singolare, dotato qual fu sempre di penetrazione e di scienza. Del resto non vi era alcuno il quale non dubitasse, che se Don Bosco avesse dovuto mutare la sua veste nera in quella color viola, od anche porpora, egli avrebbe saputo portare quella divisa con grande onore. Ma fu sempre schivo di simili pensieri, e rifletteva che la veste del Sacerdote più è dimessa, è meno difficile a portare.

Nè a D. Bosco facevano perdere la calma abituale i gravi pensieri che di quando in quando lo tenevano in angosce; massime in occasione di contratti impegni. Si vedeva allora che studiavasi superare se medesimo con dimostrarsi più sereno che realmente non fosse. Un giorno improvvisamente con aria soddisfatta mi domandò: É vero, sig. Avvocato, che hanno abolito l'arresto personale per debiti? - Abolitissimo, risposi io; - Benissimo! soggiunse egli. Però rifletteva che i debiti conviene sempre farli, se vi è chi li paga. Nel suo caso, era il Signore che pagava. Qui confidit, non peribit, tal era il suo programma.

Nelle feste della riconoscenza.

Dove poi appariva singolarmente l'esteriore bontà e semplicità di D. Bosco era nella occasione in cui i suoi affezionati figliuoli gli preparavano feste augurali; ad esempio, quando, come oggi, si celebrava il suo fausto onomastico. Oh ci pare ancora vederlo il venerato e venerando D. Giovanni! Il fabbricato interno era tutto pavesato ; iscrizioni, bandiere, banderuole, nastri, lumi e lumicini multicolori attestavano la gioia comune. Qua e là si affollavano i sacerdoti, gli studenti, gli artigiani interni, poi si aggiungevano i benefattori, i cooperatori, gli amici e gran codazzo di curiosi. Era un dolce susurro, un bisbiglio, una letizia universale. Tutto ad un tratto giù uno scroscio di musica, con trombe e tromboni, timpani e tamburri, segnanti l'apparizione del caro festeggiato, tutto umile e quasi mortificato. Allora scoppiavano battìmani ! erano salve di gioia, evviva, cappelli e fazzoletti agitati per l'aria già elettrizzata; seguiva un discorso, indi nuovi battimani ; poi un dialogo; indi battimani; poi una poesia, indi altri battimani; poi una nuova musica e replicati battimani

E D. Bosco era là, dimesso, confuso, raggiante di modestia e di grazia ; sorridente a tutti, quasi oppresso dalla soverchia dimostrazione. E non sapeva che dire; tentennava il capo, guardava come trasognato a diritta e sinistra, sorrideva, salutava, ringraziava; infine metteva insieme due parole appropriate per assicurare tutti e ciascuno che quella festa gli era andata fino al cuore, e che non sapeva come dimostrare la sua riconoscenza. Ora, o signori, questa sera voi non avete fatto che rinnovare, quasi per santa annuale tradizione, la festa onomastica di S. Giovanni, come se D. Bosco fosse tuttora vivo e qui presente. Egregiamente. Si tratta dei cuore e la festa del cuore non muore mai. Si tratta di una di quelle ricorrenze che, come abbiamo detto, elevano l'anima e la distraggono piacevolmente, perchè i ricordi delle cose intime e famigliari dilettano per natura; specie negli animì gentili, come volentieri si ricorda il bacio della mamma, il sorriso del genitore, gli anni dell'infanzia, il roseo pesco del vostro giardino, la conversazione sul prato, la preghiera in comune. Vittor Hugo, si narra, aveva voluto che il posto già occupato da suo padre al desco famigliare non fosse mai sostituito da alcuno, perchè, diceva, vedendolo vuoto, mi pare occupato. Ed idealmente vedeva sempre il suo genitore. Così fra noi ; noi celebriamo l'onomastico di D. Bosco, non altrimenti che s'ei vivesse, o si movesse in questa accolta. Il gentilissimo pensiero proviene da quell'anima sovranamente, figliale del suo successore D. Rua, a cui il volgere degli anni non sminuisce nè la poesia degli affetti, nè l'onore della Pia Società Salesiana.

E se noi abbiamo preferito stassera rievocare alcuni momenti della vita famigliare usuale di D. Bosco, si è perchè ci pareva che, dopo lo squillo degli ottoni, si potesse modulare una nota di mandolino; dopo i furori del terzo Congresso Salesiano e dell' incoronazione di Maria Ausiliatrice innanzi al mondo intero, si potesse entrare un instante in famiglia per climatizzarci di nuovo nel pensiero delle cose modeste, le quali sono sempre il punto di partenza per ricominciare le grandi intraprese.

Un meraviglioso contrasto. - Conclusione.

E qui finisco per non tediarvi viemaggiormente. Non si può adunque in nessun modo disconoscere il mirabile contrasto che appariva in D. Bosco, che cioè in un'anima apparentemente così mite e pacifica si nascondessero le vitalità più feconde e gli sguardi più penetranti, il calorico più intenso, la vita forse più meravigliosa di cui il secolo decimonono abbia dato l'esempio. Sì, o signori; la sua voce debole, sparsa mitemente fra le pareti della sua cella, era tromba angelica che echeggiava per le più lontane piaghe della terra; i suoi sguardi che volentieri si abbassavano al fanciulletto che si confessava tra le braccia di lui, erano fasci di luce elettrica che partivano da questo Valdocco per illuminare regioni inesplorate, apertesi alle consolazioni della fede; e quelle mani che parevano inoperose, e che stringevano amabilmente la destra agli amici ed agli ammiratori, erano quelle che seppero con mirabile attìtudine manovrare la macchina provvidenziale di tante opere buone, prosperanti come sotto l'influsso di verga taumaturga. Il suo cuore poi, oh! sì, il suo cuore è quello che nè prima nè dopo, nè vivo nè morto, non ha mai cessato nè cesserà di essere grande.

Epperò il tuo nome sarà benedetto in eterno, o D. Giovanni ; e la tua immagine santa resterà perpetuamente scolpita in tutti , ma segnatamente in coloro che ebbero la fortuna di conoscerti ed amarti, e ti hanno poi lungamente rimpianto, ed ora fiduciosamente sì, fiduciosamente sperano in Te.

PER GLI EMIGRATI

Una circolare della Commissione Salesiana per gli emigranti. - A Liegi -- A Lubiana.

COME i lettori avranno rilevato dalla lettera annuale del rev.mo nostro Rettor Maggiore, sig. Don Rua, pubblicata nello scorso numero del Bollettino, è stata istituita un'apposita Commissione Salesiana, per disciplinare e raddoppiare ogni opera di assistenza e di protezione intrapresa dai nostri missionari a favore degli emigranti.

Ora detta Commissione, con una prima circolare, si volge a tutti i direttori ed ispettori delle Case Salesiane all'estero, chiedendo :

I° Che in ogni regione o provincia si stabilisca un salesiano, particolarmente incaricato di questa propaganda, col quale in seguito possa corrispondere direttamente la Commissione suddetta;

2° Che si istituiscano a lato di ogni casa od istituto salesiano comitati di patronato o segretariati del popolo a favore degli emigrati in tutte quelle città ove simili istituzioni non esistono; ove poi fortunatamente queste non facessero difetto, che si proceda egualmente all'istituzione di sotto-comitati in armonia col comitato locale ;

3° Che s'inviino tutti i dati necessari per com pilare una statistica dell'azione salesiana all'estero a favore degli emigrati.

4a Che si promuova la studio della lingua italiana, a norma della circolare in proposito inviata dal rev. sig. D. Rua.

Il sig. D. RUA poi, commendó la predetta circolare con queste parole:

In ossequio ai desideri del nostro caro Padre D. Bosco ed alle deliberazioni del 10 Cap. Gen., ed anche per assecondare le aspirazioni del mio cuore, raccomando caldamente quanto sopra.

A Liegi, il 15 dicembre, ebbe luogo, come gli altri anni, una serata musico-drammatica. promossa dal nostro D. Vincenti, a favore dei più poveri dei nostri emigrati dimoranti in quella città. Vi parteciparono eletti personaggi, e il trattenimento si chiuse con la lettura di un acclamatissimo telegramma, il quale annunziava che il S. Padre informato dell'Opera a favore degli Italiani poveri emigrati nel Belgio, inviava una cordiale benedizione ai zelatori ed alle zelatrici.

Presso la Casa Salesiana di Lubiana venne istituito un Segretariato per gli emigrati italiani che in numero considerevole si trovano in quella città.

Il 6 gennaio fu inaugurato il teatrino: e alla prima rappresentazione presero parte molti nostri connazionali. La banda, da poco organizzata, diede il suo primo concerto molto applaudito.

Oltre il teatro fu aperta per comodità degli italiani anche una sala di lettura e negli stessi locali del Collegio si inaugurarono pure delle Scuole serali, ove oltre l'italiano, s'insegna il disegno, l'aritmetica e la lingua tedesca a molti italiani, i quali hanno così modo di migliorare le loro condizioni morali e materiali.

Nel Giubileo dell'Immacolata

Il trionfo dell'Immacolata a Nictheroy e nelle altre Case Salesiane.

Sua Eminenza Rev.ma, il Signor Cardinale Agostino Richelmy, nella Lettera al Clero premessa al Calendario diocesano del 1905, rallegrandosi coi suoi figliuoli delle molteplici solennità compiutesi ad onore di Maria SS. in tutta l'archidiocesi e specialmente a Torino, fa sua anche questa raccomandazione del serafico Dottore S. Bonaventura

«Ascoltate le mie parole, o nazioni tutte, ascoltatele, o quanti desiderate di arrivare al Paradiso Onorate la Vergine Maria e troverete la vita e la salute sempiterna. Poichè la sua divozione è un segno di salute. »

E noi, a comune edificazione e conforto, e ad eccitare vieppiù i nostri cari cooperatori all'amore ed alla divozione verso Maria SS., ci facciamo lecito di tornare sulle solennissime feste, che si svolsero in altre nostre case nel Giubileo dell'Immacolata.

Il posto d'onore crediamo che spetti al Collegio di Nictheroy. Lo splendore con cui si svolsero le varie funzioni campali dell'8 di ciascun mese o nella domenica seguente ai piedi del grandioso monumento di Maria Ausiliatrice, e di cui già parlammo altra volta nelle nostre colonne, andò sempre crescendo e per nuovo fervore e per nuova affluenza di pellegrini. Ecco come se ne rallegrava con quei nostri confratelli l'Eccellentissimo Arcivescovo di Rio Janeiro.

Ai Reverendissimi Salesiani.

Abbiamo accompagnato, con indicibile soddisfazione, le brillanti manifestazioni, promosse dai Reverendissimi Salesiani, nel dì 8 di ogni mese, in omaggio alla gloriosa data della proclamazione del Dogma della Concezione Immacolata di Maria. È un giorno di festa, cotesto, in cui i virtuosi Preti ricevono ed accompagnano sino al monumento di Maria Ausiliatrice, in Nichteroy, una moltitudine compatta di fedeli di tutte le classi, che colà vanno a depositare ai piedi di Maria i ferventi trasporti e le pietose proteste dei loro cuori figliali, vanno spargere nel seno immacolato della Vergine Madre i fiori profumati delle anime loro, piene di fede. Non sappiamo se in qualche altra parte del mondo cattolico si commemori, con tanta pietà, con tanto concorso di fedeli, con tanto splendore, quella data gloriosa nel dì 8 di ogni mese.

Lode. adunque, ai degni figli di Maria Ausiliatrice, che con cotesto splendore e magnificenza celebrano le glorie straordinarie della Madre di Dio. Sopra di loro e sopra il loro Istituto sparga le profusioni dei suoi favori Colei che è la dispensatrice di tutte le grazie celesti.

Accettino cotesti buoni Preti la nostra benedizione ed i nostri applausi.

+ Gioachino, Arcivescovo.

Anche il Signor Don Rua scriveva a D. Peretto « Le feste riuscirono superiori alle aspettative, grazie il concorso di Eccellentissimi Vescovi ed illustrissimi Signori, che vollero accrescerne lo splendore colla loro ambita presenza. Il Sommo Pontefice inviò ripetutamente il suo incoraggiamento e la sua benedizione... Anch'io, soddisfatto, ti prego di porgere alla solerte commissione dei festeggiamenti le mie congratulazioni ».

Ma da quasi tutte le case della Repubblica Argentina, del Chilì, del Brasile, della Bolivia ecc. ricevemmo le stesse festose notizie. Ovunque fu una gara affettuosissima per onorare convenientemente la gran Madre di Dio, seguendo non solo il particolare impulso della giubilare ricorrenza, ma le care e solenni tradizioni del nostro buon padre D. Bosco.

A Buenos Aires, in Almagro, prese parte ai grandiosi festeggiamenti S. Ecc. Rev.ma Mons. Giacomo Costamagna.

« Fu una bella festa, scrive il Noticiero di S. Nicolas de los Arroyos, anche quella realizzatasi la domenica 27 novembre nella chiesa del Collegio Don Bosco. Gli abitanti di quel sobborgo diedero prova, come sempre, di sincera pietà e divozione. Il tempio era sfarzosamente addobbato... Fu innalzata una gran croce commemorativa sulla piazza della chiesa ».

« A Barranquilla (Colombia) i Cooperatori si organizzarono , perchè in memoria del Giubileo sorgesse un nuovo edilizio destinato a Scuole d'Arti e Mestieri. Se ne pose la pietra fondamentale l'8 dicembre dal Rev.mo Protonotario Apostolico residente in città, e il valente oratore, Dott. Garcia, pronunziò uno splendido discorso. »

« A Patagones non si era mai celebrata con pari entusiasmo un'altra festa popolare, nè si erano compiute funzioni così solenni. Alla processione prese parte tutto il popolo. Mons. Cagliero, da Roma, telegrafò la benedizione apostolica alla Commissione organizzatrice e a tutto il popolo...»

Anche dal vecchio continente ricevemmo non poche relazioni. Come a Verona, a Treviglio, a Milano, e in altri istituti « gli alunni del collegio D. Bosco e dell'oratorio festivo San Luigi in Fossano, onorarono la Vergine Immacolata con un'accademia musico-letteraria, che riuscì un vero inno di gloria alla Celeste Madre ».

« A Vigo (nella Spagna) funzioni solennissime nella parrocchia officiata dai Salesiani. Trentadue prime comunioni e benedizione solenne di una nuova splendida statua di Maria Ausiliatrice, uscita dalle Scuole professionali di Sarrià Barcellona... »

« A Bordighera-Torrione, con effetto commovente si eseguì per l'8 dicembre la messa del Dumont da soli alunni di terza elementare; e nel giorno dell'Ottava, Sua Ecc. Rev.ma Mons. Ambrogio Daffra, vestiva solennemente della medaglia delle figlie di Maria alcune buone fanciulle. »

« Nell'Istituto salesiano di Alessandria accorsero centinaia e centinaia di ragazzi dell'oratorio festivo. Si ebbe una comunione generale soddisfacentissima. »

« A Chieri il ciclo dei solenni festeggiamenti promossi da un eletto comitato nell'anno giubilare dell'Immacolata e nel 25° dell'oratorio femminile, non poteva avere un epilogo più brillante. Molto concorso alla chiesa, dell'Ausiliatrice, gran fervore e consolantissima affluenza ai SS. Sacramenti ».

In una parola non vi fu istituto salesiano che non abbia ricordato una data così memoranda e sollecitato con particolare pietà il patrocinio di Maria Santissima. Possa il fervore delle compiute solennità mantenersi vivo in ogni cuore, a dolce e continuo richiamo di nuovi materni favori.

L'Immacolata, D. Bosco e i Salesiani.

Con questo titolo fu pubblicato testè dalla nostra tipografia di S. Benigno un giusto volume che racconta con pagine affettuose ciò che fece Maria Immacolata per Don Bosco e ciò che prima sotto il suo patrocinio incominciò Don Bosco e poi i suoi umili figli han continuato a fare. Perciò nella gloriosa palestra per le lodi a Maria SS. nel suo primo cinquantenario dalla solenne proclamazione dell'Immacolata sua Concezione, a cui concorsero tutti gli ordini e le congregazioni religiose, non potevano mancare gli umili figli di Don Bosco. Essi, che da Maria SS. cominciarono le loro imprese, e che nel santo suo nome le han vedute rapidamente svilupparsi e diffondersi in ogni parte del mondo, si sentivano obbligati ad esclamare davanti a tutti i fedeli

A noi solenne è il tuo nome, Maria !

Col desiderio di deporre questo pio lavoro ai piedi di Maria mentre tutto il mondo festeggiava in Roma il fausto cinquantenario avvenimento, non si poterono raccogliere quante altre memorie che ogni casa avrebbe voluto; ma anche come è, può bastare per dire quanto dev'essere grande la nostra gratitudine verso Maria Santissima.

Lo scrisse con riverente e caldo ossequio il Sac. Gio. Batt. Francesia, lo illustrò con indovinate incisioni il nostro Quintino Piana, e la scuola tipografica salesiana di S. Benigno ne fece una splendida edizione.

La Vergine SS. Immacolata, a cui è dedicata l'opera, continui a guardar con occhio materno la instituzione di Don Bosco, e faccia che tutti i suoi figli, riconoscendo sempre quanto a lei debbono, non finiscano mai di lodarla, di ringraziarla e di farla conoscere ed amare da quanti sono raccolti alla loro scuola.

Al Congresso Mariano di Cagliari.

In mezzo allo slancio universale col quale si onorò dal popolo cristiano il 5o° anniversario della definizione dommatica dell'Immacolata Concezione di Maria SS., merita di essere da noi ricordato anche quanto si fece nella lontana Sardegna e particolarmente in Cagliari. Lo spazio ci vieta di parlare della imponente processione col taumaturgo simulacro della SS. Vergine di Bonaria e dei numerosi pellegrinaggi compiutisi lungo l'anno ai vani santuarii Mariani che vanta quell'isola, così ricca di fede e così prediletta dalla Madre di Dio. Ci limiteremo ad accennare appena al Congresso Mariano celebratosi nei giorni 14 e 15 dello scorso dicembre per iniziativa del rev.mo Mons. Canonico Efisio Serra, decano del rev.mo capitolo e mercè lo zelo di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Pietro Balestra, primate di Sardegna. E questo ricordo è per noi un dovere, perchè non potevamo mostrarci indifferenti alle dimostrazioni di stima date all'Opera Salesiana in quella occasione coi ripetuti applausi a D. Bosco e ai suoi figli. Al Congresso parlarono molti e valenti oratori e non si fu paghi di discorsi. Infatti indovinatissima fu l'idea del rev.mo Mons. Giuseppe pigliar, canonico teologo della Primaziale, di parlare a favore dell'Oratorio Salesiano da stabilirsi in Cagliari a salvezza della povera gioventù e di proporlo come ricordo delle feste giubilari. La proposta fu unanimamente accolta ; e l'assemblea, che vantava quanto di più distinto si trova nel campo cattolico in Sardegna, con a capo le Loro Eccellenze Reverendissime Mons. Pietro Balestra, Arcivescovo di Cagliari, Mons. Don Eugenio Canu, Vescovo di Bosa, Mons. Don Raimondo Ingheo, Vescovo di Iglesias, Mons. Giuseppe Poderi, Vescovo d'Ogliastra, Mons. Luca Canepa, Vescovo di Nuoro, formolava in proposito i voti seguenti

« Il Congresso Considerando quanto convenga perpetuare la memoria di questo Giubileo dell'Immacolata con apposita opera permanente ; considerando che nulla vi ha oggi che maggiormente preme alla religione, quanto la salvezza della gioventu ; fa voti

1° che quale opera permanente del Giubileo dell'Immacolata sorga un Oratorio Salesiano in Cagliari, augurando che sia principio di molle altre consimili istituzioni per la gioventù, da propagarsi in tutta la Sardegna.

2° che all'uopo si costituisca subito un Comitato promotore con zelatori e corrispondenti in tutte le città vescovili e principali altri centri dell'isola.

3° che il venerando Clero si degni proteggere e caldeggiare quest'opera che altamente corrisponde ai bisogni dell'epoca nostra.

Intanto a dar subito mano all'opera, il 16 dicembre, il nostro Don Trione, che trovavasi al Congresso quale inviato del signor Don Rua, tenne al mattino una conferenza alle signore Cooperatrici in un'aula del Seminario Arcivescovile, invitandole a dare il loro nome per costituire il Comitato a favore dell'Oratorio. Le pie e zelanti Signore che formano una vera gloria per Cagliari, si mostrarono animate dalle più sante disposizioni ed il Comitato venne quindi subito costituito. La sera Don Trione tenne pure una conferenza nella chiesa di S. Antonio, sulle Missioni di Don Bosco, innanzi ad un pubblico scelto e numeroso, onorato della presenza di Sua Ecc. Rev.ma Monsignor Pietro Balestra, di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Luca Canepa, del Reveverendissimo Mons. Vicario Generale e di molti altri prelati e sacerdoti.

Ci congratuliamo cordialmente coi nostri fratelli della Sardegna, e facciamo voti perchè molti cuori generosi vengano in soccorso dell'opera proposta così unanimamente, come ricordo degli accennati festeggiamenti.

Della Visita del Rev. Sig. D. Albera alle nostre Case d'America

Al Venezuela. (Relazione del Sac Calogero Gusmano. Vedi Boll. di dicembre u. s.)

Partendo da Bogotà.

a Colombia aveva dato tale prova di stima al Rappresentante del Successor di Don Bosco, che non era possibile non sentirne riconoscenza, e tutto l'amaro della separazione. In Bogotà sopratutto ogni ceto di cittadini, e le stesse autorità civili ed ecclesiastiche sembrava si fossero data l'intesa per rendere omaggio all'umile Congregazione di Don Bosco. Quantunque ci fossimo fermati relativamente assai poco, moltissimi non vollero privarsi, anche tornando più volte, dal fare la personale conoscenza di Don Albera.

Il Delegato Apostolico ci volle a pranzo con lui, ed insieme coll'Eccellentissimo Arcivescovo di Bogotà, vero padre pei Salesiani, presiedette a quello dato dai confratelli in onore di Don Albera e specialmente per raccogliere al suo fianco i principali benefattori dell'Opera Salesiana. Lo stesso Presidente della Repubblica, dottor Marroquin, accompagnato dal General Edoardo Briceño, non volle dispensarsi dal restituirgli la visita e con espressioni cortesissime aggiungeva, che ciò faceva non solo come cooperatore ed ammiratore dell'opera benefica di Don Bosco, ma anche quale primo magistrato per dare un pubblico attestato di riconoscenza ai Salesiani pel bene operato da essi nella Repubblica, specialmente mediante l'opera dei Lazzaretti. Anzi piu volte ci diede prova di questa deferenza e coll'affabile accoglienza al Palazzo del Governo e col concederci in varie circostanze treni speciali.

Parimenti percorrendo la nobil nazione, ovunque le autorità civili e militari venivano ad ossequiare il visitatore salesiano e spesso erano telegraficamente avvertite dal Governo di mettersi a nostra disposizione. Le disgrazie quindi di questa generosa nazione ce la rendevano sempre più cara e ci facevano sperare non lontano il giorno in cui una proficua pace la rendesse felice.

Il 29 ottobre Don Albera di buon mattino celebrò la messa della comunità, rivolse l'ultimo commovente addio e partì. Alla stazione molti cooperatori ed amici vengono ad augurarci il buon viaggio; messe le nostre cavalcature in un vagone, montiamo anche noi in treno con varii confratelli che vogliono accompagnarci fino all'ultima stazione ferroviaria, a Facatitivà, a due ore di distanza dalla capitale. Qui mutiamo foggia di vestire e con i bianchi ponchos alle spalle ed i larghi cappelli di paglia in capo riprendiamo la nostra vita a cavallo. Ci accompagnava Don Rabagliati, chiamato insistentemente nel dipartimento di Antiochia per l'opera dei lazzaretti e mandato da Don Albera alla capitale Medellín per conchiudere le proposte che si facevano di una casa di arti e mestieri : era una fondazione che ci stava molto a cuore, conoscendosi per esperienza di quante buone vocazioni fosse feconda quella terra.

Nel viaggio di ritorno.

Il nostro viaggio di ritorno fu pel medesimo cammino dell'andata e passò con qualche incidente più o meno disgustoso o ridicolo. Il sole poi era di un calore sempre crescente man mano che ci avvicinavamo alla costa ; le mule, stanche, spesso ci obbligavano non solo a smontarle ma a tradurre in atto le minaccio per cacciarle innanzi. Il secondo giorno, dopo alcune ore di cammino dovetti ritornare indietro a riprendere qualche oggetto dimenticato dove avevamo passata la notte, e per mezza giornata non potei raggiungere la comitiva, tanto più che la mia cavalcatura affaticata non che camminare appena si lasciava trascinare o spingere innanzi. La sete mi tormentava ; vista una casa mi avvicino e chiedo qualche cosa per spegnerla... mi offrono un bicchier di birra... che costò 15 pesos ! Alquanto ristorato proseguo il cammino e raggiungo Don Albera che mi aspettava impaziente alla fermata convenuta. Gli ultimi tre giorni del nostro viaggio a cavallo furono assai penosi. Arrivati ad Honda andammo diffilati all'ospedale delle Figlie della Carità e cademmo su quelle sedie come corpo morto cade, col dispiacere in più di aver perduti i nostri cappelli da prete, senza speranza di poterne trovare altri a qualunque prezzo e per molto tempo. Fummo quindi costretti per 15 giorni ancora, cioè fino a Curaçao, a coprirci con quei cappellacci di paglia in perfetto contrasto colla nostra veste nera.

Don Albera ci soffriva ed il segretario non meno, pensando che la colpa, se colpa vi fu nell'averli smarriti, era sua !

Ad Honda per più cause infierivano diverse malattie e purtroppo tutte contagiose ; l'ospedale e varie succursali erano ripieni di sofferenti; alla locanda ove prendemmo alloggio non era prudente fermarci di notte ; potemmo fortunatamente ottenere una stanza da un buon cooperatore ove tutti e tre passammo le lunghe notti sdraiati su altrettante brande; all'albergo si andava solo per le refezioni.

In attesa ad Honda.

Come ci parvero eterni quei cinque giorni di aspettativa in quella città così poco rassicurante e per dippiù una vera fornace ! A bello studio passavamo la giornata in mezzo alle correnti, e su sedie ondolanti, per sentire un po' di refrigerio e smuovere un po' quell'aria pesante e soffocante. E chi sa quanto si sarebbero prolungati quei giorni se il nostro gentilissimo amico, il General Briceño, a nome del Presidente non ci avesse raccomandati al Governatore Garcia, affinché ci facesse imbarcare al più presto. Quando mi presentai al Capitano dell'Alicia questi mi chiamò in disparte e mi disse : « Padre, non le consiglio affatto viaggiare col mio vapore, se ha cara la sua vita e quella del suo superiore : il mio vapore durante questa maledetta rivoluzione è stato adibito ad ospedale fluviale ed io non so contare quanti ve ne sian morti, nè di quali malattie infettive ; aggiunga che siamo sprovvisti di qualunque più indispensabile mobile e dei viveri stessi.» Con tutto ciò noi ci decidemmo alla partenza : Iddio solo conosce quanto abbia dovuto patire in questo viaggio Don Albera, con un cibo non solo non confaciente al suo stomaco sofferente, ma appena bastevole a toglierci l'appetito, ancorchè nel prenderlo chiudessimo gli occhi e frenassimo la fantasia ; con tre soli bicchieri per più di 20 passeggeri di prima classe, che servivano solo a prendere qualche sorso d'acqua che ci aiutasse a mandar giù quel po' di cibo. Mancava un luogo adatto ove poterci ritirare nelle ore più calde, e ci sforzavano a dormire allo scoperto anche di notte per tema dei miasmi, di cui il vapore era infetto. A ciò s'aggiunga il timore, comprovato dai varii vaporini trovati rincagliati lungo il fiume, di rimaner noi pure a metà via, e si avrà un'idea di quanto abbiam dovuto soffrire.

Alla volta di Venezuela.

Il 12 novembre, come a Dio piacque, fummo di nuovo per poche ore coi nostri confratelli di Barranquilla ; la sera innanzi al porto di Calamar s'era fermato il nostro vaporino vicino ad un altro che custodiva il celebre Uribe Uribe, il caporione dell'infausta rivoluzione. Colla sua resa si poteva dire cessata la rivoluzione e noi ci allontanavamo contenti per quest'avvenimento che apportava la pace ad un popolo degno di miglior sorte, verso il quale s'era di molto aumentato il nostro affetto e la nostra gratitudine nei tre mesi e più che ci aveva ospitati, quella nazione magnanima e generosa per tutto ciò che sa di grande e di carità, che ha la sua fede profondamente radicata ed i cui figli ingrossano le fila delle famiglie religiose, e ricca per natura di quanto si possa desiderare. Le viscere delle sue montagne infatti rinserrano i più preziosi minerali e metalli, e la forza delle sue cascate potrebbe sviluppare tanta elettricità da mettere in moto quante si vogliano officine. Oh venga la pace cotanto desiderata ! venga questo dono che supera ogni altro, venga e regni sovrana e duratura : era questo il nostro fervido voto nel lasciare la terra che si onora del nome del grande scopritore italiano Colombo.

Nei lunghi viaggi bisogna far caso anche delle ore, se non se ne vuole prolungare di troppo la durata : i Salesiani di Barranquilla avrebbero voluto che il Superiore si fosse fermato qualche giorno con loro a riposare e a confortarli. Parve però prudente approfittare della partenza del Montevideo, uno dei vapori postali della Transatlantica Spagnuola. Dato quindi un abbraccio ed un saluto ai cari confratelli che vollero accompagnarci a bordo, il nostro legno mosse alla volta di Venezuela.

Un mesto ricordo.

Venezuela per noi Italiani ha qualche cosa di speciale. Non potevamo infatti ignorare che essa era una delle terre scoperte dall'immortale Cristoforo Colombo, che alle sue spiagge approdava il 1° agosto 1498, nel suo terzo viaggio. Ma pei figli di Don Bosco s'aggiungeva ancora un'altra cara e mesta attrattiva. Su uno dei ridenti paeselli che circondano il maggior porto venezuelano giacciono le spoglie mortali del nostro caro confratello, chierico Giuseppe Eterno, che destinato per la Colombia colpito da malore durante l'attraversata ebbe appena tempo di scendere in terra, ove poche ore dopo spirava, vittima generosa della sua vocazione. Era il primo dei tanti missionari partiti in 15 anni che non raggiungeva il luogo di sua destinazione. I buoni Venezuelani, pure associandosi al nostro dolore se l'ebbero come un felice presagio e dissero che quello era seme di Salesiani nella loro terra e così fu, mercè lo zelo e l'operosità spiegata da alcuni ecclesiastici, che attualmente occupano le principali cariche nell'archidiocesi. I funerali riuscirono solenni quanto mai ; dalla capitale vennero l'arcidiacono della cattedrale, il dottor Arteaga, e parecchi parroci dei paesi circonvicini ; furono adibiti carri di prima classe, e le esequie e la tumulazione tutte a loro spese furono una testimonianza non dubbia della stima pei Salesiani che cominciavano appena a, conoscere. Quando più tardi per mezzo dell'ardito treno ci disponevamo a montare fino a Caracas non sapevamo distaccare gli occhi dall'ospedale di Maiquetia che aveva raccolto l'ultimo anelito del nostro buon confratello e dal sottostante cimitero che ne custodiva il tumulo.

Anche il Venezuela in rivoluzione.

Venezuela conta appena poco più di due milioni e mezzo di abitanti, sparsi sopra un'area di 942.300 chilometri quadrati, situata verso il settentrione dell'America del Sud; quantunque compresa nella zona torrida, gode nondimeno varietà di climi, sicchè al settentrione prevale l'agricoltura, nel centro la pastorizia ed al sud abbondano i folti boschi e le vergini foreste.

Se non fosse storia, triste storia, si potrebbe stentare a credere, ma purtroppo la realtà è tale : abbiamo trovato il Venezuela in rivoluzione, travagliato anch'esso, roso, dissanguato da una guerra fratricida. Noi partendo da Colombia, ad evitare inutili viaggi avevamo preso il biglietto fino a Porto Cabello, di là pensavamo di continuare per treno fino alla nostra casa di Valencia, proseguire a quella di Caracas e salpando dal porto della Guayra andare a vedere l'istituto di S. Raffaele di Maracaibo fermandoci nell'andata o nel ritorno all'isola di Curaçao ove son pure alcuni nostri confratelli. Ma non sapevamo che dai rivoluzionari i treni potevano essere fermati ed assaliti, non per far danno alle persone, è vero; ma per avere di che vivere appropriandosi quanto potevano avere ; e però giunti a Porto Cabello fummo costretti a rinunziare al progettato itinerario e proseguire fino alla Guayra; ma quante difficoltà non ci fecero e quanti permessi non ci abbisognarono per discendere a comprare il biglietto e telegrafare ai confratelli per avvisarli del cambiato itinerario !

A Caracas.

Il 16 novembre verso sera eravamo alla Guayra ; la notte la passammo in un Hòtel e l'indomani preso posto in treno, che in un continuo zig-zag, sbuffando e fischiando, l'una dopo l'altra saluta e lascia indietro non so quante stazioni. Spesso sotto gli occhi ci si parava un panorama stupendo.

In men di quattro ore siamo a Caracas, capitale di Venezuela, con circa 80.000 abitanti. Siede a quell'altezza somigliante a maestosa matrona coronata dalle bianche torri dei suoi campanili e dalle umili casupole che fanno contrasto colla moltitudine degli alberi che la circondano e s'innalzano al disopra della maggior parte degli edificii, quasi ad attestare la permanente primavera, una primavera assai calda, di cui gode. Agli Europei però avvezzi all'avvicendarsi delle stagioni ed alla variata durata delle giornate, quella invariabilità, quella monotonia insomma non lascia di essere pesante.

Prima di arrivare a Caracas il dottor Arteaga, direttore dei cooperatori salesiani, con una rappresentanza dei giovani del collegio ci venne incontro. Alla stazione varii cooperatori vanno a gara a darci il benvenuto ; al collegio 200 giovani schierati attendevano D. Albera, mentre alcuni dei loro compagni intrecciavano l'inno nazionale colla nostra marcia reale. Più tardi con una riuscitissima accademia i convittori esternarono a D. Albera il loro contento per la sua visita, ed i cooperatori il sincero attaccamento all'Opera di Don Bosco. Ed in vero non si può fare a meno di riconoscere che non s'è fatto poco in un periodo di rivoluzione, se si è riusciti a costrurre un braccio del semplice quanto elegante edificio, capace di un centinaio di interni, e a portare a buon punto la chiesa che sta accanto, un vero gioiello, reclamata dai bisogni di quel quartiere. Molte altre benefiche opere hanno in vista quei confratelli, che senza dubbio, pacificati una volta gli animi e dato sviluppo alle industrie nazionali e all'attività personale, favorito insomma il commercio, non mancheranno di poter attuare.

A Valencia.

Il 21 novembre eravamo in moto alla volta di Valencia, ove ci condussero 7 ore di treno ; Don Foglino, superiore di quelle case, che ci accompagnava, ad un dato punto, ci mostra il luogo nel quale durante l'ultimo suo viaggio, fu fermato il treno e si riparò ad evitare ogni possibile sinistro. Valencia era a festa in attesa dell'arrivo del visitatore dei Salesiani ; dietro la carrozza di D. Albera ne seguivano molte altre e numerosi erano i cooperatori. La chiesa destinata pel canto del Te Deum stipata. Questa solenne testimonianza d'affetto si ripete il giorno dell'accademia data in onore del rappresentante del signor Don Rua. Il clero poi quasi al completo, cioè i canonici, il rettore del seminario, i parroci, ecc., vollero far corona a Don Albera in un'agape fraterna ch'essi stessi, si può dire, avevano preparato nella stessa casa salesiana. Era la prima volta che assistevamo a quest'unione di soli ecclesiastici e Don Albera ne trasse i più lieti auspicii per quella fondazione, paralizzata, unicamente dalla guerra, nella sua marcia di benefico sviluppo che con tanto successo aveva incominciato.

I Salesiani oltre il collegio, aiutano il parroco, P. Arocha, vero amico dei figli di Don Bosco, assistono gli ammalati del vicino ospedale, attendono a varie comunità religiose, ed a quando a quando escono a dar missioni. Sperano di ultimare quanto prima la chiesina in costruzione. Iddio benedica le fatiche di quei confratelli e le buone intenzioni dei cooperatori

A Valencia nonostante il calore eccessivo e soffocante, i giorni passarono per Don Albera occupatissimi nel parlare con ciascuno dei confratelli in particolare, nel ricevere e restituire visite e nel confortar questo e quello. Un buon prete, provato dal Signore, da più di sei mesi non osava accostarsi all'altare : per quanti mezzi si fossero tentati non s'era approdato a nulla ; era irremovibile nel credersi indegno di celebrare ed intanto deperiva anche nella salute corporale. Il Signore riservava a Don Albera questa consolazione e dopo varii intimi colloquii il 26 novembre gli assisteva la messa con gioia grande di quel bravo sacerdote, che non finiva di ringraziarlo e pareva non sapesse allontanarsi da chi gli aveva apportata la pace del cuore, ed ancora adesso scrive ricordando il beneficio.

Da Maracaibo a S. Raffaele.

Da Valencia, causa sempre la rivoluzione, non si potè andare a Porto Cabello e si fu obbligati allungare il viaggio ritornando a Caracas e di là alla Guayra per imbarcarci col primo vapore che toccasse Maracaibo. In men di un giorno di attraversata fummo in questa che è la seconda città della Repubblica per popolazione e per importanza. I PP. Cappuccini ed Agostiniani ci usarono ogni cortesia ; noi non vi abbiamo ancora nessuna fondazione, quantunque varie siano le proposte ; il modesto incipiente collegio è nel vicino S. Raffaele e vi si accede per le acque del lago di Maracaibo. Non ci sono vaporini e la durata del tragitto dipende dai venti : tante volte quelle povere vele si vedono costrette a rimanere ore ed ore ferme a metà cammino. A noi toccò la sorte contraria : partimmo verso le nove di sera ed un vento fortissimo dapprima fece cader malamente un buon frate laico cappuccino, che a mala pena fu trattenuto per la tunica da Don Albera e poscia piegava talmente la barca che temevamo la riempisse d'acqua. Sdraiati nel fondo di quella barcaccia, l'odore era insopportabile, chi sa quante volte era stata riempita di pesci ! comunque, stanco, io m'addormentai; non così Don Albera, che senza coperte e disturbato dai bruschi movimenti e dal freddo ebbe a dirmi l'indomani che aveva passata una delle notti peggiori e sì che ne avevamo avute delle veramente cattive !

Sorpresi e con viva gioia ci videro comparire i confratelli di S. Raffaele ed i 40 giovanetti delle loro scuole ; il clero, i cooperatori ci furono subito attorno. Qui tutto è meschino, e riproduce veramente gl'inizii delle opere di Don Bosco ; ammirammo il sacrificio dei confratelli, e peccato che la posizione del paesello sia tale da non poter dare speranza di uno sviluppo conveniente a quell'istituto.

Al ritorno ci accompagnava il nostro Don Soleri, chiamato a predicare e passare la festa dell'Immacolata al forte di S. Carlos e nel circostante villaggio. Sbarcando ammirammo i lavori di quella principale difesa di Venezuela che racchiudeva più centinaia di prigionieri politici ed eravamo ben lontani dal sospettare che presto doveva essere distrutta.

(Continua).

MISSIONI

I NUOVI MISSIONARI, partiti in ottobre novembre e dicembre, sono tutti arrivati felicemente al porto bramato. Ne sia benedetto e ringraziato il Signore e si abbiano pure i più cordiali ringraziamenti quanti ebbero la carità di accompagnarli con speciali quotidiane preghiere.

Matto Grosso (Brasile)

Dalla Colonia del S. Cuore. Le consolazioni dei piccoli selvaggi.

(Lettera del Sac. Don Giovanni Balzola).

Barreiro (Araguaya), Colonia del S. Cuore di Gesù, il giorno di tutti i Santi del 1904.

VENERATISSIMO SIGNOR DON RUA,

Forse il paterno suo cuore è già ansioso di aver notizie di questa Colonia, da lei tanto amata.

Grazie al nostro buon Gesù, che visibilmente ci assiste, ed a Maria SS. Ausìliatrice, nostra buona Madre, le cose continuano regolarmente e bene. Ma occorre aumentare il personale poichè se di giorno in giorno la messe si fa più abbondante, di pari passo si fa sempre pìù visibile la scarsezza degli operai. Mi consola però il pensiero, che oggi stesso, mentre io le sto scrivendo circondato da alcuni poveri selvaggi, in cotesto Santuario di Maria Ausiliatrice si sta forse compiendo la funzione di partenza di nuovi Missionari ; e son certo che alcuni di essi saranno pure destinati in nostro aiuto (1). Io credo di non ingannarmi: Ella, amatissimo Padre, deve già aver assegnato al carissimo nostro Ispettore D. Malan un buon numero dì nuovi evangelici operai ; ed io, da parte dei confratelli e di tuttì gli indii della Colonia e delle vicine aldee, cordìalmente la ringrazio. Il bene che così si potrà compiere sarà maggìore, e non appena sìano giunti gli invocati rinforzi sarà subito raddoppiato.

Questi carissimi indii continuano a darci le più lusinghiere speranze. Quest'anno si son tutti preparati un po' di terreno per seminare, specialmente per la meliga. Anzi, proprio di questi giorni, son venuti altri indii dal Rio das Mortes a prendere meliga per seminare, essendosi persuasi dal nostro esempio, che è mestieri seminare se si vuol raccoglìere. Venne pure il Bari Michele, che da qualche mese si era assentato dalla Colonìa, e mi disse che anche lui ed i suoi compagni volevano meliga per seminare, perchè lungi di qui un venti chilometri avevano diligentemente preparato un bel tratto dì terreno. Naturalmente lo contentai, ma non mi trattenni di manifestargli il mio rincrescimento per la sua separazìone dalla Colonia, poichè tratteneva con sè varii ragazzi che avrebbero potuto fare una buona riuscita nella scuola. Il povero Bari, con tranquillità, mi assìcurò che sarebbe andato a seminare la meliga, ma in appresso sarebbe tornato. Infatti lasciò subito con noi tre ragazzi che aveva condotto con sè. Senonchè giunto il momento della partenza, ecco la mamma di due dei detti ragazzi, che eran già stati condotti alla scuola, affacciarsi alla medesima chiamando il più piccolo, un caro bambino di 5 anni. Questi appena vide che la mamma voleva ricondurlo lontano, che fa il poverino ? Si mette a piangere e a gridare con quanto ne aveva in gola. La mamma insiste. Tento di persuaderla anch'io a voler lasciare tranquillamente ìl suo figliuolo con noi, ma inutilmente ; mi risponde che deve assolutamente ricondurlo, perchè il bambino prendeva ancora del latte! Do uno sguardo al fanciullo, che continuava a strepitare, e persuadendomi senz'altro che quella della mamma era una ben magra scusa, per non dire una bugìa, l'assicuro che noi gli avremmo dato i cibi più convenienti. In breve, dopo qualche tempo la mamma è costretta a cedere, vinta però non dalle mie parole, ma dai pianti del fanciullo... Eccole, amatissimo Padre, un piccolo saggio dell'affetto con cui stanno con noi questi figliuoli, e insieme un pegno lusinghiero del bene che potremo fare per mezzo loro agli adulti loro parenti.

Gli stessi nostri neofiti mi contarono un altro fatterello simigliante. Essendo andati alcunì di essi a visitare un'aldea del Rio das Mortes, vi incontrarono il piccolo Innocenzo, già loro compagno di scuola, il quale, nel sentire che essi facevano ritorno alla Colonia, si disse felice di poterli seguire. E infatti, tornando essi, si mise egli pure in viaggio con loro. Ma accortasene la madre, tosto gli corre dietro per trattenerlo : e infattì, nonostante i pianti e le preghiere del fanciullo, lo ritrae con sè. Povero bimbo ! chì sa quanto deve soffrire nello stare tanto tempo lontano da noi

Come vede, amatissimo signor D. Rua, questi cari e piccoli Bororòs ci sono veramente affezionati ; e mi conforta assai la speranza che coll'andar degli anni molti e molti altri ragazzi di queste foreste potranno ricevere la fede ed una buona e completa educazione per opera dei figli di Don Bosco. Quanto dobbiamo esserne riconoscenti noi al Signore, che ci volle suoi ministri in questa opera di rigenerazione ; e come debbono rallegrarsi nel Signore quelli che ci soccorrono coll'obolo della loro carità. Siano essi benedettì !

Intanto a conforto suo, amatissimo Padre, e nel pensiero di rallegrare tutti i nostri benefattori, voglio aggiungerle alcune confortanti notizie.

Il profitto dei nostri scolaretti è veramente singolare. Alcuni sono già al secondo lìbro di lettura e tutti recitano a memorìa le preghiere del mattino e della sera, come si trovano nel Giovane Provveduto, se si eccettuano per ora gli Atti di Fede, di Speranza e di Carità. Ma questi pure lì stanno studiando e imparando con bastante facilità.

Abbiam anche incominciata la scuola di cerimonie, e alcuni di loro in abito da chierìchetti servirono già alla Benedizione del SS. Sacramento con molto piacere. Spero che nella festa giubilare dell'Immacolata alcuni potranno assistere intorno all'altare, vestiti di sottana bianca, cioè di una povera sottana di quel cotone che adoperìamo per fare le camicie. Poichè anche noì ci prepariamo con entusiasmo a celebrare questa grande solennità. Siamo poveri, poverissìmi, ma la nostra Mamma Celeste accetterà di buon grado quel poco che potremo fare in suo onore. Abbiam fissato per quel gìorno il battesimo di altrì cinque bambini. Se ben si rammenta, io le scriveva, signor Don Rua, che cominciammo l'anno scorso, appunto nella festa dell'8 dicembre, ad amministrare solennemente il primo battesimo in questa Colonia. Quest'anno, coi cinque nuovi battenzandi, noi avremo la consolazione di poter presentare alla Vergine Immacolata una corona di ben 64 nuovi crìstìanì, la maggìor parte dei quali è già capace di renderle omaggio col canto di laudi sacre e colla recita devota delle orazionì. Osiamo quindi sperare, che in quel dì memorando la Vergine Benedetta non mancherà di rivolgere uno sguardo di predilezione anche alle nostre foreste.

Conchiudo con una notizia in sè non troppo bella, ma per nulla allarmante, da cuì anzi il Signore permette che noi possiamo cavare un po' di bene. In questi giorni ci sta visitando l'influenza e pare che voglia passar tutti i nostri indiì ad uno ad uno. Però, grazie a Dio, è mite ; e sembra che con due giorni di forte febbre se ne vada. Intanto non trovandosi presente nel villaggio nessun dèi Bari, cìoè nessuno dei loro sacerdoti, che soli possono benedire ed esorcizzare gli infermi, si trovano costretti a ricorrere a noi ; ed ìo conoscendo la malattia, prescrivo qualche rimedio e l'assicuro che in due giorni saranno guariti. Finora, più o meno, ho sempre dato nel segno, e quìndi si va molto aumentando la confidenza neì missionari. E noti, amatissimo Padre, che venendo a richiedere il nostro soccorso, dicono espressamente che bramano di essere raccomandati al Papai grande, al Padre grande, cioè a Dio !...

È già da qualche mese che sono senza Bari, perchè questi si trovano a cacciare ; e tutti ne sentono vivamente l'assenza : vorrei dire che mi sembrano una delle nostre popolazìoni senza parroco! Guardi ad esempio: quando ammazzano qualche animale che ha bisogno di essere presentato a Bope o a Marebba, ne portano un pezzo al Bari, foss'anche alla dìstanza di 5o chilometri, affinchè egli vi slancì i suoi esorcismi. Io, alle volte, sorridendo per la loro buona fede, ho detto loro che portassero quelle carni a me, e li assicurava che li avrei liberati da ogni temuto pericolo. Ed essi si mettevano ordìnariamente a ridere, e mi soggiungevano che quando saranno battezzati, mangeranno dì tutto come noi. Poveretti! mi persuado ogni dì più del dominio diretto in cui teneva il demonio questi nostri fratelli, redenti anch'essi dal sangue di Gesù Cristo.

Nella lusinga che queste poche notizie abbiano ad essere di conforto al paterno suo cuore, la scongiuro a volerci contìnuare la carità di raccomandarci ai nostri buoni Cooperatori ed alle preghiere di tutti quelli che hanno zelo per la gloria di Dio e per la salute delle anime.

Gradisca, amatissimo Padre, i cordiali nostri auguri per le prossime feste natalizie e pel nuovo anno 19o5, che speriamo ancor più ricco di benedizioni per la nostra missione. Abbìa infine la bontà di trasmettere gli stessi auguri agli altri carissimi nostri superiori ; e mentre le baciamo riverentemente la mano, ci benedica tutti, e specialmente chi a nome di tutti si professa

Suo obb.mo figlio in Corde Jesu

Sac. GIOVANNI BALZOLA.

(1) La commovente funzione ebbe luogo, come ricorderanno i nostri lettori, il 29 ottobre.

Equatore

Tra i Jivaros: ricordi e speranze. Da Riobamba.

(Lettera del Sac. Felice Tallacchini). AMATISSIMO SIGNOR D. RuA,

Nel mese di luglio u. s. terminato l'anno scolastico, tornai a Gualaquiza, a fine di terminare l'abbozzo di una Grammatica e di un Dizionarietto della lingua Kivara, parlata da quei selvaggi. Feci un cammino di quattro giorni, quasi tutto a piedi attraverso quelle foreste rese pressochè intransitabili per i pantani prodottivi dalle diuturne pioggie. Per tutto quel viaggio, quante volte mi sentii orgoglioso di essere figlio di Don Bosco e missionario. Il nome del nostro venerato fondatore è noto a tutte quelle buone popolazioni ed è ripetuto da tutti con venerazione e riconoscenza. Ma accanto al nome di Don Bosco ho inteso pronunziare più volte e sempre con ammìrazione ed affetto anche il nome dì Mons. Costamagna. L'indefesso Missionario, nell'andare e tornare da Gualaquiza va esercitando un vero apostolato, ovunque predicando e amministrando il Sacramento della Cresima, e sedendo lunghe ore al santo tribunale della Penitenza. Il dire del bene da lui compito nella provincia dell'Oro ad esempio, formerebbe una pagina stupenda della sua vita veramente apostolica.

E da Monsignore che io tengo l'incarico di terminare quanto prima i due lavori suddetti e per questo fui scelto ad accompagnarlo nella sua prìma andata alla Missione. Oh ! perchè sul Bollettino non se ne fece che un brevissimo cenno, mentre si disse diffusamente dì tutto il vìaggio da noi compiuto sino alle porte della Missione ? Debbo dìrlo ? La colpa è dell'umile scrivente, che invece d'inviare una pronta relazione, si mise in capo di farne un libro addirittura, ad edìficazione e diletto di chì... potrà leggerlo ! (1).

Ma ormai... non mi resta che ripetere dal fondo del cuore il voto che mi fluiva continuamente sul labbro, nel mese che passai a Gualaquiza, contemplando quelle immense e lussureggianti distese dell'Oriente Equatoriano : « Signore, fate che finalmente trionfi su questo gran popolo Jivaro la vostra Religione ! » Se il demonio non prenderà una rivincita, c'è tutto a sperare che si possa ottenere di più fra quei disgraziati selvaggi.

Ritornato a Cuenca, fui chiamato a Riobamba per predicare la novena della festa patronale della Mercede. E nel nuovo viaggio di altre quattro giornate, approfittai del mio transito per varii paesi per fare la Conferenza ai Cooperatori e agli ascritti alla confraternita di Maria Ausiliatrice, non che riunire, ove si poteva, attorno al Parroco, un gruppo di operai e di giovani, per iniziare una società cattolica.

Ed eccomi a darle da Riobamba alcune notizie, in parte consolanti e in parte tristi.

Cogli sforzi della pietà di questo cattolico popolo, non ostante la calamità dei tempi, il nostro Ispettore, coadiuvato potentemente da D.Garcia, in quest'anno condusse a buon punto, sebbene non ancora a termine, la fabbrica del tempio opera che, se non è di grandiose proporzioni, è però artistica ed importante per la necessità dei fedeli. Il disegno è del coadiutore Giacìnto Pancheri. Nel primo giorno della novena il rev.mo Vicario della diocesi, in assenza di Mons. Vescovo, benedì la nuova chiesa, col concorso di numeroso clero e gran folla di popolo.

E perchè la solennità doveva essere una delle giubilari dell'Immacolata, predicò in essa il pregiato oratore, canonico Felice Proaño, decano capitolare e promotore delle feste mariane.

Il concorso del popolo, anzichè scemare, fu maggiore in ogni dì della novena. La festa poi riuscì splendida e sopratutto consolante per le numerose Comunioni. E per assicurarne il frutto, si dettò in seguito un corso dì esercizii alle Signore ascritte all'Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice ed alle Cooperatrici Salesiane. Così termìnarono le vacanze, e ricominciò l'anno scolastico col ritorno dei nostri ragazzi. Il Collegio è già zeppo di interni e di esterni, di studenti e di artigiani, che son le più belle speranze dei nostri cuori.

Ma!... amatissimo signor Don Rua, quante cose si celano in questa sospensione.

In mezzo a questo cristìanissimo popolo, nella Repubblica del Sacro Cuore, le cose vanno male.

Non istarò a descriverle le condizioni di questo paese, perchè ne avrà contezza dai giornali. Abbiamo bìsogno dell'aiuto di speciali preghiere. Del resto noi siamo saldi : e continueremo ad adoperarci qui pure pel bene del prossimo finchè ci si lasci un palmo di terreno

Voglìa Ella pure, amatissìmo Padre, pregare per noi, e non ultimo, per questo suo

Aff.mo figlio in G. M. e G.

Sac. FELICE TALLACHINI.

(1) E difatti ci è pervenuta una buona parte del racconto cui allude il nostro missionario. Non essendoci possibile di riprodurlo per intero sulle colonne del Bollettino, ci permettiamo di offrirne ai lettori il primo capitolo, in cui narrandosi il primo arrivo di Monsignor Costamagna a Gualaquiza, ci pare così ben ritratta l'indole della razza Jivara, da fornire evidentemente un contributo prezioso a chi vuole studiare di proposito questi Indii, cui è serbata una pagina celebre nella storia delle più caratteristiche tribù americane.

Mons. Costamagna a Gualaquiza. (1)

LA valle di Gualaquiza sembrava animarsi a solenne festa. Il cielo, il prato, le selve brillavano d'insolita luce quasi volessero accompagnare la letizia dei cristiani e dei selvaggi, ed il giulivo suono delle campane che, con certa misteriosa ripercussione penetrava e si diffondeva nella sterminata foresta. Sul limitare del bosco, ne apparivano a brevi intervalli gli abitanti, le cui pelli abbronzite e rossiccie spiccavano sul verde di quello. Si affacciavano ora soli, ora a gruppi di tre o quattro; soffermavano il passo girando lo sguardo intorno, per assicurarsi che nessun pericolo vi fosse ; quindi correvano attraverso i campi ed i boschetti, gettando innanzi le indispensabili lancie e sciogliendo al vento le nerissime chiome.

Da ogni dove era un interrogarsi e un rispondere a vicenda

È vero che nella Missione è gran festa?

- Sì, certo; e ci si vuol regalare molte cose. E sai che è giunto l'aparu obispo (il padre vescovo) ?

- O meglio: il capitano dei cristiani. - Ed è molto ricco?

- Molto, molto. Egli ha un mucchio di specchi, di collane e di coltelli ; e fucili, e lance, e camicie, e tele... e tutto.

- Maagke, maagke (bene, bene). E tutto è per gli Sciuora?

- Oh, certo. Perchè noi Kivari siamo i padroni, i re della foresta.

Un buon numero di selvaggi si era già riunito nella casa-missione. Riempivano i corridoi, si introducevano per tutte le porte, salivano e scendevano le scale con passo sì forte da far tremare la casa, e facendo chiasso per mille mettevano ogni cosa a socquadro ; sino ad imberciare la camera ove era il vescovo. Qui si arrestavano un momento, spalancavano gli occhi, si avvicinavano, toccavano le vesti, le mani, l'anello, la croce del prelato, quindi un generale e potente scroscio di riso faceva echeggiare i poggi vicini. In vano i più istruiti cercavano di togliere i neofiti dalla loro ammirazione. Il chiasso e le risa crescevano come un torrente impetuoso, e le domande più importune piovevano come fitta gragnuola attorno al povero monsignore:

- Come ti chiami? - Di dove sei? - Quanti anni hai? - Dove sono i tuoi regali? - È vero che ci darai ogni cosa? - A me darai il tuo taraci (2) azzurro per regalarlo alla mia donna. - A me l'anello per attaccarmelo al naso. - A me la catena lucente come il sole, per appendervi i denti di scimmia e di leone e le penne di pappagallo.

In quella che essi grandinavano le domande e le pretese, entrò un amico dei lettori ; e subito furono attratti su di lui gli sguardi di tutti i selvaggi. Questi tacquero d'improvviso, poi si mirarono attoniti, quindi s'abbandonarono a sgangherate risa.

- Perchè ridete? domandò il sopravvenuto.

- Perchè ci piace, risposero tutti in coro.

- Forse tu piangi quando hai voglia di ridere? aggiunse uno di essi.

L'interlocutore dovette pur ridere; la qual cosa fece crescere ancor più l'ilarità dei selvaggi.

- Hai da sapere, apaci (1), soggiunse un altro, alto e tarchiato, dal capo grosso e dagli occhi grandi, chiamato Nantipa, hai da sapere che gli Sciuora o Kívari ridono quasi sempre e piangono quasi mai. Non è forse meglio ridere che piangere?

Un altro scroscio di risa formidabili, che voleva dire un prolungato applauso, accolse le parole del filosofo. Indi, rimessisi dal primo stupore, un ad uno si avvicinarono all'amico che ne era l'oggetto. Chi si misurava con lui, drizzandosi sulla punta dei piedi, per vedere fin dove ne raggiungesse la statura ; e chi gli applicava le due braccia aperte longitudinalmente, gettando poscia una gamba all'aria per indicare che non bastavano quelle. La maggior parte però si dilettava con toccargli le guancie e tirargli i baffi e la barba ancora in embrione. Finita la ricognizione di ciascheduno, udivasi un colpo di lancia sul suolo ed uno scoppio di riso.

- Dunque sono proprio io la causa della vostra allegrezza? domandò l'amico.

- Sì, risposero alcuni, sforzandosi di parlare spagnuolo: « Jívaro riendo, vos jívaro cara ostando » ossia : « Kivaro ridendo, perchè tu Kivaro faccia essendo. »

- Sta bene, soggiunse il Vescovo, voi lo avete detto; e d'ora innanzi lo chiamerete aparu sciuora (padre kívaro).

Quando i neofiti intesero il senso di queste parole, sembrò che la valle fosse piena delle loro risate.

- Padre kívaro ! Sì, sì : padre kívaro ! ripeteva dieci volte ogni bocca. Maagke, maagke (bene sta). I kivari non hanno barba: tu pure ne hai poca. I kivari sono alti e svelti : tu sei più alto di noi ; perciò ti faremo capitano. E sebbene tu sii bianco e noi rossi, ti pittureremo la faccia col nostro ipiacu (2) e col murice, e diventerai rosso come l'iguanci (diavolo) ; ti lascerai crescere i capelli che tingeremo di sulla (3), nera come l'ebano della nostra uwi (4) ; e ti daremo una nanki (lancia), e le tzinzaca (saette) col tzeasa (veleno), per ammazzare molte scimmie e cinghiali. Sì, sì: aparu sciuora; padre kívaro ; nikatzan: è vero. Noi ti vorremo molto molto bene, come al padre Francisco e non ti lascerem più andar via. Così l'aparu obispo ci manderà tanti regali che non sapremo dove metterli.

Lo schiamazzo e le risa frammischiate ai commenti crescevano, crescevano come le onde del mare. In quattro o cinque punti si erano formati altrettanti parlamenti, nei quali due kivari alla volta sostenevano accese discussioni sugli avvenimenti del giorno, Contemporaneamente e senza riposo tutti gli interlocutori parlavano, gridavano, urlavano, scuotendo il capo, agitando le braccia e gonfiando il petto e il ventre come se fossero mantici, dai quali cavavano fuori le voci più strane, simili ora a latrati di cani, ora allo stridere delle scimmie, ora al muggito di un bove. Allo stesso tempo e da tutte le parti piovevano, secondo imprescindibile usanza, gli sputi dei parlatori, sì che tutto il pavimento ne era allagato.

Lettore! Sulle tue labbra sfiora un sorriso di incredulo. Eppure la mia mente non trova immagini adeguate per farti concepire i suoni, le articolazioni e le flessioni fonetiche, impossibili a rappresentarsi con segni, che uscivano, più che dalla bocca, dal petto, dallo stomaco, dalla gola, dal naso e dalla testa insieme di quegli inimitabili oratori.

Durò più di mezz'ora l'infuocato dibattimento, durante il quale i più lesti avevano frugato in tutti gli scrigni, in tutte le borse e in tutte le tasche, per trovarvi gli agognati regali. Per ognuno vi fu qualche cosa: uno specchio, un temperino, un ago, una camicia, un fazzoletto ; nè mancò ad alcuno una lucente medaglia di Maria Ausiliatrice, che il prelato, con paterna cura, appendeva ai vezzi che i selvaggi portavano al collo.

Intanto il padre Francisco, l'antico ma non vecchio missionario e padre di quelle tribù, era giunto con una secchia di ciccia dolce ed un cesto ripieno di banani, yuca, ananas e mote.

La qual cosa veduta dai ciceroni, coi regali dei compagni, fece sì che a poco a poco si sedasse quell'uragano parlamentare, come si calma una bufera d'estate...

(1) Vedi la nota alla lettera precedente, e cfr. Bollettino Salesiano anno 1903 pag. 81.

(2) Con questo nome che significa « tunica da donna» intendevano il mantello vescovile.

(1) Apaci è contrazione del diminutivo aparuci, padre, babbo. Si applica questa parola al missionario ed anche talvolta ai cristiani.

(2) Seme che i bianchi chiamano aciote. (3) Altro seme.

(4) Specie di palmizio la cui corteccia ha la natura dell'ebano. I bianchi la chiamano cionta.

In fascio.

CHOELE=CHOEL (Patagonia Sett.). - Un caso pietoso di un povero indio. - Da una lettera del Missionario D. Domenico Anselmo, spigoliamo - « Sono pochi giorni che ritornai da una missione, percorrendo parte della costa del Rio Colorado, sia nord che sud Il tempo però non mi fu propizio, e così non potei amministrare che 78 battesimi ed un matrimonio, oltre però molte confessioni e comunioni. Benedissi anche un cimitero, risvegliando questa benedizione grati ricordi di cui non posso tralasciare di far cenno

» Due anni fa in una missione a Pichi Mahuida, nei pochi giorni che colà mi fermai, battezzai fra gli altri un giovanotto indio di circa 17 anni, il quale dopo una buona preparazione, avendo appreso le verità fondamentali della nostra santa fede, ottenne come tanto desiderava, di essere ammesso al S. Battesimo. Il padrino e padrone mi diceva, che da molto tempo il giovine Piquillin (era così soprannominato non conoscendosi i suoi genitori), desiderava farsi cristiano e andava ripetendo: « Non voglio più che mi chiamino Piquillin ed essere infedele ; ma voglio farmi cristiano ».

» Ebbene nel novembre del 1903 il padrino, signor Valentin del Prado, passava tranquillamente sopra alcuni tavoloni sul ponte in costruzione sul fiume Colorado, quand'ecco, non si sa come, due tavoloni caddero nell'impetuoso fiume e con essi precipitò pure fra le acque il signor Valentino. Buon per lui che alcuni si avvidero e si misero a gridare: aiuto, aiuto! Fra gli altri accorse anche il suo giovane garzone che al fonte battesimale era stato chiamato Ignazio Anselmo. Il poveretto visto che il padrino si annegava diede un grido: Il mio padrino si annega! e senz'altro salta sopra il primo cavallo insellato, che trova vicino alla sponda, e si getta nel fiume. Iddio volle premiare l'atto di abnegazione del fedel servitore salvando il padrino quasi miracolosamente: ma Ignazio Anselmo non potè aiutarlo, poichè appena arrivato in mezzo al fiume, cavallo e cavaliere scomparvero, tornando a galla dopo qualche istante il solo cavallo. Il corpo del giovane indio fu trovato dopo tre giorni, 15 e più chilometri lontano... Il padrino, ammirato e riconoscente, fece fare nel cimitero che io benedissi, un bellissimo monumento con un'iscrizione ricordante l'eroismo dell'ottimo giovane.

» Le cento e più persone riunite nel giorno della benedizione al cimitero, tutte evocarono il fatto, e sentii più di un padrino che lo raccontava commosso ai suoi figliocci... Come è vero che la Religione è in ogni luogo e in ogni cuore madre di virtù e di eroismo... ».

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IL CULTO di MARIA AUSILIATRICE

Noi siamo persuasi, che nelle vicende dolorose del tempi che corrono non ci restano altri conforti che quelli del cielo, e tra questi l'intercessione potente di quella benedetta che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani.   PIO PP. X.

II.

Solenne sanzione del titolo.

ERA l'anno 1571. I Turchi avevano tolto l'isola di Cipro ai Veneziani e, inorgogliti per quel successo, mìnacciavano lo sterminio a tutta la cristianità. Il Sommo Pontefice S. Pio V, gloria del Piemonte e dell'Ordine Domenicano, aveva in così grave pericolo unito in lega i principi cristiani; ed una flotta poderosa, al comando di Don Giovannì d'Austria e di Marc'Antonio Colonna, salpava per l'Oriente, mentre le galee deì Turchi già veleggiavano verso l'Italia. Lo scontro avvenne nelle acque di Lepanto, la domenica 7 ottobre.

Il cozzo fu terribile: i vascelli s'incontrano, si urtano, si confondono; volano per l'aria le frecce degli archi, fischiano le palle degli archibugi, tuonano i cannoni seminando dappertutto la strage e la morte. Le grida dei feriti suonano più alte del rumoreggiar dei flutti; le acque già rosseggiano di sangue, molte navi colano a picco; molte migliaia di cadaveri già ingombrano l'ampio golfo. È da un'ora che si combatte con magnanimo accanimento e la vittoria pende indecisa.

Ma in quell'ora, in tutte le città cristiane si pregava. Uscivano per le vie di Roma, in processione supplichevole, le confraternite del S. Rosario; e S. Pio V, nel raccoglimento della sua cappella, le accompagnava con le preghiere pìù ferventi. Tante suppliche non furono vane: il vento infatti, che in sulle prime spirava favorevole ai Turchi, cambiando repentinamente direzione, si volse loro contrario e avviluppò le loro navi in una densa nuvola di fumo. I Cristiani riconoscono in questo prodigio la visibile protezione della Madonna, e, prendendo nuovo ardire si serrano addosso al nemico, ne uccidono il supremo comandante e sulla nave capitana inalberano il vessillo cristiano. Un grido formidabile di trionfo esce loro dal petto, mentre i nemici indìetreggiano e si dànno in fuga. La vittoria è solenne: i Turchi spaventati e rotti vi lasciano più di ventiduemila morti e diecimila prigionieri; e quindicimila cristiani sono liberati dalle galee.

S. Pio V, in quel medesimo istante, si alza dalla preghiera e annunzìa ai famiglìari la vittoria ottenuta. Quindi ad eternare la riconoscenza che tutta l'armata cristiana sentì vivìssima per la Vergine Santa, che era stata invocata colla recita del santo Rosario, comandò che, d'allora in poi, la prima domenica d'ottobre si celebrasse la solennità del SS. Rosario, e nelle Litanie Lauretane, dopo gli altri titoli che Maria possiede alla nostra fiducia, si aggiungesse quello di Auxilium Christianorum che tutti li abbraccia e compendia, e che oggi per singolar disposizione della Divina Provvidenza risuona così caro e venerato in tutto il mondo.

Nel 1683, i Turchi tentarono nuovamente d'invadere l'Europa; e in numero di duecentomila comparvero sotto le mura di Vienna. Invano Papa Innocenzo XI si adoperò per eccitare i principi cristiani al soccorso: un solo rispose all'appello. La città era vicina a cadere; quando, il 9 settembre, sul monte vicino appare l'esercito di Giovanni Sobieskì. Tre giorni dopo, l'eroe polacco ordina che tutto l'esercito assista alla celebrazione del Santo Sacrifizio : egli stesso serve devotamente la Messa, e dopo di aver ricevuta la benedizione nel nome di Colei che è terribile quanto un esercito schierato a battaglia, pìomba con tant'impeto sul nemico che lo mette subitamente in fuga. Dell'esercito di Kara Mustafà, già ridotto da trecentomila a quarantamila, solo ventimila si salvarono, lasciando sul campo lo stendardo, duecento cannoni e tutte le provviste. Papa Innocenzo XI, quand'ebbe in mano il vessillo di Maometto si sentì commosso nel profondo del cuore, e pieno di riconoscenza per la potente Ausiliatrice ordinò, che la domenica fra l'ottava della Natività della Madonna, si ceiebrasse in perpetuo la festa del SS. Nome di Lei. Inoltre, l'anno appresso, cioè il 1684, assecondando le istanze del Duca di Baviera, che aveva preso parte alla battaglia di Vienna, erigeva nella città di Monaco una Confraternita in onore di Maria Ausiliatrice, alla quale andarono a gara d'ascriversi in ogni tempo non solo migliaia di semplici fedeli, ma anche vescovi e principi, re ed imperatori.

Non mancava altro, che in un giorno dell'anno venisse pur fissata una speciale solennità in onore di Maria Ausiliatrice.

(Continua)

GRAZIE di MARIA AUSILIATRICE

«Quanto è buona la Madonna di D. Bosco! »

Nel marzo u. s., mia moglie Licari Rosina nata Crisafulli, la quale da più anni è Cooperatrice salesiana, fu colpita da una dermatite agli arti inferiori e da febbre altissima, sostenuta da una forte bronchite. Dietro consiglio del medico, feci venire da Catania un rinomato professore, il quale, osservata l'ammalata, disse che il caso era pericoloso, e intanto prescrisse una ricetta per arrestare il processo della malattia: mentre io subìto rivolsi il mio pensiero a Maria SS. Ausiliatrice e a Lei mi raccomandai. Ma l'inferma continuava a soffrire terribilmente e la febbre giunse a 41 grado, sicchè ìl medico curante vedendo l'ammalata venir meno, mi consigliò di farla munire degli ultimi Sacramenti, che le furono amministrati di quella sera. Desolato per lo stato dell'inferma, con viva fede tornai ad invocare la SS. Vergine Ausiliatrice, dicendo : a « Se voi, Madre mìa, farete guarire mia moglie, vi manderò un'offerta e farò pubblicare la grazia nel Bollettino Salesiano. » Oh portento ! a poche ore da questa promessa l'inferma migliorò, si abbassò la febbre e sparve totalmente la dermatite. Quanto è buona la Madonna di D. Bosco

Benchè tardi, adempio alla promessa fatta e prego di pubblicare questa grazia nel sullodato periodico.

Piedimonte Etneo, 19 novembre 1904.

Avv. LICARI FRANCESCO DI PAOLA, Pretore.

« L'Ausiliatrice m'ha guarito ! » Cinque anni fa, m'ammalai per una fortissima entero gastrite. Le sollecite e continue cure mediche non mi portarono che un lieve e momentaneo miglioramento, poìchè ritornarono tosto i soliti dolori, che or più or meno sentiti, mi accompagnarono benchè ad intervalli fino al maggio u. s. Vista l'instabile efficacia della medicina, pensai di rivolgermi a Maria SS. Ausiliatrice. Sul finire d'aprile chiesi pertanto che facessero speciali preghiere per. me i giovani dell'Oratorio e incominciai privatamente il mese di maggio, facendo varie divozioni in onore di Maria Ausiliatrice. In uno dei primi giorni i dolori giunsero a tal punto da parermi insopportabili. Con fiducia supplicai la Madonna di D. Bosco perchè mi guarisse, promettendo di far pubblicare sul Bollettino la grazia e obbligandomi all'adempimento d'un voto se n'andassi esaudito. Maria esaudì la mia preghiera: tosto i dolori mi scemarono, e nel giorno susseguente esularono del tutto. Sono già trascorsi sette mesi e non provai più disturbo alcuno. Rendo nota sul Bollettino la grazia ricevuta, invitando tutti a lodare e ringraziare con me la Vergine Ausiliatrice e a ricorrere a Lei con fiducia in ogni bisogno della vita.

Milano, 6 novembre 1904.

Diac. EMILIO SANTAMBROGIO stud. nel Seminario Teologico.

Grazie, Maria Ausiliatrice!

Il giorno 29 settembre u. s. alle sei di sera, il babbo, che si trovava secondo il solito in fabbrica, fu sorpreso repentinamente da uno strano e violento malore, che gli rese impossibile ogni ulteriore occupazione. Si recò a casa barcollando, e mezz'ora dopo egli bruciava dalla febbre. Passò una notte orribile ; il mattino del 30 il medico, chiamato in tutta fretta, dichiarò il male una violenta polmonite. Per nove giorni il povero babbo andò sempre peggiorando; l'8 ottobre era in agonia.

Io non conobbi lo strazio di quelle ore: a che pro farmi soffrire, se ero tanto lontana, e, anche chiamata telegraficamente, non sarei forse giunta in tempo a ricevere l'ultima benedizione del genitore adorato? Però accanto a lui vegliavano due angioli cari e benedetti: mia madre e mia sorella. Esse, nell'angoscia d'un dolore inenarrabile attingendo l'ardor di quella fede che non conosce ripulsa, lo raccomandarono istantemente alla Vergine Ausiliatrice, alla dolce Madonna, che avevan pregata un giorno nel suo Santuario di Torino.

E la dolce Madonna ascoltò la desolata preghiera! Con la stessa, inesplicabile rapidità con cui l'aveva assalito, il male abbandonò il nostro diletto, ed egli, tornato in patria, alle risto ratrici arie native ed all'incantevole sorriso del nostro Lago Maggiore, non tardò a ristabilirsi completamente. Io non potei fare speciali preghiere per lui, nelle ore terribili in cui egli lottò con la morte, ma voglio riserbarmi oggi l'ineffabile gioia di dire a Te, o Madre Celeste, a Te che sola me l'hai salvato, il mio commosso, affettuosissimo grazie !

Casale, 13 dicembre 19o4.

MARIA ZUCCHI, F. di M. A.

Malandriana (PARMA). - La mattina del 27 luglio u. S. mi trovai affetto da pleuro-polmonite. Temendo l'aggravarsi del male, chiamai mia madre e le dissi come avrei desiderato di fare una novena alla Madonna di D. Bosco, ed insieme le esposi il voto che avevo fatto e che oggi appunto adempio. La pia donna tosto acconsentì ed il sabato 30 luglio cominciammo la novena Oh potenza di Maria! L'ottavo giorno era perfettamente guarito, e lo stesso medico curante ritenne la mia guarigione per miracolosa. Ne sia lode a Maria Ausiliatrice.

18 settembre 1904.

LUIGI NORCHI.

Feisoglio. - La mattina del 14 giugno fui preso da un malessere così generale e repentino, che dovetti esser trasportato all' ospedale di S. Giovanni, ove in pochi giorni mi trovai in preda ad un male terribile, che, ribelle ad ogni cura ed umano rimedio, doveva trarmi inesorabilmente alla tomba. Lontano da tutti i parenti, tra gente sconosciuta, privo d'ogni umano conforto, io mi rivolsi con fiducia a te, o Ausiliatrice, a te innalzai la fervida preghiera : « Cresciuto per tre anni accanto il tuo santuario, vidi i tuoi miracoli, e sperimentai altre volte ancor io la tua bontà. Tu puoi guarirmi, o Maria ! » E Maria mi esaudì. Mentre tutti i medici dell'ospedale mi avevano abbandonato protestando che era svanita ogni speranza di guarigione, io cominciai a migliorare. Tornai al paese nativo, e in breve tempo riacquistai la perduta salute.

Settembre 1904.

CORA ANGELO.

Torino. - Seriamente infermo, ho dovuto subire all'Ospedale di S. Giovanni una gravissima operazione chirurgica. Siccome questa riuscì benissimo - quasi per miracolo - e ricevetti inoltre altre grazie spirituali preziosissime, riconoscente io ringrazio Maria SS. Ausiliatrice che io allora invocai con somma fiducia.

1 dicembre 1904.

Ing. ANGELO CATTERO.

Dogliani. - Ai 26 di aprile mi sentiva proprio mancare : mi raccomandai a Maria Ausiliatrice e n'ebbi tosto sollievo. Ai 12 maggio mi cadde ammalata di bronchite doppia e di mal di gola una bimba di due anni : feci ricorso a Maria Ausiliatrice e fu libera. Ai 15 luglio mio marito per una colica tremenda credeva di dover morire: anche lui ricorse alla Vergine Santa e fu esaudito. Ci siamo sempre raccomandati coll'intenzione di far nota la bontà di Maria Ausiliatrice, pel cui Santuario invio una piccola offerta.

13 ottobre 19o4.

DEVALLE GERMANA.

Fossano. - Nell'anno scorso il mio secondo figlio, decenne, s'ammalò con forte febbre. Il medico disse trattarsi di polmonite. È facile immaginare lo spavento nostro ; con fiducia mi rivolsi a Maria Ausiliatrice e misi al collo dell'infermo una sua medaglia, promettendo che, in riconoscenza, avrei pubblicata la grazia nel suo Bollettino. La nostra Santa Madre esaudì subito la mia preghiera e due giorni dopo mio figlio era senza febbre ed in piena convalescenza.

Ebbi altri bambini ammalati gravemente, fra cui uno di difterite, e sempre Ella mi protesse e me li ridonò guariti. Io pure esperimentai personalmente la sua protezione ; per cui Le sieno rese infinite grazie.

6 ottobre.

MARIA REYNAUD BERSANINO.

Ubiale (BERGAMO). - Da tempo era perseguitato da un malore che sebbene non mi impedisse di attendere alle cure del ministero, pure mi assaliva tanto all'impensata che mi dava gran pena. Mi rivolsi con fiducia alla Madonna di Don Bosco pregandola che nella sua bontà mi ottenesse la grazia d'esserne liberato. Ma che avvenne? Nel mese di maggio il male anzichè diminuire si accrebbe in modo che una notte mi trovai si può dire in fin di vita. Allora raddoppiando la mia fiducia verso Maria SS. Ausiliatrice, mi rivolsi a lei cori una calda preghiera, abbandonandomi interamente nelle sue braccia materne ; ed oh potenza mirabile di Maria!... Proprio nel momento più difficile, nel quale sembrava che l'arte medica non avesse per me rimedio alcuno, la mia guarigione era assicurata. In pochi giorni entrai in piena convalescenza ed ora godo buona salute, libero anche da quel disturbo fisico che da anni mi tormentava.

13 settembre 1904.

Sac. PANSERO GIUSEPPE, Parroco.

Casale. - Il sottoscritto nel mese di maggio u. s. pregava la Beata Vergine Ausiliatrice, che gli facesse la grazia di poter transigere una dolorosa questione d'interesse, che già, da più anni vertiva tra lui e i suoi fratelli contro altro fratello. Ora essendosi sciolta una tal questione pacificamente, e quello che è più per puro impulso del fratello stesso col quale si questionava e che pareva inconciliabile, non resta al sottoscritto che sciogliere il voto fatto.

19 dicembre 1904.

VINCENZO BUFFO.

Torino - Peiretti Domenica, madre di famiglia ed abitante in Valdocco fu colta da artrite, che la tormentò per oltre tre mesi e la ridusse agli estremi. Entrata in agonia, i suoi ricorsero a Maria Ausiliatrice e Maria Ausiliatrice l'ha pietosamente guarita.

TESIO GIUSEPPE.

Malegno (Brescia). - In giugno lessi nel Bollettino come due signore avevano collocato nei loro poderi un'Immagine di Maria SS. Ausiliatrice e che li difese dalla grandine, la quale devastò quelli vicini. Seguendo il loro esempio misi in uno dei miei poderi un'immagine di Maria SS. Ausiliatrice pregandola che difendesse dalla grandine il mio podere non solo, ma anche tutti quelli del Comune di Malegno. La grandine venne in tutti i dintorni anche 4 e 5 volte, ma la campagna di Malegno da luglio in poi fu sempre rispettata dal terribile flagello ed ora i nostri poveri contadini sono contenti di poter fare un'abbondante vendemmia. Non posso che ringraziare, come faccio di cuore, la buona e potente Ausiliatrice dei Cristiani.

29 settembre 1904.

Ch. DOMENIGHINI ANDREA.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:

A*) - Acqui: Bodrito Guido 5. - Airasca (Torino) : Fogliassa Francesca pel figlio Luigi. - Almenno S. Bartolomeo (Bergamo) : Rota Carlo 20. - Antegnate (Bergamo) : Bedina Giovanni ioo.

B) -Bagnarola (Udine) : Giovanni Segalotti seminarista 10, a nome di Isidoro Coassini, e 5, a nome suo per la guarigione del babbo. - Bagolino (Brescia): Scalorni Giovanni Zorsara 55. - Bobbio (Pavia): Canonico Codebò Francesco 5. - Buia (Udine) : Maria Nicoloso Furchio 25 a nome suo, e 5 per una pia persona.

C) - Cagliari: Luigi Cotza r,5o. - Cammarata (Girgenti) : Sac. Salvatore La Corte 5, per la sorella Giuseppina. - Caramagna (Piemonte): Capello Lucia. - Carmagnola - Borgo S. Bernardo S. M. - Casalmonferrato: Sac. Mellano Felice, a nome del babbo; Francescangeli Piacenza 5; C. L. Cooperatore salesiano. - Casamicciola (Napoli) Morgera Giosafatte 5 per una pia persona. - Caspoggio (Sondrio) : Pegorari Lorenzo 5 ; Pegorari Costantino 20 - Castelcova (Brescia): N. N. 2. - Cavour (Torino): Mellica Lucia 3. - Chieri: Berruto Francesca. - Chivasso: Carpegna Angelo 15. Colico (Conio): D. Antonio Parravicini Vicario 5, per P. G. di Morcegno. - Comignago (Novara) Rossi Francesca 20. - Conegliano Veneto: Suor Silvia Noli, figlia di Maria Ausiliatrice, 30. = Corte dei Nobili: Bellinzoni Giuseppina 5. - Costigliole d'Asti : Covino Elisabetta i.

D) - Diano d'Alba: La Direttrice dell'Istituto di Maria Ausiliatrice 3. - Dorno (Pavia): Laborante Maria 2,20.

E) - Erbusco (Brescia) : D. Giuseppe Cavallari per la nipote.

F) - Faenza: O. A. M. 6o. - Fressio Umbertiano (Rovigo) : Colognesi Luigi 10. - Fubine (Alessandria): Cantù Eugenio 5.

G) - Genova: Costanza Perinetti 5 per sè e per una persona affidata alle sue cure; Adele Sertora 2.

I) - Iglesias (Cagliari) : Brau Vincenzo 2.

L) - Lanzo Torinese: Laquato Luigi 0,20. - Limon-(Costarica) : Biglietti Enrichetta ved. Daidone. - Longara: Polazzi Elisa 5. - Lugo (Ravenna): Coniugi Brusi.

*) L'ordine alfabetico qui segnato è quello della città e dei paesi cui appartengono i graziati da Maria Ausiliatrice.

M- Mezzanabigli (Pavia) Clementina Scappini a nome di due pie persone 7. - Mezzomerico: Leonardi Catterina 2. - Miasino (Novara) : Bergamaschi Omobono 10. - Minusio : Cavalli Margherita g. - Modena Bontempelli Irene 10. - Massolente (Vicenza): Zanandrea Giuseppina 2 per la mamma.

N) - Novara : Stangalini Teresa n. Omodei 3.

P) - Pavia: D. Luigi Porta 4o a nome della Cooperatrice salesiana C. M. liberata da grave dispiacere e pericolo. -Pentecacole: Bettino Tricci 25.

R) - Rapallo: Andrea Tassara 5. - Rezzo

(Porto Maurizio): Boscetto D. Antonio 3. - Rivalta Torinese: Bosco Albertina. - Rivera (Canton Ticino) : Severina Giovannini a nome di M. A. - Roma: Eurici-Guerci Francesca, via dei Mille 27, offre L. 10 per aver ottenuto da Maria Ausiliatrice la guarigione del figlio Enrico da gravissima malattia ; G. Varino 1.

S) -Saluggia (Vercelli): Dellamula Giovanni 10. - San Michele - Torre de' Busi (Bergamo) : Losa Maria 2. - S. Vitturia d'Alba : Bruno Luigi 5.

T) - Treviso: Il ch. A. d'I. alunno dal III anno teologico. - Trecastagne (Catania) : Suor Maria Benedetto Pappalardo 10. - Torino: B. R. 10; Franco Giuseppe del Collegio Valsalice ; sig. Streglio 10; cav. Bodoira Lorenzo, Mar. Maggiore a riposo, offre una spilla d'oro ; sac. Giuseppe Ghibaudo, salesiano; B. A.

U) - Udine: M. D. Giov. Battista 3, a nome di Luigi Pami di Pradamano.

V) - Valletta (.Malta): Ugo E. Mallia studente per essere stato promosso in un esame dato nell'Università di Malta. - Varano dei Mrlegari (Parma): Croci Caterina. -- Varengo (Alessandria) : 13. G. F. 5. - Vigone: A. C. - Villar Dora: Bruno D. Bruno parroco zoo, per essere stata riconosciuta la stia innocenza in una causa intentatagli. - Villastellone: Baravalle Giuseppina. - Vobarno (Brescia) : Gossa Francesco, sacrista. - Vodo (Belluno) Maria Balfi 4.

Z) - Zoppè (Belluno) : Ester Prandolini Franceschini 10. - Zurrico (Malta) : P. Z.

X) - Margherita Aprà - Avv. Lancellotto Anguissola 50.

Santuario di Maria Ausiliatrice - Torino.

A comodità dei Cooperatori e delle Cooperatrici torinesi, pubblichiamo l'orario delle sacre funzioni mensili del Santuario di Valdocco

2 febbraio - Purificazione di Maria Vergine - Dopo la messa delle 6, predica e benedizione - Alle 17 (5 pom.) vespri, predica e benedizione.

3 febbraio - Primo venerdì del mese. - Alle ore 6 messa con esposizione del SS. sacramento e benedizione. - Ore 17, preghiere al S. Cuore, benedizione.

17 febbraio - Comincia il mese in preparazione alla festa di S. Giuseppe: - speciali funzioni alle ore 6, 7,30, e 17 di questo mese.

24 febbraio - Solenne commemorazione di Maria Ausiliatrice - La devota funzione si compirà alla messa delle 6 e delle 7,30; ed alle 17 (5 pom.).

I PRODIGI DELLA CARITÀ Monografie.

I) BORGO SAN MARTINO

Collegio San Carlo.

DALLE illustrazioni di questa IIa monografia, ed anche solo dal nitido gruppo sovrastante, che riproduce la facciata della cappella del collegio, il refettorio, lo splendido salone di studio e l'elegante scuola di musica, il lettore può farsi un'idea della compitezza di questa nuova affermazione della carità di D. Bosco e dei suoi Cooperatori. 6 certo il Collegio S. Carlo fondato in Mirabello nel 1863, e poi nel 1870 trasportato per maggior comodità nel grandioso palazzo dei Marehesi Scarampi a Borgo San Martino, presso CasalMonferrato, come fu il primo aperto da Don Bosco, è tuttora uno dei migliori e più importanti collegi salesiani per giovanetti di civil condizione.

È da ritenere, come unicamente per mancanza di mezzi, D. Bosco non potè eseguire tutto d'un tratto i suoi vasti e pietosi disegni; ma a seconda che la Divina Providenza gli apriva una nuova via per concretarli, egli non esitava un istante d'inoltrarvisi con illimitata fiducia, sobbarcandosi serenamente ai sacrifizi che gli venivano imposti dalla nuova missione. In questa guisa dal catechismo domenicale egli venne all'Oratorio festivo, dall'Oratorio all'Ospizio, indi alle scuole classiche e professionali, sempre però in Valdocco e quasi a benefizio esclusivo dei più poveri fanciulli. Senonchè, visti i mirabili effetti del suo sistema educativo, eziandio molte famiglie di mediocre e civil condizione presero a bramare anch'esse di consegnare i loro figliuoli a D. Bosco, e il buon Padre, sempre pronto a giovare ad un maggior numero di fanciulli, dopo di aver cominciato a dar corso a simili domande anche all'Oratorio, vedendo che queste gli venivano in particolar modo dal Monferrato, si determinò di aprire il suo primo collegio, in mezzo a quei colli ubertosi e ridenti.

A quest'uopo, per invito d'uno dei suoi più cari alunni, il compianto D. Francesco Provera, si recò nel 1860 a Mirabello; e quivi colla benedizione amplissima di Mons. Luigi dei Conti di Calabriana, Vescovo di Casale, mercè la munificenza di un'esimia benefattrice e coll'appoggio della famiglia Provera e di alcune altre benemerite persone, nel 1861 si pose mano ad un edifizio, che in meno di due anni fu condotto al termine; sicchè non mancava altro che D. Bosco designasse tra i suoi figliuoli, quelli che avrebbero per i primi riprodotto, fuori di Torino, il gran bene che egli faceva all'Oratorio. E la scelta del nuovo direttore cadde, come tutti si aspettavano, sul sacerdote professore D. Michele Rua, di cui, fin d'allora, nessuno era stimato più capace a riprodurre la mente e il cuore di D. Bosco. Così, coi migliori auspici, il Collegio San Carlo, che per alcuni anni ebbe il nome di Piccolo Seminario, veniva aperto il 20 ottobre 1863; e fin dal primo anno i suoi alunni oltrepassarono il centinaio. Trasportato poi a Borgo S. Martino, raddoppiò quella fama di regime serio e paterno e di edificante ed universale impegno per parte dei Superiori, e di studio e disciplina per parte degli alunni, che ivi trassero a gara numerosissimi giovani non solo dall' intero Piemonte, ma da ogni parte dell'Emilia e della Lombardia (1).

Nei brevi limiti delle nostre monografie, non ci è possibile di illustrare, nè punto nè poco, nemmeno i fatti principali degli ornai nove lustri di vita rigogliosa e benefica del Collegio San Carlo; e ci duole assai di non poter dire nemmeno una parola nè dei bei tempi di D. Bonetti o di D. Belmonte, nè di quelli della costruzione e dell'inaugurazione della nuova cappella, nè delle amene e felici vacanze trascorse sui colli di Penango e di Lu Monferrato, e meno ancora dello sviluppo diretto che ebbe l'opera salesiana nel Monferrato mercè l'influenza stragrande del riputatissimo Collegio di borgo S. Martino (2).

Però non possiamo tacere, tra i più distinti alunni, il nome di Luigi Lasagna, che sotto la guida sapiente del Prof. D Paolo Albera, nell'anno scolastico 1865-66 vi compiva il corso ginnasiale, e che divenuto poi Salesiano e missionario, veniva assunto giovanissimo all'onore dell'Episcopato, e nel fiore degli anni, in uno scontro ferroviario, moriva vittima del suo zelo nel Brasile. Nè tra i più illustri superiori o professori del Collegio, oltre i sullodati, dobbiam tacere il chiarissimo Prof D. Francesco Cerruti, che fu uno dei primi insegnanti a Mirabelllo, ed il Prof D. Giuseppe Bertello, per molti anni direttore a Borgo S. Martino.

Anche presentemente il Collegio S. Carlo continua con assai bella fama e con frutto la sua vasta missione. Si temeva che attesa l'apertura di molti altri collegi nelle vicinanze, il numero dei suoi alunni non potesse più mantenersi così elevato come una volta; invece il credito, incontrastatamente goduto da tanti anni, ora si riafferma visibilmente nell'animo dei numerosi antichi allievi, i quali pur avendo altri collegi più vicini, preferiscono naturalmente questo, ov'essi passarono gli anni più belli della vita, e vi conducono con gioia i loro figli e nipoti (3).

Da parte nostra, se ci fosse lecito aggiungere una parola per mostrare un sentimento di ben meritata preferenza al primo collegio salesiano, non sapremmo farlo altrimenti, che augurandogli, come si merita, anche le preferenze di molti Cooperatori.

 (1) È proverbiale la prontezza con cui gli alunni del Collegio S. Carlo obbediscono al suono della campana. Quando questa dà il segno di cessare dai giuochi, o di raccogliersi in fila e in silenzio sotto gli ampi portici per andare in iscuola, in cappella o in istudio, non c'è uno che continui a giocare o indugi un istante a recarsi al posto assegnato. Tant'è vero, che anche i passeri che si annidano numerosi sul tetto del collegio, da tempo hanno imparato a conoscere questi suoni. Al primo cenno essi volano tutti sulle piante del viale che è a capo del giardino, ed al secondo tocco di campana scendono a schiere nell'ampio cortile per raccogliere le bricciole seminate dagli alunni durante la colazione o la merenda, volando così uniti e con tale prontezza che è sempre un incanto.

(2) Son quattro gli Oratori festivi, oggi diretti dai Salesiani del Collegio S. Carlo; uno a Borgo S. Martino, un secondo a Casalmonferrato, il terzo a Vignale, il quarto a Montemagno.

(3) Borgo S. Martino è stazione della ferrovia Alessandria-Vercelli, a tre miglia da Casale. Un viale conduce dalla stazione al Collegio. Un magnifico palazzo, vasto cortile e giardino, viali ombrosi e delizioso boschetto rendono il locale ameno e salubre. Le discipline scolastiche sono in analogia coi programmi e regolamenti governativi; ed abbracciano il corso elementare e ginnasiale. Oltre l'istruzione relativa a ciascuna classe, gli alunni hanno scuola di canto gregoriano e di musica vocale, a cui devono intervenire nelle ore stabilite; e scuola di lingua francese in tutte le classi del Ginnasio.

NOTIZIE COMPENDIATE

A Valdocco.

Il primo giorno dell'anno, in forma privata ma solenne si compiva nel teatrino la distribuzione dei premii e delle onorevoli menzioni ai giovanetti artigiani che nell'anno 1903-1904 primeggiarono per pietà, studio e lavoro, o riportarono speciale distinzione nell'ultima Esposizione triennale. Il signor Direttore disse come si fosse ritardata di tanto quella festa desideratissima, appunto per aver libero il locale e per potere, insieme coi premi, distribuire gli accennati diplomi assegnati dalla Giuria dell'Esposizione. Avendo già pubblicato i nomi di quelli che ebbero tale particolare onorificenza, ci dispensiamo dal ripeterli nuovamente: piuttosto facciamo, a tutti, l'augurio di un altr'anno fecondo di alto profitto morale, scolastico e professionale.

Nella stessa radunanza venivano distribuite le menzioni onorevoli agli alunni studenti, che si distinsero per buona condotta e per lodevole applicazione durante lo scorso trimestre.

Nell'Oratorio festivo, la domenica 8 gennaio, si svolse uno di quei simpatici trattenimenti, che non si dimenticano più, perchè toccano soavemente il cuore. Si preparò nel teatrino il così detto Albero del Natale, e 6o dei giovanetti più poveri ebbero in dono un bel vestito, che recarono a casa come un regalo ben gradito del Bambino Gesù. Per la fausta circostanza offersero preziosi doni l'Em.mo Cardinale Arcivescovo, S. A. R. il Principe Tommaso, Duca di Genova, e l'augusto suo figlio il Principe di Udine.

Erano presenti alla cara festicciuola, oltre un pubblico eletto e numeroso, tutte le benemerite signore Patronesse dell'Oratorio Festivo, il signor Luigi Pavia, degno fratello del Direttore dello stesso Oratorio, la nobile signora Contessa Amalia Barbaroux-Sciolla, e i superiori D. Barberis, D. Rinaldi e lo stesso signor Don Rua. Ci auguriamo che un trattenimento così pieno di soavi soddisfazioni abbia a ripetersi anche gli anni avvenire.

In Italia.

CASSANO MAGNAGO (Milano). - Il 13 novembre giungeva a questo paese il missionario salesiano D. Carlo Marelli. Il parroco D. Eligio Venegoni gli preparò una bella accoglienza ; e la domenica seguente il nostro missionario tenne una pubblica conferenza, alla quale accorsero numerosi i fedeli e si fece una questua per le missioni della Patagonia.

FIRENZE. - Per la nuova Chiesa della S. Famiglia. - Siamo ben felici di poter fregiare le nostre colonne di un preziosissimo autografo del S. Padre, il quale sarà indubbiamente di soave conforto per tutti i Cooperatori toscani in particolare, e li spronerà ad affrettare il compimento dell'artistico tempio in costruzione in via Aretina.

Alla diletta Figlia, Contessa Concetta Giuntini MocenicoSoranzo

PIO PP. X.

Diletta Figlia, salute ed apostolica benedizione, Da una lettera a Noi indirizzata dal diletto figlio Alessandro Luchelli, con molto piacere apprendemmo che in Firenze si sta innalzando un tempio dedicato alla Sacra Famiglia di Nazareth.

Tal proposito noi giudicammo degno di lode non solo perchè tende a fomentare la pietà, ma sopratutto perchè ha di mira di difendere la fede assalita dalle insidie degli eretici.

Poichè tu devi ben sapere che fondamento e radice della salute è la fede: la quale ove si serbi incolume, v'è sempre speranza di virtù e dell'eterna felicità; se invece vien meno, in niun'altra cosa possiamo appoggiare la speranza del futuro. E volesse il Cielo che molti, in questi tristissimi tempi, non fossero così esitanti nell'animo, e non esponessero a sì grave pericolo la loro fede!

Nessun proposito pertanto stimiamo più lodevole di quello che si indirizza a custodire intatto negli animi il singolarissimo dono della fede. Per la qual cosa particolar lode diamo a te e a tutte le altre dilette figlie che teco si unirono per la costruzione di detto tempio.

Ad aggiungere poi un potente eccitamento alla vostra diligenza, Noi innanzi tutto accettiamo, qual dono a Noi offerto, una Cappella che verrà dedicata, in codesto tempio, al Pontefice Gregorio Magno: a ciascuna di voi, inoltre, e a tutti i fedeli cristiani che, o colle sostanze o coll'opera, concorreranno alla costruzione del Sacro Tempio, impartiamo di cuore l'apostolica benedizione, attestato della speciale benevolenza Nostra e auspicio della più larga copia delle divine benedizioni.

PIO PP. X.

MILANO - La chiesa di S. Agostino. - I lavori della nostra chiesa dedicata a S. Agostino procedono attivamente, con quella costante alacrità che la importanza dell'edificio richiede. Sono ora limitati al piedicroce, col proposito di por mano al transetto, alle absidi e quindi alla cupola nella prossima primavera.

Chi si arresti a mirare quel fitto intreccio di ponti, di armature, di antenne, che si elevano altissime, dove giungerà presto il sacro edificio, circondato dai fabbricati dell'Istituto e dalle altre case del quartiere oggi popolatissimo, e pensi che solo otto anni addietro, quella regione era campagna aperta, senza traccia di strade, con poche cascine sparse qua e là, qualche fumaiolo di opificio lontano e null'altro, non può trattenere un'esclamazione di meraviglia e di ammirazione, per la rapidità con la quale il quartiere andò popolandosi di fabbricati, e pei prodigi che la carità cittadina seppe compiere.

E alla carità cittadina che si deve infatti quanto degli edifici per l'Istituto fu possibile di compiere, ed è sempre alla stessa fonte inesausta, che si deve la erezione della Chiesa, a croce latina, a tre navate e tre absidi.

- L'11 novembre, presso le RR. Suore del Cenacolo in Via Monte della Pietà, Sua Ecc. Rev.ma Mons. Pasquale Morganti, Arcivescovo di Ravenna, tenne una conferenza alle benemerite Dame del Comitato Salesiano Milanese.

SAN BENIGNO CANAVESE -- L'Oratorio Salesiano di S. Benigno ha riaperto anche quest'anno un Corso di scuole serali, che ebbe così buon esito l'anno passato. Il corso abbraccia le cinque classi elementari ed è aperto regolarmente dal principio di novembre sino alla seconda metà di marzo, tutti i giorni, eccettuato il sabbato e i festivi. Il suo scopo è, come dice il progamma, « di richiamare alla memoria degli allievi le cose studiate in gioventù, e dimenticate: di insegnare quanto nella vita anche al più umile operaio si richiede ; metterlo cioè in grado di sbrigare i suoi affari, sia nei conti, che nella corrispondenza, senza l'aiuto di altri, infondendo quei principii di sana morale, che sono la guida sicura del benessere materiale e morale di un vero operaio. » Il sindaco sig. avv. Ottavio Bruni non esitò quindi di stendere un'ampia commendatizia che ci facciamo un dovere di riferire. « Mentre faccio plauso all'iniziativa presa dalla Casa Salesiana di questo luogo per le Scuole serali, che già nell'anno decorso hanno dato esito soddisfacente, faccio voti perchè la utilità di questa istituzione entri nella coscienza popolare, come il fattore migliore di civile progresso, e raccomando di volerla frequentare con quella precisione che è dovuta all'importanza dello scopo, e di osservare il regolamento relativo, rinnovando la prova di civile contegno che questa popolazione ha sempre dimostrato di saper mantenere. »

- La Scuola Tipografica dello stesso Oratorio , collo scorso gennaio, si è fatta editrice di una Rivista tecnica mensile per i giovani artigiani, intitolandola L'arte nelle scuole professionali, a cui hanno promesso la loro collaborazione i migliori artisti di Milano, Torino e Ginevra (abbonamento annuo L. 5) inoltre ha assunto la pubblicazione della Rivista mensile educativa drammatico-musicale « Su la Scena » (abbonamento annuo L. 2,50). - Rivolgersi alla Direzione delle Scuole Professionali Salesiane (Torino) S. Benigno Canavese. (1)

(1) Il programma della splendida rivista « l'Arte nelle scuole professionali » diretta allo scopo di aumentare il profitto che gli allievi ritraggono dalle scuole stesse, è, come scrive Salvatore Laudi nella sua Arte della Stampa, suddiviso in quattro partii « e cioè : la parte dedicata al libro, pei compositori ed impressori tipografi, litografi, legatori e librai ; quella dedicata al ferro, pei fabbri e meccanici ; quella riservata al legno, pei falegnami e gl'intagliatorii e infine quella dedicata all'abito, per i sarti e calzolai. » S'inviano copie di saggio dietro semplice richiesta. Chiederle direttamente alle Scuole Professionali di San Benigno Canavese.

VERONA - Mons. Fagnano a Verona. - Ci piace riportare il gentile saluto, che l'ottima Verona Fedele del 30 dicembre indirizzava al nostro missionario : « E giunto ieri a Verona, ospite dell'Istituto Don Bosco, il Rev.mo Mons. Giuseppe Fagnano, Prefetto apostolico della Patagonia merid. e della Terra del Fuoco. L'illustre Missionario fa un giro negli istituti salesiani per reclutare nuovi apostoli per le sue missioni. Egli è uno dei primi sacerdoti inviati da D. Bosco nelle Missioni dell'America del Sud. In 29 anni di apostolato, nella sola Terra del Fuoco, ha convertito alla Chiesa ed alla civiltà circa seimila selvaggi. La razza degli Onas, destinata fino a qualche anno fa a scomparire, è stata da lui così vigorosamente sostenuta, che tutto dà a sperare si possa ancora salvare e conservare una delle più tipiche forme umane.

» Per l'opera sua si formarono nello Stretto di Magellano e nell'Isola di Dawson dei nuovi villaggi e delle eleganti cittadine dove indigeni ed emigrati imparano a conoscere insieme colla religione il nome, la lingua e le usanze della patria nostra , quasi tutti i selvaggi convertiti conoscono la lingua italiana. Una delle cose più commoventi è quando le nostre navi mercantili o da guerra approdano per la correzione dei loro strumenti con quelli dell'Osservatorio metereologico salesiano di Punta Arenas. Un piccolo indigeno, appena vede sventolare la bandiera italiana, corre su una canova per portare in italiano il saluto ai fratelli dei loro padri.

Questo toccò pure al Duca degli Abruzzi, che ne fu oltremodo sorpreso e commosso.

» Al valoroso apostolo che mentre diffonde il nome di Cristo, onora così altamente la patria nell'estremo lembo della terra, vada il nostro plauso ed un saluto augurale. »

Fuori d'Italia.

GORIZIA (Austria-Ungeria) - Inaugurazione dei nuovo Convitto S. Luigi. La chiusura delle feste giubilari dell'Immacolata, ebbe luogo a Gorizia in modo solenne ed imponente coll'inaugurazione del nuovo e splendido Convitto S. Luigi, nel giorno 11 dicembre. Sua Altezza Rev.ma il Principe Arcivescovo benedisse il nuovo edifizio ed impartì la prima benedizione col SS. Sacramento nella nuova cappella. Alle 4 fu aperto il vasto locale ove si doveva tenere la festa inaugurale e ben presto fu completamente gremito di gente. Tutta la città vi era rappresentata, dal ricco al povero, dal gran signore all'operaio. Nel fondo della sala sorgeva la statua della Vergine Immacolata attorniata da piante e fiori bellamente disposti. Di fronte alla statua della Vergine erano le poltrone per le autorità.

Alle 4 1/2, al canto del Sacerdos et Pontifex, accompagnato dalla banda salesiana di Trieste, entrava in sala S. A. il Principe Arcivescovo che prendeva posto nella poltrona d'onore ; ai lati sedevano S. E. il Barone Albino Teuffenbach, il presidente Barone Winkler, il Podestà dott. Carlo Venuti, il consigliere aulico Sbisà, il console generale De Baguer, il barane Baun in rappresentanza del Conte Attems, che si scusa di non poter intervenire perchè a Vienna, il colonnello Hnatek, i cons. Kuhacevich Zòrrer; Gassner direttore delle Scuole Reali, il sostituito Procuratore di Stato Jeglic ; Monsignori, Canonici, Parroci, Professori ecc. Ampiamente rappresentato era pure l'elemento femminile : vi erano dame dell'aristocrazia, signore delle associazioni cattoliche ed altre in numero grandissimo.

Parlarono assai applauditi ed ascoltatissimi il dott. D. Giuseppe Allavena, Rettore del Convitto Civico d'Este, il prof. Federico Simsig direttore dell'i. r. Ginnasio, il dott. cav. Luigi Pontoni, il rev.mo Mons. Alpi, il rev.mo Mons. Faidutti e l'Ispettore salesiano D. Mosè Veronesi. Il quale, dopo di aver ringraziato le Autorità ed i presenti, e specialmente il rev.mo Mons. Alpi, al cui zelo si deve ascrivere la fondazione salesiana di Gorizia e la costruzione del nuovo convitto, portò il saluto del Superiore Generale D. Rua che tanta predilezione ha sempre addimostrata per Gorizia, ed infine dice essere fidente che l'Opera salesiana sotto la protezione della Vergine Maria e colla benedizione del Principe Arcivescovo non potrà che prosperare al bene della religione e della patria.

SLIEMA=MALTA (ISOLA DI MALTA) - Alle Scuole Industriali Salesiane « S. Patrizio. » - Pensiamo di far cosa gradita ai lettori col dar loro un cenno almeno sommario di varie care festicciole celebratesi nell'Istituto Salesiano di Malta.

Nello scorso Natale uno dei spaziosi saloni dell'edificio fu tramutato in un magnifico presepio; e la vigilia i ragazzi, vestiti da pastori, cantarono con accompagnamento d'organo soavissimi pezzi di musica, e presenti alcuni pochi amici, resero un tenero omaggio al Bambino Gesù. La terza festa di Natale poi, il signor Francis Reynolds, ispettore delle scuole elementari governative, illustrò con la lanterna magica, con infinito diletto degli alunni, il viaggio compiuto dal Re d'Inghilterra nell'ultima sua andata a Malta; e l'indomani, 28 dicembre, l'egregio sig. Alfonso M. Galea volle tutti i nostri giovanetti a casa sua, ove con lui li attendevano il signor Gardner Brown col suo cinematografo, e il baritono sig. Gulliver per una serata lieta e geniale. Ma la più bella festa, perchè onorata dall'intervento di molti illustrisssimi personaggi e veramente più solenne, fu quella del 4 gennaio u. s. di cui il Daily Malta Chronicle così si esprime

« Sua Ecc. Rev.ma l'Arcivescovo Mons. Pace lo scorso mercoledì onorò di sua presenza le Scuole Industriali S. Patrizio, dove insieme con la piccola esposizione dei lavori eseguiti dai giovani dell'Istituto medesimo, ebbe luogo la distribuzione dei premi. Presiedeva l'onorevole Dottor Nandi C. M. G. avvocato della Corona. Siccome non furono emessi i soliti inviti, solo pochi amici trovaronsi presenti, spiccate personalità, le quali hanno a cuore il benessere dell'Istituto suddetto. Tra essi, l'onorevole Riccardo Micallef C. M. G., Controllore degli Istituti caritatevoli ; il reverendissimo Mons. Dott. D. Luigi Can. Farrugia Prelato domestico di S. S. e Direttore diocesano dei cooperatori salesiani (a cui tanto deve l'Istituto Salesiano di Malta); Mons. B. Can. Formosa; il rev. Dott. Don Paolo Galea, Rettore del Seminario Arcivescovile ; la signora Clapp e la signorina Zammit; il Nobile Marchese Testaferrata Olivier; il Giudice e la signora Fullicino; il Giudice De-Bono; il Sig. Alfonso e la signora Galea; la signorina Asphar : la signora C. A. e signorine Micallef; il sig. F. e signora Regnoldo; la signora Barry ed il Comandante Kent R. N.; il sig. E. L. e signora Bonavia; il sig. e la signorina Sammut ; il sig. J. F. Asphar; il sig. e signorine I. Borg Cardona; la signora Sammut ed altri. La mostra fu una gradita sorpresa agli intervenuti, tanto più gradita quanto inaspettata. Ed invero sembra incredibile che ragazzi ancor teneri possano, dopo appena sei mesi d'applicazione, presentare dei lavori che, se non tutti, in buona parte, parvero perfetti...

» Radunatisi poscia i visitatori in apposita sala, fu letto da due giovanetti un breve ma affettuoso indirizzo in inglese ed in italiano, dopo che si diè principio ad una piccola accademia in onor di Gesù Bambino. Davanti ad un grandioso ed artistico presepe, parecchi fanciulli, fungenti da pastori e vestiti alla foggia dei medesimi, tennero vivamente desta l'attenzione dello scelto uditorio, sempre più interessandolo per la vivacità, per la spiccata e giusta pronunzia con cui recitarono parecchie poesie e dialoghi ed eseguirano varii canti. Così mostrarono come alle arti non va scompagnato, nè resta indietro lo studio della lingua inglese ed italiana.

» Fece seguito la distribuzione dei premi. Essi furono distribuiti dall'onorevole Dott. Nandi che li passava alle mani di S. Ecc. l'Arcivescovo il quale, annuendo graziosamente all'atto gentile, fece sì che la cerimonia acquistasse un carattere più solenne e nella mente dei giovanetti si accrescesse sempre più l'incanto della medesima. I premi consistettero per lo più in denaro, gentil dono di più gentili e caritatevoli cuori, quali il sig. e la signora Galea. Indi l'onorevole Dott. Nandi rivolse all'adunanza un forbito discorso; con una eloquenza che tutti ammirano, e che Sua Eccellenza confortò con ripetute approvazioni, egli disse esser stato oltremodo sorpreso e lieto per il progresso esperimentato nei giovanetti dell'Istituto, tanto più mirabile quanto brevissimo è stato il tempo dacchè in detto Istituto trovansi collocati. Essere lietissimo ancora in osservare come mentre ai giovanetti s'insegna un'arte utile, non vien punto negletta l'educazione letteraria, ciò che con evidenza si rileva dalla buona pronunzia e dalla disinvoltura nella recita delle parti a loro affidate. L'onorevole sig. Riccardo Micallef, che, tanto personalmente quanto nella qualità di Amministratore di tutti gl'Istituti caritatevoli dell'isola, ha spiegato tanto interesse per il suddetto Istituto, anch'egli rivolse alcune parole di lode e d'incoraggiamento ai ragazzi ed al loro direttore, il quale alla sua volta e a nome suo e a nome dei ragazzi diede libero sfogo ai sensi di gratitudine verso Sua Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescovo per aver voluto onorare di sua presenza quella riunione; verso l'on. Dott. Nandi e l'on. sig. Micallef per le loro cortesi espressioni di simpatia; verso tutti i signori e signore e in special modo verso i benemeriti Signore e Signora Galea i quali non han quasi mai lasciato scorrere un giorno senza che un loro pensiero siasi rivolto all'Istituto da lui diretto.... »

Nelle Americhe.

BUENOS AIRES - Il signor Giulio Argentino Roca, che per ben sei anni fu presidente della Repubblica Argentina, ha terminato testè il suo ufficio. Riconoscenza vuole che dichiariamo all'eccellentissimo ex-Presidente la nostra più viva gratitudine. Le nostre missioni furono sempre amate, protette e difese dal sig. Generale; i nostri Collegi della capitale lo ricevettero più volte quale amico e benefattore, il nuovo tempio di San Carlo lo ebbe per Padrino, ed i nostri superiori locali trovarono sempre in lui un intimo e sincero amico.

Queste parole, da lui scritte nell'ottobre u. s. per un Album destinato a Mons. Cagliero, parlano anch'esse eloquentemente

« Mi è sommamente grato, così il Generale, riconoscere i grandi e perseveranti servizi di Monsignor Cagliero a pro' dell'educazione scientifica e industriale, durante più di 3o anni, della gioventù diseredata e bisognosa della Nazione.

» Dovunque, nei miei viaggi ed escursioni, attraverso le terre patagoniche che Don Bosco segnalò ai suoi discepoli qual vasto canapo alla lor fede ed azione civilizzatrice, ho trovato nei luoghi più lontani e sprovvisti di comodità, scuole e collegi Salesiani.

» Lo sforzo e la perseveranza di questi virtuosi missionarii, diretti e stimolati dall'esempio dall'Eccellentissimo Arcivescovo di Sebaste, son degni della gratitudine del Popolo Argentino e d'ogni anima cristiana. »

IBAGUÈ (Dipartimento del Tolima, Colombia). - Un nuovo istituto di arti e mestieri. - Ci scrivono Ibaguè è la capitale del dipartimento del Tolima. Il signor Ispettore della Colombia accettò questa fondazione, piuttosto che altra, in vista delle insistenze avute dall'autorità ecclesiastica e civile. Difatti la necessità che ha questa regione di chi si faccia carico dell'educazione della gioventù è più unica, che rara. L'ultima guerra civile cominciò, crebbe e terminò sanguinosamente in questa provincia, lasciando tutto in rovina. Il benessere materiale scomparso : pianure immense prima coperte di bestiame, cavalli o pecore, adesso lande deserte ; il viaggiatore cammina ore ed ore senza trovare alcun essere vivente ; qua e là capanne cadenti, alberi schiantati, pareti cadute, aziende incolte; la sola erbaccia cresce rigogliosa, forse perchè fecondata col sangue umano. Nel lasso di 37 mesi il terrore dominante fe' scomparire ogni ricchezza materiale od industriale. Gli uomini si videro ridotti a questa alternativa: o arruolarsi nell'esercito, o cercar rifugio in qualche spessa boscaglia, esponendosi a morir di fame o di patimenti. Nel morale più o meno si andò e si va di pari passo. Si narrano ed alle volte si presenziano fatti che fan troppa compassione. Ma a tutto cerca già di porre rimedio il nostro supremo Governo, guidato dal popolare e distinto general Raffaele Reyes.

Tornando a noi, dirò che il passato giugno arrivammo due Salesiani a questa città d'Ibaguè, col fine di preparare il nuovo collegio d'arti e mestieri, da aprirsi in conformità alla convenzione fatta col Governo dipartimentale.

Coll'aiuto di Dio si potè ottenere un terreno di 1oo metri per 50 con 3 casette coperte di paglia. La compera vale cento mila pesos, ossia 5.000 lire. Finora ne pagammo una parte ; il rimanente si pagherà colle limosine che si van radunando tra i Cooperatori e gli ammiratori dell'Opera Salesiana. Quanti, imitando la vedova del Vangelo, diedero tutto ciò che avevano con vero e generoso sacrifizio! Qui l'Unione dei Cooperatori s'è resa molto simpatica; tutti la credono un'opera eccellente ed opportuna. Primo tra gli ascritti ad essa è l'illustrissimo Mons. Ismaele Perdomo, vescovo diocesano, che ha per i figli di Don Bosco tutte le premure d'un padre amoroso. In seguito vengono il signor Vicario Generale della diocesi, Don Leopoldo Bianco, nostro sincero amico, e varii membri del clero secolare, accompagnati da un buon numero d'eccellenti patrioti e diligenti cristiani. Coll'aiuto del cielo e colla loro carità noi speriamo che l'umile opera nostra non tarderà di prendere anche ad Ibaguè consolanti proporzioni...»

NEW-YORK. - S. E. Rev.ma Mons. Farley, arcivescovo di New-York venne nominato dal S. Padre Assistente al Soglio Pontificio. Al zelantissimo e pio Pastore i nostri più vivi rallegramenti.

- Sono stati inaugurati i restauri e le decorazioni della chiesa della Trasfigurazione e si stanno ampliando le scuole. Ricorderanno i lettori, che per sopperire almeno in parte alle spese occorse, veniva aperta una fiera di beneficenza, che ebbe un esito soddisfacente. Ora siamo lieti di aggiungere che anche S. M. la Regina Madre d'Italia degnavasi di inviare per l'opera suddetta un magnifico pendolo. Ecco il telegramma col quale il marchese Guiccioli, cavaliere d'onore di S. M. ne dava l'annunzio.

« S. M. la Regina Madre che plaude all'opera benemerita dei Salesiani di buon grado concede dono chiestole per fiera in pro scuola italiana in New-York. Oggetto consistente in un pendolo Officier viene spedito per posta in piego raccomandato. »

Il dono reale, in presenza di molti signori e signore della parrocchia della Trasfigurazione veniva consegnato da D. Coppo alla signora Giuseppina Campora, la quale con infaticabile zelo era riuscita a raccogliere per l'opera eminentemente religiosa e patriottica la cospicua somma di $ 1oo8.

ROSARIO (Repubblica Argentina). - Il Cristoforo Colombo, che si pubblica in quella città e tanto bene compie in mezzo agli italiani emigrati nella Repubblica Argentina, ci dà i particolari di uno scambio di visite festose e cortesi tra i nostri confratelli di Rosario e l'equipaggio di un R. Incrociatore italiano.

L'Umbria gettava le àncore nel porto di Rosario il 22 ottobre, I nostri furono a riverire il signor Comandante, l'egregio cav. Camillo Corsi, e ad invitarlo a visitare il Collegio. Infatti, il 27 ottobre l'egregio Comandante, accompagnato dal tenente di vascello sig. Ermanno Longi e dall'ufficiale macchinista, signor Coda Raffaele, onorava della sua presenza il nostro Istituto, ov'ebbe la più festosa accoglienza dai nostri alunni, in maggioranza figli di italiani. Nel congedarsi il cav. Corsi inneggiò all'Opera Salesiana constatando con nobile orgoglio il gran bene che essa fa dovunque, sapendo così bene armonizzare l'amore verso la Religione e la Patria. Gl'illustri signori si recarono quindi a visitare anche il locale istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Ma la loro cortesia arrivò al colmo, quando seppero che i nostri alunni desideravano alla lor volta di visitare l'incrociatore italiano. Il signor Comandante fece allestire immediatamente parecchie lancie ed un piccolo rimorchiatore, che andarono ad attendere al molo Castellanos i nostri musici e gli studenti. E questi, per ben due ore, vennero gentilmente trattenuti a bordo dell'Umbria, fatti segno alle più cordiali attenzioni. Basti il dire che la numerosa schiera ebbe a provare la squisitezza dei vini italiani e fu servita a profusione di paste e confetti. Ai gentili ufficiali torni gradita anche la schietta espressione della nostra riconoscenza.

NECROLOGIA

Mons. Sìmeone Volonterì.

Un telegramma giunto la sera della vigilia di Natale al Superiore del Seminario delle Missioni estere di Milano e datato da Han-kow (Cina) annunziava la morte di Mons. Simeone Volonteri, vicario apostolico dell'Ho-nan Sud.

Il compianto apostolo, che aveva tanto affetto per le istituzioni dì D. Bosco, e che fin dal 1882 erasì recato con grande ammirazione al nostro Oratorio, contava 75 anni di età, di cui 45 passati in missìone. Era tornato a regalarci una sua visita solamente l'anno scorso, nell'ultimo suo viaggio in Italia. Riconoscenti, noi invochìamo per l'anima eletta di quest'illustre Cooperatore particolari suffragi.

Il Comm. Giov. Battista Negrone.

Nell'anno passato, munito dei conforti religiosi, spirava serenamente in Vigevano nell'invidiabile età di anni 91, il comm. Giov. Batt. Negrone, Cav. Mauriziano e dell'ordine dì Francesco Giuseppe. La ricchezza del censo paterno non lo dissuase di dare, vivendo, la sua attività saggia e indefessa all'industria ; come in morte il suo buon cuore gli suggeriva di provvedere munificamente al bene dì molti figli deì poveri della sua patria. I benevoli nostri lettori, anche a sollievo dell'esimia consorte del defunto, nostra zelante Cooperatrice, vogliano ricordare affettuosamente nei loro suffragi l'anima generosa del compianto commendatore.

Luigì Talamontì.

Munito ripetutamente degli estremi conforti di Nostra Santa Religione, questo buon cattolico, modello di laboriosità e di fede, spirava nella pace dei giusti il giorno 18 dicembre. Non appena conobbe l'Opera di Don Bosco, divenne un fervente cooperatore, e conservò inalterato questo suo affetto sino alla morte. Una prece per l'anima sua.

Amalia Noy ved. Beluschi.

Fu una di quelle anime che alla cura suprema di fare dovunque e sempre del bene associano quella di occultarlo davanti agli uomini perchè sia noto solamente a Dio e agli angeli suoi. Quantunque .siamo fidenti che le sue opere buone le abbiano aperto il Paradiso, pure la raccomandiamo ai comuni suffragi. Si addormentò nel Signore in Brescia il 7 novembre decorso.

Angelo Edvige.

Quando suonava l'Ave Maria a Maria Ausiliatrice nel giorno dell'ottava dei Santi Innocenti dell'anno corrente, questa pia giovinetta entrava nell'agonia, e verso le otto spirava soavemente nel bacio del Signore. La sua memoria, riverentemente e fedelmente ritratta in una bella necrologia dal direttore Don Gio. Battista Francesia, rimarrà lungamente in benedizione fra le giovinette dell'Oratorio festivo di S. Angela in Torino, al quale auguriamo molte altre figlie che rassomiglino nel candore del cuore, nell'umiltà della vita e nel fervore della pietà ad Angelo Edvige.

Cooperatori Defunti

dal 15 marzo al 15 novembre 1904.

Cabrini Francesca - Castiglione d'Adda, Milano. Calandri D. Antonio, cappellano - Ruata Prato di Dronero, Cuneo.

Calcagno D. Pietro, canonico - Fossano, Carneo. Calderari-Travelli Giuseppina, contessa - Milano. Callerio D. Antonio, arciprete - S. Martino Sicommario, Pavia.

Carisdeo D. Francesco, parroco - Carpino, Foggia. Carozzi Angela Maria - Malvicino, Alessandria. Carretti D. Gio. Battista, rettore - Groppoli, Massa Carrara.

Casolari D. Pietro, prevosto- Montebabbio, Reggio Em. Casula D. Carlo, parroco - Gonnosfanadiga, Cagliari Cattaneo D. Emilio, arciprete - Sizzano, Novara. Catani D. Ottavio, pievano - Portico di Romagna, Firenze.

Cavagnari Antonio, coram. - Cicagna, Genova. Cavani Alfredo, chierico - Modena.

Cavicchioni D. Angelo, arciprete - Vetralla, Roma. Cervi D. Girolamo - Toccalmatto all'Est, Parma. Cesana Pietro - Galbiate, Como. Cestellari Maria - Faenza, Ravenna. Chiuso D. Tommaso, dott. teol. - Torino.

Cia Salvatore - S. Pellegrinetto; Massa Carrara. Cia Francesca -

Ciavoletti D, Giuseppe, suddiacono - Caldarola, Macerata.

Coati D. Giuseppe, parroco - Grezzana, Verona. Cola-Vincenzo D. Luigi, arciprete - Barete, Aquila. Comazzi D. Pietro, rettore - Lozzolo, Novara. Cornale Bianca, vedova - Torino.

Corsi Mansueto - S. Pellegrinetto, Massa Carrara. Corvini D. Silvestro - Caldarola, Macerata. Costalunga D. Vito - Albaredo d'Adige, Verona. Costamagna D. Costanzo, cav. can. - Monchiero, Cuneo. Crespi Adelaide - Busto Arsizio, Milano.

Cusaniello D. Giuseppe, parroco - Limatola, Benevento. Chiappa Giuseppina u. Bosco - Torino. Del Santo D. Giovanni, rettore - Gorgo, Padova. Demagistris Girolamo - Borgo S. Martino, Alessandria. Demicheli D. Davide, arciprete - Pieve di Sori, Genova. De Sanctis Mons. Paolo, vescovo di Poggio Mirteto, Perugia.

D'Andrea D. Elia, cappellano - Pozzo, Udine. D'Ascoli D. Antonio, parroco - Castel S. Giorgio, Salerno.

Di Coggiola Placida, contessa - Tarantasca, Cuneo. Dattilo Giuseppe, professore - Noto, Siracusa.

De Falco Fiorentina - Piazza di Pandola, Avellino. De Filippo D. Sebastiano, parroco - S. Giorgio, Salerno. De Persiis Mons. Luigi, vescovo di Assisi, Perugia. Di Fiore D. Erasmo, prevosto di Moliua Aterno, Aquila. Donnini Mons. Donnino, arcivescovo - Arezzo. Fassi Giuseppina - Vanzaghello, Milano. Fassio Maria - Chivasso, Torino.

Felici D. Adriano, monsignore - Frascati, Roma. Ferreri D. Emanuele - Ragusa, Siracusa. Ferrero Giovanni - Vinchio, Alessandria. Foglia Carlo - Firenze.

Foppiani D. Giuseppe, parroco - Fascia, Pavia. Forcato Pietro, maestro - Noventa, Vicenza. Foscarini Giacomo, canonico onorario - Milano. Franchetti Camilla - Sassari.

Frittelli cav. Giuseppe, professore - Figline, Firenze. Fumero Luigi - Torino.

Galli D. Bernardo - Alzano Maggiore, Bergamo. Gandolfo D. Giovanni, canonico - Vizzini, Catania. Garavagno Luigi fu Lorenzo - Lequio Berria, Cuneo. Garrone Pietro - Asti, Alessandria.

Gazzani D. Antonio, priore - Lentigione, Reggio Em. Gennari D. Lodovico, parroco - Ferrara. Gerbi Cristina - Torino.

Ghesa Carolina ved. Gatti - Brescia.

Ghilardi Mons. Nicolao, arcivescovo - Lucca. Giarrusso Teresa - Vizzini, Catania.

Giglia Maria di Spirito ,- Calciavacca, Torino. Gina Catterina - Cagliari.

Gioletta Leopoldina - Caseolnovo, Pavia.

Giorgessi D. Sebastiano - Cleulis, Udine.

Girardi D. Guglielmo, prevosto - Lemie, Torino. Girando Michele fu Bartolomeo - Campiglione, Torino. Girimondo D. Carlo, arciprete - Deglio, Porto Maurizio. Giusiana Sebastiano, droghiere - Torino. Givogri Pietro fu Antonio - Foglizzo, Torino. Gorino Carolina - Torino.

Gregorio Giovanni, cappellano - Fiumedinisi, Messina. Guindani Mons. Camillo, vescovo - Bergamo. Inderst D. Antonio, dir. spir. - Milano. Induni D. Giuseppe, arciprete - Villa d'Adda, Bergamo. Lanza mons. Giovanni, cappa reale -- Roma. Lecca Raffaela - Lanusei, Cagliari.

Lerch Maria - Varese, Como.

Lesti P. Ferdinando, cappucino - Fiumesino, Ancona. Loia D. Vincenzo - Montecorvino Rovella, Salerno. Lucattíni D. Lorenzo, parroco - Camperie, Arezzo. Lugano D. Giuseppe, canonico - Castelnuovo Scrivia, Alessandria.

Maltisotto D. Pasquale, canonico - Piazza Armerina, Caltaniselta.

Mandelli Vittoria - Cisliano, Milano.

Manganelli Virginia - Loreto, Ancona.

Manuel baronessa S. Giovanni -- Saluzzo, Cuneo. Marchese Alessandro - Ceresole d'Alba, Cuneo. Marino Maddalena, maestra - Omegna, Novara. Marseille Anna - Venezia. Martinetti D. Luigi, Rivarolo Canavese.

Massimini D, Carlo, arciprete - Grafignana, Milano. Maturo Teresina - Troia, Foggia. Maturo Teresa - Latronico, Potenza. Mattiussi D. Giuseppe - Mereto di Tomba, Udine. Mazzanti Rosa - Ravenna. Merelli D. Antonio - Arezzo. Menchini D. Angelo, pievano - Chiassa, Arezzo. Merengone D. Giuseppe - Savona, Genova. Merlazzi D. Valentino, curato - Paluzza, Udine. Mezzapelle D. Pietro, canonico - Marsala, Trapani. Michele M. Pier Crisologo - Borgo S. Donnino, Parma. Milesi D. Angelo, parroco - Albenza, Bergamo. Moisello Rosa - Certosa, Genova.

Monasterolo D. Giuseppe, cappellano - Piossasco, Torino.

Monti teol. Dr. Don Eugenio, arciprete - Granarolo, Emilia.

Morandini D. Gregorio, arcipr. - Verona

Morassi D. Emanuele - Paluzza, Udine. Muratori Margherita - Fossano, Cuneo. Musso Tarsilla, maestra - Bra, Cuneo.

Muzio Teresa fu Giuseppe-Frassineto Po, Alessandria. Navassa cav. uff. Enrico, capo uff ferrovie -Torino. Nazzari D. Achille, canonico - Colorno, Parma. Negro Giuseppe fu Ignazio - Pessinetto fuori, Torino. Nerbini D. Angelo, rettore - Firenze. Nicetto D. Isidoro - Monselice, Padova. Noacco D. Angelo, parroco - Cassacco, Udine. Ostinelli D. Bernardo, parroco -- Ronago, Como. Ottolini Angelo, fabbricare - Buscate, Milano. Pace Innocenzia n. Arena - Catania. Paci D. Vincenzo, cappellano - Ancona.

Pagnoni D. Torquato, rettore - Trebbiantico, Pesaro Urb.

Papaponi Elvira - Modena.

Pauciera-Zoppola-Bona cont.a Elisa - Brescia.

Pavero Eugenia Rosa v a Dellepiane Rivarolo Ligure - Genova.

Pavia cav. Eugenio, ingegnere - Asti, Alessandria. Peano D. Agostino - Bernezzo, Cuneo. Pedroni Mosè - Ferrera di Varese, Corno.

Pellizzari D. Francesco, arciprete -- Lancenigo, Treviso. Perani D, Luigi - Bergamo. Perdicaro Giuseppe - Pietraperzia, Caltanisetta. Pestoni Luigi - Zelata, Pavia. Peruzzi Marianna m. di Federico - Manzano, Udine. Pietrogrande Girolamo - Este, Padova. Pilli Michele - Vigodarzere, Padova. Pittoni D. Celestino, canonico - Venezia. Ponti Amalia - Milano,

Pullini di S- Antonino conta Maria - Torino.

Rechi D. Luigi, canonico - S. Elpidio a Mare, Ascoli Piceno.

Reineri Maria fu Giacomo - Loranzè, Torino. Romano D. Corrado, parroco - Avola, Siracusa. Romboli Annunziata fu Alessandro - Parghelia, Catanzaro.

Rossi D. Giacomo, arciprete - Torre Paponi, P. Maurizio.

Rovizzi D. Giovanni, arciprete - Desenzano, Brescia. Rubiola Teresa nata Casalegno - Mombello Torinese Torino.

Sala Giulia - Erbanno, Brescia.

Salis Maria contessa - Tirano, Sondrio.

Sallua Mons. Vincenzo Leone, arcivescovo - Roma. Sandri D. Domenico, parroco - Roncà, Verona, Sartorio Teresa - Milano.

Scaccheri D. Giuseppe - Castelnuovo Scrivia, Alessandria.

Scalzi D. Luigi, parroco - Gorle, Bergamo. Scrivano Paola v.a Occhetti - Torino. Senis Paolina - S. Antdoco, Cagliari. Sereno D. Apostolo - Bellinzago, Novara.

Sermattei Roberto, capo stazione - Chivasso, Torino. Serra Caterina - Pettinengo, Novara. Sicher Rosa fu Giuseppe - Corredo, Tirolo. Silvestri Maria nata Papa - Gavirate, Como, Simonini D. Luigi - Gabbiana, Massa C.