BS 1900s|1901|Bollettino Salesiano Febbraio 1901

BOLLETTINO SALESIANO

ANNO XXV - N. 2.   Esce una volta al mese.   FEBBRAIO 1901.

SOMMARIO - TESTO: Sulla collina di Valsalice . pag. 31 Il cuore paterno del S. Padre verso gli Italiani . » 34 Il Secondo Congresso Salesiano a Buenos Aires . . . » 37 L'ultima pagina dell'Anno Santo . » 41 Il 25° anniversario della la fondazione Salesiana in Francia 43 La parola del cuore   . .   . 43 Il Rappresentante del Successore di D. Bosco in America » 44 MISSIONI: - PATAGONIA MERIDIONALE: Due mesi di Missione per la campagna - VENEZUELA: Vittime e danni del terremoto - BRASILE: Visita di un benefattore alla Casa di Coxipò    » 48

IN FASCIO: Chili - Bogotà - -Bolivia    » 51

Grazie di Maria Ausiliatrice   . paq. 53

Novizia VARIE: Adorazione quotidiana - Istituto della Consolata - Benedizione di campane a Spezia - Onore al merito - Bussola per la Chiesa di Maria Ausiliatrice in Novara    » 57

Rivista Bibliografica   .. » 60

ILLUSTRAZioni: Don Bosco pag. 32 - Oratorio S. Pietro di Nizza Mare, 42 - Mons. Chapon Vescovo di Nizza, 43 - Il Missionario in mezzo agli Indi, 47 - Posa della prima pietra della Cappella di Maria Asia. in Valencia, 49-Nuovo ponte in ferro sul Malleco, 51 - Bussola per la Chiesa di Maria Ausiliatrice in Novara, 59.

Sulla collina di Valsalice

1888 - 4 Febbraio - 1901

SuL declivio occidentale dell'amena e saluberrima collina torinese, che dai salici crescenti nella sua valle prende nome, il 4 febbraio del 1888, venne tumulata la salma del Padre e Fondatore nostro desideratissimo D. Bosco. Da quel dì sono già trascorsi tredici anni e questa mesla data a noi fa ritorno sempre ricca dei ricordi pietosi e soavi d'umiltà, di abnegazione, di grandezza, di amore, di magnanimità e di costanza lasciatici dal Padre dolcissimo coll'amniirabile esempio di tutta la sua prodigiosa esistenza. Quest'anno però, primo del nuovo secolo, un altro motivo richiama i nostri pensieri ed affetti sulla collina di Valsalice.

Nella decima ricorrenza dell'anniversario di D. Bosco noi abbiamo assistito ad una più forte e vitale manifestazione di affetto e di simpatia verso il nostro Fondatore e l'Opera sua da parte dei nostri Cooperatori ed amici di tutte le nazioni, i quali, auspice la stampa cattolica, si vollero affermare ancor una volta in questo loro sincero attaccamento, con l'erezione d'una Chiesa a S. Francesco di Sales presso la tomba di Colui che nel secolo xix più da vicino aveva ricopiati gli esempi del Salesio, facendone rifiorire nel mondo il mitissimo spirito. Quest'Omaggio Internazionale alla memoria di Don Bosco è oramai compiuto e, quantunque non siano ancor coperto tutte le ingenti spese, si spera di potere aprire al divin culto questo gioiello di Chiesa monumentale in uno dei prossimi mesi. Ne parleremo a suo tempo; intanto, come in preparazione del lieto e consolante avvenimento, che avrà luogo fra breve sulla collina di Valsalice, regaliamo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici una splendida pagina su D. Bosco scritta nel 1888 da un illustre Vescovo che volle serbare l'anonimo e che noi riproduciamo da un periodico di quell'anno (1).

Don Bosco , così il sullodato Prelato, non è ritrattabile colla penna, chè il suo . spirito spira su tutti i cuori e li riscalda, li agita, li commuove, ma resta invisibile; e le sue opere sono così grandi, molteplici, e nel modo così mirabili, che abbagliano nel suo genere. Nulla riscontro di simile nella storia della Chiesa, ossia che si rifletta sull'audacia santa di lui, ossia che si consideri la calma, si direbbe freddezza apparente , colla quale accompagnava tutte le sue imprese. Sotto l'azione della sua fede si spianarono i monti, si colmarono le valli, ed il carro infuocato della sua carità procedeva per via spianata con tale forza e velocità da sbalordire quelli che disconoscono la potenza della fede cristiana.

Il concetto che erasi formato in cuore D. Bosco era superiore alla mente umana, il suo ideale si rivelava d'origine divina. Un uomo privato che senza mezzi, ed all'infuori di ogni anche minimo prestigio ed influenza derivante da posizione sociale, guarda la colluvie dei mali che turbano la pace pubblica, e porta il guasto nel popolo, lo squilibrio nelle forze direttive , con ardimento umanamente inesplicabile si accinge ad opporvi rimedio con tutti i mezzi che la scienza e la carità suggeriscono, quest'uomo che non aveva appoggio di sorta nel mondo doveva risalire a Dio per fermare il suo concetto, doveva levarsi ad un ordine sopra natura, quando la natura gli si affacciava impotente per la esecuzione de' suoi disegni.

Or questo fatto implica una fede oltre l'ordinario e lascia credere con una certa chiarezza che i progetti di Don Bosco erano effetto di causa soprannaturale, frutto d'inspirazione divina ; altrimenti non sarebbe concepibile neppure l'idea di quella sicurezza che accompagnava le imprese di lui. Vi sono dunque tre termini degni dì considerazione: l'impotenza personale, la grandezza delle imprese, la sicurezza assoluta nella esecuzione. In altro modo dirò, vi è sproporzione tra i mezzi ed il fine, e sicurezza del successo.

Qui mi è lecito argomentare: o D. Bosco era pazzo, o vi ebbe intervento divino. Ma se vi era pazzia come mai sì splendidi successi? Che se il successo non poteva essere effetto di esaltazione mentale, dunque la causa vera fu l'intervento divino. Ma vi ha di più. Dissi della sicurezza del successo. Come mai D. Bosco poteva rassicurarsi ove non gli fosse stato in qualche modo sufficientemente noto il positivo intervento divino ? Io dunque penso che Don Bosco intanto sentivasi assicurato il successo delle sue imprese, in quanto vedeva chiara la volontà di Dio e la protezione del cielo. Or questo vale il dire che D. Bosco era stato favorito di lumi specialissimi: si chiamino illustrazioni, inspirazioni e rivelazioni, a me poco importa; mi basta il sapere che possedeva mezzi e doni straordinari per conseguire un fine sopra le forze naturali, e che la sicurezza del suo operare era effetto di lumi superiori. Sono convinto che D. Bosco sentì indubbiamente il me sequere, e con abnegazione perfetta abbracciò la croce e seguì lo spirito di Gesù Cristo. Da ciò ne derivò quella sua calma singolare nelle vicende prospere come nelle avverse, nelle cose facili e nelle più intricate, e quel suo moto sempre uniforme senza fretta e mai interrotto. Don Bosco investito dello spirito di Dio potè dire: il mio Padre celeste ha sempre operato fino al presente ed io opero. La vita di lui fu azione.

Nel profondo raccoglimento dello spirito egli preparava le grandi opere che ora vediamo compiute pel bene della religione e della società. D. Bosco era nascosto in Dio, e Dio operava in lui, e gli partecipava una specie d'impassibilità nei sensi, lasciando libero il campo del dolore allo spirito.

Dio buono ! quante sofferenze nascoste toccarono con punte arroventate il cuore del nostro D. Bosco! Quante umiliazioni, disprezzi, calunnie e contrasti ! Ma, lo ripeto, Dio era con lui, e lasciandolo soffrire, lo reggeva e ne portava le croci, lo consolava coi successi, coi trionfi e colla fecondità prodigiosa de' suoi propositi, lo riempì dello spirito d'intelligenza e della scienza del patire. Soffriva molto in cuor suo, ed il dolore nascondeva col sorriso. Chi vide e comprese Don Bosco nelle sofferenze non può essere non convinto della sua grandezza d'animo, della sua fortezza portentosa, come pure dovrà ammettere che la sua calma inalterabile era effetto di causa superiore. D. Bosco adunque era evidentemente dotato di lumi nell'intelletto per apprendere , di fortezza per operare e per soffrire, era ricco di grazie divine quante erangli necessarie per opporre un argine alla fiumana dei mali che funestano il nostro secolo.

Qui invero sta il segno caratteristico della missione divina del nostro D. Bosco.

Come nei secoli passati, così nel presente, Dio provvide i rimedii a seconda delle piaghe sociali. Nel secolo XIII, a curare l'ignoranza religiosa e la corruzione, mandò il grande Patriarca Domenico, che colla sapienza snebbiasse le tenebre, e San Francesco d'Assisi che colla sua vita penitente smascherasse il guasto dei costumi. Più tardi apparve S. Ignazio, il Davide che colla sua fionda assalì il Golia del nord, poi un S. Gaetano che richiama coll'esempio il mondo allo spirito dei primi cristiani, coll'abbandono delle ricchezze e vanità, poi un S. Paolo della Croce che schiudendo in faccia ai traviamenti del suo secolo i tesori della Passione di Gesù Cristo addita all'umanità la vera medicina per curarne le piaghe profonde; e così nel nostro suscitò D. Bosco. Colla differenza che gl'inviati precedenti avevano uno scopo speciale, limitato, più o meno, ad una specie di combattimento alla cura di una piaga ; quella cioè caratteristica del loro secolo - ma D. Bosco ebbe un obbiettivo generale, prese di fronte tutti i mali del nostro secolo, con tutti i mezzi che la natura somministra, ed attuò il suo proposito con tale copia di grazia divina, da escludere il dubbio più leggiero sul fatto della sua missione.

In fatto, come difficile sarebbe enumerare le piaghe del nostro secolo, così è del pari difficile enumerare le armi colle quali D. Bosco si accinse a portarvi rimedio, chè di tutto egli si servì per raggiungere il fine. Scuole, oratori, diffusione della buona stampa., cura degli operai, tipografie, arti e mestieri, musica, commercio ecc. , predicazione, esercizii spirituali, libri di scienza e di pietà, così da mettere anche al nudo le brutture del vecchio Giansenismo. Insomma per me D. Bosco si presenta come uno dei più grandi Apostoli del suo secolo : che se non ha guarita la povera umanità, ciò non toglie nulla alla grandezza e moltiplicità delle sue opere.

(1) Vedi Il Rosario. Memorie Domenicane, anno 1888, fasc. 6°.

IL CUORE PATERNO DEL SANTO PADRE verso gli Italiani

NEGLI ultimi mesi dell'Anno Santo testè passato, il Sommo Pontefice Leone XIII alle tante altre prove del suo amore tenerissimo verso gli italiani, ne volle aggiungere due di somma importanza, e noi mancheremmo al compito nostro se non le segnalassimo alla mente, al cuore e più di tutto all'azione dei nostri benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, vuoi perchè sono una prova lampante dell'apostolica sollecitudine del Santo Padre verso di noi, vuoi, più di tutto, perchè sono dense di efficaci ammaestramenti nel campo dell'azione cattolica. Intendiamo parlare dei due ultimi documenti pontificii riguardanti il primo gli operai emigranti all'estero, affine di ovviare ai danni morali che sono derivati nel ceto operaio in seguito all'emigrazione ; ed il secondo la necessità urgente di preservare puro ed incontaminato nel cuore degli italiani, il sacro deposito della fede cattolica, minacciato in più punti della nostra diletta penisola, sopratutto in Roma, da un'attivissima propaganda protestante.

*

I.

Per i nostri operai emigranti.

Già altre volte abbiamo trattato di quest'argomento, che è uno dei rami precipui in cui la nostra Pia Società esercita la sua benefica influenza; però prima di riferire la lettera diretta dall'Em. Card. Rampolla agli Arcivescovi d'Italia, a nome del Santo Padre, non ci pare fuor di proposito riferire da varii giornali alcuni appunti atti a far meglio comprendere tutta l'importanza del documento Pontificio. Il doloroso esodo dei lavoratori ha raggiunto fra noi proporzioni gigantesche, sopratutto per le emigrazioni temporanee che si dirigono specialmente nella Svizzera e nella Germania. L'anno decorso si calcolavano a non meno di 30000 gli operai italiani che si trovavano nel Baden; 7000 nel Wurtemberg; 10000 nell'Alsazia; 7000 nella Renania; 10000 nella Lorena; 4000 nel Lussemburgo ossia 60000 nella sola Germania. Lo stato economico sociale di questi, lavoratori è assai sconfortante. In generale il nostro operaio appalesa un'indole buona e pacifica; è quieto, laborioso, è moderato nelle esigenze, docile e diligente. Tuttavia, ad onta di queste qualità, sono riservati ai nostri operai i lavori più faticosi e manco rimunerativi, quindi la vita che conducono è oltre ogni dire stentata. La quasi totalità non sono istruiti in un mestiere speciale e rappresentano all'estero la democrazia del lavoro. Nel Baden, come nella Svizzera ed in tutta la Germania, essi sono sterratori, braccianti, muratori, gessatori, carbonari, fornaciai, scalpellini ecc., parecchi calzolai, alcuni venditori ambulanti, non pochi di professione girovaghi.

Però la mancanza d'istruzione religiosa è la piaga più dolorosa di questa disgraziatissima emigrazione italiana: piaga riconosciuta non solo dal clero e dai cattolici tedeschi, che se ne allarmano come di fronte ad un grave pericolo, ma eziandio dai pochi missionari italiani che dal 1895 in poi ebbero occasione di visitare ed assistere spiritualmente i loro compatrioti,

Degli italiani che ogni anno emigrano in cerca di lavoro nella Svizzera tedesca e nel Baden, una parte, non dà verun segno esteriore di fede religiosa. Non vanno mai in chiesa ; la domenica e le altre feste di precetto le passano o sul lavoro o nella bettola ; bestemmiano empiamente ad ogni tratto, per un nonnulla ; se la pigliano colla Chiesa e coi preti, quasi li ritenessero responsabili dei loro vizii e delle loro sciagure

Gli indifferenti, per la maggior parte alla Messa festiva ci vanno, quasi per abito: e poi per essi tutto finisce lì. Pochissimi si accostano ai santi Sacramenti nelle principali solennità della Chiesa : e tra quelli stessi che si mostrano praticanti e credenti si rivela come un colorito di superstizione che rende inefficace il loro esempio e che talvolta li espone al ridicolo anche dei meno peggiori. Certo è che raramente appare nell'operaio italiano la ragionevolezza degli atti di fede che egli compie, e quella convinzione e sodezza provenienti da un buon fondo di istruzione religiosa.

Questi operai italiani empii o indifferenti, o ignoranti, i cattolici tedeschi, così osservanti della loro religione, regolati nelle loro abitudini di vita, se li additano quali pietre di scandalo e si domandano se davvero siano cattolici cotesti lavoratori italiani.

Questi operai vivono per un terzo fra popolazioni cattoliche, per una metà fra popolazioni miste di cattolici e di protestanti con preponderanza di questi ultimi; e per un sesto fra popolazioni del tutto protestanti. I primi sono i migliori, i peggiori questi ultimi, sebbene vi siano anche qui molte eccezioni, specialmente per quelli che vivono in piccoli villaggi protestanti lontani dalle città.

Il clero tedesco ha fatto e fa del suo meglio a vantaggio spirituale di questi nostri emigranti: molti sacerdoti nella Prussia, nel Baden, nell'Al sazia, nel Lussemburgo si studiano con ogni industria di avvicinarli, d'invitarli alla Chiesa, di fare che si accostino ai Sacramenti, ma in generale i risultati ottenuti non corrispondono all'attività del clero tedesco, il quale si sente scoraggiato dal contegno degli italiani. Questi dati intorno alla miseria morale dei nostri operai, assai più desolanti di quelli della miseria materiale, sono stati forniti dallo zelante sacerdote dott. Werthman. Ed il P. Fei, dei Predicatori, professore nell'Università di Friburgo, parlando specialmente dei 100,000 italiani emigrati nella Svizzera, coll'animo angosciato ci regala ancora questo desolante quadro.

Una società civile senza religione, ha detto il Villari, noi non la conosciamo ; un modo di educare moralmente il popolo senza religione, nessuno l'ha finora trovato. Questo è più che vero del popolo nostro, dei nostri emigranti ! Essi sono un popolo caldo, e di tanti ricordi e memorie religiose, amano un cristianesimo esterno, con tutte le sue manifestazioni. E nondimeno come sono grandi le miserie religiose dei nostri operai! Quelli che lavorano sotto i tunnels si possono chiamare il popolo senza tempio, senza altare e senza Dio! Cacciati in mezzo ai protestanti, senza chiesa, senza sacerdoti che parlino la loro lingua, essi sono vittime dell'irreligione, il dubbio si fa strada in quelle anime. La chiesa è l'osteria, la preghiera è la bestemmia, la fede il è dubbio e la distruzione di tutte le credenze. Dio è o il denaro, o il piacere.

Nei grandi centri degli operai nostri, disseminati fra contrade protestanti, noi ne troviamo alcuni che non tornano più in patria da 10, 15 e 20 anni, non hanno più visto una Chiesa, non più visto un prete, non più ricevuti i Sacramenti, non più udita la buona novella di Gesù. Non sono nè cattolici nè protestanti, sono indifferenti, abietti, materialisti ! Tutte le credenze religiose sono state distrutte. « Io voglio essere felice, mi diceva un giorno uno dei nostri, in questo mondo; all'altro ci penserò appena sarò arrivato. » Interrogate quegli operai, che da vari anni dimorano nella Svizzera, sui misteri della nostra religione, e troverete che sono abbrutiti, hanno tutto dimenticato, e molti di questi alla sola vista di un prete, che ricorda la religione antica, sogghignano, se pure non escono in invettive od insulti. La fede dei loro padri è spenta in essi, il protestantesimo ha operato in essi qualche cosa di strano. Non passerà lungo tempo, ed una grande parte dell'alta Italia sarà o indifferente o protestante. È un triste, ma pur vero fenomeno, che i nostri operai emigranti, abbandonati a se stessi, col lungo vivere nella Svizzera concepiscono due odii feroci : uno verso la Chiesa, l'altro verso ogni forma ordinata di governo, principalmente poi verso la forma monarchica ; non hanno che due desiderii: la distruzione della prima e della seconda.

Ora il Sommo Pontefice dalla sua prigione in Vaticano contemplando con infinita amarezza del suo cuore paterno questo tristissimo stato di cose, mossone altamente a pietà, scrisse per mezzo del suo Cardinale di Stato, una nobilissima lettera a tutti gli Arcivescovi d'Italia, perchè insieme con lui vengano in aiuto di cotesti poveri emigranti. Quindi Leone XIII, per quanto le le tristi condizioni, in cui è ridotto, glielo permettono, cerca di porre a loro profitto quella mirabile Gerarchia, per cui la Chiesa, Madre amorosa, stende fra tutti i popoli le sue braccia operose, a tergere lagrime, a rimarginare ferite, e a spargere un balsamo sulle piaghe del cuore, talora più acerbe di quelle del corpo. Ecco il prezioso documento

Ill.mo e R.mo Signore,

È noto come l'emigrazione temporanea degli operai italiani per tutta Europa, e principalmente nella Svizzera, Francia, Austria sia in questi ultimi anni di molto cresciuta.

Sono purtroppo egualmente noti i pericoli d'ogni sorta, a cui si trovano esposti gli emigranti, che, lungi dalla famiglia e dalle native parrocchie; dispersi in paese straniero, commisti ad altri operai, indifferenti, scettici, miscredenti e corrotti, senza un luogo sacro che li raduni, senza Sacramenti e sacerdoti, e senza una parola amica; nuovi ai pericoli e sedotti da un'astuta ed attivissima propaganda protestante e socialistica, dimenticano ben presto quella poca istruzione religiosa, che possono aver ricevuta, abbandonano le pie pratiche, e finiscono in un desolante indifferentismo ed eziandio colla perdita totale della fede e della moralità. Indi, tornati in patria, non di rado fanno pompa di irreligione e di miscredenza, e, quel che è peggio, diventano alla loro volta propagatori di massime empie e sovversive.

Questa tristissima condizione di cose non isfuggì alla sollecita vigilanza del S. Padre, il Quale a più riprese richiamò su di essa l'attenzione di alcuni fra i Vescovi dell'Alta Italia, dove l'emigrazione temporanea suole essere più numerosa; e dopo aver loro additato i gravi rischi che corrono gli emigranti italiani, specialmente nella Svizzera, li esortava ad occuparsene seriamente, indicando all'uopo anche i i mezzi opportuni; quali, per esempio, l'invio di Missionarii, la raccolta di sussidii mediante apposite collette, e la organizzazione di un'Opera destinata a soccorrere i Missionarii. Notevolissima è la circolare diretta il 18 maggio dello scorso anno 1898 agli Arcivescovi di Milano, Torino e Vercelli, colla quale si raccomandava inoltre di far sì che gli emigranti ricevessero in patria una più soda istruzione e formazione religiosa, che valesse a sostenerli e premunirli in mezzo alle seduzioni a cui sono esposte la loro fede e la pratica della religione nei paesi stranieri.

Più volte, anzi, l'Augusto Pontefice si degnò d'occuparsene personalmente, sia coi Vescovi Svizzeri, alle cui diocesi si dirigevano gli operai italiani, sia anche coi semplici Missionarii, che non mancò di encomiare, incoraggiare e sovvenire altresì con aiuti materiali.

Siffatte amorevoli premure di Sua Santità non rimasero certamente senza effetto. Parecchi Vescovi, infatti, ossequenti ai desideri del Santo Padre, si affrettarono di mandare all'estero, e particolarmente nella Svizzera, alcuni zelanti Sacerdoti, coll'incarico di assistere spiritualmente, moralmente ed anche materialmente, i numerosi emigranti italiani.

Alcuni ecclesiastici, italiani e forestieri, di loro spontanea volontà e per privata iniziativa, con lodevole zelo si consacrarono , chi stabilmente e chi periodicamente per qualche mese dell'anno, durante cioè il tempo dei lavori e della presenza degli Italiani all'estero, alla stessa santa impresa, portandosi nei centri dell'emigrazione per amministrare agli operai colà radunati la parola di Dio ed i Santi Sacramenti. A qualcuno riuscì pure di fondare, fra gli stessi operai italiani, società ed istituzioni cattoliche , allo scopo di aprire cappelle e scuole, di provvedere al loro miglioramento economico e di impedire i matrimonii misti. Non mancò eziandio di stabilirsi nell'Alta Italia qualche Comitato di anime generose e benefiche, diretto a procurare i mezzi necessarii per sostenere l'Opera dell'assistenza degli emigranti e darle una forma stabile ed un maggiore sviluppo. Si costituirono inoltre recentemente Consorzia di parroci, nell'intento di portare aiuto ai proprii parrocchiani emigranti in Isvizzera: sia col procurare che prima della loro partenza ricevano i Santi Sacramenti, sia col distribuir loro oggetti religiosi, giornali, libri di pietà, opuscoli di sana ed amena lettura; sia col provvedere che fuori d'Italia non restino isolati, ma stiano uniti in gruppi presieduti da un capo, il quale debba far noto al proprio Parroco il luogo dove abbiano trovato lavoro, il nome e domicilio del sacerdote cattolico più vicino, affinchè la presidenza del Consorzio stesso possa mettersi in relazione con lui; sia coll'obbligarsi a visitare in alcuni mesi dell'anno gli emigranti ed a tener loro opportune istruzioni catechistiche e confortarli coi Sacramenti; sia infine col fare, nelle loro rispettive parrocchie, apposite collette a favore della santa loro Opera.

Crescendo però ogni giorno più i gravi pericoli in cui si trovano i poveri emigranti italiani, Sua Santità, a Cui nulla sta più a cuore che la salute delle anime ed il benessere morale e materiale di tutti i suoi figli, per molti titoli a lui particolarmente cari, desidera vivamente che in proporzione dei detti pericoli si moltiplichino altresì, da parte dei buoni, i mezzi di preservazione e di assistenza.

Quindi è che il Sommo Pontefice, mentre altamente si compiace di quanto fu sin qui lodevolmente operato in pro degli emigranti stessi, compreso tuttavia dell'urgente necessità di nuovi e pronti provvedimenti, atti a rendere anche più efficace il concorso di tante buone volontà, che si sono finora manifestate in favore di uno scopo sì santo, e ad ottenere altre cooperazioni, mi ha ordinato di scrivere a tutti i R.mi Metropolitani d'Italia, perchè dove si verifichi siffatta emigrazione, d'accordo coi Vescovi comprovinciali, propongano quelle misure che crederanno più opportune e vantaggiose. È altresì volere di Sua Santità, che i R.mi Metropolitani abbiano a riferire alla Santa Sede quei provvedimenti che nelle loro provincie si fossero già adottati a pro di sì bella Opera di zelo e di carità.

Nel comunicare a V. S. Ill.ma e R.ma, per ciò che La riguarda, i suesposti desideri di Sua Santità, mi è grato confermarmi con sensi di ben distinta stima

Della S. V. Ill.ma e R.ma

Roma, 19 giugno 1900.

Servitore

M. Card. RAMPOLLA.

Con questa lettera il Santo Padre impegna tutti, dai più alti dignitari della Chiesa fino agli ultimi e più modesti ministri del Santuario a concorrere a questa nobile opera di redenzione degli emigranti italiani. I nostri buoni Cooperatori e pie Cooperatrici meditino seriamente questo caloroso appello del Padre comune delle anime e si persuaderanno dell'urgente necessità di coadiuvare i nostri Missionari che nell'America e nella Svizzera si consacrano totalmente al benessere materiale e morale dei nostri emigranti. A tutti dice il Papa amorevolmente: « Dove non può giungere la mia voce e la mia mano, giungerà la vostra ; alle vostre cure amorose affido questi miei figli lontani ; seguirò ansioso l'opera vostra, benedirò ai vostri successi; qualunque cosa farete a vantaggio di questi miei piccoli, la terrò come fatta a me stesso. »

(Continua.)

Il secondo Congresso Salesiano a Buenos-Aires

REv.m° E CARm° SIG. D. RUA, Buenos Aires, 24 novembre de 1900.

ABBIAmO terminato le nostre feste ed il Congresso Salesiano ; mi parrebbe di mancare ad un sacrosanto dovere, se non le dessi un piccolo ragguaglio di un avvenimento che senza dubbio tornerà a gloria di Dio ed a bene delle anime, come pure di gran consolazione a V. S.

Fu certamente una ispirazione del Signore quella di celebrare le nozze d'argento dei Salesiani d'America, non già con feste chiassose e sterili, ma con solenni azioni di grazie al Signore pei benefici che si degnò di compartirci durante cinque lustri e con riunioni che, chiamando attorno ai figli di D. Bosco molte persone dabbene, le animassero a cooperare al loro apostolato. Questa idea manifestata al Cardinal Rampolla con una compitissima lettera di alcuni Ispettori Salesiani, fu benedetta da S. S. Leone XIII, e provocò una bella lettera indirizzata a Vostra Paternità, in cui s'incoraggiavano i Salesiani di America a mandar ad effetto il loro divisamento. Vostra Paternità poi con alcune parole a Mons. Cagliero mostrava quanto sarebbe stata contenta di vedere eseguito questo disegno, che sembrava dover tornare fecondo di ubertosissimi frutti. Non ci volle di più perchè i suoi digli di America si mettessero all'opera. Tanto più furono animati. al lavoro quando videro che V. P., dolente di non poter venire in persona nelle terre di Colombo, volle almeno inviare un suo rappresentante a prender parte alle feste.

Perciò senza porre indugio fin dalla seconda metà del mese di settembre s'incominciarono i preparativi. Invero era già molto tardi, e pareva ad alcuni impossibile compiere in sì breve tempo un lavoro che in Bologna appena aveva potuto compiersi in quattro mesi. Ma tenuto conto della febbrile attività di queste nuove popolazioni., c'era tempo da fare tutto e bene come si potè convincersi dal fatto. Si riunì un Comitato composto di quanto v'era di più scelto nella città di Buenos Aires, e si espose, non senza esitazione, il disegno di convocare a Congresso i Cooperatori Salesiani col fine di meglio far loro conoscere in qual modo essi potessero cooperare alle Opere Salesiane. Questa assemblea , sebbene assai ristretta dì numero, presieduta dall'Ecc. Monsignor Alberti, Vescovo Ausiliare della Plata, non tardò a comprendere l'importanza dell'opera che si intendeva di compiere, e senza punto perdersi in vane discussioni, poichè il tempo stringeva, mise mano al lavoro.

Si preparò un programma, calcato sopra quello del memorabile Congresso celebratosi in Bologna nel 1395; si fissarono i temi dei discorsi e si cercarono subito gli Oratori. Questi non potevano essere scelti meglio come lo provò l'effetto, e per loro grande bontà e simpatia verso i Salesiani, si può dire che accettarono subito l'invito. Si invitarono anche a parlare Cooperatori della vicina repubblica dell'Uraguay, e questo diede occasione di chiamare il Congresso internazionale: invero furono pure rappresentati al Congresso i Cooperatori del Brasile, del Chilì e delle Bolivia.

Si inviò il programma a tutti i Cooperatori e se ne ricevettero numerose adesioni e preziosissimi incoraggiamenti. Parve pure assicurato l'intervento di quasi tutto l'Episcopato, poichè si stabilì di tenere il Congresso nei giorni che seguivano immediatamente la solenne funzione dell'imposizione del pallio al nuovo Arcivescovo di Buenos Aires, Monsignor Mariano Antonio Espinosa. Il nuovo Arcivescovo intanto da parte sua non solo benedisse il progetto di radunare a Congresso i Cooperatori Salesiani, ma volle che desse fosse considerato come un Omaggio che la sua Archidiocesi offriva a Cristo Redentore nel finire del secolo XIX. Anche a Buenos Aires il concorso delle Signore tornò molto utile, avendo esse cercato danaro per le spese del Congresso.

A dare maggiore splendore alle nostre feste contribuì pure generosamente il R.mo Vicario Capitolare e tutto il R.do Capitolo metropolitano, i quali permisero molto di buon grado che le funzioni religiose si facessero nella Cattedrale di Buenos Aires, recentemente ristorata e adobbata per l'imposizione del pallio. Ciò permise ad un gran numero di Cooperatori di unirsi con noi per render grazie a Dio dei benefizi di ogni maniera che si compiacque concederci per cinque lustri. Si temeva grandemente che la neve non permettesse a Monsignor Costamagna di attraversare le Cordigliere; ma poi si ricevette la consolante notizia che, accompagnato da D. Tomatis e da una buona famiglia di Cooperatori, aveva superata ogni dìfficoltà, sebbene a dir vero, avesse esposto la sua vita ad imminente pericolo.

Si avvicinava intanto il tempo in cui doveva incominciare il Congresso, e per tre giorni si tennero le riunioni delle sessioni incaricate di studiare le materie da trattarsi. Era edificante il vedere varii buoni signori, varii zelanti sacerdoti, non ostante le loro gravissime occupazioni, trovarsi ogni giorno nella sala del Club Cattolico per esaminare le proposte e formulare le risoluzioni. Si stabilì in quei giorni una giunta direttiva, destinata non solo a dirigere i lavori del Congresso, ma a continuare sempre in seguito per procurare l'esecuzione delle risoluzioni prese. Si spera che essa darà un gagliardo impulso a cercar sempre nuovi Cooperatori ed a promuovere efficacemente le opere che saranno proposte all'attività e carità dei Cooperatori.

Il 19 novembre Mons. Espinosa tenne in cattedrale il suo primo Pontificale quale Arcivescovo di Buenos Aires, per dar principio alle nostre feste. Si ebbe in mira di ringraziare Maria SS. Ausiliatrice della sua veramente materna protezione pei figli di Don Bosco in America ; il discorso , tenuto da Mons. Giovanni Nepomuceno Terrero, animò tutti i numerosi uditori a ricorrere alla nostra dolcissima Madre celeste, e mostrò quanto sia efficace questa divozione nella formazione dei giovanetti chiamati da Dio al servizio degli altari. Cantarono la Messa i giovani di Las Piedras, dì Bernal e di S. Carlo riuniti. Nè meno solenni riuscirono gli altri due Pontificali in cui predicarono Mons. Marcolino Benevente, Vescovo di Cuyo, e Mons. Giovanni Cagliero. Questi con una magnifica conferenza mostrò quanto bene abbia fatto D. Bosco alla Chiesa ed alla Società coltivando le vocazioni ecclesiastiche e religiose. Mi duole non poter trattenerla lungamente su queste bellissime feste di azioni di grazie che riuscirono splendide, ed a cui presero parte quasi tutti i Direttori ed Ispettori di America, conducendo seco alcune rappresentanze delle loro Case. Non posso tacere quanto abbiano contribuito a questa solennità la banda strumentale di S. Carlo, quella dell'Oratorio Festivo di San Francesco di Sales, quella di Montevideo, di Rosario e di Viedma nella quale figuravano varii indietti. Le funzioni religiose si chiuderanno con un numeroso pellegrinaggio a N. S. di Lujan che ci ricorderà il grandioso spettacolo che noi vedemmo alla Madonna di S. Luca in Bologna.

Delle tre riunioni del Congresso che si tennero nel pomeriggio dei tre giorni 19, 20 e 21 novembre avrei tante cose bellissime da narrarle, ma per non essere troppo lungo mi terrò pago di accennare solo i fatti più salienti. Come a Bologna s'incominciarono le sedute cantando l'inno del Congresso. Entrati intanto i Vescovi nella spaziosa sala del Club Cattolico, gentilmente posta a nostra disposizione, si diceva la preghiera e si annunziavano le adesioni dei personaggi più ragguardevoli. Fu letto anzitutto dinanzi al numeroso uditorio il telegramma che inviò il Card. Rampolla, annunziando che il Santo Padre benediceva di tutto cuore i Congressisti ed i loro lavori. Fu letto pure fra i più entusiastici applausi il dispaccio che V. P. ebbe la bontà di inviare al nostro caro D. Vespignani.

Invitato poi dal Presidente O. Farrell, prese la parola l'Avv. Emilio Lamarca per parlare di D. Bosco e delle sue opere. Invero non so se mai abbia risuonato in altre riunioni un discorso così eloquente, così denso di sublimi pensieri, così ricco di fatti maravigliosi, così atto a dare una giusta idea di D. Bosco e de' suoi istituti. Il porgere, il tono della voce, l'unzione della sua parola, la convinzione profondissima di non poter dire tutto quello che l'oratore sentiva nel cuore, elettrizzò gli uditori. Spero che stampato questo lavoro del Lamarca conserverà ancora alcun poco del sapore che aveva in bocca dell'oratore e si vedrà che nel parlare io non esagero punto. Furono ascoltati ugualmente con molto gusto i discorsi di D. Vespignani e del Dott. Lenguas, antico alunno del nostro collegio di Villa Colon, che cominciò tributando un sentito elogio alla cara memoria di Mons. Lasagna. La seduta si chiuso con alcune appropriato parole dell'Internuncio che impartì la benedizione papale e recitò le preghiere di uso.

Il giorno 20, il Club Cattolico fa nuovamente ripieno di Cooperatori grandemente desiderosi di udir parlare ancora di D. Bosco e delle suo opere. Fece udire la sua voce primieramente il Dottor Pons della Repubblica Uruguayana, che trattò delle Scuole di religione, mostrandone l'opportunità in questi tempi specialmente in cui la scuola del governo è, o neutra, o apertamente nemica della religione. Venne dopo alla tribuna il Conte Segoria, il quale, con finezza d'arte, trattò dell'educazione dell'operaio, mettendo in piena luce il vantaggio immenso che produrrebbero i laboratorii informati allo spirito di D. Bosco, e non mancò di discendere alla pratica mostrando ciò che debbono fare i Cooperatori per aiutare efficacemente i Salesiani in un' opera tanto fruttuosa moralmente e materialmente. Poscia parlò il sig. Bordien, Presidente del Consiglio delle Conferenze di San Vincenzo de' Paoli. Il suo tema erano i laboratorii di arte e mestieri e le colonie agricole. Fu un interessantissimo lavoro, ricco di preziosi ammaestramenti, reso maggiormente attraente dallo stile festivo e talora anche un poco satirico dell'oratore. Fu assai lungo eppure si sarebbe desiderato che continuasse ancora per molto tempo. Leggendolo anche V. P. troverà un grandissimo diletto, e benedirà il Signore di averci fatto incontrare oratore così felice. Non occorre dire come dopo ciascun discorso fossero accolte le risoluzioni proposte. A tutti parevano la legittima conseguenza dell'argomento discusso, quindi all'unanimità le approvavano.

Dopo la seconda solenne assemblea prese la parola Mons. Soler Arcivescovo di Montevideo, il quale rallegratosi della maniera con cui procedeva il Congresso, parlò dell'Opera di D. Bosco chiamandola la più importante del secolo XIX e fece tali elogi di D. Bosco-che non credo siansi uditi mai dalla bocca di un Arcivescovo. E ciò diceva con tanta persuasione ed entusiasmo che comunicava a tutti gli uditori i suoi medesimi sentimenti. Non è la prima volta che quel sapiente Prelato si esprime in simili termini parlando dell'Opera Salesiana ; ma forse fa questa l'occasione più solenne, le parole più vibrate, l'effetto più assicurato.

Il 21 novembre i Cooperatori Salesiani già elettrizzati dal magistrale discorso di Monsignor Cagliero nella Cattedrale, si trovarono più numerosi e più puntuali che gli altri giorni nella sala del Congresso. Fu la volta che avremmo desiderato che questa fosse più vasta per capire tutti coloro che vi accorsero; molti dovettero rimanersi nei corridoi, perdendo talora le parole degli oratori. Sopratutto si desiderava udire la magica parola del Cantore del Tabaré, il. sig. Zorilla de San Martin, Direttore del Bien, giornale cattolico di Montevideo. Egli aveva l'incarico di parlar delle Missioni. e nell'entrare nella sala si scusava con Mons. Cagliero e con me di non aver avuto tempo di studiare un tema così vasto. Ma gli uditori non poterono credere alle sue scuse, avendo egli parlato per ben tre quarti d'ora con tale ricchezza di pensieri, con siffatta eleganza di linguaggio, e specialmente con tanto zelo e carità del prossimo, da parere il suo un discorso d'un padre della Chiesa, d'un missionario zelantissimo. In alcuni istanti pareva perfino che gli uditori ritenessero il respiro incantati dalla parola affascinante di questo impareggiabile oratore. Come illuminò bene la figura di D. Bosco l Che belle parole ebbe per Mons. Cagliero e Mons . Costamagna, i due missionaria maggiormente posti in evidenza dalla loro dignità episcopale, ma più ancora dai loro lavori e sacrifici !

Il Prof. Carrasco venne poscia a parlare degli emigranti e fu veramente il loro avvocato esponendone i bisogni all'assemblea, e ciò che i Salesiani fecero per loro. Basterebbe ricordare il lavoro incessante dei Fìgli di D. Bosco durante 25 anni nella Chiesa di Mater Misericordiae e nella parrocchia della poca. I suoi progetti non potranno forse realizzarsi tutti; ma faranno conoscere quanto sia ingiusto chi crede e dice che i Salesiani non poterono finora occuparsi degli emigranti.

L'ultimo discorso fu letto dal Prof. Darà sulla prensa escolar. Egli mostrò quanto abbia fatto D. Bosco a questo punto di vista in altre nazioni, ciò che si sforzano di fare in America i suoi figli, e come i Cooperatori possano contribuire all'esecuzione dei loro buoni desiderii. D. Cerruti avrebbe goduto molto nel trovare fra i professori laici uno che così profondamente conosce lo spirito di D. Bosco in questa questione cosí importante dei testi scolastici e del bisogno di raddrizzare le idee corrotto da un giornalismo ateo e pornografico.

Ora è di nuovo il turno di Mons. Cagliero che richiamando alla memoria fatti suoi personali, fa rimontare fino al 1852 la storia così interessante delle Missioni Salesiane. Ricorda la sua guarigione miracolosa, la predizione, fatta da D. Bosco, della sua elevazione all'Episcopato, della sua destinazione ad evangelizzare i patagoni ; ricorda i primi sforzi dei Salesiani, i risultati ottenuti. Ad ogni periodo la sua voce è coperta di applausi. Non poteva essere più felice nelle sue idee e nel modo di. esprimerle. Mons. Costamagna doveva pur parlare e raccontò il suo ingresso in Patagonia in compagnia di Mons. Espinosa, ora presente ed Arcivescovo di Buenos Aires ; disse doversi tutto attribuire a Maria Ausiliatrice il bene che si fece nelle Missioni Salesiane, intrecciando nel suo dire il nome di D. Bosco e della nostra dolcissima Madre. Finì coll'attribuire anche a Lei il buon esito del Congresso che si chiude nel giorno delle Presentazione.

Anche il povero D. Albera dovette prender la parola. Si credette in dovere di far udire, sebbene assai sfigurata, la voce di D. Rua che prima presentò al suo uditorio. A nome di colui che l'aveva mandato, ringraziò di quanto fecero i Cooperatori per S. Carlo, per tutte le numerose Case Salesiane di America, per la stupenda riuscita del Congresso, da cui egli spera cotanto bene. Infatti esso aiuterà i Cooperatori Salesiani a organizzarsi, a tenersi sempre maggiormente uniti, a propagare l'Associazione, ad animar altri a venir in aiuto alle Opere Salesiane. Raccomandò di ricevere ognora la lettera di D. Rua ai Cooperatori coi-ne la parola d'ordine, e di non istupirsi se egli per non venir meno alla vocazione dei Salesiani, secondo la nota frase dell'Arcivescovo Mons. Riccardi, di santa memoria, per sè o per altri continuamente loro chiegga denaro. Anche qui si applaudì fragorosamente.

L'Arcivescovo con chiuse con alcune parole veramente apostoliche. Disse come egli fosse andato ad accogliere i Salesiani quando arrivarono a Buenos Aires; poscia ricordato quanto si fece e si fa da essi e nella città e nelle Missioni, ricordati i pericoli corsi per entrare nella Patagonia, animò tatti i suoi diocesani ad aiutarli col propagare l'Associazione dei Cooperatori e col dare limosine affinchè possano sostenere le loro opere di carità specialmente in favore dei giovani. Chiuso la seduta con la sua benedizione a tutto l'uditorio.

Il 22 novembre si sarebbe dovuto, fare un pellegrinaggio al Santuario di Lujan; ma per molte ragioni fu rinviato al 26. Al venerdì poi si tenne una stupenda accademia musico letteraria. Erano presenti cinque bande musicali Salesiane, che in principio ed alla fine suonarono la medesima marcia. Erano presenti moltissimi direttori e confratelli, venuti da ogni parte di America, sicchè mi pareva di essere a Torino nell'occorrenza di grandi feste o di Capitoli Generali. Tutti uniti nel vincolo della carità si rallegrano vicendevolmente della visibile protezione di Maria SS. Ausiliatrice sul Congresso dei Cooperatori, per ogni rispetto cotanto simile a quello di Bologna. In questa circostanza potei ammirare l'unione veramente fraterna che regna tra i confratelli americani fra di loro e con quelli di Europa. Si parlò con entusiasmo di D. Bosco, di Don Rua, di Maria Ausiliatrice. L'arrivo del Maestro Dogliani contribuì pure non poco a cementare sempre più i cuori nella carità di Gesù Cristo. Mancava niente altro che D. Rua! quanto me ne increbbe !

Si recitarono alcuni dialoghi sulla coopeperazione Salesiana che fu benissimo spiegata agli uditori. Si cantò la Passione del Perosi con tutta la precisione e l'arte possibile; poi si eseguì la battaglia di Lepanto di Monsignor Cagliero, che riscosse ben meritati applausi. La riunione fu onorata dalla presenza di quattro Vescovi e da sua Eccellenza il Ministro della Marina Argentina, ed intervennero numerosissimi Cooperatori. Il cortile degli artigiani, trasformato in una stupenda sala e tutto ornato di festoni e di bandiere, era stipato di persone e in tutte si vedeva quasi dipinta sul volto la simpatia per le Opere Salesiane. Dio ne sia ringraziato !

Al terminare dell'accademia si passò nel cortile degli studenti convertito in immenso refettorio. Erano preparati circa 1200 coperti per tutti i Salesiani e i varii invitati, pei giovani di S. Carlo e di tutte le Case americane intervenuti alle feste. Era uno spettacolo non mai visto. I giovani presero posto, pronti a dar l'assalto a tutte le buone cose che la carità dei benefattori aveva provveduto per chiudere allegramente le feste giubilari. Sgraziatamente ad un certo punto del pranzo sopravvenne un furiosissimo temporale ed i commensali dovettero coi loro piatti nelle mani rifugiarsi sotto il porticato. Questo non impedì punto di terminare il pranzo, bensì gli diede l'aspetto di una passegiata generale in cui ciascuno riceve in un piatto ciò che gli è destinato, e se lo mangia seduto sopra d'un sasso o sulla riva d'un ruscello. Mons. Terrero, Vescovo eletto della Plata, si compiacque di sedersi alla nostra mensa e di trattenersi con noi fino alle 21. Malgrado il subito passaggio da una temperatura molto calda ad un altra assai fredda, non si ebbero a lamentare malanni fra i Salesiani e gli alunni.

Rimaneva ancora a compiere un sacro dovere, quello della riconoscenza verso il Signore e Maria SS. Ausiliatrice peri benefici ricevuti e specialmente per l'insperato risultato del nostro Congresso. Questo dovere si compì il 26 novembre con un pellegrinaggio a N. S. di Lujan, a cui gli Argentini professano la più viva divozione. Oltre a mille giovanetti delle varie Case Salesiane della città, i chierici di Bernal e di Las Piedras, e molte anime buone partirono alle 5.30 con treno speciale per Lujan. Nessuno può dipingere la gioia dei giovani quando al suono della banda musicale, capitanati dai due Vescovi Salesiani, entrarono prima nel villaggio e poi nella Chiesa in cui è custoditala piccola statua di Maria SS. circondata da migliaia di ex-voti ! Celebrò la Messa Mons. Cagliero per una parte dei pellegrini e Mons. Costamagna per l'altra, non potendo la cappella capirli tutti. Si voleva cantar la Messa, ma non conveniva per l'eccessivo calore e per la stanchezza dei cantori. Alle 8.30 si cantò un' Ave Maria , espressamente composta per la circostanza da Monsignor Costamagna, il quale poi fece la predica su Maria SS. Un solenne Te Deum e la benedizione del SS. Sacramento pose fine alla nostra festa. Il medesimo treno che ci aveva condotti al mattino, ci ricondusse a Buenos Aires verso sera.

Pare che quale ricordo del solenne Congresso di Buenos Aires si debbano aprire due Case di Salesiani ed una di Suore nel quartiere chiamato Palermo , tutto caduto nelle mani dei protestanti, che vi tengono molte scuole e varii tempii. È questo uno sforzo eroico che debbono fare i Salesiani d'America, eppure non si può fare altrimenti. Tutti si aspettano questo dai Salesiani quale una protesta contro il Congresso Nazionale che stanziò duecento pesos al mese in sussidio delle scuole protestanti. Fummo con Mons. Cagliero a visitare i luoghi ove pare si possano impiantare due Oratori Festivi per ragazzi. Per le fanciulle si sta cercando. Dio benedica la buona volontà e mandi operai nella sua vigna.

Termino questi rapidi cenni sopra un fatto che richiederebbe dei volumi per descriverlo in tutti i suoi particolari. Son più che persuaso che questa pallida e fredda idea che ho dato del 2° Congresso Salesiano sarà per tutti un eccitamento a stimar sempre più la Pia Unione Salesiana, cui si onorano esser ascritti e li animeranno a vivere sempre più uniti col vincolo della carità, poichè la nostra forza sta nell'unione. Guai a chi si separa dal corpo ; non è più buono a nulla !

Mi raccomando alle sue preghiere e chiedendole la benedizione mi professo

Di V. P. Umil.m° af m° figlio e servo Sac. PAOLO ALBERA.

L'ultima pagina dell'Anno Santo

IL 24 dicembre scorso per le mani del Sommo Pontefice, per la seconda volta nel secolo decimonono, è stata rinchiusa la Porta Santa della Basilica Vaticana, rimasta aperta nell'anno Giubilare, chiudendosi contemporaneamente dai Cardinali Legati a latere le altre Porte Sante delle Basiliche Maggiori.

A noi, che per esuberanza di notizie spettanti alla nostra Pia Unione, non abbiamo potuto l'anno passato regalare ai nostri lettori una regolare Cronaca dell'Anno Giubilare, crediamo opportuno riportare dai giornali romani alcuni cenni almeno che tutto riassumano il glorioso avvenimento compiuto dal Sommo Pontefice Leone XIII.

Ed Egli stesso, il Santo Padre, nell'allocuzione tenuta nel Concistoro del 17 dicembre ultimo, altamente lodando la pietà e la fede addimostrata dal popolo cristiano, ne rese grazie al Signore, augurando che stabili rimangano i copiosissimi frutti raccolti durante quest'anno di propiziazione, lieto che non inutili siano stati i tesori di grazie e di indulgenze, dalla Chiesa, madre sempre provvida ed amorosa, posti a disposizione ed a bene e salvamento delle anime dei suoi figli.

Che se l'inferno, anche in quest'anno, ha voluto scatenarsi contro la Sposa diletta di Gesù Cristo, Egli ha disteso il suo divin braccio per difenderla e consolarla con i suoi celesti carismi, allietando il cuore tanto amareggiato del suo Vicario sulla terra con le ineffabili dolcezze dell'amore de' suoi fidi che lo hanno voluto continuamente vedere. E però, dopochè essi, venendo dalle più lontane parti del mondo nella Città Santa, hanno ritemprato la lor fede prostrandosi sulle tombe sante degli Apostoli e nel visitare tutti i Santuari, si sono inginocchiati a' suoi piedi implorandone la benedizione ed acclamandolo qual loro tenerissimo padre.

Il numero dei pellegrini fu immenso; chiunque ne è stato testimone può farne fede, ma la statistica di essi sarà fatta a suo tempo. A noi è grato constatare l'affratellamento in Gesù Cristo di tutte le nazioni e di tutti i gradi della società. Dal principe di sangue reale, dal personaggio costituito nella più alta dignità ecclesiastica o civile, dal letterato, fino al modesto borghese, alla povera vecchierella, all 'umile lavoratore della terra, al mendico, abbiamo veduto venir tutti a Roma a pregare, a domandar perdono al Signore, a trafficar quel talento del quale dovrà da ognuno rendersi a lui stretto conto. Si è veduto il vecchio cadente, l'uomo maturo, la matrona le giovinette, i fanciulli tutti uniti in uno spirito solo, ascoltar Gesù Cristo nella persona di Pietro.

Dopo l'indizione dell'Anno Santo l'11 maggio, e la seconda lettura della Bolla Pontificia il 17 dicembre dello scorso anno 1899, la vigilia di Natale il Santo Padre aprì solennemente la Porta Santa della Basilica Vaticana, mentre le altre delle Basiliche maggiori venivano aperte dai Cardinali Legati a latere, avendo così principio l'anno Giubilare. Non è a dirsi il numero grande di pellegrini presenti in S. Pietro alla cerimonia: essi si trattennero in Roma più giorni, assistendo con edificante pietà alla Messa della mezzanotte il 31 dicembre, la quale venne, nella sua privata cappella, ed alla presenza di pochi famigliari, celebrata anche da Sua Santità, mentre funzioni solenni venivano alla medesima ora, celebrate per tutto il mondo.

Nel mese di gennaio ebbe luogo il pellegrinaggio Ligure. In febbraio il pellegrinaggio piemontese di Vercelli, Vigevano, Alessandria, Biella, Casale e Novara. Un pellegrinaggio Marsigliese non potè giungere fino a Roma, perchè rimandato, per quanto disse, stante il pericolo d'infezione vaiolosa. Ebbero quindi nello stesso mese luogo i pellegrinaggi : Piemontese di Torino, Ivrea, Aosta e Cuneo; Lombardo di Milano, Pavia, Como e Piacenza; Francese di Mans, col gruppo di Marsiglia potuto passare; Piemontese di Alba, Asti, Acqui, della regione Romana e provincie limitrofe; Siculo e Livornese.

In marzo vennero i pellegrini di Trento, Montefiascone, Ungheresi di Rito Greco, della Slesia, di Autun, Veneti, di Salisburgo, gli studenti cattolici universitari tedeschi : il pellegrinaggio Laziale di Velletri, Frascati ed Albano, e quello di Monaco.

In aprile si ebbero i pellegrinaggi : Polacco, della Congregazione Mariana di Teschen, Moravo, di 100 alunni della nave-scuola americana Dixie; Calabrese, Benevento, Piemontese, Bergamasco, Viterbese, Boemo, Pugliese, di Fiesole e Modigliana, Civita Vecchia e Corneto, Bordeaux, Firenze, Pontremoli, Austro Ungarico, coi personaggi della più alta aristocrazia Belga, Marchegiana.

In maggio vennero pellegrini da Milano, Arezzo, Borgo S. Sepolcro, Gaeta, Terracina, Limoges, dalla Scozia, Friburgo, Baviera, Polonia, Lucca, Marsiglia, Alsazia Lorena, Isola di Minorca, Segni, Nizza, Portogallo, Emilia, Romagne, Campania, Liguria, Pisa, Isola di Maiorca; Francia, Sardegna, Cascia, Norcia, Colonia, Pontecorvo, Breslavia, Croazia, Torino, Costantinopoli, Rieti e Amelia.

In giugno giunsero i pellegrini Spagnuoli di Vittoria, Perugini, Maltesi, di Metz, Orvieto, Narni e Terni.

In luglio si ebbero i pellegrinaggi della Croazia e del Brasile, e vennero dal Santo Padre ricevute le Società Cattoliche della Federazione Piana di Roma.

In agosto si seguirono i pellegrinaggi della Sardegna, di Bologna, Padova, Trento, Trieste, Udine, Piacenza, Veroli.

In settembre furono a Roma i pellegrinaggi Siciliano, Piemontese, Maltese, delle Marche, di Subiaco, delle province Meridionali e Romana, di Firenze, di Todi, Manfredonia, Benevento, Pescia, e quello degli studenti cattolici italiani; quelli di S. Miniato, Viterbo, Verona, Mantova, Crema, Como, Cremona, Arezzo, Cortona, Bergamo, Tolosa; quelli Tedesco, Belga, Polacco, Berlino, Francese, Lombardo, di Anversa, Città di Castello, Nocera, Civita Castellana, Spagnuolo e di Frascati, che condusse seco la veneranda immagine della Madonna delle Scuole; il pellegrinaggio nazionale delle Figlie di Maria, numerosissimo; quelli della Catalogna, Svizzera, della Basilicata, Campania, Albano, Palestrina, Velletri, Zagarolo, Gallicano e Genazzano.

In ottobre s'ebbero pellegrini Austriaci, di Stuttgarda, Svizzeri, Spagnuoli, della Repubblica Argentina, Prato, Pistoia, Siena, Puglie, Lucania, Napoli, Salerno, Acquapendente, dell'aristocrazia Viennese, Bavaresi, di Perugia, Sora, Aquino e Ponte Corvo, Lucca, Bayeux, Scutari, Inglesi, Calabresi, Tirolesi, Ungheresi, Tedeschi; di Assisi, Spoleto, Regio Emilia, Sabina, del Veneto, Bologna, di Poggio Mirteto, Abbazia di S. Paolo, Terziarii Serviti, Irlandesi, Ruteni, della Galizia.

In novembre acquistarono il Giubileo i pellegrini Piemontesi, Abbruzzesi, di Carpineto, Magonza, Perpignano, Pisa, Gennazzano, Nepi e Sutri, Cremona, Ferrara, Bologna, della Repubblica di S. Marino, i lavoratori della campagna Romana, le Figlie di Maria di Torino, e di altre città italiane; quelli di Madrid, Ferentino, Caserta, Penne ed Atri, Palestrina, e gli Ungheresi, nonchè le Scuole ed Istituti cattolici di Roma.

In dicembre si ebbero i pellegrinaggi de' Commendatori e Cavalieri del Santo Sepolcro, di Montecompatri, che condussero seco la taumaturga immagine della Madonna detta del Castagno ; di Rocca di Papa e di Monte Porzio che recarono il primo l'immagine della Madonna della Speranza e il secondo quello della Madonna della

Pietà. Vennero altresì i pellegrini di Marino, i Lombardi, i Messicani, quelli di Anagni, un altro gruppo di marinai americani dalla nave-scuola Dixie, e infine il Pellegrinaggio nazionale italiano, che assistè in S. Pietro alla sacra cerimonia di chiusura.

Ma al nostro Santo Padre non bastava chiamare a Roma i suoi figli; ben Egli voleva ammaestrarli col suo esempio, e lo ha fatto. Nei giorni 2, 11, 21 luglio e 2 e 13 agosto Egli, il venerando pellegrino apostolico, unito al Sacro Collegio ed agli intimi suoi, non potendo recarsi fuori del suo palazzo, discese nella Basilica Vaticana, e prona la fronte dinanzi al dator d'ogni bene , compì le visite giubilari, pregando pe' suoi figli, pei popoli e per le nazioni tutte ed anche per i traviati, acciocchè tornino presto all'ovile.

Il 25° anniversario della 1a fondazione Salesiana in Francia

A Nizza Mare i nostri buoni confratelli si preparano a festeggiare con speciali funzioni, nei giorni 5, 6, 7 e 8 del corrente mese, il 25° anniversario della 1a fondazione Salesiana in Francia, e noi crediamo far cosa gradita ai nostri lettori publicando alcuni cenni intorno all'Opera di D. Bosco colà fondata. La carità dei nostri Cooperatori di Francia ha operato meraviglie e la mano della Provvidenza ha fatto crescere in albero gigantesco il piccolo seme che D. Bosco piantava, 25 anni or sono in Nizza, con la fondazione dell'Oratorio San Pietro. Quest'Oratorio ebbe fin dai suoi principii gli incoraggiamenti e la benedizione del Santo Padre Pio IX, d. v. m. il quale, a Don Bosco che erari recato ad annunziargli l'apertura di quella Casa,, facendogli l'offerta di 2000 lire, disse : - Dio benedica questa nuova fondazione e sia dessa come il granello di senape, che sviluppandosi in grande albero, accolga tra i suoi rami un gran numero di colombi ai quali non possa mai avvicinarsi lo sparviero. - La benedizione e predizione dell'Angelico Pio ottenne il suo pieno avveramento. Da Nizza, dove, il 9 novembre 1875, - per opera della Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli e per lo zelo di Mons. Sola, allora vescovo di quella città - si stabilirono i primi figli di D. Bosco, l'Opera Salesiana in questo periodo di tempo aperse Oratori, Orfanatrofi, Colonie Agricole, Educandati, Collegi nei seguenti centri: Marsiglia, Navarra, Saint Cyr, Ménilmontant in Parigi, Lilla, Guines presso Calais, Rossignol di Coigneux, Dinan, Ruits, S. Margherita presso Marsiglia, Orano, Eckmuhl presso Orano, Montéty di Tolone, Montpellier, Mers-el-Kébir presso Orano, Nizas, La Marsa, La Manouba, Romans, Rueil, Tunisi , Montmorot presso Lons-le-Saunier, Saint-Denis , Saint-Genis, Mordreuc e Fouquières.

Sia benedetta la divina Provvidenza per aver dato tanto sviluppo all'Opera di Don Bosco in Francia, e quei nostri confratelli uniti ai benemeriti Cooperatori francesi hanno tutta ragione di rendere pubbliche azioni di grazie a Dio con solenni festeggiamenti di cui ci riserviamo dar breve cronaca nei mesi seguenti.

Intanto ci piace aggiungere che all'Esposizione Universale di Parigi le Opere di Dare Bosco furono premiate collettivamente con medaglia d'oro e l'Oratorio di Menilmontant con medaglia d'argento.

Queste onorificenze dicono che l'Opera di D. Bosco in Francia ha fatto le sue prove ed è ben accolta. Ma se quei nostri confratelli hanno potuto fare un po' di bene lo debbono in gran parte alle persone caritatevoli che li hanno sostenuti colle loro elemosine e preghiere. L'oro della carità, fecondato dal sacrifizio e dall'amore del povero, ha prodotto quelle meraviglie.

LA PAROLA DEL CUORE

Ringraziamo vivamente i numerosissimi benemeriti Cooperatori e Cooperatrici che, con slancio e zelo superiore ad ogni encomio, risposero al nostro APPELLO : , la Strenna a Gesù Bambino in suffragio delle anime sante del Purgatorio », inserito nel Bollettino dello scorso dicembre a favore della Chiesa di S. Francesco di Sales, eretta in Valsalice presso la tomba di D. Bosco, quale omaggio internazionale alla venerata memoria del Padre nostro. Le schede dei detto APPELLO vennero richieste con tale insistenza che si dovette farne la ristampa ed ora la Direzione del Bollettino è in grado di inviarne a quanti ne fanno richiesta con semplice biglietto di visita. Il tempo utile per ascrivere i propri defunti al solenne Ottavario stabilito, è fino alla metà di Aprile.

IL RAPPRESENTANTE DEL SUCCESSORE Di DON BOSCO in America

1 ottobre 1900.

Il buon seme - Al Collegio D. Bosco - Un Oratorio Festivo di 2000 fanciulli - Il segreto del Missionario - Alla Boca - Una sorpresa - Il Catechismo nelle scuole governative - Un arancio alla porta d'un Oratorio - Il 20 settembre a Buenos Aires - A S. Catalina - Potenza della divozione a S. Giuseppe.

LE feste che nel nostro viaggio s'incalzano ininterrottamente l'un l'altra porgono a Don Albera il destro , ch'egli lascia mai sfuggire, di seminare il buon grano là dove il terreno appare mirabilmente disposto a riceverlo e centuplicarlo. La sua parola vien sempre opportuna quale l'ambiente e le circostanze particolari la richiedono, riuscendo come in una melodia cara l'ultima nota armoniosissima le cui vibrazioni oscillano lente lente all'orecchio e nel cuore finchè si perdano in un pensiero soave, in un proposito forte che migliora l'anima. Ma la vociferazione talora prolungata e a breve distanza stanca la sua fibra non molto robusta e lo costringe al riposo che egli fa consistere in un cambiamento (se pure è cambiamento) di occupazione; riceve allora i rendiconti dei confratelli; consiglia, anima, consola.

Fu dopo un giorno di siffatta quiete che appagò le brame di D. Gherra, il quale lo desiderava vivamente fra i suoi giovanetti. Son 300 che frequentano le scuole elementari esterne, e 300 erano in chiesa, composti, raccolti col desiderio sul volto di ricevere fra poco Gesù benedetto dalle mani del sig. D. Albera; ornamento caro e invidiabile di quella chiesuola che cercava invano nascondere la sua miseria sotto l'addobbo festivo e lo scintillio delle numerose candele che ornavano l'altar maggiore e le immagini sacre. Di migliorarla il povero direttore non ha i mezzi, perchè anche fra gli esterni, che dovrebbero pagare tre pesos ciascuno al mese, sono assai pochi quelli che soddisfano a questa condizione.

E intanto incalza anche l'Oratorio Festivo che, non molto spazioso per il terreno, è sterminato nel numero dei giovani, giungendo talora nei dì festivi alla bella cifra di 2000! Contemplare due mila giovanetti tolti almeno per un giorno all'ambiente guasto, vigilati e santamente divertiti, colla comodità, nella necessità anzi di sentire la parola del Signore e ricevere nella mente un buon pensiero, nel cuore un'impressione religiosa, consola; tanto più se il pensiero da quel piccolo mondo si porta ad un mondo più vasto di uomini fatti, alle 2000 famiglie, delle quali quei fanciulli sono i rappresentanti, e nel cui seno penetra indirettamente l'Opera Salesiana. Quei fanciulli andranno durante la settimana alla scuola, all'officina, al campo; ma l'impressione buona, il ribrezzo per il peccato li accompagnerà salutarmente nelle loro occupazioni, e Dio voglia si ritemprino un'altra volta prima che la natura debole abbia su loro il sopravvento. Si faranno uomini, e per taluni, per molti forse, la religione, le pratiche di pietà saranno un ricordo lontano che nei momenti di passione non avrà alcuna efficacia ; ma un giorno generalmente arriva in cui questo ricordo, mutato in rimorso, ottiene un effetto salutare, e la visione della giovinezza passata in una pace che invano cercarono poi altrove non avrà essa l'efficacia di ricondurli a quel Dio che sventuratamente avranno abbandonato?

Quest'Oratorio Festivo è indubitatamente il più frequentato dei nostri Oratori. Nè sono i giuochi che lo rendano accetto ai giovanetti, perchè di speciale non mi riuscì notar altro che una giostra, la cui circonferenza è formata da numerose biciclette, sulle quali esercitano le loro forze una settantina di ragazzi, dando così movimento al giuoco. I confratelli sono decisamente inferiori al bisogno. Sette per una turba di quella fatta... c'è da mettersi le mani ai capelli. Ma lavorano e si sacrificano come martiri. La fiducia in Dio non li abbandona neppure nei momenti più critici e l'allegria li accompagna sempre nonostante le strettezze finanziarie. La causa è presto trovata ; vi è un segreto (diceva un tale) per cui la vita del soldato - io dico la vita del missionario - anche quando è più dura e penosa possiamo farcela parer bella e contenta: è il segreto che ci dà il vigore nelle fatiche, la costanza nei sacrificii, l'ardimento nei pericoli e una forte e serena tranquillità anche in faccia alla morte; e questo segreto è tutto compreso in una parola... amare ! I nostri confratelli amano i figli del popolo e vogliono ricondurli a Dio.

Alla Boca. È questo un quartiere genovese trapiantato a Buenos Aires tale e quale. Ai nostri confratelli sono affidate le scuole e la parrocchia, quelle con 270 alunni, questa con 44.000 anime. D. Albera coi giovanetti, figli tutti di Italiani, parla il nostro caro idioma, li interroga sul catechismo e li conforta a perseverare nel bene. Nella 2a elementare lo aspettava una sorpresa: quei marmocchietti tant'alti s'eran cacciata nelle orecchie un'intera Messa in canto gregorìano, e lì, sui due piedi, ne diedero un saggio eseguendo il Kyrie. Oh se il sig. Don Rua fosse stato presente ! Egli che per il canto della Chiesa è così zelante e lo inculca continuamente, son certo avrebbe goduto più che un pochino nel vedere, in posa di vecchi cantori, quei fanciulletti dalle bocche quasi lattanti eseguire le melodie della Chiesa bene absolute, e non solo relativamente alla loro età.

Il sig. D. Albera venne qui alla Boca per desiderio vivissimo di D. Bourlot che volle così rivivere, per poche ore almeno, i bei tempi dell'Oratorio, quando amici carissimi prendevano parte alle stesse scuole, alla stessa mensa, agli stessi giuochi. Povero e caro D. Bourlot ! Che fiera scossa gli ha dato la paralisi ! ma egli s'industria ancora alacremente per il bene delle anime, e la sua numerosa parrocchia ha visto solo quest'anno 1300 rigenerati a Gesù Cristo nelle acque del Santo Battesimo e più di 51,000 fortificati nella vita cristiana colla SS. Eucaristia. Ma il suo cuore è continuamente in pena perchè gli operai sono pochi alla messe abbondantissima; egli lamenta la mancanza di un sacerdote per fare il catechismo nelle scuole governative. Qui intesero che spetta al prete, come parte del suo ministero, l'insegnamento della religione, e venne ciò stabilito con accordo fra la Curia e il Governo. I nostri di S. Carlo, Don Gherra e quanti sono disponibili si prestano volenterosi, ma D. Bourlot non può assolutamente mandare alcuno dei preti che lo coadiuvano per le occupazioni eccessive che già gravitano sopra ciascuno di essi. Non basta il da fare che somministrano le scuole e la parrocchia; devono anche attendere alle Suore di, Maria Ausiliatrice e alle giovanette che ne frequentano l'Oratorio che non sono poche. Don Albera che le visitò oggi stesso, 19 settembre, in giorno feriale e senza alcuno avviso preventivo ebbe a distribuire circa 400 medaglie ; e una signora la quale in domenica volle fare un calcolo a spese sue, mettendo alla porta un fruttivendolo colla consegna di regalare un arancio a ciascuna giovinetta che di là uscisse, ne pagò un migliaio e più

La sera ci sorprese ancora nella Casa di Don Bourlot, senza che tutti i confratelli avessero potuto parlare al sig. Don Albera. Convenne quindi fermarsi fin tardi, fare un po' di conferenza dopo cena e attender colà l'alba del 20 settembre. Questo giorno usano festeggiarlo qui con gazzarre più che in Italia; ma quest'anno la pioggia continua e dirotta spense gli entusiasmi incipienti e s'incaricò essa dell'ordine pubblico. Tutto finì col dar di frego a « Via del Commercio » e sostituirvi « Via Umberto I ».

La partaccia di strappare Don Albera dalla Boca toccò a D. Milano. Alle 6 1/2 era alla porta colla vettura e ci menò a Santa Catalina a rivedere quei giovanetti che primi vennero a salutare D. Albera al porto di Buenos-Aires. Dell'attività e della fede di questo nostro confratello raccontano mirabilia; e veramente il già fatto in poco tempo è molto. Ha grande devozione a S. Giuseppe, al quale però non risparmia tratto tratto qualche insolenza. Ma quel buon santo, consideratone il naturale ardente, pare vi passi sopra, e lo benedice. Senta questa. Era corto a quattrini, eppur doveva saldare un debito che minacciava metter radici, doveva pagare gli operai che lavoravano alla costruzione della Casa e doveva turare parechi altri buchi. In extremis a San Giuseppe. Confratelli e giovani cominciano fervorosamente una novena al Santo, e il direttore minaccia di fare uno sproposito se S. Giuseppe lo lascia negli imbrogli. Passan quattro giorni, ne passan otto, si conclude la novena, e il danaro resta ancora un pio desiderio. D. Milano non minaccia invano ; lo dice persin la rima... Fa prender la statua del Santo, la cava dalla nicchia e la colloca sull'altare. L'indomani la somma richiesta c'era: il direttore tornò in pace, e S. Giuseppe nella nicchia acclamato, festeggiato, benedetto. Qui in America la divozione a S. Giuseppe è assai praticata nelle nostre Case, specie in quelle che non guazzano nell'abbondanza, e son tante ! Forse non erro attribuendo ciò all'esempio del sig. D. Belmonte e del sig. D. Rua, dai quali io stesso udii più volte che avevano celebrato all'altare di S. Giuseppe perchè sentivano vivo bisogno di soccorsi materiali.

(Continua)

Rivista Internazionale di Scienze sociali e Discipline ausiliarie. - Roma, Via Torre Argentina, 76, Palazzo Sinibaldi. - Abbonamento annuo, L. 20. Estero L 25. Un fascicolo separato L. 2.

Questa rivista che conta già 8 anni di gloriosa esistenza, riesce di una grande utilità, per non dire necessità, ai giorni nostri, in cui le scienze sociali van pigliando uno sviluppo ogni dì più crescente ed in cui perciò si fa sentire così potente il bisogno che esse abbiano per base e per guida la religione nostra santissima. Noi quindi la raccomandiamo vivamente ai nostri lettori, certi di far cosa ad un tempo buona e salutare.

MIssIoNI

PATAGONIA MERIDIONALE

Due mesi di missione per la campagna. (Relazione di D. Maggiorino Borgatello. - Vedi Boll. di novembre, dicembre e gennaio)

Impresto il mio cavallo - Passione degli India per la caccia - Povero guanaco ! - L'amico del viandante - Costumi del guanaco - Lo struzzo - Il leone puma - Una bestia che non dice mai basta.

Un giorno mi faccio accompagnare da un Indio per andare a visitare altri Indiani. Io ho due cavalli, uno già alquanto stanco e l'altro fresco, e l'indio ne ha uno solo e quasi stanco. Dobbiamo fare un lungo tragitto. A metà cammino l'Indio mi dice: Imprestami il tuo cavallo perchè il mio è molto stanco e non vuol più camminare. Glielo presto. Credo inutile avvertirlo che non rincorra qualche guanaco o struzzo, perchè egli pure sa che i nostri cavalli sono in cattivo stato e dobbiamo arrivar presto a nostra destinazione. Passati appena pochi minuti dacchè l'Indio montava il mio cavallo, compaiono molti guanachi e passano vicini a noi. Non ci vuol altro. L'Indio, dimenticando che il cavallo è già stanco e che deve ancor fare molto viaggio, ma seguendo l'istinto, si getta a corpo perduto ad inseguirli e riesce a prenderne uno al laccio. Ma invece di coglierlo alle gambe, come avrebbe voluto e doveva fare, lo coglie nel collo, ed il guanaco con quell'arnese addosso raddoppia la corsa. L'Indio, per non darsi vinto e per non perdere la sua bolleadora (laccio), sprona e batte a tutto potere il povero cavallo, il quale corre finchè può e corre tanto che dispare dalla mia vista e mi veggo piantato lì come un palo in quel deserto. Passa intanto una buona mezz'ora e l'Indio non ricompare. Io non so il cammino per continuare il viaggio, e devo quindi necessariamente aspettare il ritorno dell'Indio. Finalmente appare lontano lontano l'Indio sopra di un altipiano, il quale, sventolando la coperta che portava indosso, mi fa segno di andare a lui. Tosto comprendo che si è stancato il cavallo. Così è difatti. Il mio povero cavallo trema come una verga da capo a piedi e sbuffa come un mantice; è più morto che vivo, e sono costretto a lasciarlo colà nel deserto perchè non può più dare un solo passo. L'Indio invece tutto contento o tranquillo perchè ha raggiunto il guanaco e ricuperato la sua bolleadora, preso un pezzettino di carne grosso come il pugno in segnale della vittoria, se lo mangia e non pensa ad altro.

Il guanaco pare che un po' per volta vada scomparendo dalla Patagonia. A cagione del rigidissimo inverno passato, si vedono centinaia e migliaia di guanachi accatastati lungo i fiumi ed i laghi, morti dal freddo e dalla fame. Altri vengono uccisi dai proprietarii a misura che prendono possesso dei campi, perchè dicono distruggono troppa erba, ed è meglio riserbarla per le pecore. È da lamentarsi la scomparsa di questo animale tanto bello e grazioso che fa piacere a vederlo. Esso è l'amico del viandante, perchè è quasi il solo animale che si vede nel vasto deserto della Patagonia, il solo oggetto di distrazione per chi attraversa queste lande inospitali.

Il guanaco è molto curioso; quando vede uomini a cavallo si avvicina a loro fino alla distanza di circa cento metri ed anche solo cinquanta per osservarli bene, e poi li precede a tutto galoppo nella stessa direzione. Mentre venti, cinquanta e fino ducento e più guanachi riuniti insieme vanno pascolando per la pianura, alcuni di loro, a guisa di sentinelle, se ne stanno in lontananza a fare la guardia, avvisando tosto i compagni con acuti e striduli nitriti non appena scorgono venire qualcuno. Alle volte corrono in fila l'un dietro l'altra come le pecore, altre volte invece a due a due come uno squadrone di soldati.

Anche lo struzzo è animale caro al viaggiatore che attraversa il deserto della Patagonia:

Quasi struthio in deserto. Ma, come il guanaco, a misura che la Patagonia si va popolando, pare sia destinato a scomparire, e ciò forse avverrà fra non molti anni. Il viandante che per giorni iutieri vede solo sterminato deserte pianure, tutto si rallegra quando scorge di lontano lo struzzo che corre con una velocità indescrivibile. Alle volte si vedono riuniti anche dieci o venti struzzi, ma appena scorgono qualcuno si danno a precipitosa fuga disperdendosi in diverse direzioni ; il cavallo più veloce nel corso e fresco, appena ne può raggiungere qualcuno.

Lo struzzo quando si crede inseguito corre sempre facendo mille giri e zig-zag, per cui è difficile poterlo pigliare. Per lo più viene preso dai cani da caccia, detti gàlgos o struzzieri. Lo struzzo maschio cova le uova invece della femmina; ha cura dei pulcini, li conduce al pascolo e loro procura l'alimento necessario. Se due struzzi maschi conducenti ciascuno un drappello di piccolini s'abbattono insieme, ingaggiano lotta fra loro ed il più forte si raccoglie poi tutti i pulcini lasciando l'avversario senza uno solo. Il nido dello struzzo è scavato nel suolo. Il primo uovo viene piantato diritto nel mezzo e non da pulcini; le altre uova, in numero di ventiquattro, sono disposte con bel-. l'ordine intorno all'uovo di mezzo. Se venisse sorpreso nel suo nido quando cova, lo struzzo tosto disfà il nido e disperde qua e là a grande distanza le uova, perchè non gli siano rubate, e poi fugge. Scomparso il pericolo, ritorna e se vi trova ancora le uova le raduna di nuovo per covarle, ancorchè siano più poche. La carne dello struzzo è molto buona, ma indigesta, per il troppo grasso. Le sue penne sono ricercate e si vendono care.

Un terzo animale destinato a scomparire dalla Patagonia è il leone puma. Ogni anno si fa più raro, ma la sua scomparsa non sarà rimpianta da alcuno, perche non arreca alcun benefizio, anzi suol esser di danno all'armento.

Il leone puma pare un grosso cane bigio ; non è feroce come il leone d'Africa, non affronta l'uomo, ma lo fugge appena lo scorge; trovandosi però alle strette, o quando si vede ferito, si rivolta, e morde co' suoi forti denti, oppure sbrana colle sue acute unghie. Corre molto veloce per circa duecento metri, ma poi subito si stanca e rallenta la corsa cercando un buco o cespuglio dove potersi rifugiare e mettere sulle difese. Allora diviene feroce.

Vive di preda, uccidendo guanachi, volpi e, dove ve ne sono, pecore. Generalmente lo si caccia col laccio, ovvero mettendo veleno sulle carni di animali stati uccisi da lui e che suol nascondere in qualche luogo pel giorno seguente. Fu notato che in una notte un leone solo uccise più di 80 pecore. Quando il puma entra in un recinto di pecore ne afferra una e l'uccide succhiandone il sangue. Intanto tutte le pecore gli stanno d'attorno facendogli in certo modo corona ad osservare ciò che capita alla loro compagna. Finito, il leone spicca un salto nel mezzo e ne sbrana un'altra, ma le pecore invece di fuggire sempre gli fanno circolo guardandolo in silenzio ; e questa scena si ripete tanto volte quante sono le pecore che il leone uccide. Quando il puma è sazio e stanco esce dal recinto e va pei fatti suoi.

Ma poichè sono a ragionare delle bestie patagoniche che minacciano di scomparire, mi sia permesso nominare pure un'altra bestia, la quale dovrebbe scomparire non solo dalla Patagonia ma da tutto il mondo. L'avarizia è proprio una brutta bestia che prolifica anche in questi paraggi. Guai a chi si lascia dominare dalla medesima ! Non dice mai basta; e vari fatti successimi durante la mia missione ne fanno fede. Arrivo un sabato presso una famiglia spagnuola, che passa per molto cattolica, composta di padre e madre. ancor in buona età, di quattro figli già adulti e di due figlie. Mi era stato detto che questa famiglia mi desiderava perchè aveva un bambino da battezzare ed un figlio di undici anni da promuovere alla 1a Comunione, ed io, pur sapendo che doveva deviare dal mio itinerario, impiegare due interi giorni per arrivarvi e pagare trenta pesos ad una nuova guida, pure mi decisi di accontentarla. Arrivati alla casa notiamo nel recinto un'immensa moltitudine di pecore, agnelli, cavalli, buoi, vacche ecc. (abbiamo poi saputo che raggiungevano la bella cifra di 8000), tutti di proprietà della detta famiglia. Fatti i primi convenevoli aspettiamo che ci invitino a prendere un poco di ristoro, e ci assegnino un bugigattolo per ritirarvi le nostre cose e passarvi la notte, ma i padroni non si danno per intesi. Quando si sono passate molte ore a cavallo galoppando a tutta forza si sentono i latrati della fame. Questo ben si conosce nel campo, perciò appena si arriva a qualche casa la prima cosa che fanno i padroni di essa si è di offrire agli ospiti qualche cosa da ristorarsi.

Vedendo che i padroni di casa non ci invitano, chiedo loro se hanno qualche cosa da mangiare. Con molta mala voglia ci portano due uova cotte con un po' di pane biscotto, per me e per il Ch. Mosso, e nulla pei nostri giovani. Chiesto se hanno qualche cosa anche per loro, mi rispondono di no. - Non hanno carne, o cotta o cruda? Non abbiamo carne fino a domani.

È da notare che in Patagonia la carne è come in Italia il pane, e molto meno ancora; qualunque viandante può liberamente domandarne, senza mai correre pericolo di sentire un rifiuto. Quando non ve n'è in casa tosto il padrone manda un servo al campo ad uccidere un agnello od un manzo, ma non lascia mai partire il viaggiatore senza provvigione di carne. Il dire perciò che non si ha carne mentre si hanno in casa otto mila pecore, è semplicemente un assurdo, una vera spilorceria, perchè in un momento si sarebbe potuto uccidere un agnello e qualora i padroni di casa ne fossero stati impediti avrebbero ciò fatto i nostri stessi giovani.

Chieggo allora che abbiano la bontà di vendermi due chilogrammi di pan biscotto. La madre dà ordine alla figlia di pesarlo; il che fa alla mia presenza pesandolo come l'oro, e si fa dare un pesos, mentre altrove non avrei pagato che metà. Frattanto or l'uno or l'altro della famiglia ci chiamano con insistenza quando contiamo di partire !... Rispondo che di quella sera non è più possibile perchè già notte, e che il dì seguente, essendo domenica desiderava rimanere per santificarla insieme alla famiglia e dare istruzioni ai figliuoli. Notai che la mia risposta produsse in loro la stessa impressione che si prova quando ci viene comunicata una cattiva notizia. Il pensiero di doverci ospitare e provvederci il vitto necessario li rattristava al sommo ed andavano ripetendo : - Siamo molto poveri ! abbiamo tanti figliuoli da mantenere ! Dobbiamo fare molta economia ! - Poveri con un capitale di 150.000 lire in armenti!?

Per dormire ci assegnano una lurida tettoia destinata per la tosatura delle pecore, dove v'è l'odore insopportabile del bagno di pecore e di altro ancora. Abbiamo battezzato il bambino, preparato alla 1a Comunione il fanciullo, date istruzioni a tutti gli altri giovani e celebrato due volte la S. Messa in pubblico, regalando a tutti varii oggetti religiosi e libretti. Essi non ci dissero grazie, e prima di partire ci incaricarono ancora di varie commissioni. Povera gente ! Ci faceva proprio compassione, perchè nel parlare, nel trattare, nel vivere tutto era in essi avarizia la più grande. Ecco tanto ben di Dio che non sanno godere ! Potrebbero star bene essi ed anche i poveri, invece soffrono essi e nulla giovano agli altri !

Dove andranno poi a finire queste ricchezze? Più hanno e più desiderano avere. Sono ben infelici. Essi sono poverissimi in mezzo all'abbondanza.

Lo stesso ci capitò presso un'altra famiglia, pure spagnuola, che possedeva quaranta mila pecore e dove m'era stato detto che vi erano da amministrare due battesimi ed alcune cresime. Per arrivarvi vi impiegai due giorni e spesi venticinque pesos, esponendomi al pericolo della vita nell'attraversare il fiume Gallegos sopra una sì piccola barca, che quando la vide Mons. Fagnano si meravigliò che avessi avuto tanto coraggio di espormi a quel grave pericolo e mi consigliò ad avere più prudenza in avvenire, perchè il fiume nel porto di Gallegos è molto impetuoso e cattivo pei forti venti che vi dominano quasi sempre. Tuttavia il capo di quella famiglia non solo non mi ringraziò di questo favore, ma avendolo pregato di volermi cambiare un cavallo già stanco con un altro fresco, mi fece un brutto tiro. Dandomi ad intendere che a una giornata di cammino, dove io doveva passare, egli aveva lasciato un cavallo assai bello e grasso e che avrei potuto prendermelo in cambio, si ritenne il mio. Confidato sulla sua parola, partii ma giunto sul luogo designato e pagato cinque pesos a un pastore perchè andasse a cercarmi e condurmi il cavallo, questi ritornò dopo alcune ore senza cavallo dicendomi: - Padre, l'hanno ingannata: il cavallo con cui ha cambiato il suo ha solo tre gambe, quindi è impossibile che possa camminare. - Ecco fin dove giunge l'avarizia ! Essa fa perdere ogni sentimento di umanità, rende l'uomo ingrato ai benefizi ricevuti, ineducato, crudele, ladro e più selvaggio degli stessi selvaggi!

(Continua.)

VENEZUELA

Vittime e danni del terremoto. (Relazione di D. Andrea Bergeretti)

REVm° E CARISSIMO PADRE,

Valencia, 1 novembre 1900.

SIAMo nel caso di gridare: Misericordia Domini si non sumus consumpti. In Venezuela le disgrazie e i castigi si succedono con somma rapidità. Non appena cessò la rivoluzione e si proclamò la pace, un fortissimo terremoto distrusse varie città e gettò nella costernazione l'infiora popolazione di Venezuela. Verso le quattro e mezza del mattino del 29 ottobre, una forte scossa di terremoto sussultorio che durò più d'un minuto, ci fece sbalzare tutti dal letto e fuggire nel cortile. Questa prima scossa, benchè in Valencia non abbia recato molti danni, in altri luoghi atterrò intieri paesi, e molte vittime rimasero sepolte sotto le rovine delle case cadute.

La città di Caracas ha sofferto moltissime disgrazie; numerose case caddero al suolo, quasi tutte le Chiese furono distrutte o rese inservibili. Il Presidente della Republica, il General Castro, preso dal panico, saltò dal balcone del secondo piano di sua abitazione sul lastrico della piazza e si ruppe una gamba, e si sconquassò tanto da perdere i sensi. La sua consorte si precipitò giù per le scale ed ebbe a soffrire molto; la poveretta aveva già perduto tutta la famiglia in altro terremoto, e tal ricordo aumentò il suo spavento. La popolazione atterrita incominciò a lasciare la città e vivere accampata sulle piazze in aspettativa delle altre scosse che pur troppo succedevano frequentemente arrecando nuove disgrazie. Ancor oggi mentre le scrivo le scosse continuano benchè meno forti, il che mantiene la popolazione spaventata e paralizza ogni genere di commercio. Domenica si celebrarono le Sante Messe sulla stessa piazza, perchè era pericoloso entrare nelle Chiese che minacciano cadere.

Ho ricevuto telegramma dai confratelli di Caracas, dicendomi che stavano tutti bene, ma che la Casa aveva sofferto alcune spaccature. In Valencia, meno la paura, successe niente; tuttavia tutte le notti si vedono processioni di gente, con candele e quadri della Vergine che vanno pregando, affinchè Iddio ci liberi da una catastrofe. Nel porto della Guaìra, oltre le vittime, il terremoto portò un danno di più di due milioni di pesos. Macuto è quasi completamente distrutta. Guarenas e Guatire sono interamente al suolo, e numerose sono le vittime sepolte sotto le ruine. In Caracas 69 case caddero al suolo, 428 sono in rovina, 174 stanno in cattivo stato; vi furono 15 morti e 27 feriti, ed innumerevoli altri danni.

Il 14 dello scorso settembre per invito del Governo fummo col Presidente della republica e varii ministri ed impiegati pubblici a cantare un solenne Te Deum, in Tucuyto, luogo della battaglia decisiva e del trionfo del General Castro, ottenuto in quel luogo. Si pose altresì la prima pietra di un grande monumento che si innalzerà nella piazza di fronte alla Chiesa. Il giorno 15, lo stesso presidente con la sua degna consorte venne a visitare il nostro Collegio e vi lasciò due mila franchi di limosina, con promessa di aiutarci in futuro. Visitò le scuole ed i laboratorii e rimase pienamente soddisfatto.

Pochi giorni dopo si scatenò sopra Valencia un furioso temporale che inondò gran parte della città. Noi pure fummo circondati dall'acqua, ma fortunatamente non avemmo altro danno che la caduta di circa dieci metri del muro di cinta del cortile.

Qui faccio punto dicendo che continuano ad arrivare notizie di disgrazie da quasi tutte le città della republica. Ponti distrutti, ferrovie sconvolte, fenditure della terra, e sorgenti di acqua oscura e fetida; in certi luoghi l'acqua del mare si ritirò a grande distanza, rinversandosi poscia sulla spaggia e innondando varii paesi etc. Le manderò altre notizie più tardi, per ora concludo raccomandando questa tribolata contrada alle sue preghiere, ed alle preghiere dei nostri Cooperatori. Sin ora Maria Ausiliatrice ci ha protetti in modo speciale e speriamo che vorrà continuare a difenderci da ogni pericolo.

Della S. V. R.ma Ubb.mo e Obbl.mo figlio

D. ANDREA BERGERETTI.

BRASILE

Visita di un insigne benefattore alla Casa di Coxipò

REV.mo ED AM.mo PADRE,

Coxipò, 2 aprile 1900.

LA sua carissima del 1° Gennaio mi giunge ora al principio di aprile, con un poco di ritardo per causa delle quarantene. Quanto è grande la distanza che mi separa da Lei, dai Superiori amatissimi del Capitolo, e dal mio indimenticabile sig. D. Barberis! Rivedrò questi miei superiori, per cui darei cento volte la mia vita, rivedrò la statua dorata di Maria Ausiliatrice, rivedrò il glorioso tumulo del nostro buon Padre e Fondatore D. Bosco?

Questa distanza enorme, questo dubbio è il sacrifizio più grande del povero e debole mio cuore, e in questo momento mi strappa lagrime dagli occhi; ma questa è la condizione per poter slanciarsi in questo immenso mare di attività e far maggior bene, quindi fiat voluntas Dei. Tuttavia lontano di corpo sono sempre costi col pensiero, coll'immaginazione, coll'affetto di figlio affezionato, e prendo viva parte alle allegrezze e ai dolori dei miei Superiori e specialmente di Lei, amatissimo Padre. Il suo cuore ancora sanguinerà per la disgrazia delle nostre Missioni di Patagonia, per le perdite di valorosi confratelli che caddero prematuramente nel campo della lotta e del lavoro, come Don Cesare Cagliero, Don Calcagno, ecc. e se potessi mitigare il suo dolore con notizie consolanti di questa nostra Missione del Matto Grosso quanto mi riputerei felice! Ecco il fine di questa mia; parlo al padre, al benefattore, cui, dopo Dio, devo tutto. Le scrivo anche a nome di Don Malan, il quale Le chiede venia se non può scriverle stavolta, perche, come si dice, non trova tempo per tirar fiato. Insieme con la presente, partirà da Cuyabà per far ritorno a Rio Janeiro, il nostro insigne benefattore S. E. il Dr. José Manuel Murtinho, il cui nome non sarà disgiunto da quello dell'indimenticabile apostolo e martire del Brasile Mons. Lasagna. Egli venne in Cuyabà per ragioni di politica; ma quanto non giovò pel rassodamento della nostra Missione! Fu ricevuto al porto da tutto un popolo esultante, con spari di razzi e quattro o cinque bande di musica, tra cui figurava la nostra del Collegio S. Gonçalo. Era la più schietta dimostrazione dell'alta stima che gode l'ex-presidente del Matto Grosso, ora Giudice Supremo nella Capitale Federale e fratello del Ministro di Fazenda. Fu sotto la sua presidenza che i Salesiani entrarono in Cuyabà con a capo Mons. Lasagna, accolti in una maniera splendida sopra ogni dire; fu egli che diede ai Salesiani la Colonia Teresa Cristina; egli che li protesse sempre, ottenendo dei soccorsi straordinari ed ultimamente lottando con diverse difficoltà, ci ottenne per la penultima spedizione il viaggio gratis da Rio Janeiro a Cuyabà. Durante il breve tempo che stette in Cuyabà ben cinque o sei volte si degnò visitare il Collegio per parlare con D. Malan ed assistere ad una rappresentazione teatrale che si diede in suo onore. Ma quello che dimostra l'interesse di lui per i figli di D. Bosco, si fu la visita ch'egli fece con numeroso accompagnamento a questa incipiente Casa di Coxipò.

Era stabito il giorno 15 di marzo, e Lei può immaginare come ci preparassimo; ma ecco proprio la vigilia un diluvio di pioggia che pareva dovesse continuare la notte e il giorno seguente. Questo disturbava un po' il nostro disegno. Allora ci attaccammo al nostro S. Antonio, gli promettemmo un triduo, a condizione che facesse ritornare il bel tempo. Infatti la dimane poco a poco il cielo si rasserenò e allora noi a preparare con febbrile attività bandiere, archi, ecc. Finalmente, verso le 9, ecco giungere l'eletta comitiva, che fin da lontano fu salutata con lo sparo di mortaretti e il suono festivo della banda venuta a bella posta dal Collegio. Che allegria quando vedemmo arrivare più di venti cavalieri tra cui S. E. José Manuel Murtinho, S. E. il Presidente Barriz, S. E. il General Camara, il Ten. Colonello Dr. Castro ecc. ecc!

Si degnarono accettare la nostra modesta refezione e così passammo allegramente un poco di tempo, ma momenti di indescrivibile entusiasmo e visibile commozione per tutti, specialmente per Murtinho e D. Malan, furono quelli dei brindisi di costume. S. E. in quest'occasione si addimostrò padre e protettore dei Salesiani e amante del vero progresso della sua patria. Vi furono dei canti d'occasione e un figlio di Don Bosco a nome di tutti i Salesiani brindò a Murtinho suscitando calorosi applausi. Fu quella un'occasione propizia per rassodare e sviluppare vocazioni, per stringere nodi di amicizia e protezione, per formare nuovi ammiratori e benefattori della nostra Opera e specialmente di questa Casa.

Viva pertanto Maria Ausiliatrice, D. Bosco, e il nostro S. Antonio ! Domani partirà S. E. Murtinho con un numero grande di nostri amici e pare che anche D. Malan voglia pigliare quest'occasione per visitare la Casa di Corumbà, e vedere se si può attuare il desiderio della S. V. in quanto alle Suore. Indi D. Malan ha intenzione di recarsi a Diamantino a visitare gli Indi e dopo ritornarsene a Cuyabà per fare una corsa fino in Europa. Ciò sarebbe di immensa utilità per le nostre Missioni.

Ed ora che Le dirò dei miei novizi e del noviziato che tanto Le sta a cuore? Le cose vanno, grazie a Dio, di bene in meglio; il numero di 3 è già arrivato al cubo, cioè 9; molti sono gli aspiranti che desiderano venire nel noviziato, e tutto ci fa sperare un ottimo avvenire. Lo studio delle materie è omai regolare, non escluso l'Italiano, anzi spero quanto prima d'inviarle letterine dei nostri novizi, nel nostro caro idioma. Ciò mi costa non poco, perche manca tutto, non abbiamo nè grammatiche, nè dizionarii, nè altri libri.

Ed ora si degni benedire D. Malan, i Salesiani e i novizi di questa Missione e specialmente non dimentichi nelle sue sante preghiere di usare una speciale carità per il suo

Ubb.mo figlio in G. C.

Sac. FILIPPO M. PAPPALARDO.

Stante l'abbondanza di notizie abbiamo dovuto sospendere le letture edificanti incominciate lo scorso anno sul Pontefice dell'Ausiliatrice. Le riprenderemo però quanto prima.

IN FASCIO

Serena (CHILI) - Il Collegio Leone XIII. - Il confratello D. Gasparoli scriveva in data 30 giugno u. s. a D. Rua : « Il giorno 31 maggio, ultimo del mese consacrato a Maria Ausiliatrice, arrivai qui nella diocesi omonima e propriamente nella città della Serena in compagnia di D. Francesco Jano e del confratello Giusto di Gonzales. Durante il viaggio scrissi varie lettere a Mons. Costamagna, ed arrivato ad Antofagasta ricevetti due telegrammi che mi avvisavano di continuare il viaggio alla Serena. Vi giunsi il 31 maggio e fummo accolti con molta cordialità da tutto il clero e dalle Congregazioni religiose ; alloggiammo dapprima nel Seminario, poi passammo alla Casa di esercizi, dove ci occupiamo in fare il catechismo ed in preparare le cose più indispensabili per la nuova Casa. Il terreno destinatoci in proprietà è grande ed in un magnifico posto ; vi entreremo nel primi giorni di agosto. Il nuovo campo di sacro ministero e di fatiche per la gioventù è vastissimo e , coll'aiuto di D. Bosco, credo che sarà assai fruttifero. Il nostro sarà l'unico Collegio cattolico in tutta la popolatissima e bisognosa diocesi della Serena. Il Vescovo Mons. Florenzio Fontecilla ne è oltremodo contento, e la popolazione è ansiosa dell'opera nostra. Spero che poco a poco qui si potrà dar vita ad un buon Collegio di studenti e di artigiani e ad un buon Oratorio Festivo. Lei, amatissimo Padre, ci benedica e ci aiuti colle sue preghiere e co' suoi frequenti consigli. Adesso cominceremo con un po' di scuola e con qualche laboratorio in embrione, aspettando frattanto l'aiuto del personale. »

Bogotà (COLOMBIA).- Ultime notizie della guerra. - L'infaticabile nostro D. Evasio Rabagliati, con lettera datata dal 25 giugno scorso e pervenuta a D. Rua il 6 ottobre, scrive: « Siamo alla fine di giugno e nulla di nuovo abbiamo riguardo alla rivoluzione ; le cose seguono il loro corso, e chi sa per quanti mesi ancora; sono molto testardi i signori radicali, e non vogliono darsi vinti, malgrado le battoste solenni avute nel passato maggio. Pare che siano andati a organizzarsi altrove, e fra poco tempo saremo da capo.

» Ad ogni modo, pare che la rivoluzione avrà la peggio, visto l'entusiasmo dell'esercito legittimo, dopo le grandi vittorie ottenute sui nemici, malgrado fossero più numerosi e meglio armati. In tutte queste faccende però si vide visibilmente la mano di Dio, perche gli uomini che sono alla testa delle cose pubbliche non potevano far peggio, anzi pare facessero il possibile per perdere, tanta era la disorganizzazione; ma le preghiere dei buoni che qui sono molti ancora, principalmente in questa città di Bogotà, fecero violenza al Cuore del Signore, e le vittorie si successero le une alle altre e le disfatte furono pochissime.

» Il peggio si è che quasi certamente dopo la guerra interna avremo la esterna; da ieri si dice che l'Equatore abbia già dichiarato la guerra alla Colombia; Venezuela fa di tutto per provocare e le cose passano tutti i limiti. Se non fossero i grattacapi di casa, quasi certamente la guerra contro di essa sarebbe già dichiarata. Quindi le cose andranno ancora per le lunge, e chi sa mai come le vorranno finire, date le circostanze presenti. Solamente la protezione del Cielo può salvare dal naufragio questo Governo cristiano.

» Le cose nostre vanno discretamente ; dopo la morte del nostro Alvaro Lombana non vi furono novità in casa; così lo potei sapere dai nostri, malgrado non vi sieno nè telegrafi nè poste ; però nel Lazzaretto di Contratacion si seguita a morire di febbre gialla, la quale si propaga non nei lebbrosi, ma nei sani, e nessuno si salva. Speriamo che i nostri già acclimatati non ne avranno a risentirsi, nonostante l'eccessivo lavoro.

» Ho notizie da Villavicencio; tutto bene. Anche da Fontibon ho buone notizie. La S. Infanzia, dall'anno scorso che si dovè chiudere per cagione del tifo, non potè ancora riaprirsi, anche per la difficoltà di sostenere quella Casa in tempo di guerra.

» Tutte le mie preoccupazioni adesso sono come sostenere questa Casa di Bogotà e il Lazzaretto di Santander. Grazie a Dio nulla ci è mancato finora, malgrado la scarsità dei viveri ed i prezzi favolosamente cari; in quanto al Lazzaretto potei già raccogliere di limosine 35 mila scudi che mandai al Vescovo del Socorro, il quale a sua volta converte in viveri per quei poverini di Contratacion. E le cose seguono bene; tutti mi aiutano colla miglior buona volontà ; a suo tempo manderò tutti gli scritti relativi a questa campagna. »

La Paz (BOLIVIA). - Per l'arrivo del Delegato apostolico Mons. Pietro Gasparri. - Il Direttore del Collegio Convitto D. Bosco in La Paz scrive al nostro Superiore in data 17 ottobre 1900: « È la prima volta che un Delegato di S. S. fa visita a questa nazione ed è ben giusto che ne informi V. S. R. Il 21 settembre le rappresentanze dell'autorità civile ed ecclesiastica partirono in varie vetture alla volta di Porto Perez, piccolo paesello situato sulla sponda del lago Titicaca, per prendere Mons. Vescovo; ed il 22, di buon mattino, altre cospicue persone, noleggiate parecchie vetture, si recarono incontro a Monsignore, che giunse verso le due pomeridiane alle porte della città con numerosissimo e nobile seguito. Quivi è invitato a montare sulla vettura del Presidente della Republica Dr. D. Giuseppe E. Pando. Chi può descrivere l'entusiasmo febbrile che invade ogni cuore? Un mondo di gente si accalca sul suo passaggio che impedisce persino alla vettura di proseguire. Da ogni balcone pendono festoni e tutti si prostrano a ricevere la pastorale benedizione. L'Arcivescovo vien coperto e quasi soffocato sotto una pioggia di fiori. Giunto vicino alla Chiesa dei Francescani, che si trova all'entrata della città, è ricevuto dagli allegri accordi d'una marcia della nostra banda e dalle rappresentanze di tutte le società e confraternite che spiegano all'aria i loro ricchi stendardi. Monsignore benedice tutti e continua la sua marcia fino al Palazzo Vescovile dove altra volta viene ossequiato dai rappresentanti del Governo, del clero secolare e regolare e da molti altri distinti signori.

» La banda del Collegio e tutti gli alunni interni penetrano nel salone approfittando d'un momento favorevole, e quivi, mentre i musici suonano alcuni pezzi del loro scelto repertorio, Monsignore si trattiene a parlare famigliarmente col Direttore e cogli altri Salesiani ed alunni del Collegio. Verso le ore 16, veste le insigne pontificali. Si organizza una solenne processione formata da tutti i collegi, dalle confraternite e dalle comunità religiose e per ultimo viene Monsignore sotto splendido baldacchino circondato dai Canonici e seguito dalla banda del Collegio che chiude il corteo. Si giunge in breve alla porta della Cattedrale già gremita dalla popolazione, ed a stento si riesce ad aprire il passaggio. Giunti all'altare, Monsignore prende posto su un trono preparato all'uopo; si recitano le preghiere del Rituale, quindi s'intuona il solenne Te Deum di ringraziamento dinanzi al SS. Sacramento esposto. La funzione ha termine colla apostolica benedizione e poscia, sempre acclamato dall'immenso popolo, processionalmente fa ritorno al Palazzo Vescovile.

» Per il 7 ottobre poi noi gli abbiamo preparato una piccola festicciuola. Monsignore aveva accettato con molto piacere l'invito di venire a celebrare la Messa della comunità, ma con grande suo e nostro rincrescimento non può farlo a cagion della sua mal ferma salute. Vi manda in sua vece il segretario e tutti i ragazzi fecero per le sue mani la S. Comunione. Monsignore poi, salutato dai concerti della banda e dai cantori col mottetto Sacerdos et Pontifex di Mons. Cagliero, arriva verso le 10 e mezzo. Vestiti i paramenti sacri, amministra ad alcuni ragazzi interni ed esterni la Cresima. Al sacro rito sono presenti il Dott. E Villazon, Ministro degli affari esteri, che fa da padrino ai cresimandi del Collegio, il Presidente del Municipio, il Rettore dell'Università ed altri insigni personaggi. Ha poscia luogo l'agape fraterna ed in seguito una riuscitissima accademia. verso il termine della quale arriva il Presidente della Repubblica, che per motivi di salute, non aveva potuto anticipare la sua venuta. Monsignore chiude il trattenimento dicendo che predilige in modo particolare l'istituzione salesiana 1.° perche creazione italiana ; 2.° perchè aveva avuto l'onore di conoscere l'immortale D. Bosco e 3.° perché nella Società Salesiana si trova la soluzione del gran problema sociale dell'operaio. »

- Chiusura dell'anno scolastico. - Lo stesso Direttore in data 30 ottobre manda pure relazione della chiusura dell'anno scolastico compiutasi il 21 di detto mese. « A dispetto del tempo che si conservò quasi sempre piovoso la funzione nel suo insieme riuscì tuttavia molto bella e con un gran concorso di gente. Il salone fu improvvisato nel cortile, coperto da un gran telone ingallonato con bandiere, festoni, quadri e fiori. Da un lato sotto il portico dell'edificio erano stati disposti in bell'ordine tutti i lavori degli alunni appartenenti ai vari laboratori.

Nel mezzo della piccola esposizione campeggiavano i busti dell'amatissimo nostro Padre Don Bosco e dell'Eccellentissimo signor Presidente della Repubblica, opera del nuovo laboratorio di scultura del Collegio. La funzione incominciò colla solenne benedizione dei due nuovi laboratori di meccanica e di scultura e plastica. Erano padrini il Sig. Presidente, General G. E. Pando e la Signora Giulio C. di Romero, sposa del Signor Carlo V. Romero, ministro di Governo. Fin dalle 13 una grande moltitudine di gente d'ogni età e condizione si era già riversata nell'ampio salone e nelle gallerie. Verso le 14 arriva il sig. Presidente accompagnato da tutti i Ministri di Stato, da vari deputati e senatori, nonche da molti altri distinti personaggi. Giunge per ultimo S. E. il Delegato Apostolico, Mons. Pietro Gasparri, che rivestitosi tosto dei sacri paramenti ed assistito da due sacerdoti, accompagnato dai signori Padrini, dà principio alla benedizione dei nuovi laboratori. Subito dopo la sacra cerimonia, con stupore di tutti, le macchine si muovono a un tempo, per mezzo di un torno a mano. Era la prima volta che si vedeva in Bolivia un laboratorio di questo genere e così ben montato. Cessata alquanto la pioggia si principia il trattenimento musico-drammatico, dedicato a S. E. il signor Presidente, come tributo dei molti benefizi da lui ricevuti nel breve tempo del suo Governo. Nei frammezzi si distribuiscono a tutti i concorrenti medaglie commemorative dell'inaugurazione dei nuovi laboratori fatte preparare espressamente dal sig. Presidente come Padrino dello festa. Vengono pure distribuiti a tutti gli alunni interni, studenti ed artigiani vari giocattoli che il Presidente aveva avuto il gentil pensiero di far collocare in un gran pallone di seta appeso in mezzo al salone a vista di tutti. Una banda militare accorsa per meglio solennizzare la festa, fa eziandio sentire alcuni concerti, mentre i signori Padrini, Ministri e Deputati in compagnia di S. E. il Delegato passano a visitare la piccola esposizione dei lavori che destano in tutti parole di ammirazione e di felicitazione verso il Collegio. »

Grazie di Maria Ausiliatrice

Guarito da una morsicatura.

Coll'animo pieno di affettuosa riconoscenza, rendo pubbliche grazie alla Madonna Ausiliatrice per avermi miracolosamente guarito. Fui a letto per sei mesi di continuo. Un topo, velenoso di natura e arrabbiato per la caccia fattagli, m'aveva morso nel polpaccio della mano destra. Una specie di bava velenosa s'intromise nella mia ferita e cominciò a serpeggiarmi nelle vene. Fui assoggettato ad un'operazione chirurgica ; ma nulla s'ottenne, stante che il sangue non circolava che malamente. S'unirono in breve alla prima malattia l'infangioite ed un riscaldamento viscerale fortissimo e fui agli estremi. Nove distintissimi medici mi dettero perduto nessuno mi poteva salvare, e si aspettava la mia morte di giorno in giorno.

In tanta strettezza di cose si ricorse a Maria. Il sig. D. Rua m'aveva mandato la sua benedizione, ed aveva detto al mio Direttore di cominciare, unitamente a lui, una novella all'Ausiliatrice. Così fu fatto, e prima che finisse la novena io migliorai. Furono fatte altre novene, e la benignissima Madonna esaudì tante preci ed ora eccomi sano e salvo, e, nonostante la mia età avanzata e la lunga malattia sofferta, sono tornato alle mie occupazioni e le compio senza disturbo.

Oh! grazie a Te, Madonna di D. Bosco! Tu sola mi potevi salvare, e mi salvasti: a Te sarò grato in eterno.

Orvieto, 19 ottobre 1900.

PIETRO LOMBARDINI

Due volte salvo da certa morte!

Grazie infinite ti rendo, o Mamma, per la tua materna assistenza. Ritornavo un giorno da una gita sui monti, quando passando sopra ad una ripidissima roccia sdrucciolai e caddi rotoloni giù per la rupe. Disgraziatamente avevo ambe le mani impedite avendo nell'una un fazzoletto di funghi ed un canestrino di fiori nell'altra. Ma nel cadere invocai Maria col cuore ed Ella mi salvò da certa morte. Non so come, ma mi fermai improvvisamente senza alcuna ferita sospeso sopra l'abisso che stava per ingoiarmi, e liberatemi le mani potei risalire al sicuro. Questa improvvisa fermata non potei attribuirla a causa umana alcuna, giacchè non v'era neppur una pianticella o pietra sporgente cui attaccarmi, e quand'anche vi fosse stata non avrei potuto servirmi delle mani. Solo Maria può avermi salvato.

Poco dopo, in compagnia di un mio parente, ritornavo nottetempo dalla montagna, quando caddi improvvisamente giù a capo fitto per la china. Non avendo preveduto il pericolo rotolai giù per più di venti metri col fucile a due canne montato e colla morsa pronta alla scarica. Maria questa volta pure mi volle salvo e fermatomi in fondo alla china mi trovai avere le due canne propriamente appuntate al petto. Senza l'intervento divino avrei dovuto essere certamente fulminato. L'amico e parente mio si spaventò ancor più di me e credeva di trovarmi tutto a pezzi per le scosse ricevute nella rapidissima discesa. Ma non riportai alcun male, eccetto un po' di fatica nel dover rifar la strada.

Ed ora, o Madre mia, questa vita che tante volte mi salvasti prodigiosamente consacro al tuo servizio, e tu accetta il povero mio dono e continua a proteggermi fino all'ultimo respiro.

Ivrea, 14 settembre 1900.

EDOARDO GHEZZI.

Cesarò (Sicilia). - Nel marzo decorso, colto da grave malattia di tifo, dovetti pormi a letto e là rimanermene per cinque lunghissimi mesi. Grazie alle molteplici cure dell'ottimo medico curante e della famiglia intiera, il tifo a poco a poco scomparve, ma perdurava ostinatamente una gagliarda febbre, la quale, assalendomi specialmente nelle ore del meriggio, mi affievoliva le membra tutte. Non potendo con mezzi umani liberarmi dal truce malore, ricorsi a Maria SS. Aiuto dei Cristiani, e feci a suo onore una novena, promettendole che, se avessi ottenuta la sospirata grazia, l'avrei fatta pubblicare nel Bollettino Salesiano. O bontà grande di Maria ! Non appena fu terminata la novena la febbre prodigiosamente scomparve ed io potei alzarmi da letto e recarmi in Chiesa a ringraziare la Vergine per l'ottenuto favore.

Ora, completamente guarito, adempio la promessa.

Ottobre 1900.

ACHILLE Lo GIUDICE.

Como d'Alba. - Poco dopo il .mezzodì delli 29 novembre u. s. un terribile temporale scatenossi in questo territorio di Como ed un fulmine schiantata la croce del campanile penetrò nella casa parrocchiale in diversi punti, ed una corrente venuta giù da un camino mi paralizzò il braccio sinistro. Invocai Maria SS. consolatrice degli afflitti ed aiuto dei cristiani ed in mezz'ora fui perfettamente guarito! Nello stesso tempo visto un garzone muratore steso a terra immobile, datogli l'assoluzione dissi : O Maria, datemi ancora questo giovane! e Maria m'esaudì; il garzone rinvenne presto e dopo tre ore andò da sè a casa sua, e sebbene un po' ustionato in pochi giorni si ristabilì ottimamente. Perciò mi recai a render grazie a sì bùona Madre nel suo Santuario lasciandovi tenue offerta per Messa e Benedizione.

31 ottobre 1900

MAssA GIOVANNI, Prevosto.

Legos di Val Ledro (Tirolo). - La mattina dei 29 settembre u. s. la mia figlia primogenita d'anni 5, se ne stava presso una finestra del terzo piano di casa. Giuocherellando sporse la sua personcina e miseramente cadde nell'orto sottostante. Eravi presente sua nonna, che a tal vista e più al doloroso pensiero della disgrazia che doveva succedere, gridò : « Madonna salvatela. » A queste grida io accorsi subito, credendo ormai di levarla sfracellata, tanto più che nel luogo della caduta v'era tutto sassi e pietre. Ma la piccina, che nella caduta s'era impigliata colle vesti in un fascio di legna, si rialzò e sorridendo mi venne incontro. Non s'era fatto alcun male. La Madonna la salvò da certa morte. Subito promisi di pubblicare questa grazia sul Bollettino e di far celebrare due Messe in onore di Maria Ausiliatrice. Eterna sarà la mia riconoscenza, e giammai diminuirà in me e nella mia famiglia la perfetta divozione verso la potente ed amorosa Sovrana del Cielo.

18 ottobre 1900.

RISATTI CATERINA..

Macul (CIHILì). - Mi fo il dovere di pubblicare una grazia testè ricevuta per la potente intercessione di Maria Ausiliatrice. Circa due mesi fa cadeva gravemente ammalata di polmonite, febbre gastrica ed infermità di fegato. La febbre di giorno in giorno crebbe tanto che i medici disperavano già della mia salute. Ogni umano speranza era svanita e mentre mi trovava alle porte dell'eternità i miei compagni là nel Collegio Salesiano di Macul cominciarono, alla vigilia della festa del SS. Cuore, una novena a Maria Ausiliatrice affinchè volesse aiutarmi in quel terribile frangente. Non tardò tanto la buona Mamma a farmi la sospirata grazia poichè dopo tre o quattro giorni il male cominciò a dar giù ed in poco tempo mi trovai fuor di pericolo.

Siano rese infinite grazie a Colei che si è costituita Ausiliatrice di tutti i cristiani in questi tristissimi tempi. Voglia Maria continuare a proteggermi in tutti gli istanti di mia vita affinche possa fare molto bene in mezzo alle anime che Essa mi confiderà.

11 agosto 1900.

Ch. ANTONIO CHAVEZ.

Melide (Canton Ticino). - Mio figlio trovavasi nel Collegio Don Bosco in Balerna per compiere i suoi studi di ginnasio, quando fu colto da una' forte pleurite. Il medico dopo d'aver invano esperimentato tutti i rimedii di cui disponeva, dichiarò ultimo tentativo di salvamento essere una grave operazione. Io allora mi rivolsi a Maria SS. Ausiliatrice facendo celebrare una S. Messa al suo altare in Torino. Quanto è buona Maria! Venuto il giorno destinato per l'operazione, i medici prima di operare trovarono che, diminuito il male, era in via di guarigione, e quindi non occorreva più alcuna operazione. Siano rese infinite grazie a questa buona Madre che nella stia immensa bontà mi volle esaudire. Invio questa piccola offerta in riconoscenza e spero che Maria continuerà sempre la sua protezione sopra la mia famiglia.

17 novembre 1900.

MARIANNA SOLDATI.

Oglianico Canavese. - Per dovere di gratitudine e per l'adempimento di un voto fatto alla Madonna di Don Bosco, porto a conoscenza dei divoti di Maria SS. la seguente segnalata grazia. La buona mia mamma Eleonora, da ben tre anni affetta da un interno cancro all'osso di un piede, era tormentata da tali acuti dolori che le impedivano qualsiasi movimento. Eransi consultati parecchi medici, ma inutilmente perchè essi, dopo aver esperimentato ogni cura, dissero il male essere incurabile. La povera mamma sfiduciata aveva deposta ogni speranza di guarigione. Come ultimo tentativo si decise di farla curare nellOspedale del Cottolengo in Torino, dove entrò alla fine di settembre del 1899. Il triste cancro fu riconosciuto concordemente da tutti i medici, che proposero la immediata amputazione del piede. Si temeva però che la paziente, debolissima di forze e per l'età piuttosto avanzata, potesse felicemente sopportare l'operazione. Fu allora che mia madre, fiduciosa nella protezione di Maria Ausiliatrice, ne implorò il coraggio e l'assistenza, facendo voto di rendere pubblica la grazia per mezzo del Bollettino Salesiano, se l'operazione chirurgica avesse avuto un esito felice. La Vergine Ausiliatrice mirò la fede viva della sua divota e l'esaudì ; chè non solo riuscì ottima e facilissima l'amputazione del piede, ma guarì in modo tale da potersi ora muovere e camminare senza grave difficoltà. Ed io godo di potere adesso sciogliere il voto della mamma, porgendo alla Madonna di Don Bosco questo pubblico tributo della nostra riconoscenza e pregandola a volerci conservare la buona madre per molti anni ancora. Viva Maria Ausiliatrice!

27 giugno 1900.

VACCHERO GIUSEPPINA di Pietro

Pallanza. - Maria Ausiliatrice veglia sempre sulla mia famiglia. Ammalatosi nuovamente il mio figlio di tifo intestinale presso i miei genitori a Novara dovetti d'urgenza inviare colà mia moglie per assisterlo. Anche in quel momento mia moglie si trovava assai ammalata, eppure la Madonna sempre le diede forza d'assistere e prestare le cure al piccolo ammalato. Per più di otto giorni ed altrettante notti, confidando sempre in Maria Ausiliatrice, vegliò continuamente l'ammalato, prestandogli, sebbene si trovasse lei pure molto aggravata, tutte quelle cure che erano necessarie al caro figlio. Il caso per quest'ultimo era disperato, ma le preghiere innalzate alla B. V. Madre dei cristiani furono ascoltate, perchè questi con stupore di tutti in 15 giorni entrò in convalescenza. Non è a dire la nostra contentezza ed anche del medico curante, tanto più che mia moglie invece di peggiorare, come essa credeva per le fatiche sopportate, nel reale che da più anni la affligge con sua meraviglia va ogni giorno migliorando e spera ben presto, coll'assistenza di Maria Ausiliatrice, di esser intieramente guarita. Perciò abbiamo destinato d'offrire alla portentosa madre L. 5, riservandoci di fare al più presto altra offerta per e Opere Salesiane.

5 settembre 1900.

SIGNORELLI EMILIO.

Pozzo di Codroipo (Udine). - Verso la fine dello scorso aprile mia moglie fu assalita da un fortissimo dolor di testa,seguito da profonda anemia e mal di cuore. Il medico esperto e intelligentissimo prestò subito l'opera sua con tutto impegno ; ma il male cresceva sempre più e già si disperava di salvarla. La sera del 26 maggio si confessò e ricevette tutti i SS. Sacramenti perchè si temeva che non arrivasse più al mattino. In tale frangente ricorsi fiducioso alla SS. Vergine Maria Ausiliatrice ; mi gettai ai suoi piedi ed implorando pietà e misericordia incominciai una novena promettendo di recitate un Rosario intiero per 9 giorni coutinui, di inviare al suo Santuario di Torino l'offerta inclusa e di far pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano. Cosa mirabile!... Appena ebbi terminato il primo Rosario della novena trovai la povera inferma alquanto piú calma, non fu più assalita dagli affanni, il suo cuore si calmò e in breve tempo riacquistò la primiera salute.

Mentre ringrazio di tutto cuore Maria SS. di si bella grazia, la supplico a concedermene un'altra assai più grande, cioè che mi faccia crescere sempre piú nella divozione perseverante verso di Lei, Madre amorosa e faccio voti ardentissimi che da tutte le creature sia lodata, esaltata e benedetta !

8 novembre 1900.

PICCINI LUIGI

San Damiano d'Asti. - Fin dall'ottobre 1899 mio padre fu preso da un malessere interno che non sapeva spiegare come nè donde provenisse. Dopo quattro mesi di letto, il dottore curante disperava della sua guarigione, anzi, essendo ridotto in istato da far pietà, gli dava più poche ore di vita e noi gli facemmo amministrare gli ultimi Sacramenti di Santa Chiesa. Senza l'intervento di Maria SS. non eravi più speranza alcuna di salvamento. Allora io presi una medaglia della Madonna e gliela posi al collo incominciando subito una novena a suo onore, con la promessa di far celebrare una Messa e di inviare un offerta al suo Santuario se avessi ottenuta la guarigione del mio caro padre. Non appena ebbi formulato questo desiderio e questa promessa il padre entrò tosto in via di miglioramento e dopo quindici giorni alzatosi da letto, nonostante la lunga convalescenza, si ristabilì completamente. Ed io rendo vivissimo grazie a Maria SS. Ausiliatrice di sì segnalata grazia ed adempio le mie promesse.

4 dicembre 1900.

SACCO FEDERICA.

Trezzo Tinella (Alba). - Oh! buona Maria, io sono sempre più convinta che chi confida in voi non resta certamente deluso! Madre di numerosa famiglia, ero appena uscita dal letto per una leggera malattia e già aveva stabilito di recarmi all'indomani alla Chiesa per ringraziare il Signore quando fui assalita da una febbre ardente che mi portò al delirio. Il mio marito tutto allarmato e tremante manda subito per il medico, il quale dopo una coscienziosa visita dichiara trattarsi di una pericolosa polmonite. Capii che la mia malattia poteva essere mortale e quindi cercai subito di munirmi dei conforti di nostra santa religione. Il mio consorte però volle che mi sottoponessi ad un consulto di distinti e valenti medici, ma tutti diedero ben poca speranza di guarigione tanto più che il male si era complicato. Allora perduta ogni speranza nell'arte medica, mi sentii come inspirata a ricorrere a Maria SS. Ausiliatrice. La pregai col cuore, perchè non poteva più colla bocca, mi raccomandai alle preghiere di diversi sacerdoti e mi accinsi a fare una novena alla Madonna di Don Bosco promettendo di offrirle un piccolo obolo e di far registrare sul Bollettino la grazia appena fossi guarita. Aveva appena incominciata la novena che mi trovai più contenta e sollevata. E questo mio sollievo crebbe sempre più fino alla guarigione; e sebbene, per residuo di questa mia tremenda malattia, io mi senta ancora molto debole nelle gambe, tuttavia non posso trattenermi dal ringraziare fin d'ora di cuore Maria SS. Ausiliatrice per tanta grazia ricevuta, che non dimenticherò mai più. Intanto voglio soddisfare ad una parte della mia promessa inviando al suo santuario lire dieci ed appena guarita perfettamente mi recherò a Torino a compiere del tutto quanto ho promesso.

23 settembre 1900.

PROSPERINA BOFFA-CULASSO.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al suo Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti

A*) - Acireale (Catania): Rigano Maugeri Ignazia, Lire 10 per la guarigione di sua madre. - Ales: Mancias Giovanni, 5 per grazia. - Ancona : Sugallina Giuseppe, 1 per grazia. - Arzignano (Vicenza): Saitta Maria.

B) - Bagolino: Fusi Pietro, 15 per le Opere Salesiano con Messa in ringraziamento dei molti favori ottenuti l'anno scorso. - Bellinzago: N. N., 10 per grazia. - Bernezzo: Milanesio Margherita, 1,20 per grazia. - Borgomanero : Valsesia Angola, ringrazia per la guarigione del figlio Angelo: Sorelle Ricca, 5 per essere stato ad intercessione di Maria preservato dalla grandine. - Borgomasino : Carlino G. 1/., 20 con Messa di ringraziamento per guarigione da malattia pericolosissima. - Bormio: N. N., 5 per grazia. - Bresasco: Ferrero T. B., 5 per due Messe in adempimento di promessa fatta.

C) - Calascibetta (Caltanisetta): Tita Corvaja Elisa, 10 adempiendo al voto fatto per due grazie.-7 Caltanisetta: Salvatore Federico, 10 per Messa in ringrazia, mento della guarigione della madre. - Carignano. Bellino Teresa, 10 per grazia. - Casale Monferrato: F errini Santina, 6 per aver preservata la sua famiglia da ogni disgrazia durante l'anno scorso. - Castelbolognese: Rizzolo Pietro, 10 per altra persona che ricevette segnalatissima grazia. - Castelnuovo Calcea: Ferrero Battista, 5 per grazia. - Castelrocchero: Aufossi Luigia, 15 secondo promessa fatta dalla propria madre. - Castorano (Ascoli P.) : Grilli Elisabetta, fa offerta per segnalatissima grazia ottenuta da un giovane. - Ceglie Messapico : Suor Concetta Argentiere Benedettina, 10 per grazia. - Challant Si Aneelnae: N. N., 25 per due Messe in rendimento di grazie. - Como : Nicolai A. 5. - Conca di Rame : Regazzon Domenico, 5 per Messa di ringraziamento. - Conzano

(*) L'ordine alfabetico qui segnato è quello delle città e dei paesi, cui appartengono i graziati da Maria Ausiliatrice.

R. M. A., manda offerta per grazie ottenute in disperate malattie. - Costermano: Baretta Serafina, 10 per grazia. - Costigliole Saluzzo: Milione Luisa, 10 con Messa per la guarigione di un occhio. - Cremona: D. C. ringrazia la Madonna per favori.

D) - Domodossola : Paletti Prudenza, rende publiche grazie per la guarigione di N. N. dichiarato spedito dai medici.

F) - Firenzuola: Bittini Ersilio, 5 a nome di Pannini Lorenzo che ottenne segnalata grazia. - Fonte: Conte-Garbini Antonietta, 7 per essere stata la sua campagna preservata dalla grandine. - Fonzaso : Lusin Maria, 10 per grazia.

G) - Gattone: Marchetti Maria, 4 per grazie ricevute da so e dalla sorella con Messa. - Gari : Fossati Maria; 5 per guarigione da pericolosa polmonite. - Genoni: Tela G. B., 110 con Messa per specialissima grazia. - Genova: R. V., 10 per grazia: Grasso Matilde. - Ghislarengo: Marchino Maria. - Giais d'Aviano : Nonio D. Vincenzo, 10 per grazia. - Gorizia: Suor N. N., rende pubbliche grazie per una importantissima grazia ottenuta a favore del fratello di una sua consorella che versava in grave pericolo e chiede nel medesimo tempo altre grazie per se. - Gorzegno Franchello Liberina, 2 per grazia.

I) - Isili (Cagliari): Moi Giov. Antonio, 2 per Messa di ringraziamento. - Isolaccia: Martinella Giovanni, 5 per grazia.

L) - Lanusei (Sardegna): N. N., 5 per grazia. - Lecce: Rigamasti Gaetano, 10 per grazia. - Limone Piemonte: Pepino D. G. B. Prevosto, 10 per importantissima ed insperata grazia. - Lodi : Fadini D. Luigi, 5 a nome di pia persona per grazia: Zanaboni-Marchi Giuseppina, 2 per Messa di grazie. - Loreto Apra tino : Michelangeli Amelia, 2,50 a nome di pia persona graziata.

L)- Maliano d'Alba: Maruceo Eugenio, 50 p. G. R. - Messina: Avv. Onofrio Basile, 17 annuale tributo a Maria A. in ringraziamento di benefici ricevuti.Milano : N. N., 5 per grazia ottenuta. - Misericordia (Trapani) Agnano Salvatore, 3.40 offerta all'Ausiliatrice per grazie ottenute. - Modica: Civello Pietro, 10 per grazie ricevute. - Moncrivello : Pissinis Francesco, 2 per per aver ottenuto la guarigione ad una gamba da acuto dolore straziata. Montalbo: Pietrana Celestina ringrazia per segnalato favore ottenuto. - Montaldeo- Repetti Elisa, 10 per Messa all'altare dell'Ausiliatrice per grazia ricevuta. - Montefano: Volponi Edvige, 2 a compimento di promessa fatta. - Montegrosso : Santero Silvestro, 3 per la guarigione di un suo figlio appena votato alla Madonna di D. Bosco. - Montenero Sabino : Bonacasata D. Luigi, 10 per Messa di ringraziamento. - Morsiano (Emilia): Pigozzi D. Giovanni, 2,50 per aver ottenuta una grazia da tanto tempo desiderata.

N) - Napoli : Laballe Matilde, 5 per grazia. - Nave. Pea D. Marco, 29 a scioglimento di voto fatto dalla popolazione per essere stata preservata dalla grandine. - Negrar: Coniugi Berzacola Fedrigo, 2 per l'ottenuta guarigione della figlia affetta da fierissimo grupp.

O) - Olivastri: Gandolfo G. Battista: - Olona: Colombo Adamo, 6 per ottenuta guarigione di un dito di cui era decisa l'amputazione.- Ormea: Campagno Secondino, 1 per Messa di grazie.

P) - Peccioli (Pisa) : Rossi Giovannina, 3 per Messa in ringraziamento di prodigiosa guarigione-Piazza Armerina: Gangitano Rosalia, 6 con Messa per grazia. - Pieve di Cusignano : Pizzoni Agostino, 4 con Messa per grazia. Polonghera : Chiattone Bernocco Maria, 4 a favore delle opere di D. Bosco per grazia ricevuta. - Primiero (Tirolo): N. N., 5 per grazia.

R) - Rezato: Bonini Emilia, 5 per aver miracolosamente salvato il figlio maggiore da gravi pericoli. - Rieti: Piccinetti Marianna, 10 per segno di gratitudine per ima grande grazia.- Rio Gallegos (Patagonia Meridionale): Durando D. Vittorio, riferisce che una persona molto traviata ottenne il completo ravvedimento dopo una novena a Maria Ausiliatrice fatta secondo il metodo insegnato da D. Bosco. - Roma: Ubertini Emma, 2 per Messa diringraziamento.Roncà (Verona) : N. N., 5 per grazia. - Rossano Veneto : Toniolo Giuseppe, 2 conforme a voto fatto per ottenuta speciale grazia.

S) - Saliceto: Sattanino Ottavia, 10 per grazia.S. Agata Militello: Cardinale Vincenza, 7 per grazia. - S. Antonino di Susa: Quaglio Severino manda offerta per grazia. - S. Fedele d'Albenga : Rolondo D. Emilio, 5 per Messa in ringraziamento.-S. Francisco di California: Cafferata Maria, 10 per averle la Vergine ricondotto in famiglia sano e salvo il figlio dopo allarmante malattia ed un pericolosissimo viaggio. - S. Lorenzo al Mare. - Orengo D. Domenico, 5 per grazia. - Sassello: N. N., 1 per grazia. - Savigno E. B. 0,50 per le Missioni avendo ottenuta una grazia strepitosa. - Savona : Camerano Giuseppe ottenne una specialissima grazia. - Semogo: Rossi Maria, per Messa di ringraziamento. - Scano Montiferro: N. N. 2 per Messa di ringraziamento. - Siracusa : Aloschi Sebastiano, 1,20 con Messa di ringraziamento per essere la madre sua stata liberata da grave pericolo di morte. - Soave : Busello-Beteli Carolina, 10 per ottenuta guarigione di sua figlia.

T) - Terranova Sicilia: Gioffrò Guglielmina, 5 per grazia. - Torino: A. M. C. fa offerta in rendimento di grazie ; Berardi Antonietta Maria, rende pubbliche grazie per la guarigione del padre da pericolosissima polmonite. - Torricella (Canton Ticino: Bernasconi Giuseppe, manda offerta per grazia. - Trento : Alma depone a piè di Maria voti di ringraziamento per essere stata nominata maestra definitiva: Sac. A. Sordo, 20 per Boso Marco di Castel Tesino che ottenne desideratissima grazia. - Treviso: Buffolo Andrea, 2 in ringraziamento dei benefici ricevuti nell' Anno Santo. - Trino : Vercellese Fratelli Vercellese, mandano offerta per grazia.

V) - Valgrana: N. N., ringrazia di tutto cuore Maria SS. Ausiliatrice, perchè avendola invocata in un gravissimo pericolo, subito si vide esaudito con ottenere dal suo potente braccio una segnalatissima grazia. Parimenti si raccomanda ancora alle preghiere di tutti per ottenere da Maria un'altra grazia specialissima di cui tanto abbisogna. - Valtournanche (Torino) : Vallet Giuseppe, 1 per Messa in rendimento di grazie. - Venezia: Donadelli Laura, 10 in adempimento di promessa. - Verona: Bresciani Carlo, 5 per grazia. - Vicenza: Zardo Maria, 3 per Messa di ringraziamento. - Villalvernia: Sterpi-Corana Maddalena. - Vinzaglio : Gallo Antonio, 2 por Messa di ringraziamento. - Vobbia: Assati D. Costantino, 5,90 con Messa in ringraziamento della guarigione da pericolosa infermità.

U) - Udine: Pari Cav. Rodolfo, 10 con Messa in ringraziamento d'aver salvata la sua famiglia da grande sventura e per la sollecita guarigione della moglie che s'era fratturato un braccio.

X - Angela Zontea, liberata dal mal caduco. - N. N., 15 per guarigione da grave malattia e preservazione dalla grandine. - M. C., 3 per liberazione da grave disgrazia.-Zanotti Sebastiano fu Giacomo, 5 con Messa in rendimento di grazie per segnalato favore. - Colferai Felice, 6 per grazie. - C. Gioberti, 6 per tre Messe in rendimento di grazie. - Grasso Matilde manda offerta per grazia.

Preghiamo i graziati da Maria Ausiliatrice a voler esser molto chiari nelle loro relazioni che è conveniente inviare direttamente al BOLLETTINO SALESIANO - TORINO. Si sappia poi che, per regola generale, non pubblichiamo in esteso grazie anonime, ma le accenniamo solo nell'elenco alfabetico.

NOTIZIE VARIE

Pia Associazione dell'Adorazione Quotidiana Universale a Gesù Sacramentato.

Come avviene di tutte le grandi opere cattoliche, assai modesta è l'origine dell'Adorazione Quotidiana Universale a Gesù Sacramentato. La iniziarono privatamente in Torino due ferventi e zelanti Figlie di Maria e Terziarie Francescane, ora passate all'eternità. Dopo alcuni anni di vita privata, in cui si raggiunsero circa due mila ascritti, la pia pratica fu resa pubblica nell'agosto del 1890 a mezzo di stampa periodica, alla quale tennero dietro opuscoli e foglietti e le calde raccomandazioni dei sacri oratori, incontrando ben tosto la generale simpatia.

Fin dal primo annunzio i Vescovi e gli Arcivescovi fecero buon viso alla nascente istituzione e le furono larghi di encomi e di incoraggiamenti, chiamandola « opera stupenda, benefica, salutare, nobile, divina, santissima - ispirata dalla Divina Provvidenza - mezzo potente pel desiderato risveglio nella fede e nella pietà cristiana - molto efficace al rinnovamento religioso e morale del mondo ». E recentemente l'Episcopato Subalpino, in una lettera Pastorale collettiva, portante la data del 6 Gennaio 1900, dopo d'aver fatto i più larghi encomi all'Adorazione Quotidiana Universale, così esclama : Nell'Adorazione di Gesù in Sacramento sta la medicina capace di curare tutte le piaghe dell'inferma società, e di ridare la salute alle anime anche più approfondite nel male. Nella Pastorale sull'Omaggio al Divin Redentore Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Arcivescovo di Torino l'appella : Opera esimia di riparazione e di amore e soggiunge che non può un'anima innamorata di Gesù mostrarsi indifferente verso questa pratica di somma facilità.

Alle approvazioni dell'Episcopato si aggiunsero quelle del Sommo Pontefice Leone XIII, il quale non pago di avere ripetutamente benedetta così fruttuosa Associazione ed arricchitala di preziose Indulgenze, con venerato Breve del 21 Agosto 1894 la elevò al grado di Arciconfraternita colla Sede Primaria in Torino e con facoltà di fare aggregazioni e di estendere i proprii favori spirituali per tutta l'Italia.

Anche i Congressi Cattolici ed Eucaristici fecero calde raccomandazioni per l'incremento e la diffusione del provvidenziale Sodalizio, che fu in varie circostanze definito : La più semplice e la più facile delle opere cattoliche. - L'aroma ed il mistico sale che deve condire ogni opera buona. - Il lievito soprannaturale che feconda di ubertosi frutti di vita eterna le fatiche dei cristiani. - L'anello di congiunzione fra i Sodalizi cattolici e ne forma il più solido fondamento. - Il germe, il semenzaio, l'abicì, l'asilo, la scuola elementare delle maggiori opere Eucaristiche onde si abbella la cattolica Chiesa.

Molte altre definizioni furono date ; non devono però essere omesse le seguenti : È un mezzo efcacissimo per popolarizzare, ed universalizzare sempre più il culto del SS. Sacramento. Nel campo Eucaristico è la pratica di pietà più popolare, come lo è il S. Rosario nella divozione alla Madonna.

In sostanza , mentre i settari empiamente gridano ai popoli : disertate le Chiese, l'Adorazione Quotidiana Universale esclama alle genti :frequentale le Chiese e fate giornaliero omaggio di sudditanza e di amore all'Immortale Re dei secoli, che ha posta la sua regale dimora in questa valle di pianto formando le sue delizie nello starsene in mezzo agli uomini.

Ora che il nuovo Statuto Organico agevola grandemente l' impianto dell'Adorazione Quotidiana Universale nelle località, che ancora ne sono prive, noi facciamo caldi voti perchè al più presto la pia pratica diventi generale ed abituale fra tutti i cattolici e si estenda a tutte le Parrocchie e Chiese succursali d'Italia, anche come perenne Ricordo dell'Anno Santo e dell'Omaggio al Divin Redentore. Chi può negare il suo appoggio, la sua adesione ad un'Opera così semplice, così facile ed a un tempo così nobile, così fruttuosa, così santa?

Noi la raccomandiamo vivamente ai nostri Cooperatori e Cooperatrici tanto più che la diffusione della divozione a Gesù Sacramentato fa, possiamo dire, parte essenziale del nostro Regolamento. Ci sia perciò permesso supplicare in modo specialissimo i RR. Parroci e Rettori di Chiese a voler introdurre in mezzo alle anime affidate alle loro cure questa salutarissima Associazione. Proibendoci l'abbondanza delle notizie di riferire lo Statuto Organico dell'Associazione, avvertiamo che chi desidera averlo non ha che a farne domanda al CONSIGLIO CENTRALE, Chiesa Parrocchiale di S. Tommaso Apostolo (Convento dei Minori), TORINO.

Istituto della Consolata per le Missioni estere.

L'apostolato tra gl'infedeli ! Quale vastissimo campo di meriti e quale possente attrattiva per i giovani alunni della sacerdotale milizia favoriti da questa sublime vocazione ! Nobilissima idea, che però ben sovente non viene poi effettuata dai nostri zelanti sacerdoti per la difficoltà d'abbracciare lo stato religioso, e specialmente di aggregarsi ad Istituti estranei alle nostre regioni. Per questi riflessi il Rev.mo Can. Allamano, Rettore della Consolata, che da 25 anni attende all'educazione del Clero dell'Archidiocesi Torinese, pensò di provvedere a rimuovere il più grave ostacolo per tante generose vocazioni col fondare un Istituto regionale piemontese, e fin dal 1891 ne presentò il Regolamento al Cardinale Simeoni di v. m., Prefetto di Propaganda, che l'accolse colle più lusinghiere espressioni di encomio e con vive sollecitazioni perchè vi si desse pronta attuazione.

Il numero relativamente scarso in allora di sacerdoti per le Archidiocesi di Torino e di Vercelli consigliò come prudente il differire l'esecuzione del concepito divisamento a tempi migliori. Ora poi che la milizia ecclesiastica si è fatta più numerosa tra noi, e che i piccoli e grandi seminari si vanno popolando di alunni ripieni di spirito ecclesiastico e di santo ardore per la salvezza delle anime, ogni motivo d'indugio sembrava cessato; ed ecco perchè, presentato lo schema del progetto al Consiglio Episcopale dallo stesso Em. Cardinale nostro Arcivescovo coll'onore dell'alta sua approvazione, venne sancito dal loro unanime plauso.

La nuova Opera, canonicamente eretta, rivolgerà primieramente il benefico influsso della sua azione all'Africa, nel paese dei popoli Galla, e ciò dietro accordi presi colla S. Congregazione di Propaganda Fide e col Rev.mo Vicario Apostolico di quella regione, Mons. Andrea Jarosseau.

Come pegno di felice successo all'Opera testè inaugurata, riproduciamo il prezioso rescritto del venerato nostro Cardinale Arcivescovo : « Benediciamo con tutta l'effusione dell'animo al nuovo Istituto, che, prendendo il nome dalla Consolata, ha per iscopo di consolare il Cuore stesso dell'Amabilissimo Nostro Signor Gesù Cristo col far paghi i desiderii del suo amore.

» A cotesti figli novelli di Maria Consolatrice auguriamo collo spirito di zelo e di sacrifizio i doni più eletti dell'apostolato cattolico ; e affrettiamo coi voti più ardenti la conversione di quegli infelici, che nelle terre lontane ancor giaciono fra le tenebre e le ombre di morte.

» E mentre sull'Opera novella imploriamo i favori del Cielo, raccomandiamo la stessa a tutti i nostri fratelli e figliuoli, e specialmente alle anime devote della cara Nostra Madre delle Consolazioni. »

Noi ben di cuore imploriamo su quest'Opera altissima e degna del gran cuore del Can. Allamano la specialissima protezione dell'Ausiliatrice del popolo cristiano; e mandiamo al pio Fondatore ed ai membri tutti del nuovo Istituto il nostro plauso e la nostra sincera ammirazione, unitamente al voto che il detto Istituto abbia in breve a raggiungere le mirabili proporzioni assegnategli nel gran libro della Provvidenza.

Benedizione delle campane del nuovo Santuario di N. S. della Neve a Spezia.

L'Italia Reale Corriere Nazionale in un suo numero dello scorso gennaio scrive: « Il 26 dicembre, alle ore 14, aveva luogo a Spezia nell'Istituto di S. Paolo la benedizione delle cinque campane destinate al nuovo Santuario di Nostra Signora della Neve. L'ampio cortile dell'Istituto Salesiano era tutto addobbato a festa con trofei e bandiere. In apposito recinto campeggiavano le campane. In un palco speciale sedeva S. E. Monsignor Carli, Vescovo di Sarzana, che compieva la funzione e a lui facevano corona numerosi invitati fra cui l'egregio Conte D'Orsara, architetto del nuovo tempio, l'Avv. Podestà, in rappresentanza del Sottoprefetto, i padrini e le madrine delle nuove campane ed i corrispondenti di vari giornali. Un pubblico numerosissimo assisteva alla funzione: notammo pure la Società Operaia Cattolica ed il Circolo giovanile di S. Luigi colle rispettive bandiere. Sua Eccellenza vestito degli abiti pontificali e circondato da numeroso clero, lavò, segnò coi sacri olii, benedisse le campane e finalmente con un piccolo martello le percosse , mentre la

Scuola Cantorum dell'Istituto eseguiva egregiamente il mottetto: Vox Domini del Maestro Cavaliere Giuseppe Dogliani. Il colpo di martello su ogni campana fu pure dato dai padrini e madrine. Dopo di che con brevi parole e colla benedizione impartita dal Vescovo la funzione si chiuse. Furono padrini e madrine l'Onor. deputato Magnaghi Ammiraglio colla sua signora, il colonnello Merani colla Marchesa Moroni, il conte Merani, il conte d'Orsara colla Marchesa Maria De Nobili, il Cav. Boracchia colla sua signora ed il Cav. De Rosa colla signora Scipione. Alle campane furono imposti i nomi di Maria ad Nives, Joseph Michael , Joannes, Franciscus , Paulus Aloysius.

» Le campane furono fuse nella nota e premiata fonderia, Giuseppe Mazzola di Torino, la maggiore pesa 11 quintali circa, sono concertate in mi bemolle e furono collaudate dal M.° Cav. Dogliani. Vengono suonate a mezzo di tastiera e la voce loro è sonora ed armoniosa assai.

» Terminata la funzione, il Vescovo coi padrini e madrine passò in una sala dell'Istituto ove con gentil pensiero il Direttore Don Pietro Signorelli volle loro offrire la Vita di D. Bosco del Conto d'Espiney elegantemente rilegata dagli artigiani dell'Istituto, mentre vari giovanetti presentavano al Vescovo, di cui al dimani ricorreva l'onomastico, ai padrini e madrine augurii e ringraziamenti.

» Tutto si svolse senza il minimo inconveniente, in mezzo alla più schietta gioia di tanti giovanetti raccolti nell'Istituto e colla soddisfazione generale. Dall'alto della bellissima torre le nuove campane saluteranno il. secolo che muore ed il secolo che sorge ed il loro suono festoso si diffonderà sopra la città tutta come un augurio di gioia e di pace. »

Onore al merito!

Rileviamo dal periodico musicale Santa Cecilia quanto segue: « Il M.° Giuseppe Dogliani, Direttore della Cappella musicale dei Salesiani a Maria Ausiliatrice, con R. Decreto, 8 novembre, fu, di motu proprio di S. M. il Re, insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia per speciali benemerenze.

» Questa notizia arriverà al di là dell'Oceano al M.° cav. Dogliani, essendo egli stato invitato da S. E. Monsignor Cagliero, Prefetto Apostolico di Patagonia, alle feste giubilari delle Missioni Salesiane d'America.

» Fra gli innumerevoli augurii che riceverà il novello cavaliere, non gli riesca discara la modesta nostra voce. Sappiamo di quanta modestia egli si ammanti, ma ci permetta di dirgli che mai guiderdone più giusto ricompensò vero merito. Doppia gioia ci reca tale onorificenza, in primo luogo perchè fregia il petto di un valoroso carissimo amico nostro, in secondo luogo perchè si vede che anche in alto luogo si apprezzano gli sforzi fatti pel trionfo della vera musica sacra della quale il M.° cav. Dogliani è strenuo paladino. Ad multos annos ! »

Bussola per la Chiesa di Maria Ausiliatrice in Novara.

Questa bussola, di cui riproduciamo la fotografia, è a doppia facciata in legno noce scelto verniciata a cera; misura metri 6.10 di altezza, 3 di lunghezza e 1.45 di profondità. È nello stile del 1600, con quattro basso rilievi rappresentanti la Fede, la Speranza, la Carità e la Religione ; parmelli, capitelli e lesene con ricchi intagli; mezzaluna con invetriata e ricco cornicione; vetri smerigliati artisticamente a fiori; forti ferramenti all'inglese e guarnizioni metalliche; serratura a gors e due serrature Meteora.

Questo lavoro, esposto alla Mostra Canavesana d'Ivrea lo scorso settembre e premiato con medaglia d'oro dal Giurì e con medaglia d'argento dorato dal Ministero Industria e Commercio, venne eseguito dalle scuole Falegnami, Scultori Ornato e Scultori Figura dell'Oratorio Salesiano di San Benigno Canavese.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

GIov. SCOTTI. - Elementi di Aritmetica ragionata ad uso del Ginnasio Superiore. - Torino. Tip. Salesiana. 1901. L. 1,50.

I libri di Aritmetica razionale scritti in modo facile, piano, veramente alla portata dei lettori cui sono destinati, costituiscono nella nostra letteratura scientifica piuttosto l'eccezione che la regola. È quindi con piacere che segnaliamo all'attenzione degli studiosi questa recentissima pubblicazione del prof. Giov. Scotti.

Essa, ne siamo certi, sarà per gli allievi delle nostre scuole secondarie una guida preziosa nello studio di quanto essi chiamano « il loro terrore », solo perche non avendo forse prestata la debita attenzione alle prime lezioni del professore, non hanno poi trovato nel libro di testo l'amico che a loro abbia porta la mano per aiutarli a raggiungere i compagni che fin da principio tennero dietro alle lezioni del maestro. Con questi Elementi non è più così, e dopo il fatto non esitiamo a dire che anche gli scolari meno intelligenti non troveranno più difficoltà ad apprendere, anche senza spiegazione, quanto è richiesto dai nuovi programmi di matematica. Ci siamo anzi domandato se questa così grande facilità, caratteristica delle pubblicazioni del prof. Scotti, non costituisca piuttosto un difetto. Ed invero la pratica ci insegna, che quanto più facilmente si apprendono le dimostrazioni matematiche; con altrettanta facilità poi le si dimenticano. Ma a questo risponderanno gli stessi alunni coll'esito dei loro esami. Noi per ora ci accontentiamo di augurarci che l'esempio sia seguito da numerosi imitatori altrettanto pratici quanto valenti.

(Da una recensione critica).

NB. - Questi stessi Elementi, completati dalla trattazione dell'estrazione della radice quadrata e cubica, delle proporzioni, della regola del tre semplice e composta... vengono ora pubblicati anche ad uso delle altre Scuole Secondarie (Liceali e Normali). Rivolgersi alle librerie Salesiane L. 1,80.

Dello stesso autore sono pure in corso di stampa gli Elementi di Geometria ad uso della IV' e Va Ginnasiale, secondo gli ultimi programmi.

U. MIONI. - Il Genio del re di Birma. Racconto. - Prezzo 1,00.-Tip. Salesiana. 1901. Torino.

Curiosissima è la tela del racconto: la morte del Signor Elefante bianco con tutte le tristi conseguenze che porta seco. In complesso dalla lettura si trae divertimento; la mente si arricchisce di curiose ed utili cognizioni ; mentre il cuore si riempie di sane massime di una morale fortemente cristiana e cattolica. La fantasia del Miomi opera miracoli nel darci esatta, viva descrizione oii quei paesi, dei costumi e delle religioni. Commoventi gli episodi che, quali gioielli, risplendono qua e là nell'avvicendarsi dei fatti e degli eventi. Quella nota eminentemente personale che infiora tutto il racconto, quella dicitura vibrata e sentita appagano l'orgoglio dei giovani lettori , divenuti entusiasti alla lettura delle vicende avventurose che loro con somma grazia ed arte ammannisce il Mioni. Ben delineati i caratteri del vongy Mengvè-Mengyi, del vongy Pagan; riuscitissima la scena comica dell'ubbriacamento del carceriere e del bettoliere, tragica la ricerca dell'Elefante bianco, ben descritte le lotte e le amicizie con Merlan e Conghi, splendida poi la vendita dell'Elefante bianco alla pubblica asta coi curiosi episodi di Pagan e lord Daffley, e terminante con la morte del traditore, e la riabilitazione del vecchio e fedele vongy Mengvì, Mengyi. Concludendo, questo racconto è un gioiello di più nella collana delle Letture Amene ed Educative, edito dalla benemerita Libreria di S. Giovanni Evangelista in Torino.

La Figlia di Maria.- Periodico illustrato per le giovinette. Organo della Pia Unione Primaria eretta sulla tomba dl S. Agnese e delle altre aggregate alla medesima.

Questo periodico, la cui pubblicazione data dal 1 gennaio 1868, ha per suo scopo l'educazione intellettuale e morale delle giovinette e specialmente delle Figlie di Maria. Scrittori e scrittrici valenti l'onorano della loro collaborazione. Gli articoli sono tutti originali.

Esce due volte al mese e contiene articoli di religione, di storia e di altre cognizioni utilissime, racconti, bozzetti letterarii, notizie, necrologie delle Figlie di Maria e relazioni delle loro solennità.

In ogni numero offre una ricreazione a premio, e bandisce ogni trimestre un concorso letterario al quale possono prender parte tutte le Figlie di Maria.

L'abbonamento annuo costa 3 lire per l'Italia, 5 lire per l'Estero. - A tutti gli abbonati offre in dono una copia della strenna illustrata La Viola del pensiero che si pubblica per cura del periodico stesso. - L'indirizzo : all'ufficio del Periodico « La Figlia di Maria » Piazza S. Pietro in Vincoli. - Roma.

Sac. CARLO M. BARATTA. - Credo - Spero - Amo. - Pensieri ed affetti. - Tip. Fiaccadori. Parma.

È un libro di devozione tutto sgorgato da un cuore nutrito a profonda pietà.

È dedicato ai giovani della scuola di Religione, ai quali così parla l'Autore nella prefazione: 13o voluto in questo libretto mettervi dinnanzi sotto forma di preghiera quasi un compendio delle verità della dottrina cristiana, che formarono l'argomento della nostra scuola negli undici anni passati. Mi è sempre parso che il richiamare questo verità nella vita dell'orazione dovesse giovare a confermarle in voi ed a farle passare dalla mente al cuore vostro.

Il nobile fine proposto ci è arra sicura che questo simpatico lavoro apporterà realmente un grande profitto, non solo fra gli studenti, ma anche in mezzo ad ogni ceto di persone che troveranno in esso un soave conforto ne' loro dubbi, e nelle amarezze dell'animo un dolce sfogo in Dio. Aggiungiamo ancora che è il miglior regalo che i Direttori di Collegi o Seminari possono fare ai loro allievi, ed il più grato ricordo che possono loro lasciare.

In brossura L. 0.75 - Legato in tela L. 1,00 - Id. fogli oro L 1,20.

In pelle montone fogli oro L. 2,00 - Id. di lusso imbottito L. 3,00.