BS 1880s|1887|Bollettino Salesiano Giugno 1887

ANNO XI - N. 6.   Esce una volta al mese.   GIUGNO 1887

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario - Festa in Roma per la Consacrazione della Chiesa del S. Cuore di Gesù. - Invito Sacro del Cardinale Vicario - Collaudo dell' Organo - D. Bosco presso il Papa - Consacrazione - Descrizione della Chiesa - Le feste - Le Conferenze - Da Torino a Roma - D. Bosco a Genova - Il Teologo Margotti - La Guardia d'onore - I Missionarii Salesiani nel Chilì - Partenza dei Missionarii Salesiani pel Chilì- Sacra Funzione per la partenza - Gravissimo pericolo incorso da Monsig. Giovanni Cagliero - Conferenza Salesiana in Firenze.

FESTA IN ROMA per la Consacrazione DELLA CHIESA DEL S. CUORE DI GESU'.

Il mese di maggio del 1887 andrà memorando per la solennità della Chiesa del S. Cuore di Gesù in Roma.

Questa venne ideata da Papa Pio IX di felice memoria, che ne comperò il suolo e ne cominciò i lavori. Nel secondo anno del suo Pontificato, cioè nell'agosto del 1879, il gloriosamente regnante Leone XIII ne faceva collocare la pietra fondamentale, e poco dopo, pieno di fiducia nello zelo e nell'operosità di D. Bosco, affidava a lui la cura di proseguire e condurre a termine il sacro edifizio. Don Bosco non solamente accettava il glorioso cómpito, ma, appoggiato alla divina Provvidenza e confortato dalla benedizione del Vicario di Gesù Cristo, ; acquistava ancora del terreno attiguo , faceva modificare alquanto il primo disegno della chiesa, e la rendeva più ampia e capace di, meglio soddisfare ai bisogni religiosi della circostante popolazione ognora crescente.

Per compiere una tale opera non mancarono a D. Bosco i soccorsi dei cattolici non solo dell'Italia e specialmente della Francia , ma di altre nazioni d'Europa e fin dall'America. La maestosa facciata è dovuta alla munificenza di Leone XIII , e le Diocesi italiane, secondo l'appello dell'Eminentissimo Cardinale Ali monda, gareggiarono nel somministrare al Capo della Chiesa i mezzi onde far fronte all'ingentissima spesa. Vi spicca in mezzo una bellissima iscrizione, la quale in elegante latino dice che il tempio fu cominciato da Pio IX, eretto per cura dei Salesiani coll'elemosina dei divoti del S. Cuore, e che il frontone venne costrutto e adorno per la munificenza di Leone XIII, con nuovi sussidii della cattolica pietà.

L'iscrizione venne approvata dall'augusto Pontefice, e forse anche per intiero com posta da lui medesimo, espertissimo nella lingua del Lazio. Essa è del tenore seguente

TEMPLVM . SACROSANTI . CORDIS . IESV A . PIO . IX . PONT. MAX. SOLO . EMPTO . INCHOATVM SODALES . SALESIANI CVLTORVM . EIVSDEM . SS. CORDIS STUDIO . ET . CONLATIONE ESIGENDVM MVNIFICENTIA . LEONIS . XIII ET , NOVIS . PIORVM . SVBSIDIIS FRONTE . ADSTRVCTA . CVLTVQUE . ADDITO PERFICIENDVM . CVRARVNT ANNO . CH.   M.DCCC.LXXXVII.

Invito Sacro del Cardinal Vicario.

Alcuni giorni prima della consacrazione della Chiesa il Cardinale Vicario di Roma faceva pubblicare il seguente Avviso sacro.

« Il giorno 14 del corrente mese di maggio si aprirà al pubblico e verrà solennemente consacrata la nuova chiesa parocchiale del S Cuore di Gesù al Castro Pretorio, per la erezione della quale, come a santuario universale, concorse colle sue offerte tutto l' orbe cattolico. Deve essere quindi motivo di santo giubilo per tutti i cattolici, e pei Romani in ispecie, il vedere che dopo dieci anni di lavoro, di stenti e di difficoltà grandi, sia finalmente compiuto questo grande edifizio; voto di tante anime pie e di questo Cuore adorabile divotissime. Restano, è vero, a compiersi parecchi altari e varie decorazioni, ma la popolazione sempre crescente dei nuovi quartieri in questa regione esigeva che , rotto ogni indugio, si sospendesse ogni lavoro, che al sacro tempio può accrescere lustro e splendore, ma che non è assolutamente necessario, per dare in chiesa più ampia comodità ai fedeli di attendere ai loro doveri religiosi. E se parecchi lavori resteranno a compiersi, i buoni Romani e quanti zelano la gloria di Dio troveranno nel loro fervore un nuovo incentivo ad accorrere colle loro elemosine, perchè presto sia il sacro tempio di ogni cosa necessario al culto provveduto, e sia esso meno indegno di quel Dio che sta per venire ad abitarvi colla sua amorosa presenza. (Qui, esposto l'orario delle sacre funzioni concludevasi)

Romani ! La vostra pietà a tutti nota , e la vostra speciale divozione al SS. Cuore di Gesù, è sufficiente caparra della vostra affluenza a questo nuovo santuario, del quale, come dal trono della sua misericordia , il Cuor di Gesù si prepara a spandere torrenti di grazie e di benedizioni su voi, sui vostri figli e sulle vostre famiglie.

Roma 2 maggio 1887.

Visto si approva dal Vicariato L. M. Card. Vic.

Collaudo dell' Organo.

Nei giorni 12 e 13 dalle 9 alle 12 ant. e dalle 3 alle 6 pom. ebbe luogo il collaudo dell'organo. Maestri collaudatori sono stati i signori cav. Petrali Vincenzo da Bergamo, professore del liceo musicale di Pesaro, il cav. Remigio Renzi, primo organista della Basilica Vaticana , e il cav. Antonio Bersano , già alunno di D. Bosco ed ora organista della Metropolitana di Torino. Furono eseguite le più svariate e difficili melodie sinfoniche. Nel pomeriggio il comm. Moriconi ha dìrette alcune sue cantate egregiamente, quantunque l' improvvisa malattia del tenore Bonucci l' abbia costretto a cambiare il programma annunziato. Moltissima gente assistette al collaudo. L'intuonazione e la robustezza dello strumento , adatto in tutto alla vastità della chiesa, confermarono il valore artistico del cav. Bernasconi di Varese costruttore di altri centoventi organi, i quali tutti hanno fatto eccellente riuscita, sì in Italia che all'estero. I più distinti professori restarono ammirati dell'ottimo congegno meccanico e della perfezione dei registri modulanti le varie intuonazioni delle canne che sono oltre 3000. E un organo veramente magnifico e fa onore all'illustre artista che l'ha fabbricato.

D. Bosco presso il Papa.

Il giorno 13 il Santo Padre ammetteva in udienza privata, nelle ore pomeridiane, il nostro D. Bosco , e gli domandava affettuosamente notizie dei giovani delle case e delle missioni salesiane. .Diede quindi la sua benedizione apostolica, dichiarando come intendesse estenderla ai Cooperatori, massime a quelli che concorsero a l'erezione della chiesa del Sacro Cuore, a tutti i singoli soci della Pia Società Salesiana, ai giovanetti alle loro cure affidati ed ai loro parenti ed amici. L' udienza era durata circa tre quarti d'ora, e in sul finire di questa erano ammessi ai bacio del piede il Rev. Sig. D. Rua Michele , Vicario generale di D. Bosco ed il segretario dello stesso D. Bosco, ai quali Sua Santità indirizzò parole di grande benevolenza.

Il Sommo Pontefice aveva già benignamente concesso un'indulgenza plenaria da lucrarsi in uno dei giorni durante le feste della dedicazione della chiesa del Sacro Cuore a chi confessato e comunicato visitasse il detto tempio, pregando pel Sommo Pontefice e pei bisogni di S. Chiesa, e l'indulgenza di 7 anni e 7 quarantene per ciascun giorno.

Consacrazione.

Il giorno 13 alle ore 9 di sera facevasi l'esposizione delle reliquie dei santi Pietro e Paolo, Francesco, Jacopo e Lorenzo martire, da collocarsi all'indomani nell'altar maggiore. Il 14 maggio il Cardinale Vicario consacrò solennemente la nuova chiesa presente Don Bosco. Assistevano pure altri illustri personaggi ed un gran numero d'invitati: durante la messa celebrata dal Rev. Parroco D. Dalmazzo Francesco alle 12 e 1/2 pomeridiane suonò il nuovo organo, il cui effetto fu stupendo. Dopo questa ne furono celebrate due altre. Alle 5 ebbero luogo i Vespri Pontificati da Mons. Giulio Lenti Arciv. di Lida, Vicegerente di Roma. Grande fu la meraviglia del popolo e dei distintissimi personaggi del Clero e del Laicato quando per la prima volta si affollarono nell'insigne monumento. Proclamavano essere la chiesa degna di Roma e delle nobilissime tradizioni dell' arte cristiana.

Descrizione della Chiesa.

Di questa è stato autore il conte Francesco Vespignani, architetto dei Sacri Palazzi Apostolici. Essa ha tre navate sullo stile del Rinascimento, ha la forma di basilica, ed è stata eseguita ricchissimamente per le decorazioni e gli ornamenti. L'opera architettonica è completamente terminata, molte pitture e stucchi non si sono potuti condurre a termine. Quello però che si vede già nella navata sinistra compiuta e nella cupola fa capire la splendidezza che avrà il sacro tempio, quando sarà tutto terminato.

La cupola, di una intonazione splendida, armoniosa, di una forma svelta, è stata stupendamente dipinta dal Monti, il quale vi ha rappresentato la glorificazione del Sacro Cuore. Il Salvatore, una figura finissima, stupenda per atteggiamento e verità di movenze , mostra il suo Cuore infiammato alle due sante vergini, Margherita Alacoque e Catterina di Racconigi, le quali con volto irradiato da luce celeste, estatiche e confuse nel tempo stesso dalla bontà del Salvatore, figgono gli occhi desiosi nel Cuore di lui. Completano il gruppo numerosi angeli, recanti altri gli emblemi della Passione, altri i gigli di purità, altri chini in atto di adorazione, e serafini con musicali istrumenti, accennanti alla glorificazione del Sacro Cuore. Attorno a questo gruppo, splendido per unità di concetto, per finezza di fattura, smagliante per le tinte, sono dipinte altre immagini. S. Francesco di Sales, orante, ha intorno a sè degli angeli, i quali presentano le opere da esso vergate ; Santa Teresa, col volto infiammato dall'ardentissimo amore pel Sacro Cuore; S. Bernardo, che porge il suo uffizio del Sacro Cuore; San Bernardino da Siena, recante la tavola col Nome di Gesù; Sant' Agostino ; San Francesco di Assisi, che ha ai lati un istrumento musicale, in memoria della serafica visione di lui ; e infine San Luigi Gonzaga , il celeste patrono .della gioventù. L'impressione di questa glorificazione del Cuore di Gesù, è quella che si prova davanti le migliori opere dei nostri più illustri pittori, ed un gran merito del Monti è quello. di aver saputo giustamente adattare, con la purezza delle linee, con l'unità e vivezza delle tinte, la santità e la religiosità del soggetto.

I quattro pennacchi della cupola sono dipinti dal valente pittore Caroselli , il quale vi ha raffigurato i quattro profeti maggiori, Davide, Geremia, Isaia e Daniele. Il Caroselli nelle movenze e nelle figure dei profeti ha saputo trovare tipi veramente ispirati, e la finezza del lavoro corrisponde perfettamente alla grandiosità del soggetto. Inoltre il Caroselli non ha trascurato di servirsi delle moderne scoperte, per vestire i personaggi nella foggia propria dell' epoca. Nella nave traversa v' è una Nascita di Gesù e una Annunziata, opere pure del Monti. Bellissimo in questi quadri è il giuoco di luce che nella Nascita di Gesù sfolgora dal S. Bambino, illuminando tutto intorno la stupenda scena dei pastori adoranti, e nell' Annunziata irradia dallo Spirito Santo. Nella nave longitudinale sono altri due quadri del Monti. L' Adultera ai piedi del Redentore è una composizione stupenda in cui la figura della donna, che, vergognosa, china il volto a terra, fa risalto col volto maestoso del Redentore, fissante i Farisei, e coi volti astiosi, ipocriti di questi. La Maddalena nel convito di Simone è il soggetto dell'altro quadro, anche questo bellissimo e verissimo. Ora il Monti stesso sta lavorando ai quattro affreschi degli arconi e ad altri due quadri alla estremità del soffitto della grande navata. Il soffitto, ricchissimo di dorature, è opera dell' Anfossi; gli stucchi sono di Pierozzi; le pitture della sagrestia in chiaroscuro ed ornate sono del Franceschetti. L'altar maggiore è opera veramente monumentale, ricchissimo d' ornamenti e di marmi preziosi. Vi si ammirano alabastri e marmi di California , di cui son ben pochi a Roma sì belli. Fra gli altari delle cappelle laterali due ve ne sono già appartenenti a Chiese demolite. Uno donato dal principe Torlonia, proveniente da una Chiesa in via Porta Pia, l' altro dalla Chiesa dei Cento Preti a Ponte Sisto. Tutti gli intagli e basso rilievi in legno, i trofei, lo stemma della Congregazione Salesiana sono opera dell'egregio intagliatore e doratore Andrea Bevilacqua. Le decorazioni delle tre porte d'ingresso al Sacro tempio, eseguite in marmo, sono del Vitali e del Gelpi, ed i grandi armadii della sagrestia, del Falloni. Le porte sono lavoro dei giovanetti artigiani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Della facciata non si può ammirare tutta la bellezza, mancando ancora le quattro statue colossali che verranno a decorarla. Vi si ammirano tre stupendi mosaici della società musiva veneta e che rappresentano San Giuseppe, S. Francesco di Sales ed il S. Cuore di Gesù, titolare della chiesa.

A destra di chi entra, sopra un magnifico piedestallo vi è la statua colossale di Pio IX del Confalonieri di Milano, statua che non cede a nessun'altra di quelle che sono in Roma e che rappresentano personaggi reali. Egli tiene una carta nella sinistra e solleva la destra in atto di benedire con uno slancio in cui l'arte ha superato la gravità della materia, come l'ha superata nella felicissima espressione dell'angelico sorriso che animava quel volto. Egli non pare immagine che tace, e certo farà palpitare più d'un cuore di coloro a cui ricorderà quella soave ed aperta espressione che lo rese popolare. I pizzi del camice sono eseguiti con un' arditezza e felicità degna d'encomio, e certo questa statua verrà annoverata fra le migliori di Roma, di quelle che ritraggono persone reali. Pei lavori della ricchissima chiesa si sono già spesi , oltre a due milioni; ma è riuscita la più vasta e più ricca di ornati che siasi costrutta dalle fondamenta in questi ultimi tempi. Denari bene spesi quelli che si danno a Dio: sono spese che non impoveriscono nessuno, e che anzi sono fonte e cagione di benessere sociale.

Le feste.

Domenica 15 fu il solennissimo giorno dell'inaugurazione del tempio. Alle ore 7 S. Em. il Cardinale Melchers lesse la messa della Comunione generale. Mons. Domenico Jacobini , Arc. di Tiro, Segretario di Prop. Fide cantò alle 10 la S. messa, essendo presente un Vescovo degli Stati Uniti dell'America del nord. Alla sera disse il discorso di circostanza l'illustre ed eloquente oratore Mons. Omodei-Zorini, e i vespri vennero Pontificati da Mons. Alessandro Grossi, Vescovo di Tripoli. La vasta chiesa era fitta di popolo. Nel tempo delle sacre funzioni, avvampò un grande incendio in una casa attigua, ma non recò grande disturbo ai devoti e ogni cosa potè procedere con grande tranquillità. All' indomani alle 7 Don Bosco celebrava la Messa all'altare di Maria SS. Ausiliatrice.

Lunedì, martedì , mercoledì, lessero la messa della Comunione gli Eminentissimi Cardinali Placido Schiaffino degli Olivetani, Camillo Mazzetta della Compagnia di Gesù, ed Aloysi Mosella. La messa Pontificale fu cantata da Mons. Francesco Cassetta Arciv. di Amata, da Mons. Leone Sallua Arc. di Calcedonia dei Domenicani, da Mons. Antonio Maria Grasselli Arc. di Colossi dei minori conventuali. Pontificarono nei Vespri Mons. Tobia Kirby Arcivescovo di Efeso, Rettore del Collegio Irlandese, Mons. Francesco Pandolfi Vescovo di Doliche e Sua Em. il Card. Vicario, nomine Pontificis, coll'intervento di tre Prelati, e numeroso clero in pianeta e tunicella. I Sacri Oratori furono Mons. Gottardo, Mons. Andrea, e Mons. Jacopo fratelli Scotton. Nel giorno dell'Ascensione, detta la S. Messa alle ore 7 dal Card. Tommaso Zigliara dell'Ordine dei predicatori, alle 10 pontificò l'Em.mo Cardinal Vicario nomine Pontificis coll'assistenza di quattro Prelati; e con una stupenda omelia descrisse le glorie del Sacro Cuore di Gesti, specialmente nell'opera da D. Bosco testé compiuta, fondata non sui calcoli umani, ma sulle promesse della Provvidenza Divina. Alla sera dopo i vespri solenni pontificati dall'Em.mo Cardinale Aloysi Masella, col Te Deum e colla benedizione del SS. Sacramento impartita dal sopradetto Em.mo principe, si pose termine alle feste della dedicazione di questa chiesa, oggetto di tanto amore per tutti coloro che desiderano la gloria di Dio, la pace della Chiesa, la salvezza delle anime, e l'educazione cristiana della gioventù. Non potevano riuscire più maestose, più belle, più commoventi.

Venerdì giorno 20 si celebrò un solenne funerale pei benefattori defunti di questa Chiesa. Pontificò la Messa funebre Mons. Pandolfi Francesco Vescovo di Doliche e i giovanetti cantori eseguirono la messa di Mons. Cagliero, Vescovo di Magido e Vicario Apostolico nella Patagonia settentrionale. Questi cantori in numero di settanta, allievi dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, eseguirono le musiche classiche delle Messe, dei Vespri, delle benedizioni e i mottetti nel tempo del collaudo dell'Organo, delle Comunioni generali, e delle Conferenze. Le Messe del Cherubini, dell'Haydn, del Gounod furono mirabilmente interpretate, come pure i bellissimi vespri del maestro Galli, scritti appositamente per questa circostanza, il Domine dell'.Haler, il Dixit, il Confitebor, il Beatus vir dell' Horay e quello dell'Aldega, il Laudate pueri dei Cappucci, il Magnifacat del Remondi, il Veni dulcis Iesus col Lauda Jerusalem di Mons. Cagliero, il mottetto dell' Offertorio del M° Dogliani Giuseppe , il magnifico inno del M° Arrigo Coelestis Urbs Ierusalem composto per questa festa, e il Tantum ergo del M° Novello.

Le Conferenze.

Avendo i Cattolici di tutto il mondo cooperato all'edificazione della chiesa, ogni giorno alle ore 3 e 1/2 pomeridiane vi fu una conferenza sulle opere Salesiane in varie lingue. Alla Domenica tenne la conferenza in francese Mons. Charles Mourey auditore di Rota per la Francia; al lunedì_ in Ispagnuolo Mons. Raimond Angel y Jara del Chili, Cav. del S. Sepolcro; martedì in tedesco Mons. Leone Meurin S. J. Vescovo di Ascalona, già Vicario Apostolico di Bombay (Indie) ; mer- ; coledì in Inglese Mons. Fortina Delegato Apostolico per l'Australia; giovedì in Italiano Mons. Omodei-Zorini, Missionario Apostolico. Parlare dei pregi dei singoli oratori non è cosa facile, poiché ciascuno distintissimo in questa parte disse quanto la ragione, il cuore, i sacri studii ed i profani sapevano suggerire su questo argomento così svariato. Tanto più che alcuni erano veterani nelle missioni. La riconoscenza nostra per tutti gli alti personaggi che si degnarono prendere parte alla nostre feste sarà eterna al cospetto di Dio.

Sabato 21 incominciava una missione di quattro prediche al giorno dei tre fratelli Monsignori Scotton da Bassano e durava fino al 29 Festa di Pentecoste. La parola che parte dal Divin Cuore a quella che deve salvare le umane generazioni.

I Cantori dell'Oratorio in Vaticano.

Nelle ore pomeridiane del giorno 19 la Santità di Leone XIII compiacevasi con singolare degna-, zione di ammettere all'augusta sua presenza i settanta giovanetti cantori dell'Oratorio di San Francesco di Sales. Avevano la consolazione di far parte di questa udienza anche il valente fabbricante di organi Sig. Cav. Bernasconi, ed alcuni altri Signori. Il Rev. D. Francesco Dalmazzo, Procuratore generale dei Salesiani , aveva l' onore insieme con altri sacerdoti appartenenti alla stessa Congregazione, di presentare i giovani al Santo Padre, il quale compiacevasi, con paterna benevolenza , intrattenersi coi medesimi interrogandoli e avendo parole d' encomio e d' incoraggiamento per ciascuno in particolare. Sua Santità, dopo averli ammessi al bacio del piede e della sacra destra, li confortava dell'apostolica benedizione, dichiarando di estenderla a tutti i loro parenti ed amici. La bontà del Sommo Pontefice, le sue affettuose parole non si scancelleranno dai cuori di questi fortunati. Vennero a Roma per celebrare le feste del Sacro Cuore di Gesù, e dell'affetto di questo Cuore divino videro la viva immagine nel cuore del suo Vicario.

Da Torino a Roma.

D. Bosco era di ritorno in Torino la sera del 20 maggio , e i giovanetti cantori rientravano nell'Oratorio di San Francesco di Sales in sul calar del sole del giorno 22. Memorabile fu il loro viaggio, sia per l'andata come pel ritorno.

Nell'andare a Roma si fermarono cinque giorni in Genova, ove erano invitati a cantare sull'orchestra del duomo l'8, 9, 10 maggio per le feste solennissime dei terzo cinquantenario della canonizzazione di s. Caterina Fieschi-Adorno. Dei nostri cantori così diceva l'egregio giornale ligure Il Cittadino, N. 142: « Piacquero specialmente le voci dei soprani e dei contralti, i quali sorpresero per l'estensione delle loro voci , la loro intonazione, la loro dolcezza, l'esattezza delle entrate, l'ìmpasto e l' equilibrio delle voci, in una parola pel loro metodo di canto. Si riuscì ad udire finalmente un'esecuzione artistica in chiesa, e in cui la piramide musicale apparve in tutta la sua pienezza dalla base al vertice. » Lo stesso giornale aveva già scritto nel suo numero 130, parlando dell' ultimo giorno del triduo solenne. « La messa fu quella del Gounod , intitolata Messa del Sacro Cuore di Gesù. E difficile poter dire tutto quello che si sente nell'animo all' esecuzione di quella messa. Basti dire che le lagrime spuntavano sulle ciglia di molti... Si ripetè il Graduale del M. Remondi che apparve sempre più bello, e il mottetto Sacerdos et Pontifex del Dogliani, che se non fu fortemente applaudito, si fu perchè erasi in chiesa. Non si udì mai cosa più tenera e insieme più artisticamente composta. L'esecuzione fu ieri, come sempre, mirabile. Più si odono quei cori tanto bene ammaestrati, più si riconosce quanto sia il merito di chi seppe portarli a quel punto. Persone ben più competenti di chi scrive si portarono sull'orchestra a complimentare il M. Dogliani e gli strinsero la mano, protestando dell'alta loro approvazione , e scendendo di lassù non rifinivano di ripetere a diritta e a mancina che non avevano mai udito ragazzi eseguire con tanta intelligenza, tanta finezza di coloriti, tanta sicurezza d' attacchi , musica fugata come quella eseguita poc'anzi. - E così che devesi cantare, dicevano questi ragazzi cantano, non gridano, e nelle note anche più acute mantengono un vellutato che è una meraviglia. Essi sono veri artisti... - Intanto noi siamo lieti che Genova abbia potuto finalmente sentire che cosa si voglia quando si dice: educhiamo i ragazzi a cantare la musica sacra , e siamo lietissimi che l'esempio ce lo abbia fornito quell'esemplare di ogni opera buona, mandato dalla divina Provvid'enza a far rifiorire in ogni sua parte lo spirito della Chiesa di Dio, che è il venerando Don Bosco.... Non sappiamo quando Genova abbia gustata musica eseguita con maggior effetto religioso e che abbia prodotto sul popolo maggiore edificazione. Noi mandiamo di gran cuore un vale a quei cari Salesiani. Essi partono oggi stesso per Roma. Ricevano essi nella città eterna quel premio a cui hanno diritto, e vogliano tornare presto fra noi a farci sentire ancora una volta le loro celestiali armonie. » Con somiglianti parole un altro egregio giornale genovese l' Eco d'Italia applaudiva e salutava i nostri giovanetti.

Abbiamo riportate queste lodi dei giornalisti cattolici per accennare brevemente con quanta bontà e gentilezza il giornalismo cattolico genovese, distintissimi maestri, e si può dire ogni ceto di persone abbia accolti e festeggiati i figli di Don Bosco. Genova, la superba, è pur sempre la città generosa, la città nella quale l' amor di famiglia più che in altri luoghi è vivissimo e rende l' anima piena di ogni più gentile sentimento. Fu questo certamente uno dei motivi che spinse la Commissione delle feste a chiamare in Genova i giovanetti dell' Oratorio. Noi la ringraziamo a nome dei cantori per aver loro procurato la gioia di esser testimoni dell' insigne pietà del popolo ligure verso la sua santa concittadina.

Rendiamo grazie al generoso signore Giuseppe Ferraris, negoziante di piano-forti, il quale conoscendo come i nostri giovani avessero dovuto ogni giorno, fra le funzioni del mattino e quelle del vespro, recarsi fino all' Ospizio di Sampierdarena per la refezione, volle tutti accoglierli in casa sua colle persone che li accompagnavano, ed ivi per tre giorni consecutivi offrir loro un lauto pranzo, quale suole darsi in occasioni solenni a carissimi e rispettabili amici. Grazie sieno pur rese agli egregi e gentili professori di orchestra, i quali in tutte le opere sacre musicali che si eseguirono, con rara maestria e gusto squisito del bello, seppero ispirare la soave melodia dei loro istrumenti a quella non meno soave del canto. Sovratutto nella messa Imperiale dell'Havdn, la finezza ed il colorito dell' esecuzione parvero gareggiare colla maestà e grandiosità del lavoro. Da notarsi eziandio come con un affetto e premura direi paterna, ponessero ogni studio perchè spiccasse la voce dei giovanetti. Erano oltre cinquanta gli strumenti, eppure benché distintamente tutti si udissero, erano toccati con tanta delicezza che della voce degli a solo non si perdeva una nota, e questa voce sembrava galleggiante sovra le onde sonore che dolcissime si succedevano sotto le volte del sacro tempio. - Ci avete fatte gustare anticipatamente le musiche del Paradiso, diceva S. Ecc. Monsignor Magnasco Arcivescovo di Genova ai giovanetti che erano andati per congedarsi prima di partire per Roma. Or bene ; che possiamo un giorno udir ripetere da tutti voi i vostri canti nella beata eternità innanzi al trono di Dio.

Da Roma a Torino.

Nel ritornare poi da Roma, nell'atto della partenza, gli alunni dell'Ospizio annesso alla chiesa del Sacro Cuore, i quali avevano ceduti i loro materassi ai fratelli di Torino, contentandosi di dormire sui pagliericci, si ebbero una dimostrazione di affetto da quelli che per pochi giorni erano stati loro ospiti carissimi, festeggiati, ricolmati di ogni più delicata attenzione.

Si lessero alcuni brevi componimenti, che. esprimevano la gioia dell' essersi conosciuti , il dolore del doversi dividere così presto, gli augurii di un buon viaggio, la speranza di rivedersi. Fu una scena delle più belle ed ingenue che si possano immaginare.

Si partiva da Roma col cuore pieno di una commozione profonda, recando memorie incancellabili.

Non erano però finite le sorprese. A Pisa il Rettore del Seminario attendeva i giovani alla stazione e li conduceva a prendere una lieta refezione in mezzo ai suoi chierici che attendevano i figli di D. Bosco con vivo desiderio. Fu letto da un alunno del seminario un gentile sonetto, e Monsignore Arcivescovo si degnò di recarsi al seminario appositamente per benedire coloro che compiacevasi di aver ospitati. I giovani riconoscenti, nel giorno di Maria Ausiliatrice, si ricordarono innanzi all' altare della Madonna di così squisita carità:

Alle 11 e un quarto pomeridiane si giungeva all'Ospizio salesiano della Spezia, ove accolti con entusiasmo fraterno, refocillati e dopo breve riposo ascoltata la s. Messa, essendo domenica, si ripartiva alle 4 antim.

A Sampierdarena un'anima cortese pensò che i giovanetti dovevano , per causa di un viaggio così lungo aver sete e fece trovar per essi alla stazione una provvista abbondantissima di aranci. Regalo opportuno perchè se ne aveva veramente bisogno.

Così ogni passo dei nostri giovani venne infiorato dalla carità dei benefattori e per mezzo di essi il Sacro Cuore di Gesù fece loro gustare le dolcezze di una vita, accompagnata dalla pratica di quella grande parola del Salvatore : - Amatevi l'un l'altro.

Alla sera della domenica 22 maggio i figli dell'Oratorio di S. Francesco di Sales eransi di bel nuovo riuniti tutti insieme, preparandosi a celebrare pel giorno 24 la festa di Maria SS. Ausiliatrice.

DON BOSCO A GENOVA.

La notizia che Don Bosco, in viaggio per Roma avrebbe assistito alla Conferenza dei Cooperatori attirò , ieri, 21 aprile, moltissime persone nella vasta basilica di San Siro.

Quel pubblico era composto in grandissima maggioranza di signore desiose di vedere le sembianze di quel sacerdote umile , modesto , tutto cuore , che tanto entusiasmo seppe suscitare in Francia, in Ispagna, in tutte le parti ove egli si recò a predicare , a raccomandare l'opera altamente morale , umanitaria , patriottica , da lui fondata.

Quando apparve, attorniato da uno stuolo di signori di lui ammiratori , circondato da alcuni suoi discepoli , tutti si alzarono rispettosamente in piedi, un lieve mormorio levossi per le vaste navate, lo sguardo di tutti era fisso là dove il buon vecchio s'era recato a prendere posto onde assistere al Sermone di carità, che dovea fare quel valente oratore sacro che è Mons. OmodeiZorini.

Poco dopo, verso le due e mezzo, giunse Monsignor Arcivescovo , il quale prese posto su di un seggiolone distinto , stato preparato presso quello ove già trovavasi Don Bosco.

L'incontro dei due uomini venerandi che tanto bene operarono per la causa della verità , della giustizia, che tanto fecero per le opere caritatevoli, fu cosa commovente.

Dopo una breve lettura fatta da un alunno dell'Istituto Salesiano di Sampierdarena, Monsignor Omodei salì sul pergamo per tenere l'annunziata Conferenza.

Mons. Omodei ieri fu ancora più eloquente del solito ; e si capisce, trattavasi di parlare di argomento diletto al suo cuore, così traboccante d'affetto , di parlare cioè della carità. E parlò come sa parlare Lui, con facondia mirabile, con quell'impeto entusiastico, tutto fuoco, che intenerisce, commuove, fa palpitare il cuore degli ascoltatori.

La stia predica riuscì in una mirabile pittura di quello che dall'Istituto fondato da Don Bosco venne compiuto: di quello che si sta ora operando. E parlò con calore degli Istituti Salesiani di Sampierdarena , di Torino e di Roma , dell'alta e media Italia, ne descrisse gli immensi vantaggi apportati a tante famiglie, a tanti giovani , alla società. Disse dell'educazione religiosa e civile che in quelli viene impartita, parlò del benefizio grande delle officine dove si educano i giovani ricoverati ad un'arte , ad un mestiere , affinchè crescano ottimi operai, buoni cittadini, fedeli alla religione ed alla patria.

Tratteggiò in modo mirabile l'opera degli alunni di Don Bosco nelle Missioni dell'America del Sud, in mezzo a tribù selvaggie, prive di ogni civile elemento, alle quali è sconosciuto ogni sentimento gentile, buono, umanitario.

Disse del gran bene che alla causa della civiltà cristiana arrecano quei pionieri della cattolica fede, che, abbandonata la patria, i parenti, gli amici, affrontano impavidi i disagi di lunghi viaggi, la fame, la sete, i tormenti, le minaccie, pur di riuscire al santissimo scopo prefissosi.

Quando venne a parlare del recente disastro toccato alla nostra Liguria, mons. Omodei commosse al punto che più di uno pianse. Fu una mirabile descrizione la sua, che non poteva essere di più perfetta, di piu vera.

A sentirlo pareva di trovarsi presente alle grandi e dolorosissime catastrofi che tanto afflissero e tanto danno arrecarono alle popolazioni della riviera occidentale, dove i figli di Don Bosco hanno fatto già moltissimo bene.

Accennando a Don Bosco, ebbe parole improntate ad un affetto veramente filiale; era la gratitudine e l'ammirazione che le dettava , ed ei , ripetendo ciò che il suo cuore gli suggeriva, rendevasi l'eco fedele dei moltissimi, i quali serbano per il venerando Apostolo della carità una specie di culto.

L'appello rivolto all'uditorio, acciò sovvenisse ai bisogni degli Istituti Salesiani della riviera , danneggiati dal terremoto , ebbe una risposta degna della calorosa esortazione.

Nella questua, che si fece dai soci del Circolo Beato Carlo Spinola della Gioventù Cattolica, vennero raccolte, circa milletrecento lire, oltre alle somme raccolte alle porte prima della Conferenza, ed a quelle recate poi allo stesso Don Bosco da pie persone.

La funzione si chiuse con il canto del Tantum Ergo, egregiamente eseguito dai giovanetti dell'Istituto di Sampierdarena. Una musica dolce , melodiosa, piena di fascino , che esalta e commuove. Dirigeva i bravi cantanti il prof. Noceti dell' Istituto.

Finita la funzione, una vera ressa di gente si fece attorno al venerando D. Bosco ; tutti volevano avere da lui, con la benedizione, una parola consolatrìce. Sembra una cosa incredibile, ma pure è vera. Don Bosco impiegò quasi un'ora a recarsi dal posto in cui trovavasi alla Sacristia, tanta e tale era la ressa delle persone intorno a lui. Il bene fatto dal suo Istituto della vicina Sampierdarena è grandissimo.

Egli accolse oltre venti orfanelli dei paesi colpiti dal terremoto. Tutti i giorni riceve continui ricorsi per nuovi ricoverati.

A lui si è indirizzato persino il Governo e lo stesso ministro Genala.

La carità di D. Bosco è inesauribile. Ai pietosi nostri concittadini spetta secondarlo in un'opera così santa.

(Dal Cittadino di Genova del 22 aprile).

Da Genova essendosi Don Bosco recato alla Spezia, ivi pure nella chiesa dell' Ospizio Salesiano vi fu il 25 aprile la conferenza ad un numero grandissimo di Cooperatori , predicando il Rev. D. Rua Michele. Fu questa eziandio una vera festa di famiglia, poichè l' animo affettuoso e la generosità degli Spezini diede prova del vivo interesse che prende alle opere Salesiane.

IL TEOLOGO MARGOTTI.

Nel giorno sei di maggio, festa di s. Giovanni Evangelista, nell'età di 62 anni, pieno ancor di vita e di speranze , moriva in Torino uno dei più insigni scrittori del nostro tempo , e benemerito nostro Cooperatore , il Teologo Giacomo Margotti. Dire in poche parole il merito che ei seppe acquistarsi nel difendere la Chiesa nella persona del suo Sommo Pastore il Papa, è impossibile; e poi molti altri lo fecero con miglior forma ed autorità. Noi non possiamo però dimenticare quest' uomo che amò con molto affetto il nostro Istituto ed aiutò con tutte le sue forze il venerato nostro Padre e Maestro D. Bosco nei primi e difficili passi, e lo confortò con la cortese sua benevolenza, venuta mai meno in ogni tempo. Quando nel 1860 il nostro Oratorio fu argomento delle perquisizioni, di cui si parlo a suo tempo nel Bollettino, uno dei primi che vennero a visitare D. Bosco ed a consolarlo di quelle persecuzioni fu appunto il Teol. Margotti. E quell' affezione illuminata e sincera per il nostro Oratorio e pel suo fondatore continuò sempre a mostrarci sino all' ultimo giorno. Ne abbia egli pertanto tutta la nostra riconoscenza.

Altri dicano i meriti del Margotti per la buona stampa di cui fu forte campione, altri lodino la costanza e sapienza con cui combattè nel giornalisrno cattolico in difesa della causa della religione , del Papa e della patria ; altri narrino qua! pura gloria egli si acquistò per 40 anni di lavoro utilissimo per la Chiesa e per la civile società; ma noi non possiamo e non dobbiamo dimenticare che ci fu tra i principali benefattori. Egli voleva bene a D. Bosco, alle opere sue ed ai suoi figli. Quando poi sapeva che una sua visita poteva far piacere a D. Bosco già sofferente, non mancava mai, anche con suo incomodo , di venire al nostro Oratorio e fermarsi quel tempo che vedeva necessario o desiderato. Ed uno di questi giorni, fu appunto il lunedì dopo Pasqua, dell'anno corrente. Ei venne all' Oratorio, vi si fermò assai in famigliare ed intimo colloquio con D. Bosco , mettendo sè e le cose sue a disposizione di lui, e perchè sapeva che egli partiva per Roma a fine di assistere alla consecrazione della chiesa del S. Cuore, e sapeva dovere essere assente per lungo tempo , volle egli pure concorrere di nuovo per quell'insigne monumento , di cui si era sempre mostrato in vario modo zelante promotore. Augurò a D. Bosco buon viaggio e felice e presto ritorno , senza sapere che su questa terra non lo avrebbe più veduto.

Appena saputasi da noi la grave malattia del compianto teologo, si sono tosto raccolti in chiesa i giovanetti e Salesiani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales e dell' Ospizio di San Giovanni Evangelista a pregare per lui , e nel mentre per telegramma lo si raccomandò a D. Bosco in Roma. Poche ore prima di spirare avendo egli saputo questo segno di nostra affezione, il buon teologo ne provò viva consolazione e ad uno dei nostri sacerdoti, che lo assisteva -con molti altri, disse di ringraziare Don Bosco e tutti i suoi di tanta carità.

Moriva alle ore 4 e 20 minuti pom., e la sua morte tornò a Don Bosco ed a noi tutti quale una calamità e trasse sugli occhi amarissime lagrime.

Mentre noi lo raccomandiamo alle preghiere dei nostri Cooperatori, oltre i suffragi già fatti, intendiamo di fare un funerale solenne secondo le nostre forze qui nel santuario di Maria Ausiliatrice.

LA GUARDIA D'ONORE e il Giubileo sacerdotale del Santo Padre Leone XIII.

In occasione del Giubileo Sacerdotale del Papa Leone XIII anche la famiglia della Guardia d'onore farà splendidamente la sua parte. E giusto. La Pia Associazione della Guardia d'Onore al S. Cuore di Gesù è ai nostri giorni la società religiosa più estesa di tutte : giacché conta più milioni di associati, fra cui oltre a centomila Sacerdoti , più di trecento tra Arcivescovi e Vescovi , in capo ai quali risplendono i nomi gloriosi del Papa Pio IX di santa e cara memoria e del Papa Leone XIII, gloriosamente regnante. Anche in Italia è stabilita in più di settanta Diocesi e in tutte le principali città, come Roma, Milano, Torino, Venezia, Genova, Pisa, Lucca, Napoli , Palermo , ecc. e si va sviluppando ogni giorno più per opera specialmente dell' ottima Eco del Clero di Savona, organo della Guardia d'Onore in Italia e di parecchi ferventi zelatori, di questa santa Opera di riparazione e di amore.

Ed ecco il regalo speciale ed adattissimo al suo scopo che offrirà al Papa, un magnifico Quadrante, che costerà parecchie migliaia di lire. Il signor Sipoly, prete della Missione, visitatore del Brasile , fece costrurre il primo quadrante di questo genere e un altro missionario propose di farne uno simile pei Papa.

E un grande Quadrante-Orario, divisa dell'Arciconfraternita, con dodici stelle , che fissano le dodici ore, i nomi delle Gerarchie Angeliche, la Corona di Spine, il Cuore infiammato, sormontato da una croce e forato dalla lancia. Un movimento di orologeria fa camminare le sfere, che segnano le ore e queste chiameranno le Guardie d'Onore al loro santo ufficio suonando sopra un timpano d' oro. Un apparecchio elettrico , d' una certa potenza, opportunamente e con abilità posto dietro il quadrante , l' inonderà d' una splendida luce. « Il Divin Cuore apparirà allora veramente come sopra un trono di fuoco e di fiamme, mandando raggi da ogni parte, più risplendente che il sole e trasparente come un cristallo. La sua piaga getterà raggi sì luminosi che tutta la chiesa potrà esserne rischiarata. » Queste parole sono della Beata Margherita Maria Alacoque : noi le pigliamo ad imprestito per meglio descrivere la novella visione, che si presenterà agli occhi delle Guardie d'Onore ; visione, che sarà come un'immagine lontana e debole, ma fedele, di quella di che la diletta del Sacro Cuore fu un giorno favorita e che raccontò colle parole suddette.

I MISSIONARI! SALESIANI NEL CHILI'.

Da qualche tempo si desiderava stabilire nel Chilì l' opera di D. Bosco. Distintissimi personaggi di quell' illustre repubblica eransi recati in Torino, facendo vive istanze per ottenere che alcuni Salesiani fossero andati a fondare un qualche ospizio nella loro patria. Eziandio con ripetute lettere promettevano la loro cooperazione personale, per sostenere le fondazioni che si sarebbero fatte. Il molto Rev. P. Hesperidion Herrera, segretario di S. S. Ill.ma il signor Vicario Capitolare di Conception scriveva a D. Giacomo Costamagna : « I miei poveri figli aspettano i Salesiani con vivo desiderio e i derelitti del territorio Araucano domandano a gran voce i soccorsi spirituali. Muoiono come vivono, cioè a dire senza sacramenti; si sposano civilmente, privi di ogni educazione cristiana: sono completamente abbandonati. Avrò finalmente la consolazione di consegnare ai figli di D. Bosco la casa che costruisco? Sarebbe cosa crudele che nessuno volesse prendersi cura dei miei figliuoli. La casa fu edificata per loro ! E perché non debbo sperare che Dio abbia a concedermi questa grazia? »

D. Bosco non potè resistere a simili commoventi domande ed a quelle di cospicui signori di Valparaiso e Santiago, che chiedevano altrettanto per le loro città. Fu perciò decisa la spedizione di Missionarii in quelle terre. Dalle lettere seguenti degli stessi Missionarii i Cooperatori avranno la narrazione di questo nuovo importantissimo fatto.

Partenza dei Missionarii Salesiani pel Chili. REV. SIG. DIRETTORE,

Poche ore ancora e poi oggi stesso alle 5 di sera partiremo sul treno per Mendoza, ove arriveremo dopo domani giorno delle ceneri alle 6 del mattino. Ci fermeremo poche ore per riposarci alquanto delle 36 ore di viaggio e provvederci le mule e la guida che ci dovranno condurre al Chili, traversando le Ande, al di là delle quali, risalito il treno, andremo giù, giù verso la Concezione, meta del nostro viaggio. Ci si dice che arriveremo dopo otto o dieci giorni di viaggio secondo che il tempo sarà favorevole o no. Taluno ci suggeriva di andar per mare e sarebbe più comodo, ma più lungo (15 giorni) e più costoso (40 lire sterline per ciaschedun viaggiatore). Noi abbiamo fretta e molta fretta, perché Mons. Cagliero ci telegrafa di partire immediatamente per arrivare colà il 1 di marzo. Dove ci divertiremo sarà nell'attraversare le Cordigliere sul dosso di una mula durante quattro giorni ed altrettante notti. I poeti ed i pittori avranno certamente occasione di accendere il loro estro, ma la maggior parte dei componenti la nostra carovana non siamo nè poeti nè pittori. Basta; vedremo e poi scriveremo. I missionarii che partono con me sono 5. Due preti, due chierici ed un secolare. I preti sono D. Scavini Spirito che viene da Paysandù e D. Daniele Raimondo che è giunto ieri l'altro da Patagones. Monsig. Cagliero arriverà qualche giorno prima o dopo di noi, finita la Missione di Malbarco. Passerà le Ande nel sito dove le passò l'anno scorso D. Milanesio, che ora lo accompagna, e in due giorni giungerà alla Concezione.

Io parto desideroso di compiere la volontà de' miei Superiori, senonchè mi dà pena la lontananza, la gran separazione dai confratelli della Repubblica Argentina. Qui il viaggio da Buenos

Aires al Chilì è pareggiato a quello di chi va in Europa. Noi confratelli non ci rivedremo più se non dopo varii anni. Speriamo però che un tunel unirà le due repubbliche più meridionali del Sud-America; già se ne parla e si dice che una società Inglese sia pronta a compiere questo gigantesco lavoro in quattro anni. Allora faremo il viaggio in tre giorni. Per adesso ci contenteremo di vederci per lettera, precisamente come facciamo cogli amici di Europa.

Non ho altre notizie da darle, mi manca il tempo; ogni altra idea mi è fuggita di mente per lasciare il posto a questo gran pensiero ! - Chili !

Per finire questa pagina le dirò che il cholera è quasi scomparso dalla Repubblica Argentina, dopo aver portato lo sgomento in tutte le provincie e la morte in molte, specialmente in Mendoza e Tucuman. In queste due città si ebbero a piangere varie miglìaia di vittime.

D. Fagnano reduce dalla sua esplorazione nell'Isola del Fuoco si trova a Patagones ed è aspettato a Buenos Ayres per cercare protezione, sussidii e personale

Buenos Ayres. 21 Febbraio 1887

D. EVASIO RABAGLIATI,

Sacra funzione per la partenza.

CARISSIMO E VENERATISSIMO D. Bosco,

Oggetto di questa mia si è di darle una grande notizia. La fondazione della prima Casa Salesiana in Concezione del Chili! Oh che bella festa si è fatta qui a Buenos Aires il giorno 21 di febbraio per la partenza di coloro che erano destinati a piantar le tende in faccia all'Oceano Pacifico ! Fu proprio una vera riproduzione in piccola scala di quelle magnifiche dì codesto Oratorio. Intervennero tutti i direttori di questa Ispettoria e, dopo la refezione comune, si andò al Santuario di Maria Ausiliatrice, che sta di fronte al nostro Collegio, il quale si riempì di preti, chierici e giovani.

Si fece un piccolo sermone col quale si invitava il carissimo padre D. Bosco, tanto da noi lontano, a venir in mezzo a noi per benedire i missionari Poi si diede la benedizione col SS. Sacramento; indi si recitò l'itenerario, quindi la partenza. I ragazzi accompagnarono in folla i nostri confratelli per lo spazio di due isolati e i Sacerdoti fino alla stazione. A Mendoza furono ospitati dai Rev. Padri della Compagnia di Gesù e mentre scrivo stanno montando le Ande.

Tutti i confratelli le baciano la mano e le domandano con me la santa benedizione.

Buenos Aires Almagro, 25 febbraio 1887

D. COSTAMAGNA GIAcoMo.

GRAVISSIMO PERICOLO incorso da Monsignor Giovanni Cagliero.

Ricevemmo la dolorosa notizia che monsignor Giovanni Cagliero , Vescovo salesiano e Vicario apostolico della Patagonia, nell' ultima sua missione evangelica verso il Chilì , traversando le Cordigliere , balzò da cavallo e fu miracolo se non venne precipitato in un orrendo precipizio. La corrispondenza lasciava a temere che egli avesse avuto delle rotture nella vita. Altre notizie poi recavano che egli trovavasi sulle rive del Rio Neuquen, senza medici e senza medicine e travagliato da gravissima febbre. Finalmente un biglietto dal Chilì ci fa sapere come il carissimo Vescovo siasi ristabilito in sanità.

In altro Bollettino daremo i particolari di questo fatto.

CONFERENZA SALESIANA IN FIRENZE.

REV. Sig . DIRETTORE,

Ella desidera avere notizie della nostra Conferenza, ed io gliele mando. Avevamo già celebrato il 30 gennaio con festa speciale il nostro dolcissimo santo, Francesco di Sales, pontificando Mons. Vicario Generale, tanto benevolo a noi, ma volendo onorarlo pure in pubblica chiesa , abbiamo stabilito di fare la Conferenza pei Cooperatori e per le Cooperatrici nella bellissima chiesa di S. Firenze, concessaci con generosa cortesia dai benemeriti Padri dell'Oratorio di S. Filippo Neri. Si unì a noi in quell'occasione la Società Operaia per ricordare la santa memoria di Pio IX, e combinammo la funzione per la seconda domenica di quaresima, alle 5 pomeridiane, dopo celebrata in quel mattino la Messa per i Cooperatori e fatta la Comunione per essi dai nostri cento e trenta alunni. Nella Conferenza si mostrò sempre più lo spirito religioso e cortese del popolo fiorentino, il quale ama D. Bosco e lo sa comprendere nella sua grandezza e bontà e gode di sentirne parlare.

Dopo il canto di un mottetto eseguito dai nostri giovani alunni, io tenni un breve discorso , parlando delle opere di D. Bosco, e specialmente di quella di Firenze. La folla dei Cooperatori e delle Cooperatrici era numerosissima. Intuonato il mottetto Sacerdos et Pontifex , comparve il tanto benemerito e a noi carissimo Monsignor Vescovo di S. Clemente, Velluti-Zati , il quale , salito in pulpito, tenne un discorso di un'ora e mezzo, così bello, santo, ricco di nobili pensieri, che io esclamai Monsignore aver compreso Don Bosco nei suoi più intimi sentimenti. Ci diede la benedizione col SS. Sacramento il nostro antico benefattore ed amico can. Campolmi Giustino , che così chiudeva con viva soddisfazione la festa. Di questa potrà avere un'idea più chiara leggendo gli appunti dell'orazione di Monsignore, che uno dei nostri ritenne a memoria e poi mise in carta. Glieli mando perchè meritano di essere letti, e benchè così male riassunti, lasciano travedere il cuore e la mente dell'illustre oratore...

Firenze, Oratorio Salesiano. 5 aprile 1887.

Sac. STEFaNO FERRARO.

Riassunto del discorso di S. E. Mons. Vescovo di S. Clemente detto in Firenze nella conferenza dei Cooperatori la 2a domenica di Quaresima 1887.

Iddio aveva promesso ad Abramo che dalla discendenza del suo Isacco sarebbe nato il Salvatore del mondo ; ma nella sua sapienza volle mettere a prova la fede e l'ubbidienza del suo servo Abramo. Gli comanda adunque che salga il monte e là sacrifichi l'unico figlio, su cui tutte posavano le speranze. Abramo ascolta la voce di Dio, e benchè umanamente parlando dovesse parergli impossibile di congiungere la promessa di Dio col nuovo comando, nondimeno Abramo contro la speranza sperò.

Signori! Se noi volgiamo uno sguardo alla presente società, non vediamo che confusione e rovina.

La forza prevale al diritto , i forti opprimono i deboli , ogni legge umana e divina si spezza, ed il più freddo egoismo ovunque domina i cuori.

Chi a tal vista non freme? Chi ad una tale società non presagisce imminente catastrofe

No , o signori , ogni speranza non è perduta ; io spero, contro la speranza umana, spero ancora che la società si migliori; ed in breve vi esporrò in che si fondino le mie speranze.

Le mie speranze, o signori , non si fondano negli uomini, ma in Dio ; non nella forza materiale, ma nella forza morale, non sopra argomenti umani, ma celesti.

Mentre gli uomini vanno rintracciando la pace nell'abbondanza, nella ricchezza e ne' piaceri, io veggo un raggio divino , una luce celeste che dovrà salvare il mondo. E qual'è, o signori? La legge della Carità. Ecco la legge che dovrà togliere dal mondo gli odii, le guerre , l'avarizia, l'egoismo; che veri fratelli ed eguali renderà gli uomini, e che vera pace e salute recherà all'uman genere.

In tutti i secoli questa fiaccola benefica rifulse di viva luce nella Chiesa cattolica : di modo che da Cristo, cui piacque appellarsi la Carità, fino ai nostri giorni, noi la vediamo questa figlia divina produrre nel mondo i suoi benefici effetti.

E come diversamente, se la Chiesa stessa non è che la carità personificata? No, essa non verrà mai meno fra i popoli , ed a seconda del maggiore loro sviluppo e perfezionamento, la carità sempre più regnerà fra gli uomini.

Non può negarsi che questa legge abbia trionfato in tutti i tempi. Dovunque volgo lo sguardo sull'incivilita Europa, io veggo i figli di Dio operare l'opera della luce, mentre i figli di Satana tutti tentano per trarre nelle tenebre dell'errore gli incauti. Gli operai cattolici di G. C. tutto sacrificano per la carità: ricchezze, onori, parenti ed ogni bene quaggiù, pur di seguire questa regina delle virtù.

Infatti noi li vediamo fin dai primi secoli perpetuarsi sino a' nostri giorni, li vediamo, dico, a tutto esporsi pel bene delle anime; solcare mari sconosciuti, percorrere immensi deserti, inoltrarsi nelle vergini foreste, pur di portare agli uomini questa dolce novella : Siam fratelli ; tutti figli . d'un Padre, tutti coeredi d'una gloria immortale.

Alla irrompente corruzione essi oppongono una vita immacolata, al vizio la virtù, ai dileggi l'amore. Questi sono gli Eroi, o signori, che destano l'ammirazione d'ogni giudice imparziale. La carità ha divulgato dovunque il bene, ed anche nella società presente, sebbene caduta miseramente in un abisso di mali, noi vediamo risplendere questa fiaccola celeste , e possiamo quindi dire: ogni speranza non è perduta; ancor risplende la stella, il faro, che dai marosi e dalle procelle trarrà la nave traviata al porto di salute.

L'Italia nostra ha visto sorgere anche in questi tempi miracoli di carità, perchè dove più viva è la fede quivi più splende questo raggio celeste. Nel secol nostro molte opere a bene dell'umanità noi abbiamo veduto compiersi. Non è mia intenzione di descriverle, o signori; sol narrerò di un'opera, alla quale, o Cooperatori Salesiani, voi avete dedicata la vostra cooperazione, e pel cui progresso, qui, oggi, siete tutti riuniti, voglio dire dell'opera del venerando D. Bosco. Questo nome, conosciuto omai per tutta Europa ed America , suona caro sul mio labbro, e rapito d'ammirazione di quanto egli potè compiere sotto lo stendardo della carità ; non so che esclamare: Oh Carità, quanto sei potente! Tu gli umili e dappoco in faccia al mondo trasformì in apostoli ed eroi, tu tutto sai col tuo fuoco vivificare, tu tutto puoi.

L'opera dí questo zelante sacerdote eccitò nei generosi Fiorentini il desiderio d'avere pure tra noi i figli del Sacerdote della carità, a raccogliere tanti miseri abbandonati, che, lasciati in balia di se stessi nell'età più tenera , perverrebbero in breve a deturparsi ed essere di disonore o danno alla civile Società. D. Bosco sotto il manto della carità ha potuto radunare migliaia e migliaia di giovani, salvarne tanti che altrimenti si sarebbero miseramente perduti   

L'opera è stata da Dio benedetta, perchè null'altro cerca che il bene della classe più bisognosa, null'altro promuove che il benessere dell'umana famiglia. Accendetevi di santo zelo per opera sì grande , o signori. Sì, il concetto di D. Bosco è grande!

Educare i figli del popolo! Questi disgraziati che noi ad ogni pie' sospinto vediamo nelle nostre contrade, lasciati in abbandono senza freno, che fanno inorridire colle loro bestemmie, che si bruttano d'ogni vizio, da tutti schivati e sprezzati, noi li vediamo, dico, da zelanti operai evangelici e cattolici levati dalle strade, raccolti tra due mura, dove tra il balsamo della virtù, della preghiera e d'un'istruzione basata su principii inconcussi e fermi, si trasformano e ci ritornano in breve mutati e buoni cittadini ad onorare il loro paese.

E mentre i perversi tentano con ogni arte di guadagnare queste misere creature , per servirsene ai loro malvagi disegni , e farne il flagello della società, noi vediamo per l'opposto la mano provvidenziale dei figli di D. Bosco togliere di mano ai nemici di Dio le loro vittime e farne probi ed onorati cittadini.

La povera gioventù ai nostri giorni voi la vedete che cresce nell'ignoranza d'ogni principio religioso e che solo conosce Dio per bestemmiarlo. Non aspirazioni a nobili fatti, ma al vizio, all'empietà , s'avvia su d'una carriera infelice , che viene ben presto troncata da un revolver o da un pugnale.

E di chi è la colpa? La colpa è dei genitori che punto si curano della prole, che ponendo in non cale il più sacrosanto dei doveri, qual'è la sana educazione delle creature alle loro cure affidate, le lasciano in piena balia di loro medesime. La colpa è dei maestri, che insegnano pubblicamente le più assurde massime, i più ributtanti errori.

La colpa è dei maggiori che invece di dare buon esempio scandalizzano i fanciulli. Chi soccorrerà la sventurata gioventù ? La carità Cristiana, o signori ? Il sacerdote piemontese dice: Venite, o giovani, venite a me, ed io vi aiuterò nel Signore. Quanto è bello questo spettacolo

Povero, semplice, umile, ma ricco di carità, ei cammina per le vie, raccoglie migliaia di povere creature abbandonate , le nobilita , le rende virtuose   

... O mondani , venite a raccontarci i miracoli della vostra filantropia , di questa sonora ciancia sotto di cui voi tentate coprire il vostro egoismo. Voi per l'odio che contro al Cristianesimo nutrite, alla carità avete sostituito la filantropia. Questa è la voce dell'uomo, é opera caduca; quella é voce di Dio, e non morrà giammai ; quanto adunque l'uomo dista da Dio, quanto la potenza umana dalla divina, altrettanto si diversifica la filantropia dalla carità.

Oh! se si potesse vedere il cuore di questi, che pure si chiamano filantropi! Quanto egoismo vi troveremmo, quante sozzure !

Con cuore siffatto, confessatelo pure, voi non amate che voi stessi, e pel vostro utile calpestate i più sacri doveri dell'umanità, opprimete il povero per divenir potenti, abbandonate il misero indigente perchè nulla vi puo fruttare.

Ecco ciò che la filantropia produce : egoismo, sozzura e superbia. Ma la carità si abbassa, si fa umile coi piccoli, colla mansuetudine fortifica ed avvalora, non colla forza opprime, ma colla sofferenza tutto sopporta.

O Carità! A questi caratteri io riconosco in te la primogenita di Dio, perchè tu l'uomo trasformi! Varie sette, o signori, sono organizzate per rendere gli uomini eguali , e sotto questo pretesto tutto si fanno lecito. Volete la vera eguaglianza? Volete che una paternità dolce, mite sottentri alla tirannia e prepotenza ? Procurate la - carità ; e voi vedrete il ricco porgere la mano all'indigente, aiutarlo e soccorrerlo: voi vedrete docili alla voce del Sovrano i popoli; vedrete i capi dello Stato consacrarsi al bene dei sudditi, e tutti contenti del posto sociale vivere da fratelli, coeredi di una patria beata. Innamoriamoci adunque di questa virtù, che può apportare vera felicità sulla terra. La fede, o signori, si è in questi tempi indebolita. Troppe sorso le perverse dottrine che pubblicamente si osano insegnare, troppi gli errori che serpeggiano tra il popolo, troppi sono i ministri di Satana che dovunque spargono il veleno di massime assurde. Chi riparerà la fede? Chi le ridonerà il pristino splendore? La carità. Operiamo il bene, abbracciamo tutti gli uomini come fratelli, ed a questo operare, alla vista di opere virtuose, la fede rinascerà nei cuori.

Tutti si gloriano degli esempi aviti de' loro antenati, tutti si recherebbero ad onta l'essere degeneri dei loro padri. Or bene: la nostra Firenze, o signori, di cui ci gloriamo d'essere figli, tra le molteplici e splendide sue glorie, può vantare ancor questa : d'essere stata patria di eroi della carità. Questo tempio, in cui noi siamo, ci rammenta S. Filippo Neri che mentre accoglieva principi e grandi, ed a tutti era prodigo di suoi paterni consigli, non dimenticava però i giovani, ma con trastulli, piccole conferenze, istruzioni li incamminava sul sentiero della virtù. Noi vediamo la gioventù accorrergli attorno , ed egli tutto umile aver sempre una parola di conforto, d'incoraggiamento pe' suoi piccoli amici. Oh ! spettacolo veramente giocondo! Ecco la carità cristiana !

Altri uomini alla carità consacrati può vantare Firenze, tra i quali mi è dolce il ricordare il fondatore della Congregazione della Dottrina cristiana, Luigi Franci, che a questo nobile intento, d'istruire cioè la povera gioventù ne' santi principii della cristìana religione, si fe' tutto a tutti, consecrando anche la vita pur di far conoscere Dio e la sua legge a tante creature. Ma pur troppo dobbiamo, o signori, con nostro rincrescimento asseverare che le antiche istituzioni nella nostra Firenze languiscono. Da altri paesi or Dio ci invia i suoi mandati che vivifichino nei cuori l'amor di Dio e del prossimo.

Dal Piemonte a ridestar questa sacra fiamma Don Bosco è venuto ; e voi, o Cooperatori, aiutandolo in un' opera sì santa, siete certi di cooperare con Dio all'incremento di quest'opera che Egli ha benedetta...

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Vi ho detto, o signori, già sul principio che, ad onta dei mali che affliggono l'umanità, come Abramo io pure sperava. In che riposte abbia io queste speranze, ho esposto ; ed ho cercato di convincervi che l'unica tavola che ci rimane di salvezza è far rivivere in noi la carità , sicuri che, fino a che essa riscalderà i cuori dei Cristiani, la fede e le altre virtù non verranno mai meno. E specialmente un'opera di carità io ho raccomandata alla vostra cooperazione, cioè quella del venerando D. Bosco.

Ora rivolgo in sul finire un saluto paterno e di cuore a voi, o Cooperatori, per cui specialmente fu tenuta questa pubblica Conferenza, per voi che, ascrivendovi a questo pio consorzio, avete promesso d'aiutare un'opera sì santa e secondo le proprie forze.

Per essere veri Cooperatori non basta, lo sapete, il nome; nemmeno lucrare quelle indulgenze che il Romano Pontefice concesse ai collaboratori di D. Bosco. No; la carità vostra dev'essere attiva, ed aiutar dovete colle preghiere, colla buona fama ed anche coll'opera materiale il vostro prossimo, che sotto la cura dei Salesiani viene educato.

Prendete in oggi nuovo vigore. Partite di qui accesi di un santo zelo, e mentre da ogni parte i giovani vengono combattuti e sedotti , voi al grido di carità salvateli, proteggendo i loro benefattori Salesiani. La carità accenda sempre i vostri cuori, illumini le vostre intelligenze, e vi distingua dai figli delle tenebre, dai figli della filantropia. Essa ci fa veramente fratelli , amici veri, eguali, tutti figli di Dio, redenti da Cristo, avendo tutti i medesimi doveri ; essa fa sempre conoscere che la religione cattolica è divina, e che un principio divino tutto governa, tutto sostiene.

Combattiamo, o fratelli, sotto questo vessillo ; alla filantropia delle sétte opponiamo la carità dei Cristiani, e noi allora potremo presagire alla società un'éra novella di civiltà e di vero progresso.

Deus charitas est, et qui manet in charitate in Deo manet.

BIBLIOGRAFIA.

Nell'anno testé docorso è stata pubblicata dalla tipografia e libreria Salesiana in Sampierdarena la parte prima delle opere del sac prof. Giovanni Verdona contenente i Panegirici; e ogni lettore ha potuto vedere e conoscere che gli elogi ad essi tributati dall'Em.mo Card. Alimonda sono davvero meritati. Nè meno valgono sì fatti elogi per le altre opere che pubblicheremo nel corrente anno, prime delle quali daremo il Quaresimale,, in due volumi, L. 4,50; L'Avvento e Prediche diverse, pure in due volumi, L. 4,50, che formeranno quattro bei volumi del medesimo sesto dei Panegirici. Chi poi, a scanso di maggiori spese postali, volesse anticipare il prezzo di tutti e quattro i volumi, favorisca mandare lire 8 in vaglia postale a questa nostra Libreria Salesiana, e di mano in mano che usciranno in luce, gli saranno prontamente spediti.

Verranno quindi pubblicate le altre opere di lui; e di queste daremo pìù particolare contezza nella copertina del quarto volume di questa seconda parte.

Siamo sicuri che anche al Quaresimale, all'Avvento e alle Prediche diverse del prof. Verdona si farà lieta accoglienza, come si fece ai Panegirici; e però non spendiamo parole por raccomandarle ai cortesi lettori, i quali d'altra parte già sanno che la pubblicazione di codeste opere è ad esclusivo vantaggio di questo Istituto, che raccoglie più centinaia di poveri giovani cui somministra il cibo materiale e morale. E, per conseguenza, chiunque dà il nome a si fatta pubblicazione, oltre all'acquistare opere bellissime, fa altresì una carità.

Colla certa speranza di vederci corrisposti, si porrà senz'altro mano alla stampa del primo volume del Quaresimale, che a breve intervallo sarà seguito dal secondo.