BS 1910s|1917|Bollettino Salesiano Luglio 1917

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO

ANNO XLI - N. 7   1 LUGLIO 1917

SOMMARIO

La Causa di Beatificazione di Don Bosco - Prezioso documento.

Per la cara memoria di Don Rua - L'Em.mo Card. Maffi a Don Albera.

Per un po' di propaganda nostra - Il programma dei Cooperatori Salesiani.

Contro l'analfabetismo.

L'arrivo di Mons. Marenco a Costarica.

Che cosa ha fatto il Papa durante la guerra?

Cooperatori esemplari: Mons. Giov. Battista Scotti - Domenico Tonini.

Il Cacico „ Maior ": Pagine intime della prima Colonia fondata dai Missionari Salesiani fra i " Bororo " - Lettera del missionario Don Antonio Colbacchini. -Il Culto di Maria Ausiliatrice: Pel 24 corrente - Notizie varie -- Grazie e graziati.

Note e Corrispondenze: Il nuovo Direttore Generale delle Scuole Salesiane - In onore del Beato Giuseppe Benedetto Cottolengo - Per gli Orfani di guerra: Roma

Notizie varie.

Esercizi Spirituali pei Cooperatori Salesiani - Necrologio e Cooperatori defunti.

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE - VIA COTTOLENGO, 32.- TORINO

La Causa di Beatificazione di Don Bosco

IL 24 corrente compiono dieci anni, che Papa Pio X, di venerata memoria, firmava di propria mano il decreto per l'introduzione della « Causa » di Beatificazione e Canonizzazìone del Venerabile Servo di Dio, DON GIOVANNI Bosco, Fondatore della Pia Società Salesiana. Sia benedetto il Signore per il lavoro compiuto in questo decennio ! Si è infatti iniziato e felicemente condotto a compimento - nella Vener. Curia Arcivescovile di Torino - il Processo così detto Apostolico, i cui Atti saranno quanto prima trascritti e recati .alla Sacra Congregazione dei Riti per essere esaminati.

Ci è caro ricordare questa data unicamente per chiedere aì lettorì una fervida prece quotidiana pel buon esito della « Causa », cioè perchè il Signore l'assìsta nel lungo progressivo svolgìmento, dissipando ogni difficoltà che può sorgere nel cammìno, e le affretti l'atteso trionfo finale.

Fin dal 189o, cioè dall'anno che l'Em.mo. Card. Gaetano Alimonda, Arcivescovo di Torinoi coll'unanime consenso dell'Episcopato Piemontese accolse l'umile ìstanza di Don Rua, di v. m., d'iniziare il Processo informativo, o dell'ordinario, sulla vita, virtù e miracoli del Servo di Dio, DON GIOVANNI Bosco, in tutte le Case della Pia . Società Salesiana e dell'Istituto delle Figlie di Marìa Ausiliatrice si cominciarono speciali preghiere quotidiane per invocare l'assistenza e le benedizioni del Signore su questa per noi ìmportantissima « Causa ». La dìsposizione, emanata dall'indimenticabile Don Rua, si osserva tuttora relìgiosamente. Ebbene, si uniscano a noi nella preghiera i buoni Cooperatori e le pie e le zelanti Cooperatrici; potremo meglio sperare che alla «Causa » di Don Bosco arrida presto l'esito più felice, quale è nel desiderio di tutti coloro, che avendo conosciuto e compreso il Venerabile ne ammirarono la vita e lo spirito, e lo sorressero nel suo apostolato. Perchè noi siamo convinti, che la Beatificazione di D. Bosco non potrà fare a meno di suscitar in mezzo al Clero e nelle famiglie cristiane maggior amore e maggior zelo per l'educazione cristiana della gioventù; e l'affrettare un tal giorno è subordinato senza dubbio alle più vive e insistenti preghiere della Famiglia Salesiana.

Come pensare altrimenti ? Se Don Bosco, in vita, noti cercò altro che la gloria di Dio e la salvezza delle anime, che altro potrà ispirare la sua immagine, cinta dell'aureola dei beati?

Rammentiamo il plauso che si sollevò dieci anni or sono, per l'introduzione della « Causa » di Beatificazione. Basti un rìcordo. Come in altre illustri città, anche ai Bologna presìedette l'adunanza commemorativa quell'Arcivescovo, il quale - come allora pubblicammo con parole dell'Avvenire d'Italia« pose fine alla cara festa con serene e buone parole paterne, piane così da essere da tutti intese, dolci così da entrare in ogni cuore. Ricordò come si fanno molti Congressi e troppe Commemorazioni, ma non bisogna lamentarsene quando riguardano persone così degne e così utili all'umanità, come Don Bosco ». - « Noi oggi - egli disse - abbiamo rivista la figura di questo cavaliere della carità, e abbiamo goduto una vera soddisfazione intellettuale. Ma non basta. Bisogna non cessare dal coadiuvarne l'Opera». E dichiarando che tutta la benevolenza del Cardinale Svampa era passata nel suo successore, si dìceva di lui più fortunato in una cosa: « Il Cardinale Svampa, - esclamava il nuovo Arcivescovo - aveva vagheggiato il giorno in cui Don Bosco fosse elevato all'onore degli altari : ed io spero davvero di celebrare il giorno della sua Beatificazione. Allora non si faranno più commemorazioni : ma cominceranno i panegirici ».

Che l'ispirato augurio si compia !... Doni davvero il Signore a Giacomo Della Chiesa - già Arcivescovo di Bologna e ora Papa Benedetto XV - di glorificare Don Bosco, col decretargli l'onore dei Beati.

Un altro ricordo, che è quanto mai opportuno in questa occasione, sono le parole che l'Em.mo Card. Vives, Ponente della « Causa » di Don Bosco, proferiva il giorno stesso che il Santo Pontefice Pio X aveva firmato il decreto dell'introduzione della « Causa ». Esse sono registrate in questo

PREZIOSO DOCUMENTO.

Roma, 25 luglio 1907.

REV.MO ED AMATISSIMO SIG. D. RUA,

Dai precedenti telegrammi Ella conosce la favorevole discussione della S. Congregazione de' Riti martedì, e l'approvazione amplissima del S. Padre ieri mattina, mercoledì. Lo stesso Segretario Mons. Panici ce ne recava la notizia sul mezzogiorno; appena cioè il Card. Cretoni, Prefetto della Congregazione, ritornava dall'udienza pontificia. Alcune ore dopo l'Em.mo Vives y Tuto, Ponente della Causa, degnavasi di venire di persona a farcene le più cordiali congratulazioni, sicchè stamane mi tenni in obbligo di recarmi a ringraziarlo per la degnazione avuta e per la benevolenza mostrataci.

Non potrei certamente riferirle, amatissimo Padre, il calore d'affezione e di devozione con cui l'Em.mo Vives prese a parlarmi di Don Bosco, della Congregazione, e di Don Rua; mi pare però di far bene riferendole la sostanza di quel colloquio.

Alle mie parole di ringraziamento per la visita: « Io non venni soltanto per rallegrarmi colla Congregazione - aggiunse subito - ma per raccogliermi a pregare nel tempio da Lui costrutto al Sacro Cuore, e in quel tempio raccomandarmi a Lui come a celeste Patrono. Sono felicissimo di aver dovuto studiare a fondo la vita di Don Bosco, perchè ho potuto conoscere che egli fu un gran Santo! Già, quando si vede una Congregazione che fa veramente bene (e tale è sicuramente la loro), si può sempre dire con ragione: In fondo e alla radice vi è sicuramente un Santo. Ma io l'ho toccato con mano in questi giorni studiando la vita di Don Bosco, loro Fondatore. Celesti carismi, sicchè si potrebbe dire che Iddio, quasi in un cinematografo continuo gli manifestasse il futuro della sua Congregazione, dei suoi figli ed alunni... (E qui mi accennò varii fatti, come quell'abbassarsi il berretto sulla fronte che facevano alcuni pel timore che Don Bosco leggesse sulla loro fronte i loro peccati, e quella mirabile istoria di Mons. Cagliero). Ma oltre ai celesti carismi, che tesori di virtù! Un amore alla Madonna che eguaglia quello dei più grandi santi, un amore alla Passione che gli soffocava il petto, le virtù religiose tutte in grado perfetto; e, qual contrassegno infallibile di santità, era straordinario nell'ordinario, sicchè nulla trapelava all'esterno nella sua vita comune.

» Veda, ho studiato assai la vita di Don Bosco, e la sua figura mi appare sempre più provvidenziale. La notte di lunedì passato, all'una e mezzo, io stava ancora studiando per la discussione di martedì mattina: vi erano otto Cardinali: riuscì favorevolissima; e creda che l'introdursi la Causa di beatificazione a soli 19 anni dalla morte, con una vita che ha rapporti con tanti, è già prodigioso.

» Scriva al signor Don Rua che faccia dare ogni possibile pubblicità al Decreto, che se ne affiggano copia nelle Chiese tutte della Congregazione; che facciano conoscere bene il tenore del Decreto a tutti i Salesiani, a tutti gli alunni, a tutti i Cooperatori, ed anche alle persone del mondo per mezzo della stampa. È una notizia che interessa il mondo intero e che deve apportare grazie straordinarie a tutti, secondo il proprio stato; ed io per me, concludeva piamente il Cardinale, mi sono eletto Don Bosco a mio patrono speciale ».

E qui, amatissimo signor Don Rua, la sua modestia mi permetta di aggiungere altre cose che l'Em.mo Vives mi comunicava affettuosamente:

«Studiando Don Bosco, ho imparato a stimare di più Don Rua; ho visto la speciale Provvidenza di Dio a riguardo di lui, nel chiamarlo per primo, nel prepararlo, nel fargli seguire passo passo Don Bosco, perchè fosse un altro Don Bosco. E Don Rua ha tali rapporti intimi a Don Bosco che può dirsi: una reliquia vivente di Don Bosco! Oh, scriva scriva a Don Rua che, se prima io gli voleva bene (ed egli lo sa che glie ne volevo) adesso gliene voglio ancora di più, perchè studiando la vita di Don Bosco, ho visto quali rapporti egli abbia col nuovo Venerabile Servo di Dio.

» Se mai D. Rua venisse in stato di non poter più far nulla, non importa, basta la sua presenza, lo tengano sempre in mezzo e in capo a loro, perchè egli è la reliquia vivente di Don Bosco. Gli dica che in compenso di quel poco che ho fatto per la causa di Don Bosco, mi inseriva in modo speciale fra i Cooperatori, poichè tale voglio sempre essere per la Congregazione del mio patrono Don Bosco! »

Questa è la sostanza del colloquio avuto coll'Em.mo Ponente, che mi lasciò l'animo ripieno di allegrezza spirituale, meno freddo nel desiderio d'imitare le virtù del nostro Fondatore.

Perdoni se fui prolisso; mi raccomandi Lei a Don Bosco...

Umil.mo e aff.mo come figlio DON CONELLI.

Per la cara memoria di DON RUA.

Dal riferito documento i lettori vedono con quale e quanto affetto fossero già uniti nello stesso slancio di ammirazione - nel cuore del pio e dotto Card. Vives - il Ven. Don Bosco e il suo I° Successore Don Rua. Oggi, noi dobbiamo aggiungere che eguale è l'opinione ripetutamente manifestata da altri eminenti personaggi del Clero e dal Laicato nel I° settennio trascorso dalla morte di Don Rua.

Ci contentiamo di riferire ciò che scrisse, già due anni or sono,

l'Em.mo Card. Maffi a Don Albera.

Ill.mo e Rev.mo Sig. Rettore,

Ho considerato come grazia l'invito della Congregazione per l'elogio funebre a D. Rua al S. Cuore in Roma, e terminandolo, non poteva non dire ciò che io profondamente sentiva, e ciò che tutti sentivano, che anche tra le gramaglie di un feretro potevamo divinare la gloria e lo splendore di un altare. Nessuno certo voleva antivenire i giudizi della S. Chiesa nè pretendere di vedere più in là che a pupille umane fosse concesso: tutti però desideravamo di manifestare ciò che nel fondo di tutti i cuori palpitava. Quel sentimento non si è venuto affiievolendo, tutt'altro, ed io sento farsi ogni dì più vivo in me il ricordo delle parole e della figura, ancora più delle parole eloquente e mirabilmente edificante, del compianto Estinto, e mi sono domandato: - E s'è iniziato qualche cosa per Lui?

Questa domanda ardisco affidare a chi di Don Rua ' così bene ha ereditato il cuore e desidera custodirne e crescerne la eredità. Preziosissima eredità lo stesso D. Rua, nella sua vita, nelle sue virtù, sulle quali è pur da far fiorire una grande corona, io spero la somma delle corone, che, colle mani della sua Chiesa, il Signore dà alle somme virtù. Che gaudio per me, se tra pochi anni potessi ritornare a Torino per tributare ad altri quello che già mi fu grazia fare per il Venerabile D. Bosco! Ce lo conceda l'Ausiliatrice !

Con affettuoso ossequio mi protesto,

Pisa, 9 aprile 1915,

Suo Devot.mo

P. CARD. MAFFI Arcivescovo di Pisa.

Noi - per poter meglio assecondare tali inviti - rinnoviamo viva preghiera ai sigg.ri Cooperatori e alle sigg.re Cooperatrici che han personalmente conosciuto il venerato DON RUA di sempre cara memoria, e che vivo di Lui serbano il ricordo Per qualche fatto o detto altamente edificante che gioverebbe a illustrare la sua mirabile figura di « Sacerdote » e « Successore del Ven. Don Bosco », di notificare quanto credono di esporre, con cortese sollecitudine, al Rev.mo Sig. D. Paolo Albera, Superiore dei Salesiani, Via Cottolengo, n. 32 - Torino.

TESORO SPIRITUALE

Indulgenza plenaria dal 10 luglio al 10 agosto

1) il 16 luglio, festa della Madonna del Carmine. 2) il 6 agosto, testa della Trasfigurazione di N. S. G. C.

PER UN PO' DI PROPAGANDA NOSTRA.

Il programma dei Cooperatori Salesiani

Avviene di frequente che il Bollettino Salesiano vada in mano di persone che non conoscono nè D. Bosco, nè l'Unione dei Cooperatori Salesiani. Non è quindi buona cosa pubblicare, a quando a quando, una o due pagine d'istruzione e di propaganda nostra al duplice scopo: - d'istruire sempre meglio i Cooperatori e suscitarne dei nuovi?

A noi sembra di si ! Ci aiutino nella buona idea i lettori.

Il Venerabile Don Giovanni Bosco (n. 1815 + 1888) fu un umile prete torinese, che si consacrò interamente all'educazione cristiana dei figli del popolo e all'assistenza dei più poveri ed abbandonati.

Le Opere da lui intraprese (Oratorii festivi e giardini di ricreazione Scuole diurne e serali - Ospizi e collegi - Missioni estere - Assistenza agli emigrati) sono continuate da due istituti da lui fondati: i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, sostenuti e sorretti da una terza associazione, i Cooperatori Salesiani.

Dapprima «COOPERATORI SALESIANI» furono detti da Don Bosco tutti i suoi collaboratori e quanti favorivano in qualunque modo le Opere Salesiane: e tale è il significato che questo nome ha pur comunemente oggidi.

In seguito Don Bosco formò anche l'accennata Pia Unione dei Cooperatori determinando, in regolamento apposito, il loro programma di azione, che egli disse un vincolo con cui i cattolici, che lo desiderano (si notino bene le parole che lo desiderano, non è un obbligo imposto a tutti quelli che sono detti comunemente Cooperatori), possono associarsi ai Salesiani e LAVORARE con norme comuni e stabili, affinchè stabili e invariabili si conservino lo scopo e la pratica tradizionale dell'azione salesiana.

In tal modo i Cooperatori Salesiani vennero a costituire « come un terz'ordine che differisce alquanto da quello dei Francescani e dei Domenicani. Questi (sono parole di Don Bosco) hanno per fine di promuovere lo spirito di pietà tra coloro che vivono nel secolo, mentre i Cooperatori Salesiani si propongono, (si ponga attenzione alle parole), per massima fondamentale, di ESERCITARE OPERE DI CARITÀ per giovare al buon costume ed alla civile società, dirigendo le loro speciali sollecitudini in favore dei fanciulli poveri ed abbandonati. »

I Cooperatori Salesiani, che vogliono quindi corrispondere appieno all'ideale di Don Bosco, sono zelanti cristiani che lavorano a vantaggio del prossimo, collo stesso spirito con cui lavorano i Salesiani: in breve sono altrettanti Salesiani pur rimanendo nelle famiglie.

Infatti, dichiara Don Bosco, « ai Cooperatori Salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di S. Francesco di Sales, cui intendono associarsi».

Ora qual è questa messe?... quali i doveri dei Cooperatori Salesiani?

Ecco, nei suoi particolari, come Don Bosco delinea il loro programma, che è un mirabile programma di azione.

I) Il primo compito, che Don Bosco affida e raccomanda ai Cooperatori è un lavoro di propaganda religiosa, che si direbbe di coltura insieme e di dissodamento: « Promuovere novene, tridui, esercizi spirituali e catechismi, soprattutto in quei luoghi dove si manca di mezzi materiali e morali ». Quanta carità e quanto zelo in queste ultime parole!

II) Quando si lavora alacremente, in qualunque campo, non tardano a spuntare i primi fiori e a maturare i primi frutti. E i Cooperatori Salesiani, fatto il primo lavoro di coltura e di dissodamento, « prenderanno cura speciale » delle piante più promettenti, cioè « dei giovanetti, e anche degli adulti, che, forniti delle necessarie qualità morali e di attitudine allo studio, dessero indizio di essere chiamati allo stato ecclesiastico ».

Ciò è cosa di somma importanza sempre, ma specialmente ora, perchè «in questi tempi si fa gravemente sentire la penuria di vocazioni allo stato ecclesiastico ». Dare alla Chiesa molti preti e buoni preti fu il supremo ideale di Don Bosco. L'Opera di Maria Ausiliatrice tende appunto a questo scopo.

III) Un'altra impresa, in più vasto e difficile campo e di una necessità ogni dì crescente, affidata allo zelo prudente dei Cooperatori Salesiani, è « l'opporre la buona stampa alla stampa irreligiosa, mercè la diffusione di buoni libri, di pagelle, foglietti, stampati di qualunque genere, in quei luoghi e fra quelle famiglie cui paia prudente di farlo ». Il Cooperatore Salesiano, giova rilevarlo, sull'esempio di Don Bosco deve unire allo zelo più attivo la prudenza del serpente e la semplicità della colomba.

IV) Viene finalmente un'altra opera che Don Bosco, sino alla morte, raccomandò alle speciali sollecitudini dei Cooperatori: « La carità verso i fanciulli pericolanti. Raccoglierli, istruirli nella fede, avviarli alle sacre funzioni, consigliarli nei pericoli, condurli dove possono essere istruiti nella religione, sono altra messe dei Cooperatori Salesiani. »

Esposto nei detti punti il programma, Don Bosco aggiunge due dichiarazioni: con una facilita a molti la soddisfazione di essere Cooperatori Salesiani, coll'altra allarga del doppio il campo della cooperazione.

Prima dichiarazione: - Chi non fosse in grado di compiere alcuna di quelle opere (delle quattro sopraccennate) per sè, potrebbe farlo per mezzo d'altri, come sarebbe animare un parente, un amico a volerle prestare. Ecco, in vero, un modo facilissimo di cooperazione, quasi sempre fruttuoso. Chi può conoscere tutto il bene che può fare una sola buona parola?

Seconda dichiarazione: - Tutto quello che si raccomanda pei fanciulli pericolanti, si propone eziandio per le ragazze che si trovano in pari condizioni. Ecco un altro campo, vastissimo, affidato particolarmente allo zelo delle Cooperatrici.

Il programma lasciato da Don Bosco ai Cooperatori Salesiani è dunque un programma eminentemente operoso e pratico, in conformità all'accennata loro denominazione: « I Cooperatori Salesiani si propongono, per massima fondamentale, di esercitare opere di carità ». Solo dopo di aver tracciato, come s'è detto, quale deve essere siffatto esercizio di carità, su cui si fonda la Cooperazione Salesiana, Don Bosco scende ad accennare, con brevissime parole, due altre forme di cooperazione: la preghiera e l'elemosina.

« Si può cooperare, egli dice, (si noti la parola « si può »; anche questa è vera cooperazione), si può cooperare colla preghiera e col somministrare mezzi materiali, dove ve ne fosse mestieri, ad esempio dei fedeli primitivi, che portavano le loro sostanze ai piedi degli apostoli, affìnchè se ne servissero a favore delle vedove, degli orfani e per altri gravi bisogni. » Pregare perchè il Signore benedica le Opere cui attendono i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice; e cooperare coll'elemosina al loro quotidiano sostentamento e, se è possibile, ad uno sviluppo maggiore.

Ma la prima forma di Cooperazione Salesiana che se in programma massimo è Possibile a pochi, in programma medio o minimo è possibile a tutti - è l'azione: cioè ESERCITARE OPERE DI CARITÀ a vantaggio del prossimo, specie dei fanciulli.

Non è supremamente bello, perchè diffusivo e universale come la carità di Gesù Cristo, questo programma ?

Nella sua evangelica semplicità e nell'intima sua bellezza cristiana va cercata la causa per cui, valicando ogni confine, esso ha intimamente affrattellate, nel giro di pochi anni, migliaia di persone in ogni parte della terra.

CONTRO L'ANALFABETISMO.

La Camera dei Rappresentanti e il Senato degli Stati Uniti hanno approvato - sul principio di quest'anno - il « Literary Test », in forza di cui restano esclusi dagli Stati Uniti tutti gli stranieri che non sappiano leggere e scrivere in inglese o in qualunque altro idioma o dialetto dei paesi da cui provengono. In altre parole, in virtù della nuova legge, tutti gli analfabeti, sebbene desiderosi di migliorare con l'onesto lavoro le proprie condizioni materiali `morali e intellettuali, troveranno chiusi allo sbarco i porti degli stati Uniti.

È la seconda volta che dalle Camere è approvata questa legge ed « è a sperare - notava il -Progresso Italo-Americano del 31 gennaio u. s., - che M.r Wilson agirà con lo stesso ottimo criterio della prima volta e veti la legge. Leggi simili furono rigettate da altri Presidenti al corrente del dannoso effetto che questo esperimento di lettura avrebbe avuto sulla immigrazione desiderabile.

» L'analfabetismo non deve essere confuso con l'ignoranza. V'è un vecchio assioma che dice che le cognizioni intellettuali non sono prova di virtù. Molti dei più pericolosi individui sotto di intelletto acuto ed istruito, ma di morale depravata. L'ordinario analfabeta è vigoroso ed ha una mente capace di sviluppo. Se gli Stati Uniti avessero rifiutati questi analfabeti al principio del nostro Governo, il nostro paese avrebbe perduto il beneficio delle loro virtù, la loro laboriosità, il loro spirito intraprendente. Ed i discendenti di questi antenati fanno onore ai loro padri, e sono un attivo per la nostra Nazione ».

Fin qui il giornale americano.

Checchè sia dell'approvazione o meno del Presidente della nobile Repubblica, sta il fatto che, anche respinta nuovamente oggi, l'accennata legge, può essere approvata definitivamente domani e colpire gratti parte degli emigranti del mezzodì della nostra Penisola. Crediamo quindi opportuno -per parte nostra - richiamare l'attenzione dei nostri Cooperatori sulla raccomandazione fatta dal III° Congresso Salesiano, tenutosi nel 1903, per combattere l'analfabetismo.

Ecco il voto del Congresso:

«Considerando che l'analfabetismo in Italia, sopratutto in alcune regioni, è purtroppo ancora notevolmente diffuso; - che a danno degli analfabeti si aggiunge che essi si vedono preclusa la via non solo a considerevoli diritti civili, ma anche all'emigrazione in alcuni dei più importanti Stati, quali ad esempio gli Stati Uniti del Nord-America

il Congresso: plaude ai Figli di Don Bosco che anche di recente aprirono specialmente nell'Italia meridionale ed in Sicilia, nuove scuole serali per analfabeti adulti; - e raccomanda che tale esempio sia largamente favorito ed imitato presso le scuole, i circoli cattolici, le parrocchie, ovunque insomma, vedendosene il bisogno, si possa con qualche sacrifizio compiere un'opera cotanto caritatevole ».

Se ciò non è urgente oggi, lo diverrà estremamente domani, dopo la guerra, e conviene provvedere a tempo,

L'arrivo di Mons. Marenco a Costarica

Sia benedetto il Signore! Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giovanni Marenco, già Vescovo di Massa Carrara e ora Internunzio Apostolico al Centro America, è giunto felicemente in residenza.

Ci scrivono da S. Josè di Costarica, in data 6 maggio 1917

Il 19 dello scorso mese giunse fra noi l'Ecc.mo e Rev.mo Mons. Giovanni Marenco, della Pia Società Salesiana, Arcivescovo titolare di Edessa e nuovo Internunzio Apostolico presso le Repubbliche del Centro-America.

Monsignore era partito da Barcellona il 17 marzo, non appena giunse in quel porto il vapore « Emanuele Calvò » destinato a salpare per il Centro America. Il viaggio fu felicissimo: il capitano aveva avuto ordine dal Presidente della Transatlantica, Marchese De Comillas, d'innalzare bandiera pontificia qualora avesse incontrato, nella sua rotta, navi da guerra o sottomarini, ma non ve ne fu bisogno, perchè la navigazione, durata trentatre giorni, si compì senza alcun incidente. Il 18 aprile il Rappresentante Pontificio giungeva felicemente a Colón nella Republica di Panamà, da dove, la mattina seguente, con altro battello di una compagnia di New-York approdava a Puetro Limón, nella Repubblica di Costa Rica.

A Puerto Limón trovavansi ad incontrare l'Internunzio i RR.mi Vescovi Antonio Monestel, Vescovo tit. di Sora, Coadiutore con successione dell'Arcivescovo di Tegucigalpa, e Claudio Volio, Vescovo di S. Rosa de Capàn, nell'Honduras, con i Superiori delle Scuole Religiose della Repubblica. Erano pure a ricevere Monsignore due Rappresentanti, uno del Presidente della Repubblica e l'altro del Ministro degli Esteri, vari sacerdoti e signori, tra i quali alcuni Deputati al Parlamento. Dopo una festosa accoglienza al Rappresentante Pontificio, salirono con esso nella vettura ferroviaria presidenziale e in un'altra vettura messa a disposizione dal Governo. Durante il viaggio venne, a cura del Governo stesso, offerta una colazione.

Dopo circa tre ore di viaggio, a mezza strada erano ad attendere. l'Internunzio il Rev.mo Mons. Giovanni Gaspare Stork, Vescovo di S. Giuseppe di Costarica, col rev. D. Valentino Nalio, Segretario della Internunziatura, ed altri sacerdoti e distinti laici che si unirono alla comitiva. In tutte le stazioni del percorso erano numerose persone accorse per salutare il Rappresentante del Santo Padre, specialmente in quella di Cartago, seconda città della Repubblica, ove era accorso in folla il popolo coi RR. Parroci e con i rappresentanti degli Istituti religiosi locali. Veramente imponente fu poi la folla che si accalcava alla stazione di S. Josè, Capitale della Repubblica, dove il Segretario particolare di S. E. il Presidente porte il saluto di questo all'Internunzio, che salito in carrozza, seguita da altre nelle quali presero posto gli altri della comitiva, fu accompagnato alla Cattedrale.

Quivi Monsignore rivolse al folto popolo alcune belle parole, esprimendo l'ammirazione provata nel mettere piede su quella terra per le sue bellezze naturali e per la fertilità del suolo, ma soprattutto la grata impressione in lui prodotta dalla squisita cortesia dimostratagli dalle autorità e dal popolo, manifestando a tutti la sua profonda gratitudine per tali accoglienze, nelle quali era lieto di ravvisare un omaggio reso alla Persona augusta del Santo Padre, il Sommo Pontefice Benedetto XV, che egli ha l'onore di rappresentare presso le Repubbliche dell'America Centrale, verso le quali Sua Santità nutre particolare affetto. Terminava dicendo che il Santo Padre lo aveva incaricato di portare ad essi l'Apostolica Benedizione, augurando che questa fosse apportatrice di prosperità per la Chiesa e per la nazione di Costarica. Dicevasi, per ultimo, lieto di compiere un gradito dovere portando loro l'affettuoso saluto di un loro grande amico, l'Em.mo Cagliero, il quale, pur dimorando in Roma, ove è lustro e decoro del Sacro Collegio, è sempre unito col cuore al Centro-America, ove ha lasciato tanti cari amici, che esso mai non dimentica.

Impartiva quindi la Benedizione Apostolica a none del Santo Padre e veniva poi cantato il Te Deum, terminato il quale, Monsignore fu dai predetti signori accompagnato alla Residenza della Internunziatura.

Nei giorni seguenti ebbero luogo le visite fatte al Rappresentante Pontificio da cospicui personaggi e Capi di Istituti e di Associazioni, nelle quali tutti fecero a gara nel dimostrare il loro vivo interessamento e la loro filiale premura per le notizie del Santo Padre, mostrando di partecipare alle pene del paterno Suo cuore in questi tristi momenti.

Il giorno 26 aprile l'Internunzio, accompagnato dal Segretario, recavasi ad ossequiare il Ministro degli Esteri, signor Carlo Lara, che in carrozza lo accompagnava alla Residenza presidenziale e lo presentava al Presidente della Repubblica, signor Generale Federico Tinoco.

Il giorno 2 maggio ebbe luogo la cerimonia uciale della presentazione delle Lettere Credenziali che si svolse col consueto cerimoniale solenne. Monsignore non nascose la grande soddisfazione che sentiva nel compiere quell'atto. Inviato dall'Apostolo della Pace, nel momento di una conflagrazione mondiale, esso provava una immensa soddisfazione, pari a quella di chi sfugge da un incendio, nel vedersi unito a questa nazione che ha saputo distinguersi per il suo civismo e per il suo tradizionale amore alla pace. Aggiungeva che il Santo Padre, suo Augusto Sovrano, ama teneramente questa terra e s'interessa vivamente per questo popolo così profondamente religioso, e desidera contribuire, nella sfera della sua azione ai nobili sforzi dei suoi Governanti per il progresso nazionale. Uno dei più grandi fattori del progresso delle nazioni è la pace religiosa che Costarica ha sempre saputo altamente apprezzare, mantenendo una benevola armonia che, non può dubitarsene, risplenderà una volta di più nella Carta Fondamentale che attualmente si sta elaborando. Diceva pure che della benevolenza del Governo e della corrispondenza del popolo è testimonianza gratissima alla Santa Sede, ed il Sommo Pontefice gli ha dato incarico di manifestarlo, la donazione che il Congresso della Repubblica con voto unanime ha fatto di un'area sulla quale, con il concorso generoso del popolo, una Commissione di ragguardevoli cittadini, con legale autorizzazione e con a capo il venerato Pastore della Diocesi, sta costruendo una degnissima residenza pel Rappresentante Pontificio. Terminava dicendo che volendo annoverarsi fra i grandi amici di Costarica, come lo è stato il suo predecessore, l'ora Em.mo Cardinal Cagliero, e l'Incaricato d'affari, il benemerito D. Valentino Nalio, attuale Segretario dell'Internunziatura, invocava da Sua Eccellenza e dagli uomini illustri che lo assistono nel Governo della Repubblica speciale appoggio per riuscire nel compimento della sua missione, il cui principale oggetto si è di consolidare le cordiali relazioni felicemente esistenti fra il Governo e la Santa Sede, contribuendo per tal guisa efficacemente al progresso di questa Nazione, per la cui prosperità esprimeva i suoi più fervidi voti, come per la personale prosperità dell'Ecc.mo Signor Presidente.

Il Presidente rispondeva che nel ricevere dalle sue mani le Lettere che lo accreditano come Internunzio di Sua Santità in questa Repubblica, gli era grato dargli a nome del Governo e del popolo costarichense un cordiale benvenuto in questo soggiorno di pace e di lavoro, ove lo spirito, religioso degli abitanti e le inalterabili tradizioni di rispetto e considerazione reciproca dello Stato e della Chiesa, mantengono una effettiva e feconda armonia fra i Poteri civili ed ecclesiastici, ciò che, senza alcun dubbio, ha contribuito per lunghi anni al benessere comune, ed il cui effetto riconosciuto permette di augurare per il futuro la stabilità di questo regime di pacifica convivenza che tanto efficace appare nell'opera del nostro miglioramento e della nostra felicità sociale.

« Questo concetto, osservava il Presidente, circa il buon accordo che è stato sempre caratteristico fra la potestà temporale e la spirituale in Costarica, e circa gli indubitabili benefici che ha prodotto in un lungo periodo della nostra esistenza politica, vi dice che il Governo che presiedo vi presterà speciale e deferente appoggio per il compimento della vostra importante Missione, desideroso com'è di consolidare le cordiali e sincere relazioni che felicemente lo uniscono alla Santa Sede ».

Soggiungeva che il suo Augusto Sovrano, il Sommo Pontefice Benedetto XV, aveva grandemente onorato la Repubblica incaricando una persona dei suoi meriti e delle sue virtù di rappresentarlo presso questo Governo, che conserva grato ricordo della illuminata opera diplomatica dell'Em.mo Cardinal Cagliero e dell'Incaricato d'Affari il Rev. D. Nalio, e lo pregava di far pervenire al Santo Padre l'espressione dei sentimenti che lo animano, insieme con i fervidi voti per la prosperità della S. Sede e della Santità Sua, ai quali aggiungeva quelli, per la felicità personale del suo degno Rappresentante.

L'Internunzio venne invitato a celebrare il solenne Pontificale nella Cattedrale il giorno 29 aprile, festa titolare della Città. Dopo la sacra funzione venne offerto dal Vescovo diocesano all'Eccellentissimo Internunzio un banchetto, al quale intervenne la parte più autorevole del Clero della Capitale, e al termine del quale Monsignor Marenco pronunziò un importante discorso, a cui rispose con nobilissime parole il nostro Vescovo, Monsignor Stork.

Tutti i giornali del paese si sono largamente occupati di questi avvenimenti, esprimendo sensi della più affettuosa deferenza verso la Santa Sede ed il Sommo Pontefice.

Che cosa ha fatto il Papa durante la guerra ?

Volete sapere, in poche parole, ciò che ha fatto il Papa durante la guerra ?

1. Il Papa ha condannato la barbarie, la crudeltà, l'ingiustizia, la distruzione dei monumenti, i mezzi micidiali della guerra.

2. Il Papa ha ottenuto la liberazione dei prigionieri inetti alla guerra.

3. Il Papa ha ottenuto la commutazione della pena di morte in quella di carcere a tanfi condannati.

4. Il Papa ha mandato soccorsi ai pio duramente provati dalla guerra, ai belgi, polacchi, ecc.

5. Il Papa ha ottenuto la cessazione della persecuzione turca contro gli armeni.

6. Il Papa ha conseguito che i prigionieri civili fossero condotti nella Svizzera neutrale, dove ricevono un trattamento più umano.

8. Il Papa ha condannato la ingiusta violazione del Belgio.

8. Il Papa ha fatto sentire la sua voce presso la Germania e l'Austria, perchè nei bombardamenti terrestri ed aerei vengano risparmiati i monumenti d'arte, le chiese e le persone non combattenti.

9. Il Papa sta lavorando anche per il vettovagliamento dei paesi occupati dai tedeschi. Questo, e tant'altro ancora, ha fatto il Papa!

COOPERATORI ESEMPLARI

Mons. Giov. Batt. Scotti.

Nacque a Bolsena il 9 marzo 1832, morì ad Osimo (Marche) il 5 dicembre 1916. Da natura aveva avuto tempra robustissima, mente sveglia, volontà ferrea e palpiti di cuor nobile per sentimento squisito di pietà e cristiana carità, che crebbero in lui colla freschezza di due cespi di fiori, destinati ad inghirlandare la sua vita e ad ornare il suo sepolcro.

Giovane sacerdote si recò a Torino per scongiurare personalmente la soppressione del patrio Seminario presso il Ministro Cavour, e divenne amico ed ammiratore del Ven. Don Bosco, di cui studiò e ricopiò lo spirito, istituendo nella natia diocesi circoli giovanili, ed escogitando opere di beneficenza per gl'infermi e i derelitti. Quante lagrime ha rasciugate il sac. D. Giovanni Battista Scotti, quante miserie egli ha sollevate nell'intimo delle famiglie, colla sola ricompensa della gioia segreta d'una carità compiuta. V'è chi attesta che egli si trovò più volte ridotto all'impossibilità assoluta di provvedere ai propri più urgenti bisogni per aver tutto elargito, e che allora faceva cogli amici del buon umore e dello scherzo.

Fare il bene per il bene, esercitare la carità multiforme secondo lo spirito del Vangelo fu il programma che si propose; ed al bene ed alla carità sacrificò anche il forte ingegno, che, applicato agli studi per i quali aveva particolari attitudini, lo avrebbe reso un insigne matematico ed un illustre letterato.

In vista di tali meriti Papa Leone XIII lo nominò suo Cameriere Segreto, e nel Concistoro del io novembre 1884 l'elevava alla dignità Vescovile (insieme col nostro amatissimo Mons. Cagliero, oggi Cardinale di S. R. C.) destinandolo allora alle Diocesi di Cagli e Pergola, trasferendolo in seguito alle Sedi di Osimo e Cingoli qual successore dell'Em.mo Card. Mauri.

Messo in più vasto campo, Mons. Scotti lo corse tutto con parola infuocata di apostolo e con azione cristiana vivificatrice, ispirata a saggezza, soavità e costanza; e il popolo suo lo comprese, lo ammirò, e lo amò sentitamente. Nel predicare esercizi e sacre missioni egli era insuperabile.

E insieme fu sempre apostolo di carità. Fu la carità, ad esempio, che in una delle più crude invernate lo mosse ad aprire nel suo stesso palazzo vescovile un ricovero ed un ristoro per i poveri della Diocesi, e gli fece allargare la mano ad elargire volenterosamente per l'erezione del patrio Ospedale.

Colpito da lenta paralisi, il santo Vescovo si vide pressochè inabile all'esercizio del suo ministero ma sempre amato dal suo popolo, che, anche dopo la sua morte, non mancò d'attestargli profonda gratitudine.

« Egli - scrisse un giornale ultra-democratico - seppe raccogliere intorno alla sua persona il rispetto che è da chiunque dovuto al vero sacerdote, di alti sentimenti religiosi, nel senso più mistico e nobile della parola, al filantropo pieno di cristiana bontà. Ed è con questo rispetto e con questo invidiabile ricordo di sè che Mons. Scotti ha chiuso la sua vita, giustamente rimpianto dalla intera cittadinanza. »

Domenico Tonini.

Un altro Cooperatore esemplare è Domenico Tonini « umilissimo nome (come diceva l'on. Longinotti sulla sua bara) che un giornale, domani, forse ripeterà per l'ultima volta, ma che i nostri cuori custodiranno tra le memorie più care».

Chi fu Domenico Tonini?

Un piccolo e modesto uomo che meriterebbe di essere segnalato come esempio a tutti i cattolici d'azione, anche se collocati, socialmente parlando, più in alto di lui.

Umile calzolaio, riuscito poi col suo lavoro e i suoi risparmi a farsi una discreta condizione d'agiatezza, tempra adamantina, cuore esuberante e generoso, fibra d'acciaio in ogni lotta che richiedesse per il bene la sua opera, intelligenza di limitata coltura ma di grande equilibrio, anima piena di rettitudine e di bontà, Domenico Tonini fu per Inzino e, si può dire, per tutta la Valtrompia, il granello di senape di tutte, le opere cattolicosociali e di propaganda, e operò da solo tanto bene quanto appena ne avrebbero potuto compiere parecchi, anche se armati di zelo e di buona volontà.

Amico e propagatore instancabile della stampa cattolica di cui fu munificente benefattore, azionista del Cittadino di Brescia » fino dai suoi primi giorni di vita, fu l'iniziatore e fondatore instancabile della Società Operaia di M. S. nella valle, del locale comitato parrocchiale, della sezione giovanile, e di quante altre opere buone sorsero ad Inzino da quarant'anni a questa parte. Ma prima di essere cattolico militante nel senso della parola, egli fu cristiano convinto, pio e virtuoso, largo benefattore della chiesa, cooperatore zelante della dottrina cristiana, soccorritore generoso dei poveri, esempio di pietà per l'assiduità alle sacre funzioni e la comunione quotidiana.

Onesto e intelligente amministratore, fu sindaco del paese dal 1892 fino a pochi anni fa, nominato prima dalla autorità governativa, poi ininterrottamente dal Consiglio Comunale, che lo circondava di stima e di affetto come un vero benefattore di tutta la popolazione.

Morì santamente, lasciando in eredità a tutti i cattolici, in particolar modo ai compaesani e ai nostri Cooperatori, il tesoro inestimabile dei suoi esempi di rettitudine e bontà, di amore sincero e operoso al proprio paese, e di attaccamento alla Chiesa e al Romano Pontefice.

LETTERE DEI MISSIONARI

MATTO GROSSO (BRASILE).

N. d. R. - Dopo il lungo silenzio in cui ci tenevano i nostri Missionari del Matto Grosso, nel mese scorso ci pervennero contemporaneamente quattro lunghe relazioni, che nel diminuito numero di pagine del periodico non riusciremo a pubblicare entro l'anno corrente.

Tre di esse si riferiscono agli anni 1915 e 1916. Questa del carissimo Don Colbacchini - cui diano la precedenza - è senza dubbio una delle più belle pagine di quella Missione ed una splendida prova del trionfo. della grazia nei cuori anche più selvaggi.

IL CACICO « MAJOR ».

Pagine intime della prima Colonia fondata dai Missionari Salesiani fra i Bororos,,.

(Lettera del Sac. Antonio Colbaccliini). Colonia S. Cuore di Gesù, 19-III-I7. REVEREND.MO E AMAT.MO SIG. D. ALBERA,

Ancor vivo è nella memoria di molti il ricordo delle gesta sanguinarie dei selvaggi e Bororo » sulle rive del maestoso fiume Araguaya e del San Laurenço e sulla strada commerciale e telegrafica che unisce ad oriente la capitale del Matto Grosso, Cuiabà, colla capitale dello Stato di Goyaz, e S. Paolo e Rio de Yaneiro. Non son passati molti anni, che essi erano il terrore di questi luoghi, già perse stessi selvaggi, inospitali e deserti. Scorazzavano, depredavano, gettando ovunque la morte e lo sterminio.

Dolorose rimembranze - Come si ordivano e compivano i massacri. - I discorsi del Cacico. - Il cacico " Major".

Era la sete di vendetta che li spingeva e che volevano saziare col sangue, e le vittime cadevano sotto l'avvelenata punta delle loro frecce, e si moltiplicavano le croci sull'orlo della strada, sulle rive dei fiumi, nei cortili delle case derubate ed incendiate. Come belve, questi poveri selvaggi, nascosti, rintanati nelle oscure ed ignorate foreste del Rio das Mortes, alla voce del loro capo uscivano di là sitibondi di sangue.

Nel profondo silenzio della foresta eccheggiava il suono cupo, prolungato della poari, ove il capo soffiava a pieni polmoni per chiamare attorno a sè i suoi uomini e parlar loro. Era il segnale della riunione. Nell'oscurità della notte, uno a uno uscivano i fieri selvaggi dalle loro capanne e là, ove la macchia era più rara, si accoccolavano intorno ad un fuoco, che con guizzi rossastri rischiarava la scena selvaggia.

A un segnale del cacico tutti fanno silenzio, e questi, a voce alta, certo dell'immunità del segreto, sicuro che la foresta sconosciuta e impenetrabile e le tenebre stesse rendevano inviolabili le sue parole, prendeva a parlare:

- Avete forse dimenticato quanto la razza maledetta dei civilizzati, bianchi e neri, hanno fatto per noi? Essi ci hanno rapinato le nostre donne ed i nostri figli, hanno sparso il sangue dei nostri padri, il sangue delle nostre madri, il sangue dei nostri fratelli, il sangue delle nostre sorelle. Noi abbiamo versato già il loro sangue, ma l'ira nostra non è placata ancora; il sangue dei nostri parenti grida vendetta ancora. Essi, i ladri, non paghi di averci tolti i nostri cari, vogliono rapirci il nostro terreno. Ah! voi, che ancor portate il lutto di chi non è più al vostro fianco, ascoltate quel che vi dico: « Son nostre queste foreste, son nostri questi campi, son nostri questi fiumi, perchè qui erano i nostri antichi, qui nacquero e morirono i nostri padri, qui siamo nati noi. Noi vogliano star qui, qui accanto alle ossa dei nostri padri, qui hanno a giacere anche le nostre ossa. Essi invece vogliono rapirci quel che è nostro, essi vogliono distruggerci, essi ci perseguitano come fossimo tigri e bestie feroci. Ma noi, faremo loro, quello che essi fanno a noi; anzi, più ancora. Non abbiate paura; è il sangue dei nostri parenti che grida vendetta; andiamo dunque a vendicarli. Lasciamo qui, in luogo sicuro, le nostre donne, i nostri figli; andiamo noi soli. Ritorneremo vittoriosi, carichi delle spoglie dei nemici!

Un'approvazione unanime coronava questi discorsi. E subito, nei più piccoli particolari, seguivano le mutile intese pel buon esito della spedizione. Nel mistero profondo della notte ordivano e svolgevano la trama delle loro gesta orride e sanguinarie!

È un fatto che al grido del cacico bolliva il sangue nelle vene di questi indii; la voce di lui era scintilla che destava sempre gran fuoco.

Ed è di questo cacico, del cacico Major, che godeva tanto ascendente e aveva tanto prestigio nell'animo dei compagni, di questa figura di autentico selvaggio che il Signore volle condurre alla nostra Missione, che voglio scriverle, amato Padre, perchè è giusto che si conosca quanto fu buono il Signore con noi, poveri Missionari Salesiani, e quanto valga la corrispondenza alla voce della grazia.

Chi era « Major ». - Suo grande ascendente fra i compagni - Come guadagnarne il cuore ? - Il figlio Michele, dopo un viaggio in Europa, persuade il padre ad avere piena fiducia nei Missionari.

Major, selvaggio di natura, era selvaggio pur nell'aspetto; ma, sotto apparenze così rudi e fiere, possedeva un cuor d'oro.

Alto di statura, mostrava nella persona, nel portamento e nella parola la fierezza del suo carattere. Cieco dell'occhio sinistro - che perdette in una caccia focosa - coi zigomi sporgenti, il naso schiacciato, venne a questa Colonia del Sacro Cuore dalle foreste del Rio das Morte, nel 1903, padre di cinque figli.

Fu uno dei primi Bororo che udirono la voce del Missionario, che in nome di Dio li invitava a lasciare la loro vita selvaggia e nomade di sangue e vendetta, e a ridursi a vita tranquilla e pacifica all'ombra della Croce.

Con lui, come capo, vennero molti altri indii, cosicché si può dire che per lui ebbe inizio la nostra Missione tra i Bororo, perchè col suo esempio condusse molti altri alla Missione.

E qui passavano i mesi, e sebbene egli mostrasse verso di noi rispetto e simpatia, si conservava però sempre nella sua fierezza naturale. Pur l'influenza che aveva sui, compagni si manteneva grande. Si può dire che nessuno moveva un passo senza il suo consenso. A un suo ordine poi tutti erano pronti. Questo ascendente non l'ebbe in forza di leggi o costumi trasmessi da padre in figlio, rafforzati dal timore di castighi verso i. trasgressori, ma per altri motivi: primo pel fatto che la sua famiglia apparteneva a quella dei capi, o, come diremmo noi, per nobiltà di sangue; secondo per la sua grande bontà, pazienza ed affetto paterno che aveva per tutti; terzo per la sua valentia nelle caccie e nelle stesse rappresaglie contro i civilizzati. Questi lo conoscevano bene e lo temevano assai: conoscevano la sua influenza e furono essi che gli diedero il nome di Cacico Major, sapendolo stimato e ubbidito da tutti.

L'influenza sua, come ho detto, continuava anche nella Missione: e all'occhio nostro non stavano celati nè il suo grande ascendente, nè la venerazione di cui era circondato, e con gran fede pregavamo Dio e Maria Ausiliatrice che volessero convertire, a favore dei Missionari, le grandi e belle qualità di animo e di cuore che il Cacico Majov possedeva.

Attendevamo un'occasione propizia, un'opportunità qualsiasi, che più strettamente ci unisse a lui e valesse a rafforzare l'amore e la stima sua verso di noi, pur usando ogni giorno tutta la carità, amore, pazienza e cura possibile per attrarre a noi e far nostro e possedere il cuore di questo indomito figlio della foresta. Eravamo tutti convinti che se il buon Dio ci faceva questa grazia, noi avremmo fatto un gran passo nel consolidamento della Missione.

Major aveva un figlio che amava e stimava assai. Buono ed intelligente, il fanciullo veniva a trovarci molte volte e passava il giorno in casa nostra; ma neppur allora mai il padre lo perdeva di vista: e voleva sapere che faceva, dove stava, con chi stava e, trascorsa qualche ora senza più averlo veduto, veniva a cercarlo non senza un po' di diffidenza e di timore.

Eppure noi volevamo ottenere che il figlio si fermasse con noi quale interno, per poterlo meglio istruire e soprattutto per allontanarlo dall'ambiente pagano, in cui era nella casa paterna.

Si chiamò il Cacico e, pregando la Madonna a dare alle parole nostre la forza e penetrazione necessaria, gli si disse come, desiderando noi solo ed unicamente il loro bene, volevamo che i loro figli crescessero buoni e imparassero tante cose in modo che i Bororo ne fossero contenti e potessero dire che anche essi, come i civilizzati, imparano e sanno. E lo pregammo di lasciare il figlio in casa con noi, così egli pure avrebbe imparato tante cose e si sarebbe fatto buono; d'altronde Major poteva essere sicuro che il figlio non avrebbe sofferto nulla di male e poi, essendo vicino, poteva sempre venirlo a vedere, e di quando in quando anche il figlio sarebbe andato a trovarlo.

L'austero Cacico piegò la testa, pensò un poco, e acconsentì, dicendo:

- Si, ve lo concedo! Credo a quello che voi mi dite. Certo, se non me lo diceste voi, che siete buoni, non lo crederei, e non darei mio figlio in mano ai civilizzati. Ma voi tenetelo qui, che mangi qui, che dorma qui; io ve lo lascio. Mio figlio pure vi vuol bene, dice sempre che siete molto buoni. Dunque stia con voi! - e si allontanò colle lagrime agli occhi. La Vergine Ausiliatrice aveva intenerito il cuore dell'indomito indio che, forse, nella fierezza del suo carattere non aveva mai ceduto, come allora.

Il giovanetto, istruito e battezzato col nome di Michele Magone il 10 giugno 1904, continuò a rimanere con noi, attirando a noi molti suoi compagni, che formarono il Collegio della Missione e raccolsero le cure più tenere dei Missionari. Nell'aprile 1906 Michele era ammesso alla prima Comunione dal nostro Ispettore D. Antonio Malan, ora nostro zelante Prelato.

Un'altra grazia doveva concederci la nostra cara Ausiliatrice. La pregammo e ce la elargì. Desiderava il nostro Ispettore, in un prossimo suo viaggio in Europa, condurre con sè un primo fiore e frutto della Missione, e desiderava che questi fosse il giovinetto Michele... Ma il padre? e la madre?

A queste domande stavamo tutti perplessi; nessuno poteva pensare che essi permettessero al figlio d'allontanarsi per sì lungo tempo.

Ma quello che non potevamo noi, lo potè la Madonna. Annunziata la cosa a Major, questi, come se fosse già consapevole di tutto, anzi come se fosse affar conchiuso:

- Sì, ve lo dissi già, rispose, che di voi io mi fido e che sono contento che con voi stia e vada, ma sempre con voi. Don Malan non lo lasci ad altri, e lo conduca e lo riconduca. Mi promette così? Vada pure; io starò qui ad. aspettarlo.

E il giovane Michele accompagnò Don Malan nel suo viaggio in Europa, visitò l'Italia e la Francia, destando le simpatie e l'ammirazione di tutti. Ritornò poi, dopo più di un anno, con alta soddisfazione propria e dei genitori, che non finivano di abbracciarlo e dicevano, con mille esclamazioni di soddisfazione e di giubilo, le impressioni che provavano in cuore.

Michele, dopo il suo ritorno dall'Europa, più istruito e più compreso del nobile fine che ci aveva mossi a condividere la nostra vita coi suoi compagni ancor rudi e poveri selvaggi, si sforzava per convincere sempre più il padre che noi eravamo venuti e stavamo qui unicamente pel loro bene, che non dovesse temere nè diffidare in alcun modo di noi ; ché noi non eravamo come altri civilizzati che, ostentando loro bontà e famigliarità, nascondevano odio, vendetta e sangue. E, giorno per giorno, noi vedevamo l'influsso benefico di queste parole.

Datosi tutto a noi, il caro Michele si studiava pure d'insegnarci e svelarci i segreti della lingua e le costumanze della tribù, che, fino a quel tempo, conoscevamo assai poco.

Il padre, geloso dei suoi diritti e timoroso, più di tutto, che venissimo in possesso di quello che egli gelosamente custodiva, aspramente rimproverò il figlio e gli proibì d'insegnarci e di svelarci qualunque cosa, colla minaccia di toglierlo da noi e di ritenerlo sempre in casa.

Il figlio non volle disgustare il padre, ma volendo anche esser di aiuto a noi, ci narrava il fatto, promettendoci di far tutto il possibile per convincere il padre a togliere il divieto. Così fece. Il padre obbiettò

- Se imparano, noi non potremo più dir nulla senza che essi intendano le nostre parole; non avremo più libertà di parlare e combinare le nostre cose

Il figlio rispose

- Sì, ma se essi non imparano, nemmeno noi potremo intendere quello che essi dicono. Ad esempio, io so e conosco molte cose che voi non sapete e non conoscete. Lasciate che essi imparino la nostra lingua, ed essi vi diranno tante cose, e voi capirete, vi farete buoni

Queste parole, insieme colla grazia di Dio, convinsero l'austero Cacico e noi potemmo, sebbene con non poco sacrificio, imparare la loro lingua e dar loro tutte le spiegazioni più convenienti e istruirli nelle verità di nostra Santa Religione.

« Major » è battezzato. - Una prova tremenda - Ansie dolorose e scena di sangue.

E la grazia di Dio operò nell'animo di Major in forma sorprendente. Di li a poco tempo, quando più strette ed affabili relazioni lo univano a noi, chiese egli stesso di essere battezzato per poter, come cristiano, esser più buono, ed avere grazie maggiori per far buoni anche i compagni.

Infatti, per mezzo suo ed a sua insistenza, quanti si trovavano nella Colonia miglioravano di giorno in giorno i loro sentimenti e, mentre le vecchie prevenzioni scomparivano, aumentava l'amore e la confidenza nel Missionario.

Col ritorno, tra noi, del venerato Ispettore, sul principio dell'anno 19o8, viste le ottime disposizioni del nostro Cacico, si pensò che non dovevasi aspettar di più a concedergli la grazia che tanto desiderava.

E il 13 maggio fu dì solenne per la Colonia. L'acqua battesimale rigenerò chi poco tempo prima, colla punta delle sue frecce, gettava il terrore in quanti osavano passare di qua.

La funzione, oltremodo commovente, fu anche seguita dalla benedizione nuziale, e lasciò in tutti una grata e indimenticabile memoria. Il Signore, per mezzo della Madonna, aveva chiamato all'ultima ora questo superbo figlio della foresta per farlo primo strumento, a fianco del Missionario, per la rigenerazione dei suoi fratelli !

Il buon Cacico, che prese il nome di Major o Maggior Michele (in omaggio, al pari del figlio, al primo Successore di Don Bosco, il venerato D. Michele Rua di santa memoria), si conservò, in mezzo a molte prove per le quali passò, sempre fedele alla Missione nella quale Dio lo aveva chiamato; e, direi, conscio del suo dovere si stimò sempre con orgoglio l'aiuto ed il compagno del Missionario pel bene dei suoi, che ansava come un padre ama i suoi figli.

Nell'anno 19o8, in, occasione dell'Esposizione Nazionale in Rio de Janeiro, ventuno dei nostri, piccoli indi Bororo, usciti appena appena dalla barbarie della selva, è mercè fatiche e sacrifici di ogni sorta istruiti e preparati in modo da formare una piccola banda musicale, accompagnati dall'infaticabile nostro Ispettore, si presentavano a S. Paolo e Rio Janeiro, davanti alla più colta società brasiliana per attestare colle parole, e più ancora coi fatti, qual potenza abbia anche nel cuore del selvaggio la carità di Cristo, unica scuola di vera educazione, unica forza ed unica arma del Missionario. Partirono dalla Colonia, allegramente, tra gli augurii di buon viaggio e felice ritorno di tutti noi; ed in particolare dei loro genitori, che volentieri lasciavano che i loro figli andassero così lontano, pur sentendo la pena del distacco e il timore di qualche male o disgrazia.

Passarono alcuni mesi ed ai loro parenti si comunicavano le buone notizie che si recevevano di quando in quando allorchè, inaspettato, accasciante, ci giunse da S. Paolo un laconico telegramma annunziante la morte di tre dei nostri ragazzi, tra cui, due figli del Cacico! Letto il telegramma, mi venne da piangere, e piansi. La notizia mi faceva prevedere un quadro triste, assai triste. Che sarà di noi ? che dirà il povero Cacico Maggiore ? che penseranno questi indi ? che faranno? Son selvaggi, capaci a tutto... anche a vendette le più barbare! O Maria Ausiliatrice salvaci tu, chè Tu sola, nostra Madre, devi essere in quest'occasione il nostro aiuto!

Mi recai ai piedi dell'altare e pregai... Pregai e piansi. Poteva darsi per noi prova più dura di questa? con quali parole, con che anima mi sarei presentato a loro, ancor tanto fieri ? come annunciare la triste nuova? qual violenta tempesta sorgerà nel cuore del Cacico, all'annuncio della morte dei suoi figli ?

Per alcuni giorni tenni il segreto fra me e me, e con fede cominciai una novena a Maria SS. Ausiliatrice. Ma, alla fine, si dovette venire al gran passo. Col cuore più pieno di ansia, ma confidente in Maria, si comunicò la triste notizia!... Descrivere la tristezza, il pianto, la desolazione ed il lutto di tutti, e in particolare del Cacico, non son capace : qualunque descrizione sarebbe inferiore alla realtà.

Il brav'uomo pareva fosse impazzito. Nudo, gemendo e lanciando al cielo acute strida, prese a tagliuzzarsi tutto il corpo, girando di qua e di là, in ogni luogo, dove ì suoi figli erano stati o passati. Venne in casa nostra grondante sangue, lagrimando e gridando. Lo lasciammo entrare e sfogare in silenzio. Andò di stanza in stanza, ove i suoi figli eran soliti stare; in dormitorio, in iscuola, dappetutto; si sedeva nel luogo ov'essi sedevano e con strida maggiori, disperatamente tagliandosi la faccia, le braccia ed il corpo, bagnava del suo sangue quei luoghi. Era una scena orribile, veramente selvaggia. Per noi non una parola, non uno sguardo. Vedevamo, capivamo bene, che oscure e dense nubi si accavallavano sul nostro capo, e, pur temendo, pregavamo e confidavamo.

Subito dopo il primo sfogo, la protezione di Maria Ausiliatrice, la sua mano, il suo aiuto, l'opera sua di madre tenera ed affettuosa si conobbe. Alle minacce di una tremenda tempesta, della quale sentivamo già rumoreggiare il tuono e temevamo da un momento all'altro lo scoppio dei fulmini, sottentrò la calma e l'incanto del cielo sereno, che, appunto perchè tanto minaccioso prima, allora ci parve ancor più bello e promettente.

Verso sera venne da noi l'intimo amico del Cacico a dirci che il cuore del capo in vero era profondamente ferito, ma che di noi non pensava male, perchè eravamo stati sempre buoni e leali con loro tutti; che essi non pensavano di farci nulla di male, nè di vendicare su noi la morte dei loro figli, ma non così avrebbero fatto se fossimo stati semplici civilizzati; che Major desiderava vederci e parlarci, ma che, nello stato in cui si trovava, aveva riguardo e vergogna a presentarsi.

Erano la grazia di Dio, la protezione di Maria Ausiliatrice, che manifestavansi in tutta la loro luce. Subito gli demmo con che vestirlo, insistendo che venisse, che l'aspettavamo ansiosi per poter dire a lui quanto noi pure sentivamo, per dirgli quanto era grande anche la nostra pena e tristezza per la morte dei figli.

Venne! Furono il buon Dio e la Vergine Ausiliatrice che lo inviavano ai piedi del Missionario, come fu Maria a inspirare al Missionario le parole che scesero profonde nel cuore già così profondamente ferito del fiero Cacico.

Il fatto è che, non le nostre parole e le poche cose che potemmo offrirgli, ma la grazia di Dio produsse in lui un meraviglioso cambiamento, che mai potevamo aspettare di ottenere così presto. Restai commosso fino alle lagrime al vedere quell'uomo, ed in quell'ora tanto triste, avvicinarsi umile e rispettoso, baciarmi la mano, e salutarmi con tanto affetto, quale mai fino allora aveva notato.

Invero fu una disgrazia grande, profondamente sentita da tutti, fu una prova dolorosa: ma i fiori che il Signore fece germogliare da queste pungentissime spine, furono molti e di splendore sconosciuto. A noi non è dato che ringraziare e baciar sempre quella mano amorosa, che solo a bene pesa talvolta sopra di noi, castiga ma benedice, abbatte e poi solleva.

Il trionfo della grazia di Dio - « Major » diviene il maestro e il braccio forte dei Missionari - Intimi colloqui - L'accenno a un gran segreto.

Il povero Major, privo dei figli, non lasciò nè diminuì il suo affetto nè la sua stima pel Missionario: ma rassegnato alla volontà di Dio, cercò di divenir ancor più buono per potere ricongiungersi coi suoi cari. Fu bello e commovente, quando al ritorno di tutta la squadra il povero Major, privo della consolazione di abbracciare gli amati figli, fu veduto, lagrimante, approssimarsi al nostro D. Malan ed affettuosamente abbracciarlo con tanto affetto con cui forse non avrebbe abbracciato i suoi figli più cari!... Fu il trionfo della bontà di Maria Ausiliatrice e della grazia di Dio sul cuore di questo selvaggio, perchè, capace, colla più cinica indifferenza, di vendicare la morte dei figli col più nero tradimento e colla più barbara crudeltà, qual umile e mansueto agnello fu visto invece baciare la mano del Missionario ed abbracciarlo qual padre affettuoso ed amato, e chiedergli, nel nome del Signore, la benedizione come unico conforto ed aiuto.

Il caro nostro Major, sempre tutto affetto e sottomissione al Missionario, da quel giorno si studiò ancor più, e in tutto, di aiutarci nella difficile missione affidataci dal Signore. In questo modo egli venne ad essere un vero apostolo dei suoi compagni, che evangelizzava colla stessa forza e collo stesso zelo di un Missionario.

Passava questo mio caro amico le ore con me, nella mia stanza, e seduto vicino mi svelava ogni segreto e m'insegnava a poco a poco la lingua così difficile, compiendo egli stesso l'opera intrapresa dal figlio suo e da lui già tanto ostacolata sul principio. Mi parlava con affetto ed era solito chiamarmi suo figlio, contento, felice, quand'io lo chiamava «mio papà ».

Un giorno venne da me e : - Buon giorno - mi disse, baciandomi riverentemente la mano.

Ed io: - Oh! Major! sei venuto! buon giorno!

Lasciando trasparire dall'austera faccia un lampo di tristezza, proseguì:

- Padre, oggi ho presenti i miei figli! Questa notte li ho visti... Era da tempo che desiderava vederli... Li ho visti, stanno bene, sono allegri, contenti... Son vestiti tutti di bianco. Mi dissero di stare allegro, di essere buono, che mi aspettano, che sarei andato con loro... Poi ho visto una gran luce; i miei figli si son fatti così belli che mai, mai li ho visti così.

In cosi dire piangeva, mi prendeva la mano, e la baciava e protestava:

- Io ti voglio bene, ti amo davvero. I miei figli non stanno qui con me; ma lo so, l'ho creduto, ed ora ho proprio visto che stanno bene, che è proprio vero quello che tu mi dici sempre. Insegnami dunque ad essere buono, perchè anch'io voglio andare dove sono i miei figli e star con loro... Guarda ! io ti chiamo col nome di itonareghedo (figlio mio) e tu, sì, chiamami sempre con quello di iogua (padre mio), perchè così mi ricorderò sempre dei miei figli, per esser buono e far quello che tu vorrai insegnarmi per andar con loro in Paradiso.

È costume di questi selvaggi che gli uomini si radunino alla sera nel mezzo del villaggio, e, là seduti o sdraiati, vicendevolmente si raccontino le gesta della giornata. Ma in realtà l'adunata si fa per ascoltare la parola del loro Cacico che, in piedi nel mezzo, ad alta voce e in tono oratorio tutto loro proprio, parla a tutti. Il nostro buon Major se ne approfittò cristianamente. Quasi tutte le sere, alzando la sua voce forte e robusta, ripeteva quanto aveva sentito e imparato durante il giorno, consigliava, ammoniva tutti al bene, trasmetteva molte volte ordini ed avvisi ricevuti, facendosi il miglior interprete fra noi e i selvaggi, ed essendo di forte aiuto per conservare reciprocamente amichevoli relazioni.

Io mi servivo sempre di lui, ed egli pronto, ubbidiente ed ossequioso, compiva sempre quell'incarico che talvolta non era certo piacevole, dovendo dar ammonimenti e correggere difetti e mancanze. E la sua parola era sempre ben accolta, anche quando era forte e portava alta l'autorità del Missionario. Fu questo il mezzo di cui Dio volle servirsi per far penetrare più profondamente, nell'animo di questi selvaggi, la deferenza che dovevano ai Missionari.

Passavano mesi ed anni, ed il buon Major, sempre eguale verso di noi, era l'intimo nostro amico. Veniva assai spesso a trovarmi e mi ripeteva

- Non posso stare senza venir qui con te un po' e sentire qualche cosa da te. Abbi pazienza con me. Sai che t'amo come un figlio e se non vengo qui, non posso star contento... Parlami, contami del Signore, del Paradiso, cl è mi piace tanto sentire le belle cose che tu sai.

Così discorrevamo insieme con tutta confidenza. Major mi raccontava le sue vicende e quelle dei suoi compagni; ed io, per mezzo suo, era sempre al corrente di tutto e di tutti.

In un'ora di intima confidenza, parlando questo famoso indio dei tempi passati e rievocando scene e tragedie strazianti, mi disse

- Sai? a momenti anche voi dovevate essere tutti morti! Non so chi vi abbia salvati! Oh! certo fu il Signore che vi protesse, perchè noi non sappiamo ancora spiegar la cosa.

Io, che al pari degli altri Missionari nulla sapevo o dubitavo, presi ad interrogarlo, ansioso di conoscere e scoprire un segreto che altra volta non avrei forse potuto conoscere, e

-- Contami, dissi ; com'è che tu dici che Dio nostro Signore ci aiutò e protesse tanto che non avete potuto ammazzarci !

Major rimase un po' perplesso, quasi dubitando, mi guardò fisso, poi soggiunse:

- Sì, io ti voglio bene. So che tu sei buono, perciò ti dico tutto. Ascolta

(Continua).

IL CULTO DI MARIA AUSILIATRICE

NEL SANTUARIO Il 24 di ogni mese, si ripetono, mattino e sera, devote funzioni in onore di Maria Ausiliatrice. Al mattino, ha luogo la messa della Comunione Generale, seguita dalla Benedizione col SS. Sacramento: alla sera si compie in forma solenne l'adorazione pubblica innanzi al SS. Sacramento.

Vogliano i benemeriti Cooperatori e le pie Cooperatrici unirsi sempre in ispirito a queste sacre funzioni mensili, le quali hanno due fini principali: pregare secondo le intenzioni del Santo Padre e affrettare il ristabilimento della pace fra le nazioni.

Ogni sera

alla benedizione col SS. Sacramento si continua sempre a far pubbliche preghiere per la pace. Il Signore nella sua infinita clemenza, per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, le esaudisca a sollievo di tutti i popoli della terra.

In onore di Maria Ausiliatrice.

Abbiam ricevuto un bel numero di relazioni di feste celebratesi ad onore della nostra augusta Patrona in grandi e, piccole città, e in umili paesi, e dappertutto abbiano riscontrato la stessa fiducia nell'intercessione della Benedetta Madre di Dio a favore della nostra Patria e del mondo intero nell'ora presente.

Questa nota appare particolarmente dalle relazioni che ci giunsero da Padova, per lo zelo di quel l'ottimo direttore diocesano D. Giovanni Stefani - da Este, dove gli alunni del Collegio Manfredini furono preparati alla solennità da un triduo di SS. Spirituali Esercizi predicati da Mons. Olivares, Vescovo di Sutri e Nepi - da Frascati - da Diano d'Alba - da S. Pier d'Arena - da Castellamare Golfo - da Alvito (Caserta) - da Maratea (Potenza) - da Sansevero (Puglie) - da S. Agata Militello, ove fu benedetta una nuova statua dell'Ausiliatrice - da Randazzo - da Bagheria-Aspra - Cammarata e S. Giovanni Gemini, ecc., ecc.

Una nuova cappella.

A Cravanzana, solitario paesello delle Langhe, per interessamento delle pie Cooperatrici Salesiane - che tengono Oratorio e Laboratorio femminile nonchè Asilo infantile - si ottenne da Monsignor Vescovo di Alba facoltà di benedire una cappelletta in onore della cara Ausiliatrice, dove si cantò messa degli angeli e si fecero numerose comunioni.

Splendido esempio di fede.

Il 24 maggio u. s. ebbe luogo a Crispiano (Taranto) una solenne manifestazione di fede.

Dietro invito di quel zelante arciprete, D. Giuseppe Caforio, quasi tutti digiunarono, e nell'ora di mezzogiorno un'immensa folla di fedeli si riversò in chiesa, ove, recitato il S. Rosario, fu letta la supplica a Maria SS.ma Ausiliatrice. I pochi impediti dal recarsi in chiesa accompagnarono la pia funzione dalle loro case, specialmente dai campi del lavoro, dove al primo mattino, a mezzodì e la sera venne recitata tutta intera la Corona del S. Rosario in onore di Maria SS. Ausiliatrice, dal cui potente patrocinio quella buona popolazione attende l'incolumità dei nostri soldati e la grazia della pace.

Grandissimo fu il numero delle S. Comunioni: sino a mezzodì non fu che un seguirsi di popolo al tribunale di penitenza e al Banchetto Eucaristico.

Con la posta aerea.

Col primo servizio postale aereo tra Roma e Torino giungeva al Santuario di Maria SS.ma Ausiliatrice in Valdocco questo messaggio gentile.

Roma, 2o m aggio 1917. -- Al Santuario di Maria Ausiliatrice, Valdocco - Torino.

Da Roma con la prima posta aerea inviamo alla SS. Vergine Ausiliatrice e al Ven. Giovanni Bosco i nostri devoti omaggi di imperitura gratitudine e di devozione, invocando sulla nostra famiglia speciali benedizioni dalla bontà inesauribile della nostra cara Madonna Ausiliatrice e del nostro Padre Don Bosco.

Famiglia N. N.

GRAZIE E FAVORI *)

Invocai Maria Ausiliatrice !

Il giorno 12 dello scorso maggio, di ritorno da una brevissima licenza straordinaria, dovevo raggiungere un avamposto alla fronte trentina, in qualità di telegrafista ottico. Man cavano parecchie ore prima che la licenza scadesse, e, zelante del dovere, volevo raggiungere ad ogni costo in serata il mio posto e riprendere servizio. Mi trovavo in un paese redento, ed il percorso da fare era abbastanza lungo ed alquanto aspro, perchè in alta montagna, in mezzo alla neve. Erano le 10. Il sole caldo di maggio si faceva sentire in tutta la sua pienezza, ed io, confidando nelle mie forze, mi posi in cammino, convinto che la sera stessa, benchè a tarda ora, avrei potuto raggiungere la mia destinazione. Nel punto da cui partivo si distaccava la strada carrozzabile che avrei potuto percorrere per un certo tratto; ma per far più presto volli attraversare i campi, che, senza neve, erano già coperti da un verde tappeto, al sopraggiungere della primavera. Camminavo svelto, sotto il sole cocente, persuaso di aver abbreviato la strada. Arrivato ad un punto dovetti attraversare un fiume, che all'apparenza, sembrava guadabile; non ci pensai due volte e tentai. Camminai un pezzo, ma quando fui dove la corrente era più forte per lo sciogliersi delle nevi, fui travolto nei vortici. Non sapendo nuotare, mi vidi perduto. Colla visione della morte negli occhi, in un baleno ricomparvero dinanzi a me le cose più belle e care che avevo: tutto lucidamente avevo dinanzi alla memoria; invocai, balbettando come un moribondo, i nomi più cari e più santi di mammà e di papà... ma un altro nome fu la mia salvezza, invocai Maria Ausiliatrice, e fui salvo! Non so, come riuscii a raggiungere la sponda! Con i segni dell'annegato sul viso, bagnato, stralunato, non sapevo più dove fossi. Balbettai grazie alla Madonna, e poi con gli occhi pieni di spavento, guardai il fiume ove lasciai il tascapane e la mantellina, quando, due pastori, ch'eran là per caso, mi si avvicinarono e contribuirono a rinfrancarmi.

Sia lode a Maria Ausiliatrice, che sempre invoco! A Lei ricorriamo ogni qualvolta siamo in pericolo, e non dubitiamo mai del suo aiuto!

Zona di guerra, 16 giugno 1917.

FRANCESCO TABASSO.

PARMA, 2o-V-917. - Una crudele malattia contratta sotto le armi poneva in serio pericolo l'esistenza del soldato Giuseppe Luigi Truffelli, ricoverato in questo nostro ospedale.

Forti ed improvvise emorragie toglievano ai medici curanti ogni speranza di salvezza, sicchè non rimaneva che. rivolgersi a Colei ch'è salute degli infermi. Con fede, di comun accordo con l'ammalato e con la comunità, pregammo la Vergine SS. Ausiliatrice, promettendo di pubblicare la grazia e d'inviare un'offerta al Suo Santuario. La Celeste Regina ci esaudì. Oggi l'ammalato è in via di guarigione, fra la meraviglia degli stessi Dottori e l'affetto dei parenti che, con fervida riconoscenza, porgono alla Vergine un omaggio di fede e una promessa di eterna, filiale devozione.

Suor CHIARINA IVALDI Direttrice delle Figlie di M. Ausil.

Dalla trincea, 24-IV-917. - Uniti in un profondo sentimento di fede e di riconoscenza verso la Vergine SS. Ausiliatrice inviamo, a mezzo vaglia, una piccola offerta di L. 40 per il tempio votivo di Castelnuovo d'Asti e per alcune S. Messe da celebrarsi secondo la nostra intenzione. Ringraziamo la Vergine Ausiliatrice della protezione particolare con cui ci favorì nei decorsi anni di guerra -- essendo Ella stata la nostra salvezza - e la supplichiamo a volerci aiutare nei prossimi cimenti e a ricondurci sani e salvi alle nostre famiglie.

Ella faccia sì che trionfino sempre in noi il sentimento cristiano, la fiducia in Dio e la rassegnazione completa alla Sua Divina volontà.

BONFIGLIOLI UMBERTO - Caglio Delfino - Martinetto Marco - Pintucci Carlo - Zamattio Luigi - Emina Luigi - Cerchio Giacomo - Gastaldi Giovanni.

PRIVIGNANO (Udine), 23-vI-1917. - Vorrei, se fossi capace, adempiere bene una promessa fatta a Maria Ausiliatrice. Ebbi, l'anno scorso, gravemente ammalata la mia piccola Teresina, che ne riportò delle conseguenze non tanto indifferenti. Visto quasi inutile ogni rimedio umano, ricorsi alla cara Madonna di D. Bosco, promettendole che, se me l'avesse fatta guarire, avrei pubblicato la grazia sul Bollettino. Poco dopo ottenni la grazia completa, ed ora, fedele alla promessa, pregherei vivamente di darne pubblicazione.

GIGIA PELLIZZONI PIACENTINI.

VOLVERA, 23-v-9I7. - Nel mese di marzo, colpita da grave bronchite, accompagnata da malattia di cuore, si temeva fortemente che non potessi superare la crisi. Come già altre volte, anche in questa dolorosa circostanza, ho fatto ricorso alla SS. Vergine, aiuto dei cristiani, supplicandola, che pei meriti del Servo di Dio D. Giovanni Bosco, mi ottenesse la grazia della guarigione. Nello stesso giorno seguì un sensibile miglioramento e in pochi giorni mi trovai fuori pericolo. Mentre pubblicamente attesto la mia riconoscenza alla SS. Vergine ed al Servo di Dio Don Bosco, offro L. 50.

MARGHERITA CAPELLO.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni Pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, per Perigendo Santuario dei Becchi, per le Missioni Salesiane

o per altre opere di D. Bosco, i seguenti:

A) A. D. A. C. A. F. A. M. S. A. R, A. R. M. Accornero C. Agnesíni B. Agosti G. Agosti O. ved. Fabbulli. Aicardi A. Alfieri M. Algostino L. Allegro A. Almanducci F. Altobasso G. n. Verdone. Amantea M. Amorati V. Amoretti G. in Bracciolini. Ancilotti B. Andreis Cattero A. Anfosso T. Anselmo C. Anselmo S. v. Gloria. Antonino F. Appendino A. Arman Colussi R. Armando C. n. Migliore. Arnaboldi N. Ascheri A. Asperti O. Atzeni V. Audisio L. Auronte B. Azzaroni F.

B) B. C. B. G. B. L. B. T. Babini L. Bagnati sr. L. Bàilo A. Balestra M. Balletto. d. V. Bamonte Andreola

E. Baratta G. Barbaripi L. n. Deangelis. Barbarossa M. Barbera C. Barbieri P. Barceilini G. Baroli L. Bassa B. Basso L. Basti R. Beltiori Congiu M. Belgioiosi A. ved. Grandis. Belgrano A. Belgrano G. v. Rocca. Belgrano M. v. Egisto Belmonte A. Beltramo L. Benetti G. Benvenuti E. Berando M. Bergomi A. Berlato C. Bernardini G. Berinui d. A. Berta A. n. Sibilla. Bertinetti M. Bertola F. Bertoli Tempini N. Bertolini R. Bertolla C. Bertone M. Bertora A. Bertora d. G. Bertora V. Bettini E. Bianchi can. P. Bianco A7. Birolo C. Bobola T, Boccalatte M. Bocastero G. Bogiani M. v. Ghiotto. Bonamico G. Bonarfa L. Bonaudi F. Bonetti L. Bonifacio d. G. Bonifazio G. Bouin L. ti. Narducci. Bonomelli M. Borelli G.B. Borgognone R. Bortolotti A. n. Floreani. Borzini G. Boschi E. Bosco C. Bosco A. Bottino Aymone I. Boz. P. n. Celatto. Brandolini M. v. Cristiani. Brasei F. Brio V. Briosco R. Bronda E. v. Giosuè. Bruna G. Bruno C. Buffa P. Bugato G. Busello Bettili C. Butera B.

C) C. A. C. F. C. G. R. C. M. C. Q. T. C. R. L. C. T. A. Caccia R. Cagnacci M. Calmi R. Calciatti R. Calderoni M. Calosso P. Calvo C. n. Ulla. Canipia V. Canale G. Cantoni A. Cantono mare. Q. Capello A. Capello M. Capitanio M. Cappato M. Capra O. Capuani F. Caputo G. Caranza R. Cardone G. Carini Ba bieri M. Caron T. Caroni ci. G. Carsano G. Cartasso V. Casa D. Casale B. Casalone M. Casera Costa A. Cassano E. Casulo F. Castano M. Castellari S. Castelli C. Castelnuovo M. Castoldi C. Cattaneo Vagnozzi L. Cavalieri V. Cavagnet R. Cellario Serventi M. Cercato A. Cerruti A. Cerruti M. Cerruti T. Cesarino L. n. Derolandi. Chiapparello A. Chiappe M. n. Grosso. Chiriotti C. v. Massola. Ciampelli E. Cipollina M. Ciresola F. Cocco M. Codazzi O. Colotti G. B. Colla A. Cullino A. Colombaro L. Colombo M. Colombo T. Combra M. v. Martina. Corninardi S. Conati T. Coppo C. Coppo F. Cordone G. B. Corinna M. Cortelezzi B. e I. Cortevesio E. Corti Del Bono C. Corti E. Corti M. Corvaia T. E. Cosciani Quadrelli M. Costa Barbè M. Crouther Maestri T. Crozza V. Cugnasce I. v. Cariboni. Culacciati M. Cullò L. Cuminatti G. Cusimano can. Rocco.

D) D. F. D. M. D. S. Daguino M. Dall'Osso M. Daiani Trinchiero M. Damilano E. Damonte G. n. Tern vasio. Danese F. Danna M. Darò G. De Anfouis G. De errari A. Degiovannc V. e S. Del Fattore A. ed E. Dellepiane L. Delminio G. Demaestri G. n. Corbellini. Demarchi A. Demattei M. Demichelis A. Demichelis F. De Negri M. De Pieri L. Destefanis E. Dimiccoli d. R. Dodi A. Dominici M. Drocco L. Durante G.

E) E. B. E. R. Erba C.

F) F. A. F. M. A. F. T. R. Fabbri can. G. Fabbriani G. Fabris M. n. Frigo. Fallerini A. e S. Fantoli A. Farina R. Fassetta A. Fava S. Fermo A. Ferrari A. Ferrari T. Perreri A. Ferrero A. Ferro M. Filippi V. Fiore C. Fioretti G. Fiori E. n. Vendrame. Follador d. P. Forcellini Cumial A. Fornasini P. Forneris E, v. Piccolis. Forni E. Forno P. Forneri G. v. Bianchi. Fossati G. Franco G. Franco P. Frattini d. A. Fucile S.

G) G. A. P. G. C. G. L. R. G. M. Gaffuri N. Gaggino Lombardo T. Galanti G. Galletto R. Galliani G. Gallo D. Gallo G. Galvagni P. Gandolfi G. v. Amendola. Gandolfi S. Gandolfo A. n. Bordini. Gandolfo G. Garavini cali. G. Gardellin E. Garello G. v. Schiappino Genovesi P. Gentili F., Gervasini R. Ghezzi E. Ghiglione G. Ghione F. Giaccone A. n. Bonelli. Giachelli M. v. Albarello Giacobini E. Giovani G. Gioannini L. Giorgis Cristina n. Romano. Giromini P. Giovanetti E. Giovannini C. n. Borra. Giudici G. Giuriani T. Gobbi F. Gobbo d. G. Goglio M. Gottardi A. n. Dusi. Gozzerino T. Gramondo G. e R. Granelli L. Grasso L. Grasso L. Grazia O. Grillone M. Grossi C. v. Segagni. Guabello F. Guerra E. Guglielmi M. Gugliehninetti E.

I) Iaccod F. Imbrici T. Invernizzi C. e M. Isola C. v. Almondo Isotte C. Ivaldi C. ed M.

L) L. B. M. L. L. Lacomba N. Ladda A. Laffi A. Lago G. B. Lanza C. ed R. Lasi d. G. B. Laurenti Sr. L. Lazzarini A. Legè M. Leone (d.) Levra M. Levreri G. Lindiri N. Lobartolo M. Locatelli s. Lombardo E. Lungo M.

M) M. B. M. D. M. G. M. M. M. S. T. M. V. Macagno D. Maestroni B. Maffei S. Magaglio S. Magello :Morandi L. Maiorana A. Maladorno A. Malaspina E. Malgaroli M. n. Zonca Mancinelli D. M. Manzoni B. Maravigna Musmeci. Marchiano A. Marchetti M. Marchi L. A. ed M. Marchini C. Marenco s. Marguerettaz A. e Z. Marinetti D. Maroni E. Martinet M. Martini G. e P: Masneri C. Massa A e M. n. Nicolini. Massano G. Massone F. Mastalli M. Mauro A. Mauso C. Mazza S. Mazzoleni A. Mazzucco M. Mecca G. Medana C. Merlo v. C. Meucci E. Mijao M. A. Milanese A. Mimiola C. Missio M. n. Suddici Mughetti U. Mola F. Molteni G. Mondo L. Mongini M. Monti E. Morandini d. C. Morando A., A. e G. Moretto d. A. Morgante P. Mortera M. Mosconi G. Mossone L. Motta d. L. Mozzoni M. Musetti G.

N) N. T. Naldini A. Nasazzi G. Nassuato L. Natale E. Nattero E. Navara T. Navera M. Navone N. v. Filipello. Nervi s. E. Nicolosi A. n. Pennisi. Norberti R. Norisso C. n. Martinotti. Novarese C. n. Girando.

0) Oberto D. n. Demichelis Oberto V. Odisio N. Onesti A. Oreggia L. Ormea M. Ottino L.

P) P. F. F. A. P. R. Paganini F. Paganini sr. G. Paganotti G. Pagliano M. Palazzola A. Palombi C. E. Panettieri E. Paoli A. v. Martinoli Paruzzi G. Pastorino C. v. Delminio Pascucci E. Parsi L. n. Fassoli. Patanè d. G. Pavese M. Pedrini L. Pellegrino G. Pennacchio A. Pericoli T. Perle T. Pernigotti C. Persegani R. Pesce V. Pessein F. Petris G. Pezzali C. v. Rossello. Piaggio A. Piccinucci d. G. Picone P. Pirra M. Piva G. Podestà A. e G. in Parato. Pollone D. G. Porcu L. Porporato M. Pozzi G. Pozzoli A. Pretto M. ti. Cassanello. Preve Boeinondo Preve G. Prosdocimo E. n. Franceschini. Proveta E. Palazzini S. Putzu C.

R) R. A. R. G. Y. R. L. R. S. Racca A. Raimondi G. M. v. Bracco S. Raiteri M. v. Reller Ramisio M. u. Martinelli Rambaldi A. Ramondini L. Ramorino E. v. Greggia Ravetto C. Ravizza F. Rebuffo A. Regoliosi G. Rembado L. Rey E. Riatti T. Ricca B. Riccardi L. Riccardo A. Ricci M. Righini A. Rinaldi A. Rio S. Rittore F. Riva M. Rizza M. Roania G. Roba L. Roberto G. Rocca M. Rodighiero A. Roggiani M. v. Ferrari Rolandi C. Rolando G. Rollo S. n. Pisani. Ronc M. Rossignoli A. v. Delfitto Roveda I. Ruatta G. B. Ruffini G. Ruggeri E. Ruscliera V.

S) S. C. M. Sabbio C. Sacchi M. e P. v. Arnaboldi Sacco T. n. Molino Saligari M. Sallen R. Salvatori S. Salvi A. n. Merli Sampaoli A. Sanguinetti O. Sauneris C. Samplone C. G. Santini C. Sardo d. P. Saredi M. Saredo F. Sassolino M. Savaini M. Savinelli G. Sbrocco P. Scalvini G. Scappini T. Scarrone R. Schironi R. n. Lino Scognamiglio G. Sacchieri L. Secci D. Segafreddo G. Semeria C. Seminati T. Serrato R. Sartorio A. n. Gallesio. Sibilla E. n. Siffredi. Sibille L. Sibona C. Siboni G. C. M. Sicuro M. Silvetti I. Siracusa B. Sola F. Solbiatti P. Soldi G. Sorba A. Sorelle P. Stecco L. Stella A. n. Gandolfi Stratta. L. Struzzo M. Suor A.

T) T. C. Tampieri A. v. Saggiorato. 'ganzi C. Tassara A. Tavallini M. Tealdi rag. Tenaglia R. n. Lamberti Tentori A. Ticozzi R. Todescan A. "fondina R. e G. Tognoni G. Tommasi A. n. Damoli T ommasi R. Tomatis G. Tonello M. Tononi G. Torchio L. Tornavento G. n. Falcheris Traverso M. n. Allegri. Trecerri M. Trotta E. Trucco M. n. Gandolfi- Trusetti G. L.

U) Ulga F. Ungania V. n. Sampietro Urso V. n. Calè_

V) Vaccaro M. Vacchina A. n. Mogliana Valente A. Valente F. n. Miola. Valenti F. Valfrè L. Valinotti M, Valpiani F. Varalda E. Vassallo C. Veggi C. v. Ottazzi_ Vema F. Venturino C. Vernazzani P. Verganti P. Vernetti v. E. 'Vezzi A. Viani F. Vignola S. Vilotti F. Vincensi L. Vitali L. Vitali P. n. Pesenti. Vottero F

Z) Z. V. Zambaldi E. Zampese V. Zanella d. C. Zanoni P. Sr. Zantelii. Zappareddu C. v. Basoli. Zappata S. Zappella Foglini Zavaroni N. Zecca. M. Zeppamondi C. Zin O. v. Frighetto. Zoia G. Zoldan G. Zorochelli L. Zuccalà C. Zuccarello V. Zumaglisi F.

Noi tutti dal canto nostro non cesseremo di invocare le benedizioni del Cielo sopra di Voi, nostri Benefattori, affinchè Dio ricco di grazie vi renda tutti felici nel tempo e nella Beata Eternità.   Sac. GIOVANNI Bosco.

NOTE E CORRISPONDENZE

Il nuovo Direttore Generale dalle Scuole Salesiane.

Con lettera circolare in data 15 giugno u. s., festa del S. Cuore di Gesù, il nostro Rettor Maggiore notificava alle Case Salesiane deldell'uno e dell'altro continente il nuovo Direttore Generale degli studi e delle scuole della Pia Società.

La scelta, fatta dallo stesso sig. Don Albera, cadde stilla persona del rev.mo signor dottor D. Arturo Conelli, Ispettore della Romana, il quale venne perciò a far parte del Consiglio Superiore della Pia Società, con residenza a Torino.

L'ufficio affidato a Don Conelli è uno dei più importanti e delicati. Spettano ad esso l'indirizzo informatore e la sorveglianza degli studi e delle scuole salesiane, tanto nei singoli collegi con classi elementari, tecniche, ginnasiali e liceali, come, e soprattutto, negli studentati filosofici e teologici, dove vien formato il nuovo personale salesiano. Siffatto ufficio fu tenuto con la nota competenza e con plauso universale dal compianto dott. D. Francesco Cerruti per oltre un trentennio. Le liete accoglienze che si son fatte alla nomina del suo successore, non solo in mezzo a noi, ma anche tra illustri ed eminenti personaggi che conoscono l'Opera salesiana, e nella stessa pubblica opinione, sono la miglior conferma che il prof. Don Arturo Conelli è veramente l'uomo indicato per proseguire le tradizioni gloriose di Don Cerruti. In questo senso anche il Presidente del Consiglio dei Ministri gli inviava i suoi rallegramenti.

« Roma, 19 giugno 1917. - Reverendissimo Professore, mi rallegro vivamente coi migliori voti per l'opera sua, che proseguirà quella tanto educatrice italianamente e popolarmente del compianto prof. Cerruti. Con particolari sensi, obbl.mo P. Boschi ».

Il prof. Don A. Conelli, egregio insegnante di filosofia di cui pubblicò un testo per le scuole, dottore in teologia, ricco di svariata cultura, già direttore del Collegio Leonino d'Orvieto e Villa Sora di Frascati, e da 15 anni Ispettore degli Istituti Salesiani della media e bassa Italia e della Sardegna, ha valicato di poco la cinquantina, e perciò reca nel nuovo ufficio la miglior preparazione e le più ricche energie.

Anche questo è provvidenziale. Delicatissima infatti si prospetta fin d'ora la sua missione.

Attendono il nuovo Direttore Generale degli studi e delle scuole salesiane gli anni importantissimi che seguiranno la pace, nei quali si delineeranno nuove esigenze e nuovi bisogni, locali e generali; gli anni - lo speriamo ferreamente - in cui ci sarà dato di assistere alla Beatificazione del Ven. Don Bosco e del modello dei suoi allievi, Domenico Savio.

Orbene noi siamo convinti, che Don Conelli, educato ancora alla scuola di Don Bosco e proprio sotto gli occhi del Venerabile - al quale fu carissimo - saprà preparare tutti i figli di Don Bosco a quei giorni che ardentemente attendiamo, ponendo la sua mente eletta, il suo cuore grande e generoso, e il suo tatto squisito, a servizio della sua alta mansione.

A lui quindi, dall'intimo dell'animo, vivi rallegramenti e fervidi auguri.

In onore dei Beato Giuseppe Benedetto Cottolengo.

La fortuna di tributare i primi onori solenni dell'altare al Beato Giuseppe Benedetto Cottolengo toccò, come già annunziammo, alla nostra chiesa del S. Cuore in Roma. I sacri riti, che per frequenza di fedeli, per splendore di cerimonie, e per scelta musica, riuscirono imponentissimi, ebbero luogo nel giorni 9 - 10 - 11 maggio.

Le messe della Comunione generale furono celebrate il primo giorno dal Rev.mo D. Paolo Albera, Superiore Generale dei Salesiani, appositamente recatosi a Roma per il Triduo pol nne; il secondo giorno dal Can. Ribero, Superiore della «Piccola Casa »; il terzo giorno da S. Eminenza il Card. Aidano Gasquet. Il numero delle comunioni fu ogni giorno grandissimo.

Alle 10 1/2 del primo e del terzo giorno, con solennità straordinaria, ebbe luogo il Pontificale Cardinalizio, col cerimoniale solenne richiesto dalla liturgia in tale circostanza e che ebbe speciale risalto dalla grandiosità con cui si svolse, lasciando in tutti coloro che poterono assistervi una cara impressione e un ricordo vivissimo. Il primo giorno pontificò S. Eminenza Reverendissima il Card. Giovanni Cagliero, dei Salesiani; il terzo giorno S. Eminenza il Card. Vico, Pro-Prefetto della S. Congregazione dei Riti e Ponente della Causa. Il secondo giorno il pontificale fu celebrato da Sua Eccellenza Mons. Sibilia Arcivescovo di Syde.

Ogni sera, alle 18, si ebbero i Vespri solenni, pontificati il venerdì dal prelodato Mons. Sibilia, il sabato da Mons. Nasalli-Rocca, Arcivescovo di Tebe, Elemosiniere Segreto di S. S., la domenica da Mons. Virili, Vescovo di Troade.

Dopo i Vespri nelle orazioni panegiriche trattarono il P. Innocenzo da Balme, cappuccino, il Ministero sacerdotale, il Sig. Morino dei Preti della Missione, l'Opera, e il P. Cordovani dei Domenicani, la Santità del novello Beato. Chiusero le funzioni serali le benedizioni col Santissimo, impartite dagli Em.mi Cardinali Cagiano di Azevedo, Ranuzzi de' Bianchi, e Vannutelli, Decano del S. Collegio.

* *

Altro triduo solenne si tenne a Torino nella Basilìca di Maria Ausiliatrice, in ringraziamento a Dio per la Beatificazione del Cottolengo, dal giorno 31 maggio al 3 giugno. I sacri oratori svolsero i temi: Il Beato Cottolengo e la carità - Il Beato Cottolengo e la preghiera - Il Beato Cottolengo e il Ven. Don Bosco - Il nuovo Beato e la Divina Provvidenza. La popolazione di Valdocco accorse numerosissima alle singole funzioni. Ogni sera del triduo la benedizione fu impartita da un rev.mo Canonico della Collegiata del Corpus Domini, cui appartenne il Beato; e la domenica sera dall'Em.mo Card. Maffi, Arcivescovo di Pisa.

* *

L'Em.mo Card. Arcivescovo di Pisa, ospite nostro, aveva lo stesso dì solennemente commemorato il nuovo Beato nel salone-teatro dell'Oratorio a iniziativa della Giunta Diocesana. Lo splendido discorso vien pubblicato di questi giorni. Erano presenti alla Commemorazione, - con un pubblico numerosissimo - le LL. AA. RR. la Principessa Maria Isabella di Baviera, duchessa di Genova, e le figlie Principesse Maria Bona e Maria Adelaide; Sua Em.za Rev.ma il sig. Card. Agostino Richelmv; le LL. Ecc.ze Rev.me Mons. Castrale e Mons. Pinardi; tutte le Autorità Governative, Militari e Cittadine di Torino.

Per gli orfani di guerra.

ROMA. - SCUOLA PRATICA DI AGRICOLTURA dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù. - Togliamo dal programma particolareggiato della Scuola, questa importantissima nota:

« I Salesiani istituendo questa Scuola pratica di Agricoltura, si proposero un duplice scopo: 1° di mettersi in grado di beneficare un numero maggiore di giovanetti e soprattutto i figli dei contadini morti in guerra; 2° di formare dei veri e propri contadini, capaci però per la loro coltura di condurre essi stessi all'occorrenza un'azienda agricola.

» Attesa l'indole della scuola, l'alunno lavora e studia. Lavora la terra, per realmente acquistare l'abitudine a quella che sarà l'occupazione principale della sua vita quando ritornerà alla famiglia, e per meglio apprezzare ed eventualmente dirigere il lavoro altrui; studia, secondo un programma prestabilito, per acquistare le cognizioni necessarie alla pratica razionale dei vani rami dell'agricoltura.

» Allo studio dell'agraria si uniscono quelle nozioni di coltura generale, che sono utilissimo complemento alla istruzione primaria già in parte ricevuta dagli allievi, e quelle nozioni che sono indispensabili per formare un buon amministratore agrario.

» L'educazione morale e civile è basata sull'insegnamento e sulla pratica della Religione, e impartita secondo le massime e norme pedagogiche del Ven. Don Bosco.

» L'insegnamento è diviso in quattro corsi annuali, ed alla fine si rilascia ai meritevoli un certificato o diploma di licenza.

» La durata dell'anno scolastico è di 112 mesi.

» NB. - Per le pratiche d'accettazione rivolgersi al Direttore dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù, Via Marsala 42, Roma ».

NOTIZIE VARIE

Dall'Italia.

A Torino, nella Cappella interna dell'Arcivescovado il 2o aprile u. s., alla presenza dell'Em.mo sig. Card. Agostino Richelmy, si tenne la prima seduta del Processo Apostolico Super fama sanctitatis vitae del Servo di Dio Domenico Savio. È un altro passo che fa la Causa di Beatificazione del piissimo allievo del Ven. Don Bosco. Gli ammiratori, specie i giovinetti, preghino perchè essa proceda alacremente colla benedizione di Dio.

Alla metà di questo mese l'Em.mo Card. Cagliero si recherà a Torino per prender parte ai solenni festeggiamenti che si celebreranno nella «Piccola Casa della Divina Provvidenza», in onore del Fondatore, il Beato Giuseppe Benedetto Cottolengo, e del titolare S. Vincenzo de' Paoli. All'Em.mo Principe l'espressione della nostra viva esultanza e i migliori auguri.

Gli orfanelli di guerra, accolti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice a Torino, il 23 giugno u. S., dopo una visita al Santuario di Valdocco, erano condotti su di un camion della Croce Rossa alla nuova Casa di Grugliasco, che ha preso il nome d'Istituto Domenico Savio per Orfani di guerra, diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. I cari orfanelli, son già venticinque. Tre poveri fratellini erano stati accolti la mattina della partenza per Grugliasco. Diremo di loro più diffusamente un altro mese.

Il Circolo Giovanni Bosco di Torino si è fatto promotore di varie pietose iniziative a favore degli orfani di guerra raccolti nell'Istituto Don Bosco a Monte Oliveto (Pinerolo). Una sottoscrizione, aperta in occasione del Io decennio dalla fondazione del Circolo, fruttò già l'egregia somma di L. 650, che fu consegnata al Sig. D. Albera la sera che si commemorò nel teatrino dell'Oratorio Salesiano la data suddetta. La sezione filodrammatica diede due recite a favore dell'Istituto, nel teatro civico di Pinerolo. Il Consiglio Direttivo, di questi giorni, ha deliberato di provvedere di un armonio la cappella degli orfanelli. - Segnaliamo le opportune sollecitudini del Circolo Giovanni Bosco all'ammirazione degli Ex allievi.

Dall'Estero.

Sua Ecc. Rev. Mons. Terreno, Vescovo di La Plata erigeva testè e dedicava a Maria Ausiliatrice una nuova Parrocchia in Berisso lungo la sponda del fiume della Plata, in provincia di Buenos Aires.

Altra nuova Parrocchia è stata dedicata a Maria Ausiliatrice nell'Argentina, all'estremo Ovest di quella repubblica presso la Cordigliera delle Ande.

Il 27 aprile u. s. a Lima del Perù si collocava c )n solennissima cerimonia la prima pietra di un grandioso Santuario in onore di Maria Ausiliatrice. Daremo nel prossimo numero altri particolari giuntici all'ultima ora.

Esercizi Spirituali PRI Cooperatori Salesiani.

Al Santuario di Piova.

Il rev.mo sig. Don Albera, nel desiderio di richiamare in fiore una delle più sante sollecitudini di D. Bosco, ha deciso di tener quest'anno un Corso d'Esercizi Spirituali per Cooperatori, Ex-allievi d Istituti Salesiani, ed altri secolari, che bramano passare una settimana in quiete e in pio raccoglimento. L'invito è rivolto in modo speciale anche agli insegnanti.

Il Corso avrà luogo - dalla sera del 5 al mattino del 12 agosto - nel Santuario di Piova, presso Castellamonte (ferrovia Torino=Castellamonte, con fermata a Castellamonte) donde, in un'ora, si arriva comodamente al Santuario. La retta è fissata in L.26.

Le domande siano inviate - non più tardi del I agosto - allo stesso rev.mo sig. D. Paolo Albera, Via Cottolengo, 32, Torino.

A Nizza Monferrato.

Nell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato; il solito Corso di Esercizi Spirituali, dettato da Sacerdoti Salesiani per le exallieve di quel fiorente Istituto e altre pie Signore e Signorine, desiderose di ritemprarsi nello spirito, avrà luogo dal 2o al 25 agosto. La retta è di I,. 20, ove non si abbisogni di speciali riguardi per vitto e alloggio. Le domande sieno inviate alla rev.ma Suor Caterina Daghero, Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato - non più tardi del 15 agosto.

NECROLOGIO

Mons. Tommaso Facta.

In poco tempo l'Archidiocesi di Torino perdeva tre dei suoi migliori pastori, tutti e tre ex-allievi di Don Bosco.

Il primo fu il rev.mo Mons. Tommaso Facta, Vicario Foraneo e Parroco di S. Maria a Racconigi. Sacerdote pio ed esemplare, fu il modello del buon pastore, che edifica il suo gregge colla parola e coll'esempio. Uomo di fede, fu di un'attività prodigiosa, quotidiana, instancabile, che raccolse mirabili frutti di vita cristiana.

Mons. Antonio Tresso.

Un'altra perdita gravissima fece l' Archidiocesi di Torino colla morte di Mons. Antonio Tresso, Vicario di Lanzo Torinese.

Succeduto al Teol. Albert, che aveva per Don Bosco la più profonda ammirazione, ne ereditò lo zelo, la pietà e l'operosità. Nei suoi intimi colloqui godeva di ricordare la vita dell'Oratorio e rievocare le mille sollecitudini di Don Bosco per la formazione del giovane Clero! Invero, che mirabile scuola fu quella !

Il Signore doni al compianto Monsignore la pace dei giusti !

Mons. Giacinto Ballesio.

Ex-allievo del V en. Don Bosco e a Don Bosco carissimo, spirava santamente in Moncalieri, dove era prevosto e vicario foraneo da molti anni, il 22 maggio u. s., antivigilia della festa di Maria Ausiliatrice.

Le pagine più belle sulla vita intima di Don Bosco vennero pubblicate da lui nell'elogio che egli lesse del Venerabile al funerale celebratosi nel 1888, a cura degli Ex-allievi, nel Santuario di Maria Ausiliatrice.

Mite, pio, caritatevole, godeva illimitatamente l'affezione e la stima dei colleghi e della sua popolazione. Anche la compianta Principessa Maria Clotilde, di Savoia-Napoleone, lo aveva carissimo. Era stato nominato Monsignore in occasione del suo Giubileo Sacerdotale, su proposta del rev.mo nostro Superiore Generale, per le molte sue benemerenze e per l'affetto vivissimo che nutrì sempre per Don Bosco e le sue Opere. La sua memoria resta in benedizione.

Omai potremmo fare un lungo elenco di sacerdoti e parroci, insigni per pietà, dottrina e zelo pastorale, formati alla scuola di Don Bosco, che furono, in tempi assai difficili, una vera provvidenza per le singole diocesi subalpine. E sarebbe un elenco necessario per conoscere appieno i mirabili frutti dell'operosità di Don Bosco !

Giovanni Weber.

Spirava nel Signore a Firenze il giorno 21 del p. p. gennaio inaspettatamente. Ammiratore entusiasta delle opere del Ven. Don Bosco, legava in particolar modo il suo affetto alla Chiesa della S. Famiglia, concorrendo alla sua costruzione con generose. offerte. Soleva firmarsi (i un forestiero stabilitosi a Firenze » e si compiaceva d'aver pel primo, a titolo di buon esempio e di incoraggiamento ad altri benefattori, assunto l'impegno, come patrono, dell'erezione di una cappella, che sarà quella intitolata a Maria SS. Ausiliatrice. Dal Cielo possa egli veder presto effettuato il suo voto!

Al fratello Luigi e ai nipoti torni di cristiano conforto l'assicurazione dei nostri suffragi.

Giuseppe Salotti.

Il 12 maggio, a Grotte di Castro, suo paese natio, spirava, quasi improvvisamente, Giuseppe Salotti, padre di Mons. Carlo.

Giuseppe Salotti fu uomo esemplare, integro di costumi e saldo di carattere, che con la rettitudine e col sacrificio riuscì a formare una famiglia onorata. Per la sua bontà, dolcezza e probità personale, non ebbe nemici ; era amato da tutti.

A Monsignor Carlo, colpito da sì grave sciagura, le espressioni sincere del nostro cordoglio e l'assicurazione di ferventi suffragi.

Rita M. De Ramos Mejia.

Si addormentò placidamente nel Signore a Buenos Ayres alle ore 3 antimeridiane del Sabato Santo 1917, in età di anni 8q.

Da molti anni era Cooperatrice Salesiana, e cooperava, si può (lire, a tutte le opere di carità di quella Capitale. Appena si sentì indisposta, volle al suo fianco un sacerdote salesiano, e lo pregò che non si allontanasse se non dopo che avesse reso a Dio l'anima sua. Teneva in mano un'immagine di Maria Ausiliatrice, di cui era divotissima, e spirò baciandola e ribaciandola con profonda pietà. Apparteneva ad una delle più nobili famiglie argentine. Lascia numerosi parenti, eredi delle sue virtù.

Giovanni Galbiati.

Si spense in Lesmo il 19 aprile u. s., munito di tutti i conforti religiosi, in età di 8o anni.

Cooperatore zelante, attuò in anodo mirabile, e nell'oscurità in cui amava ecclissarsi, due delle raccomandazioni che il nostro Venerabile Don Bosco faceva a' suoi cari Cooperatori, cioè : zelo ardente nell'opera dei catechismi ai figli del popolo e ai più ignoranti; - zelo ardente nell'opera della buona stampa, specie periodica.

Iddio premi il suo servo fedele!

Ercolina Borsetti.

Maestra in ritiro, moriva in Ivrea il 14 dicembre u. s. Piissima, spese la sua vita nel far del bene.

Quei nostri confratelli la ebbero benefattrice munifica. Mentre avremo per la sua memoria imperitura riconoscenza, preghiamo i nostri lettori a suffragare l'anima eletta.

Ing. Andrea Zuccoli.

Spirava il 26 marzo u. s., munito di tutti i conforti religiosi in Iseo, sua patria, lasciando nel pianto il fratello e le sorelle superstiti, e ricca eredità di stima e di affetto in quanti lo conobbero. Ex-allievo del Collegio di Valsalice, conservò per l'opera del Ven. Don Bosco grande benevolenza, di cui diede chiara prova nel costante appoggio da lui prestato al locale Oratorio festivo. I Salesiani di Iseo ebbero sempre in lui un saggio consigliere, un generoso benefattore, uri padre affettuoso e solerte..

Altri Cooperatori defunti.

Alloati Luigi - Mirafiori (Torino).

Allongi Alfonso - S. Giovanni Gemini (Girgenti). Anselmi Carolina - Chivasso (Torino). Asvisio D. Antonio - Pramollo (Torino). Bacigalupo Emilia - Torino. Balsamo Sebastiano - Chiusa di Pesio (Cuneo). Barbaresi prof. D. Pasquale - Asti. Bellenghi Teresa - Mercato Saraceno (Forli). Bertoli Vincenzo, insegnante - Pori tremoli. Rigatti D. Zaccaria - Castano I (Milano). Boux Massimo - Caluso. Bovero Giovanni - Saluzzo. Calcaterra Enrichetta in. Gavinelli - Bellinzago. Cari farti Amilcare - Torino. Capitanio Fiorino - Vilminore.

Caroni, sorelle - Mendrisio (Svizzera Canton Ticino). Casetta D. Carlo - Asti.

Castagna can. D. Antonio - Pinerolo.

Caudana cari. cav. D. Vincenzo - Pino Torinese. Ceriana comm. ing. Francesco - Torino. Cibien Angela - Belluno. Costella Celeste - Bardi (Piacenza). Covezzi Arturo - Mezzogorro (Ferrara). Cristiani Maddalena - Scaldasole (Pavia). Denassi Trivelli Elisa - Parma.

Dompè Catterina Vallino - Benevaggiena (Cuneo). Duroni Silvia Rovelli - Castelnuovo Fogliani (Piacenza). Fabbris Riccardo - Palmanova (Udine). Farmeschi D. Riccardo - Greve (Firenze). Fava Nicola - Tassarolo (Alessandria). Ferrero d'Ormea marchese Gustavo - Torino. Fraschetti Guido - Roma.

Geneo Agostino - S. Giovanni Gemini (Girgenti). Gianelli Prasede - Lucca. Giocattoli Prasede in Giovanelli - Lucca. Grandi Teresa - Milano. Locatelli Filippo - Berbenno (Bergamo). Lorenzi Elena - Pomezzana (Lucca). Madonnini Giuseppe - Lodi. Mathi Tobia - Formazza (Novara).

Mazzetti Pizzorni Geronima - Rossiglione Sup. (Genova). Mazzoldi Luigia - Spezia.

Milani Giovanna - Prata di Pordenone (Udine)

Orlandi Arrigoni Calimero fu Simone - Olginate (Corno). Pagliasotti Domenica n. Andreina - Bosconero (Torino). Pelleriuo Pacifico - Torino.

Perlo Andrea - Torino.

Pighi Teresina - Parona Valpolicella (Verona). Pirola Maria - Pozzo d'Adda (Milano), Ponzio D. Giuseppe - Milano. Radicati di Brozzolo conte Arialdo - Torino. Rizzo Antonietta - Rossiglione (Genova). Salvini D. Pietro - Cecione (Firenze). Santiano Zuccotti Albina - Torino. Sassetti Catterina - Pinerolo.

Suppo Maria fu Filiberto - Villardora (Torino). Tarsi Luigi - Monterado (Ancona).

Torre Girolamo (Giuberga) - S. Olcese (Genova). Uhaldi cav. avv. Giuseppe - Spoleto (Perugia). Valla Maria - Saliceto (Critico). Viglietta Ch. Sebastiano - Licata (Girgenti). Vignuzzi Angelo - S. Pietro in Vincolo (Ravenna).