BS 1880s|1883|Bollettino Salesiano Aprile 1883

ANNO VII N. 4.   Esce una volta al mese.   APRILE 1883.

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell' Oratorio Salesiano. - via Cottolengo. N. 32, TORINO

SOMMARIO - Il Cattolico nel secolo - La Stella del mattino e il mese e la festa dì Maria SS. Ausiliatrice - Lettera di un Cooperatore Salesiano - Gesù nostro Signore e Re - Dichiarazione a proposito del libretto Gesù Cristo nostro Dio e nostro Re come segno della Comunione Pasquale - Notizie della missione di Las Piedras nella Repubblica dell'Uruguay - Apertura di una nuova Casa di Suore di M. Ausiliatrice in Sicilia - La Patagonia e le Terre Australi del Continente Americano - Il S. P. Leone XIII e il Pellegrinaggio Italiano a Lourdes e ai Santuari Francesi - Il Conte D. Carlo Cavs di Giletta - Istruzione sulle Sante Indulgenze -Disposizione Pontificia per l'Assoluzione e Benedizione ai Regolari di qualsivoglia Ordine ed ai loro Terziarii - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani - Morte di Mons. Lorenzo Gastaldi Arcivescovo di Torino.

IL CATTOLICO NEL SECOLO.

È sentenza dello Spirito Santo che la vita dell' uomo sopra la terra è un combattimento : Militia est vita hominis super terram. Ma se così fu in ogni tempo e per ogni persona, lo è soprattutto nei giorni presenti per un Cattolico. Oggi purtroppo i nemici di Dio, di Gesù Cristo e della sua Chiesa si sono per triste cagioni moltiplicati; onde ad un Cristiano e ad una Cristiana avviene d'incontrarne quasi ad ogni passo. Alcuni sono nemici della Religione per malizia e per interesse, altri il sono per ignoranza o per colpevole indifferenza ; ma tanto gli uni quanto gli altri con discorsi , con istampe, con sarcasmi, con buffonate prendono di mira le verità più sacrosante, o negandole spudoratamente, o tentando di metterle in discredito e in sospetto.

Per questo ingrossare delle schiere nemiche, che audacemente assalgono la nostra fede e cercano di strapparcela dal cuore, oggi un Cattolico, obbligato a vivere nel secolo, deve imitare i fabbricatori del secondo tempio di Gerusalemme : ad esempio loro con una mano deve tenere gli strumenti dell'arte per costrurre, e coll'altra brandire la spada e combattere chi cerca di distruggere. Un Cattolico nel secolo deve oggi più che mai ricordare le parole del divin Fondatore della Religione nostra santissima, il quale annunziando le persecuzioni, a cui i suoi seguaci sarebbero nel mondo fatti bersaglio, diceva : « Non sono venuto a portare la pace, ma la guerra : Non veni pacem mittere , sed gladium. » Deve pure rammentare quelle altre, rivolte a' suoi Discepoli nell'ultima cena : « Chi non ha la spada, venda la tonaca e se la compri: Qui non habet, vendat tunicam suam, et emat gladium. » Oggi in una parola un Cattolico deve richiamare alla mente che è soldato di Gesù Cristo , e pugnare da forte ad onore e gloria di Lui , e a difesa del suo regno in sulla terra. « Combatti nella buona battaglia della fede , rapisci la vita eterna, scriveva già s. Paolo al suo Timoteo: Certa bonum certamen fidei, apprehende vitam aeternam. » Queste parole quadrano oggidì ad ogni Cattolico, il quale deve conservare la sua fede e rapire il Cielo, per così dire, colle armi alla mano, ed essere uomo battagliero non solo più contro nemici interni ed invisibili, ma contro nemici esterni e visibili.

Ma affinchè l' entrata in campo non gli riesca fatale, è d'uopo che il Cattolico sia ben preparato al cimento ; è d' uopo che egli faccia a modo del coscritto, arruolato di fresco. Questi di certo, ancorchè in tempo di guerra, non viene tosto menato in faccia al nemico ; ma prima di tutto è istruito a maneggiare le armi, ad eseguire le necessarie evoluzioni, ad intendere i comandi. Dalle parlate de' suoi capi , o da appositi proclami egli s'inspira all'amore della patria e del sovrano ; apprende da un lato la giustizia della causa, pel cui trionfo dovrà combattere, e dall'altro la iniquità, le astuzie, la violenza del nemico , che gli starà di fronte ; considera l'onore e il vantaggio della vittoria, e il disonore e i danni della sconfitta; l' infamia principalmente che lo incoglierebbe, ove prendesse la fuga, o si desse prigione al nemico.

Così a un di presso deve prepararsi il Cattolico, che ha da vivere nel secolo, dove anche a suo malgrado avrà a trovarsi di spesso tra mezzo a' nemici di sua fede; così deve prepararsi la gioventù di ambo i sessi ancora incauta ed inesperta.; così gli adulti bisognosi di una istruzione più soda per riuscire a vittoria ; così i genitori per conto proprio e per ammaestramento di loro figliuolanza ; così ancora gli stessi ministri del Santuario, onde all' uopo e secondo la esigenza dei tempi sappiano dirigere i fedeli e meglio addestrarli nelle battaglie del Signore. Tutti dobbiamo prepararci con una fede incrollabile nella divinità di nostra santa Religione ; prepararci con avere in pronto e come alla mano le prove principali, con cui dare ragione di nostra credenza; prepararci col conoscere le arti fraudolente , che adoperano i nemici per combattere la Chiesa Cattolica e per sedurne i figliuoli.

A tale scopo in questi anni si sono pubblicati varii libri utilissimi e pei dotti e pei popolo. Tra questi ultimi uno dei più commendevoli ed opportunissimo pei tempi che corrono, noi crediamo che sia Il Cattolico nel secolo, uscito testè nelle Letture Cattoliche di Torino. - Il lavoro è di D. Bosco, e vedeva gìà la luce per la prima volta 30 anni or sono, diviso in più fascicoletti. Fin d'allora riscosse da ogni parte le più alte lodi e fu sparso a migliaia di copie, specialmente in Torino e nel Piemonte. Molte famiglie cattoliche devono alla lettura di questo libro l'essersi serbate fedeli alla Chiesa di Gesù Cristo. Fin dai primi fascicoli , gli eretici Valdesi e Protestanti , vedutisi in particolar modo smascherati, se ne impaurirono, e si appigliarono a tutti i mezzi per impedirne la continuazione. Si presentarono da prima a D. Bosco e cercarono di persuaderlo colle buone, perché desistesse dallo scrivere più oltre ; ciò non riuscendo, gli posero tra mano 4 mila lire, che egli rigettò sdegnosamente come Pietro la borsa di Simon Mago. Allora quei tolleranti signori vennero alle minacce, passarono indi ai tentativi di assassinio, ai colpi di pistola, di coltello ed al veleno ; ma la Dio mercè il libro fu mandato a termine , e il suo autore conservato sino ad oggi.

Esaurite essendone tutte le copie, e per l' audacia dei nemici della fede cattolica continuando i tempi ad essere non meno , anzi più pericolosi che non sei lustri or sono, D. Bosco rimise mano all'operetta sua e la ridiede alla pubblica luce in un solo volume, riveduta ed accresciuta. Per la importanza della materia che contiene, pel modo facile ed ameno con cui è esposta, per la spontaneità dello stile e per la purezza della lingua che vi è adoperata, il libro è riuscito eccellente , ed una delle migliori opere di tal genere, che abbia data la penna di Don Bosco. Esso non solo ravviva e rinfranca la fede di chi lo legge, ma gli porge ancora le armi più acconcie per difenderla dagli assalti nemici, dalle menzogne e dagli errori, che oggidi si spargono contro di essa. Con un tal libro alla mano il Cattolico chiude la bocca agli increduli, confonde gli Ebrei, si ride dei Maomettani, svergogna i Scismatici , e soprattutto impara a prendere così in uggia e in abbominio la dottrina dei Valdesi e dei Protestanti di ogni setta, da rendere la sua mente ed il suo cuore impenetrabili a qualsiasi seduzione.

Questo ultimo vantaggio oggidi è per noi italiani di grande rilievo, imperocchè sono incredibili gli sforzi, che nelle città e nei villaggi d'Italia fanno centinaia di sétte protestanti , per istrappare la fede cattolica dalle nostre popolazioni. Gli increduli stessi, che bestemmiano Iddio, negano la divinità di Gesù Cristo e scagliano contro il Papa e la Chiesa Cattolica villanie ed ingiurie, altro non sono che Protestanti più o meno camuffati. Laonde qui abbiamo i Luterani, là i Calvinisti, in un luogo i Presbiteriani, in altro i Metodisti, dove gli Evangelici e dove i Valdesi, e tutti intenti a sedurre il popolo e specialmente la povera gioventù.

Ormai possiamo dire che l'Italia è nuovamente invasa da varie orde di barbari, colla differenza che i barbari antichi ai nostri padri toglievano beni terreni e fugaci, e i barbari moderni tentano di rapirci tesori celesti ed imperituri, quali sono la vera Religione e il Cielo, che essa ci addita e di cui ci mette al possesso.

Tutti questi eretici sono il più delle volte in contraddizione e in lotta con se stessi; ma si trovano sempre d'accordo nel combattere la Chiesa , nel denigrare il Sacerdozio , massime il Papa , e nel metterne in sospetto gli insegnamenti. Ciò vanno facendo colla diffusione di libercoli e di giornali pieni di errori, con privati discorsi, con pubbliche adunanze, con iscuole e con tutti quei mezzi di pervertimento, che una licenza sconfinata e la noncuranza del primo articolo dello Statuto loro concede. Fortunatamente essi non menano tutto quel guasto che vorrebbero; ma pur troppo riescono sempre a ingenerare dei dubbii in taluno, a creare degli indifferenti, e non di rado a fare anche degli apostati, che più non si ravvedono neppure al punto di morte. Può accadere da un .momento all'altro che qualcuno de' nostri parenti , de' nostri allievi, de' nostri parrocchiani abbia a trovarsi a contatto con siffatta gente. Per la qual cosa il pericolo è prossimo e grave, e la precauzione non è solo prudente, ma doverosa. Or bene, noi siamo d'avviso che la lettura del Cattolico nel secolo di D. Bosco sia acconcissima a prevenire ogni assalto, ad allontanare ogni pericolo, a bandire ogni inganno.

I Cooperatori e le Cooperatrici conoscono già per prova che il nostro più vivo ed unico desiderio si è di fare il maggior bene possibile ad essi , alle loro famiglie , alle loro parrocchie, a tutto il popolo, se dato ci fosse. Ora un mezzo tra i più adatti ad ottenere questo scopo si è la diffusione dei buoni libri ; e se con uno di questi riuscissimo a salvare anche un'anima sola, noi ci stimeremmo assai bene ricompensati. Ma fin d'ora abbiamo l'alta consolazione di sapere che per la lettura dei nostri libri non una, ma molte persone conservarono gelosamente nei loro cuori il prezioso dono della fede ; altre la ripigliarono dopo di averla sgraziatameute abbandonata; ed innumerevoli son quelli, che si accesero vie meglio nella pietà e nella divozione. Questo gran bene si propagherà ancora maggiormente ed accrescerà la nostra letizia, se oggi i Cooperatori e le Cooperatrici ci porgeranno la mano a spargere per ogni dove Il Cattolico nel secolo.

Ricordino essi le parole dell'Apostolo san Giovanni , che stanno scritte in capo alla 1a pagina del Bollettino : - Noi dobbiamo aiutare i fratelli a fine di cooperare alla diffusione della verità. - Sì, aiutateci , o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, e voi, per tal modo divenuti quali apostoli della divina parola, ne avrete da Dio una grande ricompensa in terra ed una. splendida corona in Cielo (1).

(1) Prezzo del volume Cent. 215.

INDICE DEL CONTENUTO.

Affinché ognuno possa avere un'idea più esatta dell'importanza ed utilità dell'annunziato volume ne diamo qui il titolo di ogni capo.

PARTE PRIMA.

Dei fondamenti della Religione Cattolica e della Chiesa di Gesù Cristo.

TRATTENIMENTO I. Dio Creatore. - Argomento metafisico. - II. Argomento fisico. - III. Argomento morale - Credenza generale dell'esistenza di Dio. -IV. Necessità di una Religione. -V. Necessità della Rivelazione. - VI. Veracità dei libri dell'antico Testamento. - VII. Divinità dei libri dell'antico Testamento. - VIII. Storia della Religione e Profezie riguardanti al Messia da Adamo fino a Davidde. - IX. Profezie e Storia della Religione da Davidde fino al Messia - X. Profezie avverate in Gesù Cristo. - XI. Il Vangelo. - XII. Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo. - XIII. Risurrezione ed Ascensione di Gesù Cristo. - Argomento certo della sua divinità. - XIV. Cenni sopra gli Ebrei. - XV. Gli Ebrei aspettano invano il Messia. - XVI. Propagazione del Cristianesimo. - XVII. Fondazione della Chiesa di Gesù Cristo. - XVIII. Capo visibile della Chiesa di Gesù Cristo. - XIX. Visibilità della Chiesa di Gesù Cristo. - XX. Caratteri della

Chiesa di Gesù Cristo. - XXI. La Chiesa Romana ha il carattere dell'Unità. - XXII. La sola Chiesa Romana è Santa. - XXIII. La sola Chiesa Romana è Cattolica. - XXIV. La sola Chiesa Romana è Apostolica. - XXV. Gerarchia ecclesiastica. - XXVI. Autorità dei Concilii.

PARTE SECONDA.

Credenze o sétte tuttora esistenti che in varii tempi si separarono dalla Chiesa Cattolica.

TRATTENIMENTO I. Il Maomettismo. - II. Scisma dei Greci. - III. Origine dei Valdesi. - IV. Continua lo stesso argomento - V. Mala fede dei ministri Valdesi. - VI. Altre prove di mala fede dei ministri Valdesi. - VII. Separazione dei Valdesi dalla Chiesa Cattolica. - VIII. Lutero. - IX. Incertezza di Lutero e suoi sentimenti intorno alla Chiesa Cattolica. - X. La Gerarchia di Martin Lutero. - XI. Calvino. - XII. Beza discepolo di Calvino. - XIII. Dello Scisma Anglicano. - XIV. Unione degli Anglicani coi Protestanti e coi Valdesi. - XV. I predicatori della Riforma non aveano missione divina. XVI. Chiesa Ortodossa di Russia.

PARTE TERZA.

Invariabilità della Dottrina Cattolica.

TRATTENIMENTO I. La Chiesa Cattolica non variò mai i dommi insegnati dagli Apostoli. - II. I Protestanti non possono indicare verun domma degli Apostoli variato dalla Chiesa Romana. - Si convincono colle confessioni degli stessi loro autori. - III. Le definizioni dommatiche, che in diversi tempi pronuncia la Chiesa Cattolica, sono semplici dichiarazioni, non già nuovi dommi della Fede. - IV. La Chiesa Cattolica non, accrebbe mai gli articoli di Fede. - V. I Protestanti rinnovarono le eresie già condannate dalla Chiesa Primitiva. - VI. Si continua il confronto dei Protestanti cogli antichi eretici. - VII. Errore fondamentale. - VIII. Vana difesa dello spirito privato. - IX. Contraddizioni. - X. Una conseguenza non voluta. - XI. Un' impudente arroganza e la Papessa Evangelica. - XII. Variazioni protestanti. - XIII. Guazzabuglio protestante. - XIV. I ministri Protestanti in un labirinto. - XV. Calunnie contro alla Chiesa Romana. - XVI. Due parole ai Ministri Protestanti. - Nota.

LA STELLA DEL MATTINO e il mese e la festa di Maria SS. Ausiliatrice.

Il fascicolo delle Letture Cattoliche del corrente aprile porta il titolo : La Stella del Mattino ossia Maria SS. Ausiliatrice nostra speranza nelle miserie della vita.

La lettura di questo libretto è molto acconcia a far concepire un'alta fiducia nella potenza e nella bontà della Regina del Cielo; e perciò raccomandiamo caldamente ai Cooperatori e Cooperatrici che se lo vogliano provvedere, se pur non vi sono associati , che lo leggano , e lo spandano eziandio tra il popolo. E questo, a parer nostro, uno dei migliori mezzi per ben onorare la Vergine Santissima, perché con esso si coopera a farla vie meglio conoscere, amare ed invocare da un maggior numero di fedeli, per ottenerne segnalati benefizi. Come una madre tutto amore pel suo figliuolo, vedendolo indebolito, desidera che a lei sen vada per essere confortato e ristorato; così Maria tutta amore per noi desidera che ne' nostri bisogni a Lei n' andiamo per aiuto e conforto. Ora, il mentovato libretto, provando ad evidenza con quanta prontezza Ella si lasci uscir di mano grazie e favori di ogni fatta non appena pregata, farà sì che molti fedeli a Lei ricorrano, e in tal modo sarà consolata la Madre, e ne avranno gran bene i figliuoli (1).

Oltre al leggere e diffondere l' annunziata operetta , raccomandiamo a tutti di celebrare con grande pietà e divozione il prossimo mese di Maggio. Niuno dei nostri Cooperatori e Cooperatrici ignora che esso è chiamato per eccellenza il mese di Maria, perché consacrato a glorificare in modo speciale e a compiacere questa eccelsa Creatura, nella quale il Signore profuse tanta bellezza, tanta innocenza e santità, che maggiore dopo Dio non può comprendersi , e niuno all'infuori di Lui può col pensiero raggiungere.

Di due sorta sono le pratiche che noi proponiamo; le une generali, le altre particolari.

La prima delle pratiche generali è di bandìre da noi e dai nostri cari il peccato mortale, ed anche il veniale deliberato ; imperocchè non si può onorare la Madre, offendendole il Figlio. - La seconda, è di pregare, lavorare, ricrearsi in unione con Maria, offrendo a Dio per mano di Lei tutte le nostre azioni. A questo effetto gioverà l'immaginarci sovente che Maria ci sia presente, ci assista, ci ascolti, ci guardi, ci aceompagni, e rivolgerle di tratto in tratto qualche giaculatoria, come sarebbe : Maria, Aiuto dei Cristiani, pregate per noi, e ciò soprattutto al battere delle ore, e nei principali eventi prosperi od avversi.

Le pratiche particolari sarebbero 1° - Udire la Messa ogni mattina e farvi la santa Comunione se è possibile ; 2° - Prendere parte alle apposite funzioni, che generalmente hanno luogo alla sera in questa o in quell'altra chiesa ; 3° - Esporre in luogo decente nella propria casa un quadro od una statuetta della Madonna, in forma di altarino, adornarlo nel miglior modo possibile , e poscia ogni sera prima o dopo cena recitarvi, in comune con tutta la famiglia , una qualche preghiera , come per es. la terza parte del Rosario, o le Litanie, o almeno 7 Ave Maria. Se in casa vi sono fanciulli o giovinette, sarebbe ottima cosa l' incaricare or l' uno or l' altro di essi di aggiustane l'altarino , e fornirlo di bei fiori. Questo ossequio, mentre tornerebbe assai gradito alla B. Vergine, gioverebbe altresì a piamente educare i teneri cuori , e per tempo indirizzarli a Lei , che quale amorosa Madre va dicendo : Si quis est parvulus veniat ad me : Chi è piccolo venga a me, e troverà vita e salute : Et inveniet vitam , et hauriet salutem a Domino.

Quest' anno il 24 di maggio , festa di Maria Ausiliatrice, cade nella solennità del Corpus Domini. Per la qual cosa siamo venuti nel pensiero di trasferirla ad altro giorno. Speriamo di poterla fissare pel 22 di maggio ; ma ne daremo la notizia certa nel prossimo numero del Bollettino.

Intanto avvertiamo che nel Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino, il mese Mariano comincierà il 21 del corrente aprile, e andrebbe a terminare il 22 di maggio. Preghiamo i Cooperatori e le Cooperatrici di Torino a volervi prendere parte insieme coi membri del nostro Istituto, affinché l'ossequio a Maria lungo il mese riesca più solenne ed accetto. A questo fine pubblichiamo qui l' orario delle funzioni, che hanno luogo nei giorni feriali e festivi.

ORARIO. MATTINO.

Ore 7 1/2 Messa colla recita del s. Rosario ed altre pie pratiche con comodità di accostarsi ai ss. Sacramenti.

SERA.

Ore 7 1/2, Canto di una lode - Breve discorso

- Benedizione col SS. Sacramento.

Nei giorni festivi le sacre funzioni della sera

cominciano alle 3 1/2.

Ogni volta che si assiste in questa Chiesa alla funzione del mattino si acquista un' indulgenza di 3 anni. Così pure si acquistano 300 giorni d'indulgenza ogni volta che si ascolta la Predica o il Catechismo colla recita dell' AVE MARIA prima e dopo. Tali indulgenze, applicabili ai fedeli defunti, furono concesse da S. S. Pio IX con decreto del 26 Febbraio 1875.

(1) Il fascicolo si vende presso la tipografia editrice di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, e alla libreria Salesiana di Torino, al prezzo di Cent. 25 la copia, e di L. 20 per ogni 100.

LETTERA DI UN COOPERATORE SALESIANO.

Fra le moltissime lettere, che andiamo ogni giorno ricevendo dagli amati nostri Cooperatori, ci sembra degna di essere conosciuta la seguente , la quale, mentre riesce a noi di consolazione e di conforto, può tornare a tutti di singolare edificazione.

San Daniele (Ripa Po), 12 febbraio 1883. M. R. SIGNORE,

L' articolo di fondo, N° 2 del corrente febbraio, del Bollettino Salesiano, ricolmò di santa indignazione l'animo mio per la profanazione, onde in cotesta città del SS. Sacramento venne e viene tuttora fatto segno il santissimo ed adorabile Nome di N. S. Gesù Cristo.

Se contassi qualche cosa vorrei inviarle una protesta contro le consumate sacrileghe enormezze ; ad ogni modo mi associo pienamente ai sentimenti espressi da cotesta onorevole Direzione, nell' eloquente articolo: Gesù Cristo nostro Dio e nostro Re. Fo plauso alle analoghe proposte che il susseguono, e mi propongo di attuarle ora ed in avvenire , per quanto le deboli mie forze e le circostanze il consentiranno.

Nel qui unito viglietto troverà indicato i giorni, nei quali celebrerò N. 50 Messe a beneficio della Chiesa in onore di S. Giovanni Evangelista eretta in Torino, e dell'altra in onore del Sacro Cuore di Gesù in Roma , applicandole secondo l' intenzione di D. Bosco.

L'idea dell'offerta suddetta vennemi, più che suggerita, inspirata in giorni, nei quali il mio divin Capo e Maestro Gesù Cristo degnavasi farmi, più che altra volta , partecipare al Calice delle amarezze portogli nel Getzemani ! Se non che, diffidando di mia debolezza, feci allora ricorso a Colei, che sotto il titolo di Maria Ausiliatrice si venera in colesto insigne Santuario, gridandole dal profondo del cuore angosciato : Miserere mihi, Domina, quoniam tribulor! Libera me et eripe me de manibus inimicorum meorum, et a persequentibus me ! Domina, non confundar, quoniam invocavi te.

La di Lei gentilezza poi, rispondendo alla mia in data del 5 giugno dello scorso anno, « per parte nostra, scrivevami, l'assicuriamo che ogni giorno all'altare di Maria Ausiliatrice si faranno dai nostri giovani speciali preghiere, secondo l'intenzione di V. S. Revma, e noi non mancheremo di ricordarla ogni giorno nel santo Sacrificio. »

Ora son lieto di averle a dichiarare , ad onor del vero ed a gloria speciale di questa Tesoriera e Dispensatrice di grazie, che il ricorso da me fatto a Lei, e più che questo, le comuni preghiere costì innalzate , ebbero il loro pieno esaudimento , come le esporrò forse in altra mia , o meglio di presenza ed a voce; giacché il debito di riconoscenza, da cui mi sento penetrato per una duplice grazia ottenuta, mi ha fatto emettere voto di pellegrinare quandochessia a codesto insigne Santuario, e quivi sull'Ara dell'Augusta mia Benefattrice offrire l'Eucaristico Sacrificio.

Le edificanti relazioni dei nostri Confratelli e Missionarii Salesiani, che di tratto in tratto si pubblicano sul Bollettino, e le quali con quanto desiderio si attendono, con altrettanta avidità si leggono, producono in me ogni volta un effetto consimile a quello, che sull'animo di Clodoveo il racconto della Passione di N. S. Gesti Cristo, fattogli un dì dal santo vescovo Remigio. Ed oh ! perché, esclamo appena finito di leggere alcuna di quelle commoventi lettere, oh ! perché non ho io un dieci, un quindici anni di meno ? Ché volerei ad associarmi a quegl'intrepidi Apostoli ed Eroi della fede ! Ah ! gradisca però il Signore, se non altro, il mio ardente desiderio, e mi conceda di cooperare un dì ad estendere il suo regno sulla terra in quel qualunque modo, che giudicasse per me più conveniente.

Con tal voto chiudo questa mia incaricandola di umiliare al veneratissimo D. Bosco i miei più rispettosi ossequii, ed interessarlo perchè voglia degnarsi di avermi qualche volta presente nelle sue preghiere.

Sia lodato Gesù Cristo Nostro Dio e nostro Re.

Resto con distinta osservanza di Sua Signoria

Devmo Umilmo Servo e Fratello in G. C.

CAPELLINI GUGLIELMO Parroco.

GESÙ NOSTRO SIGNORE E RE !

Ogni cuor pietoso sente indicibil pena all' empio strazio, che in Torino ed altrove si fa del nome adorabile di Gesù. A sfolgorare tanto delitto e ad eccitare le anime pie a ripararlo, noi nella nostra pochezza adoperammo primieramente la prosa, ed ora di buon grado ci appigliamo alla poesia, pubblicando la seguente

CANZONE.

Qual fremito di genti,

Col rumor ch'accompagna le tempeste, S'ode cupo pel ciel, sovra la terra?

E   baldanzosi e inulti,

Contro il mite Gesù anco i redenti Levan voce di guerra?

E   del Calvario l'esecrando scempio Veggio rinnovellar, odo gl'insulti Più codardi, e sfidar l'ira celeste, Con dottrine empie,con parole e sculti? Non è più Dio che regna Terribile nel cielo? Sveglia, o Signor, tuo zelo ;

E con novello esempio, Sperdi la lotta indegna, Sperdi il desir dell'empio.

Ed anche qui, nella regal Torino,

Un dì fidata sede,

Ove splendeva come sol la fede; Veggio con volto chino

Religion camminar per vie deserte,

E   chiuso in suo consiglio,

Or timoroso e inerte

Poche voci gittando, e con paura. Con vacillante piede Lo stuol de' buoni incede. Mentre d'inferno il figlio, Con beffardo parlar e senza freno, Commisto a bava impura, Empie le stolte carte Di fino inganno ed arte

D'errore, di menzogna e di veleno.

Ohimè, Signor, che sento !

Quante voci scomposte, e qual gridio ! Non è più questa la città di Dio, La terra di Gesù nel Sacramento ? Come splendevi allor Raggio di sole ! Non più scaldò così le nostre aiuole. Chè qui ti piacque un giorno in tua cleDi tua regal presenza   menza I padri consolar, celeste Manna ! Lasciarti contemplar, siccome in cielo, Senza mistico velo,

E   all'umane pupille

Cento raggi mandar, cento faville. Nelle festose vie,

E   di fiori coperte e di devoti, Sparse le turbe pie,

Tra il fumo degli incensi e tra gli osanna, Al mansueto Re levavan voti.

Dall'arcbe polverose e monumenti,

Con la croce coperti e benedetti, Alzate, o Padri, il capo venerando,

E   mirate costei, che amaste tanto ! Ahimè ! converso in pianto,

Voi l'occhio mesto qua e là mirando, Negli anelanti petti I gravidi dispetti

Dalle anime bollenti

Di patria libertà, di religione,

Invan frenate e interrogando : oh ! dite Non è costei la terra benedetta, Sospiro e invidia un dì d'ogni nazione, E per grazie infinite Tra le sorelle eletta ?

Quali serbi, o Signor, piaghe profonde, Nel tuo segreto, al reo Dell'infernal delitto ! All'empio re d'Egitto, Ch'osò stolto levarsi a Te davanti, Rompesti i rei disegni, e in mezzo alDel temuto Eritreo,   l'onde Colpito da' tuoi fulmini cadeo !

E   di cavalli e fanti

Esercito infinito il prence Assiro Invan condusse a danno d'Israele ; Chè là colpisti il regnator deliro,

E   trepido e sconfitto,

Tra gl' inni del tuo popolo fedele, Egli imparava alla smarrita gente, Come fra tutti è il Nome tuo potente.

Fin quei, che audace in tempi a noi vicini, Alzò grido di guerra alla tua Chiesa,

E   da' seggi divini,

Ove regni di gloria incoronato,

Osò dir minaccioso di rapirti, De' tuoi celesti spirti

Sentì la possa, e cadde fulminato. Sparì la lieve offesa,

Qual d'infausta cometa il breve raggio,

E   tra le penti grame

L'imper conobbe di Chi disse infame ! Di tua possa rinnova ora l'esempio, Non è minor l'oltraggio Di Te, del tuo Gesù scendi a difesa, Contro lo stolto, inverecondo ed empio.

Perché al tuo Nome, così santo e bello, All'uom che vive in terra, Al cielo, e all'angiolo rubello,

Che pur fremendo innanzi a Lui s'atMuove implacabil guerra terra, Gente venuta fuor da' regni morti ?

E   tu '1 vedi e '1 comporti ?

E   niun ti salga onore

Par di tua gloria, o dolce mio Signore?

O   genti impietosite

Di tanto sfregio al cielo : Udite, udite ! Ei vuol che dove abbonda più l'errore., Vinca la carità, vinca l'amore.

O buon Gesù, che festi

Per meritarti l'onte,

Onde carco ti fan l'anime stolte? A dolce libertà primo chiamavi Le genti nelle tenebre sepolte: Tu le catene a' schiavi,

Onde erano i mortali a Tiitti e mesti,. Hai solo infrante e tolte. Tu sulla nostra fronte L'immortale suggello Stampasti di fratello.

E   grato mondo antico,

E quel cha divinò l'Italo ardito, Sparso per ogni lito

Per Te si salutò fratello, amico ! Consecrasti le leggi, e caritade Regal figlia del ciel corse ogni proda ; Tra le fumanti spade

Di stragi e sangue, avvenga sol che s'oda Tuo Nome benedetto, E cara torna l'amistà nel petto!

Quanta per Te ne' secoli virtude Ottenne il Bel Paese ! Ancor punge di voi, O fortunati Eroi,

Alle terre d'Italia gran desio ! Come ferro s'affina sull'incude, Voi l'indole feroce, Che in core Iddio ripose,

Con pazienza tempraste ad alte cose. Chiusi nel ferro, e duri come acciari, Pel Re pregando, per la patria e Dio, L'Italiana virtù feste palese. Ed i trecento con robusta mano Un dì vide Legnano:

E   con Ferruccio poi Fiorenza bella, In torbida procella,

Di sua gloria a tutela e di sue zolle, A Signore ed a Re chiamar Ti volle. Se Genova sui mari Rese splendido il nome in ogni lido, Se prorompeva della guerra al grido Sua calda gioventù con fiera voce, Bella ai raggi del sol splendea la Croce.

A Nizza, in cor percossa,

Nella sua fede invitta, Pel Dio della vittoria,

Con la speranza ritornò la possa,

E   in Catterina salutò Giuditta. Com'eran pochi e forti, Terribili nel brando,

Di Grecia i cento alla difesa morti, Così correa alla guerra L'italo memorando

Dietro ai raggi del sol per ogni terra.

E   quando apparve lasso,

Qui la miccia apprestò, là spinse il sasso. Della pietade, del valore e gloria, Fa che risplenda ancora,

O   di giustizia Sol, l'itala aurora.

Canzon, in mezzo a gente,

Che spera, crede nel Signor e l'ama, Tu con umile mente Senza timor la sua ragion proclama.

E   a chi l'offende dispietato o rio, Tu con pietosa voce

Grida, che il buon Gesù, che un di morío, Dolente e perdonando sulla croce,

E   nostro Re, nostro Signor , e Dio !

DICHIARAZIONE

a proposito del libretto GESU CRISTO NOSTRO DIO E NOSTRO RE come segno della Comunione Pasquale.

In seguito a pubblicità, avvenute per mezzo della stampa a proposito del libretto Gesù Cristo nostro Dio e nostro Re, la Redazione del Bollettino Salesiano, a scanso di inesatte interpretazioni, crede opportuno di fare la seguente dichiarazione.

Fin dal giorno 24 di febbraio Monsignor Felice Bava, Prevosto di Casorzo nella diocesi di Casale, ci scriveva queste parole : « Lodo la diffusione del libriccino , Gesù Cristo nostro Dio e nostro Re, ed approfittando del buon prezzo a cui lo si concede ho deliberato di darlo a' miei Parrocchiani invece del solito biglietto pasquale. Desidererei perciò che portasse scritto sul frontispizio queste parole : Segno della Comunione pasquale. Me ne occorrono 1400 copie. »

Il pensiero dell' egregio Prevosto del Monferrato balenò alla mente di più altri di varie diocesi , e non solo Parrochi, ma Vescovi eziandio. Tra gli altri l' Eminentissimo signor Cardinale Luigi di Canossa, personaggio di quella pietà e dottrina, che onorano altamente la Romana Porpora, scrisse di propria mano una graziosa lettera, ordinandone ben 3000 copie collo stesso titolo e allo stesso scopo, di distribuirle cioè come Segno della Comunione pasquale nella sua cattedrale di Verona.

Consimili dimande pervenuteci da molte e diverse diocesi e da sì rispettabili ed autorevoli persone ci parvero un tratto della divina Provvidenza, che ci porgesse in tal modo propizia occasione di spandere vie maggiormente l' annunziato libretto, a fine di eccitare i fedeli ad un più vivo amore verso il Nostro Signor Gesù Cristo, in questi giorni così indegnamente vilipeso in Torino.

In vista di ciò l'ottimo giornale L' Unità Cattolica e il Bollettino Salesiano, che si diffondono per tutta Italia , giudicarono di farne cenno per norma dei Parrochi di quelle diocesi, ai quali fosse acconsentito di adottare un libretto come segno della Comunione pasquale. I due periodici, facendosi proprio il sentimento di tante pie persone , scrivevano : « In questo caso, il libriccino (Gesù Cristo nostro Dio e nostro Re) non servirebbe solo di ricordo dell'adempiuto precetto, ma farebbe ancora da maestro nelle famiglie e chi sa per quanto tempo. »

Nè ci siamo affidati solo alla nostra pia intenzione , nè alla sentenza di altri ; ma per meglio assicurarci che in pubblicare l'annunzio del libretto con quel titolo non si contravveniva alle leggi di nostra Santa Madre Chiesa, lo abbiamo presentato alla Revisione Ecclesiastica di Genova , sotto la cui giurisdizione da questa nostra tipografia di San Vincenzo de' Paoli in S. Pier d'Arena si pubblica il Bollettino ; e l' annunzio riceveva dalla Revma Curia il nulla osta.

In oltre , per maggior comodità , volendosi riprodurre nella nostra tipografia di Torino la seconda edizione del libretto medesimo, già stampato in questa di San Pier d' Arena colla permissione della Curia di Genova , fu rispettosamente sottoposto di bel nuovo all'Autorità Ecclesiastica di Torino , la quale ne dava il permesso, come pure concedeva che si potesse distribuire gratuitamente alla porta delle chiese, ciò che appunto si è fatto, in numero di ben 100 mila copie, con grande soddisfazione e del Clero e del popolo.

Se poi unitamente alla egregia Unità Cattolica si è promossa la diffusione del libretto colla scritta: Segno della Comunione pasquale, non abbiamo di certo avuta alcuna intenzione di violare disposizioni locali dell' Archidiocesi di Torino, spettanti il biglietto pasquale. Unico nostro scopo si fu di assecondare le dimande, che ci venivano fatte da varie parti d'Italia, e di appagare il più vivo desiderio del nostro cuore , facendo più largamente onorare ed amare il nostro divin Salvatore Gesù Cristo, pel quale tutti devono essere disposti non solo a soffrire contraddizioni e travagli, ma a dare eziandio la vita, qualora occorresse.

Noi pertanto pieni di rispetto e di venerazione a tutte le disposizioni dell'Autorità Ecclesiastica, e desiderosi di concorrere con tutti i buoni a riparare in qualche modo le sacrileghe offese , che si fanno in Torino al Figliuolo di Dio, dichiariamo che le copie del prefato libretto, portanti il titolo

« Segno della Comunione Pasquale » erano e sono esclusivamente riserbate per le altre diocesi ; e nel tempo stesso annunziamo ai RR. Parrochi e Sacerdoti dell'Archidiocesi Torinese che, se vogliono provvedersi dell'opuscoletto per diffonderlo tra le loro popolazioni , siamo in grado di servirli di quante copie ne desiderano, senza le parole: Segno della Comunione Pasquale.

NOTIZIE DELLA MISSIONE DI LAS PIEDRAS nella Repubblica dell'Uruguay.

Presentiamo ai Cooperatori e alle Cooperatrici una delle lettere, pervenuteci ultimamente dal suolo americano. Essa ci dà notizie della Casa di Las Piedras, ed è la seguente

Las Piedras, 10 gennaio 1883.

M. REV. E CARISSMO D. BONETTI,

Il nostro caro sig. Ispettore D. Luigi Lasagna mi ha detto che il Direttore del Bollettino Salesiano desidera qualche notizia di questa Casa, ed io mi affretto di soddisfarlo.

Noi abbiamo qui le scuole elementari pei giovanetti del paese , ed un Convitto od Ospizio, dove raccogliamo i più poveri ed abbandonati. La S. V. sa che tra noi si termina l'anno scolastico nel mese di dicembre, per ricominciarlo in febbraio. Perciò nel mese scorso ebbero luogo gli esami finali in pubblico, come qui si usa, e la Dio mercé riuscirono sì bene, che meglio non avremmo potuto bramare. Li abbiamo poscia coronati con una modesta accademia musico-letteraria, seguita dalla distribuzione dei premii, a cui intervennero tutte le Autorità del paese. A questo fine venne adornata con bandiere e tappeti la nostra sala più spaziosa, e colle ghirlande e coi fiori mandatici a profusione dai parenti degli allievi la si tramutò come in un giardino. Le civili Autorità ci offersero cortesemente la banda musicale ; onde fra i briosi concerti di questa, il canto dell'inno nazionale , la recita di dialoghi , poesie e discorsi, la festa riuscì splendidissima e a tutti gradita. Ma questo solo di passaggio.

Alla S. V. starà soprattutto a cuore l' avere notizie della nostra parrocchia , la quale pei suo vasto territorio, e pei bisogno di religiosa istruzione , è una vera Missione. Faccia conto che da Torino a Chivasso da una parte e sino ad Avigliana dall' altra non vi sia che una sola parrocchia, ed avrà una qualche idea della nostra. Tutta questa grande superficie di terreno è pianura secca , uniforme , monotona , intersecata da qualche rio, percorsa da mandre, armenti e greggie liberi e sciolti. Sorge qua e colà alcuna casetta o meglio capanna , costrutta con fango, coperta di stuoie , circondata da un pezzo di terra coltivata. Rompono la monotonia di questo quadro alcuni rari e solitarii ombù, alberi, la cui ombra è provvidenziale, ma il legno inutile. Bestie feroci non ve ne sono, ma abbondano le biscie, una delle quali tutta verde come una foglia di salice, vipere, scorpioni e ragni molto grossi. Vicino alle acque, abbondanti di pesci di ogni maniera, si trovano pure dei yacarés, che sono piccoli coccodrilli di un metro o poco più di lunghezza.

Gli abitanti sono 18 mila, parte raccolti, parte dispersi nelle campagne. I raccolti costituiscono il così detto pueblo, il quale é un gruppo di case di un solo piano il terreno, coperte di lastre di pietra, che formano altrettante terrazze, o, come dicono qui, azoteas. Sopra queste nei dì festivi s'innalzano le bandiere delle diverse nazioni , alle quali appartengono gli abitanti ; ed è bello in quei giorni guardare, dall'alto della nostra Chiesa, tutta questa selva di bandiere , quali bianco-azzurre (Uruguayana ed Argentina), quali tricolori (Francese ed Italiana), quali giallo-rosse (Spagnuola), a sventolare per ogni direzione , in segno della gioia e della pietà dei loro padroni, che dall'amore della patria non disgiungono mai quello della Religione.

La gente in generale , specialmente quella del campo, é buona ed ospitale ; ma ha molto bisogno d'istruzione religiosa. Non di rado ci accade di ammettere alla prima Comunione ragazzetti di trenta o quarant'anni, stati finora ignoranti delle cose più essenziali.

Affinché questo caso doloroso più non occorra in avvenire, abbiamo aperto l'Oratorio festivo pei giovani anche adulti, e lo coltiviamo con tutte le nostre forze. Sarebbe nostro vivo desiderio di fare altrettanto per la gente del campo aprendo Cappelle qua e colà, ma ci mancano gli aiutanti. Ah ! se avessimo alcuni Sacerdoti di più , quanto bene potremmo fare !

La nostra Chiesa è dedicata a Sant'Isidoro contadino, la cui festa cade al 15 di maggio, e viene celebrata con un religioso entusiasmo. Fin dall'alba si vedono venire per ogni direzione frotte d' uomini a cavallo , alti, nerboruti, con barba e capelli nerissimi, col poncho tradizionale sulle spalle, e accorrere al pueblo per accostarsi ai santi Sacramenti e a prendere parte alle sacre funzioni , specialmente alla processione , in cui si porta la statua del Santo. La processione non isfila a due a due come costi, ma la gente procede in massa in silenzio però, e gli uomini a capo scoperto. Precede la croce e séguita il Clero senza canto veruno; ma durante il tragitto è uno spesso scoppiare di bombe, è un continuo piovere di fiori dalle azoteas, è un tutto così animato e insieme così divoto, che diletta, intenerisce e commuove.

E quando portiamo il SS. Viatico agli infermi fuori del pueblo? - Il Sacerdote veste allora il rocchetto e la stola, si mette al collo, e, per maggior sicurezza, si cinge intorno alla vita una cordicella di seta, la quale sostiene la teca d'argento, in cui e riposta la SS. Ostia , copre il tutto con una specie di mozzetta o pellegrina rossa, poi monta a cavallo, e fiancheggiato da quattro uomini a capo scoperto anch' essi in groppa ad un destriero e recanti in mano un lanternone, galoppa talora leghe e leghe sino alla capanna.di un povero moribondo. Le parrebbe di vedere il Re, circondato da una parte del suo stato maggiore, che va a consolare qualche soldato coraggioso, caduto sul campo di battaglia. L' anno passato che vi fu l' infestazione del vaiuolo anche tra gli adulti, abbiamo fatte moltissime di queste gite , le quali , sebbene per una parte siano faticose assai, sono per l'altra consolantissime. E chi non si sentirebbe inondare il cuore di gioia, pensando di portare stretto al suo seno Colui, che porta il mondo? Sembra che lo stesso cavallo conosca la sua bella sorte; poiché in tali viaggi si mostra sì calmo, che non accadono mai accidenti disgustosi, cosa che in altre circostanze avviene abbastanza di spesso.

L'anno decorso lo stato della campagna fu molto critico. Le innumerevoli locuste mangiarono tutta l'erba, onde le vacche e i buoi, che sono la ricchezza del paese , non trovano più alimento. Che più? In questo mese di gennaio, in cui tra voi Piemontesi il freddo è sì intenso , che av fa pie le grive e vni le tignole, qui tra noi fa un calore così eccessivo , che molti campos sono come abbrustoliti. L'altro giorno il termometro centigrado dell' Osservatorio meteorologico del Collegio Pio di Villa Colon, all'ombra e alle ore 5 pomeridiane, segnava 38 gradi.

Vorrei anche dirle una parola dei temporali, che in questi paesi sono fragerosi e terribili, con gran numero di folgeri ascendenti , fenomeno bello e pauroso ; ma la mia lettera è già abbastanza lunga ed è tempo di chiuderla. Le dirò solamente che dalla metà di settembre sino ai primi di novembre abbiamo ammirato in questo bel cielo , illustrato dalla croce australe, una magnifica cometa. Essa cominciò a mostrarsi nel bel mezzodì accanto al sole, e poi di notte con una coda sterminata. Il fatto era tra noi così spettacoloso , che questi contadini temevano il finimondo , e non ci volle poca pena per tranquillarli. Sarà andata costì a far visita al « Settentrional vedovo sito ? » Se potrà scrivermi un biglietto me lo dirà, non è vero ?

Intanto Lei non si dimentichi di pregare per noi, e a nome di tutti i Salesiani Piedrileños, abbia la bontà di riverire il nostro amatissimo Don Bosco e di stampare un bacio su quelle venerate mani, che ci hanno impartito tanti benefizi e continuano a benedirci.

Saluti anche tutti gli altri carissimi Superiori e Confratelli, e Lei riceva un monte di recuerdos y homenajes dal suo

Affino e Devmo in G. C.

Sac. ANGELO PICCONO.

APERTURA DI UNA NUOVA CASA DI SUORE DI M, AUSIL, in Sicilia.

La religiosa istruzione e la buona educazione delle fanciulle fu necessaria sempre ed oggi più che mai. Dalle giovinette religiosamente istruite e saviamente educate si hanno le sacre Vergini, che formano i fiori più olezzanti nel giardino della Chiesa e la porzione più eletta del gregge di Cristo . Flos est iste ecclesiastici germinis , come già le chiamava S. Cipriano, et illustrior portio gregis Christi. Dalle buone fanciulle si hanno gli angeli visibili delle case cristiane ; da loro le madri, che allevano alla Chiesa dei figli e danno al Cielo dei Santi.

La framassoneria, che ha giurato di bandire dal mondo la Religione di Nostro Signor Gesù Cristo, oggidì nulla lascia d'intentato per impadronirsi della donna , imbeverla di false massime , corromperla nella mente e nel cuore per averla un giorno abile strumento di empietà in seno della famiglia. A riuscire in questo ignobile intento , le società sataniche cercano da una parte di allontanare la fanciulla dalla Chiesa e dalle pratiche di pietà, e dall'altra parte brigano di guastarla fin dai verdi suoi anni e nella scuola e nei convitti, con perniciose letture, con compagnie licenziose , con iscandalosi divertimenti, e non di rado con maestre e direttrici, che sono per le incaute siccome genii malefici.

Pur troppo in molti luoghi per queste arti diaboliche, per colpa di genitori malvagi o trascurati, e talora pel poco zelo delle istitutrici , le giovanette a 10, a 12, a 15 anni sono tuttavia

ignoranti delle cose più necessarie alla eterna salute, o piene il capo di vanità e frivolezze, e talvolta addottrinate già alla più fina malizia. Or da siffatte creature che bene potrà aspettarsi la famiglia, la società e la Chiesa ?

E' d'uopo adunque che le anime buone si accendano di santo ardore, e in ogni modo si adoperino per conservare intemerati questi fiori di Gesù Cristo, per tenerli lontani dall' aura pestilenziale di un mondo corrotto e corrompitore, per custodirli all'ombra del Santuario, e colle acque refrigeranti dei santi Sacramenti crescerli al Cielo. Plauso ne sia a chi conosce l'importanza di questo dovere e lo adempie secondo le sue forze.

Tra gli altri, animato da questa esimia carità e ben degno delle più alte lodi, si mostra il Reverendo Sacerdote D. Angelo Patanè, Arciprete di Nunziata presso Mascali in Sicilia. Quell' egregio ecclesiastico, nostro Cooperatore, eseguendo l' ultima volontà di un suo cugino, già suo antecessore nella parrocchia medesima, erigeva presso la Chiesa un bel fabbricato per provvedere all' insegnamento morale e scientifico delle ragazze del Comune, spendendovi del suo ben 25 mila lire. Ciò fatto, egli ne chiamava alla direzione le Suore di Maria SS. Ausiliatrice , allo scopo di aprire scuola esterna, Convitto ed Oratorio festivo, frequentato oggimai da un centinaio di giovinette.

Noi abbiamo a suo tempo ricevuto relazione della festa celebrata per la solenne inaugurazione di quell'Istituto. L'abbondanza della materia avendoci impediti di farne cenno nei passati mesi , crediamo cosa edificante darne un breve ragguaglio nel corrente (1).

La inaugurale solenne apertura venne fatta il 20 dello scorso gennaio , e la festa riuscì così bella, che il tempo , il quale tutto copre d' oblio , non varrà a cancellarne giammai , in quel paese , la cara e soave memoria.

Spuntava appena quel giorno auspicatissimo, e già il suono delle campane della Chiesa parrocchiale di Nunziata e lo sparo delle bombe, annunziando vicino il fausto avvenimento, temperava tutti i cuori a letizia.

La divota Cappella parata a festa e le grandiose camere adiacenti, sino dalle ore 8 del mattino, vennero gremite di gente. Sul centro dell'altare, tra graziosi ornamenti, sorgeva una bella statua di Maria Immacolata, che attirava gli sguardi di tutti, e tutti invitava ad amare l'augusta Madre di Dio e Madre nostra carissima.

Alle ore 10 antim. si diede principio alla sacra cerimonia. Erano presenti molte ragguardevoli persone del paese, tra le quali il signor cav. Luigi Zanghi, Sindaco di Mascali , la sua onorata famiglia ed una eletta corona di Sacerdoti. Era giorno feriale, eppure pareva di festa. Compiuta dal Molto Rev. Sig. Arciprete la benedizione della Cappella e dell'intero caseggiato, fu celebrata solennemente la prima Messa. I Figli di Maria ne eseguirono lodevolmente il canto gregoriano, accompagnati col suono del piano-forte dal P. Francesco Barbagallo, la cui sollecitudine pel buon andamento della festa è degna pur essa di particolare encomio.

Momento di dolce emozione per tutti e specialmente per le Suore fu quello della Consacrazione. Niuna poté trattenere le lagrime, pensando che il Figliuolo di Dio, il Re del Cielo e della terra, lo Sposo delle anime caste, era disceso per la prima volta tra loro, per visitarle, per benedirle e per rimanere con esse.

Finita la s. Messa, il Rev. Sac. D. Angelo Barbagallo , coadiutore parrocchiale , fece un discorsetto, che intenerì tutti gli astanti. Egli rivolse primieramente la parola al degnissimo sig. Arciprete, elogiandolo meritamente per aver intrapresa e condotta felicemente a termine un'opera, che gli aveva costato sacrifizi grandi e contrarietà innumerevoli; opera, che doveva tornare d'immenso vantaggio alla sua diletta popolazione e di ornamento a tutto il Comune. « Continua, tra le altre cose gli disse, a pregare Maria SS. Immacolata, dalla quale ricevesti l' ordine di edificare questo Collegio pel bene della gioventù ; continua ad invocarla, affinché dal suo trono di grazie sparga copiose benedizioni sopra tutte le giovanette, che qua verranno a raccogliersi. »

Dirigendo poscia il suo discorso alle Suore così l' oratore si esprimeva: « O Figlie di Maria SS. Ausiliatrice, voi che da lontani paesi siete qua venute per l'unico fine di fare del bene in mezzo di noi, deh ! non dimenticate mai che dovete santificare queste mura colla custodia della castità verginale, colla pratica della povertà e coll'esercizio della obbedienza , professate dinanzi a Dio ed ai vostri Superiori. Queste sono le tre catene d'oro, che vi tengono unite al celeste vostro Gesù. Ricordate ognora che santo è lo Sposo che avete scelto ; pura è la Madre vostra celeste ; dunque sante e pure dovete essere ancor voi. Nè trascurate le altre virtù , di cui andò fregiata Maria , voglio dire la mansuetudine , l' umiltà , la carità verso Dio e verso il prossimo, la mortificazione e la semplicità religiosa. Sovrattutto fate risplendere il buon esempio. La gente oggigiorno bada più ai fatti che non alle parole; operate dunque molto ed operate bene, servendo come di antemurale all' errore, al vizio ed al mal costume. Noi affidiamo alle amorevoli vostre cure la parte più eletta della nostra parrocchia. Educate il cuore di queste care giovanette ; istruitele nella Religion nostra, ed avrete la riconoscenza delle famiglie in sulla terra e in cielo una ricca corona di gloria. »

Il Rev. oratore conchiuse il suo gradito discorso, invitando il popolo a ringraziare Iddio , per avergli concesso il favore di una Casa di educazione , che nel presente e nell' avvenire gli sarà sorgente di benessere temporale ed eterno. Esposto quindi il SS. Sacramento e cantato il Tantum ergo in musica, s'impartì la Benedizione. Così ebbe fine la festa, che non poteva riuscire più bella e consolante.

La relazione termina con parole, che crediamo pregio dell'opera di qui riferire testualmente : - « Oh quanto bella edificazione danno mai questi Sacerdoti , tutti uniti fra di loro da formare come un cuor solo , coll' unico intento di salvare delle anime ! Non è quindi a stupire che questa divota popolazione sia loro affezionatissima , li stimi , li ami e li corrisponda. »

E noi pure dal canto nostro ci congratuliamo con quel rispettabile Clero, e ci gode l'animo di tributargli questa pubblica testimonianza di alta stima e di profonda gratitudine. E di questi nostri sentimenti vogliamo pure partecipe l'egregio sig. cav. Luigi Zanghi, Sindaco di Mascali, il quale ben sapendo che la Religione e la morale cattolica sono il più valido fattore e il. più forte sostegno della morigeratezza, del buon ordine e della prosperità di un Comune, si mostra favorevole e largo del suo appoggio a quanti si consacrano alla cristiana educazione dei figli e delle figlie del popolo, dimostrando così che si può bene accordare insieme l' onorevole uffizio di Sindaco col nobile carattere di Cattolico.

(1) Avevamo già scritte e consegnate al proto queste poche pagine, quando ci venne mandata una seconda relazione, di cui ci rincresce di non poterci più servire come vorremmo.

LA PATAGONIA e le Terre Australi del Continente Americano

PARTE III. CAPO II. Statura e conformazione fisica dei Patagoni.

La scoperta della Patagenia avvenne l'anno 1520 dell'éra volgare. I navigatori di quella prima spedizione videro in quelle terre uomini di statura più che comune ; nella loro immaginazione si figurarono più del vero. Nel ritorno dal viaggio raccontando e scrivendo le cose vedute si lasciavano portare ad esagerare un tantino. I primi ascoltatori raccontando ad altri avrebbero creduto di narrare poco di buono , se non avessero resa la cosa ancor più incredibile. Non bastando più ciò che si diceva della statura si aggiunse dei piedi a mo' d' orso , delle mani simili alle zampe del leone, della faccia di scimmia, di divoratori tali da mangiare più uno di loro che cento di noi ; veloci nel corso come una palla da schioppo ; forti da tirar da soli carri pesantissimi , capaci a portare una casa sulle spalle, a trasportar montagne : insomma non vi è stravaganza raccontata dai poeti greci e latini dei giganti antichi e dei ciclopi, che dei Patagoni non si ripetesse e non si assicurasse come di cosa al tutto accertata. V' era chi pretendeva dimostrare non discendere essi per certo da Adamo, ma essere d'una schiatta affatto diversa dalla nostra. Questi vari racconti fecero il giro d'Europa nel secolo xvi e non cessarono nel xvii. Altri poi per contrapporsi alle esagerazioni di costoro posero in dubbio ogni cosa , anzi protestarono nulla esser vero di quanto si raccontava, esser fandonie l' asserire che i Patagoni siano di statura più elevata della nostra ordinaria ; per poco non li facevano più piccoli di noi, equiparandoli ai Lapponi, e disprezzavano chiunque di loro asserisse cose comechessia più che ordinarie, tanto che gli scritti coscienziosi di alcuni viaggiatori assennati non venivano presi in considerazione, perchè di quei popoli era detta qualche straordinarietà vista co' proprii loro occhi. Ancora ai nostri giorni si sostennero esagerazioni pro e contro. E adunque importante che in uno scritto qual' è il nostro si metta la verità a questo riguardo in chiara luce, specialmente che tra le relazioni antiche di viaggiatori, che videro le cose co' loro occhi, e le esplorazioni moderne , si è potuto discernere con precisione il vero dal falso.

Nei dunque siamo qui per sostenere i tre seguenti punti

1° E falso che nella Patagonia vi siano giganti d'altezza sterminata, e sono grossolane favole quei racconti mitologici, che si volevano far credere da alcuni viaggiatori sulla conformazione del loro corpo diversa dalla nostra ;

2° E assolutamente vero che in generale la statura dei Patagoni è assai elevata , cioè generalmente parlando superiore alla nostra (Italiani, Francesi, Spagnuoli ecc.) ;

3° La tribù dei Tehuelches , la quale forma la vera razza Patagone primitiva, è anche più elevata delle altre; si può chiamare statura straordinaria, e forma in realtà la razza umana di statura più elevata che sia sulla faccia della terra.

E prima di tutto niuno è che non veda essere da mandarsi assolutamente nel numero delle favole i detti di coloro, che attribuivano a questi popoli i piedi di belve, la testa di animali, la fortezza da trasportar case o montagne e simili. Furono questi sogni di pazze immaginazioni. Anche per certo è da mettersi nel numero delle favole l' altezza sterminata di quattro, di sei o più metri, data loro da alcuni. Queste cose non furono mai sostenute da viaggiatori serii, i quali avessero viste le cose sui luoghi; nessuno poi dei viaggiatori moderni, nè dei Missionarii che si inoltrarono colà, fece pur menzione di simili cose. Sarebbe un portar vasi a Corinto o nottole ad Atene aggiungere altre parole per dimostrare false quelle asserzioni: per confutarle basta enunciarle.

Nemanco il secondo punto ha bisogno di molte parole per essere provato , perchè vi sono mille testimonianze di viaggiatori di tutti i tempi che lo confermano. Chi da Buenos Aires fa escursioni a Carmen, a Viedma, a Bahia Bianca o in qualunque altro luogo, dove si possano incontrare Indii, Patagoni e Pamperos, si può accertare facilmente co' proprii occhi della verità del nostro asserto. D'altronde la Repubblica Argentina quasi tutti gli anni fa escursioni contro gli Indii per impedire il loro depredamento : a migliaia i soldati Argentini si trovano di fronte ai selvaggi or bene, tutti sono d'accordo nell' attribuire loro gran forza e statura, superiore generalmente alla nostra. I nostri Missionari medesimi nelle molte loro esplorazioni si trovarono centinaia di volte in faccia ai selvaggi , con loro parlarono , molti ne istruirono e ne battezzarono , e ci assicurano che la statura piuttosto elevata di varii uomini robusti dei nostri paesi è tra gli Indii una cosa ordinaria. Molti viaggiatori poi ebbero campo a misurarne varii con tutta precisione , e si trova la loro statura media a m. 1,72 , mentre la media degli Europei non è che di m. 1,60 circa; di modo che si può conchiudere che certe stature, le quali per noi sono cosa rara, tra loro invece sono cosa ordinaria , e quelli che tra loro sono considerati di taglio piccolo tornerebbero tra noi le stature più ordinarie. Ma anche questo punto pare abbastanza provato , e noi non aggiungiamo altre parole , specialmente perchè quanto giova a comprovare il terzo serve di sempre maggior conferma a questo. Qui invece crediamo bene , dalle più recise e scrupolose relazioni di viaggiatóri , riferire qualche cosa della conformazione speciale della corporatura dei Patagoni.

Essi hanno generalmente testa grossa , capigliatura nera, spessa, lunga e forte, che non cade mai e raramente incanutisce ; fronte alta , rotonda e prominente; viso largo , pieno, quadro e piatto. Come tanti altri popoli, eglino ancora si strappano i peli delle ciglia e della barba appena cominciano a spuntare, cosicchè non sono mai guari barbuti. I zigomi della faccia non sono prominenti, nemmeno in età avanzata : gli occhi hanno piccoli, neri, vivaci, orizzontali; il naso corto e piatto colle narici aperte ; la bocca larga e protuberante ; le labbra grosse, che quando sono aperte lasciano vedere magnifici denti sino alla fine di una tarda età ; il mento piuttosto corto ma un poco sporgente , di modo che il profilo della fronte e del mento appare in modo, che tirando una linea perpendicolare dalla fronte alle labbra , il naso appena arriva a toccarla , mai la sorpassa. L' insieme dei loro lineamenti è piuttosto brutto , con un'aria quasi stupida ; ma nel medesimo tempo è più dolce che dispiacente, cosicchè uno si sente disposto a contrarre con loro amicizia; mentre per altro canto vi sono popoli meno brutti , alla cui aria feroce si indietreggia istintivamente. Il collo hanno muscoloso, spalle assai larghe, membra solidamente impiantate, il tronco sviluppatissimo con torace protuberante. A proporzione del tronco le loro gambe sono corte, i piedi piccoli e la loro andatura è grossolana e senza grazia.

Ma veniamo al terzo punto. E da premettere che, come si disse nel capo antecedente, i Patagoni vanno divisi in varie tribù, le quali stanno separate e per essere nomadi e sparse su regioni estesissime non hanno guari relazione le une con le altre, e conservano ciascuna le proprie abitudini. I Tehuelches popolano specialmente il sud-est della Patagonia , sebbene, per essere nomadi , se ne trovino anche nelle regioni settentrionali ed occidentali. Di questa tribù particolare intendiamo qui di parlare.

E prima di tutto è a tenere che una tradizione del Perù, molto più antica della scoperta dell'America, già diceva esistere verso il sud una schiatta d'uomini di statura assai più elevata di quella dei Peruviani. Questa tradizione ci fu conservata dallo storico Garcilaso , il quale la dice antichissima , costante, e tenuta come certa da tutti i popoli di quelle terre. Certo questa tradizione così sparsa allude a fatto reale. Ma dopo la scoperta dell'America primo storico testimonio oculare della straordinaria statura dei Patagoni è Pigafesta, compagno di viaggio di Magellano. Sebbene questo autore in molte particolarità del suo racconto sia esagerato per mancanza di cognizioni esatte , non mentisce però appositamente , e dove ha dati dice le cose come le conosce. E a questo riguardo decisivamente si esprime che esso vide molti Patagoni , e che dai viaggiatori suoi compagni furono giudicati alti dieci palmi spagnuoli (circa due metri e mezzo). Qui è da notare che i Patagoni da nessuno di quei viaggiatori furono misurati esattamente : non è a stupire che per fare la misura rotonda siasi esagerato un poco; ma certo dà un argomento credibile , che realmente gli uomini visti fossero di statura straordinaria, e che da loro non se ne fossero mai veduti dei simili.

Dopo Magellano varii tentarono quelle spiaggie. Il viaggiatore inglese Cavendish nel 1592 passò per lo stretto di Magellano e vide molti Patagoni. Riguardo alla loro statura dice positivamente che vide sulla costa due cadaveri : li misurò e constatò che avevano 14 palmi di lunghezza , il che corrisponde quasi a 3 metri. A malgrado delle sue esagerazioni sulle cose, che racconta senza averle viste, pare che dove dice d' avere egli medesimo misurato questi cadaveri meriti credenza. È poi noto che corpo morto cresce in lunghezza.

Tutti i viaggiatori del sec. xvi che percorsero il mare del sud parlano della esistenza colà d'uomini di statura straordinaria, come di una verità già nota. Il corsaro spagnuolo Larmiento vide molti Patagoni, e ne potè arrestare e condurre con sè uno , e lo dice un gigante alto tre vera , misura spagnuola che equivale circa il metro. L' inglese Haw-Kiny, il quale viaggiò molto tempo in quelle acque, ne parla in una maniera assai moderata e persuasiva ; non li misurò, perciò non ne dà l'altezza precisa, ma li dice di così alta statura, che paiono giganti.

Venendo al secolo scorso Harrington e Carman capitani di due vascelli francesi videro più centinaia di Patagoni, e descrivendoli li chiamano giganti.

Il giudizioso Freger li dice di statura straordinaria, e per confermare la sua asserzione riferisce la testimonianza di una moltitudine di navigatori anteriori a lui, e termina le sue citazioni con questa semplice e naturale riflessione : « Si può conchiudere senza leggerezza , che vi ha in questa parte d'America una nazione d'uomini di statura superiore alla nostra : varii viaggiatori esagerarono , ma se si riflette che le loro misure furono prese più per approssimazione che con rigore, si vedrà che esse hanno vera base di credibilità nell'accordarsi tutti sull'asserire assai superiore alla nostra l'altezza dei Patagoni. »

Nella relazione del viaggio del celebre ammiraglio Bayron, citato dal Malte-Brun, uomo tutt'altro che credulo, si dice che videro uomini di prodigiosa statura, che seduti erano ancora quasi alti come il loro ammiraglio.

Il luogotenente di fregata Duclos Guyot ; il capitano della Girandais e molti altri viaggiatori francesi, inglesi, spagnuoli e danesi del secolo scorso danno vani ragguagli dei Patagoni , e tutti confermano da più a meno le cose sopra dette. Nel nostro secolo poi i viaggiatori del mar del sud presero altra direzione, lasciandosi dai più lo stretto di Magellano pel capo Horn ; e per altra parte essendosi dai più antichi pressochè esaurito l'argomento, minori relazioni ci giunsero ; ma queste sono più precise e confermano le antiche. Per non accrescere il numero dclle citazioni a noi basta portare l' irrefragabile testimonianza dei generale Moreno, che nel 1874 fece una prima esplorazione e nel 1877 una seconda. Nella Patagonia egli visitò accuratamente quei luoghi, per espressa commissione del Governo Argentino. In questa seconda volta vi si fermò circa 6 mesi. Era munito di tutti quegli strumenti e aiuti necessarii somministrati dalla scienza moderna per fare ogni osservazione opportuna, ed era accompagnato da varii scienziati. Visitò molti punti della Patagonia e si fermò specialmente al Rio Santa Cruz, che perlustrò in tutta la sua lunghezza con la permanenza di più mesi : potè stringere relazione coi veri Tehuelches e trattenersi con loro famigliarmente, e tra gli altri con certo Kaikokelteish, vecchio di oltre cento anni. Ebbene, il generai Moreno nella particolareggiata relazione del suo viaggio, in due grossi volumi, attesta d'averne veduti varii alti circa due metri; e misuratine con scrupolosa precisione quattro, stabilisce la statura media dei Tehuelches a m. 1,86, e dà in questa precisa esclamazione : « Costoro davvero meritano il titolo di giganti » (1). Egli medesimo passa poi a confutare le opinioni di Musters, che pone l' altezza media dei Patagoni a m. 1,78, e quelle del celebre D' Orbigny che la pone a m. 1,73 , fàcendo vedere come questi accreditatissimi scrittori , i quali non asserivano mai niente senza aver viste le cose coi loro occhi, e calcolato con le loro misure alla mano, avevano confuso i Pamperos e gli altri Patagoni con la vera tribù dei Tehuelches.

Neppure è da supporre che sotto gli occhi del general Moreno siano capitati i Tehuelches più alti ; di modo che non meritano disprezzo le asserzioni di quei viaggiatori, che asserirono d'averne veduti degli alti quasi tre metri, sebbene in questi ultimi viaggi di quell'altezza non se ne sia misurato alcuno.

(1) Viaje à la Patagonia austral emprendido bajo los auspicios dei gobierno nacional, por Francisco P. Moreno ecc. - Buenos Aires 18S0, tomo primero , p. 376.

IL S. P. LEONE XIII E IL PELLEGRINAGGIO ITALIANO A LOURDES e ai Santuari Francesi.

Il S. P. nell'udienza del 24 dello scorso febbraio si degnava aprire i tesori della Chiesa al Pellegrinaggio a Lourdes e ad altri Santuari, concedendo a tutti quelli che vi prenderanno parte le indulgenze annesse all' imposizione della Croce , e indulgenza plenaria per la visita ad ognuno dei santuari meta del pellegrinaggio.

Inoltre , con rescritto dello stesso giorno , ha concesso ai Sacerdoti dei pellegrinaggio , debitamente approvati nelle proprie diocesi , facoltà di confessare durante il viaggio i loro compagni.

Per domanda di essere ricevuti nel Pellegrinaggio, di notizie e schiarimenti, dirigersi con lettera franca o con cartolina postale

AL Comm. G. Acquaderni,

Via Mazzini 94, in BOLOGNA.

IL CONTE D. CARLO CAYS DI GILETTA.

IV.

Nell' uffizio di Direttore, il Sac. D. Carlo Cays diede viemmeglio a divedere che lo accendeva un ardente zelo per la salute delle anime , e che se l' età aveva potuto scemargli le forze del corpo non aveagli punto diminuita la energia della volontà. Appena le scuole e l' Oratorio di Challonges furono regolarmente aperti , presero tosto a frequentarli in gran numero non solo i fanciulli del paese, ma quelli ancora di tre altri Comuni , distanti un' ora e mezzo di cammino. Avendo solamente due compagni, il Direttore doveva spesso, come si dice , cantare e portar la croce. Laonde secondo il regolamento tutti i giorni, prima della scuola del mattino , egli faceva un' ora di Catechismo ai ragazzi ; oltre ciò, siccome i giovanetti dei paesi lontani venivano all' Oratorio nel mattino e non ne ripartivano che nella sera, così ei passava più ore di ricreazione con essi per assisterli e sorvegliarli. I due Confratelli suoi compagni cercavano bensì di surrogarlo ed alleggerirgli la fatica ; ma egli qual tenero padre , amava meglio alleggerirla a loro, mettendo in pratica il detto del divin Maestro : « Chi tra voi è il più grande, sia come il più piccolo : e colui che precede sia come uno che serve : Qui major est in vobis , fiat sicut minor : et qui praecessor est, sicut ministrator. » Quindi era bello il vedere quell' amabile vegliardo trastullarsi , discorrere , faceziare coi fanciulli, raccontare esempii edificanti, e così instillare nei loro teneri cuori amore alla virtù ed abborrimento al vizio. Ogni mattino poi, anzi tutte le ore del giorno egli mostravasi pronto ad udirli in confessione , e questo esercizio del sacro ministero stavagli a cuore più che ogni altro. Alla festa teneva un acconcio sermoncino, ed ogni occasione egli coglieva di buon grado per indirizzare loro parole d' incoraggiamento ora in pubblico, ed ora in privato, istruendoli non solo, ma educandoli alle virtù religiose, morali e civili.

Nè solo nella Casa occupavasi egli da buon Sacerdote, ma estendeva il suo zelo ai fedeli ancora della Parrochia. Di ciò lasciavagli una bella testimonianza il prelodato Comm. Dupraz, il quale lodandosi del nobile Conte scriveva : - « Il Conte Cays, venerando Sacerdote, nel suo breve soggiorno a Challonges, molto contribuì al bene delle anime. Al tribunale della penitenza da lui occupato accorrevano uomini e donne , giovani e vecchi , e ne uscivano manifestando somma contentezza. » - Trovandosi il Parroco da molto tempo infermo di paralisia, il nostro D. Carlo fu in vero per quella popolazione una provvidenza del Cielo.

Ma raro è il caso che il demonio non tenti di porre ostacolo alle opere di Dio, e che o poco o molto egli non riesca nell' intento suo per la malizia di certi uomini , che si fanno suoi satelliti. Era già da qualche tempo che il nostro Confratello esercitava l' uffizio di Direttore nella Casa di Challonges, quando con grande suo rammarico si vide come soldato posto fuori del campo di battaglia. Alcuni malevoli del paese, mal tollerando che le scuole libere dell' Oratorio avessero quasi disertate quelle del municipio, presero ad osteggiarle con grande accanimento. La questione fu portata dinanzi all' autorità civile ; e siccome il Conte Cays non godeva ancora il diritto di nazionalità francese, così gli avversarii tanto dissero e tanto brigarono, che gli fecero inibire di più ingerirsi nelle scuole medesime. Al nobile uomo rincrebbe assai questa proibizione, e secondo l' intento de' suoi avversarii avrebbe dovuto chiudere l' Istituto ; ma egli, pratico già delle cose del mondo, non si diede per vinto nè si perdette d' animo. D' accordo col suo Superiore, e coll' appoggio del Commendatore Dupraz, chiamò alla reggenza delle scuole un maestro francese legalmente autorizzato, e col mezzo suo le tenne aperte sino alla fine dell' anno con molto profitto scientifico, religioso e morale dei fanciulli, e con grande consolazione delle loro famiglie.

Ma le fatiche del sacro ministero e le noie tollerate a motivo della prefata questione abbatterono il fisico dello zelante Direttore , e sconcertarono non poco la sua mal ferma salute. Per la qual cosa, ed in vista eziandio della critica posizione , cagionata dall' applicazione dei famosi decreti contro le Congregazioni religiose in Francia , terminato l' anno scolastico nell' agosto del 1880, D. Bosco lo richiamò presso di sè a Torino. Qui egli continuò per oltre due anni a mostrarsi modello di osservanza religiosa, e a lavorare con molto vantaggio delle anime, e con alta edificazione de' suoi Confratelli. Al vedere il gentiluomo, presso che settuagenario , non ritirarsi mai dal lavoro , quando trattavisi della gloria di Dio, oppure di fare l' obbedienza, era impossibile che i più giovani non si sentissero fortemente animati a sacrificare, ad esempio suo, piaceri, comodità e vita. Ogni mattino e nello stesso cuore dell'inverno, suonata l'Ave Maria, tu vedevi il degno Sacerdote con un lumicino in mano, scendere nella Chiesa di Maria Ausiliatrice, portarsi presso al confessionale assegnatogli, e colà inginocchiato attendere i penitenti. Quella vista faceva correre alla mente il buon Pastore Gesù al pozzo di Sichem, che aspettava la Samaritana e gli abitanti della città. Nei giorni di festa egli stava nel tribunale di penitenza talvolta tre ed anche quattro ore di seguito , non uscendone che per recarsi all' altare a celebrare la santa Messa, colla quale coronava le sante sue occupazioni del mattino. Nei giorni feriali poi , non essendovi si grande concorso di fedeli , egli confessava come alla spicciolata e a più riprese ; ma finito che aveva di udire questo e quell' altro, egli non si partiva tosto di là, ma ripostosi ginocchioni, se era tuttavia oscuro, riaccendeva il suo cerino e recitava il Breviario, o faceva la meditazione, o s' interteneva in pie letture, finchè altri si appressasse al confessionale. Le persone, le quali entravano in Chiesa, vedendolo in quel luogo, capivano tosto che egli attendeva dei penitenti , e , stante la comodità che loro porgevasi , accadde sovente che si accostassero alla confessione taluni, che non ne avevano da prima alcuna intenzione . Fra gli altri vi fu un negoziante , il quale assicurò di se stesso, che un mattino-d' inverno del 1882, entrato nella Chiesa di Maria Ausiliatrice, e veduto quel Prete al freddo, che aspettava gente a confessarsi, ne provò da principio un senso di ammirazione ; indi riflettendo sopra se stesso , ed accortosi che non era troppo bene con Dio, si accostò al confessionale , ed aggiustò le partite dell' anima , con grande soddisfazione del suo cuore. Chi sa quanti altri avranno fatto altrettanto, non conosciuti che da Dio solo ! Era per altro cosa singolare ! Il nostro D. Carlo e per lo studio fatto, e per la conoscenza del cuore umano riusciva un eccellente maestro di spirito ; e malgrado di ciò, la sua umiltà lo teneva ognora in angustia pel timore di non far bene. Lo zelo della salute delle anime lo spingeva da una parte, e la tema di errare lo tratteneva dall' altra ; ma la Dio mercé vinceva il primo, coadiuvato e confortato dalla voce dell' obbedienza.

Oltre l' occuparsi nell' udire assiduamente le confessioni , il buon Conte attendeva eziandio a raccogliere notizie e a tessere le biografie degli ultimi Salesiani defunti. Questa occupazione eccitavalo potentemente alla pratica delle più belle virtù, e servivagli nel tempo stesso a prepararsi viemmeglio alla morte, che si accorgeva non essergli lontana. Infatti la sua vita preziosa volgeva rapidamente al tramonto. Noi diremo in altro numero l' ultima sua malattia e la edificante sua morte.

ISTRUZIONE SULLE SANTE INDULGENZE.

Un pio scrittore osserva giustamente che avviene del tesoro delle sante indulgenze quello appunto, che succede dei tesori materiali. Quantunque siano questi talvolta molto preziosi , tuttavia il più sovente sono trascurati e dimenticati per anni e secoli. Donde ciò ? La ragione è questa, che nessuno sa dove si trovino, e quindi, non avendone cognizione, non li stima e di loro non si cura. Ma se ciascuno sapesse ove trovarli-, e ne conoscesse il valore, certamente non risparmierebbe nè fatica nè spese per farne acquisto. La medesima cosa accade per molti cristiani delle sacre indulgenze. Sono pur queste un ricchissimo spirituale tesoro; e nondimeno quanto sono pochi quelli, che cercano di guadagnarle ! E quello che duole di più si è che molti non si arricchiscono di questi spirituali tesori non tanto per ignoranza, quanto per poco conto che ne fanno. Fa piangere poi il cuore ad ogni persona dabbene il vedere come ai dì nostri alcuni cristiani si lascino ingannare da certi falsi profeti, i quali a voce e per iscritto spacciano mille empietà contro le sante indulgenze.

A fine di premunire da ogni inganno i nostri Cooperatori e le nostre Cooperatrici, e per far loro concepire la dovuta stima di queste spirituali ricchezze, crediamo utile la seguente istruzione.

Due sono gli effetti principali di qualunque peccato mortale : la privazione della grazia di Dio e la pena eterna dell'inferno : il reato di colpa e il reato di pena. Ogni peccato veniale poi, quantunque lievissimo, impedisce l'aumento della grazia e diminuisce il fervore della carità, mentre ci fa pur meritevoli di una pena temporale , la cui acerbità e durazione nessuno può estimare. Accostandoci noi colle dovute disposizioni al Sacramento della Confessione, se siamo rei di peccati mortali , in virtù di questo Sacramento, ci viene restituita la grazia di Dio e perdonata la pena eterna ; ma d'ordinario ci rimane a soddisfare moltissima pena temporale : e se i nostri peccati sono solamente veniali, ci viene accresciuta la grazia, e perdonata, secondo le nostre disposizioni, la pena temporale; ed ove ne rimanga , si dee scontare o in questa vita o nel Purgatorio.

Che colla remissione del peccato non si rimetta sempre la pena temporale è verità di fede. Sappiamo dalla Sacra Scrittura che Adamo ed Eva nostri primi padri , dopo aver ottenuto il perdono del loro peccato , dovettero ancora subire una pena temporale ; furono cacciati dal luogo di delizie, e assoggettati a innumerevoli mali. Sappiamo che Mosè fu perdonato del peccato commesso nel diffidare della bontà e fedeltà di Dio nelle sue promesse ; tuttavia Mosè dovette ancora subirne la pena temporale, la quale fu di non poter entrare, con grande suo rammarico, nella Terra Promessa. Iddio fece bensì per mezzo del profeta Natan annunziare a Davide il perdono del commesso adulterio ed omicidio ; ma ciò non di meno Davide dovette sottomettersi a pene temporali molto sensibili, come la morte del suo caro figliuolo.

S. Agostino, dando la ragione per cui Iddio stabilì di non perdonare col peccato eziandio tutta la pena, affinché, dice, non si credesse leggera la colpa, se con essa avesse finita altresì la pena. Può bensì avvenire che Iddio perdoni insieme col peccato, ancora ogni pena, il che potrebbe succedere quando si avesse dei peccati commessi una contrizione non solo perfetta , ma al tutto straordinaria , cioè il dolore d'averli commessi, concepito in virtù di un veemente amor dì Dio sopra tutte le cose. Ma di cotale contrizione sono poco frequenti gli esempi. Ora considerando quanto facilmente noi commettiamo peccati veniali, ciascuno dei quali ci fa meritevoli innanzi a Dio di pene temporali molto gravi; considerando la negligenza di fare buone opere e la scarsezza delle nostre penitenze, chi non vede l'enorme carico di pena temporale, che ci resterà da scontare? E qualora avessimo commessi peccati mortali, quanto sarebbe più terribile ancora cotesta pena anche dopo le nostre confessioni! In che modo liberarci da un sì grave peso?

La Chiesa per isgravare i fedeli in tutto od almeno in parte da un tal carico, e dalla dura necessità di dover scontare quella pena nelle fiamme del Purgatorio, nei primi secoli assoggettava i peccatori a pubbliche e gravi penitenze. Stavano nel tempo dei divini uffizi alla porta delle chiese, raccomandandosi alle preghiere dei loro fratelli che passavano, e questo per un tempo più o meno lungo, secondo il numero e la gravezza dei loro peccati. Digiunare ogni giorno e spessissimo a pane ed acqua, pregare lungamente colla faccia per terra, fare abbondanti limosine ai poveri , astenersi da ogni divertimento, erano i principali esercizi della penitenza di quei tempi. E quanto essa durava ? Quaranta, od anche cento giorni pei peccati meno gravi ; due anni pel furto , sette pel peccato disonesto, undici per lo spergiuro, quindici per l'adulterio , venti per l' omicidio, tutta la vita per l'apostasia ed altri più enormi peccati. E a tali penitenze si assoggettavano quei primi cristiani , perché avevano vivo nel cuore il desiderio della propria salute. Diminuendosi poi il fervore dei fedeli, la Chiesa madre pietosa temette che coteste penitenze allontanassero i peccatori dall'accostarsi al Sacramento della Confessione, e perciò essa mitigò il suo rigore, e stabilì che più leggiere, più facili penitenze fossero imposte , come ancora oggidì si pratica nel Sacramento della Penitenza. Ma che sono mai cotali penitenze in paragone del cumulo di pene temporali , che noi ci aumentiamo ogni dì più coi nostri peccati? Quanto tempo perciò non ci toccherebbe patire nel Purgatorio, qualora non venisse in nostro aiuto questa buona Madre la santa Chiesa? Essa non ci viene meno in tanto bisogno.

Tesoro infinito nella Chiesa.

Trovasi nella Chiesa un tesoro spirituale infinito, formato dai meriti di Gesù Cristo, di Maria Vergine e dei Santi.

E qui si ha da sapere che ogni opera buona ha un doppio valore, cioè un valore meritorio, pel quale chi la fa , merita premio presso Dio, ed un valore soddisfattorio, pel quale gli dà soddisfazione o riparazione della ingiuria fattagli col peccato. Il primo valore non si può ad altri partecipare ; ma non così il secondo, il quale si può in parte ed anche in tutto ad altri comunicare. Questo doppio valore ebbero senza dubbio le azioni di Nostro Signor Gesù Cristo, il quale con le sue opere e co' suoi patimenti si meritò in Cielo la massima gloria, e col valore soddisfattorio soddisfece per noi tutti infinitamente. Imperocchè Egli, essendo vero Dio e vero uomo, colla sua passione e colla sua morte presentò al Padre suo una soddisfazione di valore infinito ; mentre essendo innocentissimo non aveva bisogno di soddisfare alla divina giustizia per sé, ma solo per noi, che siamo peccatori. Cosicché tutto il valore soddisfattorio delle sue opere, de' suoi patimenti e della sua morte, va tutto a nostro profitto.

Anche le buone opere di Maria SS. ebbero questo doppio valore ; e siccome Essa non aveva bisogno di soddisfare per sé alla giustizia divina , perché immune da qualunque peccato e originale e attuale , così il valore soddisfattorio delle sue buone opere è un tesoro che giova a noi. Anche le opere buone dei Santi hanno un valore soddisfattorio, che supera il debito che essi avevano verso Dio per i. loro peccati, e ne rimane perciò ancora da applicare a nostro vantaggio.

Ed ecco come il valore soddisfattorio delle opere di Gesù Cristo, di Maria Vergine e dei Santi formi un tesoro infinito per la Chiesa. Passa per altro una differenza tra il valore soddisfattorio delle opere di Gesù Cristo e il valore delle opere di Maria SS. e dei Santi,ed è che il primo trae tutta la sua virtù dalla natura divina di Gesù Cristo medesimo, e il secondo prende tutta la sua virtù da-gli stessi meriti di Gesù Cristo.

Ora questo tesoro fu da Gesù Cristo consegnato alla Chiesa sua Sposa, affinché lo dispensasse fra i figli suoi, dicendo san Paolo : Iddio diede a noi il ministero di riconciliazione; e più sotto : Ci ha incaricati della parola di riconciliazione, cioè ha confidato alla Chiesa la potestà, l'uffizio di riconciliare gli uomini col Cielo in virtù dei meriti di Gesù Cristo Redentore, sia per mezzo dei santi Sacramenti, perdonando loro il peccato e la pena eterna, sia per mezzo delle indulgenze, rimettendone la pena temporale anche fuori dei Sacramenti medesimi.

Chi possa dispensare lo sante Indulgenze.

Che cosa dunque è l'indulgenza? L'indulgenza è la remissione in tutto od in parte della pena temporale, che la Chiesa fuori del Sacramento della Penitenza concede ai fedeli , loro applicando e a Dio offerendo invece una parte dei meriti di Gesù Cristo, di Maria Vergine e dei Santi.

Il Papa è l'unico dispensatore del tesoro delle indulgenze; egli però autorizza i Vescovi ed altri Prelati a concederne alcune, in più limitata misura. Che la Chiesa, ossia il Papa abbia la facoltà di concedere le indulgenze, si prova chiaramente e dalla divina Scrittura e dall'uso della Chiesa primitiva.

Di fatto Gesù stabilendo san Pietro Capo della Chiesa così gli disse : « Ti darò le chiavi del regno de' Cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà anche legato ne' Cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà anche sciolto ne' Cieli. »

Certamente con quelle parole : Tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà anche sciolto nei Cieli , Gesù Cristo ha dato a san Pietro, ed ai suoi Successori la facoltà di sciogliere , ossia di liberare i fedeli da tutto ciò, che li lega dinanzi a Dio ; dunque ha pur dato la podestà di sciogliere dalla pena temporale, la quale è ancor essa un legame, che tiene l'anima lontana da Dio per alcun tempo, ritardandone l'ingresso in Cielo; e perciò ha pur data la podestà di concederà le indulgenze, come sempre fu nella Chiesa praticato.

E di tale autorità si servì uno degli stessi Apostoli san Paolo, quando avendo imposto una grave pena ad un pubblico incestuoso di Corinto, affinchè, come egli dice, lo spirito sia salvo nel di del Signor nostro Gesù Cristo , in seguito, e prima che fosse trascorso il tempo stabilito, gli rimise il resto della pena, in riguardo degli altri fedeli e a nome di Gesù Cristo (2, Corint. II, 10.). Con ciò che altro fece l'Apostolo , se non concedergli un' indulgenza ? E di fatto in questo senso intesero questo passo di S. Paolo i padri e dottori della Chiesa, S. Giovanni Grisostomo, Teodoreto, S. Ambrogio ed altri.

Persuasi di avere questa autorità, nei primi tempi della Chiesa, quando i penitenti manifestavano grande fervore e sincera emendazione, specialmente se qualche Martire intercedeva per essi, offrendo in loro soddisfazione una parte dei proprii tormenti, i Vescovi solevano dare indulgenza, cioè rimettevano ai penitenti in tutto o in parte il resto della pena, che ancora dovevano scontare. E questo praticavasi così universalmente nella Chiesa , che i pubblici penitenti, quelli specialmente che nelle persecuzioni avevano prevaricato, quando sapevano che qualche Martire stava per essere condotto alla morte, a lui si presentavano, supplicandolo che volesse loro far parte del merito dei suoi patimenti. Avutane promessa per iscritto, portavansi dal proprio Vescovo, il quale da tutta o da una parte della rimanente pena li scioglieva. Di questa pratica sono testimonio fra gli altri Tertulliano (Tertull. lib. i, ad Martyres.) , san Cipriano (Epist. ii.) ed altri padri della Chiesa. Di più, nel Giovedì Santo la Chiesa scioglieva da ogni ulteriore pena quei fedeli, che eransi confessati sul principio della quaresima, ed avevano dati segni non rubbi della loro conversione. Sono testimoni di ciò i padri della Chiesa S. Ambrogio e S. Leone Magno. Nel Concilio generale di Nicea tenuto l'anno 325 si parlò di questa pratica e potestà di dare l' indulgenza. Difatto si stabilì che coloro, i quali fanno penitenza con vero fervore, possano ottenere indulgenza dal Vescovo ; e che invece i più negligenti debbano fare la loro penitenza per tutto il tempo prescritto. Il che non è altro, se non concedere l'indulgenza a quelli e negarla a questi (Concil. Nic. Con. 11, 12. ).

Ciò posto, è certo che la Chiesa dava questa remissione, applicando loro una parte dei meriti di Gesù Cristo e dei Santi, in modo che i fedeli rimanessero liberati dall' obbligo di scontare quella pena e in questa e nell' altra vita. Altrimenti Ella avrebbe recato un male ai fedeli in vece di un bene, avrebbe cioè impedito che essi scontassero in questa vita la loro pena temporale, per iscontarla poi negli acerbissimi tormenti del Purgatorio. Apparisce dunque chiaramente che le indulgenze non sono un'arbitraria invenzione dei Preti, come empiamente vanno dicendo ai dì nostri alcuni disgraziati. L'uso delle sacre indulgenze sale fino ai primi secoli della Chiesa, fino agli Apostoli, che da Gesù Cristo ricevettero l'autorità di concederle, e i primi cristiani mostravansi assai solleciti di farne acquisto.

Del resto il concedere le indulgenze non solo è consentaneo alla fede, ma alla sana ragione. Di fatto sogliono i re diminuire la pena ai condannati, ed anche graziarli assolutamente. I padri e le madri usano di concedere indulgenze ai figliuoli, perdonando loro i meritati castighi. Persino certi creditori si mostrano talvolta indulgenti verso i loro debitori, e condonano o tutto o in parte ingenti debiti. E se così praticano ragionevolmente i re della terra, i creditori, i padri e le madri, non è ella cosa più ragionevole ancora che a noi conceda indulgenze il Re del Cielo per mano della Chiesa, sua Sposa e nostra Madre diletta? « Non v'ha un padre di famiglia protestante , scrive il De-Maistre , che non abbia accordato qualche indulgenza, che non abbia perdonato ad un figliuolo meritevole di castigo , per l' intercessione o pei meriti di un altro figliuolo, del quale sia contento. Non v'ha Sovrano protestante, che non abbia segnato una qualche indulgenza, durante il suo regno, accordando un impiego, rimettendo o commutando una pena pei meriti dei padri , dei fratelli, dei figli, dei parenti o degli antenati. Questo principio e sì generale e naturale, che apparisce continuamente nei più piccoli atti della giustizia umana (Serate di Pietroburgo, tom. 2. Tratt. 10.).

E' pure pregio dell' opera di riferire qui le belle parole di Mons. Bonomelli, nel suo Giovane Studente. « Alla ricorrenza di certe feste, di certi anniversarii, i re trovano ragionevole condonare certe pene o commutarle, che è quanto dire, usare indulgenza ; e v'ha chi non capisce, come la Chiesa non faccia altrettanto nei giorni per essa più fausti e solenni ? Vi furono vincitori e conquistatori, che risparmiarono l'eccidio di intere città e provincie per le preghiere, per l'intercessione d' un uomo, e talvolta solo perchè erano patria d'un personaggio insigne , e non si capisce come la Chiesa possa pei meriti di Gesù Cristo , della Vergine e dei Santi , condonare la pena dovuta dai penitenti , che sono concittadini dei santi , loro fratelli, figli per adozione della Vergine , e fratelli minori per natura e per grazia di Gesù Cristo Quante volte abbiamo udito un padre, nell'atto di sgridare un figliuolo indocile e caparbio, dirgli : Se non fosse per tua madre, se non fosse pei tuoi fratelli, per le tue sorelle, t'avrei già castigato come meriti ! E per loro riguardo , che ti condono il castigo. » Ora l'indulgenza, che la Chiesa concede, in sostanza non è altra cosa fuorchè l'applicazione speciale, che Ella ci fa, dei meriti di Gesù Cristo, della Vergine e dei Santi. Che v' ha egli mai di difficile a intendersi, non già solo per un buon cristiano, ma per un uomo di senno?

Acquisto delle sante Indulgenze.

Le indulgenze altre sono plenarie , altre non plenarie ossia parziali. Coll' indulgenza plenaria si ottiene la remissione di tutta la pena temporale dovuta ai peccati già perdonati. Così che, se dopo aver acquistato realmente un'indulgenza plenaria, ci toccasse la sorte di morire, noi andremmo dirittamente al Paradiso. Lo stesso si dica delle anime del Purgatorio, qualora in loro suffragio da noi si consegua una indulgenza plenaria loro applicabile, purchè Iddio si degni di accettarla.

Le indulgenze parziali sono quelle, che si riferiscono ad un determinato numero di giorni, o di quarantene, o di anni, e colle quali si ottiene la remissione di quella quantità di pena temporale , che si conseguirebbe, compiendo la penitenza ordinata dagli antichi canoni o regolamenti penitenziali della Chiesa, per lo spazio di tal numero o di giorni o di anni. Così, per es., indulgenza di una quarantena significa la remissione della pena temporale , che sarebbesi ottenuta dinanzi a Dio col fare la penitenza canonica di quaranta giorni. Quindi non si dee già credere che l'acquistare un' indulgenza parziale per es. di un anno, di sette anni ecc., voglia dire ottenere la remissione della pena temporale, che dovrebbesi soffrire nel Purgatorio per un anno, per sette anni e via dicendo. Quello che si deve credere è, che ogni più piccola opera buona, ogni leggera penitenza, ogni pratica di divozione, esercitata in questa vita, ha per i meriti di Gesù Cristo più virtù per soddisfare alla giustizia di Dio, che non hanno i patimenti che si soffrono in Purgatorio. La ragione si è che fino a tanto che siamo su questa terra, ci troviamo in grado di meritare presso Dio , e dopo morte non siamo più capaci di meritare. Perciò non è a far maraviglia che l' acquisto anche solo di un' indulgenza parziale possa liberarci anche da molti anni di Purgatorio , durando i quali ci toccherebbe di stare colà fra i più acerbi dolori.

Le condizioni richieste per l'acquisto di qualsiasi indulgenza si possono ridurre a tre : 1° intenzione di guadagnare questa o quella indulgenza ; 2° lo stato di grazia di Dio ; 3° l'esatto adempimento delle opere prescritte per l' acquisto della indulgenza. E bene discorrere distintamente di ciascuna di queste condizioni.

Si richiede in primo luogo l' intenzione di acquistare quelle tali indulgenze. Questa intenzione non è necessario che sia attuale, cioè da aversi in quell'istante medesimo in cui si compie l'azione ; ma può bastare un'intenzione virtuale, cioè un'intenzione, che in noi continui in virtù di un'intenzione già avuta attualmente. Quindi è assai lodevole la pratica di quelle divote persone, le quali al mattino si propongono di guadagnare tutte le indulgenze, che potranno durante quel giorno. Chi facesse così, sebbene più non pensasse all'acquisto delle indulgenze, ogni volta che compie un'opera a cui qualche indulgenza è annessa, egli l' acquisterebbe egualmente, anche non riflettendovi, poichè avrebbe l'intenzione virtuale, cioè un' intenzione in lui rimasta in virtù, in forza dell'intenzione attuale avuta al mattino, di acquistare tutte le indulgenze a lui possibili. A tale effetto basta aggiungere nelle orazioni del mattino queste od altre simili parole : - Io intendo, o mio Dio, di acquistare in questo giorno tutte le indulgenze che posso per me e per le anime sante del Purgatorio. Oh ! quanti tesori noi potremmo procacciarci operando in tal modo !

In secondo luogo per acquistare le indulgenze si richiede lo stato di grazia di Dio ; perchè non si perdona la pena temporale a colui, al quale non fu ancora perdonata la colpa e la pena eterna. Perciò il peccato mortale impedisce l'acquisto di qualsiasi indulgenza. Per acquistare l' indulgenza assolutamente plenaria è necessario che nell' atto di guadagnarla l'anima sia libera da qualsiasi colpa mortale e veniale , e non mantenga affetto a verun peccato ancorchè solo veniale. Questo stato può ottenersi per mezzo di una buona confessione , o con un sincero atto di contrizione, che si faccia almeno prima di compiere l'ultima opera prescritta, e col raccomandarsi di cuore a Dio. Quegli poi , il quale è sciolto bensì da ogni peccato mortale, ma non da ogni peccato veniale, non guadagna l'indulgenza plenaria ; ma, nel fare l'ultima opera ingiunta, ottiene la remissione della pena temporale di tutti i peccati mortali e veniali , di cui è sinceramente pentito , e gli rimane da scontare soltanto la pena dovuta a quelle colpe leggiere, alle quali mantiene ancora affetto nel suo cuore. Imperocchè sino a tanto che si porta affetto a un peccato benchè solo veniale, questo non può essere perdonato ; finchè il peccato non è perdonato rimane sempre il debito di patire la pena ad esso dovuta. Pertanto chi si trova in grazia di Dio, e ama acquistare l'indulgenza affatto plenaria, faccia precedere all'ultima opera prescritta un atto di contrizione , col quale detesti non solo i peccati mortali, ma anche i veniali, e deponga ogni affetto a tutti e a ciascuno dei medesimi.

Che se taluno non sentesi pentito di tutti i peccati veniali , nulladimeno procuri di fare quanto può per godere di quell'indulgenza; perche se non la può ottenere affatto piena ne otterrà tuttavia una parte. Si aggiunga che per lucrare l'indulgenza plenaria è ordinariamente richiesta la santa Comunione ; così che e per la purità che già si richiede nell'accostarsi a questo divin Sacramento , e per l'aumento di grazia, che porta Gesù venendo ad abitare in noi, si viene ad avere tal grado di mondezza di cuore, che rimane facile il ricavare gran frutto dall'indulgenza che si acquista.

La terza condizione per guadagnare le indulgenze è lo adempimento esatto delle opere prescritte , facendole con divozione, e nel modo, nel tempo e nel luogo indicato. Se alcuna delle opere prescritte o in tutto o in parte notabile si omettesse , quantunque ciò fosse per ignoranza o negligenza incolpevole, o anche per impossibilità, non si acquisterebbe l'indulgenza. Si ponga mente a quelle parole in parte notabile , perchè se per es. uno fosse stato distratto involontariamente per qualche istante, o avesse tralasciato una piccola parte dell'opera ingiunta, non si deve supporre che non abbia acquistata l'indulgenza. Per giudicare se vi sia parte notabile o no , è d' uopo badare alla quantità delle opere prescritte, se più o meno lunghe. Così per es. nel Rosario un Pater ed Ave non forma parte notabile ; sarebbe parte notabile se per l'indulgenza si dovessero recitare soli cinque Pater ed Ave. Del resto facciamo quello che possiamo dal canto nostro, e poi mettiamo la nostra confidenza in Dio.

Alcuni Decreti.

É bene qui di notare alcuni Decreti della Sacra Congregazione delle indulgenze, relativi alla Confessione , Comunione ed orazione , essendo queste opere ben sovente prescritte per l'acquisto delle indulgenze, specialmente se plenarie.

1° In quanto alla Confessione, per quelle persone, le quali hanno il pio costume di accostarvisi una volta la settimana , tale Confessione basta per guadagnare tutte le indulgenze, che, adempiendo le altre opere prescritte, possono lucrarsi nel corso della settimana ; e ciò ancorchè talvolta per legittime ragioni non avessero potuto confessarsi in questo periodo di tempo, eccetto che cadessero in qualche peccato mortale ; nel qual caso sarebbe necessaria la Confessione. Se ne eccettua l'indulgenza del Giubileo, o in forma di Giubileo.

2° In oltre riguardo alla Confessione ed anche alla Comunione, la quale è quasi sempre richiesta per le indulgenze plenarie, si può adempiere da tutti i fedeli nel giorno, che immediatamente precede a quello, nel quale fu concessa una qualche indulgenza. Di più una sola Comunione basta per conseguire in uno stesso giorno tutte le indulgenze plenarie, sebbene per ciascuna sia prescritta la Comunione , purchè si soddisfi alle altre condizioni proprie di ciascuna indulgenza.

3° Le orazioni che si richieggono per l'acquisto delle indulgenze possono anche recitarsi alternativamente , cioè con altre persone, come si usa per es. nel recitare il Rosario, le Litanie, l'Angelus Domini ecc.

Le indulgenze siano plenarie siano parziali possono altresì essere applicate alle anime del Purgatorio, non già per modo di assoluzione, ma per modo di suffragio , cioè pregando Iddio che le voglia accettare in loro sollievo. Ma affinché le indulgenze si possano applicare ai defunti, si richiede , che esse siano concesse con la permissione di applicarle ai defunti , e che colui, il quale le guadagna, abbia l'intenzione di applicarle a quelle anime o in generale o ad alcune in particolare.

Suolsi anche raccomandare che, quando in uno stesso giorno si vogliono acquistare più indulgenze plenarie, una sola se ne applichi a se stesso, e le altre si guadagnino per le anime purganti. Questo caso succede pei Cooperatori e per le Cooperatrici , come per i Terziarii di S. Francesco d'Assisi, i quali tutti, adempiendo certe pratiche di pietà, possono lucrare ogni giorno più indulgenze plenarie. Queste indulgenze, per concessione dei Sommi Pontefici, sono tutte applicabili alle anime dei defunti.

Conclusione.

Dal sin qui detto delle sacre indulgenze si può conchiudere : 1° che l'indulgenza non dà verun privilegio di commettere peccati, come affermano impudentemente gli avversari della Chiesa. 2° Che coll'indulgenza non si ottiene la remissione di verun peccato commesso , e tanto meno di peccati futuri. 3° Che ai fedeli non è lecito di credere che coll' acquisto delle indulgenze verrebbero dispensati dal far penitenza, dal praticare buone opere, dall'emendare la vita, dal combattere le passioni e le cattive abitudini , dalla restituzione dei beni o , del buon nome ecc. 4° Che colle indulgenze altro non otteniamo, se non l'intiera o parziale remissione delle pene temporali. 3° Che esse ci devono eccitare a soddisfare alla divina giustizia quanto più possiamo, secondo le nostre forze. 6° Finalmente che esse ci stimolano a ringraziare intimamente Iddio, che, coll' inesauribile tesoro dei meriti di Gesù Cristo e de' suoi Santi, abbia somministrato alla S. Chiesa un mezzo così efficace per venire in aiuto alla nostra debolezza, per supplire a quanto manca alla propria nostra penitenza.

Qual pena non è mai per un figlio e per una figlia il vedere da lontano o da vicino il padre e la madre e non poter correre nelle sue braccia ? E chi potrà dire l'ambascia di un'anima cristiana, allorquando sciolta dai vincoli del corpo e presentatasi dinanzi a Cristo giudice sentirassi impedita di slanciarsi tosto nel suo seno , e vedrassi costretta non solo ad allontanarsi da lui; ma a starsene chi sa per quanto tempo nelle fiamme di un fuoco divoratore, simile a quello dell'inferno ? Oh! allora quale desolazione, quale rincrescimento non le sarà l' aver trascurato di acquistare quelle indulgenze, che l' avrebbero fatta degna di entrare subitamente nel consorzio dei Beati ! - Cooperatori e Cooperatrici , pensiamoci mentre siamo in tempo , ed approfittiamo ogni giorno delle sante indulgenze , affinchè alla fine del presente pellegrinaggio l' anima nostra quale candida colomba libera e sciolta se ne voli dirittamente alla patria celeste.

DISPOSIZIONE PONTIFICIA PER L'ASSOLUZIONE E BENEDIZIONE AI REGOLARI di qualsivoglia Ordine ed ai loro Terziarii.

Tra i favori spirituali concessi dai Sommi Pontefici ai Terziarii di San Francesco di Assisi, e da Pio IX di S. M. comunicati ai Cooperatori Salesiani , si annovera l' Assoluzione colla indulgenza plenaria in punto di morte , la Benedizione colla stessa Indulgenza nelle. feste principali di nostro Signore, della Beatissima Vergine e di alcuni Santi e Sante, e in tutti i giorni della Settimana Santa ; e infine la Benedizione Papale colla Indulgenza medesima alcune volte all' anno. Per impartire queste Assoluzioni e Benedizioni usavansi formole diverse, secondo la diversità delle famiglie religiose.

Or bene , in data del giorno 7 di luglio dello scorso anno 1882, il Santo Padre Leone XIII approvò quanto aveva decretato in proposito la Congregazione dei Sacri Riti, e stabilì per tutti gli Ordini religiosi e loro Terziarii queste tre cose

1° Per l'Assoluzione in articolo di morte si ritenga la formola prescritta nella Costituzione di Benedetto XIV, Pia Mater, aggiungendo solo al Confiteor il nome del Santo Fondatore, che per noi è S. Francesco;

2° La Benedizione Papale si dia colla formola approvata nella Costituzione del medesimo Benedetto XIV, Exemplis praedecessorum, ma non s' impartisca se non due volte all'anno , e non mai nel medesimo giorno e nel medesimo luogo, dove la imparte il Vescovo;

3° Nell'Assoluzione generale pei Regolari di qualsiasi Ordine, gaudenti di questo privilegio, e nella Benedizione colla Indulgenza plenaria pei Terziaria secolari, sì adoperino le due formule appositamente proposte ed approvate , essendo affatto soppresse tutte le altre per lo addietro usitate.

Crediamo ben fatto di qui riferire la formola della Benedizione colla Indulgenza plenaria da potersi impartire e lucrare nelle feste e nei giorni, notati nel Regolamento, ad uso di quei Sacerdoti, ' i quali a richiesta dei loro penitenti Terziarii o Cooperatori dovessero darla o nel Confessionale o fuori del medesimo. Questa Benedizione s' imparte nei giorni suddetti, invece dell' Assoluzione generale già in uso.

FORMOLA

Della Benedizione coll' Indulgenza plenaria pei Terziarii secolari e per tutti quelli, che hanno la Comunicazione dei privilegi e dei favori coi medesimi, o coi Regolari di qualsivoglia Ordine.

Antiph. - Intret oratio mea in conspectu tuo, Domine ; inclina aurem tuam ad preces nostras ; parce, Domine, parce populo tuo, quem redemisti Sanguine tuo pretioso , ne in aeternum irascaris nobis.

Kyrie eleison. - Christe eleison. - Kyrie eleison. - Pater noster.

V). Et ne nos inducas in tentationem. R). Sed libera nos a malo. V). Salvos fac servos tuos. R). Deus meus, sperantes in te.

V) Mitte eis, Domine, auxilium de sancto. R). Et de Sion tuere eos. V). Esto eis, Domine, turris fortitudinis. R) A facie inimici.

V). Nihil proficiat inimicus in nobis.

R). Et filius iniquitatis non apponat nocere nobis. V) Domine, exaudi orationem meam. R). Et clamor meus ad te veniat. V). Dominus vobiscum.

R). Et cum spiritu tuo.

Oremus.

Deus, cui proprium est misereri semper et parere : suscipe deprecationem nostram ; ut nos, et omnes famulos tuos , quos delictorum catena constringit, miseratio tuae pietatis clementer absolvat.

Exaudi, quaesumus Domine , supplicum preces, et confitentium tibi parce peccatis : ut pariter nobis indulgentiam tribuas benignus et pacem.

Ineffabilem nobis, Domine, misericordiam tuam clementer ostende : ut simul nos et a peccatis omnibus exuas , et a poenis , quas pro his meremur, eripias.

Deus, qui culpa offenderis, poenitentia placaris: preces populi tui supplicantis propitius respice ; et flagella tuae iracundiae, quae pro peccatis nostris meremur , averte. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

Dettosi di poi il Confiteor etc. Misereatur etc. Indulgentiam etc., il Sacerdote prosegue

Domimus Noster Jesus Christus, qui Beato Petro Apostolo dedit potestatem ligandi atque solvendi, ille vos absolvat ab omni vinculo delictorum , ut habeatis vitam aeternam, et vivatis in saecula saeculorum . Amen.

Per sacratissimam Passionem et Mortem Domìni Nostri Jesu Christi ; precibus et meritis

Beatissimae semper Virginis Mariae , Beatorum Apostolorum Petri et Pauli, Beati Patris Nostri Francisci, et omnium Sanctorum auctoritate a Summis Pontificibus mihi concessa , plenariam Indulgentiam omnium peccatorum vestrorum vobis impertior. In nomine Patris † et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Se questa Indulgenza si darà immediatamente dopo la Sacramentale Assoluzione, omesse le altre Orazioni, il Sacerdote cominci dalle parole Dominus Noster Jesus Christus etc.... e così prosegua sino alla fine, sostituendo solo al plurale il singolare.

INDULGENZE SPECIALI pei Cooperatori Salesiani.

Per concessione pontificia in data del 9 di maggio 1876 ogni Cooperatore ed ogni Cooperatrice può guadagnare tutte le Indulgenze dei Terziarii di S. Francesco di Assisi , tanto plenarie quanto parziali.

Fra le altre può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno , da applicarsi alle anime del Purgatorio , recitando la terza parte del Rosario avanti al SS. Sacramento od innanzi all' immagine dei Crocifisso o della Beata Vergine, coll'aggiunta di 5 Pater , Ave e Gloria.

Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.

Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno , mediante la recita di sei Pater , Ave e Gloria , secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste Indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo, senza bisogno di Confessione e di Comunione.

Oltre a queste , un' altra plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche Chiesa od Oratorio pubblico , pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

Si ricorda ad ognuno che una sola Indulgenza plenaria applichi a se stesso in ciascun giorno ; e le altre si acquistino per le anime purganti.

Mese di Maggio.

1. Santi Apostoli Filippo e Giacomo.

3. Ascensione di N. S. Gesù Cristo.

6. S. Giovanni Apostolo avanti la Porta Latina. 13. Solennità di Pentecoste. 14. S. Pasquale Baylon. 18. S. Felice da Cantalice. 20. S. Bernardino da Siena.

- Festa di Maria SS. Ausiliaitrice. Indulgenza plenaria visitando il suo Santuario in Torino. 24. Solennità del Corpus Domini. 28. S. Ferdinando re di Castiglia. 31. S. Angela Merici.

MORTE DI MONS. LORENZO GASTALDI ARCIV, DI TORINO,

Era già composto il presente N° del Bollettino, quando ci giunse una infausta notizia, la quale ci obbliga di vestire a lutto quest'ultima pagina del periodico.

Il giorno di Pasqua, 25 dello scorso marzo, giorno che ricordava la gloriosa Risurrezione e il trionfo di Nostro Signor Gesù Cristo, giorno di allegrezza e di gaudio, riusciva quest'anno di dolore e di mestizia per la città ed Archidiocesì di Torino. Nelle prime ore della grande Solennità, mentre i fedeli circondavano la Sacra Mensa per la Comunione Pasquale, e in ognì chiesa o si recitava o si cantava l'Alleluja e l'antifona Haec dies, quam fecit Dominus, exultemus et laetemur in ea, il Revmo Arcivescovo, Mons. Lorenzo Gastaldi, veniva colpito da subitaneo e violento malore, che poco dopo lo rendeva cadavere, obbligando i Sacerdoti ed i fedeli ad unire le lugubri note della morte ai canti giulivi della risurrezione e della vita.

Levatosi dì buon mattino, il Revmo Prelato verso le sei ore fecesi portare in camera dell'acqua, con cui, per rafforzare il corpo, soleva prendere un bagno, specialmente nei giorni dì faticose funzioni; e in questa operazione prestavasi egli stesso ogni servizio. Presso alle ore otto e mezzo, vedendo che egli non usciva ne chiamava alcuno, il domestico cominciò ad essere inquieto. Entrò allora nella stanza, ed ahi! vede il povero Arcivescovo, giacente a terra, fuori dei sensi e col rantolo dell' agonia. Chiamati ed accorsì i famigliari, lo sollevarono e adagiarono sul letto. Era ancor vivo, ma prìvo di parola e di cognizione, che più non riacquistò. Gli si amministrò con tutta premura la Estrema Unzione, e gli s'impartì la Benedizìone papale. Alle ore 10 di quel mattino il compianto Arcivescovo dovea recarsi alla Metropolitana per cantar la Messa pontificale, e dare al popolo la Benedizione papale colla indulgenza plenaria, come era stato annunziato con un Avviso sacro sui giornali; ed in vece in quell'ora medesima egli veniva chiamato alla eternità. Solenne lezione per tutti a stare preparati; poichè la morte non rispetta nè piccoli nè grandi.

Mons. Lorenzo Gastaldi era nato in Torino il 18 di marzo 1815, e quindi aveva compiuto da pochi giorni gli anni 68 dell'età sua.

La morte di Mons. Lorenzo Gastaldi ci tornò assai dolorosa pel modo con cui è avvenuta ; dolorosa soprattutto pel bene che Egli ci fece sin dai primordii del nostro Istituto. In vero Egli pregiava cotanto l' Opera degli Oratorii, che nel giornale Il Conciliatore ne fece i più alti elogi, come notammo a suo luogo nella Storia dell' Oratorio. Nè questa stima ci diminuì, quando nel 1850 entrava nella Congregazione dei Rosminiani; neppur gli venne meno nella lunga dimora , che Ei fece in Inghilterra ; imperocchè nell' anno 1862, essendo uscito dalla detta Congregazione e ritornato in Torino, il Teologo e Canonico Gastaldi continuò a mostrarsi verso di noi benevolo ed affezionato quanto altri mai. Egli predicava volentierì ai giovani dell' Oratorio, dava lezione di sacra eloquenza ai Chierici, faceva scuola di teologia ai Maestri, preparava all'esame di confessione i Sacerdoti novelli, dava esercizi spirituali, scriveva operette per le nostre Letture Cattoliche, distribuiva limosine e pel mantenimento dei giovani ricoverati e per la erezione del Santuario di M. Ausiliatrice; Egli era insomma per D. Bosco quale un amico ed un fratello, come la egregia sua genitrice era pei nostri giovanetti una seconda madre.

In vista della riputazìone, che questo illustre Ecclesiastico meritamente godeva, d' uomo zelante della salute delle anime; in vista soprattutto della esimia carità e del vivo interesse, che mostrava per la gloria di Dio, l'immortale Pontefice Pio IX di Santa Memoria, il 27 marzo, del 1867, lo nominava Vescovo di Saluzzo, e il 27 ottobre del 1871 lo trasferiva all'Arcivescovado di Torino.

E' impossibile passare a rassegna in un periodico mensile tutte le opere di carità e di religione, compiute dal defunto Prelato; ma possiamo riportare l'elogio, che ne fece il Rev mo Canonico Alessandro Vogliotti, Arcidiacono della Metropolitana Torinese, ed ora Vicario Capitolare, nella lettera con cui dava ai Parrochi dell' Archidiocesi la notizia della grave perdita del loro Pastore. - « Non fu lunga, Egli scrive, la sua carriera pastorale, ma ricca di tante virtuose azioni e feconda di sì copiosi frutti, che ben gli meritano un distinto seggio nella serie dei Presuli Torinesi, fra i quali, se forse non può dirsi unico per la pietà, zelo e dottrina, si deve però, senza dubbio, riguardare come una singolare gloria dell'Episcopato Subalpìno ed un dono speciale, fatto dalla divina Provvidenza a questa Archidiocesi ».

Il compianto Arcivescovo cooperò in varie guise a vantaggio nostro, come la storia dirà a suo tempo ; perciò lo raccomandiamo alle comuni preghiere, e ci sarebbe assai caro che venisse applicata in sollievo dell'anima sua la prima indulgenza, che si potrà acquistare.