BS 1900s|1901|Bollettino Salesiano Novembre 1901

Anno . V.   Novembre 1901   N. 11

BOLLETTINO SALESIANO

SOMMARIO - L'obolo della carità in suffragio dei nostri morti - Mons. Luigi Franzoni e D. Bosco . . 301 La 1a Esposizione delle nostre scuole professionali . . . 303 Occasione favorevole . 306 Cronaca del movimento Salesiano - Italia: (Napoli, Torino, S. Giorgio Canavese, Carignano) - Svizzera - Polonia - Palestina - Argentina - Brasile - Perù-Bolivia 307 Missioni- Patagonia - Equatore    314

Il Santo Padre ed i Missionari Salesiani    321

Grazie di Maria Ausiliatrice    322

Spigolature agrarie    326

Salviamo volatili e fessipedi    327

Rivista Bibliografica    328 Cooperatori defunti . 329 Illustrazioni : Mons. Franzoni, pag. 301 - Esposizione, 304 - Collegio e monumento di Nictheroy, 308, 315, 323.. 328 - Antichi allievi di Balerna, 310 - Chiesa di S. Giacinto in Oswiecim, 312 La Pianeta delle Signore di Buenos Aires, 318, 319 - Inaugurazione dell'Osservatorio di Arequipa, 327.

L'OBOLO DELLA CARITA' IN SUFFRAGIO DEI NOSTRI MORTI

QUESTO mese ci porta la mesta solennità dei nostri cari trapassati.

Con ragione la Chiesa assegnò novembre alla ricordanza dei fedeli defunti, perchè l'anno che volge al tramonto, la triste spogliazione della natura.. il cielo nebbioso e plumbeo ci avvertono che tutto muore quaggiù. Giustamente la Chiesa pose pure la commemorazione dei morti il giorno dopo la solennità di tutti i Santi, per ricordarci che noi coi felici abitatori del cielo e con le anime penanti del Purgatorio formiamo una sola Chiesa che ha per capo Cristo Gesù, il re dei re, il giudice dei vivi e dei morti.

Ma non basta in questo mese di solenne mestizia ricordarci dei nostri defunti, non basta spargere fiori su quelle tombe, accendere ceri , visitare il campo santo. Di ben altro hanno bisogno quelle anime penanti, che aspettano la loro glorificazione. Esse hanno bisogno delle nostre preghiere, delle nostre limosine, delle nostre buone opere. Che giova una corona di fiori sopra una tomba se chí ve la pone non aggiunge una preghiera, una carità a un poverello ? Quei fiori presto appassiranno, ma non muore la preghiera, non muore l' opera buona fatta per ispirito di pietà. Nella vita di S. Paola si legge, come le religiose del suo convento solevano terminare la giornata recitando i vespri dei morti in suffragio delle anime purganti. Una sera però , trovandosi molto affaticate, pensarono non sarebbe colpa se l'avessero omessa, non essendo di obbligo, e così fecero. Dormivano già tutte, e sola vegliava Paola, quand'ecco risuonare un sommesso salmeggiare. Lo crede delle consorelle ed accorse per unirsi loro in comune preghiera. Ma no : tanti angeli ne avevano preso il posto e recitavano i vespri dei morti. Ciò permise Iddio per insegnarci quanta cura dobbiamo avere nel suffragare le povere anime purganti, le quali da se non possono nulla, e per le quali non è propizia la divina misericordia, legata com'è dalla divina giustizia, e per le quali possono bene le nostre buone opere meritorie nei meriti di Gesù Cristo.

Mettiamo perciò massimo impegno, sopratutto in questo mese, nel suffragare le desolate abitatrici del tenebroso carcere del Purgatorio, colle preghiere, coll'accostarci ai Sacramenti, con Messe, con opere di misericordia. Fra le opere di misericordia ricordiamo un' elemosina per i poveri orfanelli raccolti nelle case salesiane ; specie nell'Oratorio di Valdocco, che versa in gravissime strettezze finanziarie (1). La raccomandiamo caldamente ai nostri lettori.

Il venerato nostro Superiore di questi giorni, spinto dalle lamentevoli voci di tanti infelici ed affamati lebbrosi di Colombia ; -dal numero sempre crescente dei poveri selvaggi che in Patagonia, nel Matto Grosso e nelle foreste dell'Equatore sono educati e mantenuti dai nostri Confratelli, i Missionari Sasiani , - fa , con apposita circolare , appello a tutti i nostri Cooperatori sparsi per il mondo perchè vogliano venirgli in aiuto con generose offerte, interessando eziandio in questa nobile gara di carità tutte le persone di loro conoscenza. Pare che il Signore, nelle cui mani stanno le sorti nostre, abbia stabilito l'ora presente per segnare nella storia della carità un novello trionfo della generosità dei nostri Cooperatori. E quest'universale trionfo di carità si compia da tutti rispondendo ampiamente , durante questo mese, all'appello del Successore di D. Bosco in suffragio delle anime dei cari defunti.

L'unione fa la forza ; e la forza derivante dall'immensa falange dei nostri Cooperatori, sarà tale da poter provvedere alla salvezza materiale e morale di tanti infelici raccolti nelle nostre case. Essi saranno gli angeli, che pregheranno sempre pei defunti cari ai loro benefattori. Sarà una preghiera fervorosa la loro, perchè frutto della gratitudine, meritoria perchè di labbro innocente, quale in genere è ancora la fanciullezza ; e l'elemosina loro prodigata sarà graditissima a Maria, la nostra Pietosa Ausiliatrice, che è pure l'Ausilio più saldo ed efficace delle anime del Purgatorio. Lo ricordino i nostri buoni Cooperatori e zelanti Cooperatrici e nessuno lasci passare novembre senza aver risposto in qualche modo all'appello del Successore di D. Bosco.

(1) L'Oratorio di Valdocco è la Casa Madre di di tutte le Opere di D. Bosco, dove sono raccolte oltre mille persone, ed abbisogna presentemente di pronto e valido appoggio da parte dei nostri Cooperatori.

Mons. LUIGI FRANZONI E DON BOSCO

AL primo annunzio che le spoglie venerate di questo valoroso atleta della Chiesa, sarebbero state ricondotto fra noi, e che qui avrebbero avuto cara ed onorata dimora, ci corse spontanea l'inspirazione del profeta Davide: Et exultabunt ossa humiliata! Come il Signore ha voluto onorare anche su questa terra il suo campione ! Alla gioia di tutta la vasta diocesi di Torino così gloriosamente illustrata dalla fortezza e dalla santità del suo Arcivescovo, uniamo ben volentieri il nostro tripudio, ed anche noi come forse i più beneficati prendiamo viva parte alla generale esultanza.

Nell'incomparabile libro del Sac. Giovanni Bonetti, col titolo I cinque lustri del nostro Oratorio, si racconta con molte particolarità l'affetto che quel nostro Arcivescovo portava alla gioventù ed in modo speciale a D. Bosco appena lo ebbe a conoscere. Il nostro venerato Padre più d'una volta ci raccontava come fin dalla prima occasione che ebbe di conoscerlo, gli avesse posta un' affezione paterna. Fin da quel momento il successore di S. Massimo parve scoprire nell'umile prete l'infaticabile apostolo della gioventù.

Fu l'Arcivescovo Franzoni che lo promosse agli Ordini Sacri col guadagno di un anno, e che quasi subito gli affidava i più delicati incarichi per rendere più vantaggiosa l'opera sua in quei tempi, in cui la setta cominciava sorgere contro i diritti della Santa Chiesa.

Noi lo ricordiamo con affetto quando la prima volta ci venne a visitare nell'umile chiesetta di Valdocco, quando colui che i tristi cercavano di rendere odioso al suo popolo, si metteva in mezzo a noi e si fermava tra noi, come il buon Gesù tra i fanciulli della Palestina. Il nostro cuore esulta alla memoria di quel giorno, e ricordando l'atto pietoso con cui depose la mitra, perche la strettezza del sito non gli permetteva di tenersela, pareva ci dicesse : « anche di più farei per i miei cari figliuoli! » E noi non ci stancavamo di ammirarlo. Gli correvamo d'attorno, gli baciavamo le mani, gli mordevamo l'anello, ma lui calmo, sorridente ed imperturbabile si arrendeva a tutti i desiderii delle centinaia di fanciulli che lo circondavano, e rompendo la barriera, lo premevamo e lo calpestavamo. Ed egli ci sorrideva sempre, ed a chi cercava di allontanarci, egli soggiungeva: « Lasciate, lasciate, non possono sempre vedere così davvicino il loro Arcivescovo ! » Ed era profezia. Noi sentivamo con pena, anche prima del 1850, a dire contro l'Arcivescovo, perché superbo, perchè inflessibile in certe esigenze , perché sordo ai nuovi bisogni del tempo, e nella nostra riconoscenza, cercavamo di prenderne le difese. Oh ! noi sentivamo d'amarlo fin da quel giorno.

E quando sorsero i tempi pericolosi, ed Egli ebbe a patire prima la prigionia, poi l'esiglio, D. Bosco ci raccoglieva nella povera chiesa d'allora, ci diceva quello che dovevamo fare, e poi le cose che lo stesso Arcivescovo gli aveva detto di riferirci, per non avere a prendere danno dalla tristizia dei nemici della religione.

Egli privato di tutto ed obbligato di vivere lontano dai suoi nella città di Lione, non dimenticava i poveri figli dell'Oratorio. Ed anche Don Bosco ne era sovente come un mezzo di consolazione, perchè il lontano Arcivescovo lo adoperava per certe pie imprese che pur sempre stavano a cuore all'illustre esiliato. Ricordiamo con piacere come nel 1852, quando la Francia cattolica si preparava per regalare al nostro Arcivescovo la Croce pettorale che Mons. Afre di Parigi portava quel giorno che fu ucciso sulle barricate mentre gridava: «Pace, pace, o miei figli ! » uno dei componenti quel Comitato venuto a Torino calò al nostro Oratorio. Chi poteva allora conoscere Don Bosco ed i suoi figli, se l'amato Padre non si ricordava di noi? Se non ricordiamo male, era uno degli scrittori più vigorosi del giornale l' Univers, se pure non era lo stesso Luigi Veuillot.

D. Bosco, ogni volta che si trovava negli imbrogli, soleva ricorrere a Lione, ed era certo, ci diceva, di aver sempre nell'Arcivescovo un padre ed un protettore. Quando seppe che egli cominciava a mettere su le scuole nell'interno dell'Oratorio, per potere in questa maniera meglio educare allo spirito del Signore i numerosi giovanetti che si raccoglievano alla sua disciplina, Mons. Franzoni lo secondava mirabilmente col suo consiglio ed appoggio. Anzi un giorno trovò formidabile intoppo in Curia, quando manifestò il bisogno di ritenere a casa dalla scuola di Teologia, che allora si faceva in Seminario, un chierico (1) per insegnare il latino. D. Bosco disse: « Ebbene ricorrerò all'Arcivescovo. Oh vedranno che quel santo Pastore, in vista del grave bisogno, mi permetterà questa eccezione. Non si pretende che sia esonerato dagli esami, ma solamente che possa fare il suo corso privatamente. » Allora gli si rispose: « Faccia pure, e noi gli promettiamo che non diremo nulla che gli siamo contrari! » Ed ora giubiliamo come di un avvenimento il più lieto, come di un'occasione che il Signore ci diede per mostrare la riconoscenza a quel valoroso difensore dei diritti della Chiesa, perche tra le molte epigrafi prodotte da incidersi sul marino, che ne copre le gloriose spoglie nella Chiesa di S. Giovanni, ebbe la preferenza quella (2) di quel medesimo chierico; che ricevette sì benevola preferenza dal venerato Superiore.

Un giorno a Lione venne a sapere che all'Oratorio dell'Angelo Custode, allora in Vanchiglia, era stata portata via la campanella. Allora scrisse subito a D. Bosco, che per mostrargli l'aggradimento dell'opera sua, intendeva di provvedergliene un'altra a sue spese e più grossa ancora della rubata.

Ogni volta che D. Bosco si trovava nelle strettezze, non aveva bisogno di chiedere, perchè il buon Padre preveniva i suoi desiderii e largamente lo soccorreva. Quando sentiva i primi sviluppi che prendeva l'opera del buon servo di Dio, Egli se ne compiaceva, e scrivendo a Don Bosco, l'animava sempre a correre avanti nella savia impresa. della salute della gioventù.

E questo nostro amico e benefattore ebbe molto a soffrire ! Ma ciò che maggiormente doveva affliggere quell'anima grande doveva essere la calunnia con cui i cattivi si studiavano di rubargli il cuore de' suoi divoti. Ma fu salutato meritamente novello Atanasio ; e se di quel grande difensore di nostra santa fede aveva il coraggio e la fermezza, aveva pure la mansuetudine e la carità di un S. Francesco di Sales. Mai una parola di biasimo, mai un lamento, e quando i suoi persecutori, togliendolo al carcere, gli domandarono dove intendeva di rivolgersi, egli prontamente rispose: « Mìo dovere è di andare a Torino. Se poi non posso andarvi ogni terra è di Dio ! » Questa parola che ci richiama S. Giovanni Grisostomo, ci fa ricordare come anche il Signore volle far sentire la sua voce con tre i persecutori di lui. Ci ricordava D. Bosco come il gen. La Marmora, inviato a Pianezza per dichiarargli l'arresto, alla vista della maestà dell'Arcivescovo, rimase confuso, senza sapere più che cosa dire.

Quell'anno stesso comparve a desolare nei nostri vigneti il flagello della crittogama, che per tanti anni fu la rovina delle campagne. Diremo ancora di più. Uno dei primi fascicoli delle Letture Cattoliche uscite, come si sa, nel 1853, era dedicato a chi perseguitava la Chiesa.

Con raro esempio D. Bosco si era data premura di mettere ad ogni data delle persecuzioni fatte a Mons. Franzoni il corrispettivo castigo del Signore.

Era un'eco tremenda, che fece paura ai nemici della Chiesa, e se ne mosse querela nelle Camere di Torino. Era il Signore che così mostrava la sua misericordia con la giustizia contro chi perseguitava il grande Arcivescovo di Torino.

Ed ora le sue ceneri sono qui, ed il suo lontano successore l'Eminentissimo Cardinale Agostino Richelmy aderendo ai desiderii ed ai voti di tanti ammiratori delle virtù di Mons. Franzoni, chiese ed ottenne di averle dalla ospitale città di Lione , che aveva tanto confortato nel suo esiglio l'addolorato nostro Pastore. La pietà dei Lionesi e la riconoscenza dei Torinesi si raccolse d'attorno a quel sepolcro che sarà sempre glorioso perchè ricorderà ad ogni generoso come il Signore, che ha permessa la persecuzione. volle dare al suo servo fedele con la ricompensa eterna, anche una larga rimunerazione negli onori concessi alla sua memoria nella benedizione de' suoi figli.

(1) Era il ch. Giov. Battista Francesia, ora uno dei Superiori della nostra Pia Società ed illustre letterato dei nostri tempi.

(2) L'iscrizione è la seguente:
Aloysius Fransonius Marchio. - Domo . Genua - Archiepiscopus Taurinensium - Ab . an . MDCCCXXXII usque ad . am. MDCCCLXII- Infensa . christiano . nomini . tempora . nactus - Parem . se . asperis . rebus praestans - Tura . divina fortiter . et sapienter . adseruit - Lugduni . in . Gallia . pro . religione exul
an . MDCCCL - Omnibus . virtutis.. exemplar . refulsit - Tbique . obiit . sept . cal. apr. MDCCCLXII - Desideratissimi . Parentis . exuviae - Episcopis . Pedem .
Sacerdotibus . Civibus . acclamantibus - Augustino Richelmy . Presbyt . Card . Archiepiscopo - Atque Canonicis . Ecclesiae . Metrop . adnitentibus - Lugduno . translatae . in . tempio . principe . conditae
sunt - Maxima . cleri . populique frequentia - Augustae . Taur . oct . cal , octobr . MCMI -

LA PRIMA ESPOSIZIONE DELLE NOSTRE SCUOLE PROFESSIONALI

Dal 1° al 26 settembre u. s. si teneva nel nostro Seminario delle Missioni a Valsalice, presso Torino, il primo esperimento per una esposizione generale dei lavori eseguiti nei laboratorii delle scuole salesiane d'arti e mestieri, per opera degli allievi diretti e coadiuvati dai loro capi d'arte. Considerato come un esperimento, l'esito fu così soddisfacente, che noi crediamo conveniente darne, in diversi articoli, un'estesa relazione illustrata pure dalla riproduzione dei lavori più importanti. Questo, mentre riuscirà a far conoscere ai benemeriti nostri Cooperatori la nuova iniziativa presa dai figli di D. Bosco, tornerà pure di pubblico encomio a quei nostri Istituti che, con non piccolo loro sacrifizio, risposero all'appello e, nel breve tempo concesso, inviarono i loro lavori per l'esposizione. Ecco come l'ottima Italia Reale-Corriere Nazionale annunziava ai suoi lettori la prossima mostra salesiana. « ... Noi ricordiamo ancora con vivi sensi di compiacenza la generale ammirazione suscitata nel 1884 dal fatto di vedere una grandiosa galleria dell'esposizione nazionale a Torino consacrata dal nome di D. Bosco. Da quell'anno non vi fu, si può dire, esposizione a cui i salesiani non abbiano preso parte, specialmente nell'arte libraria, riportandone sempre le più alte onorificenze; come a Roma, Londra, Mìlano, Bruxelles, Torino, ecc. Ma ora non contenti di participare semplicemente ad una esposizione, si fanno essi stessi iniziatori di una grande esposizione propria e con intenti altamente educativi.

» Ad uso della esposizione che si sta preparando in Valsalice vennero adibiti il gran salone del Museo delle Missioni Salesiane, il teatro del Seminario e i grandiosi portici fiancheggianti la tomba di D. Bosco, ridotti ad eleganti gallerie. Per ora ci piace accennare solo allo scopo ed ai criterii che informano il concetto della mostra salesiana, per far sempre meglio conoscere a quale senso di praticità s'inspira l'attività salesiana. Rileviamo questi cenni da alcuni appunti presi sul luogo e favoritici dalla gentilezza del

Presìdente del Comitato dell' esposizione. Scopo di questa esposizione si è di presentare ai Salesiani ed ai loro Cooperatori un quadro di quello, che si va facendo nei molteplici istituti dell'uno e dell'altro continente a beneficio della gioventù operaia, e trarne, coi concorso di tutti, consigli ed ammaestramenti a far meglio.

» Una giuria di persone competenti avrà per officio di studiare le varie sezioni, apprezzarne il merito, rilevarne i difetti e proporre i miglioramenti da introdursi. Accoglierà con riconoscenza le osservazioni e proposte, che le verranno fatte dalle persone amiche, e vedrà se sia il caso di convocare particolari adunanze per l'esame e la discussione delle medesime. Come vedesi, lo scopo non è il solito mutuo incensamento, od una vana ostentazione del proprio valore, ma il nobile desiderio di udire consigli ed ammaestramenti a far meglio.

» L' esposizione viene divisa in tre sezioni - Arti e Mestieri - Colonie agricole - Scuole professionali. - Un'apposito regolamento ne regola l'attuazione. È stabilito in massima generale che non debbonsi esporre se non i lavori eseguiti nei proprii laboratorii, durante l'ultimo triennio, per opera degli allievi diretti e coadiuvati dai loro Capi d'arte.

» La sezione - Arti e Mestieri - che promette di riuscire la migliore, è regolata da queste norme:

1. I lavori sieno accompagnati dal relativo disegno, per valutarne la fedele esecuzione.

2. Varietà di genere e di stile nei lavori, a fine di rappresentare l'arte nelle sue varie manifestazioni e far conoscere l'ampiezza della cultura che si dà agli allievi.

3. Ammissione dei lavori facili e degli stessi elementi di cui un lavoro si compone, purchè classificati secondo i corsi degli allievi che li hanno eseguiti.

4. Rappresentazione, per mezzo di fotografie, dei lavori già consegnati ai clienti, o di mole tale da non potersi trasportare all'esposizione; e le fotografie' dei singoli laboratori col macchinario e personale nel momento del lavoro.

5. Esposizione di qualche metodo speciale d'insegnamento, ove si avesse da qualche laboratorio ed un quadro storico e statistico di ogni laboratorio.

» I criteri con cui viene regolata la seconda sezione - Colonie agricole - dimostrano che i Salesiani tennero in gran conto i nuovi progressi agrarii e che nelle loro colonie, ad un lavoro puramente manuale si sostituì un lavoro intellettivo, quale le nuove esigenze dell'agronomia richiedono. Intorno a questo puuto, se poco forse si è ancora potuto fare praticamente, molto si è fatto nel campo delle idee. E niuno certo vorrà negare ai Salesiani il merito di avere i primi popolarizzato il sistema Solari e di averlo ovunque propagato con apposite pubblicazioni scientifiche e popolari.

» Specchio fedelissimo della serietà che portano i Salesiani nell'indirizzo agrario delle colonie sono appunto le norme per la sezione agricola, in cui devono figurare:

1. I disegni e le mappe dei terreni appartenenti alla colonia, coi loro riparti, secondo i varii generi di coltura.

2. I disegni che mettano in rilievo le parti di terreno trasformate o bonificate.

3. Le fotografie con note illustrative dai prodotti straordinarii ottenuti con particolari sistemi di cultura.

4. La fotografia degli attrezzi, macchine, bestiame, ecc.

5. I saggi delle specialità di ogni colonia. 6. I modelli di edifizi per ogni genere d'industria agricola, ecc.

» Compimento dell'esposizione e quindi dell'educazione dell'operaio salesiano, sia delindustria, che dell'agricoltura, sono le - Scuole Professionali - oggetto della terza sezione. In essa dunque figureranno i corsi complementari del corso elementare, disegno, francese, computisteria, musica, ecc., secondo le esigenze delle professioni diverse ; i particolari metodi d'insegnamento, i risultati ottenuti, i nuovi progetti, ecc.

Dai brevi cenni da noi dati si può facilmente scorgere la importanza pratica di tale esposizioue e con quale intelletto d'amore i figli di D. Bosco attendono alla educazione ed istruzione civile e religiosa dei figli del popolo.»

Il 1° settembre scorso si fece l'inaugurazione di questa nostra esposizione. Il Revm° sig. D. Michele Rua, circondato da quasi tutti i direttori delle Case Salesiane, convenuti a Valsalice pel Capitolo Generale, procedeva prima alla benedizione della mostra. Quindi il M. R. dott. D. Giuseppe Bertello, Consigliere Professionale della nostra Pia Società, leggeva un breve, ma succoso discorso, di cui siamo lieti di poter riportare qui i punti più importanti, perchè servono mirabilmente a meglio lumeggiare tutto il concetto della mostra salesiana.

« Un fenomeno ignoto ai secoli passati è quello delle esposizioni regionali, nazionali, mondiali, che ora si ripetono con istraordinaria, e da taluno riputata soverchia frequenza. Si vuol mettere in vista i prodotti della scienza e dell'industria, constatarne i progressi, farsene scala ad ulteriori avanzamenti. Con vertiginosa rapidità tutto si muta, tutto si trasforma, e nei meccanismi del lavoro, e negli ordinamenti del consorzio umano.

» Se non sono sempre veraci i vantati progressi, in quanto che molte cose vecchie si ripudiano, che dovrebbero essere conservate, molte se ne esaltano di nuove, che non meritano le nostre lodi, non può tuttavia dubitarsi che utili invenzioni si vanno facendo nelle applicazioni delle forze naturali e nelle forme stesse del vivere sociale ; in mezzo al fermento ed al brulichio di aspirazioni assurde, di progetti impossibili , di pazzi tentativi, alcuno cose buone si vanno introducendo.

» In tali condizioni di cose, qual è la via che dobbiamo tenere noi figli di D. Bosco? Non v'ha dubbio che, volendo noi lavorare proficuamente a gloria di Dio ed a bene del popolo, dobbiamo anche noi muoverci e camminare col secolo, appropriandoci quello che in esso v'ha di buono, anzi precedendolo, se ci è possibile, sulla strada dei veraci progressi, affinchè possiamo autorevolmente ed efficacemente combattere i suoi errori, dissipare le sue illusioni. Tali furono le massime, e tali gli esempi, che ci diede il nostro Fondatore, che fu perciò chiamato il santo del suo tempo, il divinizzatore del suo secolo.

» Non intendo a conferma di questo assunto dispiegarvi innanzi la vasta tela dell'azione moltiforme di D. Bosco; ma limitandomi a quello che tutti ci preoccupa in questo momento, vi richiamerò alla memoria alcuni tratti che mostrano come D. Bosco, ogni volta che si trattasse di qualche innovazione utile al popolo, ed in particolare adatta a far dei giovani artigiani, oggetto particolare della sua missione e delle sue sollecitudini, degli abili operai, degli artisti onorati, l'abbracciò e si diede ad applicarla con tutte le sue forze.

» Nel settembre del 1845, narra il nostro caro D. Lemoyne, il Governo Piemontese aveva aboliti tutti i vecchi pesi e le vecchie misure per sostituirvi in tutto il Regno nuovi pesi e nuove misure fondate sul sistema metrico decimale. L'Editto non doveva andare in vigore che col 1° gennaio del 1850, e frattanto, a fine di preparare le popolazioni a ricevere ed apprezzare questa innovazione, il Governo faceva assai per tempo distribuire per tutti i comuni quadri sinottici dei nuovi pesi e misure e pubblicare opuscoli che ne porgessero chiara e facile spiegazione.

» Ma prima ancora che il Governo desse principio a tali provvedimenti, anzi appena uscito l'Editto, D. Bosco si mise all'opera, scrivendo da buon matematico un libretto intitolato : Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità, preceduto dalle quattro prime operazioni dell'aritmetica ad uso degli artigiani e della gente di campagna.

» Un'avvertenza messa innanzi all'operetta ci fa conoscere quale fosse lo spirito e quali gl'intendimenti di D. Bosco. Eccone un saggio : « Le occorrenze dei tempi in cui viviamo mettono ogni individuo quasi in obbligo stretto di procacciarsi una sufficiente cognizione del sistema metrico decimale. Ognuno facilmente capisce in quante maniere si può andar soggetto ad errore, a frode e talvolta a non lieve danno in un pressochè totale cangiamento di pesi e misure. Desideroso io di prevenire tali inconvenienti e di giovare per quanto posso al pubblico bisogno, ho compilato il presente libretto. »

» Or sono tre anni, si celebrava con pompa straordinaria in Torino il cinquantenario della fondazione di una scuola operaia, la quale, avuta la sua modesta origine nel 1848 per opera di un capo-officina di ebanisteria, che la fondò a benetizio de' suoi operai, crebbe in seguito per il contributo del Governo e di numerosi cittadini di tutti i ceti, ed estese le sue cure a pressochè tutte le classi di operai della città.

» Si encomiarono grandemente i benefizi derivati da quella scuola e per via della stampa, di lapidi e di monumenti si cercò di eternare la memoria di tutti coloro che in qualche maniera avevano contribuito ai nascere ed al fiorire della benefica istituzione.

» Questo sta bene ; ma noi non dobbiamo dimenticare che il nostro D. Bosco, e per desiderio di giovare agli operai, e perchè presago dei tempi nuovi e dei nuovi bisogni, fin dal 1846, quando venne a stabilirsi in casa Pinardi, prese ad organizzare le scuole, per i progressi delle quali, narra il nostro caro D. Lemoyne, non era stata favorevole fino a quell'ora la vita nomade e randagia dell'Oratorio e la lunga malattia del direttore.

» Da principio, per difetto di locale, dire classi si raccoglievano in cucina e nella camera di Don Bosco ; una scuola aveva luogo in sacrestia, altra in coro, varie nella cappella. E che cosa s'insegnava in quelle scuole? Forse la religione solamente? No, ma insieme colla religione il leggere e lo scrivere, le lingue italiana, latina e francese, il disegno, l'aritmetica ed il sistema metrico decimale e più tardi anche la musica vocale e strumentale. E D. Bosco insegnava, componeva i testi, si formava con lezioni straordinarie i mae stri che lo dovevano aiutare e trovava persino un nuovo metodo d'insegnamento per agevolare il progresso de' suoi alunni.

» Non è bisogno che io dica che, quando la Provvidenza fornì al nostro Padre i mezzi di avere laboratorii ed officine proprie, suo pensiero fu di fornirle di quanto le moderne invenzioni avessero di meglio negli utensili e nei meccanismi e volle che a' suoi giovani operai non mancasse nulla di quella coltura di cui potesse giustamente vantarsi la moderna industria.

» Ed a provare che, senza tener conto della religione e del buon costume, oggetto principale delle sue sollecitudini e tesoro per lui d'inestimabil valore, i suoi figliuoli non avessero a temere il confronto degli altri operai in tutto ciò che si riferisce alla perfezione dell'arte, volle che si mettessero in pubblica mostra nell'esposizione Torinese del 1884, ed ognun sa che l'impressione del pubblico ed il giudizio stesso dei periti fu che D. Bosco da solo avesse fatto quello che e le risorse del Governo e potenti società industriali non avevano ancora effettuato. Ma a che pro diffondermi ad esporre altri fatti particolari ?

» Abbiamo fedelmente esposti gl'intendimenti del nostro buon Padre nelle deliberazioni del IV Capitolo Generale, ultimo a cui egli presiedette e che può riguardarsi come il suo testamento per ciò che riguarda l'indirizzo da dare alle nostre scuole professionali.

» Perchè gli alunni artigiani, ci si dice, § 315, conseguano nel loro tirocinio professionale quel corredo di cognizioni letterarie, artistiche e scientifiche, che loro sono necessarie, si stabilisce, ecc. e seguono i provvedimenti necessarii.

» Tra questi non sono dimenticati i programmi, gli esami, i diplomi, i maestri pratici per le scuole mattutine e serali e quanto ai maestri d'arte si ordina di provvederli abili ed onesti, anche con sacrificio pecuniario, affinchè nei nostri laboratorii si possano compiere i varii lavori con perfezione. Si poteva parlar più chiaro? E per eccitare una nobile emulazione tra i varii laboratorii di una casa e delle case fra di loro, si vuole che in ogni casa professionale sì faccia annualmente una esposizione dei lavori compiuti dai nostri alunni, ed ogni tre anni si faccia un'esposizione generale, a cui prendano parte tutte le nostre case di artigiani.

» Adunque colla parola e cogli esempi il nostro fondatore e padre ci ha insegnato esser suo intendimento che noi camminiamo, e, se è possibile, ci studiamo di precedere il secolo in tutto ciò che è buono ed utile all'umanità, che i tesori e le attitudini, che Iddio ha posto a disposizione dell'uomo, noi ci sforziamo di farli servire a Lui, al quale solamente appartengono, che, mentre educhiamo i nostri giovani alla religione ed al buon costume, che debbono assicurar loro i beni della vita eterna, non trascuriamo di renderli abili a tutto ciò che si può operare a decoro e sollievo del terrestre pellegrinaggio.

» Noi siamo qui per inaugurare la prima esposizione generale salesiana. Quale sia il suo intrinseco valore e quale giudizio se ne debba dare, lo diranno i competenti ; noi, più che menarne vanto e chiamare, a scapito della modestia, il mondo ad ammirare l'operosità dei figli di Don Bosco e quanto sia sorprendente lo spirito d'iniziativa che li distingue, raccogliamoci ad esaminare pacatamente e seriamente, non qualche saggio particolare, ma il complesso; osserviamo se le scuole, l'ordinamento dei laboratorii, la coltura dei campi non lascino delle lacune a riempire. Confrontiamo l'una casa coll'altra, l'una coll'altra nazione per pigliare dovunque quello che è buono e fare tra noi una mondiale scuola di mutuo e fraterno insegnamento.

» Usciamo anche fuori di qui coi nostri pensieri e colle nostre indagini a vedere e confrontare quello che fanno altri istituti, non isdegnando neanche quelli che nel campo della religione fanno professione d'idee e di massime contrarie alle nostre ; anzi facendoli oggetto di studio particolare.

» Non dimentichiamo che in ogni parte, e non sempre con ispirito cristiano, si aprono scuole serali e festive per gli operai e per i contadini, dove s'insegnano ai figli del popolo, oltre l'italiano e le principali lingue moderne, gli elementi di aritmetica, della contabilità, di fisica, di chimica, di meccanica, di agronomia, di economia, d'igiene, il disegno geometrico ed ornamentale colle sue applicazioni alle varie arti, e già vanno sorgendo qua e là le così dette università popolari.

» E dopo fatti questi studi e questi confronti, se ne torni ognuno al luogo assegnatogli dall'ubbidienza, tenendo-viva nel suo pensiero l'immagine paterna di D. Bosco, col fermo proposito di effettuare gl'intendimenti di lui, che erano di strappare al mondo le suo vittime, di estendere in terra il regno di Dio, facendo che le arti, le scienze, le industrie, la beneficenza fossero una pura emanazione della religione e non un frutto malsano dell'indifferentismo o dell'empietà.»

Fin qui il Presidente del Comitato dell'esposizione. Noi nei prossimi numeri continueremo la nostra relazione.

Occasione favorevole

Mettiamo a cognizione di quelli cui può interessare,, che la nostra Casa di Chieri destinata per i giovanotti che desiderano, per mezzo di corsi appropriati ed accelerati, avviarsi allo stato ecclesiastico, ha soltanto più venti posti disponibili. L'amenità del luogo, la salubrità dell'aria e del vitto, le belle passeggiate e gli splendidi panorami, rendono detta Casa preferibile per quelli che in età piuttosto avanzata, si dispongono ad intraprendere le gravi fatiche degli studi ecclesiastici.

Le condizioni sono quelle di tutti i Figli di Maria cioè : L. 800 per tutto il corso letterario, oppure L. 24 mensili con proporzionata riduzione dopo i tre mesi di prova nella virtù e capacità.

Per schiarimenti ed informazioni rivolgersi unicamente al Direttore dell'Oratorio S. Luigi in Chieri (Torino)

CRONACA del Movimento Salesiano

ltalia.

NAPOLI. - Per la nostra casa sulla collina del Vomero. - Da un numero unico stampato in Napoli in occasione della festa degli Angeli Custodi riferiamo questi confortanti pensieri, dedicandoli in modo particolare a tutti i nostri benemeriti Cooperatori del Napoletano.

« L'opera che fu, è e ci sarà sempre grandemente a cuore, è di certo la pia opera di D. Bosco ; dappoichè essa corrisponde molto bene alle esigenze ed ai bisogni dei tempi nuovi e suffraga moltissimo i nostri ideali religiosi-sociali, espressi più volte,' in vagii nostri opuscoli, dati alle stampe per concorrere di nostra piccola parte al vero benessere del popolo. Ai dì nostri sono moltissimi gli uomini i quali si fauno innanzi per essere salutati i salvatori dell'odierna società, e promettono di migliorare le sorti della misera umanità languente, facendo sperare alle masse la manna del deserto e la felicità della terra promessa; ma i figli di D. Bosco, lasciando le teorie e le conferenze, sono ben presto scesi nella pratica, e, sull'esempio del loro padre, D. Giovanni Bosco, lavorano instancabilmente nel campo della vera azione cattolica, fondando e dirigendo laboratori e scuole per la buona educazione civile e religiosa della crescente gioventù popolare, con lo scopo santissimo di preparare alla Chiesa ed alla patria figlie cittadini onesti ed intelligenti, i quali, abituati alla Fede e al Lavoro, vengono uomini utili a sè medesimi, alla famiglia e alla società. E di tanto bene l'odierna società dovrà serbare sempre grata riconoscenza a D. Bosco e ai suoi seguaci, che, usi a far fatti e non parole, seno da tutto il mondo riguardati come gli unici ristauratori dell'odierna umanità; essendo essi i veri e zelanti apostoli di quella carità operativa, che ci venne insegnata da Gesù Cristo.

» Dall'opera dei Salesiani, oggi, la nostra Napoli si aspetta grandi vantaggi, e li avrà certamente se tutti i figli della bella Partenope concorreranno ad incoraggiare questa nuova e pia istituzione, che nel fatto è l'unica, che meritamente, può dirsi democratica-cristiana. Presentemente sulla collina del Vomero è stata già iniziata la fondazione di una prima Casa Salesiana Partenopea con Oratorio e Scuola gratuita d'Arti e Mestieri pei figli del popolo. Là, dunque, mandiamo, le nostre offerte, e di là scenda, con la cooperazione di tutti i buoni, l'onda salutare ad irrigare anche le basse contrade dei dodici rioni della nostra città, e specie i due più popolari, cioè, di Vicaria e di Mercato che pur anelano di un migliore avvenire economico-religioso sociale.

Varii del nostri amici hanno di già inviate le loro offerte al superiore della pia Casa al Vomero. Vogliamo sperare che il bell'esempio dei primi sia di grande sprone agli altri, e così tutti cooperarci affinchè l'Opera di Don Bosco presto si allarghi e si diffonda per tutta Napoli. E perchè questo nostro desiderio sia dal Cielo benedetto, noi ci rivolgiamo all'Angelo Tutelare della nostra Città ed Archidiocesi, pregandolo con fede a mettere la nascente e nuova istituzione Salesiana Partenopea sotto l'alta ed efficace Protezione sua. »

TORINO. - La Scuola di musica istrumentale dell'Oratorio festivo di D. Bosco in Valdocco. - Il bene che si opera continuamente in quest'Oratorio festivo, sotto la savia direzione dell'ottimo e conosciutissimo D. Pavia, merita di essere ogni tanto segnalato nella Cronaca del nostro movimento. Perciò stavolta non sarà discaro ai nostri lettori un breve cenno della premiata e fiorente scuola di musica istrumentale di detto Oratorio , specialmente perchè detta scuola, Del corso del presente anno, allietò di sue armonie numerosissime feste del Piemonte e della Liguria.

Questa scuola, composta tutta di giovani operai delle fabbriche di Torino, fin dalla sua fondazione nel 1885, salì a bella rinomanza e fece un grande bene a tanta povera gioventù. Per eccitare nei suoi membri una nobile, pratica emulazione si presentò ben cinque volte ai concorsi musicali di 1a categoria e ne riportò quasi sempre i primi premi. Quest'anno poi fu un vero trionfo. Oltre ai molti servizi fatti nelle varie processioni della città e particolarmente a quella della Consolata, Carmine, Maria Ausiliatrice, Corpus Domini e altre, furono di prima classe quelli fatti al Santuario della Guardia presso Genova, a Cavour, a Piasco, a S. Rocco presso Montà d'Alba, a San Giorgio Canavese ecc. ricevendo in ogni luogo dagli Ecc.mi Vescovi intervenuti alle diverse solennità lusinghieri encomii. Anche noi quindi possiamo dire, che i buoni giovani di questa scuola meritano un bravo di cuore per la loro buona volontà e valentia. Questo nostro plauso poi risale naturalmente al caro confratello Giovanni Garbellone che con attività e costanza mirabile dirige, fin dai suoi inizi, detta scuola, e ci auguriamo che tutti i numerosi nostri Oratorii festivi abbiano a poter trovare maestri di musica di simile tempra per il gran bene che ne verrebbe agli Oratori stessi, alle famiglie, alla chiesa e alla società. Una scuola di tutti esterni, che sa occupare così bene le ore di ricreazione da riuscire ad occupare un posto distinto fra le altre del genere, è certo da lodarsi, ammirarsi e imitarsi.

S. GIORGIO CANAVESE. - Solenne e seconda centenaria Incoronazione di Maria SS. nel suo Santuario di Misobolo. - I numerosi nostri Cooperatori di questo grosso borgo hanno segnato il giorno 6 ottobre u. s. come il più bello del secolo testò cominciato. Tra la generale esultanza in quel giorno il Vescovo della diocesi, Mons. Filipello, in mezzo a sei o sette mila persone incoronava con corona d'oro tempestata di gemme preziose la venerata imagine di Maria SS. delle Grazie. Tutti quei buoni terrazzani concorsero nel provvedere perchè le feste riuscissero alla maggior gloria di Dio ed alla maggior venerazione dell'augustissima sua Madre.

Mentre anche noi godiamo dell'onore che si fa in ogni parte alla nostra Pietosa Protettrice, La ringraziamo perchè dove, Ella passa, porta le sue grazie e le benedizioni.

Sappiamo che l'Arciprete di quella Parrocchia e nostro buon Decurione, tra le altre elargizioni, volle che anche i poveri festeggiassero in quel giorno la Madonna abbondando nelle elemosine, perchè ogni mensa avesse i suoi doni.

CARIGNANO. - La Madonna di D. Bosco in una fabbrica di fiammiferi. - Il sig. Giacomo Remonda, nostro ottimo cooperatore, inaugurando in Carignano la sua nuova grande fabbrica di fiammiferi, volle porla sotto la protezione di Maria Ausiliatrice, e, collocatovi un bel quadro della Madonna, perchè la cosa si compiesse con tutta solennità, pregò il nostro Superiore a mandargli un sacerdote che gli benedicesse i nuovi locali. Annuì il sig. D. Rua all'invito, mandando colà il nostro prof. D. Giuseppe Bistolfi, il quale rimase veramente edificato al vedere come in quei laboratori, dove tutti si direbbero preoccupati da un lavoro febbrile, si vada anche a gara nell'adornare l'immagine della Vergine. Benedisse la fabbrica e poi alle operaie e agli operai, appositamente radunati dal padrone medesimo, rivolse affettuose parole esortandoli a santificare il lavoro, come insegna la nostra santa religione.

Siamo lieti di segnalare il buon esempio dell'ottimo nostro cooperatore e tanto più lieti in quanto egli si propone di sbandire affatto dalle scatole, che usciranno dalla sua fabbrica, tutte quelle piccole oscenità che altri spande per le famiglie ad appestarle. Sappiamo anche che il sig. Remonda intende di accrescere le sue benemerenze verso gli operai con qualcuna delle istituzioni economiche propugnate dai cattolici. Maria SS. Ausiliatrice protegga davvero il benefico lavoro del nostro amico.

Svizzera.

BALERNA. - (CANTON TICINO) - Gli antichi allievi del Collegio « D. Bosco. » - L'idea già altre volte manifestata da illustri Ticinesi nostri amici, che anche questo nostro Collegio avesse i suoi antichi allievi, trovò felice compimento nell'agosto ultimo scorso. All'affettuoso appello del M. R. direttore, Don Francesco Garassino, risposero entusiasmati gli antichi allievi sia per innalzare una lode, al nostro non mai abbastanza compianto D. Bosco, come per rivedere la casa di tante e si dolci rimenbranze, per stringere la mano agli amici, salutare i superiori... La data fissata per la riunione - 25 agosto - fu pienamente propizia. Fin dalle prime ore del mattino, la ridente Balerna era allietata dalla presenza di baldi giovanotti ed il Collegio, parato a festa con intreccio di bandiere dai vari colori delle varie nazioni e cantoni, presentava un aspetto magnifico ed attraente. Alle 11.30, dalla stazione, ove eran giunti i più lontani, formavasi un lungo corteggio; - 80 e più giovanotti - eran diretti al nido di pace, che tutti rivedevano con gioia e che già dal treno discendente avevano salutato, dacchè dagli annosi pini, sventolavano superbe bandiere. Giunti al Collegio il primo saluto fu alla Cappella ove celebrava la-. S. Messa il direttore, che dall'altare rivolse agli amici commossi il saluto cristiano e cordiale. Dopo si discese nel maestoso ampio salone, artisticamente parato cogli stemmi dei 22 Cantoni, e si diè principio alla modesta refezione, alla quale molte autorità e personaggi Ticinesi si fecero un onore di partecipare per trovarsi in mezzo a tanti giovani ardenti, per rianimarli alle virtù patrie ed alla religione, oggi tanto osteggiata. Le armoniose note della Filarmonica di Morbio Inferiore rallegrarono il lieto simposio, verso il fine del quale si alzò per il primo il giovane avv. John Noseda che, facendosi interprete dei sentimenti dei suoi compagni, ringraziò il direttore pel cortese invito, assicurandolo della viva riconoscenza degli antichi allievi e dell'amore inconcusso che sempre e poi sempre porteranno ai Salesiani ed al loro primo direttore, il compianto D. Costantino Carlini. Poscia il direttore, portato il saluto, in mezzo ad un infinità d'applausi, del sig. D. Rua, forzatamente assente, e di tutti i superiori di Torino, diede lettera di molti telegrammi e lettere di assenti e raccomandò : attaccamento alla religione, amore alla patria e propaganda di tutto ciò che sa di bene, specie la lettura delle publicazioni salesiane. L'avv. Tarchini, una vera illustrazione del Foro Ticinese, deputato al Gran Consiglio, diede il saluto a nome della sua Balerna, inneggiando alla libertà d'insegnamento, che anima e suscita sì belle feste. L'avv. Primavesi, giudice d'appello al tribunale di Lugano, profittò dell'occasione per eccitare i giovani a dare il nome alla Società studenti svizzeri. Il prof. D. Sigismondo De-Courten, dell'Abbazia di Einsiedeln, portò in lingua e con verve francese il saluto dei Benedettini ai benemeriti Salesiani, che sanno affezzionarsi alla patria nostra, ove vengono a spargere tanta buona semente. D. Sossella, salesiano, parlò per gli assenti e si disse pienamente contento dello slancio con cui avevano corrisposto all'invito del direttore. Il Consigliere di Stato dott. Casella inneggiò a Don Bosco ed alla libertà d'insegnamento, stigmatizzando con roventi parole i governi, che si oppongono a che i padri di famiglia abbiano a dare ai, loro figli quell'indirizzo cristiano e civile che meglio credono. L'Arciprete di Balerna incoraggiò bella buona causa.

Dopo il pasto si andò in corteggio alla Cappella dell'Oratorio ove s'impartì la benedizione. Era uno spettacolo edificante in questi tempi di scetticismo e d'indifferentismo religioso il mirare quella eletta schiera di studenti di licei e di università attraversare, senza rispetto umano, le vie del borgo per andare ad adorare Cristo in Sacramento ! Ritornati in collegio si fece il gruppo-ricordo, che siamo lieti di riprodurre, e si sciolse l'adunanza acclamando a D. Bosco ed ai suoi figli. Molti giornali parlarono di sì cara festa e tutti espressero i loro voti per una vita d'azione gloriosa, lunga e cristiana. Anche noi mandiamo ai cari amici costituiti in società sotto la presidenza per acclamazione del giovane avv. I. Noseda, in numero di 120, un saluto cordiale e ripetiamo loro l'augurio di felicità per la religione, per la patria e per la famiglia.

Polonia Austriaca.

OSWIECIM. - Un po' di storia. - Mentre attendiamo per il prossimo mese la relazione delle feste compiutesi in Oswiecim per l'inaugurazione della nostra nuova casa, ci pare non inopportuno raccogliere alcuni dati storici intorno a questa fondazione salesiana, che ebbe i suoi umili principii nel 1898.

Oswiecim, città della Gallizia, non lungi da Cracovia, fu un tempo la residenza dei duchi di questo nome, discendenti dalla prima famiglia reale di Polonia, i Piast. Si veggono tuttodì le rovine del loro castello come pure del convento e della chiesa fatta da loro costrurre al principio del secolo decimoquarto per i PP. Domenicani. Pieni d'ammirazione per l'apostolato dei due santi domenicani, Giacinto e Czeslw, i duchi di Oswiecim vollero avere presso di loro alcuni religiosi dello stesso Ordine, e li protessero per molto tempo. Tuttavia non furono risparmiate le prove al convento ed alla chiesa di Santa Croce. Nel secolo decimoquinto, gli Ussiti diedero il fuoco al convento e già si disponevano a distruggere la chiesa, quando l'apparizione di San Giacinto venne a metterli in foga e disperderli. Nel secolo decimo sesto, altri eretici s'impadronirono del convento e ne cacciarono i religiosi: ma in sul principio dell'anno 1596, il Papa Clemente VIII mette nel numero dei Santi il beato Giacinto ; l'eresia è vinta, i PP. Domenicani riprendono il possesso dei loro beni e trasformano la sala del capitolo in cappella, che vien dedicata al nuovo Santo. In questa cappella si trova il mausoleo del conte Mostovski, caduto sul campo di battaglia nel 1656. E quell'anno sì disastroso per la Polonia, lo fu ancor più per Oswiecim che fu intieramente distrutta dagli Svevi, non risparmiando neppur la chiesa ed il convento dei Domenicani le cui rovine, d'allora in poi, rimasero abbandonate ed ultimamente in mano degli Ebrei fino al 1894, anno in cui, costituitosi un apposito Comitato, furono redente. Il detto Comitato restaurò subito la cappella, rendendola un ornamento della città, e nel 1898, cedette tutti i suoi diritti ai Salesiani perchè fondassero un loro Istituto. I nostri confratelli inviati colà, dopo tre anni di assiduo e paziente lavoro, poterono condurre a termine i lavori e la nuova casa venne solennemente inaugurata lo scorso ottobre, come diremo in altro numero.

Palestina.

BETLEMME. - Il ritorno del Padre degli orfani. -- Ci scrivono in data 5 settembre : « Dopo un'assenza di cinque mesi il nostro venerato Padre Belloni ha fatto ritorno fra di noi. Per liberarsi dalle noie e dai fastidi d'una lunga quarantena in Alessandria d'Egitto, ha approfittato della partenza del XXIII Pellegrinaggio francese nei Luoghi Santi per arrivare direttamente nella sua cara Palestina. Il R.mo Padre Bailly, l'impareggiabile direttore del Pellegrinaggio, ha voluto gentilmente ammetterlo gratis a bordo del Vapore Notre Dame du Salut, usandogli durante tutta la traversata le più squisite attenzioni e riguardi. Coi più sinceri ringraziamenti di D. Belloni si degni accettare anche i sentimenti di viva riconoscenza delle Comunità Salesiane di Terra Santa.

» Ier sera D. Belloni, dopo aver salutato sua Eccellenza Monsignor Appiodi, Coadiutore del Patriarca Latino di Gerusalemme, e S. E. il Console Generale di Francia, fece ritorno nel suo orfanotrofio di Betlemme. Un forestiero difficilmente saprebbe spiegarsi il ricevimento trionfale che la popolazione Betlemita ha preparato a colui che a giusto titolo chiama il suo primo benefattore, la Provvidenza del paese. Bisogna essere stato testimonio per comprendere tutta l'affezione che nutre questo buon popolo pel Padre degli orfanelli ! Gli andarono incontro chi in vettura, chi a cavallo, fino a Gerusalemme. A mezza strada , al Convento di S. Elia, tutti si fermano e formano il corteo. I saluti e gli auguri di ben venuto non hanno più fine; i fucili e le pistole, secondo il costume di questi luoghi vengono sparati con eccessivo furore. I giovani si mettono a cantare, a ballare, a giocare con le loro armi. I cavalli sono obbligati di mettersi al passo, i cocchieri non sono più padroni di guidare, ma devono tenere gli occhi bene aperti per non schiacciare qualcuno, La folla ingrandisce man mano che si avvicinava a Betlemme e nuovi cavalieri s'aggiungono agli altri correndo avanti, indietro e da tutte le parti.

» All'entrata della città tutte le terrazze rigurgitano di gente, la strada principale è ingombra, tanto che il corteo non può più andar innanzi. I capi cristiani del paese vengono ad offrirgli i loro omaggi. I ragazzi di Betlemme, di Cremisan e di Beitgemal sono là coi loro maestri, la musica del'Orfanotrofio suona una marcia trionfale e la vettura avanza pian piano in mezzo alle benedizioni di tutti. I vecchi piangono di gioia, i giovani cantano le sue lodi, i fanciulli lo indicano esclamando : ecco il nostro Padre, Dio sia benedetto !

» La polizia turca, affatto terribile, in questa circostanza temendo con ragione qualche disgrazia, vuole impedire l'uso delle armi da fuoco : è inutile; i giovani si precipitano sulle scale, prendono di assalto le terrazze dell'Orfanotrofio e salutano con spari l'entrata di D. Belloni. La folla entra con violenza dalle porte della cappella lasciate aperte : la Chiesa del Sacro Cuore è piena, l'altare è illuminato e da ogni parte risuona l'inno di ringraziamento, il Te Deum, cantato da mille voci. Tutte le fronti dei divoti sono raggianti di gioia e mostrano apertamente la riconoscenza verso Colui che ci ha ricondotto sano e salvo il Padre degli orfanelli. Don Belloni, prostrato in mezzo del presbiterio sembra anientato da questa manifestazione popolare. Più tardi nella sala dei grandi ricevimenti i nostri ragazzi augurano il benvenuto al nostro venerato Superiore in francese, in italiano, in arabo, in latino, in greco ed in inglese. A notte la facciata dello stabilimento è illuminata con fuochi d'artifizio.

» L'indomani un'accademia drammatica e letteraria delle meglio riuscite, riunì intorno al buon Padre i principali amici di Gerusalemme, di Betlemme e dei dintorni. Le visite in quel giorno furono innumerevoli. D. Belloni è in buona salute e non ha affatto l'aria di aver sofferto nel lungo viaggio sopportato per la felicità dei suoi orfanelli. Malgrado il bisogno che egli ha di riposo, si è nuovamente rimesso alle sue faticose occupazioni. Ci parla colla più dolce emozione degli attestati d'interessamento che ha ricevuto dai suoi benefattori dell'Europa. Che il Signore li ricompensi della loro carità ! I nostri ragazzi pregano ogni giorno per loro. »

Repubblica Argentina.

BUENOS AIRES - Un dono delle nostre Cooperatrici. - Una eletta di Signore Cooperatrici di Buenos Aires deliberarono di offrire un omaggio alla Pia Società Salesiana. nella persona del Superiore delle case della Republica Argentina, donando una splendida pianeta, nella ricorrenza del principio del nuovo secolo. Noi non ne abbiamo parlato prima perchè desideravamo di regalare ai nostri lettori anche la foto-incisione dell'artistico dono, così descritto dal periodico il Cristoforo Colombo dì Buenos Aires. La pianeta -che fu benedetta ed usata dal R.mo sig D. Rua all'altare di Maria Ausiliatrice in Torino la notte dal 31 dicembre 1900 al 1° gennaio 1901 - ritrae al vivo un meraviglioso concetto del venerando nostro Padre D. Bosco, che egli piacevasi annoverare tra i suoi sogni, ma che i suoi figli tengono come prezioso ammaestramento. Come al predetto nostro D. Bosco venne fatto di vedere nel paludamento di un misterioso personaggio, tale pianeta reca infatti le diverse doti o virtù del buon religioso, raffigurate in diverse stelle o centri raggianti colle relative denominazioni e con opportuni testi scritturali. Con ciò, che specialmente compendia la parte simbolica, si innestano fregi ed ornamenti bellamente architettati in guisa da comporre graziosi scomparti a tritico tanto sul davanti, ove primeggia l' effigie di Maria Ausiliatrice con due Angeli a lato recanti le date delle Vittorie di Lepanto e Vienna, come sul dorso in cui si ammira la bellissima figura del Redentore attorniato da gruppi di Angeli cogli scudi pontificii di Pio IX e di Leone XIII.

Vi è pure lo stemma della Pia Società Salesiana da una parte e dall'altra; artisticamente disposta la data secolare del 1900 ai piedi del Redentoro stesso, cui si volle consacrare l'inizio di questo nuovo secolo. Il raggruppare cose simboliche legate ad una particolare loro forma e disposizione, e presentarle in un insieme estetico non, era cosa della maggior facilità. Ed è ciò appunto che in tale lavoro rileva il merito dell'artista, che seppe trovare un largo partito decorativo ben distribuito nelle parti secondo l'entità dei vari soggetti da rappresentare, e a tal uopo gli servì bene l'ornamentazione dello stile gotico italiano svolta in tutti i più minuti particolari. Non è meno pregevole l'arte del ricamo in ogni sua parte. La decorazione ornamentale è condotta quasi tutta in oro a rilievo, e la figura sia nei volti che nelle estremità e nei paneggiamenti è riprodotta nei suoi colori naturali ben armonizzati fra loro con particolare perizia nella direzione del punto che ben asseconda il movimento dei panni come pure nel lumeggiare in oro le parti più rilevate degli stessi panneggi per cui bene si armonizzano a tutto l'assieme ed acquistano particolare ricchezza.

Alla Ditta Biraghi di Genova che seppe condurre a termine, in meno di due mesi, un sì pregevole lavoro nulla risparmiando di cura pur di ottenere il migliore risultato, devesi una lode specialissima. Non meno degno di lode è l'autore del disegno, il sac. E. Vespignani, prete di D. Bosco, che seppe armonizzare artisticamente l'idea complessa del sogno profetico di D. Bosco.

Noi cogliamo la propizia occasione per porgere alle benemerite donatrici le nostre sincere felicitazioni per il felice pensiero del dono ed i più cordiali ringraziamenti a nome di tutti i nostri confratelli dell'Argentina.

- Un nuovo tempio. - Scrive il Cristoforo Colombo del 24 settembre : « Fra le varie Chiese che eressero i Salesiani di D. Bosco in questa Repubblica, nessuna potrà paragonarsi con quella che cominciarono testè ad innalzare al Sacro Cuore di Gesù ed a Maria Ausiliatrice nella Capitale della Nazione. Per surrogare alle urgenti spese che si dovranno affrontare, i Superiori pensarono di mandare liste di sottoscrizioni agli amici e benefattori e fare di quando in quando delle notevoli rappresentazioni teatrali nel Collegio Pio IX di Buenos Aires, ove si educano 600 ragazzi poveri ed abbandonati. La prima di queste funzioni ebbe luogo l'8 del corrente e riuscì a perfezione, nonostante le difficoltà che presentava il lungo e difficile programma. Raccomandiamo di cuore quest'impresa agli ammiratori delle Opere Salesiane. »

Brasile.

NICTHEROY.- La 1a conferenza salesiana ai piedi del monumento Maria Ausiliatrice. I nostri lettori si ricorderanno che noi già più volte abbiamo parlato del grandioso monumento che i nostri Confratelli del Brasile eressero a Maria Ausiliatrice, quale omaggio a Cristo Redentore, sulla collina di Nictheroy, dove fiorisce il Collegio S. Rosa. Ora abbiamo sott'occhio una lunga relazione della la conferenza campale tenutasi ai piedi dello stesso monumento, lo scorso giugno. Da essa noi rileveremo quanto basta per dare una giusta idea del fausto avvenimento, che siamo pure lieti di poter illustrare con varie e belle incisioni.

La festa doveva essere un atto di ringraziamento a Maria SS. e un omaggio ai nostri benefattori brasiliani, e venne indetta per il 9 giugno scorso. S'invitò a presiederla S. E. R. Monsignor Gioachino Arcoverde d'Aburquerque Cavalcanti, Arcivescovo di Rio de Yaneiro, il quale di buon grado annuì all'invito anche per compiere la promessa che le tante volte aveva fatto di visitare quel nostro collegio. Numerosissime furono pure le adesioni sia da parte della stampa della capitale, come da parte dei cooperatori e cooperatrici, amici ed ammiratori delle nostre opere, perchè (è voce del popolo) le feste salesiane hanno sempre un non so chè di affascinatore, di gaio e di simpatico. L'idea di dare al monumento un carattere patriottico, fu veramente felice; perchè lo fece così popolare e ben accetto presso tutti, che da ogni classe di persone si concorse coll'obolo, e da ogni parte traggono numerosi, i devoti per soddisfare la loro pietà, e gli indifferenti per ammirare l'opera d'arte, gloria nazionale e ricordo del quarto centenario della scoperta del Brasile. Nei giorni festivi poi è un continuo pellegrinaggio di di voti visitatori, e l'accorrenza arrivò al punto, che la compagnia Cantareira dei tramways della città di Nictheroy per servire a tutti i passeggeri deve nei giorni festivi mettere in circolazione sulla linea Ycarahy e Santa Rosa varii tramwys coll'iscrizione speciale, Collegio dos Salesianos-200 reis - che hanno per termine del loro tragitto il nostro collegio. Ma ritorniamo alla descrizione della festa, che togliamo in parte dal giornale O Fluminensen.

Una festa. eccezionalmente bella si celebrò la domenica 9 giugno nel collegio dei Salesiani di S. Rosa, per la chiusura del Mese Mariano. Poco prima delle ore 11 sbarcava al ponte di S. Domenico l'Ecc.mo Mons. Arcivescovo di Rio de Janeiro, Monsignor Gioachino Arcoverde di Albuquerque Cavalcanti, accompagnato dal suo secretario P. José Francisco de Mura Guimaraes, da vari sacerdoti salesiani, dal Dr. Peixoto Fortuna, Comm. Monteiro e Silva Tojó. Stavano in aspettativa dell'arrivo dell'Arcivescovo, D. Luigi Zanchetta, direttore del Collegio, colla rispettiva banda istrumentale, il Consigliere Franco de Sá, il Commandante Seabra Benevides, il Colonello Pereira da Silva, il sig. Lacerda Macahyba, e il Capitano Gioachino Lacerda , corrispondente del Jornal do Commercio.

Esegnitosi l'inno nazionale, tutta la comitiva, in un tramway di lusso, gentilmente posto a nostra disposizione dal Colonello Filippo Carpenter, direttore della sezione dei tramways, si continuò il cammino alla volta di Santa Rosa. Alle 11.30 si arrivò al Collegio, dove S. Ecc. Mons. Arcivescovo riposò alquanto. Gli alunni in divisa e in bella fila, in numero di 410, salutarono S. E. con prolungate acclamazioni e con la lettura di un commovente indirizzo. S. Ecc. ringraziò ed abbracciò tutti, dopo di che fu eseguito l'inno nazionale dalla banda del collegio.

A mezzo dì in un altare preparato nella parte posteriore del monumento commemorativo, Mons. Arcivescovo, assistito da Mons. Aureliano dos Santos, Vicario della parrochia di S. Giovanni Battista in Nictheroy, e da altri sacerdoti, celebra la Messa. Il giorno un poco caldo, produce un effetto bellissimo colle sue nubi bianco-azzurrognole.

Il monumento commemorativo, sulla cui cima torreggia la statua della Vergine Ausiliatrice, offre nn aspetto incantevole; grande numero di bandiere sventolano da tutte parti. Ad un lato del monumento, lungo la discesa del monte, in una estesa gradinata fanno la loro bella comparsa, i 410 alunni colla banda. Sullo spianato del monte è innalzato un padiglione per S. Ecc. l'Arcivescovo, per le persone importanti e per i rappresentanti della stampa. La Messa è ascoltata con tutto raccoglimento dall'enorme uditorio, composto di signori di tutte le classi sociali. Durante la cerimonia gli alunni intuonano cantici sacri.

Il conferenziere , l'Ill.mo e Rev.mo Sac. dott. Giulio Maria, insigne oratore e Missionario Apostolico, grande amico ed ammiratore delle Opere Salesiane, dall'alto d'una tribuna appositamente eretta, per più d'un ora trattiene colla sua facondia e profonda dottrina, quell'affollato uditorio schierato nel vasto piazzale del vicino parco, sul triplice soggetto : La Vergine Ausiliatrice, Don Bosco ed il monumento commemorativo. Le armoniose note dell'inno nazionale, magistralmente eseguito dalla banda, ripercuotendosi per le sottostanti vallate annunziano che la bella e simpatica festa è terminata, e Monsignore Arcivescovo imparte a tutti la sua paterna benedizione. Era superiore a cinque mila, scrive un altro giornale locale, il numero delle persone accorsevi, appartenendo quasi tutte a distinte famiglie di Rio de Janeiro. Vedemmo colà distinti signori e cavalieri della nostra miglior società. Senatori, deputati, medici, avvocati, ingegneri, sacerdoti, magistrati, negozianti e rappresentanti di tutte le classi sociali e delle confraternite del SS. Sacramento, di N. S. della Concezione, di N. S. dei Dolori e dell'Asilo di S. Leopoldina.

Terminata la funzione, si presero varie fotografie, fra cui un gruppo nella capella del monumento in cui figurano Mons. Arcivescovo, il P. Giulio Maria, varii senatori e deputati ed altri distinti Cooperatori Salesiani. Dato in seguito un dolce addio al monumento, si discese pel dolce pendio di quella montagna omai sacra all'Ausiliatrice del popolo cristiano. Pervenuti al collegio, Monsignor Arcivescovo è preso d'assalto da quei vispi giovanetti , che dal volto allegro e contento , affezionatissimi ai loro Superiori, ci ricordano i 400 e più birrichini di D. Bosco, nel prato di Defilippi, e poi sotto la tettoia dietro la casa Pinardi nel 1846, quando ricevevano qualche visita di Monsignore Franzoni loro amico e protettore.

Alle ore 16, suona la campana ; in un lampo si fa generale silenzio, e tutti si avviano al refettorio. Monsignor Arcivescovo si degna assidersi, accompagnato dalla scelta comitiva, all'umile nostra mensa per refocillarsi alquanto. Durante la refezione scambiansi da parte a parte i più entusiastici brindisi. Parla il Reverendo P. Giulio Maria in nome dei Salesiani, ringraziando sua Ecc. Rev. della bontà con cui annuì all'invito dei figli di D. Bosco non ostante le sue molteplici e svariate occupazioni. Parla l'esimio poeta e publicista Mucio Feixeira e vagii rappresentanti della stampa, e per ultimo prende la parola Sua Ecc. Rev. ringraziando tutti per i sentimenti d'amore e di sommissione manifestati, e termina brindando all'immortale memoria del grande Don Bosco. Alle 17 pieno la mento ed il cuore di santi affetti e dolci emozioni, S. E. prende commiato da quell'esercito di fanciulli coll'impartire loro la sua benedizione; ed accompagnato dall'illustre comitiva e dalla banda del Collegio monta nell'elegante tramway a bella posta adornato, e rimbarcandosi su di un batello della compagnia Ferry, fa ritorno al suo palazzo, raccontando a tutti le gioie provate in quell'indimenticabile dì !

Perù

AREQUIPA - Progressi della Colonia Agricola annessa al nostro Collegio. - I nostri Confratelli del Perù già da due anni, come abbiamo accennato altre volte nel Bollettino, iniziarono, efficacemente coadiuvati dalla Giunta Dipartimentale Governativa di Arequipa, un Istituto agricolo, che presentemente si può dire fiorente sotto ogni aspetto, e dà ottimi risultati sia per la sua saggia organizzazione di metodo e scuole come per l'interesse con cui le Autorità locali lo sostengono. Il terreno dedicato per questo fine presentemente non è molto vasto, ma è sufficiente per l'oggetto che si prefigge. È ben diviso ed ordinato parte per giardino, parte per orticoltura, parte per frutteto, con ogni varietà di piante, e parte all'agricoltura propriamente detta. Si dà la preferenza all'acclimatazione ed introduzione di nuovi semi d'ogni genere, poi alla coltivazione in generale dei cereali, migliorando i terreni coll'applicazione del sistema Solari.

La Colonia conta presentemente circa 60 piccoli agricoltori i quali con appositi studi teorici-pratici si abilitano, in tre anni, agli svariati lavori richiesti per una razionale cultura della terra. Per esser ascritto a questi corsi agricoli si richiede che il giovane abbia compiute tutte le scuole elementari. Alla fine del triennio i meritevoli ricevono il loro diploma governativo.

- Inaugurazione dell'Osservatorio metereologico. - Questa Colonia così bene avviata, il 28 luglio scorso, si allietò di un caro avvenimento, segnando un nuovo passo nella via del progresso, con l'inaugurazione di un Osservatorio metereologico. La funzione non avrebbe potuto riuscire più solenne e fu generale l'applauso in favore dell'opera. Nulla diciamo dello svolgimento del programma, ma non possiamo non tributare un ben meritato elogio al sig. Edoardo Muñiz, fabbricante degli istrumenti dell'Osservatorio, ed al caro D. Sacchetti, direttore dell'Istituto, poiche a loro si deve sopratutto il felicissimo esito di questa nuova istituzione.

È nostro dovere ringraziare qui le Autorità di Arequipa, l'onorevole Municipalità, specialmente il Presidente ed i membri della Giunta Dipartimentale, che con vero interesse sostengono quest'opera di civile rigenerazione. Salgano eziandio i nostri ringraziamenti ed i nostri encomi all'illustrissimo Presidente della Repubblica ed al Governo Peruano, perche, conoscitore dell'utilità pratica dell'Istituto Salesiano, specialmente nel ramo dell'agricoltura, l'appoggia, e sostiene e promuove altre fondazioni consimili. Anzi, dovendo il direttore della nostra Casa di Arequipa, D. Ciriaco Santinelli, recarsi in Europa pel Capitolo Generale Salesiano, il supremo Governo gli assegnò un sussidio straordinario, affinchè, approfittando dell'occasione, facesse una visita a scopo di studio ai principali istituti agricoli d'Italia e conducesse personale per nuove fondazioni. Perciò D. Santinelli visitò i principali stabilimenti, agrarii prendendo norme pratiche e facendo acquisto d'istrumenti, cenni e relazioni in proposito. Gli istituti principali da lui visitati sono quelli di Buenos Aires, Montevideo, Parigi, Firenze, Parma e Milano, dove sono di speciale importanza lo Scorlatti, l'Istituto Governativo delle Cascine e quello dei Fratelli Ingegnoli. A Parma ebbe varie con ferenze con quell'illustrazione del movimento sociale-agricolo ch'è il Colonello Stanislao Solari, osservando sopra luogo la bontà del suo sistema. Visitò pure varie volte la nostra Scuola Agraria d'Ivrea, prendendo le più minute informazioni, e porta con sè un professore patentato ultimamente dopo aver fatto i suoi studi in detta Scuola. Tutto quindi fa sperare che i progressi dei nostri Confratelli del Perù, nel ramo dell'agricoltura, segneranno un'ascensione uguale se non superiore a quelli già ottenuti nelle altre nostre Colonie d'Italia e Spagna.

Bolivia.

SUCRE. - Ad onore di Maria Ausiliatrice. - Che il culto alla nostra cara Madonna si propaghi mirabilmente anche in quella lontana republica lo si deduce da varie belle relazioni pervenuteci ultimamente e che noi riassumiamo brevemente. Primieramente per opera dei nostri Confratelli e di generosi Benefattori venne posto nella Chiesa di S. Agostino in Sacre un bellissimo quadro dell'Ausiliatrice con altare di marmo. Poscia si fece solennemente il mese Mariano con grande concorso di fedeli, terminandolo il 24 maggio con sommo entusiasmo. In quel dì furono nunumerosissime le Comunioni. Alla Messa solenne, cantata dal R.mo D. Belisario Delgadillo, decano della Metropolitana, assistette pontificalmente Mons. Arcivescovo Miguel de los Santos Taborga ed infra missam, disse un efficace discorso Don Giuseppe Maria Cordova. Le funzioni religiose non avrebbero potuto essere più solenni, come pure riuscitissima fu pure la parte profana della bella giornata.

- Onomastico dell'Arcivescovo. - Assai simpatica e degna di menzione fu eziandio la festa celebratasi il 5 luglio in occasione dell'onomastico dell'Ecc.mo Arcivescovo di la Plata, Mons. Michele de los Santos Taborga. L'illustre festeggiato gloria e valore della Chiesa Boliviana, ha molteplici titoli alla gratitudine salesiana; quindi i nostri Confratelli non potevano lasciar passare il suo onomastico inosservato. Prepararono ogni cosa col miglior gusto, ed il 5 si recarono in corpo all'Arcivescovado a prenderlo per accompagnarlo all'accademia musico-letteraria in suo onore. Il scelto programma sia per la parte letteraria che musicale si svolse con inappuntabile precisione. Venne offerto all'illustre Prelato un bel quadro di Maria Ausiliatrice ed una Corona di Sante Comunioni. Numerosissimo fu il publico che prese parte alla festa e se ne ripartì tutto entusiasmato. Si abbia anche adesso l'illustrissimo Arcivescovo di la Plata la rinnovazione degli auguri di quel giorno memorando, in queste poche righe e gli diciamo di tutto cuore : Ad multos annos !

MISSIONI

PATAGONIA

RMo. ed AMATm°. SIG. D. RuA,

Viedma, 14 maggio 1901.

Mi è sommamente grato far presente alla S. V. Revma la messe abbondantissima che la Divina Provvidenza ci ha preparato nella nostra modesta Missione di Conessa sul Rio Negro. È proprio il caso di esclamare ancora una volta : Messis quidem multa, operarmi autem pauci. E questo l'ho provato e toccato con mano, poichè lo scorso marzo non avendo Monsignor Cagliero altro Sacerdote disponibile, dovette servirsi di questo servo inutile per mandarlo a predicare in quello per me sempre caro paesello.

Missione dell' Anno Santo in Conessa e Pringles - Prima Comunione del Cacico Paylemàn.

Si avvicinava la Settimana Santa e parve questa la più bella occasione per preparare quella popolazione a compiere il suo pasquale dovere. Ed invero con questo fine trovavasi riunita tutta la popolazione dei dintorni desiderosa di placare la divina giustizia mediante la penitenza e l'orazione. Il nostro carissimo D. Salvioni entusiasmò i suoi buoni parrocchiani verbo et opere e le sue raccomandazioni non furono vane.

Appena s'incominciarono le funzioni della Settimana Santa apparve la Cappella come presa di assalto. Si vedevano i vispi fanciulletti circondare il santo altare, le madri poi e le figlie, gli anziani ed i giovani andavano a gara in tributare a Gesù Redentore l'omaggio della loro fede, speranza ed ardente carità. Si vedeva tutto il paese formare una sola famiglia e quasi direi, un solo cuore ed un'anima sola. È proprio vero che la religione forma la felicità dei popoli e delle nazioni. Il Giovedì Santo si cantò la Messa e vi fu Comunione generale. Era bello il vedere la pietà e divozione con che si accostavano alla Sacra Mensa non solo le madri, le figlie ed i fanciulli, ma anche gli uomini. Il concorso alla Chiesa fu grandissimo durante tutto il giorno. Nostro Signore nel Santo Sepolcro ricevette generali e profondissime dimostrazioni di amore e gratitudine, ed i cuori semplici ed amanti dei buoni Conessesi si unirono in quel giorno al Cuore del Redentore. La sera poi, malgrado fosse il tempo piovigginoso, la Chiesa era così piena di gente che si dovette aprire una sala attigua per dare a tutti comodità di udire la parola di Dio. Commoventi riuscirono le funzioni del Venerdì e Sabato Santo ed impressionarono tanto gli animi, che se ne videro ben tosto i frutti salutari. Effettivamente il Sabato Santo a sera i tribunali di Penitenza furono circondati da gran numero di fedeli. D. Salvioni confessava le donne ed io gli uomini nella nostra casa di missione.

Ho avuto lavoro fino alle 10 1/2 e vidi i prodigi della grazia : persone, che fin dalla loro fanciullezza aveano abbandonato il Signore, ritornarono di nuovo a lui per non abbandonarlo mai più. La domenica di Pasqua fu un vero trionfo. Alle 7 1/2 vi fu Messa e Comunione generale : uomini, donne e fanciulli si alimentarono del Pane degli Angeli.

Alle 10 si cantò Messa solenne ed il concorso fu notevole specialmente perchè composto di uomini. Per amor di brevità non le parlo delle processioni di penitenza che si fecero per l'acquisto del Santo Giubileo, nè delle Confessioni e Comunioni del lunedi dì Pasqua, nè della solenne conclusione delle funzioni giubilari fatta in quello stesso giorno solamente dico che anche in queste remotissime terre : Christus vincit regnat et imperat.

Degna pure di menzione si è la 1a Comunione del Cacico Giovanni Pailemàn : uomo di circa sessant'anni, ospitaliero e di buon cuore : uno dei più benestanti sulle sponde del Rio Negro : possiede da cinque a sei leghe di pascoli con dieci a quindici mila pecore, migliaia di cavalli e molte mandre di armenti. La sua casa è sempre aperta ai Missionarii di D. Bosco: vuol ad essi un bene dell'anima e li tratta colla maggiore attenzione e cordialità. La famiglia di questo buon Cacico è tutta cristiana e le figliuole sue furono educate nella nostra Santa Religione dalle nostre Suore in Viedma ed in Conessa. Egli però ha sempre avuto un gran difetto : non si sa per qual motivo non si è mai potuto risolvere e fare la Santa Comunione : ma finalmente il Signore colla sua grazia trionfò nella mente e nel cuore del nostro caro amico. Egli si era trasferito a Conessa per il Giubileo accompagnato da un suo nipotino. Ci venne subito a trovare per confidare alle nostre cure quel caro fanciullo. D. Salvioni lo ricevette colla maggior cordialità ed io pure corsi a salutarlo con gioia, incominciando il seguente dialogo in lingua spagnuola, che egli comprende, ma poco parla.

- Ben arrivato caro amico, come state di salute?

Bien no mà (no mà è una parola che vuol dire senz'altro e che egli usa continuamente nel suo dialetto famigliare.) Padre.

- E la vostra famiglia ? Siete venuto a mettere in collegio questo buon fanciullo?

- Si, Señor, Padre, no mà; pero yo pagar poco no mà porque pobre no mà.

- Caro Pailemàn, voi non siete povero.

- Si, Padre, pobre no mà.

E quanto pensate dare alla Missione?

- Doce pesos, no mà, Padre, doce pesos no mà.

- E pei libri e pei quaderni ?.

- Yo doce pesos no mà... cuadernos y libros pagar también, no mà. Cagliero Obispo, no mà macho amico: él conformar doce pesos no mà.

- Bene, bene, gli disse allora D. Salvioni, io ricevo in casa questo buon fanciullo e spero che Monsignor Cagliero sarà contento, come voi dite. In quel momento io feci a quel buon vecchietto una domanda e gli dissi

- Ditemi, caro amico, non sapete che questo è l'Anno Santo ?

- Yo saber Año Santo no mà. Yo tambien procesión no mà : Iglesia y Misa no mà.

- Ma questo non basta, mio caro amico, bisogna pensare anche un poco all'anima vostra e avvicinarvi a Dio colla Penitenza e coll'orazione.

- Yo Padre, rezar (pregare) no mà.

- Vedete, mio caro amico, per meritare le celesti benedizioni bisognerebbe fare un piccolo sacrificio, sarebbe necessario mettersi in grazia di Dio con una buona confessione.

- Yo, Padre, confesar también, pero ahora no, Padre, no mà confesar no, Padre, no mà.

- Ma io so che Pailemàn è molto buono : egli certamente darà questo bell'esempio alla popolazione di Conessa.

- Yo, Padre, bueno, no ma; Pailemàn bueno no ma; confesar mas tarde no ma.

Vedendo che non poteva ottenere niente di bene ci siamo licenziati e, dataci la buona sera, egli si ritirò ad una casa di sua conoscenza.

Ma qual non fu la mia sorpresa quando alla mattina seguente, solennità di Pasqua, me lo vidi venire in compagnia di un buon giovinotto, il quale doveva fare la sua prima Comunione ! Questi col suo esempio lo aveva animato, ed il buon vecchietto si presentava adesso umile e semplice come un ragazzo.

- Buon giorno, caro amico, gli dissi allora, siete venuto a compiere i vostri doveri religiosi ?

- Si, Padre, confesar no ma.

E si confessò con tutta divozione ed umiltà. Quindi gli domandai

- Desiderate fare anche la vostra 1a comunione

- Como no? Padre, comulgar tambien no ma. Sapete Chi si riceve nella Santa Comunione

- Jesucristo, no ma, Padre.

- Avete mangiato qualche cosa e bevuto dopo la mezzanotte?

- Nada, Padre, no ma... ayuno (digiuno) no ma.

Queste franche risposte, che denotano la sua istruzione religiosa, si devono alle molte volte che i missionarii salesiani passarono per la sua casa e lo stesso Monsignor Cagliero vi alloggiò due volte, nonche alle sue tre figliuole educate dalle nostre Suore. Ricordandogli quindi come doveva fare la preparazione alla Santa Comunione ed il ringraziamento lo accompagnai in Cappella. Per la sua semplicità sembrava un fanciullo. S'inginocchiò: congiunse le sue mani e guardava fisso il tabernacolo, come volesse dire : Io so che lì si trova il mio Dio ed il mio Redentore.

La sua prima Comunione fu divota ed il suo contegno esteriore dimostrava la grandezza della sua fede. E posto in orazione restò come immobile e pregando nel suo indiano linguaggio per oltre due ore... Fu allora che mi gli avvicinai facendogli segno di uscire ed appena fuori di Chiesa gli dissi, parlandogli famigliarmente:

- Ebbene, caro amico, siete adesso contento?

- Ahora Paileman contento no ma. Comulgar lindo (bello) no ma. Esta tarde yo tambien venir Iglesia no ma, procesión no ma, Padre.

Effettivamente alla sera egli ritornava in Chiesa per prendere parte alla processione di penitenza ed il giorno dopo allegro e contento si mise in viaggio verso il suo umile casolare per raccontare a tutta la sua famiglia la grazia grande che il Signore gli aveva fatto ricevendo Gesù Cristo Sacramentato e per la prima volta nel suo cuore.

Il giorno 11 di aprile abbandonai la nostra cara Missione di Conessa per ritornare a Viedma, ma arrivato a Pringles, distante 100 chilometri, dove abbiamo un'altra Missione dovetti fermarmi per dettare gli esercizii spirituali alle Suore di Maria Ausiliatrice ed alle loro allieve e poi un triduo agli uomini per preparare tutta la popolazione all'acquisto del Giubileo. Furono giorni di fervore e pietà che finirono con una Comunione generale assai edificante.

Degnisi, amatissimo Padre, nella sua grande carità dirigere uno sguardo pietoso sopra queste povere missioni. Un rinforzo di personale ed alcuni aiuti pecuniarii trasformerebbero queste ancor vergini terre in amenissimi giardini della Chiesa ! Oh voglia Maria SS. Ausiliatrice toccare il cuore dei nostri benemeriti Cooperatori e Cooperatrici ed eccitarli a venirci in aiuto a salvare migliaia e migliaia di povere anime, che si perdono perchè non vi è chi stenda loro una una mano benefica.

Mi benedica e baciandole la mano mi professo tutto suo in Gesù Cristo

Aff.mo figlio D. Giovanni BERALDI.

EQUATORE

Attraverso le foreste del Vicariato Apostolico di Mendez e Gualaquiza.

(Relazione di D. Francesco Mattana.)

REV.MO ED AMATISSIMO SIG. D. RUA, Gualaquiza, 30 maggio 1899. (1)

(1) Non ci fu possibile pubblicare prima d'ora questa lunga relazione Equatoriana per l'abbondanza di altre, che, rimesse ad oggi, non avrebbero avuto più alcun interessamento. Questa invece in qualunque epoca si pubblichi nulla perde della sua importanza.

Deo gratias! Finalmente ho soddisfatto ai miei vivi desideri e compiuto in pari

tempo un imperioso dovere facendo una escursione apostolica attraverso il nostro esteso Vicariato Orientale dell'Equatore. Molti avevano già esplorato l'Oriente Equatoriano, guadando sconosciuti fiumi, attraversando ripide cordigliere, esponendosi ad essere vittime del furore dei selvaggi e delle fiere, attirati, o dal vivo desiderio di investigare i segreti della natura, o dalla sete dell'oro, o dall'ambizione di un nome illustre; ed io, missionario, incaricato, fin dal 1894, della direzione e cristiana civilizzazione di questo Vicariato non aveva ancor fatto nulla. Questo pensiero mi pungeva amaramente la coscienza: epperò, superate le mille difficoltà che si frapponevano al compimento di questo dovere, fattomi coraggio al riandare gli esempi di tanti nostri valorosi missionari, fissai di incominciare la mia lunga e pericolosa escursione nel dicembre del 1898. Ora che l'ho felicemente condotta a termine, tenterò di riordinare gli appunti e le note prese, dando qualche cenno dell'estensione del territorio, del clima, della vegetazione, dei fiumi, ecc. ecc. del centro del nostro Vicariato, dove fonderemo, a Dio piacendo, la nuova città e il collegio centrale delle nostre Missioni.

Da Gualaquiza a Indanza-Al tambo di Juambachi - Pro defuncta - La 2a notte nel deserto - Assaliti dalle fiere-Traccia degli antichi Inca.

Ai primi di dicembre, dopo aver disposte tutte le cose pel buon andamento della Missione di Gualaquiza, mi diedi attorno ai preparativi del viaggio. Il giorno 4, domenica, funzione religiosa per la partenza: dopo la Messa cantata, tengo un breve discorso al popolo, manifestando i motivi che mi inducono a partire e raccomandandomi alle loro preghiere. Poscia imparto la benedizione col Santissimo e recito le preghiere liturgiche per il buon esito del viaggio. Uscito di chiesa, e dato gli ultimi ordini, mi metto in cammino, accompagnato dal confratello Virgilio Avolos, da Giovanni Coronel, Governatore di Gualaquiza, da Camillo Torres, interprete dell'idioma Jivaro e da vari Jivaros portanti le vettovaglie e le bagatelle destinate ad ingraziarci i selvaggi. Commoventissimo è l'addio dato sulla piazza di Maria Ausiliatrice: tutta la comunità, gli abitanti e un gran numero di Jivaros, circondandomi da tutte le parti, mi supplicano con le lagrime di un'ultima benedizione, che loro imparto di cuore, ma coll' animo straziato dal pensiero che quella forse era l'ultima volta che ci saremmo riveduti quaggiu... e poi via in marcia con numerosa carovana. Si arriva dopo mezz'ora al tambo di Yumazo dove, preso qualche rinfresco, si piega a nord della valle di Gualaquiza, proseguendo fino al tambo del Jivaro Juambachi. Qui i cristiani che ci hanno accompagnati ci lasciano e fanno ritorno alle loro abitazioni.

Noi - cioè quelli destinati per la carovana e alcuni alunni e novizi - colà passiamo la prima notte. La moglie del padrone del tambo era morta già da alcune settimane, ma il cadavere si conservava (secondo il costume Jivaro) vicino al fabbricato in una specie di cassa di paglia e giunchi. Per prima cosa quindi recitiamo le preghiere dei defunti in suffragio di quell'anima. Poscia, rifocillatici e recitate le preghiere serotine, si pensa a dormire, ma è impossibile per i mille pensieri e tristi presentimenti che torturano la fantasia. Ai primi albori celebro il Santo Sacrifizio; e gli altri compiono pure le loro divozioni; quindi stabilisco il nostro itinerario, mentre mi aggiusto alla cintura un buon revolver e un machete (specie di coltellaccio), perchè tali precauzioni sono indispensabili per viaggiare per queste vergini e pericolose montagne. Baciato il Crocifisso, mio inseparabile compagno di viaggio, in nomine Domini intraprendo cogli altri l'ascensione di una collina, verso il fiume Jumaza, a N. N. O. di Gualaquiza. Dopo parecchie ore di cammino si arriva ad un albero gigantesco, chiamato dai Jivaros hombo, i cui rami formavano un portico alto cinque metri per due e mezzo di larghezza. Si sosta alquanto e poi via di nuovo fino ad un altro punto detto dai Jivaros Salado (perchè attraversato da un torrente d'acqua salina che va a gettarsi nel Gualaquiza).

Non essendo più possibile seguire oltre sia per essere il cammino molto pantanoso, sia perchè più innanzi non avremmo trovato la paglia per fabbricarci il nostro tambo, si stabilisce di passar quivi la notte. S'innalzano tosto tre tambi, uno per me e per i cristiani e gli altri due per i Jivaros: si fa una allegra cena e poscia senza alcuna fatica, anzi con molto gusto delle stanche nostre membra ci abbandoniamo in braccio a Morfeo... Verso le 11 di notte sono svegliato di soprassalto dagl'insistenti latrati di Cholo, il cane che mi accompagnava , e mentre sto almanaccando che mai potesse significare ciò, svegliatisi pure i Jivaros, tosto si pongono a gridare tutti spaventati: Cuidado, cuidado, Padre Francisco, mucho tigres y osos aqui venendo, todos nosotros matando, comiendo, queriendo Cerco di tranquillizzarli dicendo loro che non v'è nulla a temere sotto la protezione di Maria Ausiliatrice; ma con grande stupore veggo molte di queste terribili fiere che, protette dall'ombra e attirate forse dall'odore della nostra cena, si erano avvicinate alle nostre tende, e noi si correva serio pericolo di restar vittime della loro voracità.... Invocata la protezione della nostra Madonna, ci poniamo tutti sulle difese: i Jivaros, secondo il loro costume, emettono spaventose grida e noi spariamo i nostri fucili, mentre altri accendono vari fuochi al fine di scongiurare l'imminente pericolo... Infatti le fiere un po' per volta si ritirano, ma noi stabiliamo di far la guardia per turno. Poco dopo la mezzanotte sono di nuovo svegliato da un forte rumore che sembrava poco distante dalla mia tenda: alzo la testa e, al chiaror della luna, osservo che la gran bestia stava sol un metro distante dal mio capo... mi dispongo per prenderla di mira col mio revolver, ma la fiera, avendo forse udito qualche rumore, era già sparita fra le macchie ed io posso riposare un po' tranquillamente.

Alle quattro e mezza del dì seguente, 6 dicembre, improvvisato un altare in mezzo alla foresta, celebro la Santa Messa, durante la quale gli altri fanno la Comunione in ringraziamento a Dio per esser stati preservati da certa morte. Era la prima volta che in quel luogo solitario e silvestre si celebrava l'incruento Sacrificio dell'altare, ed io per ricordare il grande avvenimento, dopo la Messa, faccio erigere una grande croce la quale fosse pure segno precursore della prossima redenzione di quei luoghi dalla schiavitù dello spirito delle tenebre.

Ciò fatto, ci mettiamo di nuovo in cammino e arriviamo presto al rio Yeou (salalo), sulle cui sponde esistono varie traccie della potenza degli antichi Incas.

Sul monte Saquea - In pericolo di esser impiccato - Abbracciato ad uno spineto - Chicha e superstizioni- Sul fiume Cumbossa - La caccia alle scimmie-Amor materno -Il guado del Colaglós- La Provedoria - Pescagione sul Guamquiza.

Quivi sorge il monte Saquea nella cui ascensione, c'incontriamo in una famosa arnia di vespe le quali, rispettando quelli che erano vestiti, furono inesorabili sul corpo seminudo dei poveri Jivaros, facendovi tali punture da recarci seri timori. Sulla sommità di questo monte che separa la pittoresca vallata di Gualaquiza da quella di Colaglós, prendiamo un po' di riposo e poi si discende rapidamente per l'altro versante. Ma tutto ad un tratto la mia barba s'impiglia fra le spine d'un pruneto, e, novello Assalonne, sono impedito nella mia corsa; e tanto s'arruffa fra le spine la povera mia barba che mi trovo nella dura necessità di tagliarmela col mio coltellaccio... mentre le spine si ritirano contente della loro preda ed io a mie proprie spese imparo il mezzo più spiccio per salvare l' aronnitica mia barba

Poco dopo mentre correva precipitosamente, non m'avvedo d'un precipizio e per salvarmi mi conviene abbracciare un albero coperto di acute spine e chiamato chentilla. Non parlo del dolore provato nel sentirmi trapassate le mani da quelle dure spine e nel dovermele poscia far estrarre ad una ad una, perchè per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime sono disposto a soffrire con piacere assai più, anzi la morte stessa. Per il missionario cattolico, i patimenti, i dolori, lo spargimento di sangue e la morte sono fiori e rose, gloria e trionfo; ed io in mezzo a tanto dolore rendeva grazie a Dio per avermi fatto degno di soffrire qualche cosa per Chi sacrificò la sua vita sul patibolo della croce per la nostra redenzione.

Lungo la nostra corsa c'imbattiamo in altre tigri ed orsi, ma sono messi in fuga dai latrati del nostro fedele Cholo. Sul cadere del dì si arriva al fiumicello Rombois che scende dal versante nord e va a gettarsi più in Capo nel fiume Colaglrós. Dopo aver guadato il Rombois, ci riposiamo alquanto e i Jivaros mi offrono a gustare la loro celebre chicha. Non posso rifiutarmi, ma il superfluo lo verso nel fiume. Ciò avvertendo essi, mi dicono : Padre Francisco, chicha río no botando, porque chicha rio botando mucho lloviendo haciendo; e si avvicinano a spargere chicha sulla sponda del fiume, chiedendo a Taita Dios (Diusa) che non faccia piovere. In quante superstizioni vivono mai i poveretti! Continuando il nostro cammino sulla sponda opposta del fiume arriviamo verso le dodici su un'altra punta del monte Saquea, detta dagli Jivaros Ensaqua, e quivi soprastiamo alquanto a contemplare il meraviglioso panorama delle selve orientali e a rianimare le affrante nostre forze con generoso liquore. Nel passaggio del monte Saquea fino al fiume Cumbossa c'imbattiamo di nuovo in una torma di tigri ed orsi, ed essendocene accorti per tempo eravamo disposti tutti al combattimento, ma, come a Dio piacque, non ne fu nulla avendoci innanzi tempo le fiere lasciato libero il passaggio.

Verso le due pomeriane guadiamo il rio Cumbossa sulla cui opposta sponda incontriamo una quantità di scimmie che mettono nei Jivaros una voglia matta di cacciarle. Curioso e perfino interessante è questo genere di caccia. Le povere scimmie spaventate dalle freccie dei Jivaros saltavano da un ramo all'altro con la stessa facilità come se camminassero per terra; perciò quelle ferite rimanevano impigliate tra i rami e diveniva persin necessario gettare a terra gli stessi alberi per godere della loro carne arrostita al fuoco dei suoi rami. Tra le altri vidi una scimmia che, stringendo fortemente fra le sue braccia i suoi nati, con tenerezza materna presentava le proprie spalle quale scudo alle freccie per salvare da morte i teneri esseri, cui aveva dato la vita, e saltava di ramo in ramo in tale dolorosa posizione finche venne colpita da una fatale freccia, ma anche allora si stringeva più fortemente al seno i suoi cari... e con quell'atto di affetto materno, morì. Non vidi mai quadro che rappresenti tanto al vivo l'amor materno nelle bestie quanto questo. La caccia alle scimmie ci occupò più di quanto si pensava e così abbiamo potuto giungere solo fino alle sponde del fiume Colagrós dove alziamo le nostre tende notturne. Durante la notte cade una pioggia torrenziale ed il dì seguente a fatica e con grande pericolo si riesce a guadare il fiume. I più non vogliono arrischiarvisi ed io debbo dare il buon esempio, gettandomi pel primo nelle acque. Questo atto ottiene il suo effetto e i Jivaros van dicendomi: ah! vos Taita Padre Francisco macho valor habiendo, macho nadando sabiendo, macho río grande pasando bien sabiendo, vos miedo no temiendo, otros cristianos mucho miedo habiendo està.

Il fiume Colagrós corre da nord a sud e si getta nello Zamora a grande distanza dalla Provedoria: così si chiama il luogo in cui avviene l'unione del fiume Bomboisa collo Zamora perche al tempo in cui in quei luoghi si lavorava il cauciù e la eascarilla erasi innalzato colà una specie di deposito di viveri e di strumenti pel lavoro.

Più innanzi troviamo un fiumicello conosciuto sotto il nome di Guamquiza, le cui acque sono ricche di saporiti pesci. I miei compagni, mentre ci ristoriamo, si danno a pescare facendo uso del barbasco, specie di pianta o arbusto che i Jivaros si erano recato da Gualaquiza. Continuando la nostra marcia arriviamo in sul far della notte appiè del monte Congineinda. Quivi alziamo le tende; si prepara la cena coi pesci pescati poc' anzi; si mangia con formidabile appetito e poi si riposa tranquillamente sul letto donatoci dalla madre terra.

(Continua).

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Dall'esilio alla patria. (Relazione di Don Guido Rocca.*)

In Quito - Collegio Don Bosco alla Tola - Oratorio festivo - S. Natale e festa di famiglia - Arrivo di S. E. l'Arcivescovo di ritorno dal suo viaggio a Roma - A San José ed il confratello Pancheri - Riapertura del Collegio - I primi interni - Conclusione.

Avendo avvisato in tempo il mio arrivo a Quito, vi era atteso con ansietà, forse con la stessa con cui io anelava di giungervi. Il sig. Emanuele Fison si dimostrò in questa occasione un vero gentiluomo provvedendo tutto il necessario per l'arrivo dei Salesiani. Sapendo che non avevano il cuoco ne mandò uno pagato da lui e mandò inoltre la sua vettura a riceverci a due leghe di distanza, in un punto chiamato San Bartòlo. Quale non fu la mia meraviglia allorquando al fermarsi della diligenza, vidi uscire da una carrozza l'ex-alunno José Delgado, occupato quale soprastante nella nostra fabbrica della Tola, che mi chiamò per nome dicendo : Venga, Padre, venga ; il sig. Fison la saluta e le manda la carrozza. Discendemmo dalla diligenza e montammo sul cocchio, che in mezz'ora ci trasportò nella nostra Casa di Tola. Tutto era pronto. Il mio primo pensiero fu di visitare la Cappella dove trovai , adornata modestamente, l' immagine di Maria Ausiliatrice, la stessa benedetta dal nostro indimenticabile fondatore e Padre, Don Bosco, la stessa sfuggita alla generale depredazione nella Casa della Provvidenza in Sangolquì durante l'epoca del nostro esilio. Quali ringraziamenti le inalzammo per averci ricondotti sani e salvi fino a Quito, dopo tante peripezie! Il Collegio in costruzione presenta bell'aspetto e promette farsi un grandioso edificio.

-Il dì seguente celebrai la mia prima Messa nella Cappella, già terminata, e non potei tenermi dall'indirizzare all'uditorio un breve fervorino d'occasione. Noi demmo tosto mano all'opera. Trattavasi di dare principio all' Oratorio festivo nostro primo e principale lavoro. La prima domenica circa 20 o 25 fanciulli dei più vicini accorsero alla ricreazione : la Domenica seguente , attratti come dalla calamita, ascesero a più di 100, la terza fino a 200 e andarono così crescendo successivamente da raggiungere adesso il bel numero di 600. A misura che venivano i fanciulli, io aumentava i giuochi, e adesso si può dire, che l'Oratorio festivo di Quito è ben organizzato e frequentato con assiduità e profitto. Volli celebrare con pompa la prima solennità che era la bella e santa festa di Natale. La nostra casa si rassomigliava molto nella sua pompa ed umiltà alla stalla di Betlemme ma la Vergine SS. che qual buona Madre a tutto provvede, fino le cose che sembrano insignificanti , ci aveva inviato nell'antico alunno Alberto Guerra, un buon maestro di Cappella. Col suo concorso e buona volontà, e facendosi tutti cantori i pochi della Casa, celebrammo bene questa novena e solennità.

Una delle mie prime occupazioni fu di visitare i Cooperatori che trovai ben disposti e contenti pel ritorno dei Salesiani a Quito. Ottimi amici e consiglieri trovai in un nostro vicino di casa, il sig. Emanuele Cubi e nella sua famiglia, ed il mio cuore gioiva pel prossimo ritorno da Roma dell'Eccm° Metropolitano, di cui conosceva già a fondo l'affezione verso i suoi figli Salesiani, com'ei soleva chiamarci.

Egli vi giungeva l' 8 di gennaio 1900. Il Governo radicale fece mille tentativi per impedire le feste che si preparavano pel suo arrivo ; ma tutto fu invano, chè il popolo Quiteno e l' alta aristocrazia vollero dare una pubblica prova della loro pietà e adesione al proprio Prelato Mons. Pietro Gonzalez. Tutta la città era adornata di bandiere ed archi. Circa mille persone a cavallo e 50 carrozze della primaria nobiltà, uscirongli incontro, e non è facile descrivere la gioia della popolazione, manifestata con gli evviva e le acclamazioni e perfin colle lagrime. Basti ricordare che il cocchio in cui trovavisi l'Arcivescovo, invece di essere tirato dai cavalli, era come portato sulle spalle dalla moltitudine.

Tornando alle cose del nostro Istituto, mancava la presenza di Pancheri. Desiderava vederlo ed aveva urgente necessità di parlare con lui sul conto della Casa. Da una settimana all'altra si andava avanti colla speranza che tornasse finche alla fine mi decisi di andare a visitarlo io stesso ; già dissi che egli si trovava là in San José più sù di Ibarra, a due giornate di cammino da Quito. Prendendo a fianco il mio compagno di viaggio e l'exalunno Carlo Lòpez presi la via di San Josè il giorno 9 di gennaio. Partimmo alle 1. p. m. da Quito e giungemmo a Machingui alle 8 1/2 della sera. Aspettammo fino alle 11 per avere un po' di cena, poi si dormì alla meglio ed al domani di buon mattino seguitammo il viaggio, arrivando a Octavalo all'una p. m. C'incontrammo coi nostri antichi alunni Pintos, i quali ci accolsero come meglio poterono. Avrebbero essi desiderato tenerci in loro casa almeno un giorno, ma l'ansia di trovarci presto col caro Pancheri ci fè continuare il viaggio subito dopo pranzo. Sapendo che Pancheri andava spesso al tenimento di Quitumbita di proprietà del sig. Dr. Adolfo Paez, nostro grande amico, pensai di passarvi e quale non fu la nostra sorpresa quando nel giungervi alle 6 1/2 della sera, sapemmo dalla signora che Pancheri era partito al nostro incontro, prendendo per mala sorte una via opposta alla nostra !

Naturalmente fummo ospitati colà, giacchè egli non incontrandoci doveva tornarvi. Non è necessario il dire con quali gentilezze fummo trattati; sembrava che non fossimo in casa di campagna, ma in una delle più comode della città. Attesi fino alle 10 di notte il desiderato confratello, finchè vinto dal sonno stava per abbandonarmi al riposo; quando sento battere forte alla porta ed alla voce che mi chiamava conobbi che era Pancheri medesimo di ritorno da Octavalo, malgrado la pioggia e l'oscurità della notte. Non è cosa facile il descrivere il nostro incontro dopo quattro anni circa che non ci vedevamo. Nell'abbraccio che ci demmo quante cose dicevano i nostri cuori, che ricambio di affetti e d'allegria ! Conversammo fino a mezzanotte con tutta l'espansione possibile, poi ci coricammo. Al domani celebrata la Santa Messa in Quitambita, andammo a San Josè, dove mi fermai un' intiera giornata, vale a dire fino alla sera del dì seguente. Visitammo le macchine ed ebbi occasione di constatare tutta la grave responsabilità a cui erari sobbarcato Pancheri, che lo giusti-, ficava della prolungata assenza. Nella giornata ci recammo ad Octavalo, dove riposammo in casa dei Pintos. Il giorno dopo di buon mattino ci mettemmo in viaggio di ritorno e giungevamo a Quito alle 7 1/2 della sera. Un altro fine del viaggio era stato di prendere accordi per l'andamento della Casa; così che al ritorno determinai di aprire definitivamente il Collegio Convitto coi primi alunni. Questi furono cinque, inaugurando tosto i laboratori dei falegnami, scultori e fabbri. Si festeggiò quest'avvenimento nella solennità di S. Francesco di Sales con una accademia ad onore di Mons. Arcivescovo.

Ed ora, come conclusione, invito i lettori di queste poche pagine ad unire le loro preghiere con quelle di tutti i Salesiani e specialmente di quelli dell'Equatore per rendere grazie all'Onnipotente il quale nella sua bontà, se talvolta permette che sieno oppressi i suoi, non lascia però vincere il demonio. Quale Provvidenza ammirabile non si scorge nel ritorno dei Salesiani a Quito! E questa ammirazione aumenta se si considera che, malgrado tutte le difficoltà, l'Opera Salesiana va innanzi tranquilla in Quito e non solo va innanzi, ma gode d'una certa pace, e prospera e promette di raggiungere presto quella grandezza che aveva già conseguito prima della persecuzione, estendendo i suoi benefizi a moltitudini di fanciulli che negli Istituti Salesiani cercano pane, lavoro e paradiso.

Gloria a Dio ed a Maria Ausiliatrice.

Quito, 21 maggio 1900.

D. GUIDO ROCCA.

IL SANTO PADRE LEONE XIII ED I MISSIONARI SALESIANI

Il giorno 29 settembre scorso, alle ore 12, il Santo Padre ammetteva in privata udienza vari nostri Missionari venuti dall'America in occasione del IX Capitolo Generale della Pia Società Salesiana tenutosi lo stesso mese in Valsalice presso la tomba di D. Bosco. Ci piace notare tra essi: D. Borghino, direttore di Bahia Blanca; D. Riccardi, direttore della casa di Messico; D. Guerra, direttore della casa di Paysandù; D. Pedrolini di Bernal; D. Costamagna, di Santiago; D. Egas, di Quito; Dos Santos, di S. Paolo di Brasile, D. Gioia, di Guarantiguetà ed alcuni altri. Presentati al Santo Padre dal direttore di Bahia Blancha furono oggetto d'una paterna accoglienza che li commosse oltremodo.

Prostrati al bacio del Santo Piede, domandarono la benedizione per D. Rua, ricorrendo appunto in quel giorno il suo onomastico. Il Santo Padre sorrise a quel nome, e volle informarsi minutamente dello stato di salute del nostro amato Superiore, dove fosse, che facesse, addimostrando una speciale simpatia per lui e finì col dire: Sì, sì; lo benedico di cuore lui e tutta la sua Pia Società. Oh! D. Rua, fa molto del bene, D. Rua; sono contento di lui.

Domandata la benedizione pei nostri Vescovi e Superiori d'America, si informò pure minutamente di Mons. Cagliero e di Mons. Giacomo Costamagna e delle loro vaste Missioni. Avendo poi visto tre ragazzi che D. Borghino aveva condotto seco da Bahia Blanca, il Santo Padre prese per mano il più piccolo, se lo strinse al petto, ed accarezzandolo teneramente disse: Oh! Gli Americani ! Quanto bene voglio ai ragazzi della Patagonia, li benedico tutti. Poscia rivolto loro raccomandò che stessero buoni e volessero sempre bene al Papa.

Nella sua bontà rivolse poi qualche parola di conforto a ciascuno dei presenti, domandò notizie circa le loro case, s'informò delle loro opere, massime riguardo agli emigrati ,italiani in quelle lontane regioni, la sorte dei quali dimostrò stargli molto a cuore. A tutti rivolse poi parole di incoraggiamento e concesse ai presenti la facoltà di dare una volta la benedizione papale ai Cooperatorì e Benefattori delle Qpere Salesiane, ed ai giovanetti dei loro Istituti. Inculcò loro uno zelo fervente per la salute delle anime, lasciando in tutti piena consolazione ed ammirazione per l'eletta sua mente, l'alta sua dottrina, l'estrema sua bontà verso i figli di Bosco. Dopo avere umiliati i loro voti di devozione, di obbedienza e di affetto al Santo Padre presero commiato.

Grazie, o Padre Santo, della vostra bontà verso i poveri Salesiani; essi vi amano, vi ubbidiscono, e vi faranno conoscere ed amare in tutti i luoghi dove lavorano.

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

Dall'augusto colle di Superga s'eleva il sole a circondarti dei suoi raggi d'oro , o potente Ausiliatrice, e quando dietro alle alpi sublime si devolve all'occidente, l'ultimo suo raggio ti bacia riverente il piede , o Madonna di D. Bosco. E col saluto e l'addio del sole è il cuore dei tuoi beneficati, de' figli tuoi che nello slancio ardente della riconoscenza a te si rivolgono ringraziando.

Col sorgere delle stelle, l'eco si spande ancora, delle pie preci dei divoti, delle lodi a te, Vergine bella, che avvivi e fecondi la speranza, che temperi i dolori, che asciughi il pianto sul ciglio sconsolato, che col chinare del tuo sguardo pietoso calmi le tempeste dell'anima, i dolori del corpo, fai rifiorire l'egra salute e riduci la gioia dove era l'angoscia e l'affanno disperato dell'anima.

Faro di grazie splende il tuo Santuario, che, eretto sulle zolle bagnate del sangue dei martiri, segna i trionfi della tua pietà sulle miserie e sui martiri_ di questa valle di lagrime.

Vergine Ausiliatrice, deh ! splendi sempre al nostro sguardo e sia l'immagine tua la guida al fonte di perenni grazie, al gaudio del tuo amore, alla beatitudine del cielo per noi e, più specialmente, per le anime, a Te cotanto dilette, che soffrono dolori indicibili nelle fiamme del Purgatorio. O Maria, salvale in questo mese a loro sacro, mandale tutte in paradiso e noi con esse!

Solo un miracolo lo potrebbe salvare !

Il 12 aprile del 1899 faceva bollire una grande caldaia di catrame che mi doveva servire ad ispalmare una capanna di legno. Quando fui per levarla dal fuoco, il catrame improvvisamente prese fuoco e la vampa si alzò tant'alta che minacciava di incendiare il soffitto. Mi venne un'idea e senz'altro, per ovviare al pericolo, versai il bollente liquido sul pavimento che fu come allagato da un'onda di fuoco crepitante e spaventosa. Mia moglie, che si trovava in altra stanza, accorsa al rumore, con in braccio il più piccolo dei nostri bambini, gettò un grido di spavento e come invasa da forsennato terrore, serrandosi strettamente al seno il figliuolo tra mezzo alle fiamme, corse all'aperto. Il catrame le bruciava intorno ai piedi, le sue vesti anch'esse bruciavano ed il bambino strillava, orribilmente scottato come fu alla faccia, alle mani ed alle ginocchia. Frattanto io mi sentivo soffocare dal fumo nauseabondo : gli occhi gonfi e lacrimanti non mi lasciavano distinguer quasi nulla, mi sentivo svenire e mi buttai alla porta per respirare: fatalità! In quei disperati momenti avevo come perduta la testa, misi un piede nel catrame e scivolai... mi parve di esser caduto in un lago di fuoco ! mi rialzai e gridando aiuto corsi all'aperto : tutto il lato destro dalla testa ai piedi mi ardeva addosso come una torcia a vento e caddi privo di sensi. La gente accorsa mi spense il fuoco addosso e mi portò in letto dove orribili dolori mi facevano come delirare. Quando rinvenni mi trovai solo appesa al collo la mia cara medaglia di Maria Ausiliatrice: fu la mia speranza, e dissi tra me: guarirò. Dopo alquanti giorni, per potermi curare, convenne tagliarmi la pelle bruciata. Dio mio ! quale orrore ! il fuoco aveva intaccato così prófondamente, che le ossa ed i nervi rimasero allo scoperto ; il medico crollava il capo quasi volesse dire : solo un miracolo lo potrebbe salvare. La mia desolazione era immensa; d'intorno al letto la moglie ed i miei bambini singhiozzavano da far pietà ; io non so che pensassi, ma fu in quel frangente, sotto lo spasimo del dolore, che mi rivolsi con un supremo slancio di fede a Maria Ausiliatrice e ne chiesi l'aiuto, promettendo di far pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano. Maria accolse le mie preghiere ed esaudì il mio voto. Ora, dopo un continuato progressivo miglioramento, mi trovo in grado di riprendere i miei lavori senza risentirmi dell'orribile ustione sofferta ed adempio le mie promesse verso l'Ausiliatrice.

Cambiano, 24 maggio 1901.

CROSA FRANCESCO.

Quanto è buona Maria!

Io sottoscritto girava per le vie della città di Venezia vendendo alcune mercanzie onde procacciarmi il pane della vita. Colto da improvviso e gravissimo malore, fui gentilmente ospitato da una di quelle famiglie che vivono ancora alla patriarcale e che vanno sgraziatamente ognor più scomparendo nella moderna società. Quella cara gente mi prodigò ogni cura e con quell'amore tutto proprio alle anime investite dalla carità di. Cristo. Fu chiamato il medico locale che dichiarò gravissima la malattia, ma sconosciuta all'arte salutare; furono chiamati altri periti dell'arte e tutti affermarono la medesima cosa. In fine si decise di condurmi all'ospedale di Feltre per sottomettermi ad una operazione chirurgica. Chi può immaginare lo schianto del mio cuore a quell'annunzio? E chi avrebbe pagato lo spese? Io, povero girovago che a màla pena guadagnava il pane d'ogni giorno? A tutto pensò Maria Santissima. Quei cari ospitalieri, ch'hanno già dato un figlio alla Pia Società dell'Ausiliatrice, son divotissimi della Madonna di D. Bosco, e me ne parlarono con tanto affetto ch'io non potei non mettermi sotto la sua protezione, promettendo la tenue offerta di L. 20 se mi avesse concessa la guarigione. Oh! quanto fu buona Maria ! Era circa la mezzanotte del 6 al giugno 1900; era preparata ogni cosa per condurmi all'ospedale, quando all'improvviso sentii meravigliosamente guarito, e guarito sì bene da lasciar stupiti i medici e tutti i presenti, fuorché i miei cari benefattori, che colle lacrime agli occhi per la consolazione andavano esclamando: È Maria! È la bontà dell'Ausiliatrice! Tutti compresi dell'intervento di Maria Ausiliatrice ci prostrammo dinanzi ad una sua statua venerata in quella famiglia da tutti i conterrazzani;, sciolsi il mio voto mandando l'offerta promessa e partii da quel luogo commosso per la grazia ottenuta e lieto d'aver imparato ad amare ed a ricorrere a Maria Aiuto dei Cristiani.

Fonzaso, 7 giugno 1901.

ANTONIO MACCAGNAU.

Una felice inspirazione.

Era la notte del 28 novembre 1809: tutto era silenzio nella nostra casa e i figli dormivano il sonno degli innocenti, quando verso le ore 10 il mio primogenito di anni 7 si sveglia bruscamente sotto la stretta di una forte tosse con mancamento di respiro e le sue membra si agitano in preda a convulsioni spasmodiche. Accorro, gli appresto calmanti, polveri vermifughe e quanto credeva potesse giovargli, ma tutto era inutile, che anzi, preso come da un eccesso di delirio, salta dal letto e corre come pazzo per la stanza emettendo gridi strazianti. Lo prendo in braccio ed egli come un energumeno si dibatte tremendamente, mi graffia la faccia, si storce, si divincola come una serpe : gli occhi ha sbarrati e la schiuma gli esce dalla bocca. Io non valgo più a tenerlo e lo prende suo padre, ma egli, dopo sforzi nervosi per iscappargli, gli si avvinghia al collo gridando: - Babbo, babbo, aiutami, io muoio! - Tremava tutto il povero piccino, era pallido come un morto ed i capelli gli si erano rizzati sul capo. Lo avviciniamo al fuoco per riscaldarlo ed egli voltandosi verso di me in suono appena intelligibile mi dice: - Mamma, preghiamo Maria Ausiliatrice : ho letto sul Bollettino dello zio che ne ha guariti tanti, Essa guarirà anche me. - Pieni di consolazione per la felice ispirazione, cominciamo a pregare e Maria ci esaudisce subito, perchè Essa c'inspira di somministrare all'ammalato una bibita spiritosa... Chiamato il dottore, questi constata il terribile male del grupp, con nessuna speranza di poterlo salvare. Si riserva tuttavia di venire al mattino subito con altro medico per tentare l'operazione. S'immagini chi può come noi restiamo a tale notizia. Piangendo rimettiamo a letto il fanciullo e continuiamo a pregare. L'ammalato a poco a poco pare più sollevato, respira con minor fatica, indi comincia a sudare abbondantemente ed in sul mattino era bello e guarito. Venuti i medici, constatarono che del male sofferto nessuna traccia più rimaneva. Benedetta e glorificata sia dunque la materna bontà della Madonna di Don Bosco per una grazia così segnalata!

Rovato, 22 giugno 1901.

BORRA ANNETTA.

Attimis (UDINE). - Il giorno 6 del passato luglio in Racchiuso una tremenda catastrofe metteva in lutto tutto quanto il paese. Sopra una impalcatura della Chiesa che si sta fabbricando si trovavano sette persone allorchè, forse per il troppo peso di uomini e di materiali, la impalcatura si sfasciò con orribile fracasso, e due persone caddero travolte nella ruina di travi, assi e macigni. Quale fosse l'orrore ed il panico dei presenti e degli accorsi si può facilmente immaginare, si temeva che i due disgraziati fossero rimasi schiacciati : si procedette allo sgombro e si ritrovano tutte e due intontiti ed ammaccati: uno morì di quella sera stessa, ma l'altro guarì in breve tempo. Naturalmente la giustizia fu sopraluogo e fatte sue indagini condusse in carcere tre dei miracolosamente salvati nella catastrofe dell'impalcatura, ritenendoli responsabili del disastro. Tristi sobillatori brigavano anche la condanna di innocenti. In questo stato di cose si ricorse a Maria Ausiliatrice ed in breve tutto si appianò, e si ripresero i lavori della Chiesa che attesterà la materna protezione dela Madonna di D. Bosco.

Sac. LUIGI MAS, Parroco.

21 maggio 1901.

Brescia. - Nel luglio scorso la mia bambina di 7 mesi di età, già molto anemica e patita per infelice allattamento, fu colta da grave forma di entero-colite infettiva. Oramai il caldo soffocante di quei dì, la febbre elevata, i dolori e le continue deiezioni aveano esaurito quel piccolo organismo, e sul pallido visino dagli occhi vitrei si posava la morte. Anche i vicini colleghi che premurosi accorrevano più volte al dì, aveano perduta ogni speranza di salvarla. In quei momenti di estrema angoscia , con vivissima fede feci ricorso a Maria Ausiliatrice. Pochi istanti dopo, scomparsa la febbre, come per incanto, la mia bambina sembrò alquanto rianimata... dopo qualche giorno era salva. Viva Maria Ausiliatrice !

Dottor N. VOLPI Medico-Chirurgo.

Agosto 1901.

Rosignano Monferrato. - Adempio il voto fatto di far pubblicare la grazia che Maria SS. mi ha concessa. Eravamo nella novena di S. Giuseppe, quando incominciai a sentire un grave malore intestinale. Mi feci visitare dal dottore, che mi ordinò una medicina la quale però non produsse alcun buon effetto. Continuai con questo male, che cresceva sempre, per un mese, finchè io dissi al dottore: - Mi sento troppo male, non posso più continuare cosí. - Ed egli : - Io non so proprio che cosa sia, bisogna che si prenda un altro medico più valente di me. - Al sentir ciò io mi sono rimessa con somma confidenza nelle mani di Maria SS., e dissi: - Voi siete più sapiente e più potente dei dottori e m'avete da guarire. Se ottengo la grazia vi prometto di farla pubblicare sul Bollettino e di inviare lire cinquanta per il vostro Santuario di Torino in Valdocco. - Nel medesimo tempo cominciai con molto fervore una novena. Trascorsi due giorni, il male che prima mi metteva tanti fastidi diminuì molto, e finita la novena era scomparso totalmente. Siano adunque rese grazie infinite a questa benignissima e potentissima Madre Maria Ausiliatrice.

8 maggio 1901.

CLOVERIO ROSALIA.

S. Giovanni di Manzano in Dolegnano (UDINE). - Il 6 gennaio scorso un mio fratello cadde infermo di febbre tifoidea altissima, accompagnata da tosse tormentosa. Di fretta si cercò un valente medico che lo curasse, il quale mise tutto in opera per combattere il terribile morbo che ad occhio faceva progressi spaventosi.. Noi non si badò ne a spese nè a disturbi, ma inutilmente: in breve si dovè constatare che cure e medicine tornavano a nulla. L'afflizione in famiglia era delle più strazianti vedendoci impotenti a recar sollievo all'amato infermo che si avvanzava rapidamente alla tomba.

Essendo tutti noi Cooperatori Salesiani, le glorie di Maria Ausiliatrice erano conosciute in famiglia; e fu appunto colla speranza nella sua potente protezione che a Lei ci rivolgemmo come ad estremo conforto ed ultima speranza. Si cominciò una novena, ed oh ! consolazione ! il nostro infermo si sentì come sollevato, ed un senso di miglioramento serpeggiargli nelle membra ed a novena finita egli era guarito completamente. Viva dunque in eterno la potentissima nostra Ausiliatrice.

25 maggio 1901.

CANTARUTTI AGNESE.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti

A.*) - Ales (Sardegna): Sac. Michele Sanneris per l'impetrata guarigione dello zio. - Almese (Torino): Bertola Antonio fa Battista, L. 25 per grazia. - Andria: Can. Saverio Cannone per aver ottenuto da Maria una santa morte ad una sua nipote diciottenne. - Asti : Luigia Botto, 2 per grazia.

B) - Bollone (Tirolo): D. Pace Carlo Alberto, 50 per grazia. - Bologna: Negroni Giuseppe, 5. - Bolzaneto (Genova): Boccarda Elide, 10. - Borghetto di Borbera (Alessandria) : Suor Giovanina Caccia, 10 a nome di pia persona in ringraziamento di una catena non interrotta di grazie a suo riguardo. - Brescia: B., per due belle grazie. - Busca (Conio): Vilargruber Suor Giulia, 3 a nome di pia persona graziata. - Busca (Cuneo): Giacomo Menardi, 5 a nome di pia persona riconoscente per l'ottenuta guarigione da lunghissima infermità.

C) - Calascibetta: Corvaja Tita Elisa, 8 per celebrazione di Messe secondo la sua intenzione e d'altra persona devota. - Campione: Toniolo Anna, prodigiosamente guarita dalla Madonna. - Campo ligure (Genova): Bottero M. Romana, 7 per Messa e cuore d'argento all'altare dell'Ausiliatrice. - Carate-Brianza: Mazza Maria, 3. - Carpaneto (Piacenza): Gasparini Luigi, 5.50. - Casale Monferrato: Biscaldi Maria ved. Pietra, 5 per grazia. - Casantazzagno (Belluno): Festini Filomena, 5. - Casanova di Rovegno: Cosazza Antonio, 20 per grazia. - Caso la (Caserta): D'Ancicco Giovanni, 20 per singolar grazia. - Castelletto d'Erro (Alessandria): Cerruti D. Simone, Rettore, 5 a nome di una sua parrocchiana per grazia. - Castel Delfino: N. N., 5.50. - Castelnuovo Calcea: Carelli Francesco, per la guarigione della bambina Ermelinda Carelli da fiera polmonite, mediante la medaglia dell'Ausiliatrice. - Caxias (Brasile): Pretto Maria, 10000 reis: Signori Angelo, 5,000 reis. - Centallo: Marchisio Catterina, 2. - Cavaglio d'Agogna: Suor Mellana, 3 a nome di Tacca Salvatore per grazia. - Cerqueto (Perugia): Ottaviani Agatina, 5 per Messa di grazie. - Cerratto presso Varallo (Novara) : Marchesa Anna, Maestra, 5 per Messa. - Chignolo Po (Pavia): Ardemagni Maria, 10 per Messa. - Cison di Valmarino (Treviso): Corradini Luigi ed altri, 2 per grazia. - Colognola ai Colli: Rosina Bovi, maestra, 10 per segnalata grazia. - Costa Vescovado (Tortona): Rovelli Giovanni, 5. - Costeggio Torre degli Alberi (Pavia): Lascio Mariettina 1.50 per grazia.

D) - Dolce (Verona) : Bazzica Antonio, 5 per la guarigione del figlio da disperato malore - Dogliani (Cuneo): Gabetti Marin di Celso, 7.

E) - Eboli (Salerno): Vignolo Maria Crocefissa, 5 per grazia: le religiose Benedettino, 3.50 di cui 1.50 da parte d'un giovane guarito, con Messa, e 2 da parte di un padre di famiglia che attende la guarigione.

F) - Ferrara: Collegio Salesiano San Carlo. - Fiesso Umbertiano (Rovigo): Una devota persona, 20.Figlin.e Valdarno (Firenze) : Sac. Giuseppe Gasala, 5 per Messa a nome di Maria Cellai. - Fontanile (Alessandria): Soave Sac. Alessandro, 2. - Forotondo: D. Carlo Guggione, 16 per tre Messe a nome di persona che, disperata dai medici, riebbe da Maria la salute. - Franava (Genova): Graucelli Catterina, 10 per scioglimento di promessa fatta.

G) - Galliera Veneta (Padova) : Moretti-Cusinato Anna, 5 con queste parole: « per vomito sanguigno, saio marito era ridotto agli estremi; mi vedeva in procinto di rimaner sola con cinque figli. Invocato l'aiuto di Maria il pericolo venne scongiurato e mio marito si trovò guarito. » - Garottola presso Busto Arsizio: Ferruto Pietro. - Gorgonzola: Ercole Amati. - Grancona (Vicenza): Binetti Carolina Negri, 55 per segnalata guarigione ottenuta, da lei stessa descritta in questi termini : « Lieta innalzo l'inno di gratitudine alla potente Madre di Dio. Io colpita da mortale malattia, che da 21 giorni si aggravava sempre più, nel dì 25 aprile scorso, quando dal medico e dagli astanti si aspettava l'ultimo mio respiro, e quando da quattre ore era alienata dai sensi e più non parlava, acquistai un lampo di lucida mente ed esclamai: - Maria, vi domando la grazia della salute, se sarà utile all'anima mia. Se me la concederete la farò stampare sul Bollettino, farò celebrare una santa Messa e manderò 50 lire per le Opere di D. Bosco. - Dopo chiesi di bere e con voce forte dissi: - io non muoio più. - Da quel momento migliorai ed in breve guarii perfettamente. » - Groppello Cairoli (Pavia): Cappa Maria ved. Rainoldi, 2.

L) - Lanusei (Sardegna): Famiglia Gina ringrazia per pericoloso incendio prodigiosamente domato. - Lavagna: Teresa Castagnola, 2. - Lavertezzo (Canton Ticino): N. N., per miracolosa guarigione. - Lenno (Como): Bonfanti Eupilia, 5 - Lodano (Canton Ticino): Tommasini Luigi, 10 per grazia ricevuta.

M) - Mandar (Sardegna): Rit' Angela Cabras ved. Corongin, 7.25 per grazia. - Mirabello (Alessandria) Provera Angela, 1. - Montanaro (Tortno): Bassino Carolina, 10, -Monte di Malo (Vicenza): Piazza Silvia, 8 per segnalata grazia temporale. - Moriondo Torinese : Zacca Giovanni fu Bartolomeo, manda offerta per essere stato liberato da pericolosa infermità. - Monternbiaglio-Orvieto: Vittoria Sabatini, 5 per aver ottenutola guarigione d'una sua figlietta da pericolosa difterite.

O) - Orco Feglino : Varni Agostino ringrazia la Madonna per esser stato promosso agli esami di licenza normale.

P) - Padola (Belluno): De Martini Paolo, 7 con Messa di grazie. - Padova: Valeggia Giuseppe, 20 per le Missioni con queste parole: « per improvviso dissesto nelle case di cui era alle dipendenze, fui messo sul lastrico. In seguito a mio fiducioso ricorso alla Vergine ottenni altro migliore collocamento. » - Palermo : Alfonso Luigi, 1. - Parata : Rassaval Anna Maria, 5. - Pavia: D. Porta Luigi per due grazie ottenute dalle Signore Mombretti N. e Bolloni Angela. Peggioli (Pisa): Giari Dott. Quintilio, 3 con Messa. - Fiasco (Cuneo): D. Maria e suo marito, 6. - Piazza dei Caldo (Salerno): Latalardo Lodovico, 2 con Messa. - Pradamano (Udine): Nicolò Menossi. - Preseglie (Brescia): Vassalini Maria, 3. - Provesano (Udine): Gageni Romania, 5. - Puía (Udine): Poletti-Pujatti Maria, 5,

R) - Rovetto: Sacco Pietro, 25 per cinque Messe.

S)- Saliceto (Cuneo): Martini-Roddola Adele, 5 per grazie - S. Benedetto Belbo : Silvia Luigia Chiavarino, maestra, riugrazia per averle preservato la mamma da pericolosa caduta. - S. Croce sull'Arno (Firenze): Turi Maria, 10. - S. Eusebio (Cuneo): Bocca D. Matteo, 5 con Messa di grazie. - S. Nicolò Gerei (Cagliari): Contu Giuseppe, 20. - S. Stefano al Corno (Milano): Locatelli Angela, 10 per guarigione. - S. Stefano d'Aveto (Genova): Monteverde Clotilde, 3 per aver ricuperato la vista. - Saronno : Banfi Paolo, 2 per esser stato preservato da certa morte in una pericolosa caduta da un biroccino strascinato a perdizione dall'infuriato cavallo. - Savione presso Capo di Ponte (Brescia): Tiberti Margherita, 5 con Messa di ringraziamento. - Savona: Beccaria Francesca, 15 per grazie: Noceti Giovanna, 10, per ottenuta guarigione d'una bambina bruciatasi mesi sono. - Sesto al Regena (Udine): Treu Tiziano, 10 per ricuperata salute. - Solbiate Olona (Milano): Tremolada Gaudenzio, 5 per guarigione di sua moglie. - Sorneano presso Asso (Conio): Sottecaso Angelo di Pasquale, 2 per Messa.Sacre (Bolivia): Sac. M. Afro Capelli per guarigione da fiera polmonite del confratello Giovanni Buffa.

T) - Terno d'Isola (Bergamo): Galbusera Giovanna, 10.- Tollegno (Novara): D. B., 2. - Torino: Villa Giovanni, 10 per l'ottenuta guarigione del figlio Luigi da fiero tifo con minaccia di difterite e complicazioni varie: B. R. e B. G., 4 per grazie. -Torre d'Isola (Pavia): Boni-Sacchi Ercolina, 10. - Tortona: Carnevale Filomena, 10.

V) - Valtournanche (Torino): Bic Abb6 Damien recteur, 8 per due Messo. - Varallo Ponibia (Novara): Ferrari Angela, 2. - Verona : Marangoni eh. Alessandro, 5 per grazia. - Vervio di Valtellina: Quadrio Battista,- per bella grazia. - Vezzano presso Traveggio: Carlo Marchel. curato, 5 per due Messe. - Villa d'Orsola: Bianchetti Emilia per guarigione da tisi d'una giovane sposa. - Villastellone: Molineri Domenico e M. C. per guarigione ottenuta.

Z) - Zibido al Lambro : Danelli Giuseppina, 50 per grazia speciale. - Zinasco (Pavia): Marconi lementina, 5.

X) - G. M. S. M. B. Biellese per guarigione, - N. N., per grazia.

SPIGOLATURE AGRARIE

Due parole di proemio

È proverbiale la felicità di cui in altri tempi godevono i terreni italiani, quelli in ispecie di certe regioni. Vien naturale dopo una tal riflessione la domanda : come mai la terra è divenuta ribelle al lavoro dell'uomo al punto da indurre i nostri contadini a provare un senso di invidia verso chi ha un mestiere, od è impiegato nel lavoro di qualche industria ?

Le cause di questo fatto son più di una, ma la prima e che, anche da sola, avrebbe bastato a ridurre i nostri terreni allo stato in cui si trovano è senza dubbio l'aver fino ai nostri giorni considerato la terra come un qualche cosa da sfruttare, come una miniera inesauribile. Il contadino esporta dai suoi campi frumento, uva, erba ecc.: una parte di questi prodotti li consuma direttamente per sé o per i proprii animali, ed un'altra indirettamente vendendola sui mercati. Per formar tutto questo po' di materia la terra impiegò certi elementi di cui essa è composta, elementi che, in questo modo, vengono diminuendo di giorno in giorno fino al punto di essere o completamente esauriti , o non sufficienti per la formazione di altri raccolti. Ed a titolo di restituzione di quanto in questo modo, giorno per giorno, si vien togliendo ai terreni, il contadino somministra al terreno stesso, sotto forma di stallatico, solo quanto non serve ai proprii animali. Siamo precisamente nel caso di chi, possedendo in una cassaforte un bel gruzzolo di danaro, giorno per giorno ne prende una parte pei proprii bisogni, ed alla sera rimette nella cassaforte quanto non gli servì nella giornata. Tutti comprendono che verrà certamente, presto o tardi poco importa, il giorno in cui nella cassaforte non ví sarà più nulla. Nelle campagne siam giunti pressapoco a questo punto, giaccbè in molti luoghi, non si raccoglie più neanco il puro necessarìo per pagare le spese. E contro questo stato di cose non è certo una buona idea quella di voler abbandonare i campi, per cercarsi un'occupazione in qualche città, o di emigrare in cerca di terreni più fertili, magari nella lontana America. Nelle città infatti, pel numero stragrande di individui venuti dalle campagne onde aver un impiego od esercitare un mestiere, trovasi già più d'uno che stenta la vita, e che accadrà se altri verrà ad aumentare il numero di chi chiede lavoro? E poi, se tutti ragionassero a questo modo ed abbandonassero i campi, donde avremo il vitto ? Si vorran forse mangiare i prodotti delle industrie ? Ed infine le industrie stesse (ad es. le fabbriche di panno, tela, i caseifici ecc.) come potrebbero procurarsi li materiale da trasformare ? Così pure si ragioni contro chi vorrebbe correre in cerca di terreni più fertili. Senza far conto del dolore che proviamo nel dover abbandonare il paese natio, nel lasciare quelli che tanta parte ebbero nella nostra vita, senza far osservare che non dappertutto troveremo quel che desideriamo, ci permettiamo di fare una sola domanda; e quand'anche le terre da sfruttare fossero ancora di una estensione immensa, non avverrà ad esse quel che è avvenuto alle nostre? Ed allora di che vivranno i nostri figli?

Noi sentiamo innato nell'animo il dovere sacrosanto di pensare non solo per noi e per allevare le nostre creature, ma di lasciar ad esse quel po' che possediamo in istato tale, che possa mantenerli a seconda delle proprie condizioni. Cerchiamo adunque di soddisfare a questo nostro dovere, sforzandoci di ottenere quello di cui abbisognano in un modo più consentaneo al nostro cuore e colle aspirazioni dell'anima nostra.

In questi giorni assistiamo ad un risveglio salutare degli studii d' agraria. Nelle università, nei giornali, nelle conferenze e perfino nelle aule parlamentari avvi un indizio di un movimento, che speriamo servirà a spingere il nostro paese sulla via di un vero progresso agricolo : ebbene noi seguiamolo questo movimento non a parole, ma a fatti e, facendo tesoro di quanto gli altri hanno saputo additarci, ritorniamo ai nostri campi con più fede e con più amore.

Gli scienziati che da anni consacrarono la loro mente allo studio di quanto concerne i terreni ed i prodotti che ne ricaviamo, hanno provato con innumerevoli esperimenti che le piante tutte (come gli animali e l'uomo stesso) abbisognano di vitto e di un vitto confacente alla loro costituzione. Diamo adunque alle piante, o meglio prepariamo ad esse, ammanito nel terreno questo vitto , come lo prepariamo pel nostro corpo, e prepariamo loro proprio quel vitto di cui abbisognano e non un vitto qualunque, alla stessa maniera che al nostro corpo non diamo ne ciottoli nè altre malore di simil genere, ma quello che conosciamo essergli necessario. Facciamo in altre parole dell'agricoltura nuova, razionale, considerando il nostro terreno come una macchina in cui mettiamo del materiale perchè ci venga restituito sotto altra forma. Alla stessa maniera che nei telai il filo diventa tela, oppur un panno lavorato, così i concimi somministrati al terreno devono diventar per noi frumento, uva, erba ecc. - Non è la terra che deve darci i prodotti, essa deve lavorare, trasformare quello che noi le anticipiamo, come non è lo stomaco degli animali che produce la carne, ma solo trasforma in carne l'erba e gli altri alimenti.

Non pretendiamo di aver con queste poche parole esaurito quanto si può , e forse si dovrebbe dire, sulla differenza fra l'agricoltura seguita finora, e la nuova che in molti luoghi (e ne sian grazie a Dio!) va introducendosi: abbiam solo voluto accennare alla base dei nostri susseguenti articoli che è di considerare i terreni come mezzo per aver dei prodotti e non come la sorgente dei prodotti stessi : e noi speriamo di riuscir a persuadere quanti son di buona volontà ad abbandonare tanti pregiudizii, per seguirci su questa strada nuova che ha dato risultati splendidi a quanti finora l'hanno seguita.

SALVIAMO VOLATILI E FESSIPEDI.

Anche quest'anno abbiamo già, in sette mesi, due terzi delle provincie italiane infette dall'afta epizootica. Pur troppo, questo contagio perdura in Italia incessantemente da vent'anni, come sta scritto in mille Bollettini ministeriali. Ma il rimedio c'è, ed è ventenne, curativo, preservativo, immediato, semplice, e fu ufficialmente constatato e raccomandato a tutti gli 8253 comuni del Regno, fin dal 1892 dal Ministro d'agricoltura, e, con nota 9 marzo 1899, da S. E. Baccelli, ministro dell'Istruzione.

Il provvidenziale rimedio è il timo selvatico, o rianneddu, segregia, serpo, serpol, tumaro, erba di gatto, cornabugia, piperna, righett, reget, pojoeul, peverello, piperino, erba rumia, saleggia, ecc., ecc., che in tutta Italia cresce nei luoghi aridi a milioni di quintali, ed è importante di farlo conoscere, raccogliere a quintali, essicare, immagazzinare dalle braccia inutili, nei fienili d'ogni agricoltore, perchè i fessipedi sono 15 milioni e mezzo, censiti un miliardo e 588,000, e le galline sono pure milioni di capi e formano la principale sostanza del contadino.

RIMEDIO. - Curativo : lavare la piaga coll'acqua pura corrente in una canna di gomma che pesca in alto, indi imbeverla d'infuso-timo condensato. - Preservativo : somministrare ai neonati ed ai pericolanti un litro d'infuso-timo a digiuno. Alle galline somministrare quattro cucchiaiate d'infuso-timo a digiuno. Basta un'operazione solo ben fatta. L'infuso si fa col riempire generalmente senza economia una botte di fieno-timo, raccolto al momento della fioritura, pigiarvelo, coprirlo d'acqua bollente alla sera, per cavarlo e somministrarlo alla mattina a digiuno.

Il Cav. Dr. MORANDI LUIGI, di Milano, 21, corso Vittorio Emanuele, si presta gratis per isciogliere qualsiasi dubbio e difficoltà, per mandare campioni di timo e per recarsi a proprie spese dovunque fosse richiesto,

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

L. MATTEUCCI. - Saggio di voci e frasi eleganti italiane, specie della lingua viva - Torino, Tip. Salesiana 1901. p. VII, 460. Prezzo L. 2, 20.

Il ch. Autore vuole che questo sia un saggio, non più di un saggio, e promette che ad una nuova edizione entreranno nel libro « centinaia e centinaia d'altre frasi che son rimaste sulla porta a far capolino e che aspettano di saltar fuori per far compagnia alle loro sirocchie che hanno avuto il sommo onore di essere qui presentate al colto pubblico e all'inclita guarnigione.» Attendiamo dunque, e non ce lo faccia sospirar molto, il lavoro completo, del quale è bella promessa questo volume.

Che se è lecito a noi un suggerimento, nella nuova edizione, elenchi al loro posto , secondo la lettera dell'alfabeto, le varie parole, ch'entrano poi in frasi, tutte dipendenti da un medesimo verbo il che ne agevolerà la ricerca, potendo essere che taluno ricordi della frase la parola più saliente e non altro. Il ch. autore fedelissimo nelle citazioni, ci diè un lavoro, nel quale è da ammirarsi, non sappiam davvero , se più l'erudizione o la pazienza.

(Dal Verona Fedele.)

M. T. Ciceronis - Philippica III et IV in M. Antonìum. Con note del Sac. Luigi Brunelli. - Torino, Salesiana. 1900. pag. 48 Cent. 15.

Non è uno di quei commenti fatti con mira di poi giovarsene per un concorso a. cattedre universitarie e quindi zeppi e strazeppi di citazioni, della maggior parte delle quali il giovane alunno di liceo non sa che farsi; ma un commento modesto compilato per uno scopo del tutto pratico, per guidare lo studente alla retta inerpretazione delle di-te orazioni ciceroniane, senza cader neppur nel difetto, abbastanza comune ai commentatori, di dare, una frase dopo l'altra quasi l'intiera versione del testo nelle loro note.

Il disegnatore di ricami - Periodico di lavori femminili - Esce il 1° ed il 15 d'ogni mese. Abbonamento annuo L. 10 (estero L. 12 -Direzione: Via Leprosetti, 5. Bologna.

È indicatissimo per tutte le ricamatrici e noi, raccomandandolo alle nostre benemerite Cooperatrici, ci auguriamo di poter ricevere da esse, per il nostro caro Santuario di Valdocco, tradotti in realtà, qualcuno dei bellissimi disegni per tovaglie, camice ecc. Compia il nostro voto la nostra buona madre Maria SS.

GIOVANNI SCOTTI. - Elementi di Aritmetica Ragionata, ad uso delle Scuole Secondarie (Ginnasiali, Liceali e Normali,) secondo gli ultimi programmi,    L. 1,80

Nell'anno scorso pubblicando un brano di recensione critica sull 'Aritmetica Ragionata pel Ginnasio Superiore, facevamo voti che il Ch. Autore volesse svolgere collo stesso sano criterio l'intero programma delle Scuole Normali. Nè furono deluse le nostre speranze.

Auguriamo a questa nuova operetta il favore incontrato dagli altri libri del Prof. Scotti, e specialmente da quello dell'Aritmetica pratica, della quale abbiamo veduto che in questi giorni è uscita la DODICESIMA EDIZIONE!

Giornali e periodici raccomandati.

Non potendo parlare diffusamente di tutti i giornali e periodici che pervengono alla nostra direzione ci limitiamo. a darne l'elenco un po' per volta in questi ultimi mesi dell'anno raccomandandoli vivamente tutti ai nostri buoni Cooperatori. In questi nostri tempi è dovere che s'impone seriamente a tutti il sostener la buona stampa e diffonderla al fin di porre un argine alla stampa perversa che allaga dappertutto corrompendo col suo veleno le famiglie e la società.

Italia Reale-Corriere Nazionale - Quotidiano Cattolico. Abbonamento annuo L. 20, (estero spese postali in più). Direzione: Via Principe Amedeo, 26, Torino.

Crociata - Settimanale religioso. Abb. annuo L. 5. Direzione: Via Principe Amedeo, 26, Torino.

Consolata - Mensile. Abb. annuo L. 1,50. Direzione : Santuario Consolata, Torino

Cuor di Maria - Quindicenale, Abb. annuo

2,00. Direzione: Via S. Donato, 31, Torino.

Letture amene ed educative - Un bel volume ogni due mesi. Abb. annuo L. 4,50. Amministrazione : Libreria S. Giovanni Evang., Via Madama Cristina, 1, Torino.

Santa Cecilia - Mensile di musica sacra e di liturgia cattolica. Abb. L. 5. Via Bertholet, 9, Torino.

Missìoni Cattoliche - Settimanale. Abb. L. 10. Via S. Calogero, 9, Milano.

Opera delle Scuole d'Oriente - Quindicinale Abb. L. 10. Via Zebedia, 2, Milano.

Annali Francescani - Due volte al mese. Abb. L. 4. Direzione: Viale Monforte, 2, Milano. - Raccomandato in modo speciale ai terziari francescani

Aurora del Secolo del Sacramento - Mensile. Abb. L. 3. Direzione: P. Gerardo Beccaro, Chiesa del Corpus Domini, Milano. - Splendido periodico illustrante le glorie di Gesù Sacramentato.

Bollettino dei parroci - Quindicinale. Abb. L. 10. Direzione: P. Fontana, 12, Milano.

D. Bosco - Mensile. Direzione: Via Copernico, 9,. Milano. - Ottimo periodico educativo per i maestri e le maestre.

Osservatore Cattolico - Giornale quotidiano cattolico. Abb. L. 20. Direzione: Via Solferino, 11, Milano. - Indispensabile a quanti desiderano conoscere il movimento cattolico Sociale del giorno.

Il Galantuomo - Periodico popolare settimanale per cura del Circolo S. Faustino. Abb. L. 2. Direzione: Prep. della Barona, Milano.

Amico delle famiglie - Settimanale. Abbonamento L. 2,50. Direzione : Tip. della Gioventù, Genova.

Cittadino - Giornale quotidiano. Direzione: Salita S. Caterina, 10. Genova.

Consigliere delle famiglie - Mensile. Abbonamente: L. 4. Direzione: P. Nuova, 43, Genova.

Madonna della Guardia - Mensile. Abb. L. 1. Direzione: Istituto Negrone Durazzo, Genova.

(Continua.)

Cooperatori defunti dal 15 luglio al 15 settembre 1901.

60. Novellis di Coarazze Barone Giuseppe - Torino

61. Passatore Margherita - Cornegliano (Cuneo).

62. Poggi Suor Maria Agnese, Superiora nelle Stuolo ed Ospedale - Colle Lig (Genova).

63. Prella Lui zia-Grava (Alessandria). 64. Rapuzzi Bartolomeo - Casanova di Ottone (Pavia).

65. Rivarolo Cav. Don Pietro - Parroco Vic. For. - Desana (Novara). 66. Reggere Don Giov., V. Par. - Fontanile (Alessandria).

67. Sanmartin Gio. Batta - Cornedo (Vicenza).

68. Sanmartin Maria - Cornedo (Vicenza).

69. Scattina Don Francesco - Bollano (Genova).

70. Sicco Carolina n. Chiara - Torino. 71. Tessadri Bonaventura - Faide (Austria).

72. Thea Dott. Giuseppe - Fontanile (Alessandria).

73. Tonon Teresa Ved. Zannini - Cavazzere (Venezia)74. Vercesi Giov. fu Dom. - Bovescala (Pavia).

75. Vial Luigia - S. Vito al Tag.o.

1. Aurelia Cesare - Torino.

2. Bellino Pia - Torino.

3. Bersani Cavina Anna - Bologna. 4. Campagnari Don Domenico, Parroco - Valgatarra (Verona).

5. Cappellari Mens. Pietro Vescovo Titolare di Cirene - ospedaletto di Gemona (Udine).

6. Carlini Mattia - Milano.

7. Cattani Marchesa Giulia - Bologna.

S. Cavagno Don Giulio, Primiciero Vicario Foraneo - Scanno al Brembo (Bergamo).

9. Cazzaniga Marietta - Borgomanero (Novara).

10. Ceriani Catterina Ved. Pipino (Torino).

11. Colucci Cont. Giuditta n. Bernetti - Ascoli Piceno.

12. Comar Don Gio. Batta. , Cooper. Parr. - Gradisca all'Isonzo (Austria).

13. Conz Domenico - Caxias (Brasile). 14. De Matteis Giuseppe - Pancalieri (Torino).

15. Suor Francesca, Dirett. Suore Maestre di Carità - Cortemiglia (Cuneo).

16. Fistarol Angelo - Caxias (Brasile). 17. Fistarol Maria -   id.

18. Giacomelli Ludovico Angelo Avv. - Cumiana.

19. Giacomelli Don Giovanni, Direttore Spirit, Ospedaletto - Torino.

20. Giron Girolamo - Caxias (Brasile). 21. Giuliani Don Francesco

22. Labò Giuseppe - Golferenzo(Pavia). 23. Lombardi Don Giuseppe - Napoli. 24. Macrelli Catterina nata Mattoni - Galeata (Firenze).

25. Mariano Don Pietro, Vice CuratoMorotta (Cuneo).

26. Marietta Anna in Fiumefreddo - Regalbuto.

27- Massa Carlo, Capo Stazione - Lanusei.

28. Metto Don Domenico - Muro Leo- (Lecce).

29. Mo Filomena - S. Stefano Belbo (Alessandria).

30. Morello Don Giovanni - Barbona S. Michele (Padova).

31. Niccolini Cont. Albina - Spoleto (Perugia).

32. Perantoni Maria. - S. Pietro Incariano (Verona).

33. Perorane Dam. Blan - Torino.

34. Quaranta Francesca - Caraglio (Cuneo).

35. Rho Maria - None di Pinerolo (Torino).

36. Rolfo Lorenzo - Torino.

37. Saragoni Paolo - Mercato Saraceno (Forlì)

38. Scalmi Innocenza Ved. Rossetti - Torino

39. Signori Anna n. Cenni - Caxiaa(Brasile).

40. Spironolli Giuseppe fra Girolamo - Tarra di Soligo (Treviso).

41. Tulni Giulio - Uff. Postale - Lanusei - (Cagliari).

42. Turco Francesco fu Pietro - Cremolino (Alessandria.).

43. Vagner Bartolomeo - Solbiato Olona (Milano).

44. Vicenzotti Don Luigi. Parroco - Sarmede (Treviso).

Pater Ave Requiem