BS 1910s|1913|Bollettino Salesiano Marzo 1913

ANNO XXXVII - N. 3   Torino, Via Cottolengo, 32   MARZO 1913

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO

SOMMARIO: Amiamo il Papa    65 La devozione di D. Bosco al Papa . . 66 Un omaggio alla « papalità » di D. Bosco e di D. Rua 71 I sentimenti di D. Bosco intorno il Papa . . . . 73 Per il Monumento a D. Bosco 74 Il XVI° Centenario della Pace della Chiesa: Letture storiche, I - II   . 76

I Fanciulli e della necessità di educarli cristianamente 8o

DALLE MISSIONI : Sosteniamo le Missioni - Rep. Argentina: Dall'alto Neuguén - Frutti abbondanti 82

IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Pel 24 corrente - Dall'Equatore - Grazie e graziati   85

NOTE E CORRISPONDENZE: Il XXV° della morte

di D. Bosco - Feste e conferenze salesiane - Gli ex-Allievi - Tra i figli del popolo - Notizie varie: In Italia; all'Estero    88

Amiamo il Papa

„Il Papa è il guardiano del dogma e della morale; è il depositario dei principi che formano onesta la famiglia, grandi le nazioni, sante le anime; è il consigliere dei principi e dei popoli; è il capo sotto del quale nessuno sentesi tiranneggiato, perehè rappresenta Dio stesso; è il padre per eccellenza che in sè riunisce tutto che vi può essere di amorevole, di tenero, di divino....

,,...Come si deve amarlo il Papa? Non verbo neque lingua, sed opere et veritate. Quando si ama una persona si cerca di uniformarsi in tutto ai suoi pensieri, di eseguirne i voleri, di interpretarne i desideri. E se nostro Signor Gesù Cristo diceva di sè: si quis diliget me, sermonem meum servabit, così per dimostrare il nostro amore al Papa è necessario ubbidirgli.

,,Perciò quando si ama il Papa, non si fanno discussioni intorno a quello che Egli dispone od esige, o fin dove debba giungere l'obbedienza, ed in quali cose si debba obbedire; quando si ama il Papa non si dice che non ha abbastanza parlato chiaro, quasi che Egli fosse obbligato di ripetere al! orecchio di ognuno quella volontà chiaramente espressa tante volte non solo a voce, ma con lettere ed altri pubblici documenti; non si mettono in dubbio i suoi ordini, adducendo il facile pretesto di chi non vuole ubbidire, che non è il Papa che comanda ma quelli che lo circondano; non si limita il campo in cui Egli possa o debba esercitare la sua autorità; non si antepone alla autorità del Papa quella di altre persone per quanto dotte che dissentano dal Papa, le quali se son dotte non son sante, perchè chi è santo non può dissentire dal Papa (*)".

Nel mese in cui ricorre l'onomastico del S. Padre, richiamiamo l'attenzione su questo „sfogo di un cuore addolorato" che deplora la condotta di tanti „che non solo si permettono di discutere e sindacare i voleri del Papa, ma non si vergognano di arrivare alle impudenti e sfacciate disubbidienze" (**) nella certezza che i nostri dilettissimi Cooperatori ne saranno stimolati a raddoppiare concordemente il loro ossequio, il loro affetto, la loro pietà verso il Papa.

(") Allocuzione detta dal S. Padre ai Sacerdoti dell'"Unione Apostolica" il 18 nov. 1912. Cfr. Acta Apostolicae Sedis del 2 dic. u. s. pag. 693.

(") lui.

La devozione dì don Bosco al Papa (1)

CoM'ebbe a scrivere il rev.mo nostro Rettor Maggiore D. Albera nell'ultima sua lettera ai Cooperatori, quest'anno ricorrono due date, alle quali voi, come Cattolici e come Cooperatori, non potete rimanere indifferenti.

Ricorre innanzi tutto il XXV° anniversario della morte del Ven. D. Bosco. Oh! non par vero, perchè la sua cara imagine paterna è ancora così vivamente impressa nella nostra mente e nel nostro cuore; non par vero, perchè il suo spirito aleggia ancora così sensibile e così possente in mezzo a noi ; non par vero, perchè la ferita che ha aperta nel nostro cuore la sua dipartita non è ancora del tutto rimarginata e molte volte pensando a lui, richiamando i suoi amabili tratti, ricordando le sue dolci parole, gli occhi nostri si velano di lagrime; eppure sono già 25 anni che il buon padre ci ha lasciati, sono già 25 anni che pellegriniamo a Valsalice a far voti e preghiere sulla sua tomba...

E insieme a questa data così memoranda un'altra ne ricorre, di diversa natura, ma anch'essa memoranda e solenne: il XVI° Centenario della libertà concessa alla Chiesa da Costantino il Grande. Ora se la prima data ci impone, quasi come un dovere, di parlare di D. Bosco, la seconda ci suggerisce di considerarlo sotto un aspetto speciale, in relazione cioè colla Chiesa o ciò che fa lo stesso col Sommo Pontefice, perchè, secondo la bella e profonda espressione del nostro S. Francesco di Sales, la Chiesa ed il Papa sono tutt'uno.

Fu già detto: il cattolicismo o è tutto o è nulla; o lo si accetta nella sua interezza, e allora si è veramente cattolici e si rimane uniti di un'unione viva e feconda colla Chiesa; o se ne rigetta anche un punto solo, e allora cessa questa viva e feconda unione, si è come rami distaccati dal tronco da cui solo può suggere la linfa vitale. Riguardo adunque all'esigere l'assenso del nostro intelletto e la nostra pratica professione, tutto ciò che riguarda la fede e la morale ha la stessa importanza, lo stesso valore.

Ma se è vero ciò, è pur vero che vi sono dei punti della fede e della morale che hanno un'importanza particolare, in quanto che sono come la pietra di paragone per giudicare se un cattolico è intimamente, praticamente, completamente tale: essi sono come gli indici di un pieno e perfetto cattolicismo.

Uno di questi indici, anzi il più chiaro, il più sicuro, è senza alcun dubbio il modo di pensare e di sentire intorno al Papa, è l'ossequio, l'obbedienza, la devozione che si presta al Sommo Pontefice.

Chi è il Papa? È il Vicario di Gesù Cristo; è Gesù Cristo medesimo che sotto le sembianze umane perpetua la sua presenza in mezzo agli uomini. Il Divin Redentore, per confortare gli Apostoli, mesti all'annunzio del suo prossimo ritorno al Padre, disse loro: State di buon animo: io pur salendo al Cielo, non vi abbandonerò: Io resterò con voi fino alla consumazione dei secoli. - E compì la sua promessa. Sì! Gesù Cristo è tutt'ora l'Emmanuele, il Dio in mezzo agli uomini. Lo è per mezzo del SS. Sacramento, dove si nasconde sotto le specie eucaristiche per essere l'alimento della nostra vita spirituale; lo è, in un modo diversissimo, ma ancora in tutta la sua divina efficacia, nel Sacerdozio impersonato nel Papa, dove si nasconde sotto le sembianze dell'uomo per continuare ad essere il maestro, il dottore, il reggitore delle anime.

L'Eucaristia e il Papa adunque sono i due veli sotto i quali si occulta agli occhi della nostra carne inferma, ma non agli occhi della nostra fede, Gesù Cristo tutt'ora vivente in mezzo alla umanità. Sotto l'un velo è il suo corpo, il suo sangue, la sua anima, la sua divinità; sotto l'altro velo è il magistero infallibile della sua parola, è il potere inalienabile della sua divina autorità. Quando il credente si accosta alla S. Mensa, egli è certo che, ricevendo ciò che ai suoi sensi non sembra che pane, riceve in sè Gesù Cristo, vero, reale, sostanziale; quando il credente ascolta il Papa, è egualmente certo che nella parola, che a' suoi orecchi suona parola di uomo, intende effettivamente la parola di Gesù Cristo Dio.

Nè questa è la dottrina di questo o di quel dottore, di questo o di quel teologo ; ma di tutti i dottori, di tutti i teologi: è la dottrina veramente cattolica che hanno professata tutti i sinceri credenti, e che Dante stesso ha rivestita di tutti i fulgori della sua arte inarrivabile. Chi non ricorda i suoi commossi versi immortali?

Perchè men paia il mal futuro e il fatto Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso E nel Vicario suo Cristo esser catto:

Veggiolo un'altra volta esser deriso Veggio rinnovellar l'aceto e il fiele E tra vivi ladron esser anciso (1).

Lo vedete? Dante ammette con tanta pienezza di fede che nel Papa rivive Gesù Cristo, che negli oltraggi fatti ad un Papa, che pur stimava suo nemico personale, vede gli oltraggi fatti a Gesù Cristo, e nella cattura di quel Papa vede rinnovata la cattura di Gesù C.

Ammettere questa dottrina, e non solo ammetterla, ma sentirla , viverla, attuarla in tutta la sua estensione , in tutta la sua portata , ecco il pieno e perfetto cattolicismo, ecco « il criterio sicuro, la regola infallibile per conoscere e gìudicare e misurare di quale e di quanta vita cattolica palpiti il cuore di chi è nella Chiesa (2). » E la ragione è semplice: vedere nel Papa Gesù Cristo è professare in modo sovra eminente la divinità di Gesù Cristo, e nella professione di questo dogma è tutta la dottrina e la religione cattolica: Christus tota religio nostra.

Una riprova di ciò la possiamo trovare nella condotta di quei cattolici per eccellenza, che sono i Santi. Dio è mirabile ne' suoi santi : mirabilis Deus in Sanctis suis. Ciascuno d'essi ha avuto il suo temperamento, il suo carattere, le sue speciali attitudini, i suoi doni, la sua propria fisionomia morale che si distingue nettamente da tutte le altre ; ma essi, dissimili gli uni dagli altri sotto tanti aspetti , si assomigliano tutti in questo, nell'aver professata e praticata la più assoluta, la più illimitata devozione e sottomissione al Papa.

Bello sarebbe raccogliere una fiorita delle espressioni che sgorgarono spontanee dal loro cuore manifestando nelle forme più varie l'identico sentimento.

« Se il Papa me lo comandasse, diceva S. Ignazio di Loyola, io non esiterei ad abbandonarmi al mare più tempestoso in una nave senza remi, senza vele, senza timone, e sarei sicuro di arrivare felicemente al porto: la parola del Papa supplirebbe a tutto. »

« Ah! io vorrei esser sempre vicino al Papa, diceva s. Vincenzo Ferreri, per attaccarmi a lui come un bambino si attacca alla gonna della madre sua e si lascia da lei condurre dovunque a lei piaccia.»

« O Santi Apostoli, esclamava in una specie di estasi un altro Santo dopo una visita fatta al Papa, io più non vi invidio per aver veduto Gesù, per aver potuto con lui conversare: sono stato a Roma, ho veduto il Papa, ho ascoltato la sua parola; sono adunque stato in certo modo partecipe della vostra sorte avventurata. »

« Oh gran Padre del popolo cristiano, esclamava un altro Santo ancora, dicano di te quello che vogliano gli uomini; come S. Pietro ha detto del Divino Maestro: Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo : così io dirò sempre di Te Tu sei il Dio vivente in terra. »

Altre citazioni sarebbero inutili: tutti i Santi hanno così pensato, così sentito del Papa; e furono santi perché del Papa hanno pensato ed hanno sentito così. Ebbene possiamo proclamarlo a gran voce: anche D. Bosco ebbe questi stessi sentimenti : egli non fu secondo a nessuno nella devozione e nel culto al Capo Supremo della Chiesa....

A provare la sua asserzione il conferenziere passava rapidamente in rassegna gli scritti più importanti di D. Bosco e tratteggiava i fatti principali della sua vita. Diceva tra l'altro:

La piena e perfetta adesìone e sommissione che ebbe D. Bosco alla Chiesa e al suo Capo Supremo a me par già di vederle nello scopo speciale che assegnò alla Pia Società da lui fondata.

D. Bosco nella sua vita ebbe un solo pensiero che brillò di luce sempre più vivida alla sua mente, un solo desiderio che infiammò il suo cuore, un solo ideale che affulse al suo spirito : la salute delle anime. Nell'empito della sua carità sconfinata egli avrebbe voluto di un solo amplesso stringere tutte le anime per tutte gettarle nelle braccia di Gesù Cristo; di qui il suo grido : Da mihi animas, caetera tolle.

Dovendo però necessariamente limitare l'opera sua, egli rivolse le sue cure specialissime ai fanciulli: la gioventù fu veramente la predilezione del cuore di D. Bosco. Ora non vi è in ciò tutto lo spirito di Gesù Cristo, della Chiesa, dei Sommi Pontefici?

Gesù Cristo amò di un amore infinito tutti gli uomini; Egli sparse per loro tutto il suo Sangue, e ciò che fece per tutti sarebbe stato disposto a farlo per ciascuno; ma non è egli vero che per la gioventù ebbe una predilezione particolarissima? Aprite il Santo Vangelo; una delle espressioni più commoventi e più dìvinamente belle che balzano fuori da quelle sacre pagine, è il sinite parvulos venire ad me. E quando Gesù poteva averli attorno a sè i fanciulli, li stringeva al suo cuore, e imponendo sopra di loro le sue mani li ricolmava delle sue benedizionì; et complexans imponensque eis manus benedicebat eos. - E con quali mirabìli espressioni non cercò di trasfondere in altrui i suoi propri sentimenti! Per inculcare l'amore verso i fanciulli, disse che avrebbe ritenuto fatto a se stesso tutto ciò che si sarebbe fatto verso il più piccolo di loro; per ispirare verso di essi un religioso rispetto, disse che ai loro fianchi vegliano di continuo quegli angeli stessi che in Cielo fissano gli sguardi nella faccia svelata di Dio; e infine, per stornare il pericolo che altri attentasse alla loro innocenza, scagliò contro lo scandaloso il più terribile anatema che sia amai uscito dal suo labbro. Cosa veramente sorprendente, osserva a questo proposito il Card. Wiseman : di Giuda che lo vendette per trenta danari altro Gesù non disse che sarebbe stato meglio non fosse nato quell'uomo; ma a colui che osasse scandolezzare un fanciullo augurò fosse legata una macina da molino al collo e gettato nel più profondo del mare !... Minor colpa, pare volesse insinuare, minor colpa tradire il Sangue del Giusto, dar nelle mani dei nemici che lo crocifiggeranno il Figlio dell'uomo, che macchiare l'anima di un fanciullo innocente

E l'amore, la predilezione di Gesù pei fanciulli fu ereditata dalla Chiesa. Fin dai primi tempi essa si compiaceva di vederli raccoltì in bella corona attorno agli altari a prestare nelle sacre funzioni quei servizi di cui erano capaci : ad essi distribuiva i frammenti che sopravanzavano alla Sacra Mensa ; ed uno dei più importanti uffici che assegnò ai diaconi e alle diaconesse fu quello di vigilarli, custodìrli, educarli. Più tardi ordinò ai parroci e a quanti avessero cura d'anime di prendersi cura dell'istruzione religiosa dei fanciulli per mezzo dei catechismi fatti per loro ; ed infine quante opere sorsero nel corso dei secoli a vantaggio della gioventù, tutte le incoraggiò, le protesse, le favorì.

E i Sommi Pontefici, che cosa non fecero essi a benefizio e per la salvezza della gioventù? Fu già osservato che forse non vi fu Papa, anche di breve pontificato, il quale non abbia emanato qualche Atto per ricordare al clero e al popolo il dovere gravissimo della cristiana educazione della gioventù. In questo tutti i papi si assomigliano: Gregorio VII a Innocenzo III, Giulio II ad Adriano VI, Leone XIII a Pio X.

D. Bosco adunque fondando una istituzione che aveva per iscopo precipuo la educazione dei fanciulli, dava segno con ciò solo di entrare nel più vivo spirito di Gesù Cristo e della Chiesa egli offriva una luminosa prova che faceva suoi i pensieri , i sentimenti, gli intenti da cui furono mai sempre animati i Supremi Reggitori delle anime.

Nè si tenne pago di ciò il Venerabile. Propostasi un'idea così perfettamente consona allo spirito della Chiesa, nell'attuarla egli volle in tutto e per tutto obbedire alle ispirazioni del Papa.

A prima vista potrebbe far meraviglia lo straordinario interessamento che Pio IX, pur in mezzo al suo travagliatissimo pontificato, si prese dell'Opera salesiana; ma la meraviglia cessa quando si entra in una più profonda conoscenza dei fatti. Pìo IX non fu un semplice protettore e benefattore dell'Opera di D. Bosco, egli ne fu un secondo padre. Se la Pia Società Salesiana è quello che è, se ha una fisionomia particolare per cui si distingue da altre Istituzioni congeneri, ciò lo si deve in gran parte a Pio IX.

Fu Pio IX che suggerì a D. Bosco di legare i suoi figli non con semplici promesse, ma con voti religiosi, però con voti religiosi semplici, affinchè se qualcuno fosse entrato in Società senza una vera vocazione, potesse meno difficilmente uscirne.

Fu Pio IX che suggerì a D. Bosco una Regola mite e di facile osservanza, tenendo conto dello stato presente degli animi e delle nuove esigenze della vita.

Fu Pio IX che suggerì che i Salesiani non vestissero un abito particolare che richiamasse sopra di se l'attenzione delle persone estranee.

Fu Pio IX che suggerì di trovare un modus vivendi per cui il salesiano fosse davanti alla Chiesa un vero religioso, e davanti alle Autorità civili e politiche un libero cittadino.

Fu Pio IX infine che suggerì che la nuova Istituzione non si chiamasse col nome di Congregazione, ma semplicemente con quello di Pia Società.

E D. Bosco sui precisi suggerimenti di Pio IX stese la sua Regola, che il Papa rivide facendo di suo pugno correzioni ed aggiunte.

Diciamolo adunque con un santo compiacimento: la Pia Società Salesiana, a ben riguardare, non fu l'emanazione di un sol cuore, ma di due cuori, due dei più bei cuori di cui Dio fe' dono all'Italia e al mondo in questi ultimi tempi: il cuore di D. Bosco e il cuore di Pio IX. Dio affretti il giorno in cui li possiamo amendue venerare sugli altari!...

Accennando in seguito i fatti più importanti che seguirono la fondazione della Pia Società Salesiana, il conferenziere conchiudeva:

Chi sono i Cooperatori Salesiani ? Sono una parte cospicua della grande Famiglia salesiana: sono pie persone che rimanendo nel mondo vogliono far propri i pensieri, i sentimenti, le aspirazioni, gli intenti di Don Bosco. Se adunque volete esser degni Cooperatori salesiani ricordatevi che è parte del vostro compito conservare e fomentare in voi, diffondere intorno a voi quei sentimenti che informarono tutta la vita di D. Bosco, che furono l'anima della sua anima: i sentimenti di amore, di rispetto, di obbedienza, di devozione al Papa.

Pur troppo i tempi non corrono favorevoli a questi sentimenti. Spira nell'aria un vento di libertà intollerante di ogni legge e d'ogni freno: ciascuno vuol essere padrone assoluto, sovrano eslege dei propri pensieri , della propria volontà, dei propri atti: è misconosciuta ogni autorità e più delle altre l'autorità religiosa, la quale non usa mezzi coercitivi per farsi obbedire e rispettare.

Ma se questo è lo spirito del secolo, non è quello di D. Bosco, che fu spirito di carità, di fratellanza , di con cordia tra i simili, di obbedienza e di sottomissione a tutte le autorità e sopra ogni altra all'autorità religìosa, perchè bisogna obbedire prima a Dio che aglii uomini, perchè è dovere imprescindibile di giustizia dare prima a Dio quello che è di Dio, e poi a Cesare quello che è di Cesare.

Sì! dobbiamo obbedire all'Autorità religiosa, al Vicario di Gesù Cristo; e ciò non solo quando le sue idee consuonano colle nostre, ma anche quando l'obbedienza costasse il sacrifizio della nostra volontà, la rinunzia alle nostre personali vedute: è in ciò sopratutto che si riconoscono i veri, i sinceri, gli autentici cattolici...

Un giorno N. S. Gesù Cristo tenne davanti ad una moltitudine un discorso che non piacque a tutti e non fu da tutti compreso. Gli uomini orgogliosi, quelli che non volevano conformare il loro giudizio a quello di Gesù Cristo, ma pretendevano che il giudizio di Gesù Cristo si conformasse al loro, crollarono dispettosamente la testa e dissero durus est hic sermo : è oscuro questo linguaggio : noi non lo possiamo comprendere. Così se ne andarono, diventando i lontani precursori degli eretici, dei liberi pensatori, dei ribelli della Chiesa.

Ma gli Apostoli , i discepoli, pensando che il linguaggio che non potevano allora comprendere l'avrebbero compreso più tardi e che ad ogni modo non spettava loro discutere la parola del Divino Maestro, si strinsero più e più intorno a lui ; e quando egli, quasi per mettere a prova la loro fedeltà, disse loro: volete andarvene anche voi ? Pietro, a nome di tutti proruppe in quelle parole: o Signore, dove noi andremo lontani da te? Tu solo hai le parole di vita eterna: verba vitae aeternae habes.

Ecco il grido della fede umile e semplice, ecco il linguaggio che si addice al sincero credente. Qualunque cosa il Papa comandi, si comprenda o non si comprenda la ragione del suo comando, noi dobbiamo esclamare: Parlate, o Padre Santo, chè il vostro servo ascolta; Voi, Voi solo, Ombra vivente di Gesù Cristo, Sacro Velo in cui si avvolge l'Uomo-Dio, maestro e reggitore delle anime, Voi solo avete parole di Vita eterna: verba vitae aeternae habes.

(1) Dalla Conferenza tenuta ai Cooperatori Salesiani di Torino il 1° febbraio u. s. nella chiesa di S. Giov. Evangelista, dal Sac. DOTT. ALESSANDRO LUCHELLI, direttore del Collegio Municipale di Alassio.

(1) Purg XX, 87 e seg.

(2) Maffi : Pastorale della Quaresima 1913.

UN OMAGGIO alla "papalità" di D. Bosco e di D. Rua

L'Em.mo Sig. Card. PIETRO MAFFI, Arcivesco di Pisa, nell'ultima sua Lettera Pastorale, con quella profonda ed elegante eloquenza che glì è propria, tratta egli pure del Papa. Leggano i nostri Cooperatori questi pochi brani, ove troveranno ricordati con sommo onore i nomi di Don Bosco e di Don Rua, e certamente ne proveranno un alto godimento spirituale.

DA alcuni anni è invalsa nell'America, specialmente a Nuova York, una forma di costruzioni, che crea edifici e case di venti, di trenta, oramai quasi di quaranta piani, che il popolo, con linguaggio ardito ma efficace, chiamò i gratta-cieli. Più che altrove, frequenti e facilissime lassù le vertigini, sicchè fa d'uopo agli operai, con speciali esercizi, di prepararsi a star saldi e sicuri al lavoro a quelle altezze, dove nessun fallo sarebbe piccolo ed ogni ancorchè minimo errore riuscirebbe fatale. E narrarono i giornali del luglio scorso (1) di un arditissimo operaio, Carlo Samuele Hugues, che volendo addestrare il proprio figliuolo, un bambino di sette anni, e prepararlo a reggersi tranquillo e signore di sè sui pinnacoli delle fantastiche costruzioni; un dì con sè lo portò all'antenna della bandiera che sventola sul palazzo municipale di Nuova York (2) e là strettosi il padre coi piedi all'antenna, protese il corpo all'infuori, e sul vuoto, che immenso e spaventoso vaneggiava sotto, sulle sue braccia resse ed a lungo aggirò il suo bambino. Discesi, fu chiesto al bambino se avesse avuto paura:

- No - diss'egli - era con mio padre!

In questa espressione confidente e sicura, del piccolo Hugues la regola, che, nella divozione al Papa, io vorrei lasciare a voi. In alto, ove d'ogni intorno lo circondano e soffiano i venti; sopra un abisso, che impaziente lo invoca e lo attende per infrangerlo ed annientarlo; isolato nello spazio, senz'avere dove il piede si punti o la mano s'afferri, il bambino è tuttavia tranquillo e felice : perchè? Era con mio padre ! Ed ai cattolici che sentono sibilar la guerra, che vedono spalancate le voragini, che non sanno ove ristar col piede, ecco la parola abbandonatevi sulle braccia del Papa, che son di padre: di che poi temerete voi? Di una cosa sola siate premurosi e preoccupati - di donarvi al padre con un abbandono pieno e sincero: la pace e la sicurezza, poi la palma e la corona non mancheranno e saranno eterne con voi.

Più che un regno la Chiesa è luna famiglia, nella quale il capo è salutato col nome soavissimo di padre, anzi di Santo Padre. E padre, noi non gli saremo figli? e figli, non gli daremo ciò che ogni padre ha diritto di avere dai figli suoi e che si compendia e sta in un tributo, che ogni altro tributo raccoglie e impreziosisce, e senza del quale è nulla ogni altro tributo, quello dell'amore?...

La parola più desolata e straziata che talvolta ebbi il dolore di raccogliere dal labbro di povere madri o di padri incanutiti, che mi narravano delle amarezze ricevute da un figlio ingrato, fu sempre questa: Non mi ama più! - Trascinato dalle passioni, sarà caduto in miserevoli colpe; trasportato dall'ira, avrà commesso un delitto; colpe, che si deplorano, ma che pure si spiegano e che non spengono le speranze di un pentimento e di un ritorno. Ma allorchè nell'anima di un figlio è spento l'amore al padre, alla madre stia, in qual luce confidare, che quell'anima rischiari e riscaldi ancora? Non si arriva a distruggere nel cuore di un figlio l'amore del padre se non dopo avervi abbattuto ogni altro amore benedetto e santo: l'altare, sacro al padre, non è profanato e non cade se non dopo violati, profanati, caduti tutti gli altri altari non ama il padre? e che altro mai amerà ancora di puro, di onesto e di grande?

Ecco perchè dalla quantità di amore, che si nutre per il Papa possiamo dedurre la quantità di amore che si ha per la Chiesa, per i Vescovi, per i Sacerdoti, per i fratelli: non ama la madre, non i fratelli chi non ama il padre; - ed ecco nell'intensità e nella sincerità dell'amore al Papa gli elementi, la pietra di paragone, il criterio sicuro, la regola infallibile per conoscere e giudicare e misurare dì quale e di quanta vita cattolica palpiti il cuore di chi è nella Chiesa. Vedete nelle vite dei santi, nella storia delle persone, degli ordini, delle congregazioni più illustri e grandi: la loro fede - dirò più nettamente, la loro cattolicità - l'hanno sempre espressa col numero che esprimeva il loro amore al Papa: tanto a D. Bosco, a D. Rua, al P. Ludovico da Casoria, a quanti sull'albero della Chiesa moltiplicarono le belle frondi e i rami santi delle famiglie e delle associazioni religiose, parve impossibile e assurdo, nonchè il prosperare, neppure il vivere, senza un'onda potente della linfa salutare che deve alimentare e far rigogliosa ogni fibra, ogni vaso, ogni cellula di tutta la bella pianta!

Memorabile sempre nei fasti della Chiesa e negli annali della salvezza dell'Europa la battaglia di Lepanto, combattuta il 7 ottobre del 1571 dagli alleati cristiani contro la flotta ottomana, battaglia nella quale cadde ucciso Alì pascià, perirono 25 mila turchi e 10 mila furono fatti prigionieri, poche galere sfuggendo per ridursi nunzie della immane disfatta a Costantinopoli (1). Innanzi al combattimento, nota nelle sue mirabili pagine il Padre Guglielmotti (2), le navi cristiane erano divise in tre squadre sotto tre bandiere, azzurra la centrale, verde la destra, gialla la sinistra. Dolorosamente mancò l'ala destra, che guidata da Giannandrea Doria, al primo invito di lotta si allontanò e neghittosa stettesi in disparte, solo rientrando, allorchè finito il combattimento, ripartivansi le prede.

Quando, all'aprirsi della prova, fu avvertita la defezione e si notò la fuga del Doria, oh no, non caddero per questo, non cedettero gli altri eroi, e alla chiamata di Alì rispostosi subito col cannone della capitana accettando la battaglia, subito s'abbassarono le varie bandiere ed una sola s'innalzò, il grande stendardo della Lega, benedetto e mandato dal Pontefice Pio V perchè lo si fosse inalberato nella grande giornata. Alla vista di quello stendardo, che recava l'immagine del Crocifisso, tutti s'inginocchiarono i nostri e ricevettero dai sacerdoti l'assoluzione; e alzatisi leoni, da leoni pugnarono, ed in sole cinque ore fu immensa vittoria. E mi fermo su queste due circostanze che la flotta cristiana offrì: una squadra che si allontana, che si sottrae alla lotta, che s'introduce poi al bottino, - l'altra che unita, combatte e vince sotto un unico stendardo, quello del Crocifisso, benedetto dal Papa. Circostanze da meditare per dedurne che allorquando s'iniziano le prove, e si combattono le battaglie della Chiesa, come sulle varie navi di Lepanto, così sulle varie schiere dei fedeli devono abbassarsi le piccole e particolari bandiere: calò la gialla, calò l'azzurra, calò la verde a Lepanto, e sola si spiegò quella del Papa colla immagine di Gesù: una bandiera sola, con una immagine sola che diceva il combattimento non impegnato per interessi piccoli, materiali, transitori, personali, ma per la Chiesa e per gli interessi supremi ed eterni delle anime nella fede di Cristo Gesù. -Una squadra mancò? Non mancò per questo la vittoria. Dio non ha bisogno di noi, Egli che tiene in sua mano i destini delle nazioni : a noi però il dovere di non mancare ai disegni suoi, se vogliamo meritarci la ricompensa e la gloria!

E non vi mancheremo se ci abbandoneremo nelle mani di Colui, al quale Gesù ci dona. E sia questo dunque il nostro proposito, di riconfermare la devozione e l'obbedienza nostra al Sommo Pontefice: parli ed ascolteremo, comandi e obbediremo, per poterci sempre presentare a Lui non col tributo della lingua soltanto, facile ma troppe volte vano ed inefficace, ma con quello delle opere ancora. A quanti ci domanderanno del programma o della vita nostra, colle parole della Piccarda di Dante, additando il Papa rispondiamo:

In la sua volontade è nostra pace (1), e con questo verso del poeta tradurremo e riconfermeremo così a legge per noi la bella e candida parola di abbandono del bambino di Nuova Jork, che, ai venti e sull'abisso, è sicuro perchè può dire : - Sono con mio Padre!

(1) Pro Familia, pag. 463 del 1912.

(2) Il nuovo Municipio di Nuova York ha 26 piani ed oltre a questi altri 11 si sopraeleveranno nella torre che sormonta la colossale costruzione. (Pro Familia c.).

(1) Darras, storia Eccl. Vol. IV, pag. 216.

(2) Marcantonio Colonna ecc. pag. 198 e segg. - Riportate nella bella Antologia del mare fatta sulle opere del Padre Guglielmotti dal degno confratello Padre Taurisano, Firenze, Tip. Editrice F., 1913, pag. 1o8 e segg.

(1) Par. III, 85.

I SENTIMENTI DI D. BOSCO INTORNO IL PAPA

A corona di queste pagine ci piace rinnovare la memoria di una dichiarazione solenne del nostro Ven. Maestro e Fondatore. Sul principio del 1887 egli era invitato a inviare uno scritto per un Numero unico che dovevasi pubblicare a Bassano in omaggio al S. P. Leone XIII nel suo Giubileo Sacerdotale. Don Bosco si scusò dallo scrivere un articolo propriamente detto, ma fece questa dichiarazione.

«.... Quello che tuttavia Posso compiere si è di confessare, come confesso altamente, che fo miei tutti i sentimenti di fede, di stima, di rispetto, di venerazione, di amore inalterabile di San Francesco di Sales verso il Sommo Pontefice. Ammetto con giubilo tutti i gloriosi titoli che egli raccolse dai Santi Padri e dai Concili, e dei quali, formata come una corona di preziosissime gemme, ne adornò il capo del Papa, quali sono tra gli altri : di Abele pel Primato, di Abramo pel Patriarcato, di Melchisedecco per l'ordine, di Aronne per la dignità, di Mosè per l'autorità, di Samuele per la giudicatura, di Pietro per la potestà, di Cristo per l'unzione, di Pastore di tutti i pastori e più di 4o altri non meno splendidi ed appropriati.

» Intendo che gli alunni dell'umile Congregazione di San Francesco di Sales non si discostino mai dai sentimenti di questo gran Santo, nostro Patrono, verso la Sede Apostolica ; che accolgano prontamente, rispettosamente e con semplicità di mente e di cuore, non solo le decisioni del Papa circa il dogma e la disciplina, ma che nelle cose stesse disputabili abbraccino sempre la sentenza di lui anche come dottore privato, piuttosto che l'opinione di qualunque teologo o dottore del mondo.

» Ritengo inoltre che questo si debba fare non solo dai Salesiani e dai loro Cooperatori ma da tutti i fedeli, specialmente dal Clero; perchè oltre il dovere che hanno i figli di rispettare il Padre, oltre il dovere che hanno tutti i cristiani di venerare il Vicario di Gesù Cristo, il Papa merita ancora ogni deferenza, perchè scelto di mezzo agli uomini più illuminati per dottrina, più accorti per prudenza, più cospicui per virtù, e perchè nel governo della chiesa è in modo particolare assistito dallo Spirito Santo.

Torino, 20 gennaio 1887.

Sac. Giovanni Bosco.

Per il Monumento a D. Bosco

È venuto in luce il primo numero dell'atteso periodico delle Associazioni fra gli Ex-allievi di D. Bosco, che s'intitola Federazione, perchè sarà l'eco di tutte le Associazioni, Unioni e Circoli federati, com'è temporaneamente il Bollettino del Comitato Promotore e del Comitato Esecutivo pel Monumento a Don Bosco. Detto numero reca l'appello pel Monumento, redatto dal March. Filippo Crispolti e lanciato dal Comitato Esecutivo ai Presidenti e ai Soci delle singole Associazioni; ha un bell'articolo del Cav. Prof. Piero Gribaudi, Presidente della Federazione, e, dopo altri scritti, si dilunga in una prima lista di offerte « pro Monumento ».

Dando un cordiale saluto al nuovo geniale periodico, cui è aperto un vastissimo campo fecondo di forti energie, uniamo l'augurio fervidissimo che possa pienamente raggiungere l'alto suo scopo, che è quello di tener desto negli exAllievi di D. Bosco il ricordo di un tanto Padre e aiutarli a diffonderne lo spirito in mezzo alla Società.

Ecco l'appello:

Ai Presidenti e al Soci dei Circoli e delle Unioni degli Ex-allievi.

Il 16 agosto 1915 compiranno cent'anni dal giorno in cui ai Becchi, presso Castelnuovo d'Asti nacque Don Giovanni Bosco.

Terribile prova a molte glorie umane i cento anni, si contino pure dalla nascita e non dalla morte degli uomini! Alcune non vi giungono che per artificiosa esumazione : altre, come a nudo ricordo d'un nome la cui potenza viva è cessata. Don Bosco vi giunge intero : nome ed opera.

Egli, dopo aver speso in un bene immortale i mortali suoi anni, lo rese stabile quaggiù per mezzo di mille e mille discepoli, che, continuando ed accrescendo quanto in vita aveva compiuto e promosso, fecero e fanno palpabilmente sentire che i loro sviluppi sono ancora efficacia del Maestro.

Oggi, in ogni parte della terra, dovunque il trionfale progresso moderno lascia ancora una gioventù che aspetterebbe invano di diventare utile a sè e agli altri coll'educazione cristiana e con l'addestramento al più vario ed esperto lavoro; dovunque popoli selvaggi attendono la luce del Vangelo e della civiltà; dovunque emigranti hanno diritto di serbare presente l'aspetto della patria lontana e di coltivare in sè le migliori tradizioni di essa; dovunque in una parola s'apre un campo alle più diverse industrie della carità, ivi Don Bosco è benedetto o invocato.

Questa riconoscenza e aspettazione che concorrono a conservare e perpetuare l'azione provvidenziale di Lui, non meritano forse di essere espresse con segno tangibile? Don Bosco deve avere questo premio dalle genti, e le genti premiarsi d'averlo compreso. Ora quale occasione più propizia a ciò della prossima ricorrenza secolare?

Il Congresso Internazionale, tenuto nel 1911 a Torino suoi Antichi Allievi, cioè da coloro che più direttamente fruirono dei suoi benefici, fu una prima manifestazione. Ma essa non è sufficiente a dar la misura delle benemerenze che il mondo Gli riconosce.

Un Monumento sorga all'uopo!

L'obolo si raccolga fra quanti al mondo sanno comprendere, ricordare, esaltare la virtù ed il potere dei sacrifizi fatti pel bene degli uomini nel nome di Dio. La mano che educa, innalza, sostiene creature innumerevoli, non è una provvidenza soltanto per esse provvede all'intera società umana, che del bene fatto agli umili e specialmente agli umili adolescenti, si giova senza limiti tutta. Da tutti deve venire l'omaggio della gratitudine : oltrepassare le schiere che furono particolare oggetto della cura salesiana;, comprendere quanti sono cittadini d'una civiltà, mediatamente beneficata da essa!

Ma gli Antichi Allievi di Don Bosco, perchè più strettamente appartenenti a lui, com'ebbero il privilegio di farsene promotori, vogliono anche il vanto di erigere essi il Monumento.

E il Monumento sorga a Torino, sulla piazza Maria Ausiliatrice, nel luogo stesso ove Don Bosco trasformò suolo ed anime, fondò la madrepatria delle genti sue, inviò pel mondo le sue colonie, dette ad esse il punto di perpetuo convegno.

Nei secoli venturi l'opera di Don Bosco si accrescerà ancora : perenni sono i dolori e le aspirazioni umane che ne aspettano conforto. Ma il marmo e il bronzo daranno con eguale perennità l'attestato dell'accoglienza che il mondo Gli fece.

Il Monumento dirà che tra l'Apostolo della gioventù e l'età che fu sua v'ebbe tale corrispondenza di affetti che i prodigi di Lui apparvero in una pienezza di tempi, ossia in una società, pronta a riverirli e degna di riceverli.

E i mezzi?

« Generalmente - scrive giustamente e nobilmente il prof. cav. Piero Gribaudi - quando si delibera di erigere un monumento a un uomo illustre o benemerito, si comincia col raccogliere i fondi necessari. Per il monumento a Don Bosco abbiamo seguito un'altra via, quella stessa che il nostro grande Benefattore seguì nel fondare gli istituti e i collegi in cui fummo educati. Come è noto, Don Bosco deliberava e iniziava costruzioni di chiese, di oratori e di collegi e poi. con l'aiuto di Maria SS. Ausiliatrice, a poco a poco riusciva a compensare chi per lui aveva lavorato. Così per il monumento a Don Bosco: i suoi ex-allievi hanno deliberato e iniziato i lavori ed ora è tempo che pensino a raccogliere i fondi necessari per coprire le spese.

» Il Consiglio della Federazione Internazionale e il Comitato esecutivo per il Monumento, con l'aiuto degli amatissimi Superiori della Società Salesiana hanno fatto quanto stava in loro per condurre avanti i lavori preparatori: deve ora cominciare l'opera di tutti i circoli di tutte le associazioni di ex-Allievi, e anche di ogni singolo ex-Allievo perchè si possa portare a termine il monumento che abbiamo decretato al nostro caro Padre.

» Ma gli ex-Allievi di Don Bosco, però, non si sono accontentati di far la proposta di un monumento a Don Bosco in Valdocco; essi vogliono che quel monumento sorga specialmente per opera loro. Questa proposta votata dal Primo Convegno regionale piemontese degli ex-Allievi (dicembre 1912) fu ben volentieri accettata dal Consiglio della Federazione Internazionale, con la certezza di interpretare il desiderio di tutti gli ex-Allievi di D. Bosco.

» Se molti, infatti, sono gli ammiratori delle opere di Don Bosco; se molti pure sono quelli che ebbero la gloria di cooperare con lui per il compimento di quella missione di carità cristiana che Dio gli aveva affidato, siamo però noi exAllievi quelli che più direttamente abbiamo potuto godere dei benefici delle opere del Padre, ed è quindi naturale che noi siamo in prima linea nel partecipare a quelle dimostrazioni di gratitudine con cui si vuol ricordare il primo Centenario della nascita di Don Bosco.

» Noi siamo sicuri che i buoni Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane non vedranno male questa decisione degli ex-Allievi, perchè essa è la più bella prova che l'opera di Don Bosco e de' suoi cooperatori non fu vana. Voi, o buoni Cooperatori, aiutaste in mille modi Don Bosco e i Salesiani, noi dimostrandoci grati all'Opera Salesiana, non possiamo a meno di dimostrarci anche grati a voi, che di quell'opera foste e siete tanta parte ».

I Cooperatori e le Cooperatrici salesiane applaudono con orgoglio ai generosi Ex-Allievi che vogliono riservato a sè l'onore di erigere il Monumento, vedendo attraverso il loro proposito grandeggiare indefinitamente la figura del Venerabile e la loro prima idea di fargli onore!

Il Concorso indetto per il disegno ha avuto un largo successo. Sono 59 i bozzetti, pervenuti da ogni regione d'Italia, dalla Spagna, dalla Svizzera, dalla Germania, dall'Impero AustroUngarico e dalle due Americhe; un concorso veramente internazionale.

In questo mese di marzo, nel gran salone dell'Oratorio di Valdocco, a norma dell'articolo X del Programma di concorso sono esposti al pubblico i progetti ammessi al Concorso, per 10 giorni prima e 10 giorni dopo la presentazione della relazione della Giuria.

Molti Cooperatori inviando ordinazioni alla benemerita Libreria della S. A. I. D. Buona Stampa uniscono offerte pel nostro Superiore Don Albera o per il Bollettino o per altre Opere Salesiane; altri, scrivendo al Sig. D. Albera o al „Bollettino" uniscono commissioni per la „Libreria della S. A. I. D. Buona Stampa." Arrivandoci commissioni per la Libreria suddetta, noi ci daremo premura come in passato di accusare ai benemeriti Cooperatori ricevuta dell'invio e trasmettere giornalmente alla „S.A I D. Buona Stampa" le avute ordinazioni. Invece, a evitar disguidi e ritardi, siam pregati di dichiarare che alla Libreria della „S. A. I. D. Buona Stampa", che è un ente a sè, distinto dalle „Opere Salesiane" Talvolta riesce difficile il trasmetterci le varie commissioni che le giungono per noi. I Cooperatori quindi abbiano la bontà d'indirizzare la corrispondenza al „rev.mo sig. D. Paolo Albera, Via Cottolengo n. 32 - Torino" o alla Direzione del Bollettino Salesiano, quando le commissioni riguardano in tutto o in parte le Opere Salesiane; e viceversa di rivolgersi direttamente alla „Libreria S.A.I.D. Buona Stampa, Corso Regina Margherita, 176 - Torino" quando si tratta di sole ordinazioni librarie.

IL XVI CENTENARIO DELLA PACE DELLA CHIESA

(313 = 1913 )

LETTURE STORICHE.

« L'avvenimento di Costantino all'impero del mondo romano, rammenta nella storia dell'umanità non il solo successo di una rivoluzione di governo, ma segna nella storia dei popoli l'inizio di un'èra novella. Entrando in Roma instinctu divinitatis, Costantino imponeva la fine al culto officiale di quelle divinità, in omaggio delle quali gli ultimi imperatori avevano versato il sangue d'infiniti cittadini, violando i diritti della libertà e della coscienza umana. Il nuovo imperatore terminò definitivamente quell'abuso della tirannide pagana, che per 13 anni di persecuzione aveva tentato di distruggere il cristianesimo; bandì a tutti gli uomini il decreto della pace universale e della piena libertà; introdusse in Roma officialmente la venerazione del segno del Salvatore degli uomini e di quello ornò la sua statua nel foro pubblico; liberò Roma e l'Italia dall'anarchia e dal governo dissipatore; riaprì le chiese al culto cristiano, e fondò in Roma le grandi basiliche cristiane (1) ». Una tanta rivoluzione di uomini e di cose si compiva fanno ora per l'appunto 16oo anni, per il celebre Editto di Milano dell'anno 313 dell'èra volgare, che segnò il trionfo della Croce di Gesù Cristo.

A commemorare degnamente per parte nostra il fausto avvenimento abbiamo fatto una scelta di passi storici di dotti ed accreditati autori, che verremo pubblicando in più numeri. Possa essa far meglio comprendere alle famiglie cristiane tutta l'importanza del fausto avvenimento sedici volte secolare, e raddoppiare nel loro cuore una santa brama di cooperare al trionfo della nostra augusta Religione nell'odierna società.

I.

LO STATO POLITICO E RELIGIOSO DEL MONDO ROMANO POCO PRIMA DELL'AVVENIMENTO DI COSTANTINO.

Il secolo degli Antonini fu per l'impero romano come a dire il secolo d'oro. I regni veramente illustri di Traiano (dall'anno 98 al 117) di Adriano

(al 138), di Antonino Pio (al 161), di Marco Aurelio (al 18o) avevano non solamente conservato le grandi linee tracciate da Augusto per il funzionaniente amministrativo e politico della mole del gigantesco impero, ma ne avevano agevolato e assodato meglio la vasta compagine e ne avevano eziandio accresciuto lo splendore.

Nel terzo secolo le figure degl'imperatori, da quella infuori di Alessandro Severo (222-235) e di Aureliano (270-275), presentano il solito rilievo dell'improporzione e delle barbarie. Nè più il senato, quel gran senno della Roma di una volta, nè i cavalieri, nè i prefetti del pretorio supplivano col vigore o colla forza alla deficienza personale degli imperatori. La corruzione, la venalità, le briglie del palazzo e del campo, i tumulti della soldatesca, le irrequietezze popolari, andavano affievolendo i congegni della gran macchina governativa e preparandone il non lontano sfasciamento. Più di sessanta avventurieri, per la massima parte barbari, si assisero, nel decorso di questo secolo, sul trono di Augusto; e già la sede dell'Impero, a fine di fare argine alla marea degli invasori che da varie parti incalzavano, era stata trasferita fuori di Roma. L'antico sangue romano correva già impoverito per le vene dell'esausto colosso, e il numero e la cupidigia delle soldatesche assorbivano gli alimenti vitali dell'organismo sociale, quali sono la finanza e gli uomini. Ai tempi dell'avvenimento del soldato, figlio di uno scrivano di Dioclea, cittaduzza della Dalmazia, il quale si fece chiamare Gaio Valerio Diocleziano Giove o Giovio, ed associò all'impero il suo amico di milizia, un tal Massimiano di Sirmio della fandonia, il quale si regalò il nome Marco Aurelio Valerio M. Ercole o Erculio (an. 286 p. Ch. n.) l'impero romano era tutto disordine e scompiglio. Nello spazio di questi due secoli il cristianesimo non solo si era sparso per tutto l'impero romano, ma era penetrato in tutti gli ordini della cittadinanza, non esclusa la famiglia imperiale. Così per un es. Prisca, moglie di Diocleziano, e Valeria sua figlia sposata al prossimo imperatore Galerio, erano cristiane: le quali poi, all'irrompere della grande persecuzione, furono fatte apostatare, e terminarono la vita in un modo tragico e miserando.

Ma la pianta cristiana non sortì tanto di vigore di alzata e tanta vastità di estensione, se non a costo di molto spargimento di sangue. E, fenomeno veramente singolare nei fasti umani, gli stessi imperatori, per tante parti pure stimabili e giustamente apprezzati, hanno lasciato una memoria sulla quale nereggiano le macchie del sangue cri stiano, da loro fatto versare; tali Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio e Settimio Severo.

L'ultima persecuzione, promossa nel 273 da Aureliano, non era lontana dall'avvenimento di Diocleziano se non lo spazio di un decennio. Nel qual decennio però fu tale lo sconvolgimento delle cose e degli uomini in tutte le provincie, che per poco si sarebbe temuto il naufragio dello stesso impero: sei imperatori si successero e scomparvero, la giustizia riposava nelle spade, e queste stavano nelle mani di capitani barbari.

Coll'apparizione dell'imperatore dalmata, e sopratutto dopo la morte del competitore Caro, si era ottenuta l'unificazione dell'impero, si inaugurava un'èra di pace civile, ed aspettavasi una restaurazione universale. Vi si accinse di fatto Diocleziano, pigliando un consiglio del tutto per sè contrario alla consecuzione del fine, ma elle di fatto per alquanto tempo gli riuscì. Egli, a fine di ottenere l'unificazione delle forze direttive e insieme conservatrici dell'immensa . mole dell'impero, lo divise in quattro parti, mettendo alla direzione di ciascheduna, non già un legato, ma un sovrano, in intenzione unito sì veramente con lui in solidum, ma di fatto indipendente, con la dignità di Cesare. Così servando per sè l'Oriente, le cui provincie si distendevano dallo stretto di Bisanzio sino ai confini della Persia, diede a Galerio, creato Cesare, il governo delle provincie che da Bisanzio si distendono fino all'Adriatico; conservò a Massimiano Augusto l'Italia con una parte dell'Africa; ed a governare le Gallie e le Spagne e la Mauritania Tingitana, scelse Costanzo Cloro, padre di Costantino, creandolo Cesare.

Così a governare l'impero ci furono nel 293, due imperatori e due Cesari. Di una tale ordinazione il primo inconveniente di fatto fu la moltitudine degli ufficiali militari e civili, i quali calarono sui popoli e li dissanguarono (1). L'altro inconveniente fu la discordia e la guerra civile che un cotale ordinamento si portava nel grembo... Prima occasione al rompimento della concordia fu la persecuzione,. mossa nel 303 per istigazione di Galerio, contro i cristiani: fu la decima da Nerone, violentissima fra tutte le passate, eccettuata la neroniana, per odio contro il nome cristiano e per la lunga durata di 13 anni. Inizio poi e compimento della rottura fu l'abdicazione della porpora, imposta ai due imperatori Diocleziano e Massimiano nel 305 per opera dello stesso Galerio, la cui ambizione sfrenata, per cupidigia di imperare egli solo nel mondo, condusselo a spodestare lo stesso Diocleziano, dal quale aveva ricevuto la porpora sulle spalle e la figlia in matrimonio.

Il celebre spodestamento accadde nel giorno i di maggio del 305, in pieno consesso degli ordini civili e militari nelle vicinanze di Nicomedia; nel qual giorno, prima di svestire la porpora, Diocleziano regalava all'impero due nuovi mostricciattoli, impostigli da Galerio. Egli nominava novelli Cesari un tal Daia, antico pecoraio, detto poi Massimino, figlio di una sorella di Galerio ; e un tal Severo, saltimbanco ed ubbriacone.

Così allora il mondo romano ebbe a reggitori: Costanzo Cloro imperatore, per le Gallie, le Spagne e le isole britanniche, l'Italia e l'Africa; Galerio imperatore per l'Asia Romana, l'Egitto, la Tracia e l'Illirico; Flavio Valerio, novello Cesare, per l'Italia e forse per l'Africa, in dipendenza dall'imperatore Costanzo; e Daia o Massimino, altro Cesare, per l'Egitto e la Siria dipendente da Galerio.

In cotali torbide acque trovavisi l'impero romano, quando sulla scena del mondo compariva Costantino, ed alle aure del rinnovellato cielo spiegava il novo vessillo, il quale portava nelle sue pieghe la libertà degli uomini e la restaurazione del mondo.

P. ILARIO RINIERI, L'Imperatore Costantino, Capitolo I, n. 2.

(1) P. ILARIO RINIERI: L'imperatore Costantino, pag. 3.

(1) Lattanzio, che può dirsi contemporaneo, descrive a foschi colori le conseguenze di quella divisione.

II.

GIOVINEZZA DI COSTANTINO IL GRANDE E SUA CONVERSIONE AL CRISTIANESIMO. - IL LÀBARO.

Mentre S. Eusebio e S. Melchiade erano al governo della Chiesa, la Provvidenza sollevò al trono quel grande Imperatore che facendo cessare lo spargimento del sangue umano diede ai cristiani quella sospirata pace che da tre secoli invano si era cercata. Egli è Costantino soprannominato il Grande, figlio di Costanzo Cloro e di S. Elena. Era nato nel 274 in Nizza, città che ora appartiene alla Turchia Europea.

Questo principe fu assai fortunato e pel suo carattere e per la sua educazione.

D'ingegno precoce e intraprendente, ben fatto nella persona, avvenente d'aspetto, nemico dell'ozio, avverso a qualsiasi compagnia di sfaccendati, affezionato allo studio, amante della fatica, sono doti che contribuirono molto a rendere gloriose le azioni di questo monarca. Per maestro ebbe il dotto e virtuoso Lattanzio, da cui imparò per tempo a conoscere ed amare la scienza e la virtù.

Quando Diocleziano associò all'impero Costanzo Cloro e gli affidò il governo delle Gallie e della Gran Brettagna Costantino andò col padre a dimorare a York, città d'Inghilterra. Ivi nella casa paterna ebbe molti esempi di virtù. La madre si adoperava per fargli conoscere la religione cristiana. Il padre lo ammaestrava intorno alla vita onesta ed onorata, quale si conviene a chi è destinato a reggere i popoli. Costanzo Cloro amava i cristiani e, mentre Diocleziano li perseguitava ostinatamente, egli li lasciava vivere in pace ammettendoli eziandio ad importanti cariche dello stato. Fra le altre cose, Eusebio di Cesarea, scrittore contemporaneo, racconta il fatto seguente. Costanzo Cloro per mettere alla prova la fedeltà dei suoi soldati, ordinò che gli ufficiali e semplici soldati cristiani facessero un sacrificio agli dei o rinunciassero ai gradi o perdessero la sua amicizia. Alcuni si mostrarono pronti a sacrificare, ma la maggior parte dissero di voler rimanere fedeli alla loro religione. Costanzo allora biasimò quelli che per conservare la dignità e i beni della vita si mostrarono infedeli a Dio, e disse: « Se voi non siete fedeli a Dio, nemmeno sarete fedeli al vostro principe ». Al contrario lodò la fedeltà degli altri, li sollevò a cariche maggiori, e loro affidò i più gravi affari. In questo modo il padre di Costantino faceva due beni al suo regno; conservava i cristiani che pregavano per lui e per lo stato il supremo Creatore del Cielo e della terra, e conservava i più fedeli sudditi e i più coraggiosi soldati all'esercito.

Quando Diocleziano eleggeva Cesare Costanzo Cloro dimandò Costantino in ostaggio, che era una garanzia di rispetto e di sommessione alla suprema sua autorità. Costantino pertanto da York si portò a Nicomedia e passò parecchi anni alla corte imperiale. Ma quanto più risplendevano le virtù di Costantino in mezzo al fasto mondano, altrettanto cresceva l'invidia da parte del superbo Galerio. Esso doveva succedere a Diocleziano nel trono e, pel timore che Costantino guadagnasse l'animo di quel monarca a suo danno, lo costrinse ad abdicare all'impero nel 304. Diocleziano voleva che Costantino fosse almeno eletto Cesare, cioè dovesse succedere a Galerio nel trono. « Costantino, diceva a Galerio, è d'indole amabile, ornato di virtù, e promette un governo ancor migliore di quello di suo padre ». Ciò nulla di meno Galerio non acconsentì.

Costantino continuò a dimorare presso Galerio con grande inquietudine del suo avvenire. Egli desiderava andar presso suo padre che lo richiamava ma non gli fu mai permesso; anzi Galerio gli tese molte segrete insidie, lo costrinse a combattere contro un furibondo leone, lo espose a maggiori pericoli in una guerra contro ai barbari. Tutto fu indarno; quegli agguati riuscirono tutti a vergogna di Galerio e a gloria di Costantino ; la mano di Dio proteggeva il virtuoso giovanetto e lo riserbava a cose grandi.

Finalmente Galerio finse a Costantino di concedere che si recasse presso suo padre ammalato, che desiderava vedere il figlio prima di morire. Anzi stabilì che si servisse della posta imperiale nelle varie stazioni delle strade. Costantino sospettando una trama partì nottetempo, affinchè niuno potesse inseguirlo, e ad ogni stazione faceva storpiare ed anche ammazzare i cavalli dopo essersene servito. Galerio aveva dato ordine che Costantino non partisse che al mattino e prendesse i suoi ultimi comandi prima della partenza; ma per dar tempo a compiere le trame stette a letto fino a mezzogiorno. Quando seppe che egli era già partito saltò sulle furie, diè tosto ordine di seguirlo; ma i cavalli di posta non essendo atti al servizio fu mestieri rinunciare alla speranza di raggiungerlo. Così quella Divina Provvidenza che aveva liberato Mosè dai pericoli della corte di Faraone, liberava eziandio in modo meraviglioso questo nuovo capitano, futuro liberatore dei cristiani.

Costantino passò nella Palestina, quindi con un viaggio felice arrivò nella città di Bologna di Francia, dove ebbe il piacere di incontrare suo padre, che partì col figlio per York, mèta del suo cammino e fine della sua vita.

Morto il padre, Costantino conoscendo le gravi difficoltà che s'incontrano nel governo dei popoli, voleva fuggire per non essere innalzato al trono. Ma i suoi soldati lo cercarono e quasi a forza portatolo in mezzo delle legioni venne da loro proclamato imperatore, siccome il padre morendo aveva raccomandato.

Egli non era ancora istruito nella fede, ma amava molto i cristiani e aveva più volte esperimentata la loro fedeltà; perciò tosto diede ordine che si cessasse da qualsiasi persecuzione contro di loro, che ogni cristiano fosse considerato come ogni altro cittadino dell'impero.

Costantino condusse le sue schiere contro a molti popoli barbari e ne riportò gloriose vittorie; la più importante per altro fu quella riportata contro Massenzio. Era questi figliuolo di Massimiano, e succedendo al padre nel trono aveva la sede a Roma. La sua avarizia, il vizio della crapula, lo avevano reso dispregevole in faccia dei suoi popoli che egli opprimeva con imposte continue e con tributi di ogni genere. Da tutte parti s'invocava il nome di Costantino. L'occasione non tardò a presentarsi, a motivo di una guerra per cui si fecero formidabili apprestamenti.

Coloro che parlano delle forze di Massenzio gli danno centosessantamila soldati e la cavalleria a diciottomila cavalli. Costantino, quando partì dalla Gallia, aveva novantamila fanti ed ottomila cavalli, di cui soltanto quarantamila potè condurre contro Massenzio: la sproporzione delle sue forze contro quelle del nemico cagionò in Costantino qualche timore. Ma Iddio si servì della inquietudine di lui per distaccarlo dal culto degli Dei impotenti a trarlo alla cognizione del vero Dio. Le crudeltà esercitate verso i cristiani da Diocleziano e dagli altri principi lo inorridirono. Pose mente alla vendetta che Dio aveva fatto dei principi suoi antecessori.

Siccome poi sapeva che il nemico impiegava le malie ed i sacrifizi magici per procacciarsi l'aiuto delle potenze infernali, egli al contrario si fece a invocare quel Dio che conosceva in una confusa e imperfetta maniera e lo pregò di manifestarsi a lui e dichiararsi suo protettore. Dio esaudì la sua preghiera con un segnalato prodigio.

La storia non ci tramandò in quale luogo quella maraviglia avvenisse ; alcuni asseriscono essere succeduta nelle vicinanze di Torino. Ecco dunque il racconto quale viene esposto da lunghissima schiera di autori:

Marciando coll'esercito dopo mezzodì quando il giorno cominciava a declinare, Costantino vide nel Cielo sopra del sole una croce luminosa che portava la iscrizione: In hoc vince. Vinci con ciò. Il suo esercito fu al pari di lui testimonio del miracoloso fenomeno, il quale tutti rese attoniti gli spettatori. Costantino, comunque vivesse in mezzo ai cristiani, aveva non di meno si poca cognizione del Cristianesimo, che non comprese qual cosa significasse quella croce. Fu d'uopo farglielo intendere per mezzo di un sogno.

Di notte Gesù Cristo gli apparve colla sua croce e gli comandò di fare un'immagine somigliante a quanto voleva e se ne servisse nei combattimenti come di sicura difesa contro i nemici. Appena destato, Costantino chiamò degli artisti ai quali comunicò l'immagine che gli era rimasta in mente, ne fece delineare il disegno e comandò che lo eseguissero.

Ecco la descrizione che ce ne dà Eusebio, scrittore contemporaneo.

Una lunga picca ricoperta d'oro era ad una certa altezza attraversata da un pezzo di legno che formava la croce. Nella parte superiore che s'innalzava al di sopra delle braccia era sodamente attaccata una corona risplendente per l'oro e per le gioie nel cui mezzo compariva il monogramma di Cristo formato da due lettere greche le quali s'incrociavano nella maniera a tutti nota. Dalle due braccia della croce pendeva un vessillo di porpora tutta ricoperta di ricami d'oro e di pietre preziose il cui splendore abbagliava gli occhi. Nella parte inferiore alla Croce, sotto alla corona ed al monogramma, Costantino fece collocare il suo busto in oro e quelli dei suoi figliuoli. Questo trofeo della Croce divenne lo stendardo imperiale di Costantino. Gl'imperatori Romani avevano sempre avuto il loro stendardo proprio, che si chiamava lábarum, il quale, carico d'immagini di false divinità, era oggetto di religiosa venerazione per le armate. Si dà comunemente alla parola lábaro la significazione di finis laboris o fine delle fatiche, per dire ai soldati che dopo la battaglia avrebbero avuto il riposo. Costantino sostituendo sul lábarum il nome di G. C. alle immagini del paganesimo, ritraeva i soldati da un culto empio, e gl'induceva senza sforzo a prestare le loro adorazioni a Colui, al quale sono dovute. Questa preziosa insegna era affidata a cinquanta guardie dell'imperatore scelte fra i più gagliardi e prodi e pii, che dovevano attorniarla, difenderla e prenderla successivamente sugli omeri secondo chè il portatore se ne trovasse stanco.

SAC. GIOVANNI Bosco.

La pace della Chiesa ossia il Pontificato di S. Eusebio e Melchiade, Cap. I e II.

TESORO SPIRITUALE

Indulgenza plenaria dal 10 marzo al 10 aprile:

I) il 14 marzo, Commemorazione dei 7 dolori di maria SS.ma ;

2) il 16 marzo, Domenica delle Palme; 3) il 20 marzo, Giovedì Santo;

4) il 23 marzo, Pasqua di Risurrezione;

5) il 25 marzo, Annunciazione di Maria SS.ma.

I FANCIULLI e della necessità di educarli cristianamente

Una parola ai genitori, ai sacerdoti, ai ricchi, a tutti (1).

fanciulli! O quanto sono amabili e cari! Sono essi l'alba, la primavera della vita. Sulla loro fronte brilla il raggio dell'innocenza e negli occhi vividi e lieti si riflette il candore dell'anima innocente. Essi non conoscono ancora le passioni degli uomini, nè l'egoismo che uccide l'amore. Non sanno odiare, invidiare, rapire l'altrui. Sono buoni e credono tutti buoni; sono naturalmente umili e compassionevoli, e nelle loro parole e nei loro atti manifestano candidamente quello che hanno dentro nell'anima. Con la loro nativa ingenuità, con la loro stessa debolezza disarmano le ire e soggiogano dolcemente i cuori. Se vi domandassi chi ci parli così efficacemente in loro favore, mi rispondereste: La voce della natura. Sì, la voce della natura; ma siccome della natura è Dio l'autore, più esatto sarebbe dire: La voce di Dio. Ed in vero non altri, fuori del Creatore, li circonda di un'irresistibile attrattiva, perchè li vuole da tutti amati e protetti.

Questo provvidenziale disegno di Dio venne chiarito dal suo Verbo, venuto incarnato in terra per farsi maestro agli uomini con l'esempio e colla parola. Come egli si fece povero, per mostrare il suo amore ai poveri, così volle passare per tutti gli stati dell'infanzia, della puerizia e dell'adolescenza per mostrare quanto prediliga queste età. Quando poi venne l'ora sua, accoppiò all'esempio l'insegnamento. Il Vangelo infatti ce lo presenta in mezzo ai fanciulletti divinamente amoroso ed affabile, che sorride ai loro innocenti sorrisi, che pone la sua mano benedicente sul loro capo (Marc. X, 16), di che i genitori andavano entusiasmati. Un giorno alcuni, per condurgli i figliuoli, si intromettevano rumorosamente fra la turba intenta alla predicazione. Gli apostoli, mal sopportando questa importunità, presero a discacciarli. Gesù vide, se ne mostrò spiacente e, richiamandoli, disse : Lasciate che i fanciulli vengano a me e non impedite loro il passo, perchè di cotali è il regno di Dio. In verità vi dico, chi non si presenterà al regno di Dio con le disposizioni del fanciullo, non vi entrerà. E poi abbracciò quei cari fanciulletti, cosa che non leggesi di altri, pose la sua mano divina sul loro capo e li benedisse (Marc. X, 12, 16). Un altro giorno gli Apostoli si proposero la grave questione di chi di essi fosse nel regno di Dio da più degli altri. Discutevano, si capisce, senza intendersi. Per risolverla si accostarono al Maestro e chiesero: Chi ti pare debba dirsi più grande nel regno dei cieli? E Gesù, chiamato a sè un fanciullo, lo collocò in mezzo di loro e rispose: Vi dico in verità che se voi non vi ravvederete e non vi renderete simili ai fanciulli, non entrerete nel regna dei cieli. Perciò chi si farà umile come questo fanciullo, costui sarà più grande nel regno dei cieli. E chiunque accoglierà un fanciullo nel nome mio, accoglie me stesso; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato (Matt. XVIII; Luc. IX, 46.). Sono tratti questi divinamente eloquenti; sono parole che vi penetrano l'anima. La medesima vivezza di linguaggio usa Gesù per mettere i suoi piccoli amici al riparo degli scandalosi. Disse infatti queste terribili parole: Chiunque darà scandalo ad uno di questi piccoli, che in me credono, meglio sarebbe che gli fosse messa al collo una macina da molino e venisse così sprofondato in mare (Matt. XVIII, 6).

L'amoroso interessamento di Gesù pei fanciulli non poteva non essere compreso dagli Apostoli, epperciò doveva passare in eredità alla Chiesa. Di quei primitivi tempi ci restano per verità scarse memorie. Allora i cristiani,. più che a scrivere, pensavano a vivere la vita di fede e di carità. Però non mancano tratti caratteristici circa la protezione dei fanciulli. A Troade fra gli uditori di S. Paolo troviamo il fanciullo Eutichio, che per vedere ed udir meglio l'Apostolo, se ne stava seduto sul davanzale della finestra aperta. Siccome Paolo protraeva il suo ragionare a notte inoltrata, il poverino fu vinto dal sonno, perdè l'equilibrio,. precipitò rovescioni dal terzo piano e morì. L'assemblea al dolorosissimo caso rimane esterrefatta; da ogni parte si grida, si piange. Paolo. rassicura tutti con un cenno, poi esce, scende, nel nome di Gesù, amico dei fanciulli, richiama: il morto a vita e lo riconduce a mano nel cenacolo, dove fra un'indicibile esultanza si compie il sacro Rito (Act. XX). In Efeso S. Giovanni l'Apostolo apre per i fanciulli abbandonati un asilo, che affida al Vescovo. Uno di essi non corrisponde all'aspettazione, e, fattosi adulto, deserta la Chiesa e si dà al brigantaggio. Dopo molti anni tornò il vecchio Apostolo in Efeso, dove con immenso dolore seppe del traviamento del suo protetto. Che fa egli? Non sente nè le pietose rimostranze dei fedeli, nè il peso degli anni; si mette per i monti e per le valli in traccia del figlio perduto. Non era cosa facile scovare il bandito; ma finalmente lo ha scorto da lontano, lo ha riconosciuto che fugge, fugge in una caverna per involarsi allo sguardo e ai rimproproveri dell'Apostolo.... Ma questi amorosamente lo insegue con le braccia aperte gridando: Perchè fuggi, figlio mio; perchè fuggi tuo padre? E lo va a raggiungere nei tenebrosi recessi della spelonca e là fra gli amplessi e le lagrime gli parla la parola di Gesù. Il brigante è vinto e poco stante ritorna, cangiato nell'anima, alla luce, alla Chiesa, e all'onore dei figli di Dio (Euseb. Lib. III).

Alquanto più tardi sappiamo che, seguendo le tradizioni apostoliche, fondarono ospizi e e scuole per i fanciulli S. Policarpo a Smirne, Origene a Cesarea, Giustino a Roma, Protogene in Edessa. Durante le secolari persecuzioni dei cristiani i Vescovi assunsero la tutela degli orfani come ufficio inerente al loro ministero. Quando poi spuntò l'era di pace, la Chiesa spiegò liberamente l'opera sua tutrice dei fanciulli aprendo ospizi di ogni genere, perfino per i lattanti, per gli esposti e per gli inabili al lavoro. Fu dal grembo della Chiesa che uscirono nel corso dei secoli cristiani quei grandi santi e grandi protettori dei fanciulli, che furono Basilio, Benedetto, il Calasanzio, Ignazio, Gerolamo Emiliani, Filippo Neri, Vincenzo de' Paoli, Giovanni Battista de la Salle, Don Bosco ed altri molti dell'uno e dell'altro sesso. Colla carità di Gesù nel cuore seppero farsi sapientemente piccoli coi piccoli per crescerli nella cristiana pietà....

Ora domandiamoci: Questo santo interessamento pei fanciulli, insinuato dalla natura, voluto da Gesù Cristo, praticato nella Chiesa, è sentito, come si conviene, da tutti? I nostri fanciulli trovano sempre in chi li circonda eccitamento al bene, edificazione, carità? Certamente non sono sparite del tutto le famiglie cristiane, nè tutti gli istitutori hanno smarrito il concetto del loro alto ufficio, né da tutti è obliata la parola del Salvatore. Finchè vi sarà un raggio di fede sulla terra, vi sarà anche un po' di carità per i fanciulli; ma ora che la fede vacilla nel mondo, per essi vi è trascuratezza ed oblio. Se di fatti diano uno sguardo attorno, qual desolante quadro si presenta! Vedo famiglie, nelle quali l'ultimo pensiero è per i figliuoli. I genitori contenti di dar loro un tozzo di pane brontolando, li cacciano fuori di casa in balia di se stessi, come fossero forastieri importuni. Vedo per le vie, sulle piazze, turbe di fanciulli alla ventura; non un occhio vigile che li segua, non una parola buona che li illumini, non un amorevole avvertimento che li corregga. Li vedo là in un angolo raccolti intorno ad uno sciagurato, più grandicello, e rotto già ad ogni malizia, che di soppiatto impartisce le prime lezioni del mal fare, del turpiloquio, della ribellione, del furto. Vedo questi piccoli infelici contemplare col rossore in viso le stampe oscene, leggere e passarsi l'un l'altro libercoli laidi e corrompitori. Li vedo assieparsi ai cinematografi ed ai teatri popolari di varietà, nei quali si fa assegnamento sulle cattive inclinazioni, si eccitano e si soddisfano le più morbose curiosità. Vedo la scuola stessa, che dovrebbe essere il complemento dell'educazione di famiglia, convertirsi a poco a poco in fucina di irreligione. Da essa si vuol sbandire l'insegnamento religioso, la morale cristiana, lo stesso pensiero di Dio. Vedo anche più - orribile a dirsi! - Associazioni fondate col preciso scopo di scristianizzare i giovanetti, allontanandoli dalle scuole cristiane, dal Sacerdote, dai Sacramenti, per farne a suo tempo strumenti inconsci ad imprese le più criminali. Questo io vedo e con me lo vedete voi, fratelli, con immensa ambascia nel cuore.

E i frutti? I frutti già ci sono molto amari, ed altri più amari van maturando. Per averne un saggio basta dare uno sguardo agli atti dei tribunali correzionali, basta leggere le prolusioni dei Magistrati all'anno giuridico. Vi dànno statistiche desolanti sulla criminalità dei giovanetti e vi delineano la delinquenza dei minorenni come una inarca che minaccia gli stessi ordinamenti civili. E non può essere altrimenti, perchè i fanciulli di oggi sarannno gli uomini di domani. Scossi al grido di allarme gli uomini di governo vanno escogitando nuove leggi e nuove disposizioni per arrestarla. Ben vengano queste disposizioni legislative, che l'urgenza invoca, e sieno provvide e giuste ed efficaci. Però sarebbe un'illusione se da esse ci attendessimo più di quanto è lecito sperare. Le leggi anche meglio studiate a poco o nulla approdano, quando manchi nelle coscienze la nozione della legge eterna di giustizia, il concetto cristiano dell'autorità, e il sentimento del dovere che ha, sua base nella religione.   (Continua).

(1) E specialmente a tutti i nostri Cooperatori! Queste belle pagine di S. E. R. Mons. Giovanni Marenco, della Pia Società Salesiana, Vescovo di Massa Carrara, illustrano egregiamente il vivo desiderio di Don Bosco d'interessare tutti i buoni cristiani a occuparsi dell'educazione dei fanciulli.

DALLE MISSIONI

Sosteniamo le Missioni

Il Santo Padre, in un Breve del 31 gennaio u. s. scritto in risposta a un indirizzo collettivo umiliatogli dai Superiori degli Istituti per le Missioni Estere fiorenti a Parma, Milano, Verona, Torino e Genova, ha queste gravi parole:

« È invero doloroso anche per Noi, il dover constatare l'esigua parte che, nell'opera di evangelizzazione degli Infedeli, ha l'Italia, sede avventurata del Cattolicismo. Nè mal vi apponeste, Venerabili Fratelli e Diletti Figli, quando nel devoto indirizzo che Ci avete testè umiliato, ne additaste la causa principale nell'ignoranza, così largamente diffusa in mezzo a noi, del dovere che ha ognuno di cooperare, specialmente colla preghiera e coll'obolo della carità, ad estendere a coloro che ne sono ancora privi l'infinito tesoro della Fede, principio della umana salvezza, anima vivificatrice di ogni virtù, dono sovrumano che mentre rigenera ad una vita novella, apre le porte ad una beata eternità.

» Si dimentica purtroppo dai più che ha qui appunto la sua applicazione precipita il grande precetto della carità; o di questo non si misura adeguatamente l'estensione, limitandolo bene spesso alle persone che più si hanno vicine ed ai bisogni che più feriscono lo sguardo. Non si pensa che nell'immensità dello spazio, al di là dei mari, vi sono cieli nuovi e terre nuove e popoli innumerevoli che giacciono ancora nelle tenebre ed ombra di morte e che appunto da noi, che per somma nostra ventura siamo partecipi dei benefici inestimabili della Redenzione, aspettano di avere chi loro parli di Dio e delle sue opere e li inviti alla luce ammirabile del Vangelo. E con questa ignoranza come possono, dite bene a ragione, sentire gli animi il peso delle altrui miserie, aprirsi alla carità e seguire gli impulsi generosi?

» In quanto a Noi non abbiamo mai lasciato passare occasione che Ci si sia offerta, per ricordare ed inculcare l'obbligo di concorrere alla propagazione della Fede sia col fomentare le vocazioni all'apostolato, sia coll'implorare da Dio frutti abbondanti, sia infine col fornire i mezzi necessari all'apostolico ministero....».

Il S. Padre termina con benedire « con paterno affetto » tutti coloro « che hanno per i poveri Infedeli viscere di misericordia! »

La Benedizione del Vicario di Gesù Cristo scende quindi copiosa anche sui benemeriti Cooperatori e sulle benemerite Cooperatrici nostre, che ci aiutano a sostenere le Missioni della Patagonia e della Terra del Fuoco nell'Argentina e nel Chili; - quelle del Matto Grosso nel Brasile; - quelle dell'Oriente dell'Equatore - quelle di Mozambico e del Congo -- e quelle dell'India e della Cina, in cui s'ha a provvedere a tante Chiese, Scuole, Collegi e Orfanotrofi. Ricordiamo gli Orfanotrofi di Meliapor e Tanjore nelle Indie e quello di Macao in Cina, riapertosi ultimamente..

REPUBBLICA ARGENTINA

DALL'ALTO NEUQUÉN. « Siamo troppo pochi ! » (Lettera del Missionario D. Matteo Gavotto al sig. D. Albera).

Chos-Malal, 14 dicembre 1912. VENERATISSIMO PADRE,

PERMETTA a questo povero vecchio, che conta omai i suoi 65 anni, di aprirle interamente il cuore! Son di ritorno da una lunga missione, l'ultima di quest'anno, ed è bene che Le faccia presenti i bisogni di tante anime. La Patagonia non è più abitata soltanto dagli indigeni, ora convertiti alla nostra Santa Religione, ma anche da molti immigrati, americani ed europei, che crescono di anno in anno, sicchè le popolazioni dei centri più promettenti vanno ingrossando continuamente e vanno formandosi dappertutto nuovi centri. Non è più sufficiente che solo qualche missionario passi a visitare talvolta queste povere anime per invitarle, in nome di Dio, ad accostarsi ai SS. Sacramenti e a rinnovare i propositi di una vita cristiana! Esse sentono il bisogno di vedere più spesso il sacerdote, ed io aggiungo che in molti punti è necessario che il sacerdote si stabilisca permanentemente.

Nei primi anni che mi trovava a Chos-Malal, il recarmi a visitare i pochi centri che esistevano al nord e al sud di questa parrocchia, non ostante le gravi fatiche del viaggio e le più gravi conseguenti privazioni, per me era sempre un grande conforto; godeva nell'avvicinare quei fratelli, viventi al par di noi quasi tanti eremiti in punti enormemente fra loro lontani, ove da noi nè si poteva nè si pensava prendere stabile dimora.

Ora non è più così. Ogni volta che esco, sento una stretta al cuore nel vedere tanta brava gente che avrebbe bisogno di sacerdoti fissi sul luogo, e che noi non possiamo visitare nemmeno annualmente. Siamo, amatissimo Padre, troppo, troppo pochi!

Per grazia di Dio e di Maria SS. Ausiliatrice, seguendo le orme del nostro caro Padre D. Bosco a noi non dispiace lavorare, no! il buon volere non manca; e quantunque le nostre forze vadano affievolendosi, siamo sempre e con gioia sul campo del lavoro. Ma come raccogliere tanta messe biondeggiante, se col volgere de'-li anni il campo si va sempre più immensamente allargando?

Chi le scrive, nell'anno che volge al termine, ha passato circa otto mesi fuori di casa, dando missioni per la campagna, e l'assicuro che del lavoro se n'è fatto; ma non è tutto quello che si poteva fare.

Partii, la prima volta, il 18 gennaio insieme col giovane Giacinto Gerrero, che fin dal 1911 è mio bravo e fedele compagno in queste apostoliche escursioni e mi recai a Pichiñire, Roblecillo, Cullincó, Las Ovejas tornando il 26 febbraio a Chos-Malal.

Il 26 aprile partii per un'altra missione a Las Oveias e Challanta, che durò fino al 14 maggio.

Il 24 maggio mi portai a Norquin per benedire un matrimonio e tornai a casa il 28.

Il 3 giugno mi posi nuovamente in viaggio per Curileo, Tricau-Malal, Chapua, Barrancas, Bataranquil e Tril restando fuori di casa fino al 20 luglio.

Il 1° agosto partii per Andacollo nel dipartimento de las Minas e il 26 agosto mossi alla volta di Taquimilan, Pichagué, Trahunurá, Quintucó, Pilmathué, Serra de la Grasa, Las Lajas, Coyuncó (in tre punti distinti), Carreris, Lincollón, Haychal, Cajon de Almaza, Loncupué, Pino Andino, Norquin, Heucù, Cholor, Villa Mallin, Nireco e Fortin Guanaco; e non fui di ritorno a Chos-Malal che il 3 del corrente dicembre, accolto a festa dal caro D. Panaro e dal confratello Sambernardo, che mi aspettavano ansiosamente.

In questi otto mesi di missione del bene se n'è fatto davvero, colla grazia di Dio. Amministrai 490 battesimi, conferii 550 cresime, benedissi 48 matrimoni, ebbi la consolazione di distribuire 215 prime comunioni, e di dispensarne altre 16o5. Ma quanto bene di più avrei potuto fare se avessi avuto tempo di visitare convenientemente i punti toccati! E se fossimo stati due, tre, e anche più missionari, tutti avremmo avuto da lavorare e quanto maggior bene si sarebbe fatto!

Giacchè, amatissimo Padre, debbo confessarlo, v'è ancora qualche punto compreso nella sfera di questa nostra residenza che per la troppa lontananza non abbiam potuto visitare, e sempre ci manca il tempo di visitare ogni ridotto; chè ordinariamente nelle nostre visite si fissa un centro nel quale si calcola che con un po' di buona volontà possano riunirsi quanti abitano nei dintorni, e si fa del bene a quelli che si presentano. Fare diversamente non è possibile: ma intanto che avviene? Quelli che sono un po' indifferenti in fatto di religione, quelli cioè che avrebbero più bisogno di avvicinare il sacerdote non si presentano e rimangono in un'incredibile ignoranza religiosa: e così avviene che s'incontrino giovani di venti e più anni, che non sanno che cosa sia la Messa e molto meno che cosa voglia dire confessarsi e comunicarsi! Urge aprire altre stazioni e residenze, per visitare più spesso e più posatamente queste terre.

Nelle escursioni di quest'anno potei amministrare i SS. Sacramenti ad otto infermi. Poveretti! dando un respiro di consolazione e allargando le braccia mi accolsero tutti come un angelo disceso dal cielo, e non finivano di benedire il Signore per la fortuna loro toccata di vedere accanto il loro letto un sacerdote. Due specialmente, che dopo pochi giorni passarono all'eternità, non cessavano di ringraziare anche me, che, pensando come nel frattempo altri si potevano trovare negli stessi bisogni e nessuno poteva soddisfarli, mi sentiva salire agli occhi le lagrime. Oh! Signore, mandate nuovi operai a queste terre, che valgano a surrogare noi, vecchi e stanchi, e a compiere tutto quel bene che noi stessi non abbiam potuto o saputo fare. Come stringe il cuore il pensiero che molti muoiano senza ricevere gli ultimi conforti di Nostra Santa Religione!

Del resto, nella massima parte di queste famiglie non manca la Fede. Lo dicono i sacrifizi cui si sobbarcano per approfittarsi del passaggio del Missionario, accorrendo quasi tutte di lontano e sospendendo le loro occupazioni.

A Las Lajas si benedisse un Camposanto e fu una cerimonia solenne, alla quale fecero da padrini il sig. G. Ignazio Alsina e Consorte, rappresentati dai signori Carlo e Vincenza Alsina. La sera di Tutti i Santi si andò processionalmente al Camposanto e si fecero le esequie per tutti i Defunti, con numeroso concorso di fedeli.

Durante la missione di Barrancas s'iniziò una sottoscrizione per innalzare una cappella, che, spero, non tarderò a benedire!

Molte altre prove di fede e di pietà ebbi a vedere altrove, e non è il caso che mi dilunghi in esse maggiormente.

Ella però, amatissimo Padre, si degni accettare queste poche notizie come prova della mia particolare venerazione per lei, mentre implorando la paterna sua benedizione per questi confratelli, per i fedeli di questa parrocchia e Missione, e specialmente per l'anima mia, le faccio i più fervidi auguri pel nuovo anno, e mi protesto,

Suo Aff.mo figlio in G. C.

Sac. MATTEO GAVOTTO Missionario Salesiano.

Frutti abbondanti.

Il zelante Missionario Don Andrea Pestarino in un breve ragguaglio delle Missioni da lui compiute in sette anni, dal 1905 al 1912, nel Territorio del Rio Negro, ha questi dati riassuntivi.

In ripetute escursioni egli percorse 4950 leghe, pari a ventiquattromilasettecentocinquanta chilometri; visitò tremila quattrocentoventi famiglie; adunò novemilaottocentosettantadue uditori alla Santa Messa, dispensò tremilacinquecentottantotto Comunioni, di cui duecentoquarantaquattro a fedeli che vi si accostavano per la prima volta; conferì duemilacentoventitre Cresime ; amministrò duemilaseicentosettantotto battesimi, 1186, a bianchi e 1492 a indi; e di questi 1176 a fanciulli e 316 ad adulti; benedisse duecentoquindici matrimoni, 103 di bianchi e 112 di indi; e prestò assistenza medica e medicine a trecentoventi infermi.

Vivi rallegramenti all'infaticabile Missionario!

... Vi sono regioni sconfinate, popolate unicamente di selvaggi, che scorrazzano per immense foreste, sospirando da secoli una mano amica, che loro vada a sottrarli alla vergognosa barbarie, in cui giaciono sepolti, e vi giaceranno ancora chi sa per quante generazioni, se lo zelo dei Missionari, sostenuti dalla carità dei fedeli, non apporta loro presto un qualche aiuto.

Ven. Giov. Bosco.

IL CULTO di Mara Ausiliatrice

Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente,

Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario-Basilica di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno in questo mese nel Santuario, avremo questa intenzione generale:

Pregheremo fervidamente la Vergine Ausiliatrice pei bisogni di S. Chiesa e secondo le intenzioni del Santo Padre.

DALL'EQUATORE.

GUAYAQUIL (Equator). - Dal Collegio Salesiano « Asilo Santistevan » ci scrivono. Per causa delle gravi disgrazie che duramente ci provarono al principio di quest'anno 1912 e per altri impedimenti sopraggiunti, la festa di Maria Ausiliatrice trasferita di mese in mese, si potè soltanto celebrare il 24 di novembre. Fu lunga l'aspettativa, e forse anche in causa di essa, l'omaggio reso alla Vergine fu più entusiastico, più imponente.

Nella chiesa di S. Giuseppe, officiata dai RR. PP. Gesuiti, si celebrò la solenne novena, alla quale numerosi intervennero i divoti, tanto alla funzione del mattino quanto alla serale. Ma lo spettacolo più consolante si ebbe il giorno della festa, per il numero grandissimo di fedeli che ricevettero il Pane degli Angeli. Alle 9 vi fu la funzione di chiusura. I nostri piccoli alunni, accompagnati dall'orchestra, eseguirono inappuntabilmente la Missa Puerorum del Rheinberger. L'eloquente panegirico, detto infra missam dal R. P. Naranjo dei Domenicani, fu un inno alla Vergine che in ogni tempo si è mostrata forte difesa del popolo cristiano. Ascolti la nostra tenerissima Madre la supplica ripetuta in quel giorno da mille devoti, di mostrare la sua valida protezione a questa città, e dopo tanti contrasti ripeteremo anche noi: Hyems transiit - flores apparuerunt in terra nostra!

GRAZIE E FAVORI

La fede di una madre (*)

Nel novembre del 1911 il mio caro papà, colpito da fiera polmonite, fu ridotto agli estremi. Si fecero vari consulti e i dottorì dichiararono ripetutamente il caso disperato e la buona mia mamma fe' amministrare al moribondo gli ultimi Sacramenti.

In mezzo a tanto strazio ecco l'avviso che mio fratello, tornato dal servizio militare appena da un mese, doveva partire per la Tripolitania. Povera mamma! Oppressa dal più straziante dolore, si rivolge a Colei che sola può tergere le sue lagrime; prende un'immagine di Maria Ausiliatrice e la mette sul capezzale del morente, e dà al figlio che parte una medaglia della potente Regina.

La Vergine benedetta premiò la sua fede. Il babbo, tornando da morte a vita, ricuperò in poco tempo la salute perduta, e il fratello, dopo aver preso parte alle battaglie più accanite e sanguinose vedendo cadere ai suoi fianchi centinaia di compagni, torna sano e salvo dopo otto mesi all'amata famiglia, alzando un inno di ringraziamento alla Madonna di D. Bosco.

Con la mamma sciolgono l'inno del ringraziamento non solo il babbo e il fratello fortunati, ma anche tre sorelle, figlie di Maria Ausiliatrice, che dal Messico, dal Chili e dall'Argentina pregano quotidianamente la Vergine benedetta per la loro famiglia.

Buenos Aires, Maldonado, 1 gennaio 1913.

Suor MARIANGELA ZINGALE.

Buenos Aires. - Il cooperatore Giovanni Pedroncini mi scrive da Maipú : - Mia nuora Amelia gravemente inferma e sottomessa ad una difficile e dolorosa operazione chirurgica, restò come morta e disperata dai medici. In quel frangente mi rivolsi alla Vergine Ausiliatrice, di cui ella sa che sono divotissimo, promettendo una messa al suo altare, un'elemosina e la pubblicazione della grazia sul Bollettino Salesiano. Facemmo una novena ed ecco che contro la comune aspettazione ed il giudizio di valenti dottori abbiamo in piena salute e la madre e il figlio. Grazie, Maria ! Prego di pubblicare la presente, mentre invio l'offerta promessa.

In fede

24 dicembre 1912.

Sac. BARTOLOMEO MOLINARI.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missíoni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti.

A*) - Abbadia Alpina : P. G. T. - Acerra : G. R., 3 - Acqui : Francesca Della Grisa, so - Agliano d'Asti: Battista Cocito, i - Alba: Rosa Rigo, 5 - Albate : Teresa Suino, 1.75 - Altavilla Vicentina : Ottavio Rossetto, 2 - Arzignano : Domenica Lancini, 3.

B) - Bibbiana : Maria Ramello, 2.50 - id. Caterina Panotto, 15 - Bobbio : Pia Perrono, 100 - Borgomanero : Giuseppina Vallenzasca ved. Zerboni, 20 - Borgo Trento (Brescia): Angiolina Melchiotti, io - Brandizzo : Severino Rovelli, i - Brescia : G. S., 15 - id.: Pasqua De Osti, 5 - id.: Teresa Cottinelli, 5.

C) - Cagliari : Not. Tommaso Lini, 2 - id. Can. Antonio Pinna, io - Campomorone : Cecilia Gliiglione, 5 -- Cantavenna : Vittorio Guazzotti, i - Cariati :Elisa Natale- Carmagnola: F. G., ioid.: Caterina Chiattoni, 7 - id.: Giuseppe Angonovo - Casa Bianca : Angela e Adele Cena, 7 - Castellalfero: Luigi Zaberto, io - Castelnuovo d'Asti: Stefano Turco, 6 - Castelrosso : S. C. - Cavallicco : Luigi Mussoni, 15 - Cento : D. L. G., 3 - Cerreto Grue : Rachele Grassi, 2 - Chiesina Azzanese : Bice Gonfiotti, i - Chivasso : Adelina Anselmo, i - Como : Camilla Garco - id.: N. N., 15 - Costigliole d'Asti: Giulia Corino, 3 - Cremona : E. S., 6.

D) - Delia : Francesco Marchiolo, 5.

F) - Figline Valdarno : Giuseppe Polvani, 12 - Fiume Veneto : Angelo Manzon, 3 - Forotondo Don Carlo Guggione, 3 - Frabosa Soprana : Angela Revelli, 13.

G) - Gaiarine : Maria Santus, 3 - Gergei Rita Brughitta, 2.25 -- Grancona : D. Emilio Menegazzo, 5 - Gromo : Fratelli Aquilino, 5.

I) - Ivrea : T. G. L. - id.: N. N. - id.: Contessa Maria Cristina Quilico, riconoscente per nuovo segnalato favore, inviando un'offerta di riconoscenza all'Istituto Salesiano locale.

L) - Ledo S. Dakota (Stati Uniti): Anna Marengo, 1oo - Lecco: Rosa Pagani, 5 - Lucento Un soldato a Tripoli - Lumezzane Pieve : Giacomo Mori, 5.

M) - Masserano : Antonio Antoniazzo, 15 - Meina : Caterina Omarini, i - Milano : T. Bressi, io - id.: Luigi Cicogna, 20 - Modena: Maria Botti, 2 - Modica Alta: S. G. P., io - Molina di Ledros : Giuseppe Morandi, 5 - Montà d'Alba G. T., 5 - Montorso Vicentino : Maria Saitta, 5 - Monza : Annetta Traversi, 5 - Morano sul Panaro Orazio Bortolani, 2,50 - Morisengo : Clemente Anselmo, 5 - Mortara : M. Z., 25.

N) - Nizza Monferrato : Giuseppina Terzolo - Nevi Vicentino : Vincenzo Alessi.

O) - Orsara Bormida : Pasquale Rizzo, io - Orvieto : Anna Costarelli.

P) - Pallanza : N. N., io - Parigi : T., 5 - Pasturana : Gina Ghiglione, 1.1o - Piasco : Teresa Barra - id.: P. S., 5 - id.: N. N. - Piazza Arinerina : Maria Portera, 5 - Polonghera : Maria Roasenda, 5 - Pontecimato : Angela Armanini, io - Pordenone : Giovanna Susanna, 7.50 - Pozzengo : C. G., 5 - Pralormo : Caterina Marenco, 1,5o - id.: Lucia Givozza, 5.

R) - Riva di Chieri : Anna Borla - Ronza Contessa Laura Barbiellini, io - Rossiglione D. Attilio Gaino, 5.

S) - Sant'Albano : Pasquina Ferraci, 3 - San Didero : Desiderio Antoniolo, 50 - San Martino Stella : Teresa Tobia, 8 - Sant'Orso : Delfina Clos, 5 - id.: D. Gaspare Girodo, 5 - San Pietro di Onio : Francesco Manzini, 15-- San Sebastiano Po Giovanni Birolo, io - Sarnano : Maria Properzi, 2 - Sirone : Virginia Limonta, 4 - Spezia : D. C., 15 -id.: Rosa Gazzetti, 2.

T) -Torino : A. F. M., 5 - id. : Albina Bréan -id.: Emilio Bussolino, 5 - id.: C. L. V., 1oo

- Maria Garrione - id.: M. M., io - id. : Carlotta Morando, i - id.: Prof. Antonio Provera, io -id.: Anna Rosso - id.: T. D., 5 - id.: R. Vallinotti - id. : Antonietta Varetto - id.: M. P. i. s. per segnalatissima grazia - Trebaseleghe Famiglia Chiaratti, io - Trinità (Fossano): Giuseppina V. Torelli, 7.

V) - Valfenera d'Asti: Vincenzo Lanfranco, Margherita Capra, Rosa Cardano, Vittoria Canta, Maria Demarchi, e Luisa Ferrero, 9,30 - Vallemosso : Angiolina Sappa -- Valli Fiorenzuola Teresa Gasparini, 3 - Valtournanche : Eulalia Perron-Ottini, io - Varallo Pombia : Luigi Alleri, 6 - Varallo Sesia : Marianna Zoppetti in Mutti, 5 - Varazze : Silvia Pratolongo - Varese Mila nese : N. N., 15 - Vercelli : Vittorio Rastello, 2 - Vergano Novarese : G. G., 15 - Verona : Ester Ferrari-Tomelleri, 25 - Westfield-Mass (Nord America): Maria Falcetti, io - Viarigi : F. C., io - Vicoforte Moline: Matilde Furco, io - Vignale Monferrato: N. N. Cooperatrice, 5 - Villastellone : Antonia Appendino - Volano di Rovereto Augusta Raffaelli.

Z) - Zanco Monferrato : Luigi Demarchis, 15. X) - N. N., io - Sorelle Torelli, 5.

Santuario di Maria Ausiliatrice

TORINO-VALDOCCO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per ogni corrispondenza in proposito, come anche per Messe o novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario di Maria SS. Ausiliatrice, Via Cottolengo, 32 - Torino.

Ogni sabato, alle 7.15 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.

Dal 10 marzo all'11 aprile.

16 marzo: - Domenica delle Palme - Ore 9.30 funzione solenne.

19 marzo: -- Giorno della commemorazione di san Giuseppe - Mercoledì Santo - Messe fino alle i: - Dopo la messa delle 6 benedizione solenne - Ore 17, canto dei divini uffizi.

20 marzo,: - Giovedì Santo - Mattino: messa solenne - Ore 17, canto dei divini uffizi - Ore19, Lavanda dei piedi.

21 marzo: - Venerdì Santo - Mattino: la funzione di rito - Ore 14,15 Via Crucis -- Ore 17, canto dei divini uffizi - Ore 20, funzione della Desolata.

22 marzo: - Sabato Santo - Mattino: Benedizione del fuoco , Profezie, Messa solenne - Ore 19,15, Rosario e Benedizione solenne.

23 marzo: - Pasqua di Risurrezione - Ore 6 e 7,30 Messa della comunione - Ore 9,30, Messa solenne - Ore 15,30, Vespro, discorso e Benedizione.,

24 marzo: - Commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice.

25 marzo: - Annunciazione di Maria Vergine: al mattino, dopo la 1a Messa della comunità, predica e benedizione - Alle ore 19, Vespro, predica e benedizione.

4 aprile: - Primo Venerdì del mese - Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.

5 aprile: - III° Anniversario del compianto Don Rua - ore 1o messa solenne.

9, 10, 11 aprile: - Corte di Maria - Benedizione solenne dopo la messa delle 6 e alle 19.45

NB. - Dal 1° marzo la benedizione serale col SS. Sacramento è fissata alle 19,45. Ma in tutti i giorni di quaresima, tranne il sabato, l'orario sarà il seguente: ore 19,45 Rosario , indi predica del rev. prof. D. Pietro Gallo, e Benedizione.

NOTE E CORRISPONDENZE

IL XXV° DELLA MORTE DI DON BOSCO

NESSUNO alzò la voce per intimare pubbliche onoranze al Grande Apostolo della gioventù nel compiersi del XXV° della sua morte, e bastò il semplice annunzio di questa ricorrenza per destare in ogni luogo una vera gara di rendere onore all'indimenticabile nostro Fondatore.

Primo, nel filiale omaggio, fu l'Oratorio di S. Francesco di Sales di Torino, il quale - nel dì sempre memorando del 31 gennaio - pellegrinò in corpo alla sua Tomba in Valsalice. Era giorno di venerdì e il tempo minacciava un po' di neve, tuttavia la lunga schiera dei più che 6oo giovani interni, sospendendo nel pomeriggio le scuole, in compagnia dei Superiori e della Banda Musicale saliva alacre e fidente il colle desiderato. Schieratisi in bell'ordine innanzi il mausoleo, tutti a una voce salutarono il Venerabile col canto dell'Inno a D. Bosco del M.° Pagella, eseguito con accompagnamento di banda. Il direttore D. Mosè Veronesi presentò l'Avv. Stefano Scala, Direttore dell'Italia Reale-Corriere Nazionale; e questi con alata parola inneggiò alla radiosa figura di Don Bosco che di anno in anno non solo non impallidisce, ma diviene ognor più viva e parlante; e come si chiamò orgoglioso di parlare in tal giorno innanzi la sua tomba, così eccitò i giovani dell'Oratorio, che disse fra tutti fortunati, a crescere e poi a serbarsi sempre degni di un tanto Padre! Le ispirate parole furono accolte da frenetici applausi.

Infine si fecero collettivamente alcune preghiere secondo le intenzioni del sig. D. Albera e di tutti i Superiori e Cooperatori e Cooperatrici Salesiane; quindi, ripetuto il canto dell'inno, i presenti sfilarono ordinatamente innanzi al sarcofago, col cuore pieno d'infinita tenerezza.

Il giorno 13 febbraio il nostro confratello prof. Don Albino Carmagnola parlava ai Cooperatori di Genova, raccolti nella Basilica di S. Siro. « Il dolore grande - egli esordiva - con cui fu accolta in tutto il mondo la nuova della dipartita del Venerabile D. Bosco, le lagrime che si versarono dagli innumerevoli beneficati sulla tomba del padre perduto, i grandiosi funerali celebratisi dappertutto, specie nelle città che godevano di qualche sua fondazione, ci fanno bella testimonianza del grande amore, dell'alta stima in cui era tenuto il Venerabile. Al dolore era successa una costernazione generale, un'ansia trepida sull'avvenire incerto dell'opera gigante dell'uomo straordinario. Senza il suo fondatore - si andava dicendo - l'opera fra pochi anni andrà in dissoluzione, in rovina. Questi tali, grazie al Cielo, si sbagliavano: non riflettevano che il Venerabile lasciava siccome protettrice celeste delle sue opere l'Ausiliatrice del popolo cristiano; un Don Rua a governo della Pia Società, i Cooperatori e le Cooperatrici ai suoi orfanelli. » Ecco i tre punti che il conferenziere, con la sua nota competenza, svolse ed approfondì: le benemerenze di Maria Ausiliatrice verso le Opere salesiane - il governo illuminato di Don Rua che allargò , ingrandì, sparse l'opera salesiana in tutto il mondo, superando ostacoli di ogni sorta - la gran parte che hanno avuto in questo meraviglioso incremento i benemeriti Cooperatori e le benemerite Cooperatrici. La splendida conferenza - scrive il Cittadino - piena di episodi e di ricordi storici nei quali agivano i più illustri uomini del secolo scorso, riuscì - a nostro giudizio - la più bella commemorazione del 25° anniversario della morte del Venerabile D. Bosco. La pia adunanza si chiuse con la benedizione del Santissimo impartita da Mons. Balestrino. »

Anche gli allievi del Seminario delle Missioni Estere di Torino-Valsalice in unione con i trecento giovanetti che frequentano quell'Oratorio festivo, la domenica 16 febbraio vollero commemorare il XXV° della morte di D. Bosco.

S. E. Rev.ma Mons. Matteo Filipello, Vescovo d'Ivrea e conterraneo del Venerabile, celebrò la messa della Comunione generale e rese più auguste e imponenti le funzioni solenni.

Nel pomeriggio vi fu accademia musico-letteraria, con discorso inaugurale dell'Avv. Carlo Barberis, Consigliere Comunale di Torino, che elettrizzò l'uditorio, suscitandone ripetutamente frenetici applausi.

Seguirono vari componimenti in prosa e poesia, tutti improntati a quello spirito altamente e cristianamente educativo che seppe inculcare felicemente ai suoi figli e fece grande Don Bosco.

Nello stesso giorno, ad Alessandria, presente il Clero e una folla di pubblico eletto, parlò di « D. Bosco educatore » l'egregio avv. Saverio Fino, consigliere comunale di Torino.

A Fossano disse « del sopranaturale nell'Opera di Don Bosco » il sac. Antonio Fasulo; indi parlò il can. Mogna, nuovo direttore diocesano dei Cooperatori e S. E. Rev.ma Mons. Giosuè Signori, Vescovo diocesano, espresse il voto che Fossano, così feconda nelle opere di beneficenza, continui il suo appoggio alle Istituzioni Salesiane.

Solenne l'omaggio reso al Venerabile da Castelnuovo d'Asti. Sua Ecc. Rev.ma Mons. Angelo Bortolomasi, Ausiliare di Sua Emin. il Cardinale Arcivescovo di Torino, dopo aver onorato l'Istituto Paterno locale celebrandovi la S. Messa della Comunione generale con affettuoso fervorino, accompagnato dal Vicario Foraneo e da numerosa schiera di sacerdoti e di Parroci limitrofi, attraversava il paese al suono festivo delle campane per recarsi nella Chiesa della Confraternita, prescelta per la Commemorazione. Al suo ingresso gli alunni dell'Istituto eseguirono con slancio e con grazia il mottetto: Ecce Sacerdos Magnus del Maestro Perosi, mentre la chiesa andò affollandosi e gremendosi completamente.

Dopo breve preghiera davanti il Santissimo Sacramento, Sua Eccellenza salì il pulpito fra la più devota attesa e coli ardente parola tratteggiò la figura di D. Bosco e l'Opera sua. Prendendo le mosse del pensiero di C. Cantù: « È da galantuomo udire le belle imprese compiute, e uditele, riconoscerle, e riconosciutele ammirarle e sostenerle » additò le imprese di D. Bosco nella triplice ramificazione della Pia Società Salesiana, dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani; e queste sante imprese fece risaltare ed ammirare con ricchezza di particolari, con vivacità di colorito, con efficacia di parola e con tale calore d'affetto da destare nei Castelnovesi un compiacente entusiasmo, specie verso la fine, quando additando loro la pura gloria che in D. Bosco posseggono, li eccitava alla cooperazione con l'esemplarità della vita e con la partecipazione viva all'azione promossa dall'immortale loro concittadina.

Monsignore tenne incatenato l'uditorio per circa un'ora e in fine impartì la Benedizione col Santissimo Sacramento lasciando in tutti i Castelnovesi la più grata memoria.

A Verona, il 30 gennaio commemorò splendidamente D. Bosco Mons. Gius. Manzini. « Accennato che 25 anni or sono Don Bosco il 30 gennaio era in agonia e detto che la morte sua fu lutto di Torino, dell'Italia, del mondo, l'Oratore si fece a tratteggiare la figura del gran Servo di Dio, come educatore della gioventù. E lo fece con tale vivacità di immagini, con tale acutezza d'indagine, con tale opportunità di osservazioni, che - scrive il Verona Fedele - quantunque raddoppiasse quasi il tempo assegnatogli, incatenò l'uditorio, al quale parve breve il suo dire. Sembrava che egli avesse dinanzi a sè un blocco di bianchissimo marmo e con tocchi sicuri ne sbozzasse prima la figura di don Bosco, per poi levigarla finitamente così da poterla mettere sul piedistallo e dire : - Eccola, guardatela, è proprio lui! »

Lo stesso Mons. Gius. Manzini la sera del 15 febbraio tenne un'altra splendida commemorazione di D. Bosco a Parma, davanti un pubblico imponente che gremita il salone maggiore dell'Episcopio. L'illustre oratore tutto accennò, le sante industrie del Venerabile nel guadagnarsi i cuori giovanili, l'amabile gaiezza, lo zelo prepotente, la perfetta comunicazione cuore a cuore coi suoi giovani, l'opera di educazione e di sublimazione formata nei loro cuori , le difficoltà incontrate, il bene compiuto, la santa popolarità guadagnata anche in ambienti refrattari all'idea religiosa; tutto passò come in un quadro vivente per la parola smagliante di Mons. Manzini davanti all'uditorio. Tra i presenti notavansi S. E. Rev.ma Mons. Arcivescovo Vescovo che parlò con l'effusione del suo cuore paterno in fine dell'adunanza, Mons. Vicario Generale, Mons. Del Soldato , molti ecclesiastici, molte signore delle Dame Patronesse, allievi della scuola di religione, ufficiali e impiegati. Ancora una volta il pensiero di Don Bosco affratellava nel suo sereno e caldo ideale di carità ogni classe sociale.

Anche la stampa commemorò con belle parole il XXV° della morte di D. Bosco. Ci duole di non poterne riferire qualche saggio, ma speriamo di poterlo fare in un prossimo numero.

Il 10 aprile p. v. per iniziativa del Consiglio direttivo della Federazione generale degli ex-allievi, l'on. Cesare Nava di Milano terrà una commemorazione del Venerabile nel teatrino dell'Oratorio di Valdocco.

Feste e Conferenze Salesiane

La divozione verso il nostro dolcissimo Patrono e Titolare va, di anno in anno, prendendo sempre nuovo incremento. Molti Cooperatori si fanno ornai un dovere di accostarsi nel giorno della sua festa ai SS. Sacramenti e il loro esempio è seguito da larghe schiere di fedeli.

Nel Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino. Valdocco l'affluenza alla Sacra Mensa fu assai consolante, e solennissime per scelta musica e maestà di rito riuscirono le varie funzioni. Pontificò alla messa solenne e alla sera impartì la benedizione col SS. Sacramento Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giovanni Marenco, Vescovo di Massa. Pronunziò il panegirico con soave parola, semplice e insieme scultoria, il rev.mo Mons.

Domenico Muriana, Curato di S. Teresa in Torino. La Conferenza ai Cooperatori fu detta il 1° febbraio nel tempio di S. Giovanni Evangelista dal chiarissimo dott. Don Alessandro Luchelli direttore del Collegio Municipale di Alassio, che parlò della devozione di D. Bosco al Papa (1).

A Roma la domenica 26 gennaio tenne la conferenza ai Cooperatori il rev. Don Francesco Piccollo nella Chiesa del S. Cuore di Gesù al Castro Pretorio. « Il Conferenziere - scrive l'Osservatore Romano - esordì accennando allo scopo per cui i suoi uditori erano venuti a sentirlo: la carità. Entrando poi nel suo argomento, prese le mosse dal Vangelo, ricordando quello che Gesù Cristo ha detto e fatto per i fanciulli. A tali parole ed esempi del Redentore si ispirarono vari fondatori di ordini religiosi, creando in seno alla Chiesa mirabili istituzioni destinate all'istruzione e all'educazione della gioventù. Ultimo di tempo venne il Ven. D. Giovanni Bosco, che supernamente e interiormente mosso dalla carità di Cristo, si fece amico e padre dei fanciulli, provvedendo a loro con oratorii festivi, ospizi, collegi, e ideando per essi un sistema educativo tutto dolcezza e bontà, ma sopratutto circondandosi di una sempre più numerosa schiera di volonterosi, pronti, a ogni sacrifizio per essere nelle sue mani docili strumenti de' suoi disegni sovrumani. E qui il Conferenziere con ricchezza di particolari e vivace spigliatezza di eloquio ritrasse le lotte e i trionfi di Don Bosco per estendere in Italia e nel mondo i benefizi dell'opera sua provvidenziale. Commovente poi è stato il quadro che egli ha presentato della vita che quotidianamente conducono centinaia e centinaia di Salesiani in mezzo alla gioventù. Nell'ultima parte della Conferenza egli parlò direttamente ai Cooperatori Salesiani, facendo loro vedere quanta parte Don Bosco abbia riservata a loro nella missione esercitata dai suoi figli: i Salesiani fanno, ma dai Cooperatori essi ricevono i mezzi di fare...».

Nello stesso dì, 26 gennaio, si tenne solenne conferenza a Catania nella vasta e bella chiesa di S. Agostino. « Il tempio - scrive l'Azione - era gremito: notammo S. A. la Principessa Emmanuel, il Barone e la Baronessa Torresi, la Baronessa Zappalà Asmundo e parecchie altre nobili famiglie; Mons. Sebastiano Nicotra, ecc....

» Alle 11 precise giunse S. Em. il nostro veneratissimo Card. Arcivescovo, accompagnato da Sua Ecc. Mons. Ferrais. Dopo una Messa, durante la quale la Scuola cantorum dell'Istituto Salesiano eseguì inappuntabilmente classici mottetti, Mons. Ferrais salì la cattedra e parlò del Venerabile Don Bosco. Non è possibile riassumere la splendida conferenza nè esprimere l'entusiasmo suscitato dalla parola dotta, elegante, eloquentissima dell'Ecc. Vescovo, che per un'ora circa tenne avvinto l'uditorio.

» Lo spirito col quale Don Bosco entrò nel Sacerdozio, si accinse al suo apostolato, concepì l'idea d'una famiglia religiosa, fu quello di assoluta povertà. Non ebbe in ciò contrario a sè il Vangelo, che vuole si facciano i conti prima d'innalzare una torre; chè anzi lo ebbe favorevole alla sua causa, poichè secondo il Vangelo, chi cerca il regno di Dio ha pure tutto il resto e chi ha fede può trasportare le montane. E D. Bosco ebbe fede, come lo dimostrano molti fatti della sua vita, tanto che la maggiore ilarità del suo volto era per i suoi amici il prodromo di qualche tempesta vicina, che gli faceva presentire il trionfo della sua fede nel soccorso del Cielo. Egli, dietro gli esempi di mamma Margherita, altro non ebbe di mira nel suo operare che il regno di Dio, cioè la salvezza delle anime. E di questa fu franco ammonitore ai grandi della terra, a uomini di stato, a sommi letterati e filosofi, come non fu schivo dal parlarne ai piccoli, agli ignoranti, ai poveri. Il regno di Dio egli intravide specialmente nella gioventù. Le condizioni particolari di luogo e di tempo nelle quali D. Bosco svolse l'opera sua reclamavano un efficace soccorso per la gioventù, alla quale un movimento più settario che patriottico preparava un ambiente avvelenato ed insidioso. Ed i mezzi? La sua povertà. Ma questa fu nelle sue mani la chiave colla quale poteva aprire gli sportelli della Banca, cioè della Divina Provvidenza che gli procurava il necessario. I Cooperatori salesiani sono appunto gli elemosinieri di Dio in favore delle opere del grande Apostolo italiano....»

La stessa domenica anche a Napoli ebbe luogo la Conferenza Salesiana nella Chiesa parrocchiale della Rotonda: e « la fama dell'Oratore, P. Gioacchino da Napoli, francescano - così la Croce - attirò in detta chiesa un elettissimo uditorio....

» Esordì dimostrando che il Ven. D. Giovanni Bosco fu scelto dalla divina Provvidenza in tempi, in cui si tende insidiare alla gioventù per trascinarla sull'orlo del precipizio. Parlò degli umili natali del Venerabile, delle difficoltà per ascendere al sacerdozio e della fermezza e costanza della Madre Margherita Occhiena nel guidare il suo figlio per la via che conduce al Paradiso. Ricordò, con vero trasporto di gioia, l'ansia del Ven. Don Bosco di tradurre in pratica il motto: Da mihi animas, caetera tolle!

» Inoltre dimostrò i doveri dei Cooperatori e delle Cooperatrici verso le Opere Salesiane, e terminò ringraziando il Signore di aver dato anche alla città di Napoli i Figli del Ven. D. Bosco; i quali stabilitisi sull'amena collina del Vomero esercitano tutto il loro zelo a vantaggio della gioventù e dei fedeli....»

Il 13 febbraio nella chiesa di S. Babila a Milano, celebrò in onore di S. Francesco di Sales S. E. Rev.ma Mons. Carlo Pensa, Vescovo di Penne e Atri, che disse pure l'elogio del Santo, esortando il numeroso e scelto uditorio a far proprio - sulle orme di D. Bosco -lo spirito di zelo e di carità del Salesio. Durante la funzione la Schola cantorum dell'Istituto eseguì con gusto e maestria musica classica.

La sera precedente tenne la prescritta confe renza nella chiesa di S. Agostino il rev. Don Lorenzo Saluzzo, alla presenza di Mons. Pensa, di altri esimi ecclesiastici e di eletto pubblico. Mons. Pensa aggiunse appropriate parole animando i presenti « a rendersi docili strumenti nelle mani di Dio per l'incremento dell'opera provvidenziale di Don Bosco.

A Piazza Armerina nei giorni 29-3o-31 gennaio vi furono speciali funzioni ad onore del nostro Santo Patrono, per opera del Direttore diocesano, Mons. G. M. Alessi Batù; e nel pomeriggio dell'ultimo giorno il ch.mo prof. Don Egidio Franchino tenne la conferenza ai Cooperatori. Erano presenti S. E. Rev.ma Mons. Mario Sturzo; Mons. Gibilisco, prevosto, i Padri Lazzaristi col Seminario, una rappresentanza delle Figlie della Sacra Famiglia e di S. Anna, le Figlie di Maria Ausiliatrice con le alunne della Scuola professionale e molte signore e signorine della città. Dopo una rapida sintesi delle tendenze moderne per un ritorno alle sorgenti pure dello spiritualismo, l'oratore parlò delle lotte sleali che il mondo moderno muove, col laicismo educativo, allo spirito eterno della morale cristiana. Tracciò poscia, a grandissime linee, la storia di questa nuova lotta e ne analizzò le origini e l'essenza. Disse che il positivismo è il primo fattore della educazione laica e lo dimostrò inefficace nella formazione della gioventù e causa prima dei mali sociali che affliggono le nazioni latine. Quindi presentò il Ven. D. Bosco come tipo del vero educatore cristiano, suscitato da Dio in un periodo di pervertimento sociale: ne esaminò l'opera ristoratrice nell'oratorio, nella scuola, in mezzo al popolo, la sola che all'evidenza dimostra l'efficacia e la superiorità dell'educazione e della morale cristiana, di fronte alle affermazioni della scuola laica e alle tristi conseguenze dell'educazione senza Dio, e disse pure di Don Bosco come pubblicista , come maestro, come apostolo e fondatore di colonie agricole, di missioni, d'istituti, di scuole, salutandolo il grande educatore del secolo XIX.

Da ogni parte ci giungono relazioni di altre solenni funzioni e conferenze.

A S. Benigno Canavese la domenica 9 febbraio tenne conferenza nella vetusta Chiesa Abbaziale il rev.mo D. Calogero Gusmano, segretario del Consiglio superiore della Pia Società, parlando della parte che ebbe Maria SS.ma Ausiliatrice nell'Opera di D. Bosco.

A Ventimiglia, preceduta da divota novena, la solennità si svolse la domenica 2 febbraio. S. E. Rev.ma Mons. Ambrogio Daffra, Vescovo diocesano, sempre infaticabile, celebrò la messa della Comunione generale con fervorino, assistè pontificalmente alla messa cantata dal rev.mo Can. Teologo della Cattedrale di Ventimiglia, compiendo in antecedenza la benedizione delle candele e dicendo il panegirico in fra missam; fece dopo i vespri una nuova predica per le Quarant'ore, e terminate le funzioni parrocchiali, ammise um bel numero di ragazze nelle figlie di Maria, rivolgendo loro un adatto discorsetto. Sua Eccellenza quel medesimo dì benedisse anche una Biblioteca circolante, che si inaugurava a vantaggio dei giovani dell'Oratorio festivo.

A Caltagirone il 31 gemmar in presenza di S. E. Monsig. Vescovo De Bono, dì molti Cooperatori e Cooperatrici, di mia larga rappresentanza di studenti delle Scuole Secondarie e di tutti i bambini ricoverati nel Pio Istituto Gerbino, il Sac. Dott. Cav. Luigi Sturzo tenne una dotta conferenza incoronandola con un appello ai genitori, ai maestri e a tutti gli uomini di buon volere per zelare l'educazione cristiana della gioventù.

A Trieste la sera del i febbraio dinanzi ad un pubblico eletto che gremiva la chiesa di S. Antonio Nuovo tenne conferenza ai Cooperatori e alle Cooperatrici S. E. Mons. Marenco Vescovo di Massa, il quale la mattina seguente celebrò nella chiesa di Maria Ausiliatrice pei giovani dell'annesso Oratorio. Alla sera - ci piace notarlo - non ostante l'orribile tempo e le pessime vie, la sala del teatro fu piena zeppa di amici ed ammiratori dell'opera salesiana, che accolsero con fragorosi applausi il Vescovo Salesiano, il quale era accompagnato da S. Ecc. Mons. Karlin, Vescovo Diocesano, tanto amico delle opere di Don Bosco. Alla presenza dei due Vescovi si svolse un lungo interessantissimo programma lirico-drammatico, con quella finezza di esecuzione che caratterizza le feste dell'Oratorio Triestino di via dell'Istria. A nome dell'Associazione Salesiana, o Comitato Salesiano di Trieste, disse belle parole il Vice-Presidente Dott. Vattovaz, Parroco di S. Giacomo.

Gli Ex-allievi.

ROMA. - Una cara riunione. - Il giocondo sorriso d'una bella giornata primaverile doveva essere l'espressione manifesta di quell'esultanza che avvince, nella semplice e schietta cordialità dell'affetto, il cuore di padri, di figli e di fratelli. La celebrazione solenne della festività di S. Francesco di Sales parve ai Sàlesiani dell'Istituto del S. Cuore di Rotea l'occasione favorevole per porre in stabile assetto l'Unione romana fra gli ex-allievi, le cui basi erano state poste in occasione del I° Congresso Internazionale. Ma col fine di meglio riuscire nell'intento desiderato e considerate le molteplici circostanze che avrebbero impedito una più vasta riunione, l'invito si credette bene elle fosse in questo primo affiatamento amichevole limitato a coloro che, a contatto quotidiano coi Superiori dell'ospizio, si potevano a buon diritto ritenere come i portavoce e gli interpreti desiderati di tutta la grande e cara famiglia.

La mensa del 29 gennaio fu l'appuntamento naturale del lieto ritrovo familiare. E una famiglia fu davvero composta dei principali superiori e di uno stuolo gaio di ex-allievi, rappresentanti di ogni classe sociale, cui era bastato un solo accenno per trarli dai gravi e disparati pensieri giornalieri, alle care rievocazioni degli anni più felici di un tempo che fu.

Al levare delle mense parlò il direttore D. Tomasetti salutando gli amici convenuti ed accennando allo scopo principale della riunione. Rievocò il Congresso di Torino, cui Roma aveva in modo sìì brillante partecipato per numero di adesioni, di intervenuti e sopratutto per l'opera del presidente del memorando congresso, il cav. Poesio, anch'egli di Roma, e si chiamò convinto che l'Unione romana avrebbe certamente sortito un esito degno delle forze vitali de' suoi soci.

Parlò quindi lo stesso cav. Poesio a nome di tutti gli ex-allievi presenti e lontani inneggiando allo spirito di fratellanza regnante sotto la bandiera di D. Bosco.

Chiuse il rev.mo ispettore D. Conelli, chiamandosi singolarmente lieto di poter vedere intorno a sé tanti amici, augurando all'imminente riunione per l'inizio dei lavori quella nota di praticità che sola è cal-arra d'ogni buona riuscita.

Il Circolo S. Cuore aveva quindi l'onore di ricevere ne' suoi locali tutti i convenuti. Erano presenti il Conte Aloisi Masella, il dott. Arrigo Enrico, il sig. Barlattani, il prof. Bernabei, il sig. Busti, il sig. Ciriaci del Consiglio Superiore della G. C. I., il Conte des Dorides, l'avv. David, il sig. Ferrari direttore della Casa Mame, l'avv. Fratta pubblicista, l'ing. Lombardi, il sig. Montalbetti direttore della Tipografia Nazionale, il sig. Magri, il cav. Mascioli, il cav. Poesio, il rag. Rosa presidente del locale Circolo S. Cuore, l'avv. Smargiassi, il prof. Scalabrini, il Sig. Seghetti, l'avv. Volpe e il prof. Zanetti dell'Osservatore Romano.

Il cav. Poesio accennò agli inizi che l'Unione exallievi aveva avuto in Roma due anni or sono mercè l'iniziativa del sullodato Circolo S. Cuore, lesse lo Statuto, ed in base al medesimo propose l'elezione d'una Presidenza che studiasse subito le modalità d'una riunione generale di tutti gli ex-allievi per la prossima visita del sig. D. Albera, in occasione della solenne chiusura delle feste giubilari della Chiesa del S. Cuore. Eletto per acclamazione a presidente lo stesso Poesio, risultarono chiamati a coadiuvarlo l'avv. Smargiassi, Vice-Presidente; il sig. Montalbetti, Segretario ; il Presidente del Circolo S. Cuore, Rag. Rosa, Cassiere; il Presidente del Circolo S. M. Liberatrice sig. Ciriaci e il sig. Magri, Consiglieri.

SAVONA- Riunione annuale -Si tenne il 12 gennaio u. s. Dopo una breve cerimonia religiosa, vi fu una prima adunanza, nella quale il presidente dell'Associazione fra gli ex-allievi dell'Oratorio prof. Filippo Critico lesse il rendiconto morale del primo anno di vita dell'Associazione, tracciando brevemente il programma ché dovrà svolgere nel corrente anno. Indi agape lietissima, poi nuova adunanza, in cui si venne all'elezione della Presidenza dell'Associazione. Riuscirono eletti: Presidente Ing. Giovanni Sugliani ; Vice-Presidente, Sac. Giuseppe Calcagno ; Consiglieri, Prof. Filippo Cuneo, Edoardo Parodi, Vincenzino Sguerso, Giovanni Ferro ; Segretario, Avv. Raimondo Maffiotti; Cassiere, Antonio Vado.

Tra i figli del popolo.

TRINO VERCELLESE. - Sala di lettura « Sacro Cuore ». - Da tre anni fiorisce e dà buoni risultati tra i giovani dell'Oratorio la Sala di lettura « Sacro Cuore » composta di ottantadue soci ascritti e quaranta effettivi. Favorita e sussidiata dai Cooperatori Salesiani locali, è divenuta una consistente istituzione, che nella sua semplicità di struttura e di azione dà affidamento di prospero avvenire e di progresso. Tra i suoi fatti più notevoli è da segnalare il corso d'esercizi spirituali svoltosi a metà dicembre u. s., al quale gli ottantadue giovani furono assidui accostandosi, tutti, l'ultimo giorno alla santa Comunione.

Alcuni professionisti della città si compiacquero di onorare la Sala con opportune conferenze; tra cui notevoli alcune sull'igiene del dott. Pietro Pilato e quella dell'avv. Pietro Novasio in commemorazione del venerabile Giovanni Bosco.

Questa Sala, che per tre mesi d'inverno è aperta tutte le sere, diviene festiva negli altri mesi, e la sera dell'11 febbraio chiudeva il periodo invernale con un brillante trattenimento. Esordì il Direttore, che, ricordati sommariamente gli argomenti svolti nei tre mesi decorsi, si compiaceva nel rilevare che la fede cristiana avesse costantemenre animato conferenzieri e uditori ; quindi il sig. Leonardo Grandi di Vercelli, Segretario del Consiglio Regionale Piemontese della Gioventù Cattolica, commemorò con splendido discorso il filantropo cristiano Federico Ozanam, rilevandone le benemerenze religiose-sociali.

NAPOLI - L'Oratorio Salesiano al Vomero. - Il primo ottobre u. s. anche l'Oratorio Salesiano al Vomero incominciava un nuovo anno di benedizioni per tanti giovanetti dell'ameno rione. Si nota con compiacenza che molti che frequentano l'Oratorio hanno la tessera di frequenza di vari anni, il che prova il frutto stabile che l'opera produce. Dal 1° ottobre al 4 febbraio u. s. circa duecento furono gli inscritti. Si celebrarono con solennità le feste del Rosario nel mese di ottobre, dell'Immacolata in dicembre, e di San Francesco di Sales il 2 febbraio. In ogni festa nota principale è la comunione generale, seguita dalla colazione e divertimenti vari, rappresentazione teatrale e premiazione.

Nell'accennato periodo merita d'essere ricordata la cerimonia della posa di Gesù bambino nel presepio, compiutasi la sera del 24 dicembre,. sotto il porticato. Circa un centinaio di giovanetti, presero posto nei banchi preparati e, come le altre sere, recitarono le preghiere di uso, alla fine delle quali una metallica stella, illuminata a luce elettrica, annunziò la presenza di Gesù nel presepio, che venne così inaugurato mentre la marcia reale veniva vibrata da sonoro grammofono. Quindi si cantò il Gloria ; poi, con vera divozione, si recitò il Santo Rosario per i benefattori e si cantarono le Litanie, e dopo breve discorso del direttore i giovanetti si prostrarono al bacio del S. Bambino. La cara e indimenticabile funzione si chiuse con la distribuzione di caramelle. Molti si fermarono ancora nell'Oratorio per accostarsi alla S. Confessione e consolante fu la comunione alla messa della mezzanotte, come a quella del mattino seguente, solita a celebrarsi per l'Oratorio.

Merita anche una speciale menzione la Comunione riparatrice nell'ultimo giorno di carnevale, che si pratica da più anni in quell'Oratorio. Al mattino vi è funzione in chiesa come nei dì festivi, alla messa ed alla comunione fa seguito il canto delle Litanie e la benedizione col Venerabile, poi in cortile, dove si fa distribuzione a tutti di biscotti, stelle filanti, coriandoli ecc. si dà principio a vari divertimenti, chiudendo la giornata con un bel trattenimento teatrale. È un giorno piamente e allegramente santificato.

COMACCHIO - Premiazione. - Il 15 dicembre u. s. nell'Oratorio Salesiano ebbe luogo la solenne premiazione dei giovani che si distinsero maggiormente per frequenza all'Oratorio e profitto nel Catechismo. La festa si svolse alla presenza di S. E. Mons. A. Borghini, Mons. G. Masironi, Arciprete della Cattedrale, di altri membri del Clero, delle Cooperatrici e molte altre distinte persone. I premi consistevano, nella maggior parte, in vestiari, poichè i giovani frequentanti l'Oratorio son quasi tutti figli del popolo. Prima della distribuzione il Direttore esternò tutta la sua riconoscenza a quanti coadiuvano l'Opera salesiana in Comacchio. Il programma musico-letterario si svolse egregiamente, grazie le cure del Can. Guidi. In ultimo prese la parola Mons. Vescovo il quale, descritto lo stato in cui si trova la gioventù comacchiese, inculcò di raddoppiare gli sforzi perchè l'istruzione religiosa, alla quale, insieme coi Sacerdoti, devono attendere i genitori e le cooperatrici, riesca sempre più proficua.

S. PAOLO (Brasile). -- Alla presenza dell'Arcivescovo Mous. Duarte Leopoldo e Silva, di molti ragguardevoli ecclesiastici e laici e di apposito comitato, il 10 novembre si tenne la prima Gara Catechistica fra gli alunni dell'Oratorio festivo, annesso al Liceo del S. Cuore. Mons. Benedetto A. De Sousa, Presidente del Consiglio Centrale della Dottrina Cristiana, tennè un discorso di circostanza: e l'ecc.mo Prefetto Barone Raimondo Duprat, per mano del dott. Giovanni Ottaviano De Lima Pureira fece la consegna della bandiera al Principe vincitore. Il saggio, affatto nuovo per la città, riscosse le più vive simpatie da tutto l'eletto uditorio.

spigolando

- Il Circolo « l'Immacolata » dell'Oratorio festivo Salesiano di Firenze celebrò la sua festa pa tronale con solenni funzioni religiose e un bel trattenimento musico-letterario, onorato dalla presenza del Vicario Generale Mons. Andrea Cassulo.

- All'Oratorio festivo Salesiano di Ferrara la sera dell'Epifania vi fu distribuzione di dolci e giuocattoli a duecento ragazzi, in forma di « Albero di Natale ».

- Anche all'Oratorio festivo S. Michele di Alessandria d'Egitto la domenica 5 gennaio vi fu un grandioso Albero di Natale, onorato dall'intervento di illustri personaggi. Il merito della caritatevole iniziativa è del « Circolo Michele Rua ».

- Un altro « Albero di Natale », ricchissimo di doni, tra cui maglie, camicie e 15o tagli di vestito oltre strenne e giuocattoli, si ebbe all'Oratorio Salesiano al Testaccio in Roma. Presiedeva il Rev.mo Mons. Francesco Faberj. Ben 440 giovanetti ebbero ciascuno un dono, premio per la frequenza all'Oratorio e per la buona condotta. È inutile accennare alla loro gioia irrequieta e alla soddisfazione dei genitori presenti. La distribuzione, svoltasi fra un gaio intreccio di declamazioni, canti corali, e scelte esecuzioni del Concerto S. Maria Liberatrice, fu fatta per mano di gentili signore e signorine, che si erano presa la cura di disporre i doni sotto la guida di Donna Maria Antonietta Cingolani-Spinola, vera mamma dei poveri e dei fanciulli del Testaccio.

Notizie varie.

In Italia.

MILANO - Per il compimento della chiesa di S. Agostino. - Il Comitato Salesiano Milanese, nell'invitare i Cooperatori a celebrare la festa di S. Francesco di Sales, enumerava ciò che fanno Salesiani in Milano.

« L'Istituto di Sant'Ambrogio, i fiorenti Oratori festivi di Via Commenda e di S. Gioachino, l'Associazione degli Antichi allievi di Lombardia, il nuovo Circolo Giovanni Bosco, la Chiesa di Sant'Agostino e la Pia Opera a lui dedicata, sono il campo delle loro incessanti fatiche a pro della città ed Archidiocesi. Più che 310 sono i giovani raccolti nell'Istituto, dei quali non pochi gratuitamente ed i più a tenue retta, sì che quest'anno chiude il suo bilancio con un gravissimo deficit. Soltanto la carità vostra, Cooperatori e Cooperatrici, può colmare questo disavanzo e dar modo ancora di non più oltre differire il compimento della Chiesa di San Agostino ».

A questo proposito soggiungeva:

« Quest'impresa è per noi un sacro dovere: l'abbiamo promesso al compianto D. Rua, tanto caro ed indimenticabile al cuore dei Milanesi; l'amatissimo nostro Cardinale la raccomandava pubblicamente il giorno della Epifania con acceso zelo, tenendosi sicuro che la sua parola, come sempre, sarebbe stata anche questa volta messa tosto in pratica dai nostri Cooperatori e Cooperatrici. Ci muova insieme la ricorrenza del centenario Costantiniano, data memoranda e gloriosa per la nostra Milano. La Chiesa di S. Agostino finita, mentre provvederà meglio e più ai bisogni spirituali del popolo che va ogni giorno crescendole attorno, sarà pure omaggio dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane a quel grande avvenimento, trionfo della Fede e della Carità di nostro Signor Gesù Cristo ».

PARMA - Scuola superiore di religione. - Il 29 gennaio s'adunava una folla di giovani studenti a festeggiare con una bicchierata il fatto che anche quest'anno la Scuola Superiore che si compone di giovani universitari - di essi si dovette anzi fare una sezione a parte - di Liceo, d'Istituto tecnico, di Conservatorio e Belle Arti ha raggiunto e passato il numero di cento iscritti, compiendo cioè, come disse scherzosamente Mons. Arciv. Vescovo, il proprio centenario. « Dire che nell'adunanza a cui si degnò presiedere S. E. medesima circondata dal rev.mo Vicario Generale Mons. Aicardi, dal Can. Dott. Luigi Beni, dal rev.do Parroco D. Bolzoni, da D. Del Monte assistente ecclesiastico del Circolo Universitario « C. M. Baratta » che colla Scuola Superiore di Religione forma, si può dire, una cosa sola, dire che in questa adunanza di oltre cento giovani sia regnato l'ordine più perfetto - osserva il Giornale del popolo - sarebbe un'esagerazione, ma dire che vi regnò la più schietta cordialità, la fusione più sincera dei sentimenti di affetto e di simpatia tra questo elemento studentesco e i loro insegnanti e gli altri sacerdoti intervenuti non è altro che la pura verità. E il primo a godere dell'avvicinamento di questa gioventù studentesca coi suoi superiori ecclesiastici, di questo rinsaldamento di vincoli di famigliarità forse un po' clamorosamente e goliardicamente mostrato ma sincero e giovialmente leale, fu S. E. Rev.ma Mons. Vescovo che vedeva così raggiunto, sia pur temporaneamente, mi suo antico desiderio di poter avvicinare cuore a cuore le classi colte che pur troppo troppe volte ci sfuggono. E questo avvicinamento si è verificato e sempre si verifica per mezzo della Scuola Superiore di Religione, la quale come ogni anno si raduna intorno il Vescovo per la Comunione pasquale nel Collegio Salesiano, così quando, come quest'anno, tocca i cento iscritti festeggia questo bel numero, che ne attesta la f econda vitalità, con una bicchierata e con un servizio di paste dolci....

» Non potevano mancare i brindisi: del sig. Pedretti della facoltà di legge, presidente del Circolo Universitario, studente in matematica, del sig. Rossini, Valenti e altri.

» A tutti rispose con effusione paterna l'amatissimo Presule, incitando gli intervenuti a perseverare nell'affetto alla Scuola di Religione, ove nella purezza della Fede e nell'onestà del costume attingeranno l'elemento più duraturo della vera allegrezza basata sulla pace della coscienza ».

All'Estero.

S. PAOLO (Brasile). - Omaggio al Presidente dello Stato. - Il 12 ottobre u. s. settecento alunni dei Collegi Salesiani di S. Paolo e di Campinas si recavano a far atto di omaggio a S. E. il sig. Rodrigues Alves, Presidente dello Stato. L'imponente corteo, in splendida uniforme, era preceduto da una squadra ciclisti e dalla banda del Collegio di S. Paolo, quindi venivano i plotoni degli alunni del Collegio di S. Paolo, poi un'altra banda, la bandiera nazionale e gli alunni del Collegio di Campinas. Due fitte ale di popolo applaudirono il simpatico battaglione giovanile al suo ingresso nel Palacio dos Campos Elyseos.

Schieratisi in bell'ordine nel parco, dopo pochi istanti ecco presentarsi il Presidente, accompagnato dagli Ecc.mi signori Dott. Altino Arantes, segretario degli Interni, dott. Gioachino Michele di Siqueira, segretario delle Finanze, dott. Sampaio Vidal, segretario di Giustizia e Pubblica Sicurezza, e da altri eminenti personaggi. Le due bande intonarono l'inno nazionale e due alunni, uno di S. Paolo, l'altro di Campinas rivolsero a S. E. il Presidente un ossequioso saluto. Questi prese in fine la parola:

« Sono alcuni anni, esclamò, che ebbi una dimostrazione eguale a questa, in uno dei più importanti collegi salesiani. Era a Roma, e fui acclamato da una moltitudine di fanciulli, allegri e contenti come voi, i quali mi complimentavano come cattolico e come Cooperatore Salesiano.... E dicevano il vero, quantunque le loro lodi fossero esagerate...

» I grandi destini della società sono riposti nell'educazione della gioventù: ed io penso che solo l'insegnamento religioso dato regolarmente, potrà ottenere in quest'epoca turbolenta che attraversiamo, che il mondo entri nel cammino dell'ordine, della pace e della tranquillità.

» Il fondatore dell'Opera Salesiana fu un gran veggente; scorse nella miseria e nell'ignoranza i due grandi flagelli sociali che opprimono l'umanità, e contrappose a essi la carità e l'educazione!

» Ed io, nel ricevere i vostri omaggi, non posso meglio ringraziarvi che rievocando la memoria di D. Bosco!... »

Una salve di applausi salutarono le parole dell'illustre Statista, già Presidente della Federazione degli Stati Uniti del Brasile.

GRANADA (Nicaragua). - La consacrazione del Nicaragua al S. Cuore.- Il 15 dicembre u. s. s'inaugurò solennemente l'Assemblea Nazionale Costituente sotto la Presidenza del sig. Salvatore Chamorro. S. E. il Delegato Apostolico

Mons. Cagliero occupava il primo seggio, come decano del Corpo diplomatico. Accanto a lui sedeva il Ministro Americano On. Giorgio T. Weinzel. Una commissione di deputati andò al palazzo presidenziale per accompagnare il Presidente all'Assemblea. Questi, finita la cerimonia, fu costretto per un'indisposizione a ritirarsi e incaricò il Ministro degli Affari Esteri sig. Diego Manuel Chamorro a rappresentarlo. E_ l'onorevole Assemblea si recò in corpo alla Chiesa maggiore pel Te Deum di ringraziamento e per la Consacrazione della Repubblica al S. Cuore. La Banda nazionale intonò una marcia solenne a onore del S. Cuore. L'Assemblea, il Supremo Governo e la Suprema Corte di Giustizia si schierarono in un seggio speciale alla destra, nel mezzo prese posto il sig. Diego Manuel Chamorro, come rappresentante del Presidente, avendo ai fianchi il Presidente del l'Assemblea, sig. Salvatore Chamorro, e il Presidente della Corte Suprema, dott. Alfonso Solórzano. Il seggio di fronte fu occupato dal Delegato Apostolico e dal suo segretario particolare Don Nalio. Gli altri membri della Corte, dell'Assemblea e del Governo si collocarono avanti l'altare in posti riservati.

Sull'altare, splendidamente illuminato, campeggiava l'immagine del S. Cuore, sorridente e colle braccia spante, come se volesse stringere tutti nel suo amplesso divino. Il Can. Dott. D. José Antonio Lezcano salì il pulpito e lesse la formola della consacrazione: « O dolcissimo Gesù, Redentore del genere umano, date uno sguardo alla Repubblica del Nicaragua che oggi si consacra a Voi; alla sua Chiesa; al suo Governo, nei suoi tre Poteri, Esecutivo, Legislativo, e Giudiziale; e al suo popolo! Siamo vostri e vogliamo esser vostri, ecc...»

Compiuta la consacrazione, seguì la benedizione pontificale col SS. Sacramento.

Che il Cuore di Gesù regni e trionfi in tutte le giovani Repubbliche del Centro America!

Ci duole assai che mancanza di spazio ci vieti d'inserire il lungo Necrologio di vari esimi Benefattori, passati di questi giorni all'eternità. Non mancheremo di farlo nel prossimo numero; ma fin d'ora, per essi e per tutti i Coooeratori defunti, imploriamo la carità di ferventi suffragi.