BS 1930s|1931|Bollettino Salesiano Novembre 1931

Anno LV.   I° NOVEMBRE 1931 (X)   Numero 11.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

SOMMARIO: Il B. Don Bosco e le vocazioni ecclesiastiche. - Omaggi a Don Bosco. - Lettera di Don Giulivo ai giovani. -- La festa del Beato Don Bosco. - La Crociata Missionaria. -- Dalle nostre Missioni: Escursione apostolica in Patagonia. - Inondazione a Yim-Tak. - Notizie di Famiglia. - Culto e grazie di Maria Ausiliatrice. - Necrologio.

Il B. Don Bosco e le vocazioni ecclesiastiche

Sul finire di agosto si è tenuto a Paray-le-Monial il VII Congresso per le vocazioni sacerdotali.

Scopo di coteste adunate è quello di richiamare all'opinione pubblica la crisi delle vocazioni sacerdotali e studiare i mezzi per risolverla.

I congressisti di Paray-le-Monial hanno svolto un magnifico programma, hanno soprattutto molto pregato il S. Cuore di Gesù, e nella cappella stessa delle Apparizioni hanno rinnovato la consacrazione e il giuramento per la Crociata delle Vocazioni. Commovente vedere insieme uniti zelanti Pastori, esperti e operosi sacerdoti, e una folla imponente di anime cristiane, appassionarsi di un problema così vitale per la dilatazione della Chiesa di G. C. e per la salvezza, delle anime. Abbiamo seguito con vivo compiacimento e interesse le trattazioni sui mezzi per promuovere le vocazioni sacerdotali, e siamo stati molto lieti di trovare nelle belle parole di Mons. Lavallée, rettore delle Facoltà cattoliche di Lione, e del canonico Mury, lumeggiati e rimessi in azione alcuni di quei mezzi di cui si valeva il nostro Beato Don Bosco per suscitare le vocazioni.

Quanto ha fatto il Beato per le vocazioni sacerdotali e religiose! Leggete queste pagine (che un amico ci aveva inviate per l'anno della Beatificazione per rievocare la vasta azione spiegata da D. Bosco nel campo delle vocazioni): conoscerete sempre più lo zelo da cui era animato e la via tenuta per riuscirvi così fruttuosamente. E saprete approfittarne, imitandolo.

Uno dei desideri che più agitarono il cuore di Don Bosco e ne acuì lo spirito, fu di dare alla Chiesa dei buoni e zelanti sacerdoti; certo all'inizio lo preoccupò massimamente il pensiero di dare alla società buoni cristiani e specialmente buoni operai cristiani, ma ben presto egli sentì ancora quanto urgesse provvedere all'altro grave bisogno dei tempi, di dare cioè alla Chiesa i suoi buoni operai che sono i sacerdoti. Fece suo sin d'allora il motto di Cristo: messis quidem multa, operarii autem pauci; rogate ergo Dominum messis ut mittat operarios in messem suam: però, come lo portava il suo spirito di attività e d'iniziativa, del resto secondo lo spirito di N. S. stesso, alla preghiera egli aggiunse l'azione e l'azione più efficace. Alla sua morte infatti si contavano a molte migliaia i ministri del Santuario già antichi allievi delle sue case, numero che ora non sarebbe davvero tanto facilmente calcolabile; ma questo varrebbe più che altro a constatare l'esito della sua opera; a noi invece preme seguire Don Bosco nello sviluppo e nell'attuazione di tal parte e sì importante del suo programma.

Erano quelli (i primitivi dell'Oratorio) tempi rovinosi. Lo spirito di rivoluzione da cui era agitato il Piemonte, anzi tutta l'Italia, aveva fatto vuotare i Seminari; defezioni scandalose, subdolo lavorìo di sètte, generarono spesso insubordinazione, rivolte in quei recinti sacri alla preghiera ed allo studio, e molti, che avevano considerata una gloria rivestirsene, facevano gettito, a disdoro della Chiesa, del loro abito sacro quasi cosa vile. Così si diradavano le fila del Clero e le vocazioni ecclesiastiche venivano meno ogni giorno più. Concorsero a ciò anche le guerre molteplici dell'Indipendenza, che portando nelle caserme e nella vita di accampamento le reclute della milizia di Cristo, purtroppo le dissacravano. Così la Chiesa in Italia, ma più particolarmente in Piemonte, venne a trovarsi nelle condizioni in cui s'era trovata in Francia dopo la Rivoluzione.

Ed ecco Don Bosco non a piangere, o certo non a piangere solamente, ma al lavoro e lavoro fattivo. - È innegabile che a ciò fu spinto anche dal desiderio di avere i suoi preti: preti cioè secondo il suo cuore, preti che lo comprendessero, che comprendessero i nuovi, tempi, i nuovi bisogni, ma specialmente preti che si sentissero di seguire le sue direttive, i suoi metodi, e di dividere con lui il peso dell'opera sua, quella degli Oratori in particolare; così nacquero i Salesiani. Egli però nello sviluppo delle vocazioni intese di lavorare e lavorò soprattutto per la Chiesa.

Nè qui a prova giova l'attardarsi, perchè di fatto opera sporadica e contingente, sull'ospitalità e cura che egli si prese di molti giovani leviti che trovavansi sbandati dai loro seminari chiusi per le guerre; neppure va considerato di grande importanza il fatto della sua influenza sul Can. Anglesio, successore del B. Cottolengo, perchè alle tante famiglie che compongono quell'opera sì mirabilis in varietate, se ne aggiungesse una destinata alle vocazioni ecclesiastiche, quella dei « Tommasini »; che dette anch'essa alla Chiesa, del Piemonte specialmente, tanti ottimi sacerdoti e prelati e Vescovi, e come (lo ricordò egli stesso) il primo di quella famiglia vi fu da lui inviato; maggiore ne ha invece (e non ben rilevato finora) al riguardo, l'appoggio dato sempre al Convitto Ecclesiastico di S. Francesco d'Assisi, fondato dal Teol. Guala, ed in cui aveva profusi tesori di santità e dottrina il conterraneo e consigliere di D. Bosco, il B. Cafasso: D. Bosco si sentì sempre legato a questa istituzione, da cui aveva ricevuto il compimento di sua formazione sacerdotale, ed anche morto il Cafasso, della cui santità fu egli, si può dire, il grande rivelatore, lo sostenne, e ne ricercò la ricostruzione, quando l'ondata settaria che si era abbattuta contro, ebbe per un momento ragione di essa. Ma anche questa fu come opera indiretta, sebbene tanto feconda: v'è invece l'opera diretta di D. Bosco, da Lui voluta ed attuata in seno e per mezzo delle sue organizzazioni ed istituzioni educative.

Non volle infatti che i Salesiani (quando li ebbe) accettassero se non in casi specialissimi la direzione di Seminari, riconoscendo che a ciò ha particolare attitudine e missione il Clero secolare; d'altra parte sapeva che vi erano già nella Chiesa Congregazioni Religiose, con antiche tradizioni, per la direzione di tali Istituti. Nemmeno amò troppo assumere la direzione dei così detti piccoli Seminari, benchè quando vi fu invitato e credette che la sua opera e dei suoi potesse essere feconda di bene (come di fatto lo fu), e la necessità sembrava impellente, anche a ciò si sobbarcò, pur con suo sacrificio: esempio il piccolo Seminario di Giaveno, che potè così dall'estremo decadimento ritornare a floridezza, nella quale poi venne riconsegnato (e si mantenne) all'Autorità Diocesana di Torino, che prima a Don Bosco l'aveva offerto perchè ve ne tentasse la risurrezione.

Pertanto questo egli volle davvero, che cioè tutte le sue case destinate a studenti fossero veri semenzai di vocazioni ecclesiastiche; ma in particolare quelle che più si modellarono su quanto egli aveva cercato di attuare all'Oratorio. Fin dai primissimi tempi infatti il suo spirito indagatore gli fece discernere nei giovanetti che egli raccoglieva o che si raccoglievano intorno a lui, che molti potevano essere avviati per le vie del Santuario, e fu per essi che ebbe specialissime cure, si fece loro maestro egli stesso, li mandò a scuole, aprì scuole, e fondò così all'Oratorio la sezione degli studenti. -Nessuno era obbligato a seguire una via determinata, ma tutto era così sapientemente predisposto che ben difficilmente i chiamati fallivano la meta.

Del resto egli pensava che come da una famiglia veramente cristiana, nel giro almeno e succedersi di qualche generazione, nasce spontaneamente il vir Dei, così da un Istituto, in cui si viva la vita cristiana, debbono sorgere e mantenersi le vocazioni al Santuario; ma poi il suo. stesso metodo preventivo così impregnato di religione, di pietà, di amore, di vigilanza, di culto per la più squisita moralità e le più elevate idealità, era già, anche senz'altro, capace di produrre l'ambiente necessario a tal fine. E di tal ambiente così formato, egli ebbe sempre la massima cura perchè fosse tenuto lontano ogni alito impuro, ogni cosa che potesse sapere di mondano, di naturalistico e non improntato alla più alta vita spirituale, attento fin anco perchè nella stessa vita di svago, che pur volle così libera, non si introducesse alcunchè da cui potesse venire soffocata l'aspirazione al Santuario in chi l'avesse avuta, o non lasciata germogliare in quelli cui Dio di fatti voleva che nascesse. - Di più Don Bosco, appunto perchè mirò sempre a quello scopo, desiderò che i suoi Istituti per studenti fossero a tipo prevalentemente classico, con lo studio quindi del latino; e certo anche per altre ragioni, ma specialmente per questa, nella disputa che s'era accesa allora sull'opportunità che agli autori classici antichi si aggiungessero gli autori classici cristiani, egli aderì a quelli che la sostenevano.

Studio, quindi, moralità, pietà, tutto era ordinato acciocchè i suoi Istituti per studenti (quelli specialmente che egli chiamò Ospizi, perchè colà anche gli studenti, che spesso del resto a tal fine v'erano ricevuti od inviati, potevano godere della beneficenza dei suoi Cooperatori) conservassero le vocazioni o le facessero sbocciare e maturare, se così era segnato da Dio. - Don Bosco poi voleva (e ne dava l'esempio) che si parlasse spesso ai giovani della vocazione in genere, e si prospettasse loro nel suo giusto lume la vocazione ecclesiastica o religiosa, e ciò o direttamente, o più spesso indirettamente, mettendo avanti a loro l'esempio (non rare volte vivente, o altrimenti con letture o racconti), di anime grandi che s'erano votate al bene del prossimo nelle file del Clero. Voleva di più che fra gli studenti stessi si formassero nuclei di speciale resistenza nelle opere di bene; quindi oggetto di particolari premure erano le. Compagnie di S. Luigi, dell'Immacolata, ma su tutte, la più ordinata allo scopo delle vocazioni ecclesiastiche, quella del Piccolo Clero.

* * *

Eppure tutto ciò non gli bastò. -- Guidato da quel senso pratico che sempre gli fece considerare i problemi che voleva risolvere sia nella loro linea ideale, sia in quella delle contingenze più concrete, egli ben comprese che a condurre a termine definitivo le vocazioni giovanili era cosa molto difficile: incostanza, influenza di ambienti familiari e sociali, esempio di compagni, miserie umane, venivano spesso a fare avvizzire vocazioni su cui s'erano poste le migliori speranze. Ed ecco spuntargli l'idea di coltivare le vocazioni tardive. Non era idea nuova. In Francia l'avevano fatto, ma sporadicamente, i Vescovi più zelanti dopo la Rivoluzione francese, e a queste vocazioni deve la Francia il Curato d'Ars; Don Bosco stesso era una vocazione a dir così tardiva, i primi che aveva coltivati erano più o meno vocazioni tardive; ma Don Bosco delle vocazioni tardive ne ha creato un'Opera che fra le altre ha legato alla sua Congregazione. E come questa fu veramente opera feconda! Incalcolabile il numero di ottimi sacerdoti di entrambi i cleri, di zelanti missionari, di veri apostoli, che essa ha dato! Il fatto ha comprovato come sostanzialmente l'opera rispondesse ad un vero bisogno. Vogliamo constatare come Don Bosco anche in quest'opera (almeno come organizzatore) fu un vero precorritore dei tempi. Si vede difatti, per citare un sol esempio, in Francia -- ora organizzata dai Vescovi - l'OEuvre des vocations tardives che Don Bosco per suo conto ha invece organizzata fin dal 1874, ottenendo su di essa la benedizione con la piena approvazione del S. Padre Pio IX. Era l'anno in cui aveva potuto ottenere l'approvazione delle regole della Società Salesiana. -L'opera cominciò a svolgersi nel 1875, cioè l'anno dell'inizio delle Missioni Salesiane a cui essa doveva dare tanti e tanti valenti propagatori del nome di Cristo.

Omaggi a Don Bosco

Nel Santuario deI "Boschetto" a Camogli.

Leggiamo, nel periodico La Madonna del Boschetto, sotto il titolo: DON BOSCO A CAMOGLI, questa bella relazione di un omaggio in onore del nostro fondatore.

Rievocazioni.

Camogli ha assolto mirabilmente al suo voto!

L'ammirazione, la devozione che i Camogliesi hanno sempre nutrito con fervido entusiasmo verso l' « Apostolo della Gioventù » ha avuto nel pomeriggio di domenica 2 agosto nel nostro Santuario, alla presenza di una grande folla di popolo, colla rituale benedizione della pregevole tela del pittore Antonio Schiaffino da Camogli, la sua consacrazione ufficiale.

E dalla sua effigie benedetta, si sprigiona un ineffabile sorriso che suona dolce invito ai divoti e in modo particolare alla gioventù perchè si accosti, sull'esempio della sua santità e della sua Opera inconfondibile, alla Verità Eterna, alla via della perfezione e della grazia. Il sereno atteggiamento del suo viso circonfuso dall'aureola della eroica virtù, pare inviti i genitori a presentare (come facevano a Lui vivente) i loro pargoli perchè colla sua benedizione infonda in quei teneri cuori la fede, la cristiana pietà, per formarne, più grandicelli, esempio nella purezza e santità dei costumi.

Dobbiamo al defunto Rettore del Santuario il Rev.do Prospero Luxardo, allievo di Don Bosco e zelante Cooperatore Salesiano, che portò per tutta la vita una venerazione particolare al suo santo Maestro, il racconto di una visita che il Beato fece a Camogli, nel 1882.

... « Eravamo ai primi mesi di quell'anno e l'allora prete Giovanni Bosco invitato dal benemerito custode del Santuario don Sebastiano Palladino, dimorò a Camogli per qualche giorno. Celebrò il Santo Sacrificio nella Parrocchiale (essendo arciprete il Rev. Carlo Candia) e il giorno dopo si recò al Santuario, dove celebrò pure la S. Messa.

» Don Bosco era già allora in fama di Santo e la cittadinanza corse all'Uomo di Dio, a presentare a Lui i bambini perchè li benedicesse.

» Si sparse la voce, attendibilissima, che per la sola imposizione delle sue mani abbia compiute due miracolose guarigioni, una delle quali nella persona di una povera paralitica, tale Luigia Bozzo, abitante in località Pineto.

» Don Bosco, per il breve tempo che dimorò in Camogli, fu ospite del benemerito Cooperatore Salesiano Gio. Batta Mortola, detto Lazzà. Si recò pure presso la famiglia Bozzo-Gotuzzo, che abitava in Piazza Vittoria, per compiere una visita di conforto e di assistenza ad una persona inferma e a tal proposito ci consta che in tale caseggiato fra non molto verrà murata una lapide che ricorderà la visita dell'eletto seguace di S. Francesco di Sales ».

La cerimonia.

Nel pomeriggio della domenica 2 agosto, dopo le funzioni del Perdono d'Assisi, il Rev.do Rettore seguito da altri sacerdoti ha impartito la benedizione al quadro che è stato posto in un'ancona dalla parte testè ingrandita del Santuario.

Dopo il rito il Rev.do Padre Vittorio da Sestri Ponente, Predicatore Apostolico, ha pronunciato un bellissimo discorso di circostanza. Ha ricordato che il quadro, per quanto ammirabile opera d'arte, sarebbe sempre una cosa morta senza la benedizione impartita dal sacerdote; la benedizione è un fluido che la rende invece cosa viva al cospetto dei fedeli e, tessendo l'elogio dell'artista che ne è l'autore, si è soffermato alquanto sull'ispirazione, sulla vocazione missionaria di Don Bosco e sul profetico sogno che un giorno ne determinò la sua completa dedizione alle opere educatrici della gioventù. Non ha mancato di esaltare le benemerenze della Congregazione Salesiana, che sorta ultima in ordine di tempo ha emulato le altre nelle sue opere di apostolato e di propagazione della fede nel mondo intero.

Ha chiuso il bellissimo discorso incitando i genitori a condurre la gioventù ai piedi dell'altare e tenerla ben distante dai pericoli del mondo, per meritare la protezione del novello Beato e la benedizione del Cielo.

L'opera.

La tela misura cent. 80x60.

Lo Schiaffino ci presenta il « Beato » nel suo consueto atteggiamento meditativo e assorto in celeste contemplazione, quale è impresso fra le schiere innumerevoli dei suoi divoti e ammiratori.

La vitalità del soggetto è data con tecnica sapiente, che raggiunge un'efficacia plastica e un insieme armonico meraviglioso.

Quest'opera - la prima opera dell'artista che rimane a Camogli - è il felice risultato di una intuizione profonda espressa con grande semplicità. La sobria eleganza dei toni si attenua nelle sfumature più delicate che accostano con grande evidenza il soggetto alla realtà, talchè alla vista delle amate sue sembianze un vecchio Salesiano scoppiò in singhiozzi irrefrenabili, esclamando: « È lui! »

Per ottenere questo magnifico effetto Antonio Schiaffino ha dovuto compiere un mirabile sforzo di indagine e di studio della vita e delle opere del Beato Don Bosco, compenetrandosi nello spirito di bontà e di celestiale ardore che da Lui vivo emanava, per costringerne sulla tela, col valore del suo pennello in uno alla sua dolce figura, l'anima grande dell'Eletto da Dio.

Cappella in onore del Beato a Fino del Monte.

Domenica 3o agosto venne solennemente inaugurata la nuova chiesetta in onore del Beato Don Bosco, sorta in poco più di sei mesi, grazie alla generosità e alla corrispondenza di tutto il popolo di Fino.

Nel suo piccolo, la chiesetta, di stile goticoromanico, è qualche cosa di veramente grazioso: eretta lungo la strada della Cantoniera al km. 39, ha per sfondo il monte della Presolana e i colli che ne derivano, per cornice i campi e le cascine di Poerza, che si sentiranno ora piamente vegliati e protetti dalla piccola casa della preghiera e dall'agile e svelto campanile a piramide che le sorge a lato.

Il Rev.mo Arciprete ha impartito la solenne benedizione e con parola facile ed efficace spiegò alla folla dei fedeli il profondo significato del rito. Subito dopo vi celebrò la prima Messa solenne, cui assisteva un numeroso pubblico devoto e pregante.

Nel pomeriggio dopo i Vespri cantati, il Curato di Rovetta, D. Giacomo Torri, rivolse ai presenti un indovinato fervorino, animandoli sempre più alla devozione verso il novello Beato, che Pio IX chiamava: « la meraviglia del secolo XIX ».

Don Bosco e gli emigranti.

La chiesetta, ideata dal Parroco prof. Cavagna subito dopo l'ingresso in parrocchia (giugno 1930), vuol essere in modo particolare per gli emigranti, che vengono posti sotto la protezione del Beato D. Bosco.

Perchè? Don Bosco, educatore dei giovani e promotore delle Missioni, fu anche un singolare amico degli emigranti. Di loro si interessò assai, quando nessuno, nè governi, nè istituzioni sociali, s'accorgeva della triste condizione di tanti italiani emigrati all'estero.

Ai suoi missionari d'America e d'Europa Egli raccomandava sempre i connazionali, che lontani dalla patria, avevano bisogno di assistenza religiosa e anche materiale.

Ai primi Missionari Salesiani diretti a Buenos-Avres diceva:

Vi raccomando poi con particolare insistenza la dolorosa posizione di molte famiglie italiane, che numerose vivono disperse in quelle città e in quei paesi e in mezzo alle stesse campagne... Andate, cercate questi nostri fratelli che la miseria e la sventura portò in terra straniera e adoperatevi a far loro conoscere quanto sia grande la misericordia di quel Dio che a loro vi manda per il bene delle anime loro, per aiutarli a conoscere e seguire quella strada che sicura li conduca alla eterna salvezza.

« Quest'aspetto dell'attività del Beato Don Bosco - scrive il Corriere di Clusone - è poco conosciuto, ma è tale che ci induce a credere e a sperare ch'egli anche dal Cielo continuerà a proteggere, ad assistere tutta quella numerosa folla d'emigranti che ogni primavera lascia la casa e la patria. A Don Bosco quindi noi li affidiamo, certi che egli, nella sua bontà verso ogni ceto di bisognosi, vorrà proteggere e salvare tanti nostri fratelli che lavorano in terra straniera.

» La certezza d'aver contribuito a far conoscere una delle più belle e simpatiche figure di Santo dei nostri tempi e d'aver indicato ai fratelli emigranti un celeste Protettore, come ci ha resi dolci i sacrifici incontrati nel costruire la piccola chiesa, così ora ci allieta d'averla compiuta a gloria di Dio e a bene dei fratelli ».

Lettera di Don Giulivo ai giovani.

Carissimi,

A voi! Accorrete e consacratevi per tempo alle nobili imprese dell'apostolato cattolico!

Il S. Padre Pio XI, accogliendo con gioia i 1200 giovani operai, francesi che il settembre scorso venivano in pellegrinaggio a Torino, Assisi e Roma, raccomandava loro l'azione dell'Apostolato cattolico in aiuto al clero.

Nel magnifico discorso ricordava che S. Paolo affermava essere gloria di Cristo questo apostolato: Apostoli gloria Christi.

A questo primo ricordo ne aggiungeva un altro, esortandoli con la parola dell'apostolo S. Pietro a crescere nella grazia e conoscenza di N. S. Gesù Cristo: Crescite in gratiam et cognitionem Domini nostri Jesu Christi.

Carissimi, eccovi due preziosi ricordi anche per voi. Datevi per tempo a fare da apostoli, a gloria di Cristo, tra i vostri compagni e in tutti gli altri ambienti.

Crescete energicamente nella grazia e nella conoscenza di Gesù; fate sempre meglio conoscere a tutti Gesù, la sua Chiesa e il suo Vicario il Papa, e voi sarete degni suoi apostoli.

Viva l'apostolato giovanile cattolico! Addio.

Affezionatissimo Don Giulivo.

La festa del Beato Don Bosco

MONTABONE. - Anche il bel paese di Montabone, nella sua generosità e grandezza di fede e di attaccamento all'Opera Salesiana, ha voluto tributare al Beato Don Bosco l'espressione del suo affetto, e della sua alta e sentita venerazione.

Emozionante fu lo spettacolo di fede di una folla immensa, di popolo convenuto nella serata mite del 3 settembre ai piedi del paese per il ricevimento solenne della Reliquia del Beato, recata da un sacerdote salesiano con un'auto messa gentilmente a disposizione dall'illustre Famiglia Colla-Ricci di Acqui. Le note vibranti della musica e l'entusiasmo più vivo della folla l'accolsero degnamente. Al canto del Te Deum la processione sfilò solenne e devota accompagnando la reliquia alla chiesa sontuosamente preparata. Ivi il Sac. D. Giuseppe Cazzola rivolse al popolo una parola di vivo ringraziamento per la dimostrazione di affetto data al Beato e diede principio al triduo che riuscì assai fruttuoso, pei temi da esso svolti con forza di ardore e d'entusiasmo.

La festa del 6 settembre fu una vera apoteosi: le comunioni raggiunsero nel triduo e nella festa un numero consolante e insperato: tutto il popolo partecipò alle funzioni con vera divozione, ascoltò con avidità e attenzione il bel panegirico detto dal sacerdote salesiano, e, dopo la benedizione, tutti si accostarono al bacio della sacra reliquia.

Il giorno seguente si svolse la commemorazione dei defunti del paese con la partecipazione della buona popolazione. Voglia il Beato conservare e crescere i frutti riportati dalle anime in questa sua solennità, e fare che gli ottimi Montabonesi abbiano sempre a mantenersi fedeli alla religione di Cristo.

ASSISI. - Si sono svolte nella chiesa di S. Maria Maggiore, solenni feste in onore del Beato Don Bosco. Nel triduo di preparazione Don Amori ha tratteggiato con efficacia la grandiosa figura del Beato nella sua opera di educatore, di organizzatore, e di Santo.

Nella mattinata di domenica una bella schiera di giovanetti dell'oratorio, fondato sotto la protezione del Beato, si è raccolta intorno all'altare. Alla funzione della sera ha preso parte tutto il popolo il quale è stato lieto di poter tributare il proprio omaggio di venerazione ad una delle figure più fulgide dei nostri tempi.

BAHIA BLANCA (Argentina)- - Nella chiesa del S. Cuore di Gesù, con la partecipazione di una grande folla di fedeli, si sono svolti solenni festeggiamenti in onore del Beato. L'ispettore salesiano della Patagonia diede la benedizione di rito all'altare e al quadro del Beato Don Bosco, indi fu celebrata la messa cantata durante la quale un valente oratore tenne il panegirico del Beato. Sul tardi nel teatro Don Bosco si svolse una brillante Accademia, alla quale assistettero cooperatori e amici delle opere del nostro Beato e le autorità.

SORISO (Diocesi di Novara). - Promossa dal solerte Prevosto, D. Giacomo Mora, e dalla zelante famiglia del nostro Missionario in Cina, D. Mario Rassiga, e preceduta da un triduo, predicato dal Salesiano D. Luigi Guglielmetti del Collegio di Borgomanero, la festa in onore del Beato D. Giovanni Bosco riuscì, il 6 sett., oltremodo solenne. La sera della vigilia, i buoni e devoti Sorisini, in corpo, con tutte le autorità e molti villeggianti, accorsero alla porta principale del paese a ricevere la reliquia del Beato, portata in trionfo dal nostro Missionario D. Umberto Dalmasso, che tenne, nel giorno della festa, alla Messa solenne, il panegirico, e la sera una conferenza missionaria. Alla Mensa Eucaristica, il concorso fu quasi generale. La bella festa lasciò in ogni cuore caro e soave ricordo.

ELMAS (Sardegna). --- Nella parrocchia di Elmas si è celebrata per la prima volta, il 20 settembre, la festa in onore del B. Don Bosco. Si ebbe una comunione generale con prevalenza di fanciulli. Prima della messa cantata fu benedetto il simulacro del Beato dello scultore Cellini, eseguito in Torino; alla messa solenne, i giovani dell'associazione giovanile « Toniolo » di Cagliari, eseguirono musica bellissima a 3 voci e Mons. Più tenne uno splendido panegirico.

Di sera s'ebbe la processione alla quale parteciparono le associazioni locali col popolo. Onorarono la festa l'associazione giovanile di S. Anna, e una rappresentanza dell'oratorio di Cagliari.

Rientrata in parrocchia la processione, Mons. Più rivolse ancora parole affettuose al popolo che gremiva la chiesa, in cui i fanciulli, a spese dei quali fu acquistata la statua, deposero un cuore d'argento con dentro rinchiusi i loro nomi presso il Beato.

La festa improntata a vera devozione verso il Santo che già si ammira e si ama, attiri elette grazie sulla parrocchia e specialmente sui fanciulli, tanto cari al suo cuore.

LA CROCIATA MISSIONARIA

Avvertiamo i generosi sostenitori della nostra Crociata delle Borse Missionarie che le offerte non verranno d'ora innanzi pubblicate di mese in mese sul periodico, come abbiam fatto pel Passato, salvo poche eccezioni; ma ad intervalli di due o tre mesi.

Preghiamo inoltre di voler tutti cooperare all'allestimento delle Borse già iniziate: per ragioni speciali non ne apriremo delle nuove, a meno che abbiano una base di Lire 50oo. Tutte le somme inferiori che ci pervenissero «per borse di nuova denominazione », le registreremo nella prima della serie «Borse da completare ».

Borsa DON BOSCO EDUCATORE (2a) - M. B. (Torino), 5o -- N. N., 5o -- Betta rag. Guido, 15

Tardo prof. Michele, 30 - Villavecchia prof. Angela, io -- Una docente (Minusio), 25 - Aurelia Marengo, ioo -- Totale L. 18.039,50.

borsa D. BOSCO PADRI DEGLI ORFANI - N. 13. Si può concorrere alla Borsa Missionaria a Don Bosco Padre degli orfani » acquistando il bellissimo libro del missionario D. A. Moi Ricordi d'infanzia a L. 12 la copia - Versate dal Sig. D. Cossu, 230 - idem, 130 - Totale L. 480.

Borsa DON BOSCO PROTETTORE DEI GIOVANI - Costantoni Cecilia., io - Totale L. 549.

Borsa DON BOSCO SALVATE I NOSTRI FIGLI Antolini Speranza, 3 -- A. Marra Florio, 25 G. B. Dott. Zanazzi, 30 - Maria Lunati, io Maria Locatelli, io - Totale L. 5565,50.

Borsa EUCARISTICA DEL PICCOLO SERAFINO GUSTAVO BRUNI ---- Sulpizio prof. Giovanni, 5 -- Raspa Adelina, 10 - Rodolfo Vettorazzi, 20 -- Totale L. 14.503.

Borsa FRASSATI PIER GIORGIO - Roberto Dott. Lodati, 100 - M. V. Guazzi, 10 - Vita Sansonetti, 100 -- Totale L. 2995.

Borsa « G. M. A. - D. B. » - Antonia Toneguzzo, 468 - Totale L. 4140.

Borsa GIRAUDI D. FEDELE - Un cooperatore, 5o - Edoardo e Rosa Fuselli, 100o - Ing. Andrea Lini, 100 - Angelina Contri, 5o - Totale L. 13.055.

Borsa MADONNA DI LORETO - Bruzzeri Don Giuseppe, 50 - Totale L. 1671,05.

Borsa MAMMA MARGHERITA - Sofia Bonola, 30 - Paola Tarditi, 20 Una mamma, 100 - Gallo Drago Margherita, 25 - Una mamma, 5 - Totale L. 680.

Borsa MONS. MARENCO G. - Versate a mezzo Sig. Gigi Canali, 500 - Totale L. 6743,50.

Borsa MARIA AUSILIATRICE (24a) - G. Fusarini, 5 -Giglio Teresa, 25 -Antolini Speranza, 4 - Pettoriti Clorinda, 1o - Mario Somai, 18,50 Antonietta Cavinato, 5o -- Totale L. 9208,70.

Borsa MARTIRI GIAPPONESI - D. Carlo Prandi, 5o - Totale L. 9489,60.

BORSE COMPLETE.

69 Borsa SACRO CUORE DI GESÙ (6a). 70 Borsa MARIA AUSILIATRICE (25a).

7 Borsa BEATO DON BOSCO (15a).

Offerte dall'esimia Sig.ra Pagani Lucia Ved. Baffi di Gragnano (Piacenza),

72 Borsa GESÙ, GIUSEPPE, MARIA

fondata dai coniugi Ester e Francesco Callierotti di Pieve di Cadore in suffragio dei cari defunti della Famiglia e per ottenere la santa perseveranza finale a tutti i parenti viventi.

73 Borsa DON BOSCO (13a).

N. N., 10.000 - Taroni Brotto Dina, io -R. T., 2o - Gino Giuseppina, 5 - Fassio Ernesta, so - Rag. Pompilio Cardini, ioo - Anna Massidda, 2,5o -- G. Bruttomesso, 100 - G. Fusarini, 15 -- Giglio Teresa, 25 - Rina Stella, 50 - Remotti Clementina, 20 -- Bozio Clotilde, 100 -- Nino Giuseppina, 5 - N. N. (Sacrestia), 50 - Iacob Adelina, 5 -- Garelli Lorenzina, 5 Drago Gallo Maria, 25 - N. N. (Sacrestia), 100 Tolale L. 25.88o,35 - di cui passiamo il soprappiù (5880,35) alla nuova Borsa Beato D. Bosco (16a).

74 Borsa ALIQUO Gr. Uff. LUIGI

fondata dall'Ing. Francesco al nome del fratello « Luigi » e da lui completata in pochissimi mesi con versamenti mensili. Cogli ultimi versamenti del 31 agosto, del 10 settembre e del 1° ottobre la Borsa Luigi Aliquò è completa.

BORSE DA COMPLETARE.

Borsa ANIMI: DEL PURGATORIO Clara Silvi Autonielli, 5 -- Ida Lillià, 20 -- Maria binda Sola, 10 -- Emilia Carrara, 3 - Fratelli Lia per grazia ricevuta, 1000 - Drago Gallo Margherita, 25 - Totale L. 15.066.

Borsa CORTEMILIA --- Rina Sennacheribbo, 5o - Tolale L. 14.030.

Borsa DECURIONI D'ITALIA - Giuseppina

Marinelli, 1oo -- Totale L. 1635.

Borsa DIVINA PROVVIDENZA -- A. A., ioo

Totale L. 2690,50.

Borsa MASSAIA CARD. G. - Cagliero A., Massaglia G., Massaglia A., Prina G., Cagliero G., Dorsala M., Dorsala C., Occhina B., Occhina G., N. N., Matta T., Matta G., Varetto P., Albertini G., Vindrala A., Pescarmona L., Pescarmona G., Ramigana, Fresia G., Fresia A., L. 10 ciascuno, L. 200 - Totale L. 1700.

Borsa MONS. GIUS. NOGARA Arc. di Udine -Egisto Scalon, 50 - N. N. per grazia ricevuta, 50 - Bortoluzzi Ilaria, io - Cassetta studio avv. Botto Annibale, 5o - N. N., 3 - Ottavio Battaglia in morte Giovannino di Lenardo, 5 - Sabina Giordani, 5 - Gini Giov., 5 - Giuliana del Mestre, io - Giordani Sabina, io - Studio avv. Botto, 5 - Ditta Ottavio Battaglia, 5 -Totale L. 6250,75.

Borsa PARROCCHIALE M. A. - Dalle cassette

del santuario, 480,90 - Totale L. 288o,15. Borsa PIO X - Pia Maschi e Irma Mezzena, 15

- Drago Gallo Margherita, 25 - Totale L. 10.272. Borsa PISCETTA D. LUIGI - Achille Peirault,

5o - N. N. a mezzo Sig. D. Calvi, 100 - Sac.

Giuseppe Domino, 10 - Totale L. 11.961,80. Borsa RICCARDI D. ROBERTO - N. N. a mezzo

Sig. D. Nai, 5o - Dott. Pietro Gandini, 100

- Sig.na Riccardi Maddalena, 5o -- Colonnello

Messina Francesco, 1000 - Totale L. 13.948,30. Borsa REGINA DI MONDOVI' - Iacob Adelina,

5 - Pignone Teresa, io - Totale L. 1117. Borsa REGINA DEL SOGNO - Antonio Vella,

184 - Totale L. 2884.

Borsa RUA D. MICHELE (3a) - Maria e Annibale Filippone, 100 - Rizzoglio Giacomo, 5o - Totale L. 1588.

Borsa S. CUORE DI GESÙ CONFIDO IN VOI - N. N., 50 - Masina D. Alfonso, 5 - Luigia Ferraris, 5 - A. G. G., 500 - Totale L. 3816.

Borsa S. CUORE DI GESÙ SALVATECI (2a) - Antolini Speranza, 5 - Totale L. 6352,60.

Borsa SALENTO Can. Oronzo Bello per contributo della Diocesi di Lecce, 1094 - Totale L. 9502,60.

Borsa SAVIO DOMENICO (4a) - Costa Maria, io - Pibiri Caredda Maria, 15 - Sac. Bruno Cosentino, io - Totale L. 4607,70.

Borsa S. ANNA -- Aida Riccardi, 5 - Totale L. 10.085.

Borsa S. ELISABETTA D'UNGHERIA fondata a cura dei lettori di «Gioventù Missionaria Ungherese» per commemorare il centenario della loro Protettrice, L. 1980,60.

Borsa S. GIUSEPPE (3a) - Davico Bernardino, 15 - 5152 - Totale L. 5167,

Borsa S, MARGHERITA DA CORTONA -- Angelo Valeri, 50 -- Totale L. 4747,8o.

Borsa S. MICHELE - Michael Garbero, 1000 - Totale L. 3410.

Borsa S. TERESA DEL B. G. (11a)- Una pia persona (versate in sacrestia), 1500 - Ved. Fantini, 5 - Dott. Pasquale Mazzola, 25 - Roletto Ernesta, 5o - Elisa Strada, 25 - Rosa Della Valle, 15 - Totale L. 13.069,50.

Borsa MONS. VERSIGLIA L. - Battiato Maria, io - Sac. Domenico Occelli, 20 -- Totale Lire 13.727,50.

Borsa MONS. VERSIGLIA e D. CARAVARIO

Cesare Pacillo in suffragio della zia Francesca D'Ursi, 73 - Una collettrice della parrocchia. L. io - Parr. Michele D. Maresca, 100 - Moriondo, 20 - Chiolero Benedetto, 50 -- Bolgherone Silvio, 5o - Lietti Anna, 3 - Rossi Angelo, 25 - N. N. (Portieria), 5 - Bosco Giuseppina, 5 - Boetti Erminia, 15 -- Casalegno Francesco, 1o - Nicolini Giovanili, 5o - Nicolini Maria, 5 - Filippa Lucia, io -- Pegla Guido, 5o N. N. (Portieria), 50 - Rita, io -- Totale L. 2106,50.

DALLE NOSTRE MISSIONI

Escursione apostolica in Patagonia.

Rev.mo Signor Don Rinaldi,

Quantunque un poco in ritardo le invio una breve relazione di un viaggio di missione che ho compiuto l'estate scorsa lungo le Ande della Patagonia Settentrionale, da Junin de los Andes (Neuquen) ad Esguel (Chubut), campo glorioso di fatiche e di sacrifizi dei nostri primi missionari.

Quanti cambiamenti sono avvenuti in pochi anni!

La Cordigliera andina che alcune diecine di anni fa in molte parti era affatto disabitata è andata rapidamente popolandosi, ed ora si può dire che non vi è più vallata, per quanto appartata, che non racchiuda qualche famiglia di coloni o di indigeni.

Il piccolo e tortuoso sentiero, che dalla immensità della pampa si inoltrava nelle vallate andine, oggidì è scomparso, o meglio si è trasformato in un comodo stradale, dove l'automobile divora lo spazio, portando il soffio animatore della civiltà e del progresso negli angoli più remoti della Cordigliera.

Due importantissime linee ferroviarie di circa 1000 chilometri ognuna si staccano dall'arteria principale, che costeggia l'Atlantico, e si dirigono alla Cordigliera: quella a Nord fino a Zapala attraverso la fertile vallata del Rio Negro, e quella a Sud fino a San Carlos de Bariloche; a progetto ultimato entrambe dovranno oltrepassare la Cordigliera e raggiungere il territorio cileno.

A Zapala convergono le grandi comunicazioni stradali che fanno capo a Chosmalal per l'alto Neuquen, ed a Junin de los Andes e San Martin per il basso Neuquen.

In questo solitario paesello giungevo il 14 dicembre del 1929 con il mio compagno di viaggio Aldo Balladini, per proseguire alla volta di Junin de los Andes, dove risiede il principal centro delle nostre missioni cordiglierane.

Come tutte le popolazioni che si incontrano nella Patagonia, Zapala è sorta ex novo, tracciata su di un piano geometricamente regolare, come una scacchiera con le sue manzanas e calles ben diritte e spaziose, abbellite da lunghi filari di pioppi, gli unici alberi che emergano in quella conca andina, affatto spoglia di vegetazione e battuta dai venti.

Nonostante che conti pochi anni di vita gli abitanti raggiungono già il migliaio e numerose sono le case di negozio che forniscono gli alimenti e le mercanzie ai paesi e fattorie vicine.

Il missionario salesiano si reca periodicamente per dare missioni ed amministrare i Santi Sacramenti, ma si spera tra breve di poter edificare una cappella, stabilendovisi definitivamente un sacerdote.

Fino al 1905, quando la ferrovia giungeva soltanto a Neuquen (attualmente capitale del territorio omonimo), il missionario per recarsi a Junin impiegava non meno di una settimana in diligenza od in carro, con tutte le incomodità e privazioni a cui doveva sottoporsi chi viaggiava in simili veicoli; ora invece in meno di otto ore di automobile si percorrono comodamente i 225 chilometri che separano Zapala da Junin.

Durante l'estate il traffico delle automobili è intenso per il frequente.passaggio di coloni e turisti, ma particolarmente per il trasporto delle lane, che arrivano dalla Cordigliera nei mesi che segnano la tosatura delle pecore.

Il giorno seguente al nostro arrivo possiamo proseguire il viaggio su di un auto che deve recarsi occasionalmente a Junin.

In breve sfugge alla nostra vista Zapala e l'auto incomincia la sua corsa negli ondulati altipiani che precedono la serra dei Chachil con la serena baldanza d'un conquistatore, arrestato soltanto di quando in quando da profondi canaloni che scendono dalla Cordigliera, o dai numerosi ciottoli vulcanici che ancora in molte parti ingombrano il cammino.

Attraversiamo così a sbalzi, ora veloci ora lenti, pianure e terrazzi d'uno squallore e tristezza impressionanti, cercando invano con lo sguardo un albero, un cespuglio che allieti la vista. Ovunque rocce di tufi e scorie vulcaniche, corrose dalle intemperie, flagellate dai venti, coprono estensioni enormi di terreno; nessun segno di vita tanto vegetale come animale, qualche volta soltanto aggrappati alle rupi si scorge un branco di capre che brulicano gli sterpi spinosi del « neneo ».

Passano così per alcune ore sotto il nostro sguardo paesaggi squallidi e melanconici, ma a misura che ci avviciniamo alla Cordigliera il terreno arido e roccioso sparisce e si va trasformando poco alla volta in pascoli ubertosi e verdeggianti, particolarmente nelle valli, dove scorrono i fiumi che scendono dalla Cordigliera.

Il primo che incontriamo è il Colloncura che riceve più a Nord tre altri grandi corsi d'acqua: il Catanill, il Malleo e il Chimehuin, tutti fiumi così abbondanti d'acqua, che solo d'estate possono essere attraversati a guado in alcuni passi.

Una balsa, specie di zattera, trattenuta da due carrucole che scorrono su di un poderoso cavo di acciaio disteso fra le due sponde del fiume, trasporta rapidamente noi ed il nostro auto sulla riva opposta, per impulso delle stesse acque in discesa.

È il ferry-boat patagonico, sistema spiccio e pratico per attraversare questi fiumi profondi e torrentosi, in mancanza di ponti troppo costosi e che sicuramente si costruiranno in un non lontano avvenire.

Siamo ormai giunti ai piedi della Cordigliera e già vediamo innalzarsi nel vicino orizzonte maestose vette, tra cui primeggia per maestosa bellezza e per elevazione il cono gigantesco del Lanin, vulcano spento, ricoperto quasi fino alla base da un candido manto di neve.

Il nostro auto ha già superato la parte più noiosa e monotona del cammino ed ora penetra nella bella vallata del fiume Chimehuin, che vediamo serpeggiare a noi vicino fra verdi pascoli, macchie di arbusti ed esuberanti seminagioni di grano, finche dopo poche diecine di chilometri entriamo nella ridente conca di Junin de los Andes, la piccola e solitaria borgata andina.

Il pensiero evoca commosso in quel momento tempi lontani e ricorda l'apostolica figura dell'intrepido missionario Giuseppe Fagnano, che cinquant'anni addietro, ossia nel marzo del 1881, percorreva questa stessa vallata come cappellano di un distaccamento di soldati al comando del tenente colonnello Lauro Lucero della spedizione del generale Villegas. Le tribù indiane all'avvicinarsi delle truppe fuggivano con i loro armenti internandosi nei passi più difficili della Cordigliera, abbandonando la valle, che, occupata dapprima militarmente, doveva poco più tardi dar principio ad una popolazione di coloni e di poche famiglie indigene sottomesse.

Nell'estate del 1892 i sacerdoti Domenico Milanesio e Giovanni Ruggerone, seguendo la strada tracciata undici amni prima dall'esercito spedizionario, giungevano a Junin, dove diedero una missione ed amministrarono un centinaio di battesimi.

Non fu però che nel 1895 che i Salesiani si stabilirono definitivamente in Junin edificandovi una cappella ed una casetta per ricoverare i ragazzi poveri. La sua fondazione registra atti eroici di sacrifizi compiuti dal missionario D. Milanesio, il quale dopo aver passato un anno in Cile raccogliendo elemosine per le missioni, il 16 dicembre dei 1895 lasciava Temuco con due carri carichi di masserizie e di viveri tirati da tre paia di buoi, attraversava la Cordigliera e dopo un mese e mezzo di viaggio giungeva a Junin per dar principio alla costruzione della cappella e della casa.

Oggidì questo viaggio si compie facilmente in tre giorni, parte in automobile e parte a cavallo.

Pochi giorni dopo il mio arrivo a Junin mi si offriva l'opportunità di recarmi quasi ai piedi del vulcano Lanin nella «estancia » MamuilMalal, proprietà della signora Enrichetta Enchelmayer. In questa fattoria amministrai quattro battesimi e mi fermai quasi una settimana sorpreso dal cattivo tempo che terminò con una forte nevicata nelle montagne circostanti. Con mezzi di locomozione fornitici gentilmente dall'amministratore Bertil Grahan, potemmo compiere una interessante escursione fino al lago Tromen, presso cui si innalza arditamente al cielo per l'altezza di 3740 metri la gigantesca piramide del Lanin.

Lo spettacolo che offre questa fantastica piramide tutta ammantata di neve scintillante sotto i raggi luminosi del sole, sullo sfondo azzurro del cielo, è quanto mai impressionante, specialmente quando la candida mole occhieggia a traverso i vani delle secolari araucarie, come rinchiusa in una superba ed elegante cornice verde oscura.

La severa maestosità di questo monte soggiogò talmente la fantasia degli indigeni Araucani che la personificarono in un essere denominato La-lin (= essere che non si muove) ed oggi Lanin.

È antica credenza fra questi indigeni che nelle valli ad occidente del Lanin dimorino le anime dei trapassati e per questo ancora oggidì si celebra annualmente presso il lago Paimun, ai piedi del Lanin, la tradizionale cerimonia del Villatum o Camarujo, in cui si sacrificano animali e si fanno particolari preghiere ai defunti affinchè mandino loro abbondante raccolto.

Ritornato a Junin effettuavo una seconda escursione al Malleo, dove abita, su terreni ottenuti dal governo argentino, un numeroso gruppo di indigeni Araucani, appartenenti alla tribù del cacico Paynefilu.

Il missionario Zaccaria Genghini ari aveva già da qualche giorno preceduto per quella località, che doveva essere la prima tappa del suo lungo viaggio di missione fra le popolazioni indigene e fra i coloni, che dimorano lungo la gran vallata del rio Aluminè.

In tre ore di galoppo e a traverso la valle solcata dal rio Chimehuin, che passiamo a guado, percorriamo i trenta chilometri che ci separano dal Malleo e giungiamo alla residenza del cacico Paynefilu.

Sono poche capanne costruite sul declivio di una collinetta e quasi celate da un verdeggiante boschetto di pioppi e di salici, gli unici alberi che vediamo attorno a noi, perche già a levante incomincia la regione pampeana brulla e squallida.

Numerose famiglie sono qua e là sparse in gruppi attorno al caseggiato assorbendo l'immancabile mate, in attesa che il missionario incominci l'amministrazione dei SS. Sacramenti.

Lungo gli steccati (palenques) che circondano la casa sono legati un gran numero di cavalli, su cui gli indigeni son qui venuti dalle loro lontane abitazioni per rivedere il missionario, far battezzare i bambini, benedire qualche matrimonio e compiere i doveri religiosi. Sono all'incirca un 15o individui che dànno non poco lavoro al Padre Zaccaria, il quale dopo la celebrazione della Santa Messa incomincia l'opera del suo ministero all'aperto sotto la volta azzurra del cielo, in un gioire di sole, intercalando ai battesimi, matrimoni e cresime, qualche paterna ammonizione, che i buoni indigeni ascoltano con religiosa attenzione.

Nel pomeriggio, terminata l'amministrazione dei Santi Sacramenti, le famiglie porgono in massa un cordiale saluto al missionario, e ripartono alla volta delle loro case felici e contenti d'aver compiuto i doveri di buoni cristiani.

Montati a cavallo, nomini e donne, alcune delle quali portano avviticchiati ai fianchi due o tre figliuoletti, si allontanano veloci nelle ondulazioni della pampa: sono gli ultimi rappresentanti della forte ed indomabile razza araucana, conquistata alla fede dal missionario salesiano, che ha mitigato le loro passioni con i soavi insegnamenti della religione cristiana.

Domani giungeranno altri indigeni da altri luoghi e così per tre giorni consecutivi, ossia per il tempo fissato in precedenza dal missionario, nella forma che egli costuma durante le sue lunghe peregrinazioni, affinchè le popolazioni che si trovano lungo il suo percorso possano recarsi a visitarlo.

Mentre il padre Zaccaria riprendeva il suo lungo viaggio di missionario al Nord fino al lago Aluminè, che doveva durare quattro mesi, io ritornavo a Junin per ripartire pochi giorni dopo alla volta di San Mania de los Andes.

San Martin de los Andes è un altro paesello dell'alta Cordigliera, a 6o chilometri a Sud di Junin, celato in una stretta conca, sulle sponde del lago Lolog. Possiede una popolazione di

circa mille abitanti ed è centro attivo di commercio, favorito nel suo sviluppo dalla fertilità del suolo e dalle bellezze naturali de' suoi monti, rivestiti da fitte boscaglie di cipressi, radales e coygues, e del suo incantevole lago bacar, che attira nella stagione estiva numerosi turisti.

Il signor Gabriel Sorel e la signora, ottimi cooperatori salesiani, vollero che fossimo loro ospiti per tutto il tempo che dimorammo in San Martin.

La nostra prossima vieta era San Carlos de Bariloche, la pittoresca cittadina che sorge sulle rive del rinomato lago Nahuel-Huapi, distante in linea retta non più di 12o chilometri, ma noi ne dovevamo compiere più del doppio per poter seguire la strada carreggiabile, che si allontana assai dalla Cordigliera. Un primo tratto lo effettuamelo su di un «camion » che ci portò sulle sponde del Colluncura, e poi per gentilezza del signor Andrea Douglas Reid, gerente della Società Ganadera di Gente Grande, potemmo proseguire fino al passo Flores, sul fiume Limay. Dimorammo quivi alcuni giorni ospiti del sig. Mac Donald, che ci prodigò la più cordiale ospitalità e dove potei amministrare due battesimi.

Alla fine di gennaio giungevano a San Carlos de Bariloche passando per Pilcaniyen, piccola popolazione dove termina momentaneamente la ferrovia che giunge da San Antonio sull'Atlantico. Si spera che entro due anni sia ultimato il tratto di 5o chilometri che ancor manca per raggiungere Bariloche.

San Carlos de Bariloche è ormai divenuto uno dei centri più importanti e frequentati del turismo andino. Situata sulle rive del pittoresco lago Nahuel-Huapi, offre ai turisti tutte le comodità per visitare, in battello od in auto, quella meravigliosa catena di laghi che si estendono a Nord ed a Sud di essa, fra verdeggianti foreste vergini e gigantesche montagne.

I Salesiani giunsero a Bariloche nel marzo del 1915 e vi fondarono una chiesa, attualmente parrocchia, ed un ospedale per l'assistenza materiale e spirituale della popolazione.

Nei quindici giorni che mi fermai in Bariloche ebbi occasione di visitare la pittoresca valle del Trajul, che ancor non conoscevo, e di ritornare una seconda volta al lago Correntoso, aniministrandovi nove battesimi.

Per cortesia dell'attivissimo industriale e costruttore Primo Capraro, agente consolare d'Italia, che in trent'anni di indefesso lavoro contribuì poderosamente al meraviglioso sviluppo di Bariloche, mi fu possibile continuare il viaggio in auto fino ad Lìsguel, a 30o km. al Sud del Nahuel-Huapi.

E anche questo un fiorente paesello di cinquemila abitanti rinchiuso in una pittoresca valle andina del territorio del Chubut, sorto e sviluppatosi rapidamente per la favorevole posizione che occupa, nel centro di fertilissime valli cordiglierane.

Non si è ancor potuto stabilire una missione salesiana, come era ardente desiderio del sig. Ispettore D. Manachino, per assoluta mancanza di personale, ma già si è acquistato un intiero isolato e fra un anno si spera di poter incominciare l'opera con la costruzione della chiesa e d'un piccolo collegio.

Da pochi giorni mi trovavo in Esguel quando ebbi la gradita sorpresa dell'arrivo del missionario salesiano Giovanni Muzio, un veterano delle missioni, che percorre ogni anno con il suo praticissimo auto-cappella Fiat tutto il territorio del Chubut, da Rawson, dove egli ha sede, fino alla Cordigliera.

Mentre egli si fermava per alcune settimane in Esguel per preparare i ragazzi alla prima comunione, io mi internavo nei grandi laghi Futalafquen e Menendez, preziose gemme incastonate nelle altissime e severe montagne dell'alta Cordigliera.

Trovai sulle sponde del lago Futalafquen numerose famiglie, un 5oo abitanti all'incirca, che si rallegrarono assai di veder giungere fra quelle solitarie montagne un sacerdote e poter così far battezzare i loro figliuoli.

Non vi era in quel tempo alcuna lancia che facesse servizio sul lago, dovetti quindi imbarcarmi in una piccola chiatta che mi offerse un colono svizzero, e su quella attraversammo a solo remo tutto il Futalafquen, che misura all'incirca 30 chilometri. Al suo termine risalimmo il fiume omonimo, assai rapido in alcune parti, e giungemmo alfine sulle rive dell'incantevole lago Menendez, che porta il nome del missionario gesuita Menendez, l'intrepido esploratore di queste regioni (1788-1794).

In 15 giorni di continue e faticose escursioni ora in scialuppa, ora a cavallo, ed ora a piedi, potei visitare quasi tutte le famiglie che vivono in questa regione montagnosa ed amministrare 123 battesimi.

La grande maggioranza di questi coloni sono di nazionalità cilena, quivi giunti a traverso i passi andini, attirati dalla fertilità del suolo di quelle vallate, che erano ancora affatto disabitate. Ricavano i mezzi di sussistenza con l'allevamento dei vaccini e degli ovini e con la coltivazione dei cereali, specialmente del frumento. Molte di queste famiglie hanno ricevuto nel loro luogo di nascita una profonda educazione religiosa, sentono quindi vivamente la mancanza del sacerdote, specialmente quando alcun membro della famiglia passa all'eternità.

Mi vanno quindi ripetendo con insistenza la preghiera che ritorni il missionario nella prossima stagione estiva, disposti a costruire con le loro piccole risorse o con la stessa mano d'opera, una cappella dove possa riunirsi tutta la popolazione per ascoltare la Santa Messa e ricevere i Santi Sacramenti.

Il 14 febbraio lascio Esguel e ritorno sui miei passi fino al Maiten, piccola borgata sullo stradale che va a Bariloche, volgo quindi nuovamente ad occidente in direzione della Cordigliera per recarmi nella importante valle del Bolso:..

Il Bolson (= grande borsa), come indica lo stesso suo nome, è una tipica valle di scavazione glaciale, che per la sua notevole depressione in seno alla elevata Cordigliera (2200 m.) piglia quasi la forma di una borsa, anzi in un pulito, di una cavità o fosso (Hoyo de Epuyen), a 270 metri sul livello del mare.

La straordinaria fertilità del terreno ed il clima mite rende questa valle particolarmente propizia per la coltivazione dei cereali e specialmente delle frutta, di cui si esportano duemila tonnellate annualmente; matura anche l'uva. Per questi suoi vantaggi si è andata in pochi amai rapidamente popolando, calcolandosi all'incirca a 4000 i suoi abitanti.

Gran giubilo causò nella popolazione l'arrivo del missionario che da parecchi anni più non vedevano. La buona novella si sparge di casolare in casolare; è quindi un accorrere di gente al piccolo albergo ove io mi trovo per assistere alla S. Messa e far battezzare e cresimare i loro figliuoli. La distanza considerevole che esiste fra le principali borgate esige che io mi rechi in ognuna di esse, rimanendovi un periodo di almeno otto o dieci giorni per dar comodità agli abitanti di venire anche da lontano. Passo così successivamente dal Bolson al Hoyo de Epuyen, dalla Golondrina al Puelo e al Mallin Aguado.

Con la borgata di Mallin Aguado terminavo la mia missione nel Bolson che era durata un mese e mezzo, amministrando 472 battesimi, 446 cresime, 6 matrimoni ed un discreto numero di comunioni.

Eravamo al principio di aprile quando sogliono cadere insistentemente le piogge nella Cordigliera rendendo impraticabili i sentieri, ed a me premeva il ritorno a Bariloche non già in auto per la strada della regione pampeana, seguita nell'andata, ma bensì a cavallo attraverso la Cordigliera e lungo le vallate solcate dai grandi fiumi Foyel, Villegas, Manso, che nel periodo delle piogge sono assai difficili da passare a guado.

Per fortuna il tempo continuava insolitamente bello e sereno e la mattina del 4 aprile provveduto dagli abitanti di Mallin Aguado di buoni cavalli e di una guida pratica del cammino, incominciavo la lunga cavalcata in regioni montagnose e scarsamente abitate.

Sotto la volta azzurra del cielo, da cui scendono insolitamente cocenti i raggi d'un bel sole autunnale galoppiamo veloci lungo il sentiero che sale e scende antiche morene rivestite in gran parte di fitte boscaglie. La gran valle del Bolson a misura che avanziamo si innalza e si restringe, fiancheggiata da elevate montagne, alcune delle quali ostentano nelle loro sommità imponenti ghiacciai.

Nel pomeriggio passiamo a guado il torrentoso fiume Foyel e penetriamo nella gran valle omonima, che ha la forma di un esteso altipiano, quasi spoglio di vegetazione, ma ricco di buoni pascoli, circondato a Sud da un'altissima catena di montagne dalle forme più bizzarre, dietro le quali si vanno spegnendo in sprazzi dorati gli ultimi raggi del sole.

La guida sferza i cavalli già stanchi dal lungo cammino e così possiamo raggiungere prima che scenda la notte l'abitazione dell'araucano Ancapichun, che abita colà con la sua numerosa famiglia e possiede numerosa mandra di bovini.

Il nostro arrivo desta non poca sorpresa, perchè sono assai rari i passeggeri che attraversano quelle regioni e mai era giunto colà alcun missionario; ma nello stesso tempo è causa di gioia, per l'amore ed il grande rispetto che sentore questi indigeni, educati cristianamente fin da bambini, verso il sacerdote. Mi commossero soprattutto le frasi del vecchio Ancapichun, il quale stringendomi affettuosamente le mani non cessava di esclamare: « Oh! quanto mi rallegra e mi consola la sua venuta. Ho già oltrepassato i cent'anni e mi sento prossimo alla morte: desideravo prima di morire di riconciliarmi con Dio e per questo avevo pensato di recarmi a Bariloche, ma le forze più non me lo permettono e già mi ero rassegnato alla dura necessità, quando il buon Dio ascoltò la mia preghiera e mandò il missionario affinchè ascoltasse la mia ultima confessione».

Il giorno seguente amministrai pure due battesimi a due suoi nipoti ed accompagnato dalle più vive manifestazioni d'affetto riprendemmo il cammino nella mattinata già inoltrata, nella speranza di raggiungere in quel giorno un'altra abitazione dell'indigeno Huenchupan, sulle sponde del fiume Villegas.

Nuove bellissime valli, foreste esuberanti, monti scoscesi, passano dinanzi al nostro attonito sguardo, nel silenzio solenne della valle, solo interrotto dallo scalpitìo dei nostri cavalli.

Prima che tramonti il sole siamo ospiti dell'indigeno Huenchupan sposato con una cilena, e con una numerosa nidiata di ragazzetti, che fuggono spaventati al nostro arrivo. Uno sguardo nell'interno della capanna misera e sudicia, ci dà subito chiaro indizio della penuria in cui si trova quella famiglia. Non vi è in casa nè carne nè pane, che i bambini chiedono con insistenza; la nostra cena consiste quella sera in una scodella di naco, ossia di frumento tostato e macinato, che si mangia mescolato con acqua o latte.

Il giorno seguente un gallo, l'unico superstite del pollaio, rincorso per oltre un'ora nella foresta, viene a rallegrare il pranzo che Huenchupan volle dare in onore del missionario e di alcuni parenti vicini, che portarono i loro bimbi a battezzare. Nel pomeriggio riparto accompagnato dallo stesso Huenchupan che vuol condurmi fino al lago Mascardi, per quella sera pensiamo soltanto di arrivare al lago Steffen, dove vivono due coloni spagnuoli, ai piedi dell'ultima catena di montagne che dobbiamo attraversare.

Appena lasciata l'abitazione di Huenchupan incominciamo ad inerpicarci sulle ripide falde d'una montagna, ora entro la fitta foresta, ora fra radure, dalle quali possiamo scorgere il fiume Villegas che giù in basso rumoreggia e scende impetuoso e spumeggiante fra orridi dirupi.

Compiuta una faticosa ascensione, camminiamo per due ore a ridosso di un monte finche, oltrepassatolo, si scopre dinanzi a noi una gran valle percorsa dal fiume Manso, che serpeggia in mostruose spirali.

La meta è ancor distante e le tenebre già invadono la valle. Non ce ne preoccupiamo perché il cielo è tutto sereno e poco dopo spunta dietro le affilate creste dei monti la più lucente luna, che illumina il nostro cammino squarciando a sprazzi le fantastiche ombre della foresta.

Alle dicci un forte abbaiare di cani ci annunzia che siamo prossimi ai casolari dei coloni spagnuoli, i quali possiedono sulle rive del lago Steffen una piccola azienda di animali vaccini.

Passiamo quivi la notte ed al mattino seguente ci accingiamo a compiere il tratto più difficile e faticoso del nostro viaggio, nella traversata d'un colle che da 6oo metri ci deve portare a 18oo. Impieghiamo tre ore in quella tremenda arrampicata che i cavalli, già abituati, compiono con straordinario vigore ed abilitài, obbligando però il cavaliere a non comuni acrobazie equestri per mantenersi in sella quando devonsi attraversare scoscesi canaloni che scendono dalle vette, o quando i pantani traditori inghiottono il cavallo per metà.

A misura che ascendiamo il panorama si estende sempre più maestoso dinanzi ai nostri sguardi, sul lago Steffen e sulla valle del fiume Manso, finchè si occulta alla nostra vista allorchè entriamo in un esteso altipiano ricoperto in gran parte da una fitta vegetazione di faggi nani, le cui foglie già si tingono d'oro e di carminio, per effetto dell'autunno che si inoltra.

Dopo qualche ora di cammino l'altipiano volge al termine e si incomincia la discesa, seguendo il corso di un torrente che abbiamo visto a nascere, finchè giungiamo sulle incantevoli sponde del lago Mascardi, nome anche questo che ci ricorda un altro valoroso missio nario gesuita italiano, che in queste regioni consacrò le sue apostoliche fatiche e diede la stessa sua vita (1665-1673).

Rimango ancora due giorni nei dintorni del lago Mascardi per amministrare alcuni battesimi in famiglie di indigeni e di coloni, in gran parte di origine europea, e poi compio l'ultimo tratto che mi separa da Bariloche, dove giungo la sera del 10 aprile, terminando così felicemente il mio lungo viaggio cordiglierano.

In 4 mesi avevo percorso 2150 chilometri, amministrato 579 battesimi, 545 cresime e 15 matrimoni.

Voglia Iddio aumentare il numero dei missionari in questa immensa Patagonia, che sempre più si sviluppa e progredisce, affinche anche le più lontane popolazioni, disperse nella gran Cordigliera delle Ande, possano ricevere il conforto spirituale del sacerdote ed essere animate nella pratica della vita cristiana.

Mi benedica e mi creda

suo aff.mo figlio in G. M. Sac. ALBERTO M. DEAGosTINI.

Inondazione a Yim-Tak.

Quando ci giunse la presente relazione il buon Don Giov. Ev. Cavada cessava di vivere. Ci venne comunicata la sua immatura perdita con un telegramma senza alcuna indicazione che ci permetta di conoscere come sia avvenuta. La morte di un missionario è sempre cosa dolorosissima, se si pensa all'esiguo numero dei banditori del l'angelo e alla necessità che hanno di essi le popolazioni. D. Cavada era nel fiore della vita e faceva concepire di sè grandi speranze per lo zelo che l'animava e per le belle doti di cui era fornito. Il Signore l'ha voluto con sè; davanti al volere di Dio chiniamo con rassegnazione il capo, benedicendo le vie misteriose del suo amore e della sua provvidenza. I nostri buoni Cooperatori siano generosi di suffragi per l'anima sua e preghino altresì perchè il Signore voglia donare alle Missioni Cinesi altre innumerevoli vocazioni.

Nel Sud della Cina le piogge periodiche avvengono da febbraio a luglio. Quest'anno caddero eccezionalmente abbondanti, come 18 anni or sono, quando seppellirono sotto il loro corso due terzi della città di Yim-Tak e costrinsero la popolazione a rifugiarsi sulla collina elevantesi a nord, dove sono due vaste pagode i cui dei solitari, semi abbandonati in tempo di prosperità, rivivono nelle occasioni di pubbliche calamità.

Al dire dei vecchi nel giro di 5o anni si succedettero sei gravi inondazioni, comprese le due di quest'anno.

Il 21 aprile giungevo in treno da Lin Kong How sotto una pioggia torrenziale; nella notte il panico si diffuse tra la popolazione abitante la sponda del fiume, per aver questo incominciato a straripare inondando la vasta pianura. Fra verso la mezzanotte. Al mattino le acque lambivano già i tetti delle case rivierasche, e alle 10 i culmini dei tetti facevano soltanto capolino dalla superficie dell'agitatissimo lago, solcato per ogni senso da imbarcazioni gremite di gente e di masserizie.

Il rione dove trovasi la nostra residenza è in località alquanto elevata, una non per questo ebbe miglior sorte degli altri situati più in basso. Alle io infatti l'acqua toccava la soglia della casa delle catechistesse e si dovette procedere in fretta al trasporto della loro mobilia ad una tettoia da poco eretta sul fondo acquistato per la nuova residenza. La località è elevata da uno a due metri sul livello delle costruzioni sottostanti. Intanto si provvide pure a sgombrare il pian terreno della residenza trasportando le masserizie al piano superiore, per aver incominciato l'acqua a penetrare. Durante questo lavoro l'acqua continuò a crescere da arrivare fino al ginocchio. Speravamo che l'inondazione si sarebbe arrestata: invece continuò implacabile.

Passai la notte col catechista al piano superiore, pronto al minimo cenno di pericolo che ci sovrastasse. All'alba del 23 le catechistesse che avevano pernottato con altre donne sotto la tettoia invocarono aiuto a gran voce. Accorremmo con una modesta barca sulla quale caricammo persone e cose, rinsanendo, alla distanza di 50 passi dalla residenza, per poterla sorvegliare e all'uopo salvare quanto avevamo ammassato al piano superiore. Che brutta notte fu quella che passammo in barca dal 23 al 24! Il giorno dopo non potei celebrare la S. Messa; supplimmo con la recita delle preghiere in comune e con altre orazioni. Intanto si era levato il vento del sud secco e vigoroso, foriero di speranze.

Alle 12, le acque che già erano penetrate per 10 centimetri nel piano superiore della residenza, cominciarono a ritirarsi lentamente, e permisero alle donne di dormire la notte successiva al piano superiore; noi la passammo ancora in barca e vigilanti. Quando all'alba del 25 l'acqua scese a 30 centimetri ritornammo tutti alla residenza e per prima cosa pensammo a nettarla del fango che l'inondazione vi aveva deposto.

E facile immaginare come rimasero gli ambienti dopo l'invasione delle acque, e se prima erano già insalubri, divennero poi un vero covo d'infezione per cui, tutti, più o meno, abbiamo contratto sintomi di influenza, di affezioni bronco-polmonari e forme svariatissime di malessere. Però in breve tutti ci siamo rimessi e ciascuno riprese le sue abituali occupazioni.

Sul finire di luglio avvenne la seconda inondazione. Il 27 il cielo cominciò a rabbuiarsi e a sfogarsi con tuoni e scrosci d'acqua ad intervalli. Il 29 dovevo recarmi a ShiuChow per partecipare ad un consiglio della Missione: volli passare il 28, domenica, colla cristianità di Lin Kong How, a 35 chilometri sotto Yim-Tak, sulla linea Canton ShiuChow. Passai col catechista Tsa il « fiume delle Perle », ma, vedendo il cielo che si rabbuiava sempre più, e avendo il presentimento che stesse per accadere qualche cosa di spiacevole, rimandai tosto a Yim-Tak il catechista affinchè all'occorrenza si adoperasse col suo amico Tchong Tomaso e colla catechistessa Wong a salvare la residenza.

L'inondazione era infatti in piena preparazione : per le piogge avvenute nell'alta valle e per quelle che imperversavano ora nella nostra zona, le acque del fiume crebbero smisuratamente e cominciarono a riversarsi dal loro letto. La nostra residenza di Lin Kong How per essere a metà della collina non correva pericolo; non così il mercato presso il fiume, i cui negozi furono presto sommersi. Un desolante spettacolo era il vedere la torre del presidio militare emergere nel bel mezzo delle acque; invitai il capitano e i soldati a rifugiarsi alla Missione ed ebbi così l'occasione di dir loro qualche buona parola e renderceli amici. Le acque danneggiarono pure la linea ferroviaria in molte località ed io mi trovai bloccato. Alla residenza di Sui Pien le acque sorpassarono il secondo piano di 2 metri e costrinsero le catechistesse Teng Maria e Tcin Francesca, che ivi erano bloccate, a formarsi una specie di zattera con due travi e alcune assi, su cui si rifugiarono. Ma quali apprensioni per queste poverette al pensiero che le acque potessero crescere fino al tetto, o che la casa venisse travolta, o che venisse loro a mancare il nutrimento prima di essere soccorse! Per buona fortuna poterono essere salvate dalla brutta posizione in cui si trovavano. Ne sia benedetta l'Ausiliatrice, alla quale si erano fervidamente raccomandate in quei frangenti!

A Yim-Tak questa volta l'inondazione compì una vera devastazione. Avendo i catechisti trasportato ogni cosa al piano superiore della residenza ed essendo l'acqua cresciuta oltre il livello della inondazione precedente, prima che essi potessero trasbordare sulla barca le cose nostre, l'acqua sollevò il tutto. Libri, paramenti, vestiti, ecc. tutto, insomma, andò galleggiando sulla mobile superficie e molti oggetti furono resi inservibili. Si raccolsero bensì e si deposero in due barche gli oggetti ricuperati, ma una delle barche essendo difettosa lasciò filtrare tant'acqua che anche quello che non era del tutto guasto finì per guastarsi irreparabilmente. La residenza andò poi sott'acqua interamente e noi continuammo accampati sulle barche nei pressi per ben quattro giorni, finchè l'inondazione non prese a decrescere.

E quando, scomparsa, rientrammo in casa, fu impossibile abitarvi per la melma e per un puzzo pestilenziale che ammorbava gli ambienti. Fu necessario per due settimane alloggiare sotto una tettoia provvisoria eretta nell'orto, dove trovava pure alloggio il cavallo.

Ecco, amato Padre, le nostre dolorose vicende. Ora è più che mai urgente intraprendere la costruzione della nuova residenza in questo centro tanto importante: per questo rivolgo a Lei la viva preghiera di far conoscere i nostri bisogni alla gente di buon cuore, agli ottimi nostri Cooperatori, e di venirci in aiuto.

Sac. Giov. Ev. CAVADA Missionario Salesiano.

NOTIZIE DI FAMIGLIA

Gli "Jocistes" francesi a Torino.

Ne L'Osservatore Romano D. A. Cojazzi ha pubblicato questa relazione del passaggio dei « Jocistes » all'Oratorio di Torino.

Domenica, 2o settembre, Torino vide il composto e insieme gaio sfilare di 15oo giovani operai cattolici che, da tutta la Francia, erano avviati ad Assisi, con la mèta suprema di Roma.

Li ho seguiti dal loro arrivo mattutino, fino alla partenza, che ebbe luogo verso le ore 16. Li ho ammirati nella chiesa di S. Giovanni Evangelista nella Messa e nella Comunione di tutti, poi nell'entrata trionfale alla casa di Don Bosco, accolti al suono dei due inni nazionali e salutati dalla paterna figura di Don Rinaldi, erede della bontà del Beato.

In modo particolare ammirai l'adunanza, tenuta nel grande teatro salesiano, apertasi con l'inno sociale, con parole augurali del loro Presidente e svoltasi nella presentazione della figura di D. Bosco, precursore del movimento operaio giovanile cattolico, fatta dal salesiano Don Auffray.

Il povero prete piemontese che inizia l'opera sua difendendo e proteggendo un giovane muratore maltrattato, lentamente si raccoglie intorno i giovani operai con i quali apre le prime scuole professionali in Italia ed ai quali attinge i primi elementi per i suoi religiosi coadiutori, che, sotto le vesti borghesi, nascondono un'anima sacerdotale.

Ben quindi quei giovani potevano salutare nel Beato Don Bosco il loro amico, il quale, se si fosse a loro presentato, avrebbe detto: - Così io sognai sempre il giovane operaio, sano di mente e di cuore, tecnicamente attrezzato, spiritualmente amico del Redentore che volle essere operaio. Andate quindi, continuò Don Auffray, o giovani, a salutare in Assisi il Poverello che parlò di pace nelle ire fratricide del Medio-Evo; andate a prostrarvi ai piedi di Pio XI, il Papa dell'Azione Cattolica e il Protettore degli operai.

Dopo acconce parole del loro cappellano capo, Abate Guérin, Don Rinaldi diede il saluto a quei giovani, ringraziandoli d'aver iniziato il loro pellegrinaggio in Italia, con l'onorare il Beato Don Bosco.

Applausi scroscianti e canti giocondi chiusero l'adunata, mentre, dopo breve visita ai luoghi sacri dell'epopea salesiana, tutti si raccoglievano nella Basilica dell'Ausiliatrice per la Benedizione Eucaristica e degne parole del Vescovo di Tolosa. Belli e devoti i canti latini, eseguiti con ottima pronuncia romana. Giocondo il loro sciamare per i vari alberghi e finalmente il loro raccogliersi nei due treni speciali, rosso e verde, per la partenza.

Li abbiamo salutati con gran cuore, io povero rappresentante degli Assistenti Ecclesiastici d'Italia, e due amici, uno universitario cattolico ed un giovane cattolico. Un lungo agitarsi di mani e di fazzoletti segnò la separazione che aveva qualche cosa di triste, perchè in poche ore avevamo compreso gli uni il cuore degli altri.

* * *

Il movimento detto Jocista (Jeunes Ouvriers Catholiques) ha soli quattro anni di vita, ma possiede già un settimanale che tira 8o mila copie.

Altrettanto forte il movimento operaio femminile e i due altri movimenti per la gioventù agricola maschile e femminile: Jacista (Jeunes Agricoles Catholiques).

Tengo in mano un foglio che mi lasciò un ignoto amico dal volto sorridente, con un purillo nero, segnato in alto dal rosseggiante distintivo, recante la croce su cui si arrampica una spiga: grano che cresce. Magnifico simbolo di speranza e insieme augurale affermazione eucaristica!

Nel foglio adunque che tengo in mano trovo il Veni Creator, l'Adoro te, il Magnificat, il Salve Mater, il Credo, Tu es Petrus, Da pacem Domine, o Salutaris, Ave Maris Stella, Lauda, Jerusalem in latino.

Belli e significativi gli altri canti, dei quali basti citare queste due preghiere: «Signore Gesù, operaio come Voi, concedete a me e a tutti i miei fratelli di lavorare con Voi; difensore come Voi, di pregare per mezzo Vostro, di vivere in Voi e di dare per Voi le mie forze ed il mio tempo, che il Vostro Regno entri nell'officina e nel laboratorio, nelle nostre case e nelle nostre strade, sulla terra come in Cielo. Che Voi siate dovunque meglio conosciuto, meglio amato, meglio servito. Liberatemi per sempre dall'ingiustizia e dall'insidia, da ogni male e da ogni peccato. Che le anime di tutti gli operai che sono nel pericolo, restino nella Vostra grazia o la riconquistino al più presto. Fate che per la Vostra misericordia le anime degli operai morti nel campo del lavoro riposino in pace ».

Soave anche questa preghiera alla Madonna, indirizzata dal militante: « Santa Maria, Madre di Dio, conservatemi un cuore di fanciullo, puro e trasparente come una sorgente, ottenetemi un cuore semplice che non si pasce di tristezze, un cuore pronto a darsi, tenero nel compatire, un cuore fedele e generoso che non dimentica alcun bene e non conserva rancore per alcun male. Datemi un cuore dolce ed umile, che ami senza pretendere di essere amato, contento di perdersi in un altro cuore davanti al vostro Figlio; un cuore grande e indomabile, che non si lasci chiudere da nessuna ingratitudine, che non si lasci stancare da nessuna indifferenza; un cuore tormentato della gloria di Gesù Cristo, un cuore ferito dal Suo amore, la cui piaga guarisce soltanto in cielo ».

La Chiesa nella persona del Suo Capo può salutare in questi giovani un avvenire che sarà apportatore .di immancabili trionfi per il Regno di Cristo.

Prezioso cinquantenario.

Nell'intimità della loro famiglia, le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno nel mese di agosto festeggiato il «cinquantesimo anno di elezione a Vicaria Generale dell'Istituto » della Rev.da Madre Enrichetta Sorbone.

Cinquant'anni fa Don Bosco eleggeva questa virtuosa Figlia di Maria Ausiliatrice, giovanissima, e ponendola a fianco della seconda Madre Generale Suor Caterina Dagliero, affidava alle loro solerti cure l'Istituto da poco fondato. Rieletta sempre successivamente nei vari Capitoli Generali dalle consorelle, la buona Madre disimpegnò con uno zelo vivissimo i doveri dell'alta sua carica facendo risplendere le doti di intelligenza, di bontà, di prudenza che la resero tanto apprezzata e amata nell Istituto.

Nella floridezza dei suoi anni, Madre Enrichetta è sempre in moto e in piena attività pel bene dell'Istituto; ha girato quasi tutto il mondo per visitare le centinaia e centinaia di Case delle Figlie di Maria Ausiliatrice sparse in tutti i continenti, affrontando serenamente strapazzi e disagi per portare alle Sorelle il conforto della sua parola buona e del suo illuminato consiglio.

Attorno a Lei, il 27 agosto, si raccolsero plaudenti un centinaio di Direttrici delle Case del Piemonte e di altre Ispettorie, parecchie Ispettrici, le RR. Madri del Capitolo Generalizio, insieme al fratello Canonico Cesare e tre delle quattro sorelle, che come Lei, abbracciarono la vita religiosa nell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. La benedizione del S. Padre rese più bella la gioia della fausta giornata, passata nell'effusione della più viva riconoscenza a Dio, e nella più gioconda letizia familiare.

La pedagogia di Don Bosco.

La riunione annuale promossa dalla Sezione Genovese dell'Unione Don Bosco fra Insegnanti per la divulgazione del metodo educativo del Beato di Castelnuovo d'Asti, che fu il più grande educatore del secolo XIX, ebbe luogo il 2o maggio, nel Teatro dell'O. N. B., gentilmente concesso, e riuscì degna della grandezza del Celebrato e della fama dell'Oratore.

L'ampio salone -- scriveva il Nuovo Cittadino - fu letteralmente gremito dalle alunne dell'ultimo anno degli Istituti Magistrali R. Lambruschini e S. Tomaso d'Aquino e della Scuola di Metodo, da numerosissimi Maestri e Dirigenti delle Civiche scuole, da Professori e Presidi delle R. Scuole Medie. Erano pure presenti il R. Provveditore agli studi e il Direttore Generale delle Civiche scuole.

Il prof. Giovanni Vidari, con la sua abituale eloquenza nutrita e sicura, attraverso una rapida visione della storia dell'educazione, delineò in sintesi efficace la geniale concezione pedagogica di Don Bosco, il quale, lontano da ogni speculazione teorica, con intuito sicuro di apostolo, seppe costruire sui principi della carità, della libertà e del lavoro, coordinati e illuminati dalla religione, quell'opera educativa gigantesca che sotto tutti i cieli, e per tutti i paesi del mondo conquista le anime alla civiltà e alla fede. Collocata la figura del Beato Don Bosco nella cornice storica e sociale del suo secolo, disse come egli pur fra l'indifferenza, qualche volta anche ostile di governanti e di studiosi, abbia saputo compiere per la diffusione dell'italianità nel mondo un'opera che supera - per grandezza, per nobiltà e per continuità nel futuro tutte le opere compiute dai suoi contemporanei.

Applausi e consentimenti coronarono la bella e dotta illustrazione che certamente aggiunse un valore pratico, reale alla coltura e alla coscienza di tutti gli educatori convenuti ad ascoltarla.

"Letture Cattoliche" giapponesi.

Per far fronte al lavoro di propaganda protestante, che si fa sempre più sentire nella nostra missione, cogli stessi intendimenti con cui li volle il Beato Don Bosco in Italia, i suoi figli che si trovano nel Giappone hanno iniziato la pubblicazione mensile delle « Letture Cattoliche ». Il primo fascicolo tratta de « I fondamenti della religione cattolica » ed è la traduzione dell'opuscolo, sullo stesso argomento, dello stesso Beato.

Per la festa del Re del Siam.

Quest'anno la festa del Re venne solennizzata nel capoluogo della provincia di Rajaburi con una mostra scolastica. Anche la scuola cattolica di Bang-nok-khuek, tenuta dai Salesiani di Don Bosco, si presentò alla mostra. Lavori in vimini, disegni, saggi di dattilografia in caratteri latini e siamesi, animali imbalsamati, lavori in ricamo, impianti elettrici, ecc, attirarono una folla di visitatori, che ebbero per l'opera nostra le più lusinghiere espressioni.

Il giorno della chiusura, il prefetto Phra Raiyati Raksha volle al pranzo d'onore anche alcuni dei nostri missionari. Ad una certa ora su di un battello sfarzosamente addobbato e messo a disposizione dalla Siam Steam Packet Co., giunsero gli alunni delle nostre classi superiori accompagnati dalla nostra banda musicale, che con canti e suoni rallegrarono la bella festa guadagnandosi le generali simpatie.

Un corso per gli insegnanti di religione a Valsalice.

Per le venticinque diocesi del Piemonte e della Liguria si è attuato dal 7 all'11 settembre a Torino un corso teorico pratico agli insegnanti di religione nelle scuole medie. Il « Corso » si svolse nel salone-teatro del nostro Collegio di Valsalice; intervennero alla cerimonia di apertura S. E. Mons. Fossati, arcivescovo di Torino, il R. Provveditore agli Studi ed altre personalità. Monsignor Arcivescovo, dopo aver celebrato per i convenuti la Messa dello Spirito Santo, tenne il discorso inaugurale richiamando con sapiente parola gli insegnanti alla responsabilità dell'ufficio che essi rivestono; parlò anche il R. Provveditore comm. Gasperone sull'efficacia dell'insegnamento religioso nell'inculcare alle nuove generazioni i doveri verso Dio, verso la famiglia e verso la Patria. Quindi ebbero principio le lezioni tenute da persone dotte e competenti.

Il « Corso » si chiuse con una piacevole gita dei partecipanti a Soperga, a Castelnuovo Don Bosco e alla casa nativa del Beato.

Festa missionaria.

A Borgotaro il Rev.do Arciprete Mons. Squeri ha colto una bella occasione per far godere all'ottima popolazione una giornata missionaria. Volendo diffusa tra i suoi parrocchiani la divozione oltrechè verso Maria SS.ma, anche verso i fortunati genitori di Lei, Gioacchino ed Anna, fece riprodurre dai Fratelli Alinari di Firenze ad olio su tela un bellissimo quadro; e per l'occasione della benedizione del quadro egli organizzò la giornata missionaria, preceduta da un triduo. Il nostro Monsignor Ernesto Coppo fu invitato a benedire il quadro e a interessare i fedeli all'opera delle Missioni, ciò che egli fece con zelo, e durante le sacre funzioni e alla sera, con una brillante conferenza nella Chiesa di S. Domenico, ascoltato col più vivo entusiasmo dall'ottima popolazione.

Nuovo Istituto salesiano a Messina.

Un altro importante Istituto di educazione venne aperto col 1° ottobre in Messina nei grandiosi locali annessi alla chiesa dell'Archimandritato che la munificenza di S. E. Mons. Paino, degno Arcivescovo, ha affidato ai sacerdoti del Beato Don Bosco. L'Istituto contiene: l'oratorio festivo e diurno, le scuole ginnasiali ed elementari, le scuole serali gratuite per gli operai.

Il nuovo istituto è quanto di più perfetto possa ideare la tecnica moderna: è capace di più che un migliaio di alunni ed è fornito di ampie terrazze e di vasti cortili; fu progettato dall'ufficio tecnico arcivescovile diretto dall'ing. comm. Barbaro.

Nel centro del magnifico edilizio sorge la chiesa dedicata come l'antica cattedrale al

SS. Salvatore. Il tempio, che sarà quanto prima ultimato, sormontato da una cupola armonica, è di stile classico e si distingue per la signorile sobrietà delle decorazioni. Il nuovo istituto porta il nome di « Domenico Savio ».

Pellegrinaggi a Valdocco...

Registriamo con vivo piacere la visita fatta alla Casa Madre di Valdocco di folti gruppi di pellegrini nordamericani e iugoslavi.

Il 5 agosto giunsero circa 17o americani, di cui buona parte di origine italiana. Assistettero nel Santuario di Maria Ausiliatrice alla S. Messa celebrata da Mons. Ernesto Coppo, indi sotto la guida dello stesso Monsignore visitarono la Basilica, le camerette di Don Bosco e i laboratori.

Il 19 agosto un'ottantina di iugoslavi, tra cui 10 sacerdoti, vennero al Santuario di Maria Ausiliatrice, capitanati dal Rev.do Dott. Paolo Loncar, professore del seminario di Zagabria. Guidati da due sacerdoti salesiani iugoslavi poterono visitare le principali memorie del Beato Don Bosco e i locali dell'Oratorio, riportandone un'impressione di viva meraviglia.

... e ai Becchi.

I rivenditori di giornali di Torino ogni anno sogliono effettuare una scampagnata: è la festa, per così dire, rituale della loro numerosa classe. Quest'anno i 200 e più rivenditori e rivenditrici, su 10 torpedoni migrarono lietamente a Castelnuovo Don Bosco; di là, dopo aver deposto una corona al monumento dei Caduti e ossequiate le autorità, continuarono fino ai Becchi, presso la casetta natale del Beato Don Bosco e il bel santuario di Maria Ausiliatrice. Il Direttore del Santuario, il prof. D. Edoardo Fracchia, fu ben lieto di far loro gli onori di casa, ricordar loro la vita gloriosa del Beato e guidarli nella visita del Santuario e delle vecchie casette restaurate dove Don Bosco cominciò il suo apostolato.

Grazie ricevute per intercessione del Beato

Nell'ospedale italiano di Scutari. -- Il nostro Beato Padre D. Bosco in più casi fece sentire la sua protezione anche nel nostro ospedale. Per essere breve riferirò solo due grazie:

1) Il giorno 27 maggio u. s. venne condotto in quest'ospedale l'operaio italiano Del Monte Lindo di anni 32 con vasta ferita lacera dell'avambraccio destro con resezione della radiale e di alcuni tendini da scoppio di un motore a nafta. Venuto il medico di urgenza si preparò per allacciare il vaso, ma tolto il laccio di sicurezza osservò con meraviglia un coagulo che impediva l'emorragia. Provò opportuno rimandare all'indomani l'operazione raccomandando di sorvegliare l'ammalato durante la notte. All'indomani venuto anche il direttore e osservato il caso strano rimandarono ancora tenendo in osservazione l'infermo, ancora molto abbattuto per la grave emorragia avuta prima del ricovero. Nel pomeriggio avendo sentito che più tardi sarebbe venuto il confessore, il paziente mi disse: Suora, vorrei confessarmi anch'io - e mi raccontò che la notte prima dell'infortunio aveva sognato un sacerdote che distribuiva la S. Comunione in una bellissima e vasta chiesa, ed accostatosi per ricevere anch'egli la S. Ostia il sacerdote con molta bontà gli aveva detto che non poteva ricevere Gesù se prima non fosse guarito e nell'anima e nel corpo.

Il confessore intanto giunse ed egli si accostò al Sacramento della penitenza. Ma all'indomani recatosi nella nostra cappella per la S. Messa, lo vedemmo impallidire fissando il quadro del nostro Beato Padre e con profonda emozione ci disse essere proprio il santo sacerdote che nel sogno gli aveva annunziata la salute dell'anima e del corpo. Infatti migliorò; il vaso si trombizzò senza intervento chirurgico e dopo 30 giorni di degenza potè riprendere il suo lavoro riconoscente al Beato Don Bosco.

2) L'operaio Marcucci Leonardo, italiano, di anni 42, affetto da forte infezione intestinale venne condotto in quest'ospedale il 28 luglio u. s. in uno stato da far pietà. Le cure assidue da parte dei dottori e da parte nostra, per poter salvare uri padre di famiglia, riuscivano inutili e l'ammalato peggiorava sempre, tanto che i medici quasi non davano speranze. Cercai di preparare l'infermo a ricevere i Sacramenti, cosa che fece con grande devozione e rassegnato alla volontà del Signore offriva il sacrificio di non rivedere più i suoi tre piccoli.

Era un quadro straziante. Senza dir nulla all'infermo, dopo qualche giorno di lotta tra la vita e la morte, incominciammo una novena al nostro Beato Fondatore. Oh prodigio! uscita di chiesa tornai al suo capezzale, dopo circa 10 minuti di assenza, e gli domandai: -- Marcucci come va? - Un po' meglio, mi disse con un fil di voce; mi pare di sentirmi come alleggerito da un peso. Il miracolo era fatto e da quel momento incominciò a migliorare in modo che alla fine della novena era in piena convalescenza. Dopo un mese di degenza tornò in Italia completamente guarito e di noi che l'abbiamo assistito continuamente nessuna fu contagiata dal fatale morbo.

Scutari, 19-9-31.   Sr. PAsQUINA Figlia di M. A.

Dopo di avere sperimentato tutte le cure di diversi medici e di aver speso molto denaro per la salute di mia figlia mi rivolsi al Beato D. Bosco e venni esaudita. Ora mia figlia sta bene. Riconoscente della grazia mando piccola offerta per le Borse Missionarie.

Re (Val Vigezzo) 1931.

GUERRA LUIGIA.

Una guarigione insperata. - Mio marito, recandosi il 1° giugno al lavoro nelle miniere di carbon fossile ad un paese vicino ad Herrin (Illinois), per poco non rimase vittima di un accidente. Viaggiava con 21 compagni su un autocarro che un giovinotto guidava ad alta velocità; ad una curva il carro si capovolse in un acquedotto che fiancheggia la strada sbalzando giù i 22 minatori, dei quali uno morì, due morirono alcuni giorni dopo per le ferite riportate: tutti furono più o meno gravemente feriti.

Mio marito ebbe una. larga frattura al cranio che lo fece delirare per lungo tempo e che i medici dichiararono mortale In quel frangente mi rivolsi al Beato Don Bosco, e mio marito cominciò a migliorare e in breve a essere fuori pericolo con stupore di tutti.

Herrin.   ROSA OTTOLoNI.

Guarisce una pazza. - Una giovinetta di 17 anni, pazza da sette anni, al contatto della reliquia del Beato Don Bosco ottenne istantaneamente la guarigione, e il mattino seguente, per ringraziamento della grazia ricevuta, si accostò dopo tanti anni alla Confessione e alla Comunione.

Messico.   X .

Guarisce dal tifo. - Il nostro bimbo Alberto, decenne, fu colpito da forti febbri tifoidee; mentre stava migliorando ricadde gravemente nel male da sembrare che ogni cura fosse vana, e per ben 40 giorni vivemmo in una angoscia terribile, perche anche la scienza medica disperava di salvarlo.

Ponemmo allora tutta la nostra fiducia nel Beato Don Bosco, protettore dei bimbi, promettendo un'offerta se il bimbo avesse ottenuto la guarigione.

Ottenuta per i giorni del triduo una reliquia, vedemmo in breve la febbre diminuire e l'infermo uscire di pericolo.

Verona.

Famiglia RENZO PIROLA GRASSI.

Provvido intervento. - Trovatici in condizioni materiali difficilissime, per circostanze diverse, corsi fidente al Beato Don Bosco ponendo nelle sue mani la nostra causa alla quale occorreva tanto protettore, promettendo di fare un'offerta di L. 55o a favore di una borsa di studio intitolata al suo nome e per un anno una comunione utensile per ringraziamento se fossimo stati aiutati. L'intervento fu davvero miracoloso ed in modo veramente inatteso.

GiuSEPPE AMBROSINI.

Esprimono pure la loro riconoscenza al Beato Don Bosco:

M. M. supplica il Beato Don Bosco di convertire i tre membri della sua famiglia e di guarire prontamente il suo nipote da molto tempo ammalato: offre L. 200.

Luigia Machetta per grazia ricevuta ad intercessione del B. Don Bosco manda la sua offerta.

Donna M. Frigeri per un'insigne grazia ricevuta.

Rosalia Sella (Sella di Mosso) per grazia tanto implorata e ricevuta per intercessione del Beato.

M. P. (Trento). - Avendo il nipotino Fausto in fin di vita per bronco-polmonite lo raccomandò alla protezione del Beato: L'infermo, di 10 anni appena, ma molto devoto di D. Bosco, vi unì i suoi atti, baciando la reliquia, sicuro che sarebbe stato guarito. Nel momento più disperato inghiottì la reliquia e Don Bosco premiò la fiducia in lui riposta: come per incanto migliorò in modo elle il dottore lo trovò fuori pericolo, e presto guarì.

Anna Rigeio (Saint-Louis-S.U.). - Il 9 agosto mentre teneva in braccio il bimbo di 10 mesi, lo vide svenire e poi colpito da altissima febbre. Spaventata si gettò ai piedi dell'immagine del Beato chiedendo la salute del suo figliuolino: e D. Bosco gliela ottenne. Verso sera la febbre diminuì, e dopo una notte di calma, il bimbo si risvegliò bello e sorridente.

Felicita Pederzoli (Londra). - Colpito il figlio da una grave appendicite e riuscendo vani i rimedi prescritti dai dottori, lo raccomandò al Beato promettendo un'offerta per le Opere Salesiane. Al mattino seguente i dottori lo dichiararono fuori pericolo e dopo pochi giorni potè l'infermo riprendere le sue occupazioni.

Maria Villa (Valfenera). -Un suo giovane contadino piantando grossi chiodi in un muro cadde all'indietro dalla scala e sbattè violentemente del capo sul pavimento. Lo credette morto. In quell'istante lo raccomandò alla protezione del Beato. Il giovane riportò una larga ferita al capo, ma in pochi giorni guarì perfettamente.

Coniugi Chiantavello (Foglizzo). - Una violenta bronco-polmonite assalì il loro piccolo Aldo e lo portò agli estremi. Nell'angoscia i genitori ricorsero con una novella al Beato Don Bosco e l'ebbero presto risanato.

Bice Boldrini (Voghera). - Colla protezione di D. Bosco vide coronata felicemente la sua gravidanza e impose il nome del Beato al bimbo perchè godesse per tutta la vita l'assistenza preziosa del Padre dei giovani.

Una Cooperatrice (Mesenzana), è riconoscente per aver il Beato liberato un suo fratello dalle conseguenze di una grave calunnia che minacciava di rovinarlo completamente, e per aver ridonato a tutta la famiglia tranquillità e pace.

Rita Cacciata (Cammarata) ci scrive: «Mamma giaceva gravissima sul suo letto; per tutta una notte dello scorso inverno, rigettò quanto aveva nel suo intestino; spasimò per dolori acutissimi allo stomaco simili a stilettate e sette iniezioni del papà, ch'è dottore, non riuscirono ad alleviare. Alle cinque di mattina perdette il polso; la sua temperatura scese ai 35°, il suo sudore di collasso annunziò prossima la morte; si temette uno strozzamento intestinale. Papà in preda all'angoscia chiamò il sacerdote che viaticò la morente. Io allora, al momento della Comunione, mi rivolsi con fede a Don Bosco promettendogli una mia cara rinunzia. Mamma migliorò; cessò il vomito, cessò il dolore, cessò la febbre e finalmente potè alzarsi ».

Gerratane Martino (Spaccaforno), ammalato alla vescica doveva, suo malgrado, sottoporsi all'operazione facendosi più grave il male; si raccomandò con fede al Beato e alla vigilia della partenza per la clinica si trovò per incanto guarito.

Antonio Marcuzzi (Gorizia) scrive: « Ottener grazia nella mia disgrazia: ecco il lume fatto pervenire all'anima mia dal B. Don Bosco. Rassegnazione alle croci che Iddio manda, senza avvilimento e sconforto: ecco ciò che fino a poco tempo fa mi ripugnava tanto e oggi non più! ».

Sr. G. A. Figlia di M. A. - Un suo nipote colpito da pleurite necessitava di un atto operatorio e fu trasportato all'ospedale. Aggravatosi, i medici erano indecisi; Sr. G. A. andò a trovarlo e consigliò una novena al Beato per il felice esito dell'operazione e per una rapida guarigione. Al terzo giorno della novena l'operazione fu fatta assai bene e dopo poco tempo l'ammalato potè tornare guarito in famiglia.

Gevaci Salvatore (Aragona). - Avendo un figlio gravemente ammalato di polmonite, per suggerimento di persona amica cominciò una novena al Beato, con la promessa di un'offerta, implorando la guarigione; e prima che la novena fosse finita il figlio era dichiarato fuori pericolo.

Maria Buzzi (Trino Vercellese) raccomandò al Beato la nuora, che, avuto un bimbo, per un malanno non poteva allattarlo; la preghiera fu ben presto esaudita dal Beato Don Bosco, poichè la nuora superò il male ed ora compie con regolarità e senza difficoltà il suo dovere materno.

PICCOLE NORME DI GRANDE UTILITÀ.

1) Inviandoci offerte ed indirizzi pel BOLLETTINO favorite sempre specificare se le persone interessate GIA RICEVONO o NON RICEVONO ANCORA il periodico: si eviterà così uno sciupìo inutile di copie ed un lavoro non indifferente all'Amministrazione.

2) Dovendo fare cambiamenti o sostituzioni di indirizzi è NECESSARIO INVIARE L'INDIRIZZO STAMPATO IN COPERTINA, accompagnato dalle opportune correzioni.

3) Si dia subito notizia dei Cooperatori defunti inviando la targhetta dell'indirizzo con cui viene spedito il "Bollettino" con l'indicazione "defunto" o gli eventuali cambiamenti.

Preghiamo tutti di uniformarsi a queste disposizioni che non importano grave fatica, ma che ci aiutano grandemente a sveltire il lavoro di amministrazione del periodico.

CULTO E GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

Il Santuario di Maria SS. Ausiliatrice in Brescia.

Anche questo nuovo centro di devozione della Madonna del Beato Don Bosco è ormai quasi compiuto, grazie alla generosità e pietà dei Bresciani , che certo vorrà continuare, giacché buona parte delle spese incontrate sono ancora scoperte. Come a Torino e dovunque, anche a Brescia Maria aedificavit sibi domum: il nuovo santuario è invero e sarà ancora l'attestazione della riconoscenza di cento e cento beneficati dalla bontà dell'Ausiliatrice.

La linea semplice e armonica dello stile romanico, per opera del nostro Giulio Valotti, salesiano e bresciano, la decorazione sobria e raccolta del pittore Giuseppe Depetris, del luogo, ci hanno dato un santuario elegante pur nelle sue modeste proporzioni, e soprattutto devoto, perché vi si prega bene.

Ma il santuario nostro di Brescia è anche un centro di vita cristiana e salesiana la quale però deve svilupparsi ancora, fino a completarsi con la costruzione di un grandioso tempio votivo e di un benefico istituto prevalentemente professionale a vantaggio della gioventù della plaga. Intanto vi fioriscono tutte le opere proprie di una parrocchia, specialmente gli oratori quotidiani, il maschile diretto dai Salesiani con dopo-scuola, il femminile diretto dalle figlie di Maria Ausiliatrice con dopo-scuola, asilo e scuola di lavoro; entrambi con scuole catechistiche assai bene organizzate e molto frequentate.

La scintilla della grande opera c'è: il santuario; l'anima pure, nell'apostolato che vi si compie con frutti consolanti davvero; verrà presto, speriamo, anche la parte materiale grandiosamente progettata; verrà, perchè Maria si cercherà i benefattori che ne renderanno possibile l'attuazione. Intanto un solerte Comitato diocesano, presieduto da S. Ecc. Mons. Vescovo, cura la raccolta dei fondi, e noi lo raccomandiamo vivissimamente alla generosità dei buoni, specie della regione lombarda e segnatamente bresciana.

La mia bambina Annamaria andava soggetta di quando in quando a piccoli attacchi di eclampsia. La raccomandammo a Maria Ausiliatrice e al Beato D. Bosco, con promessa di offerta per le Borse Missionarie dopo un anno che non si fossero più ripetuti gli attacchi. Riconoscente compio ora il mio voto, e ringrazio pubblicamente Maria SS. Aus. e il suo grande Apostolo per la visibile protezione.

Lugano-Massagno 1931.

GIUSEPPE ANZINI, Medico-Chirurgo.

Guarita da grave malattia. - Verso la fine del dicembre 1930 venni improvvisamente colpito da bronchite asmatica diffusa, aggravata quindi da intossicazione intestinale con complicazione al cuore, ed in forma, così grave ed energica che i sanitari lasciarono poche speranze di guarigione.

Malgrado la prostrazione causatami dalla malattia, non mi sfuggì mai la gravità del mio stato e l'ansia in cui viveva la mia famiglia.

Devota del Beato Don Bosco e di Maria Ausiliatrice, unitamente alla mia famiglia incominciai fiduciosa la novena implorando la mia guarigione.

La malattia, pur attraverso a continue complicazioni, ebbe un lieto decorse, ed oggi posso dirmi completamente guarita, per cui continuando nella preghiera e devozione al Beato Don Bosco ed a Maria Ausiliatrice sciolgo la promessa fatta e rendo pubblica la grazia ottenuta.

Montanaro Canavese.

CALUSO MARGHERITA Ved. BRETTO.

Protegge in una sventura. - Una terribile sventura aveva portato la desolazione nella mia famiglia e minacciava travolgerla nella più completa rovina.

in mezzo al più acerbo dolore e allo sconforto che mi abbatteva mi rivolsi fiduciosa a Maria Ausiliatrice e al B. D. Bosco. Pregai e feci pregare ripetutamente ed oggi, dopo due anni di prova e di angoscia, la Vergine pietosa ha accolto le mie suppliche. Lunga l'attesa, una immenso il favore: la mia famiglia prodigiosamente è salva.

Udine, agosto 1931.   N. N.

Un salto pauroso senza conseguenze. -- Il 28 giugno il sig. Gerardo Leppe toccò con mano l'aiuto di Maria Ausiliatrice.

Viaggiava in automobile con due compagni a velocità fantastica, quando, in una curva verso il Miradero O'Higgins, cadde in un burrone profondo 18 metri. I due compagni morirono pochi giorni dopo per le ferite: egli, che si era raccomandato in quel momento all'Ausiliatrice, rimase illeso. Riconoscente egli pensa ad erigere in quella località un pilone con un medaglione di Maria Ausiliatrice.

Esprimono pure la loro riconoscenza a Maria Ausiliatrice e al Beato Don Bosco i seguenti:

N. N. prega vivamente la Madonna di proteggere sempre la sua amata famiglia, offre L. 100.

S. B. (Torino). -- Essendo un fratello senza impiego, si raccomandarono a Maria Ausiliatrice e al Beato, e furono esauditi.

Manzoni Antonietta (Bobbio ). - Da tempo soffriva male di stomaco, che i medici dichiararono causato da ulcere o da tumore. Fra necessaria l'operazione. L'inferma si raccomandò a Maria A. e al B. D. Bosco, e con una felice operazione si rimise presto in perfetta salute.

Caterina Gallarato (Alba). - Per un'infezione al piede dovette subire un'operazione; ma a detta del professore permaneva il pericolo dell'amputazione di un dito. Pregò e fece pregare Maria A. e il Beato per scongiurare tanta disgrazia e collocò sul dito minacciato la medaglia: il male si arrestò e non occorse più l'intervento chirurgico.

Davide Luigi (Piossasco), bambino di tre anni, il giorno della festa di Maria Ausiliatrice fu investito da un carro di fieno che gli passava sull'intero corpo. Lo si credette morto; invece lo si trovò illeso. La zia attribuisce la grazia alla protezione di Maria Ausiliatrice.

M. F. di B. ringrazia Maria A. e il Beato, sperando ricevere ancora una grazia tanto necessaria.

Coniugi Berra (Gisola di R.) - Nel 1928 avevano perso la salute e deperivano fortemente, malgrado le cure suggerite dai medici. Si rivolsero a Maria A. e col suo aiuto in poco tempo si riebbero in perfetta salute.

Mary Mc-Leod (Oakland) ringrazia Maria A. per grazia ottenuta.

Luisa Rescia (Mongrando). - Riconoscentissima per grazia ricevuta, adempie alla promessa inviando L. 20 per le Opere Salesiane fiduciosa di ottenere sempre la protezione di Maria Ausiliatrice e del Beato D. Bosco.

Sbernini Margherita (Gassola) sofferente da tre anni di nefrite cronica, ricorse con fede a Maria A.

e al Beato, e contro tutte le previsioni riebbe la perfetta salute.

Mami Adele è riconoscente verso la Madonna e il Beato per una grazia segnalata.

Rina Ardizzoni (Mirabello) in gravi contingenze familiari ricorse per aiuto a Maria Ausiliatrice e l'ottenne superiore ad ogni aspettativa.

Vitali Natalina (Melegnano) per aver ottenuta la grazia desiderata.

F. P. (Giaveno), ringrazia il Beato D. Bosco e Maria A. per la perfetta guarigione di una paralisi ottenuta da un familiare dopo fiduciose e vive supplicazioni al Beato e novena a Maria SS. Ausiliatrice, ed in segno di vivissima riconoscenza offre L. 500.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice o dal Beato D. Bosco, e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per le Missioni Salesiane o per altre opere di D. Bosco, i seguenti:

Ansinelli D., Amisano G., Actis T., Arduini L., Arbusino sr. F., Amprino A., Assereto A., Alberti R.

e G., Arena prof. G., Arrigoni P., Arnerio Dott. D., Angeli G., Arco N. N., Adamo E., A. C. (Occhieppo), Azzolini B., Arduirri A., Antoniazzi G., Adorno M., Amigoni M.

Valparaiso.

Sac. FR. ANDRIGHETTI.

Bodo, Bertone I,., Bonino e famiglia, Bergero G., Botta, B. C., Bertolini M., Bert. E. (una tovaglia da altare), Baiocchini A., Barra I,., Ballesio Ing. Bonine M. , Bosco L., Bedosti A., Bianco, Brandivo G., Bandino A., Biglieri S., Braneschi G., Bosticco C., Bobuon T., Borello C., Baffi L., Bondino G., Brizio I,., Balbi ch. A., Balossino L., Baratto R., Bergamasco C., Boetto T., Bocca E., Bassi A., Barreca E, Basa M., Bedegani B., Belloni A., Balbiano B. T., Balbis B. C., Bagnaschino D., Bellini O., Barcelloni C. T., Ballerio T., Bailo C. A., Baruzzi D., Bessi P. D., Bonomi E., Brum E., Baglietto P., Bebi V., Brancati S., Balbo N., Bernardi G., Beretta G., Brizio R., Baron C., Buttini A., Bova G., Ballotta I,., Bardea A., Bollo M.,

Chiola L. Cioi L., Cattaneo E., Costa G., Culino A., Cena C., Cova A., Chiappino V., Cabiddo G., Caluso M., Camandone, Conte I., Costa R., Caluso ved. Bretto, Chiabusso, Cavaglieri A., Cena G., Cerutti G., Capra L., Casalegno E., Caprioglio T., Cartesenia M., Canipaillo L., Crespi G., Costa C., Cestari S., Chinigò C., Carradorini A., Corazza G. Caroni A., Caserta G., Coniugi S. (100), Castellana avv. L., Camerini C., Cecconi prof. G., Ciampanelli A., Cetto D. L., Corti D. C., Cerri G., Centoz L., Cogo P. T. (100), Como M., Capraro E., Chasseur P., Carizzoni A., Castagnetto T., Ciriaco C., Camera I., Carrara M., Cavallaro Gr., Crobu C., Carnevale E., Capello G., Cavalieri A., Cresto M., Cavalieri A., Colomba D. C., Caccianotti M.

Delponte M., Damusso M. , D. S. (Canove), DeMarchi R., Denegri E., Dogliani, Damiano F., Dell'Osto M., Del Negro Sr. T., Donati Don L., Dionisi G., Dell'Aglio M., D'Agostini B., Delù GD. G., Del Grosso P., De Tommaso P., Direttrice Asilo (Tromello), De Vendictis Dott. G., De Battisti R., Dondero not. A., Dunover I.

Ex allievo E. M. (Cles), Eusepi A., E. R. (Cuneo) per grazia ricevuta.

Franchetto L., Fugiglando B.. Ferrero Don G., Ferrari A., Franzi D., Fenoni Fr. e G., Fabbro R., Ferrero I., Falconetti R., Frus G., Famiglia di Tradate (offre braccialetto d'oro), Frangia C., Faravelli R., Farina G., Fedrizzi G., Franchi I. M., Fossati O., Ferrari G. B., Ferrini G., Franzetti P., Farina T. L., Filippone M. e A., Falavigna L.

Genovese C., Giolitto G., Guillone R., Gronda R., Grassi A. E. A., Gaido T., Grasso C., Go F., Grosso coniugi, Giordano G., Guilizzoni I,., Grappio C., Giacometto, Grossi M. L., Gilli R., Gonella C., Giordano L., Grosso I., Giovando G., Giaccone, Gobbo C., Giasini M., Garrione G., Glasar M., Gasco C., Gelpi G., Gazoppi E., Giannelli D. G., Girino B. R., Giobbio E.. Giovanettoni R., Ghidini C., Ghirardelli D., Giachino L., Gallina G., Gheno N., Gonella S., Grillo e Famiglia, Grainondo G., Ghignoni M., Galanti E.

Ivaldi O., Ivaldi C., Ivaldo G., Ielmoni L., Invernizzi G. e fratelli.

Longo sorelle, Lanza G., Lagomarsino E., Landoni E., Laroggi G., Lunghi A. M., Lunati C., Liotta M., Lucchi N., Lovati G., Lo Verde V.

Mazzucco T., Moriondo G., Monti G., Mazzoleni F., M. F. (Vercelli), Milotto E., Madala E., Marchisio G., Mola P., Marro G., Manzone E., Montagna E., Martini F. (orecchini), Manni A., Marinone B., Mandente, Mosso M., Maffino F., Michele M., Manassero M., Messina coram. N., Mondani A., Montanari L., Merlani M., Muzzio E., Moretti I,., Massi A., Mulas A., Matteotti E.. Musso M., Motterle T., Mascianese C., Matteodo R., Messina N., Martini M., Montini L., Monti M., Milani L., Malloci O., Maenza S., Musa sac. E., Marino A., Montalto C., Malesi M., Motta P., Maestrani M., Massidda P., Margonasi A., Metrangolo G., Mei A., Marcuzzi A., Masso C., Martinez R., Munari R., Mazzoni A. offre L. 500, Mairani P., Merlo G., Maria Di Lossano, Marchesi A., Melofiro sorelle.

N. N. L. 50, N. N. L. 5, N. N. L. 2, N. N. L. 20, N. N. L. 100, N. N. L. 115o, Novarese G., N. N L. ioo, N. N. L. io, N. N. L. 25, N. N. L. ioo, N. N. (Donnaz), Nocelli ing. C., N. N. (Alice C.), Negri A., N. N. L. 20 p. gr. ric., N. N. (Bova M.),

N. N. (7-8-931 ).

Osenga M., Osella C., Orlando A., Odorico, Orso P., Orsini D., Occelli sac. D., Olivero C., Olivo M.

Picco V., Pavesi G., Pacchiardo O., Peghini E., Pezzana R., Pios A., P. M. (Bosconero), Piegasesi A., Piacentini sr. M., Pellegrini O., Poli B., Pozzi E., Presi M., Penna G., Pisa M., P. E. per gr, ric., Peyretti L., Pelle C., Pilloni Dott. S., Piccinelli I., Petrucci O., Piccinin R.., Piccinin A., Pagliano L., Parascandolo M., Pulvirenti A., Poletti C., Petenò G. P., Papa C., Pirrelli G., Pallais G., Polattini M., Peraldo sorelle.

Ronchegalli e famiglia, Rossi I., Rossato A, Rosso P., Roveda M., Rinaldi O., Riccardi G., Rolando M., Raffo M., Radelli M., Rocchini M., Rocci M., Rosa E., Ragazzo M., Ravagli D., Roncoli M., Riccardi L., Rudelli A., Rolandino G., Romeo G., Reale M., Rigoni cav. D. A., Rossignoli C., Radaelli L., Ricca A., Ravizza M.

S. C. (Carmagnola), Suore B. G. (Vercelli), Sommo L., Santi T., Salvadori M., Setti O., Saccaggi A., Sacco CL, Signorino G., Serra E., Salsa G., Salvi N., Savio F., Siccardi C. e M., Soave, Sionir M., Strumia P., Satta T., Serafini M., Seripa G., Sassi E., Segafredo M., Sara G., Saetti I,., Storto G., Siboni Mons. E., Simonatti M., Schiavi I,., Scagnamiglio M., Sibilano M., Scolari P., Settepassi R., Sellali C., Sgrò Fr., Serpentino M., Strada B. E., Savio A., Stefani M., Spirti S., Santarossa E., Siligato G., Scapinelli I.

Testa L., Tomatis A., Tolazzi G., Testa Fr., T. I,. (Chiusapesio), Traversa sorelle, Tugi C., Tammaccaro A., Tacchello A., Tono L., Tore M. E., Tartara P., Teruzzi M., Tonda L. e famiglia, Thienat C. e M., Tateo L. L., Torter E.

E. D. C. I. di Torino offre L. 8o al Santuario per mezzo del Segretario Diocesano.

Volta A., Vallino E., Vercelli C., Vezza M., Vaira L., Viglino R., Viale G., Vesco A., Valsecchi Villa sorelle, Verdona M., Venezia G., Viriglio M., Vai L., Vico F., Viglietti T., Visintainer B., Vella G., Vitri V., Viganoni D. Corsico C., Vannini I.

Zanone M. (catenina d'oro), Zoldo G. (anello d'oro), Z. O. (Demonte), Zoccola Fr., Zanazzo prof. G. B., Zerega L., Zamboni M., Zippitelli A., Zambelli E., Zilli S., Zanetta C., Zucca T.

NECROLOGIO

DELSIGNORE GIUSEPPINA ved. MARCHISIO.

Confortata dai carismi della N. S. Religione e dalla benedizione dell'Arcivescovo di Vercelli, assistita dalle autorevoli cure della famiglia, specialmente dalle due figlie Suor Angiolina delle F. di M. A. e Suor Antonietta del 3o Ordine di S. Vincenzo de' Paoli, raggiungeva, dopo appena un anno di distanza, il suo consorte in Paradiso. Fervente Cooperatrice Salesiana sempre mirò col buon esempio ad allevare la famiglia nel santo timore di Dio e a beneficare le opere del Beato Don Bosco.

Prof. UGO VASÈ.

La famiglia e la scuola furono due grandi campi nei quali il prof. Ugo Vasè esplicò le belle doti di mente e di cuore di cui Dio l'aveva fornito. La sua vita fu tutta un apostolato, illuminato dalla fede e dalle virtù cristiane. Fu fervente ammiratore del Beato Don Bosco e delle sue opere, verso le quali esplicò in svariati modi la sua benevolenza. Spirò con edificante rassegnazione il 19 giugno a Ferrara.

CLOTILDE BOZIO.

Figura d'anima retta, profondamente cristiana, a 49 anni chiudeva in Coggiola la sua vita, tutta consacrata al lavoro, alla preghiera, all'affetto de' suoi cari, alla beneficenza cristiana.

La sua carità la portò con slancio di generosità ad aiutare ogni opera di bene, specialmente le Opere Salesiane, rendendo benedetto nel ricordo di tutti il nome di lei.

Gli esempi delle più elette virtù, di cui sparse il soave olezzo durante la sua vita, raggiunse l'apice, negli eroismi della sua malattia, compiuti senza esteriore appariscenza, ma con santa generosità, paragonabile solo al martirio, che in tre mesi le schiuse le porte del Cielo il 26 settembre 1931.

Mons. Comm. LODOVICO SCALARI.

Uomo di zelo e di grandi virtù sacerdotali esplicò la sua attività specialmente tra le associazioni giovanili cattoliche, che lo ansavano come un padre. Diresse il Collegio Pio X di Mantova, col metodo di Don Bosco, di cui era caldo ammiratore, diffondendo nelle anime giovanili la conoscenza del Beato e delle sue opere; e si adoperò pure con tutte le sue forze ad accrescere il numero di ottimi cooperatori. Maria A. e il Beato Don Bosco l'avranno assistito e confortato nella morte improvvisa che l'incolse la notte del 24 settembre in Mantova.

MARAS GIOVANNI.

Chiuse santamente la vita in Corva (Udine) a 24 anni, colpito da gravissimo male, che per due anni fu la sua durissima croce, sopportato con rassegnazione cristiana. Il 23 giugno volò al cielo, lasciando un dolce ricordo di sè, per la sua bontà e per la squisita carità cristiana che l'infiammava. Fu zelante cooperatore delle opere Salesiane.

Cooperatori defunti:

ADINoLFI GIOACCHINo; Mussomeli (Caltanissetta). ARTONI SPERINDIO, Mussomeli (Caltanissetta). BARBIERO PIETRO, Tencarola (Padova). BEILIS Don GIACOMO, Cavallermaggiore (Cuneo). BENELLi ATTILIO, S. Pellegrinetto (Massa Carrara) BERTOLINO ROSA, Romentino (Novara). BONAFEDE MARIETTA, Pinerolo (Torino). BoRELLi Don STEFANO, Tenda (Cuneo). BRONZINI LORENZO, Fiavè (Trento). CALNORI SoFIA, Montorio nei Frentani (Campobasso). CATTANEO Comm. Avv. RICCARDO, Torino. CHIADO RANA GIUSEPPE, Rocca Canavese (Torino). CIGLI EMILIA, Pietrasanta (Lucca). CONTARINI TERESA, Udine. CORTI EMILIA, Novara.

DRAGO Dott. PAOLO, Castagnole Lanze (Alessand.). FARELLo ALFREDO, Casale Monf. (Alessandria). FERRARI GIUSEPPE, Crotta d'Adda (Cremona). FORMENTI LUCIA, Sacconago (Milano). GAZZANO PAOLA, Torino.

GHERARDI Don DOMENico, Ceredolo (Reggio Em.). GHIGo ERCOLINA, Torino. GIACONIA Don ANTONINO, Mistretta (Messina). GIGLIAZZA GIUSEPPINA, Savona. GROSSI CARMELA DOSI, Massalombarda (Ravenna). INVERNIZZI GIUSEPPE, Novara. MARTIN PIETRO, Castion di Zoppola (Udine). MARTINOTTI LUIGIA, Vignale Monf. (Alessandria). MONACO GIUSEPPE, Subiaco (Roma). FIORONI-STAMPA GIUSEPPE, Lugano (Svizzera). MuZIO FRANCESCO, Varengo (Alessandria). PASINI ANGELA, Castelcerino (Verona). PELLEGRINI AUGUSTO, Riva di Trento. PELLOSIO Dott. SESTO, Santena (Torino). PIzzIo GIUSEPPE, Fontanetto d'Agogna (Novara). PoLLo PIETro, Borgo Vercelli (Vercelli). POZZETTI GIOVANNI, Ceva (Cuneo). QUARTARA FRANCESCA, Trapani. RIVA FORTUNATA, Galbiate (Como). RIZZOGLIO PIETRO, Vignale Monf. (Alessandria). SCARDINO CONCETTA, Trapani. SOTTILE GRAZIA, Barcellona (Messina). STURzo CocuzzA ANGELINA, Catania. VENTURELLI-BULGARI FAUSTINA, Pavone Mella VESCO GIUSEPPE (Giacobin), Vallemosso (Torino). ZIROTTI GIUSEPPE, Cartel de' Britti (Bologna). ZozzI GIOVANNI, Madonna di Lonigo (Vicenza). ZUCCA GIUSEPPE, Ferreva Erbognese (Pavia).

Presentiamo vivissime condoglianze alle famiglie, raccomandando ai suffragi dei nostri Cooperatori gli amici defunti.