BS 1900s|1904|Bollettino Salesiano Settembre 1904

BOLLETtino SALESIANO

Periodico della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani di Don Bosco

ANNO XXVIII - N. 9.   Esce una volta al mese   SETTEMBRE 1904.

SOMMARIO -- La 2a Esposizione triennale delle Scuole professionali e Colonie agricole Salesiane . 287 L'inaugurazione    259

Don Bosco e gli operai    261 I nove secoli di Fruttuaria e l'opera di D. Bosco . 265 I Libri di testo per le Scuole Elementari, Complementari, Normali, Ginnasiali e Liceali . . . . 266 Della Visita del R.mo Don Albera alle nostre Case d'America    267 Missioni : Giamaica (Grandi Antille) - Colombia - Matto Grosso    271

Culto e Grazie di Maria Ausiliatrice    278

Notizie compendiate: A Valdocco: dall'Italia: Ali Marina, Collesalvetti, Cuorgnè, Este, Giaveno, Milano, Napoli, Orvieto, Spezia, Trevi; Infascio; Dall'Oriente: Smirne, Palestina - Dalle Americhe: Buenos Aires, Patagones, New-York, Sant'Anna, La Paz, Ponte Nova, S. Tecla, Viedma. 282

Necrologia    287

La II. Esposizione triennale delle Scuole professionali e colonie Agrìcole Salesìane

NELL'INTENSA gioia dei giovanetti artigiani dell'Oratorio di Torino, rappresentanti molte migliaia di altri giovanetti educati alla virtù e al lavoro all'ombra della stessa bandiera, il 21 agosto u. s., come avevamo annunziato, inauguravasi la IIa Esposizione delle Scuole professionali e Colonie agricole Salesiane, presente e benedicente S. Ecc. Rev. ma Mons. Giovanni Cagliero, Arcivescovo titolare di Sebaste, e applaudenti numerosi ed illustri ecclesiastici e molti benemeriti benefattori e benefattrici. Fu un inno alato al lavoro, il premio ambito d'una iniziativa paziente e laboriosa, l'apoteosi della splendida creazione d'un umile sacerdote.

Oh! Don Bosco, nell'anno scolastico 1853-1854, quando si accinse alla fondazione delle scuole professionali, antivide lo sviluppo prodigioso dell'opera sua? Non lo sappiamo; ma egli certo conobbe i bisogni dei tempi, intuì le tendenze dell'età moderna e figlio di quella chiesa, che se è apostolica, è pur eternamente giovane, prevenne il movimento moderno nella patria nostra e lo secondò colla lena indefessa di un'anima generosa, cui nulla arresta, quando ha scoperto la via che ha da condurla a nobile mèta.

Eran quelli i tempi in cui già si cercavano dei pretesti per mettere in mala luce la religione e i sacerdoti, e si gridava a squarciagola che retrogradi e fannulloni erano i preti.

Don Bosco conobbe che i lazzi inverecondi purtroppo avrebbero fatto buon giuoco, e studiò la cosa. Dall'alto gli venne la luce. Vide le febbrili aspirazioni delle masse operaie e le fatali conseguenze della loro apostasia dalla chiesa, ma sentì insieme di lontano il rumor fragoroso di nuove macchine e i frenetici applausi alle nuove scoperte e si entusiasmò ai nuovi trionfi; e fidente in Dio, umilmente e senza affannarsi, ma pur generosamente e sobbarcandosi a continui sacrifizî, si pose all'opera. Chiamò i figli del popolo e : « Venite, disse loro ; voi volete imparare un mestiere... Ebbene, venite in casa mia! Là non vi mancherà nulla ne di ciò che esige la vostra professione, nè di ciò che attende l'anima vostra, fatta anch'essa a somiglianza di Dio! »

L'impresa era delle più importanti. Di collegi per giovanetti studenti ne aveva sempre avuti la Chiesa; mancavano invece istituzioni congeneri per gli operai ; talchè su cento giovani, ottanta o settanta almeno erano nell'impossibilità di ricevere un'educazione seria, morale e religiosa, negli anni più importanti della vita. E D. Bosco cominciò ad allestire un deschetto da calzolaio. I fanciulli, che già lo chiamavano padre, accorsero colla gioia sul viso : la Divina Provvidenza glie ne inviò degli altri, e il buon prete proseguì fiducioso nell'impresa. A poco a poco le sue scuole professionali crebbero di numero e d'importanza; e poi si diffusero tanto che a dieci lustri appena dalla loro istituzione, ampiamente fornite dei moderni trovati dell'arte merci l'aiuto costante dei buoni, possono educare alla virtù e al lavoro migliaia e migliaia di giovinetti.

Sì, mercè l'aiuto: altrimenti come avrebbe potuto D. Bosco compiere tanta impresa? o come potrebbero reggersi in pie' le sue scuole professionali? Degli alunni, molti non possono contribuire affatto al loro mantenimento, gli altri solamente in parte. E i locali , gl'impianti, e sopratutto la manutenzione e lo sperpero del materiale? Teneri giovinetti che nelle officine dovrebbero attendere ancor vari anni prima di essere iniziati all'esercizio dell'arte, nelle scuole professionali di Don Bosco cominciano regolarmente il tirocinio sol che abbiano l'età legale, anche con sciupìo di materiale e di tempo a danno evidente dell' istituto. Ma queste son scuole e non officine: e quindi non vi si cerca il guadagno, ma si mira unicamente al bene e al profitto dell'allievo.

Oh! la virtù sanatrice, che all'età nostra, così gagliarda nelle sue applicazioni e così geniale nelle sue conquiste, potrebbe derivare dal diffondersi di questa istituzione di D. Bosco. Eccelsa segreta, nel buio degli anni, Dio pose la meta dei nobili affanni, e noi pure applaudiamo a coloro che con brando e con fiaccola, su l'erta fatale volgono animosamente il passo. La Religione non ha mai gridato al progresso: « Arrestati ! » nè tien celata entro il moggio la luce. Dell'apparente dissidio fra l'età e la Religione, la colpa è dell'età, e non di quella Religione, che agli avi repubblicani benedì le vele, di vergini soavi a Raffaello popolò le tele (1) e « al primo rinascere degli studi, al primo vagir delle arti, a studi ed arti novelle vie aprendo ed ampliando le antiche, filosofò con San Tommaso, cantò con Dante e con Tasso, tuonò con Bossuet e con Segneri, edificò con Bramante, scolpì con Michelangelo... » (2).

È l'età, che assorta nelle sue ricerche dimentica il soprannaturale, e inebriata dei suoi trionfi sogna di poter fare da se. Tutt'al più potrà crederlo in questo mondo; ma poi? Anche ai tempi di Noè gli uomini sognarono di toccar il cielo col dito, e Dio mandò la confusione delle lingue, e caddero a vuoto i loro sforzi. Peccato che si fraintenda la missione di redenzione e di salute, che Dio ha dato alla Chiesa; poichè più i popoli si allontaneranno da lei, più brucieranno di mille febbri maligne; mentre nel progresso dell'età presente, all'ombra della croce, potrebbero intonare l'inno della tranquillità e del trionfo.

Ma sia ringraziato il Signore, che avendo fatto guaribili le nazioni e disponendo gli eventi secondo il sapiente suo divin beneplacito, nella restaurazione cristiana dell'operaio, cui da molti con lena si attende, ci dona un pegno confortante della sua misericordia: e gloria a D. Bosco, che fu uno de' primi a porsi alla testa di questo movimento, incominciando dai fanciulli.

Possa l'inaugurata Esposizione dissipare in qualche anima le viete prevenzioni contro la Chiesa e il sacerdozio e stimolare alla santa crociata a favore dei giovani operai molti cuori generosi: ne avvantaggeranno la religione e la patria. Così il plauso e l'ammirazione de' visitatori accrescano lena ai cari giovanetti artigiani e li spronino efficacemente a perseverare in quel sentiero per cui sono incamminati, auspice Don Bosco e la carità de'suoi benefattori.

L'inaugurazione.

Fu una bella festa del lavoro e un sentito e reverente omaggio alla cara memoria del nostro Fondatore. Perciò, sebbene se ne siano occupati con benevole interesse molti giornali di Torino e fuori, ci par doveroso il dirne alcunchè, perchè ne rimanga memoria nelle colonne del Bollettino. Ecco quanto ne scrisse l'Italia Reale - Corriere Nazionale del 22 agosto.

« È un caro evento, di alta importanza per il fine con cui fu concepito e per la nobile gara con cui venne preparato. È noto con quanta cura i Salesiani di Don Bosco s'interessino della educazione e della istruzione dei figli del popolo; ed è mirabile lo zelo con cui essi, camminando sulle orme del Padre loro, anche a costo di ingenti sacrifizi, abbiano aperto' all'Italia e all'Estero molte scuole professionali, e si siano anche assunta la direzione di non poche colonie agricole, ove migliaia di giovinetti, insieme coll'accurata professione di un'arte, apprendono quelle nozioni di generale cultura intellettuale indispensabili per il loro mestiere e saviamente richieste dagli elevati criteri sociali dell'età presente.

» Ora a spronare vieppiù al lavoro ed alla emulazione i loro alunni, fu ottimo pensiero questo di indire una IIa Esposizione generale dei loro istituti professionali, anche per presentare agli egregi loro benefattori ed ammiratori quasi in un quadro, quello che vanno facendo col soccorso della loro carità nell'uno e nell'altro Continente, a benefizio della gioventù operaia.

» E ieri, alle ore 17,3o, benedetta da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giovanni Cagliero, Arcivescovo di Sebaste e Vicario Apostolico della Patagonia, veniva appunto inaugurata la detta Esposizione, divisa in cinque sezioni:

a) Arti grafiche ed affini - b) Arti liberali - c) Mestieri - d) Colonie agricole - e) Didattica. »

Esordì il Dott. D. Giuseppe Bertello, consìgliere professionale della Pia Società Salesiana, spiegando il fine avuto in mira nell'allestire l'inaugurata esposizione. « I fini son due, egli disse: il primo è di mostrare la nostra riconoscenza a D. Bosco e a Dio che l'ha ispirato e a tutti i buonì che l'hanno aiutato a benefizio della gioventù operaia: il secondo è mostrare quello che si è fatto ed avere consìgli ed eccitamenti per far meglio in avvenire. »

« Il discorso d'occasione fu detto dall'illustre avvocato cav. Carlo Bianchetti, discorso ricco di alte considerazioni filosofico-sociali, bello di poetiche immagini e di opportuni motti briosi.

» Il concetto principale fu dimostrare come la Chiesa vincitrice, nel campo dottrinale del filosofismo volterriano e del razionalismo materialista, è pur riuscita vincitrice del marxismo nel campo della azione sociale e questione operaia. Don Bosco fu l'uomo che provvidenzialmente aveva l' intuito dei tempi nuovi, e prevenendo il socialismo iniziava le istituzioni che oggi fanno manifesto al mondo come la Religione sia tutrice della causa dell'operaio, sollecita della sua istruzione tecnica non meno che della sua educazione morale e civile. Indi, ricordando come or sono cinquant'anni D. Bosco apriva il primo laboratorio per garzoni calzolai, notava come le suole, cucite da colui che si chiamava il ciabattino dell'oratorio, prepararono una calzatura che ha servito ai Salesiani per fare il giro del mondo piantando i loro laboratori nelle due Americhe, nell'Africa e nell'Asia, nonchè in Italia ed in Europa. Indi passava a dire dell'importanza di questa seconda mostra triennale, che sarà seguita da tante e tante altre sempre più ricche ed interessanti. Lo splendido discorso, più volte interrotto da applausi, fu seguìto da una vera ovazione.

» Veniva pure applaudito un entusiastico componimento letto da un giovane tipografo, esprimente venerazione e gratitudine verso il gran padre e maestro D. Bosco e verso il suo degnissimo successore.

» Il Rev.mo Rettor Maggiore, D Michele Rua, ringraziava tutti gl'intervenuti alla festa e, ricordato l'esempio di D. Bosco, raccomandava loro di accompagnare o mandare visitatori all'Oratorio e all'Esposizione, affinchè tutti possano giudicare dai frutti le istìtuzioni salesiane. Poscia pregava S. E. R. Mons. Cagliero a voler benedire l'Esposizione disposta nell'ampio locale del teatro.

Dopo la cerimonia religiosa, il numeroso pubblico si sparse per le gallerie in cui sono disposti i lavori e i prodotti di molte delle 85 case professionali o colonie agricole salesiane ».

*

All'inaugurazione erano presenti, quasi al completo, i membri della Giuria, composta delle più spiccate individualità cittadine nei singoli rami dell'Esposizione. Intervennero pure varie rappresentanze di circoli, istituti e società operaie, di cui dieci con bandiera.

Per la circostanza si è costituito un comitato d'onore: n'è presidente il Sindaco di Torino, sen. Secondo Frola; vice-presidenti l'on. Boselli, il sen. di Sambuy e il barone D. Antonio Manno. Anche il Comitato torinese delle dame patronesse delle Opere salesiane ha preso sotto l'alta sua protezione questa mostra: n'è presidente onoraria S. A. I. e R. la Principessa Maria Laetitia di Savoia-Napoleone.

L'Esposizione rimarrà aperta tutto il mese di settembre e si potrà visitare al martedì, giovedì e domenica, dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 18. Per l'ingresso, basterà domandare alla porta la tessera che il Comitato si farà un dovere di presentare, con la sua piu viva riconoscenza.

(1) Ab. ZANELLA.

(2) Sac. Prof. FRANCESCO CERRUTI - Il Cristianesimo e la Storia.

DON BOSCO E GLI OPERAI (1)

INCARICATO di dire anch'io qualche parola a nome dell'Oratorio per commemorare Don Bosco, chiedo venia agli studenti se parlerò di D. Bosco e degli artigiani.

La ragione si è che si compie in quest'anno il primo cinquantenario della fondazione dei laboratorii che D. Bosco fece qui nell'anno scolastico 1853-54.

Tutti sanno che D. Bosco dopo aver fondata la grand'opera degli Oratorii festivi nella nostra città di Torino sentì ben presto il bisogno di aprire nella modesta casa, che appigionava in questi paraggi, un ospizio per taluni di quei giovani, i quali erano del tutto, o quasi, abbandonati. Affine di provvedere al loro avvenire in modo rispondente alla loro condizione D. Bosco dando a questi giovani insieme coll'educazione religiosa-morale l'alloggio, il vitto ed il vestito, lì inviava durante la giornata al lavoro in qualche officina o laboratorio della città.

Ma sebbene egli facesse di tutto affine di preservarli dai pericoli, ai quali ivi andavano incontro, sino a recarsi egli stesso in persona di tratto in tratto a visitarli dove lavoravano, tuttavia i suoi cari artigiani non di rado in quei laboratorii e in quelle officine imparavano ben altro che il mestiere, sicchè l'opera riparatrice di D. Bosco si rendeva quasi inutile. Volendo dunque ovviare ad un guaio si grave e tenere lontani i suoi figli dalle perverse dottrine che nelle fabbriche e nelle botteghe si andavano spacciando, cominciò nell'anno scolastico 1853-54 ad aprire un laboratorio interno, e quale?

Calzolai, rallegratevi e andate santamente superbi: il primo laboratorio fondato da Don Bosco nell'Oratorio fu il vostro. Subito dopo vennero i laboratorii dei sarti e dei legatori, e in seguito quelli dei falegnami e fabbri ferrai, e finalmente quelli dei tipografi e dei fonditori, ma i calzolai furono i primi artigiani che nell'Oratorio si raccolsero in un laboratorio proprio.

Di S. Francesco di Sales si legge, che allorquando stava per fondare l'Ordine della Visitazione, a chi gli suggeriva essere conveniente che le sue religiose andassero scalze rispondeva: « Voi, a quel che sembra, volete cominciare dai piedi : io invece voglio cominciare dalla testa. » E con ciò indicava che, secondo lui, ciò che doveva caratterizzare specialmente le sue religiose, era l'annegazione della propria testa, ossia della propria volontà. D. Bosco senza rinunziare alla testa de' suoi figli, anzi volendola per tal guisa da dire ad ognuno che pensasse di fare interamente suo « Quando è che ti lascierai tagliare da Don Bosco la testa? » volle tuttavia cominciare ne' suoi laboratorii principalmente dal pensiero dei piedi.

E si capisce. Eglì era un buon corridore, e non lo era soltanto per correre a barra rolla, e in altri simili giuochi, co' suoi giovani, non lo era solamente per correre su e giù le scale delle case di tutti coloro da cui sperava ricevere degli aiuti pel sostenimento de' suoi figli, ma lo era anche più per correre presto dalla città di Torino nelle altre cento città d'Italia, e dall'Italia in Francia, in Spagna, in Austria, in Inghilterra e in tante altre nazioni di Europa, e dall'Europa nell'Asia, nell'Africa e massimamente nelle regioni anche più lontane d'America alla salvezza delle anime. E per simili corse, che solamente quelle degli Apostoli pareggiano, non occorrevano anzitutto delle scarpe, e delle buone scarpe? Ma v'ha di più. D. Bosco si era fatto dei figli, e questi figli dovevano apparire in faccia al mondo degni di un tanto padre, e si conveniva perciò che portassero scarpe nei piedi. Non dice forse sapientemente un proverbio piemontese, che i fieui discaus a soun fieui d'gnun ? E i figli di D. Bosco da figli di nessuno, quali erano apparsi prima, dovevano dimostrare che ora avevano un padre, il più amante dei padri, epperò il più sollecito della bella figura dei proprii figliuoli in faccia alla società. Così D. Bosco che il mondo avrebbe salutato e venerato come l'apostolo della carità nel secolo decimonono, anche nella fondazione de' suoi laboratorii a pro degli artigiani dava persino materialmente splendida prova di carità.

Ma qui devo uscire da queste considerazioni di ordine inferiore per adergermi qualche poco ad altra di ordine superiore, e ricordare come le mire sapientissime di D. Bosco nella fondazione de' suoi laboratorii nell'Oratorio, tutt'altro che di benessere materiale soltanto, fossero di ristoramento religioso intellettuale e morale.

Al tempo in cui D. Bosco faceva la sua entrata formale nel campo della Chiesa e della società, era cominciata l'epoca dei surrogati. Al vìno che matura al sole e sulla vite si era preso a surrogare quello che matura nel tino della cantina; al caffè che viene dalle colonie quello che si produce anche dove non se ne vede mai una pianta; alle essenze odorose che si estraggono dai fiori, quelle che si estraggono dalle cose più schifose, e alle uova che fanno le galline, quelle che si fabbricano nei laboratorii di chimica. Ma questa smania o mania di surrogare di una nuova epoca leggiera e superficiale non si sarebbe fermata qui, ma sarebbe andata ben più innanzi. Epperò non più i palazzì antichi coll'ampiezza e magnificenza della loro architettura, ma case a quattro, a sei piani colle piccole comodità del lusso cittadino, non più le colonne di marmo e di granito, ma quelle di ferro fuso; non più la mobiglia intagliata e intarsiata dei nostri vecchi, che sfidava i secoli, ma i rimessi, le impellicciature e ingessature moderne; non più la pittura a olio ma a stampa; non più la scultura a mano, ma di pasta o di gesso; non più le sete e le stoffe che duravano per tutta la vita, ma quelle che in una stagione son belle e finite; non più la carta di straccio e a mano, ma quella a macchine e di legno e di paglia; non più il lavoro, ma la vernice; non più lo stile ma la decorazione; non più l'arte ma l'artifizio, in somma non più il vero ma il falso, non più il genuino ma il surrogato.

Eppure per quanto ciò fosse cosa deplorevole per chiunque ami la sincerità e la sodezza nell'arte e nell'industria, non sarebbe stato danno tanto grave da non potervisi rassegnare e consolarsi colla speranza di tempi migliori, in cui la natura avrebbe prevalso sull'artifizio e la realtà sull'apparenza, perchè ristretto all'ordine puramente materiale. Il gran male si fu che questa tendenza di tutto surrogare prese e riuscì pur troppo a largamente penetrare e diffondersi anche nel campo religioso e nell'ordine intellettuale, morale e sociale. E così, per restringermi a quel che riguarda gli artigiani, ecco alla fede in Dio surrogarsi quella delle proprie forze, al contento, alla rassegnazione della propria sorte e alla fiducia nella divina Provvidenza che non lascia mai mancare il pane a chi in lei si abbandona , surrogarsi l'invidia per la sorte dei ricchi e il lamento e l'imprecazione contro del cielo; all'amore del lavoro ed allo spirito di sparagno surrogarsi l'amore ai godimenti della vita e lo spirito di sperpero e di spreco, al rispetto ai proprii padroni, siccome a rappresentanti di Dio surrogarsi l'orgoglio, l'odio all'altrui superiorità, la disobbedienza , la ribellione e la rivolta, alla pratica dei doveri cristiani e religiosi surrogarsi quella delle bestemmie, della profanazione dei giorni festivi, delle ubbriachezze e d'ogni altro disordine morale , al Vangelo di Gesù Cristo surrogarsi il vangelo del Socialismo!

D. Bosco, entrando, come dissi, formalmente nel campo della Chiesa e della società, vide egli tutto ciò ? Vale a dire vide egli fin dove si sarebbe spinto e fin dove sarebbe arrivato lo spirito del surrogare? Vi sono di coloro, cui parendo troppo piccola la figura di Don Bosco, nell'intento di ingrandirla, la travisano, facendogli vedere e dire cose che credo non abbia vedute e dette mai. Ma altri vi sono che temendo di fare di lui un santo troppo santo e non passabile nella modernità presente, paiono studiarsi di impicciolirlo spuntando le sue parole, mozzando le sue opere, e indebolendo ed accorciando le sue viste. Costoro certamente fanno come molti dei pittori moderni, che al dire di Cantù, volendo troppo figurare i loro santi al vero, finiscono per farli troppo umani. Epperò se non bisogna essere dei primi, non è neppur da essere dei secondi. D'altronde, se la Chiesa non ha ancora posto D. Bosco nel novero dei Santi, santo non lascia di esserlo stato. E i Santi suscitati da Dio nel corso dei secoli a seconda dei bisogni dei tempi, non furono da Dio lasciati privi, anzi furono largamente dotati di quella finezza d'osservazione e di quella profondità d'intuizione che loro si conveniva per compiere ciascuno la propria missione.

D. Bosco adunque, non ci può essere dubbio, osservò la manìa dei surrogati e intuì fin dove si sarebbe spinta e sarebbe arrivata. Uomo del suo tempo non respinse ciò che di buono il suo tempo gli dava, anzi se ne giovò mirabilmente; e così trovando che certi surrogati erano buoni e salutari, non solo li adottò, ma li raccomandò, scrivendo fra l'altro nelle sue regole economiche che l'orzo ben tostato e macinato dà un buon surrogato di caffè. Ma ad un tempo uomo di Dio, di quel Dio che è eterno e mai non muta, ci rigettò i surrogati che volevano mutare Dio, Gesù Cristo, la sua Chiesa, la sua legge, e colla fondazione di laboratorii nell'interno dell'Oratorio levò un muro di divisione tra i suoi figli artigiani e coloro che alla fede, all'operosità, alla sudditanza, all'onestà e alle altre virtù dell'operaio volevano e vogliono surrogare il disordine e il vizio.

Di fatti, su qual base erigeva D. Bosco i suoi laboratorii ? Sulla base della carità e della religione, vale a dire su quella base medesima sulla quale lo stesso Gesù Cristo venuto sulla terra a farsi egli pure artigiano , innalzò il riordinamento sociale e col riordinamento sociale la condizione dell'operaio.

Il Malthus, economista inglese, ebbe certamente piena ragione quando scrisse che « a stimare per lungo tempo se stessi, quando si vede che assolutamente nessun altro ci stima, si richiede una forza d'animo che non si può facilmente presupporre. » Il che vuol dire nel caso nostro che ad innalzare i suoi laboratorii sulla base della carità e della religione Don Bosco doveva collo spirito religioso trasfuso ne' suoi giovani artigiani apprender loro come si potessero rendere degni di affetto e di stima, e coll'esercizio della carità a pro di essi mostrare loro praticamente l'affetto e la stima di cui li riputava degni, aiutandoli non solo nell'ordine spirituale, ma eziandio economico. Ed ecco ciò che egli fece.

La bandiera che egli sventola dinanzi a' suoi artigiani ha scritte sopra queste grandi parole religiose : Preghiera e lavoro. Le massime che egli vuole esposte mai sempre innanzi ai loro occhi sono queste: Chi non lavora non mangia

- L'ozio è il padre di tutti i vizi. E le raccomandazioni che loro fa più frequenti son quelle di rammentarsi di Dio, di invocarlo, di rispettarne il nome, di ben santificarne le feste e di frequentare i Sacramenti.

E in quanto a carità? Su, celebratela voi, o anziani dell'Oratorio, e dite voi se in bocca a D. Bosco non si attaglino bene come in bocca a S. Paolo quelle parole: Mi son fatto piccolo coi piccoli, debole coi deboli, servo coi servi, e lasciatemi aggiungere, artigiano cogli artigiani, per tutti guadagnare a Cristo, tutti rendere cittadini onorati nella società.

Ed è così che i surrogati empi ed immorali del secolo non entrano nell'animo degli artigiani coltivati da D. Bosco e di tutti quelli che in seguito sono educati collo stesso suo spirito e sistema. È così che questi artigiani quando escono dalla casa di D. Bosco sono desiderati, stimati ed amati dai padroni nella società: è così che questi artigiani sparsi nel mondo pongono argine colla saldezza dei loro principii e coll'esattezza nei loro doveri all'irreligione e insubordinazione di altri artigiani. È così, che se tra questi artigiani qualcuno convertendo in veleno il latte religioso succhiato da D. Bosco arriva al punto da schierarsi dalla parte dei nemici dell'ordine e della fede cristiana, non tralascia tuttavia di tratto in tratto, nei momenti di resipiscenza, che Dio buono manda a tutti gli erranti, di provare e mostrare anche apertamente un dolce senso di simpatia per quei laboratorii e quella casa di D. Bosco che gli fe' gustare purissime gioie, purissime gioie che non potrà gustare più mai nel frenetico agitarsi del mestiere di socialista, purissime gioie che persistendo nella via dell'errore, dovrà in fondo in fondo con amaro rimorso rimpiangere d'essere stato egli a volersene privare per sempre.

Oh D. Bosco! vedevi tu che l'umile granello di senapa che gittavi a pro degli artigiani qui a Valdocco nel 1854 sarebbe cresciuto albero gigantesco per accogliere all'ombra sua artigiani di tutte le parti del mondo e per ristorare anche per loro mezzo le rovine della società? Sì, tu il vedevi e ne parlavi con un entusiasmo pari alla fede che avevi nella Provvidenza divina. Ma oggi, non più con isguardo profetico soltanto, ma con isguardo reale tu puoi mirare questo gran fatto adempiuto. Gira adunque intorno i tuoi occhi e vedi: vedi giovani artigiani non solo nell'Oratorio di Torino, ma in cento altre case d'Italia, d'Europa, di Asia, d'Africa, d'America. Questo sterminato esercito di baldi garzoni che in un con quello del lavoro dispiega all'aure il vessillo della virtù e della religione di fronte a quella parte di mondo operaio che è corrotta e scredente, è opera tua. Tutti sono figli tuoi, tutti anche dalle più lontane parti del mondo, e tutti spargendosi nel mondo vi apportano il benefizio della ristorazione.

Ed oggi che pel tuo nome ti commemoriamo sedici anni dalla tua dipartita di mezzo a noi, li benedici tutti e la tua benedizione sia loro arra sicura della loro salvezza e della salvezza della società a cui miravi nel pigliarti così a cuore la loro sorte.

Ma voi, o cari giovani artigiani, che avete la singolare fortuna di rinnovare oggi grandemente accresciuta quella prima generazione che D. Bosco accolse nei primi laboratorii interni di questo Oratorio, ricordando con me quanto D. Bosco fece a pro vostro, prendete oggi delle risoluzioni che onorino altamente il sentimento di gratitudine che deve albergare nei vostri cuori. Risolvete anzitutto di corrispondere ora colla virtù e col lavoro a quel benefizio che D. Bosco vi fece e vi fa tuttora per mezzo del suo venerato Successore D. Rua e D. Rua pei vostri superiori diretti e pei vostri maestri d'arte. Risolvete ancora di non volere giammai in seguito, usciti che sarete da questa casa, contaminare la vostra insegna, avvilire la vostra gloria di figli di D. Bosco. Mostrarvi tali in una vita pubblicamente cristiana, ecco quale dovrà essere sempre la vostra divisa. No, non dovrete riguardarvi come figli di Don Bosco solamente per farvi il segno della santa Croce quando nessuno vi vedrà, ma per portare, se occorrerà, la croce sulla fronte onde non tralignare dall'educazione cristiana che qui nella Casa di D. Bosco avete ricevuto. In mezzo alla degradazione di molti operai snervati e codardi che si lasciano imporre i ceppi obbrobriosi dell'umano rispetto, voi dovrete essere i sani, i forti, i robusti, i liberi nella confessione aperta della vostra fede e nella testimonianza manifesta delle vostre opere buone ; tra la stoltezza e l'avvilimento di non pochi altri che si fanno troppo facili vittime dei maestri di errore e si assoggettano al turpe servaggio del socialismo, a voi toccherà di essere i saggi, gli onesti, i magnanimi che si spezzeranno, ma non piegheranno, e nella colluvie di libri e giornali cattivi che ammorba la società e attossica il cuore dell'artigiano, voi non vi atterrete che alla stampa cattolica, a quella stampa della quale abbiamo la fortuna di avere a partecipe uno dei più valorosi campioni, l'egregio e per sempre a noi carissimo avvocato Scala (1). E se accadrà che alcuno meravigliato della vostra condotta vi abbia a chiedere quello che voi con essa volete, questa dovrà essere la vostra risposta: Da artigiani cattolici, veri figli di D. Bosco, vogliamo anche noi farla finita coi surrogati e redintegrare il vero, il genuino, l'autentico; vogliamo anche noi nella nostra classe ristabilito il regno di Gesù Cristo; vogliamo anche noi il rinascimento cristiano della società.

(1) Parole dette dal Sac. Prof. D. Albino Carmagnola nella solenne commemorazione di D. Bosco del 24 giugno, corrente anno.

(1) L'egregio avv. Scala, nella ricordata adunanza, aveva letto il discorso d'inaugurazione.

I nove secoli di Fruttuaria e l'opera di Don Bosco.

NELLO svolgersi delle feste giubilari, che nei giorni 14-15 agosto allietarono S. Benigno e gran parte del Canavese, due nomi, due nobili figure, due uomini grandi e provvidenziali riscossero l'omaggio della venerazione e della riconoscenza: S. Guglielmo e D. Bosco.

Il Santo di Volpiano, fondatore di molte badie che nel medioevo furono il porto di scampo non solo alle lettere, ma anche alle arti (minacciate anch'esse in mezzo alla tristezza, dei tempi di completo naufragio) verso il 1000, e precisamente nel 1003, fondava l'abbazia di Fruttuaria in San Benigno Canavese... e venticinque anni or sono, nel 1879, il nostro fondatore D. Bosco, apriva là stesso una scuola d'arti e mestieri, nello storico palazzo abbaziale, dovuto alla magnificenza del Card. delle Lancie e dichiarato allora allora monumento nazionale. Così ai monaci-artisti, che alle solennità dei riti, accompagnate dai loro canti gravi, solenni, dolcissimi, al ternavano sapientemente le splendide creazioni dell'arte nelle officine rifugiatesi nel seno dei chiostri ; dopo 875 anni, succedevano gli umili Figli di D. Bosco, per educare alla virtù e al lavoro i figli del popolo nelle molteplici loro scuole professionali, ove fra il sonar dei martelli e delle incudini, il muggir delle cinghie e il fragor delle turbine non manca di sollevarsi il pensiero a Dio e di aprirsi il cuore alla preghiera. E queste due date, la fondazione dell'abbazia nove volte secolare e l'istituzione delle scuole professionali salesiane, quinquelustri appena, furono l'oggetto delle compiute solennità.

L'aspettativa era molta, e l'esito fu maggiore. Il 14, il sac. Stefano Trione tenne nella splendida chiesa parrocchiale una conferenza salesiana ai Cooperatori di S. Benigno e dintorni; e nel pomeriggio ebbe luogo l'accademia commemorativa. Presiedeva Mons. Giovanni Cagliero, Arcivescovo titolare di Sebaste, circondato dalle autorità civili ed ecclesiastiche e da molti superiori salesiani. Applauditissimi furono il discorso di apertura, i telegrammi e le lettere di benedizione del Sommo Pontefice, del Card. Agostino Richelmy, del Vescovo diocesano Mons. Matteo Filipello, e l'adesione del Senatore Frola, Sindaco di Torino.

Il 15 si svolsero solenni funzioni religiose. Celebrò la messa della comunità Mons. Cagliero e la solenne fu cantata dal Sac. Luigi Nai, già direttore dell'istituto ed ora superiore delle case della Palestina. Alla sera, vespri e processione; e sul tardi una magnifica illuminazione ed uno splendido concerto, cui convenne con gioia per due lunghe ore tutta la popolazione di S. Benigno.

A corona di queste solennità si pensa di erigere un monumento, per pubblica sottoscrizione, al piissimo Card, delle Lancie che dopo S. Guglielmo è la figura più bella storicamente unita all'abbazia di Fruttuaria. I suoi resti mortali, tenuti in grande venerazione, riposano nella cripta della chiesa parrocchiale da lui eretta dalle fondamenta, e la sua memoria vive carissima in tutto il paese, anche per la bella biografia che ne pubblicava il Teol. Don Giulio Barberis, che fu il primo direttore dell'istituto. Noi pure ci auguriamo, che il bel pensiero del monumento al Cardinal delle Lancie divenga un fatto compiuto.

Intanto un altro ricordo delle riuscitissime feste ce l'ha dato quella Scuola tipografica: una bella monografia sui nove secoli di Fruttuaria e l'Opera di D. Bosco, splendida pubblicazione di ampio formato, adorna di 70 magnifiche fotoincisioni, tra cui va ricordato lo schizzo fine che serve di frontispizio: - S. Guglielmo e D. Bosco, in vista della storica abbazia, che sorridono con infinita dolcezza nel vedere un monaco-artista ed un giovane operaio che si stringono fraternamente la mano.

Di detta monografia fu inviata copia al Santo Padre che l'ebbe carissima, come appare da queste linee inviate dal Vaticano all'attuale direttore dell'istituto.

Molto Rev. Signore,

Ho il piacere di annunziarle che il Santo Padre accolse con vivo gradimento l'elegante e ben intesa pubblicazione commemorante il IX Centenario dell' Abazia di Fruttuaria ed il vigesimo quinto anniversario della fondazione di codesto Oratorio Salesiano.

E, mentre si rallegra per la prodigiosa fecondità dell'Opera di Don Bosco di venerata memoria, indizio che in essa domina sempre il suo spirito, imparte di nuovo a Lei e a tutti i suoi cooperatori ed alunni l'Apostolica Benedizione

GIOVANNI BRESSAN

Capp. Segr. di Sua Santità.

I Libri di testo per le Scuole Elementari, Complementari, Normali, Ginnasiali e Liceali.

LA scelta dei libri di testo per le scuole è indubitatamente una delle cose che maggiormente preoccupano gli educatori in genere, i padri di famiglia in ispecie. Trovare un libro ben fatto, il quale risponda pienamente alle esigenze dei programmi e delle disposizioni governative, e nello stesso tempo nulla contenga che disdica sotto l'aspetto morale e religioso, sicchè il giovane allievo possa adoperarlo senza pericolo alcuno, è cosa ad un tempo delicata, difficile ed importante. Nell'intento di provvedere a questo bisogno universalmente sentito, il Congresso Salesiano di Bologna fece voto che i Figli di Don Bosco dessero in tempo la maggior pubblicità possibile all'elenco dei libri di testo, che unitamente al programma scolastico sogliono diramare ogni anno per le loro Scuole Liceali, Ginnasiali, Normali, Complementari ed Elementari.

Anche il Congresso Salesiano di Torino « perchè si conoscano meglio i libri di testo di qualsiasi editore che si possano adottare sicuramente nelle scuole, raccomandò maggior diffusione dell'Elenco dei libri scolastici che per l'Italia si pubblica dalla Salesiana di Torino e per gli altri Stati dalle rispettive editrici Salesiane locali e consta tanto di edizioni proprie quanto di edizioni altrui, purchè ben compilate didatticamente, conformi ai regolamenti e programmi vigenti e non contenenti cosa alcuna contraria alla religione e alla morale cattolica ».

In ossequio a questi voti, calorosamente espressi da Em.mi sigg. Cardinali e da Ecc.mi Vescovi e da altri illustri personaggi del Clero e del Laicato, noi tenendo innanzi le norme sopra indicate, abbiamo compilato anche pel p. v. 1904-1905 un elenco di libri di testo, sufficientemente abbondante, sì di edizione nostra come di edizione altrui, per le Scuole Liceali, Ginnasiali, Normali, Complementari ed Elementari. Ed ora questo elenco sarà inviato gratuitamente ai nostri buoni Cooperatori che ne faranno domanda. Essi avranno la, bontà di esaminarlo, e di sceglierne quei libri che loro paresse interessare, scrivendo per le relative commissioni di acquisto alle Librerie salesiane che si pongono a loro disposizione.

DELLA VISITA del Rev. Sig. D. Albera alle nostre Case d'America

(Relazione del Sac. Calogero Gusmano * Vedi Bollettino di agosto)

NELL'EQUATORE

I frutti dei nostri a Gualaquiza.

I frutti conseguiti dai nostri Missionari, benedetti da Dio, nei nove anni di loro permanenza non son pochi. La shanza non è più mostrata pubblicamente; le guerre fratricide si son ripetute solamente due volte e furono tosto sedate. Chi vive in mezzo ai Jivaros s'avvede tosto che lo scoppio delle vendette più o meno frequenti dipende in gran parte dal capitano che li presiede, i nostri Missionari quindi con mille industrie sono riusciti a ciò che sembrava impossibile, ad eleggere essi i varii capitani. Questo spiega la pace relativa che vi regna e dà un'idea dell'autorità che hanno acquistato sul selvaggio. Inoltre molte anime annovera il Cielo, lassù volate dalla foresta. È vero nella maggior parte son bambini; ma anch'essi, senza l'opera del Missionario, si sarebbero vista chiusa la porta del Paradiso. Agli adulti si va adagio ad amministrare il battesimo; si teme fondatamente non arrivino a comprenderne l'importanza; tuttavia si vedono nelle feste numerosi assistere alle funzioni religiose. Nè basta. La poligamia, così in voga, si può dire quasi abolita per intiero, tollerandola in sul principio nei soli capitani. I nostri però non s'illudono e sanno benissimo che moltissimo ancora rimane a fare, che richiede tempo, sacrificio senza limite e soprattutto in abbondanza la misericordia di Dio; misericordia che le molte preghiere fatte e che s'implorano vorranno, lo speriamo, attirare copiosissima.

La festa di Maria Ausiliatrice - Partenza.

La domenica, 22 giugno, ultimo giorno di nostra fermata in Gualaquiza, si celebrò la festa di Maria Ausiliatrice, preceduta da un triduo di predicazione, durante il quale ci siamo alternati. La mattina cantò la messa D. Albera; i Jivaros assistevano in grande parata; nel pomeriggio disposti in doppia ala seguivano la statua di Maria Ausiliatrice portata in processione attorno alla collina, ove sorge la Missione. Quel giorno resterà indimenticabile, lo spettacolo era davvero commovente; e D. Albera, rientrati in chiesa, tessè il panegirico della Vergine o meglio diede, sfogo al suo affetto, assicurando che quella giornata gli aveva pagato ad usura i travagli del viaggio. Gesù in Sacramento li benedisse e tutti si ritirarono.

L'indomani alle 9 partimmo. È duro distaccarsi da fratelli che forse non si vedranno più;. che si sa che soffrono e sono esposti a mille pericoli. Per buon tratto sembrò che non noi soli par-. tissimo; ma che la foresta rimanesse deserta; i confratelli erano tutti a cavallo e i Jivaros ci precedevano a piedi facendoci mille raccomandazioni perchè ritornassimo presto.

Il cammino pel ritorno fu quello fatto in venire: dirò soltanto che l'acqua torrenziale, caduta incessantemente aveva schiantati molti;, alberi, i quali cambiata la posizione verticale in orrizzontale venivano ad impedirci, il passo; in questi casi bisogna avere pazienza ed aprirsi il cammino con la scure.

Le avventure del ritorno.

Arrivammo a Cuenca dopo tre giorni, restituimmo le visite di dovere ed eccoci per un nuovo cammino alla volta di Riobamba; dovevamo non più costeggiare, ma valicare il terribile Azuay. Il peggio però ci attendeva sull'imbrunire; chè cercando noi la casa di un cooperatore che doveva servirci di rifugio durante la notte, la guida poco pratica ci condusse per precipizi spaventevoli. Era notte oscura; la stanchezza ci opprimeva, e non si arrivava mai al sospirato tambo. Dopo varie ore di agonia e di pericoli continui, felicemente scampati, arrivammo ad una casa abbandonata, senza alcuna comodità; basti dire che D. Albera ed il segretario dovettero dormire accovacciati sopra un assito che forse un tempo serviva di mangiatoia agli animali. Poco riparati dall'acqua e privi di coperte, togliemmo quanto avevano le cavalcature e ci servimmo delle selle per capezzali. Fu quella una notte in cui maggiormente parve visibile la protezione divina. Infatti Don Albera avrebbe dovuto prendersi qualche serio malanno e al contrario tutto si ridusse a sentirsi le ossa ammaccate.

Al far del giorno la guida era sparita, chiamammo un indio che stava alla custodia di un branco di animali e lo preghiamo che ci accompagni. L'indio che non dice mai di no, domanda permesso di andar a prendere non so che cosa e si dilegua e noi l'aspettiamo tre ore inutilmente colle nostre mule pronte. Fu giocoforza andarlo a scovare dal suo nascondiglio ed egli si scusa col dire che non può abbandonare gli animali. Gli facciamo osservare che per alcune ore avrebbe potuto lasciarli in custodia alla moglie e che noi per altra parte l'avremmo pagato bene; ma è tutto inutile e quasi si dovette forzarlo a venirci in aiuto. In simili casi non v'è altro mezzo; per noi era quistione di vita o di morte e l'indio trovandosi dinanzi ad un gesto risoluto diventa mansueto come un agnello e non replica parola.

Le salite in alcuni punti eran terribili; bisognava alle volte che l'animale s'arrampicasse su lastre di pietre appena appena scheggiate; e quindi spesso sdrucciolando piegava le ginocchia, ma poi risorgeva. Che strette al cuore per me che stava sempre dietro D. Albera e poteva valutar meglio i pericoli! Camminare sempre a piedi non era possibile; tuttavia bisognava farlo con frequenza. In uno di questi pendii la mula di D. Albera andò incolume; ma la mia, dopo aver tentato tre o quattro volte d'arrampicarsi, alzandosi colle ginocchia grondanti sangue scivola e s'abbandona al pendio; ho tempo a svincolare i piedi dalla staffa e lanciarmi a terra. La mula fu trattenuta da un arbusto; tutto il resto era fitta vegetazione che nascondeva un profondo burrone.

Ed eccoci finalmente dopo 15 giorni di viaggio il 5 luglio a Riobamba, una delle principali città dell'Equatore, ove risiede il Superiore delle Case Salesiane di questa Repubblica. Il consueto incontro a cavallo fu il più gradito per un figlio di D. Bosco; erano una settantina di vispi giovanetti delle nostre scuole. Vicino alla città vollero fare una doppia ala ed acclamato D. Albera mentre passava in mezzo a loro, in bell'ordine ed a passo regolato lo seguirono; qua e colà si spargevano fiori e la popolazione s'accalcava per le strade, dove passava ; mi si perdoni il ricordo, ma in quel momento non si poteva non pensare al trionfale ingresso di Gesù in Gerusalemme.

A Riobamba.

Riobamba a 2798 metri d'altezza conta circa 16.ooo abitanti e sorge sopra un altipiano quanto mai arenoso: quando spira il vento, e capita frequentemente, si è avvolti in un nuvolo di sabbia. Le strade son diritte e spaziose, le case basse; annovera varie chiese belline, stupenda quella tuttora in costruzione per opera dei PP. Gesuiti, i quali ci condussero anche a vedere il luogo ove fu assassinato, durante l'ultima rivoluzione, il loro Superiore, il P. Moscoso, nativo del paese, ed uomo di carattere sommamente mite. I rivoluzionari all'empietà aggiunsero lo scherno, ponendo nelle mani della vittima un fucile e divulgando cose tali che non ebbero bisogno di smentita. Gli assassini profanarono le chiese, il SS. Sacramento; ma il castigo fu immediato e tremendo, e tutti ancora ne sono spaventati.

Anche i nostri durante la rivoluzione ebbero a soffrire molto; fu loro tolto il Collegio e ridotto a quartiere; i giovani e gli stessi confratelli dispersi; ma la prudenza e longanimità del Superiore locale giunse a riacquistare la casa comperandola, ed ora conta più di 200 giovanetti alla sua scuola. Abbiamo assistito con soddisfazione al saggio finale, al quale è costume invitare i principali della città. I giovani schierati tutti quanti di fronte agli esaminatori sopra un palco, classe per classe, venivano interrogati sul programma svolto nell'annata; il pubblico, specialmente i genitori accorrono numerosi a questa pubblica prova dei loro figli. Piacque in modo particolare la disputa dei tre Jivaros di Gualaguiza, che da varii anni sono raccolti nel nostro collegio: portano il nome di Giovanni Bosco, Michele Rua e Giovanni Cagliero.

A Riobamba si approfittò della presenza del Visitatore per fare la prescritta conferenza ai Cooperatori: e il P. Cangas, gesuita, si mostrò completamente informato dell'opera nostra nella splendida conferenza tenuta ai Cooperatori, dopo la quale, in un attiguo vasto salone D. Albera rivolse parole di ringraziamento anzitutto al Dott. Proavo, direttore dei cooperatori, poscia ai zelatori e decurioni e a tutti gl'intervenuti; quindi si fecero nuove iscrizioni.

Visitammo la nuova chiesa in costruzione, accanto al collegio che il nostro D. Fusarini con veri sacrifici sta alzando. Nelle domeniche, buona parte di quei del paese, fatte le loro pratiche di pietà, disposti in bell'ordine e cantando lodi sacre vanno chi coi loro animali e chi caricando sulle spalle a prendere le pietre necessarie per la costruzione del tempio, concorrendo così a edificare quella che dovrà essere Casa del Signore e per loro Porta del Cielo. Ci commosse il vedere con quanta fede e devozione ciò facevano. Iddio li benedirà.

Ossequiato Mons. Vescovo, indisposto e da poco ritornato dal lungo esilio inflittogli dalla rivoluzione, visitammo le varie comunità di religiose dove i nostri Salesiani fanno scuola di catechismo, predicano, amministrano i Sacramenti; e partimmo alla volta della capitale.

In viaggio per Quito.

La prima giornata fino ad Atocha la passammo a cavallo. Ad Atocha si prepara una vasta casa pei Salesiani; anzi fu loro ceduta in proprietà. Era un antico seminario, mutato nelle ultime guerre in quartiere e si sa che i soldati vogliono dappertutto lasciare la loro impronta e questa volta fu profonda, giacchè han distrutto tutto quanto potevano; basti il dire che per riattare e corredare semplicissimamente quell'edificio non basteranno 10.ooo lire. I lavori son cominciati e si spera nella Provvidenza. Nella vicina cittadina di Ambato ci attendeva il Direttore di Quito. I PP. Domenicani con grande carità ci ospitarono e l' indomani di buon'ora prendemmo la diligenza, lasciando le nostre cavalcature, delle quali eravamo stanchi, ma non si osava dirlo, perchè sapevamo che ci rimanevano ancora tre o quattro mesi, durante i quali esse dovevano essere per noi l'unico o almeno il principal mezzo di trasporto.

Ad un'ora da Quito ci vennero incontro le rappresentanze di molte autorità cittadine e delle corporazioni religiose. Era l'ultimo e più completo attestato di affetto che si riceveva visitando l'Equatore; nella nuova chiesa il popolo accalcato attendeva il canto del Te Deum, che, per quanto ripetuto, ci sgorgava spontaneo, perchè avevamo sempre da cantare nuove misericordie del Signore.

Alla Capitale.

Eccoci adunque alla Capitale dell'Equatore. Posta a 2850 metri, in una vallata assai disuguale, delle città interandine è la più fredda; ed il viaggiatore se ne accorge subito, poichè quanto più vi si avvicina, tanto meno scorge quella vegetazione lussureggiante che l'ha sorpreso finora. L'aspetto della città è pittoresco visto da una delle circostanti colline che l'attorniano; le sue strade malgrado il terreno così disuguale sono diritte ed alcune abbastanze larghe e selciate. I migliori templi di Sud-America, dico migliori per arte e ricchezza, li trovammo qui. Degna di essere visitata la chiesa della Compagnia di Gesù, completamente coperta di oro puro, di uno stile che non si sa propriamente definire e che in America è detto stile dei PP. Gesuiti. Numerosissime sono le altre chiese; molte però han perduto gran parte della loro bellezza esteriore, causa il forte terremoto del 1859. Numerosi ed imponenti sono i conventi specialmente quelli di San Francesco, di S. Domenico, della Mercede, di S. Agostino, del Carmine, di S. Chiara, ecc. non che quello della Compagnia di Gesù, che in gran parte fu loro tolto dal Governo ed adibito per uffici pubblici.

L'Eroe dell'Equatore.

L'Equatore deve molto a Garcia Moreno, tutto parla di lui, sopratutto Quito. Quando questo uomo, veramente grande, saliva per la prima volta al potere nel 1861, l'Equatore contava appena 3o anni di vita nazionale indipendente, ed egli già prima colla penna, quale giornalista, aveva difeso la giustizia, inesorabile sempre coll'errore. Prese le redini del Governo della Patria amata, si mostrò a tutti perfetto modello di cittadino e si die' gran cura perchè ognuno puntualmente disimpegnasse il suo ufficio, senza preferenze; si disfece dei parassiti e di coloro che non amministravano con coscienza; ristabilì la disciplina nell'esercito, facendo anche sferzare qualche generale e fucilare pubblicamente alcuni soldati.

Garcia Moreno ben conoscendo i bisogni del suo paese vi chiamò i migliori religiosi: infatti sotto la sua presidenza v'erano a Quito in gran numero i Gesuiti, i Fratelli delle Scuole Cristiane, le Dame del Sacro Cuore, le Suore del Buon Pastore, ecc. Sotto di lui anche le missioni tra i selvaggi presero grande incremento; si stabilirono comunicazioni diplomatiche colla S. Sede; si apersero strade dappertutto e si die' principio alle ferrovie. In una parola, Garcia Moreno fu sempre e costantemente fedele alla sua divisa: « Libertà Per tutto e per tutti, fuorchè pel male e Per i malfattori! »

Nonostante i tanti attentati alla sua vita si mostrò sempre impavido e tranquillo di quella tranquillità che dà la buona coscienza.

Quanto abbia avvantaggiato l'Equatore durante il suo governo, lo dice e lo dirà la storia. Nel 1870, quando il Papa perdeva i suoi beni, (esempio unico nei Governi) Garcia fe' votare L. 52.000 pel danaro di S. Pietro in soccorso del Vicario di Gesù Cristo. Nel 1873 sapendosi vicino al termine del suo mandato consacra la Repubblica al Cuore di Gesù e l'eco della solennissima funzione della cattedrale di Quito si ripercuote in tutte le parrocchie e nelle più umili cappelle dell'Equatore. Egli non ignorava le mene dei frammassoni, e quindi non s' illudeva sulla sua sorte : tant' è vero che poco prima della sua morte scriveva a Pio IX: «Le loggie dei vicini paesi... vomitano contro di me ogni sorta d'ingiurie atroci e di orribili calunnie, procurandosi segretamente i mezzi di assassinarmi; ho più che mai bisogno della protezione divina, affine di vivere e morire per la difesa della nostra santa religione e di questa cara Repubblica. Qual più grande ventura mi può egli sopraggiungere, o Padre Santo, che quella di vedermi calunniato ed odiato per l'amore del nostro Divin Redentore? Ma qual ventura più grande ancora, se la benedizione vostra mi ottenesse di versare il mio sangue per Colui che essendo Dio ha voluto versare il suo per noi sulla Croce! E Iddio l'esaudì, il 6 agosto 1875, primo venerdì del mese. Il Presidente della Repubblica aveva fatto la sua comunione; nel pomeriggio visitato il SS. Sacramento, si recava in senato per comunicare il suo messaggio; ma alla porta della chiesa lo aspettavano i sicarii ed egli moriva vittima del suo amore alla patria. Il capo dei sicarii era però trucidato per mano del popolo, e moriva prima ancora che Garcia, munito degli ultimi conforti della religione, spirasse nella cattedrale ov'è tumulata la sua salma compianta: giusto premio per un tanto martire! Sul cuore gli si trovò un biglietto vergato in quello stesso giorno che portava le seguenti parole: « Signor mio Gesù Cristo, datemi l'amore e l'umiltà e fatemi conoscere che debbo io fare quest'oggi pel vostro servizio! »

Il traditore Rayo conficcandogli ripetutamente il pugnale nel petto gli diceva: « Muori, tiranno della libertà! » e Garcia sereno replicavagli: « Dio non muore! » e ne furon prova i terribili castighi caduti sugli assassini.

Garcia prima d'essere assassinato aveva profetato: « Dopo la mia morte l'Equatore cadrà di nuovo tra le mani dei rivoluzionari che governeranno dispoticamente; ma il Cuore di Gesù al quale ho consacrato la mia patria, la farà vivere libera ed onorata sotto la guida dei grandi principii del Cristianesimo ». In dosso al Presidente, fu trovato insanguinato il messaggio in cui faceva il resoconto della sua gestione, ringraziava e domandava perdono se mai avesse commesso qualche sbaglio involontario. Quella preziosa reliquia intrisa di sangue, posta in un cofano di cristallo di rocca, veniva offerta a Papa Leone XIII il 31 dicembre 1887, giorno del suo giubileo sacerdotale; e il grande Pontefice, nel ricevere il preziosissimo dono ringraziava commosso con queste parole: « Egli è morto Per la Chiesa sotto il ferro degli empii! »

Il Signor Don Rua, per assecondare il desiderio di molte famiglie cristiane che domandavano insistentemente uno speciale Convitto per alunni ascritti alle R. Scuole Tecniche e all'Istituto Tecnico ha deliberato di aprire a questo scopo un elegante ed adattissimo istituto in Alessandria, dove gli alunni avranno tutte le cure richieste dall'igiene e tutti gli aiuti necessari alla riuscita degli studi ed alla formazione religiosa e morale. Quelle famiglie pertanto, che intendessero approfittarne fin dal p. v. anno, sono pregate di richiederne il programma con qualche sollecitudine, perchè si possano fare in tempo le debite iscrizioni ed accordi. Le richieste sieno dirette al Direttore dell'IstitutoConvitto S. Giuseppe - Via S. Maria di Castello, 7 - Alessandria.

MISSIONI

Giamaica (Grandì Antille)

I.

Gli effetti del terribile uragano dell'11 agosto 1903.

(Lettera del sig. Eugenio Tedeschi, Salesiano).

Montego-Bay (Giamaica), 1 maggio 1904.

Rev.mo Sig. D. Rua,

Mi fu detto che si leggerebbe volentieri nel Bollettino alcunchè sulla flora e sulla fauna delle isole dei Carraibi, aspettandosi una pagina smagliante sulla prodigiosa fecondità del Tropico. E forse i nostri ottimi Cooperatori s'aspetterebbero una rapida allusione sulla canna da zucchero; quindi un cenno sulla vita dei piantatori famosi dei secoli VI°, VII°, VIII°, interpolato per necessità dalla vita e condizione degli schiavi negri, così raffinata nel sistema di oppressione che tocca la leggenda. Forse desidererebbero anche veder descritto l'Oceano incrociato dai velieri dei Buccanieri, che ad ora ad ora piombando sulle isole colla velocità dello sparviero diffondevano spavento e morte sulla contrada e carichi di preda si ritiravano poi a Tortuga per smaltire nell'orgia la rapina.

Ma ognun comprende che ad ogni periodo di protratte sofferenze succede la lotta di reazione tanto più viva quanto i patimenti e l'avvilimento dell'uomo furono più crudeli; e quindi si domanderà : « Questa reazione ebbe luogo in Giamaica? ovvero quei poveri negri.... »

Certo che la reazione vi fu e quanto si può dire accanita e sanguinosa, e in essa il negro Cojoe si circondò di gloria, immortalando il suo nome nelle patriottiche canzoni guerresche del suo popolo. Egli con numero immenso di fuggitivi schiavi fece echeggiare le cime dei monti del grido di libertà. Padrone dei kockpits e di misteriose gole e valloni sbaragliò ad ogni attacco le truppe del governo. Incendio e sangue lo seguivano; finchè una carta di franchigia non lo rese capo indipendente e signore di immenso territorio. Quel libero popolo esiste ancora e sono i feroci Maroons....

Se qualcuno ci venisse in aiuto !

Ma se continuassi così, a forza di brevi allusioni io scriverci una buona parte di una storia compendiosa della Jamaica; e se mi rifacessi indietro a rintracciare nella Guina la provenienza dei Carribei, se dicessi della scoperta fatta dell'isola dal nostro Colombo, il suo sbarco, le sue peripezie crudeli... e mi spingessi poi fino ai monti azzurri meravigliosi di splendori e di tinte e ricercassi nelle loro caverne gli ultimi avanzi di un popolo di centomila uomini scomparso in 63 anni di barbaro dominio straniero e poi volessi dare un brevissimo ragguaglio del negro moderno e mi venisse per di più il ticchio di sentenziare un poco, allora io farei un lavoro in cui la flora e la fauna dell'isola entrerebbero come un capitolo a parte, senz'essere dei più importanti. Meglio adunque che facciamo così: coll'aiuto di Dio, cerchiamo prima... un Cooperatore che voglia essere il primo e grande benefattore della prima Missione Salesiana nelle Antille e poi ci metteremo a scrivere una breve storia della Giamaica che porterà il suo nome ed egli ne sarà il patrono benigno e gentile. Questa terra ne andrà altera e noi nelle nostre umili preci, unite a quelle dei nostri moretti, ripeteremo pietosamente innanzi al Signore : Retribuere dignare , Domine , omnibus nobis bona facientibus, propter nomen tuum, vitam aeternam!

- Quanto ci occorre?

Due mila lire per incominciare e dare un po' di lavoro al popolo. La fame è nell'isola, il latrocinio è all'ordine del giorno. La gente va quasi nuda ed in alcune parti nuda affatto e comincia a farsi strada nella testa dei negri l'idea di rivolta. Pochi giorni fa un moretto mi diceva: The black people will kill all the whites in the island: Il popolo nero ucciderà tutti i bianchi nel l'isola.

- Perché? gli chiesi.

Egli mi fissò: fece un passo verso di me, i suoi occhi fiammeggiarono come due carboni: gli si vedeva l'ira fiottare in tempesta dal cuore....

- Perchè, disse, i bianchi vogliono trar vantaggio sui negri.

- Che pensi tu?

- Ucciderli...

I pronostici davvero sono tutt'altro che buoni, e questo è il tempo in cui si potrebbe fare un mondo di bene raccogliendo alcuni poveri moretti e dando lavoro al popolo che non sa più che cosa mangiare. Mancano solo i mezzi anche limitati per far proclamare i salesiani o, dirò meglio, i loro Cooperatori i più grandi benefattori dell'isola. Senta questo fatto.

Un triste episodio.

Calava rapidamente la sera: io trottava su un buon cavallo verso casa costeggiando l'oceano; mi premeva di arrivare presto. L'onde muggenti ingigantìvano a vista e su quella bassa costa c'era pericolo di qualche impertìnente risciacquata. Le casette e capanne dei negri si distendevan lungo la via ed io le passava rapidamente rispondendo al Good night o al Good evening di quei cari notturni e diurni amicì dei nostri banani, dei nostri cocchi e dei nostri alberi del pane: Che fare? pensava io... La fame non conosce ragìone e correva... Oh! che c'è laggiù in fondo? Un coso dondolante, slombato, si avanzava verso di me gridando: « O bianco, fermati, ascoltami, fratello, signore, capo , fattore, sopraintendente! oh non mi abbandonare. »

Lo spazio che cì divideva prestamente scomparve ed una negra lurida cenciosa orrìbile era alla testa del mio cavallo. Che fai? dico; sei pazza? scostati o il cavallo ti schiaccia.

- O bianco, non mi avvilire. - Che vuoi?

- Non vedi? ho fame; io sono.... - Oh! ora ti conosco.

- Io ed il mio bambino moriamo di fame, oh! for God's sake (per amor di Dio) non mi abbandonare.

- Io non ho danaro.

- Dammi del lavoro, bianco; anche poco, io sarò contenta.

- Povera negra, come sei infelice! ma tu sei una cattiva donna, e rubi. La settimana scorsa fosti mandata in prigione, non è vero?

La fissai in volto per vedere se traccia di vergogna compariva. Che?! I suoi occhi si avvivarono in gran disdegno:

- Sii buono, bianco, mi disse, e non versar ìl tuo biasimo sulla povera negra. Da pochi giorni mi era nato un bambino , io mancava di nutrimento e non aveva più latte onde saziarlo; il suo pianto mi uccideva il cuore. Quel gridar lungo, spasmodico, morente, senza tregua di giorno e di notte, mi rendeva pazza ed un giorno preso il mio coltellaccio mi drizzai alla riva del mare in cerca di un granchio... Non lo trovai. Errai sotto i cocchi, e non una noce era caduta. Entrai allora nelle gìovani bananiere per cercarmi alcuni tuberi, e fui sorpresa dalla guardia. Io piansi, pregai pietà per il mio bambino; fu inesorabile. Oh! bianco , bianco, tu non sai che sia la fame del povero negro lungamente sofferta; non sai che sia il continuo singhiozzo di poveri figli toccante il rantolo dell'agonia! metti per colmo il pensiero della prigione e poi... Hai tu un cuore?

La questione si sarebbe fatta un po' seria se avessi dovuto entrare come parte attiva e tacqui.

- Hai tu un cuore? insistè.

- Mi credi una bestia forse? Go on! (tira avanti!)

Mi fissò stralunata...

- Il mio pianto, continuò, non trovò la via del suo cuore: « Va a prepararti ! grìdò la guardia; fra poco il poliziotto sarà alla porta della tua casa per condurti alla prigione: quei tuberi sono i tuoi accusatori. » Corsi a casa. Il bambino doveva naturalmente venire con me: lo avvolsì in uno straccio: oh! come gridava, le mie carezze non potevano acquetarlo... aveva fame il poverino... immaginati quel che io soffrìva...

- E poi?

- Un'ora dopo era sulla vìa dì Montego. Buon per me che incontrai il Sindaco il quale ebbe pietà di me e mi fece rilasciare dandomi uno scellino per comperarmi del pane.... Vuoi tu ora che io vada a rubare di nuovo? Oh! tu sei buono e mi darai del lavoro...

- Va bene. Domani vieni a vedere se c'è da raccogliere i limoni, dissi. - Scossi le briglie e galoppai verso casa in mesti pensieri.

Dal più al meno, rev.mo Signor D. Rua, ora questo è lo stato del popolo negro: immoralità e mìseria, specialmente dopo l'uragano dell'11 agosto dell'anno scorso.

Che giorno fu quello, Dio mio! Solo un grande ingegno potrebbe descriverlo: tanto è l'orrore, lo spavento, la ruina che lo precedette, l'accompagnò e lo seguì.

Oh l'11 agosto! come è vivo ancora nella mia memoria!...

L'uragano dell'11 agosto.

Una siccità spaventosa durata da gennaio a maggio aveva essiccato le sorgenti. Non si vedeva un fil d'erba, sembrava che il fuoco fosse passato sull'isola. Però alcune pioggie in giugno e luglio ristorarono la natura ed il tropico trionfava ancora nel suo verde eterno, sotto la gloria smagliante dei suoi soli; le speranze erano d'oro.

Alla sera del 10 la natura abbassò rapidamente ed alle 3 1/2 dell'11 alzatomi come al solito col confratello Vulpinari provammo una sensazione di freddo insolita in Giamaica: ma il cielo era sereno, le stelle brillavano della più chiara luce e giù ad oriente l'alba maestosamente saliva a stenebrare il cerchio profondo dell'oceano.

Alle 6 eravamo in chiesa alla messa della comunità, quando si levò il vento. Era abbastanza forte; le gelosie non reggevano all'urto ed il moretto Joseph che servìva messa era in moto continuo per chiuderle, affinchè il vento non ispegnesse le candele. Al finir della messa il vento aumentava; si sentiva già il fremito delle foreste, lo schianto di qualche ramo e il rumor dei cocchi che dimenavano furiosamente il superbo immenso pennacchio delle loro chiome. Temevamo per le nostre bananiere, chè il vento aumentava sempre ed usciti di chiesa corremmo a vedere l'Oceano che rumoreggiava cupo... Mio Dio, che orrore!...

E già venia su per le torbid'onde

Un fracasso d' un suon pien di spavento Per cui tremavano ambedue le sponde,

Non altrimenti fatto, che d'un vento Impetuoso, per gli avversi ardori,

Che fier la selva, e senza alcun rattento

Li rami schianta, abbatte e porta fuori ; Dinnanzi polveroso va superbo E fa fuggir le fiere ed i pastori...

Una nebbia fitta, nerastra si avanzava sull'onde con una velocità spaventosa spinta, incalzata, scompìgliata dal vento di nord-est che infuriava: toccò la sponda e parve gonfiasse sollevandosi a monte; indi a globi, in volute, a lingue su per l'erta ìnfilando ogni valle, ogni seno, investendo ogni dosso, ogni cima. Seguì un mugghìo simile ai boati cupi del nostro Vesuvio, un fracasso orrendo, sibili acuti spaventosi ed un battacchiar così fantastico che ci faceva tremar di spavento

I negri urlavano disperati « Storm! storm! l'uragano, l'uragano! » e pazzi di spavento correvano ad appiattarsi nelle loro capanne. Qual riparo potevano prestare? il vento le investiva d'ogni parte, le scuoteva, le scoperchiava e le schiacciava causando morti e ferite. Indi seguì una pioggia che mulinata dal vento scrosciava come una grossa tempesta ed allora parve il finimondo. Il fracasso dell'acqua, lo schianto delle foreste, il rimbombo dei tuoni, il fischio della tormenta, le voci alte e fioche e disperate deì negri, l'urlo degli anìmali, l'aria nera impregnata di zolfo ed un turbinar fantastico di foglie, di rami, di tetti di capanne e di case davano l'aspetto di un inferno dantesco. La nostra casa sita a monte non resse all'assalto benchè robustissima; i zinchi volarono come piume; le porte e le finestre furono sgangherate e rotte; l'acqua entrava a. torrenti.

Noi tutti, avviliti, tremanti, correvamo da una all'altra stanza a puntellare, a riparare, a chiudere con letti, tavole, sedie, assi, con tutto che si parasse alla mano: se il vento aveva libero il passo eravamo perduti; quando un rombo immenso ci fece gelare il sangue nelle vene: la veranda e la rimessa scoperchiate, schiacciate dal vento caddero in un ammasso di colonne, di travi, di assi, di calcinacci. E fu l'ultimo sforzo dell'uragano sterminatore! indi quiete profonda; il cielo si rasserenava, l'oceano si rabboniva, spirava un'aria come zeffiro di primavera; e il sorriso del tropico ricomparìva così maestoso di tinte e di splendori nel suo bel cielo che non ha confronti. Quale profonda ironia!... tutto intorno stermìnio e pianto, desolazìone e miseria! Scomparse le bananiere che ci avevano costato immensi sacrifici; abbattuti e divelti cocchi, pimentì, alberi del pane, del burro vegetale, logoond, aranci, limoni. Niente aveva resistito!... Alberi giganti, testimoni delle età remote, erano al suolo circondati da immensa rovina. Ma chi potrà ridire il pianto dei negri che si vedevano senza casa, deserto il campo?

Riprendendo la penna, apro una parentesi. Rev.mo Sìgnor D. Rua, i negri hanno cominciato, a rubare come arrabbiati e non si può più raccogliere banani senza far la guardia di notte. Il caro Vulpinari non aveva più pace: e pensò di erigere una capanna in mezzo alle bananiere. Ma che capanna! quanto di più meschino si può immaginare! Ed egli cominciò a starvi di notte, benchè sia pericolosissimo per le febbri. Gli fu fatto notare che si ammalerebbe; infatti in mezza settimana dimagrì talmente che ora non gli si vede addosso che un po' di pelle giallognola (segno di mal di fegato e febbre malarica) e quattro ossa sporgenti. Mi profersi di dargli il cambio ed infatti ieri notte benchè stracco a morte fui al Pen e mi trovai coperto di mosquitoes e di grasslices talmente che non ebbi pace. Naturalmente oggi con tutti i miei business mi sento tutt'altro che bene: eppure si va avanti in Domino!

La rassegnazione dei negri.

Il nostro Direttore, con cuore di apostolo, cercò soccorsi dal Municipio, affinchè i negri potessero, rialzare le loro capanne; diede ricovero a chi più abbisognava e, benchè in istrette necessità di danaro, ci ordinò di dar lavoro a intere famiglie sperando che la Divina Provvidenza non sarebbe venuta meno.

- Oh! che il Signore ti benedica, o padre, gli, dicevano i negri; tu ora sei il padre nostro!... E -facevano atti di rassegnazione tale che io ne ebbra stupire.

- Ringraziamo il Signore che siamo ancora vivi, diceva uno.

- Quando Iddio lavora, diceva un altro, noi bisogna tacere, perchè se parliamo, è peccato.

- Tu perchè non vieni a lavorare? domandai ad uno.

- O bianco, rispose, ha lavorato Iddio ed ha lavorato potentemente!

- Ed ora vuoi tu lavorare?

- No.

- Perchè?

- Perchè quando è straziato il cuore, il corpo non ha più forza.

- E che vuoi fare?

Il povero negro tirò un lungo sospiro, abbassò la testa in un modo di così mesta rassegnazione che faceva pietà : e

- I miei figlì e la mia donna, disse, sono senza ricovero sulla sponda della strada; tornerò a rifare la mia capanna.

Ma quello che parlava meglio di tutti era il nostro father Robinson, un altro cattolico, nero puro sangue, con due occhietti di fuoco, intelligenti. Eglì è falegname di professione, ha viaggiato un poco, è ricco di esperienza ed i negri usan chiamarlo padre. La domenica appresso il disastro venne alla chiesa sulla collina, e come al solito fece la sua veramente devota comunione. Siccome egli sta molto lontano e non potrebbe durarla così digiuno, il Direttore è contento gli si dia una tazza di caffè con un po' di pane. Quella mattina gliela portai io; egli si sedette sulla scaletta della mia stanzuccia e mangiò.

- Come staì fratello, mi domandò?

- Bene, padre Robinson: ma il mio cuore è amaro, la disgrazia fu grande.

- Senti, fratello, tu non devi disperare; anche io, vedi, non ho più nulla, i mieì ìgnami sono uguagliati al suolo, i mìei banani atterrati, dìveltì gli alberi da frutta; non ho più nulla,.... ma io ho l'anima là in chiesa, a piedi del Salvatore. Quando tu eri al Pen io veniva tre volte alla settimana per confessarmi e ricevere la santa comunione: ora posso venire solo alla domenica, perchè mi fanno male i piedi. Oh! ma Iddio mi provvederà e provvederà anche a te, fratello bianco, se non ti disperi.

Io guardai negli occhi di quel moro. Brillavano di una santa allegrezza, la grazia di Dio riempiva il suo cuore.

- Oh! santo vecchio, dissi, che Iddio ti benedica e benedica noi pure perchè possiamo aiutare e confortare il popolo morente.

- Addio, fratello!... e riprese il suo bastoncello, tentennando giù per la discesa.

Lo seguii coll'occhio pensando alla bontà di Dio che in mezzo a questa lurida isola feconda le sue gemme.

Ancora due righe. Il signor Direttore tornava da Montego un lunedì mattina sopra il suo biroccio ed arrivato alla trionfale entrata della Missione vi trovò raccolte una dozzina di negre che ballavano e cantavano del loro meglio.

- Che cosa fate, buone donne? perchè quel ballo e quel canto?

- Vedi, padre, noi siamo di un altro dìstretto dove Iddio comandò all'uragano di non menar così gran danno come qui. Noi abbiamo ancora banani, fagiuoli, ignami, patate dolci, ecc. e non patiremo la fame, perciò siamo allegre; e ripresero la loro danza cantando il loro « Tombolò e banana's bird ».

Quanta miseria !

Ma il nostro missionario D. Biebuyck ha un gran da fare per tener vive le pratiche religiose nei pochi cattolici delle sue diverse missioni.

- Perchè non venite a chiesa, buona gente?

- Padre, non abbiamo da vestirci.

- Tu quando vieni a regolare il tuo matrimonìo?

- Quando potrò vestire me e la mia donna.

- Che cosa hai tu? sei ammalato?

- Sì, padre.

- Qual'è la tua malattia?

- La fame, padre.

E la miseria si va estendendo a dismisura accompagnata da un'immoralità diluviante. Pensi Lei, che cosa sia dei poveri ragazzi e ciò che da lor si possa umanamente aspettare. A questo aggiunga stregoni, ciurmadori, ìnventori di nuove massime, di nuovi vangeli, che seducono e smungono il povero negro ignorante e credenzone e poi consideri, rev.mo Signor D. Rua, se non è proprio il caso di bandir una crociata. Qui non è più questione di perle, di soli, di verde, di fantasmagorie insomma: è questione di money, di danaro, per cominciare a trasfondere un po' di sangue buono in un corpo omai fradicio, morente. L'opera di redenzione, se non è pronta, sarà troppo tarda, perchè il popolo giamaicano non solo non ha scossa dal capo la maledizione antica, ma la va aumentando sotto l'influsso del mal costume acquisito nel tempo del suo servaggio, che bisognerebbe fosse sepolto in eterno obblìo, ma che pur bisogna talvolta ricordare per rintracciare le cause di una degradazione morale, che non ha forse esempio al secolo ventesimo.

Mi benedica e mi creda della S. V. Rev.ma

Obb.mo ed ubb.mo figlio

EUGENIO TEDESCHI.

P. S. - La prego di presentare i miei omaggi a tutti i Rev.mi Superiori.

II. Un altro disastroso uragano. (Lettera del Sac. D. Federico Barni).

Montego Bay (Giamaica), 14 giugno 1904.

Rev.mo Sig. D. Rua,

Nelle disgrazie che ci colpiscono, noi non sappiamo a chi ricorrere se non a Lei, amatissimo Padre.

È poco più di un mese che le inviava una lunga relazione del nostro caro confratello Tedeschi, ove le si dipingeva al vivo lo stato miserando di quest'isola, specialmente dopo il tremendo uragano dell'11 agosto 1903, che fu il pìù terribile da 23 anni a questa parte, ed ora alla distanza di soli dieci mesi e due giorni il Sìgnore, ne' suoi giusti ed imperscrutabili decreti, ci ha voluto visitare nuovamente.

A dir il vero, il danno non fu tanto grande come l'altra volta, ma è sempre incalcolabile. Molti e molti alberì del pane, breadfruit, cocchi, cocoanuts, alberi del pepe, pimentoes, aranci e limoni sono giù a terra... Moltissimi banani poi sono stati curvati, schiantati, battuti e maciullati senza pietà. Fu un diluvio d'acqua, un'inondazione generale, mista a schianti, scroscii, e lampi, e fischiar di venti ed urla e muggiti di animali, da parere il giudizio universale. Le strade, divenute altrettanti canali, spazzavano al loro infuriar non soli ciottoli, ma veri macìgni dìstaccatisi dalle colline, e piante annose. Tutto fu rotto, scompigliato e schiantato; ponti, dighe, muricci e siepi

Il commercio sarà naturalmente paralizzato. Il treno è bloccato e tutte le vie sono impraticabili. Intorno non si vede anima viva: tutti riconoscono che manus Domini tetigit nos

Questo avvenne ieri, 13 giugno 1904. Il popolo, e noì con loro, siamo di nuovo gettati sul lastrìco.

La fame, questa tiranna, batte alla porta di migliaia e migliaia di questi consunti e stracciati negri. Se prima i rubarizi erano all'ordine del giorno, ora diverranno una necessità. E noi, o buon Padre, siamo qui sbalorditi, trasognati, muti, cupi, avviliti, col cielo plumbeo, circondati da sfacelì e rovine, col cuore trambasciato dal dolore, e col timore che qualche Eolo, sbucando dall'inferno, da un momento all'altro, spazzi noi pure all'altro mondo.

La Religione, oh la nostra santa religione è l'unica àncora di salvezza. Essa ci addita con amoroso accento il Golgota, dove Gesù ripete con moribondo affanno: «Ecco il Cuore che tanto ha amato gli uomini, ed in ricambio non riceve che insulti ». La Vittima Augusta dell'Uomo-Dio che creato l'eroe , il martire, il santo, rasciugherà le nostre lagrime, avvalorerà i nostri cuori, rasserenerà le nostre volontà, ci darà la rassegnazione alla volontà di Dio; poichè, ben sappiamo che altro non ci resta fuorchè baciare la mano che ci ha percosso ed esclamare: « Bene omnia fecisti ».

Ma intanto, amatissimo Padre, come l'anno scorso in risposta al mio figliale appello ella ci venne paternamente in soccorso, oh! quest'anno non ci neghi la sua carità ed il suo aiuto. Sono i suoi figlì delle Antille che tribolati, battono al cuore del loro buon Padre Don Rua, e dicono supplichevoli: « Panem nostrum quotidianum da nobis ».

Intanto ci benedica tutti e mì creda

Suo dev.mo ed obbl.mo in Corde Jesu Sac. FEDERICO BARNI.

Colombia.

Missione al Lazzaretto di Contrataciòn.

Una pagina commovente.

(Lettera del Sac. D. Evasio Rabagliati).

Contrataciòn, 9 maggio 19o4.

VENERATISSIMO ED AMATISSIMO PADRE,

LA missione al lazzaretto di Contratación, è finita; e, grazie a Dio, è finita bene, malgrado sia incominciata un po' male. Mi spiego.

Si era in affanno, prima d'intraprendere la missione, pensando alle difficoltà di trovare i cooperatori necessarii per assicurarne l'esito. « Se Lei pensa davvero, mì scriveva qualche tempo prima il povero D. Garbari, di dare una missione a questi lebbrosi, pensi anche a provvedere i confessori; perchè noi due che qui siamo, ci troviamo in tale stato di salute, da essere incapaci a qualsiasì cosa, compreso l'ascoltare le confessioni; siamo giubilati forzosamente! » Il Vescovo della diocesì lo sapeva; ed appena giunto a Contrataciòn mi scriveva un biglietto, per assicurarmi che mi avrebbe mandato due dei suoi sacerdotì, che poi, per ragioni ovvie, non vennero. Vi sono ripugnanze invincibilì alla natura; vi hanno timori, che anche la più schietta virtù sacerdotale non arriva a distruggere; ci vuole una vocazione speciale per entrare in un lazzaretto di lebbrosi, e pìù ancora per ascoltare le lunghe confessioni durante una missione. Anni fa, e precisamente dieci anni or sono, quando chi scrive dava la prima missione in questo Lazzazetto, ci volle la minaccia di sospensione da parte dell'ordinario, per obbligare due o tre sacerdoti a venirmi in aiuto nel confessionale. Con tutto ciò arrivarono quando si finiva di cantare il Te Deum; cioè a missione finita.

Però se io non calcolava molto sulla cooperazione dei preti promessi dal degnissimo Prelato di questa diocesi, era però certo che i nostri due salesiani, sebbene invalidi, avrebbero prestato l'opera loro; e questo bastava per assicurarne l'esito. Ma uno si dichiarò fuorì combattimento fin dal primo giorno; D. Garbari non potè proprio alzare la testa durante la missione; e fu molto se potè celebrare la S. Messa il gìorno della chiusura. Ad ognì modo, le Comunioni della missione arrivarono al bel numero di mille ottocento cinquanta, non comprese quelle delle Suore, che si comunìcavano nella loro cappella. Questi fruttì, dopo la grazia di Dio, primo fattore nella rìuscita dì ogni impresa morale e materiale, si dovettero in parte alla nota distribuzione dei 40 mila pesos fatta a questi infermi, prima che si incominciasse la missione, ed anche... (credo, che nessuno dei lettori del Bollettino, anche se vi pensasse fino al giorno del giudizio finale, lo indovinerebbe)... anche ad un Grafofono! L'aveva comprato a Torino pochi mesi prima, precisamente per sollevare l'animo di questi cari lebbrosi; e dopo d'averlo portato ad Agua de Dios, (dove lavorò per bene durante quella missione), non potevo negarlo a Contrataciòn. Lo portai quindi, malgrado i miei timori che si potesse danneggìare negli otto giorni di viaggio per istrade veramente impraticabili, stante il crudo inverno. Impossibìle descrivere l'effetto cagionato in tutti da questa macchina cantante e parlante. Ogni giorno, dopo la predica della sera, e finite le confessioni, sulla pubblica piazza si chiedeva da tutti il grafofono ed era impossibile negarlo. Perfino una sera che pioveva benino, quando io credeva tutta quella buona gente già a riposo, e quindi contava di avere una serata di vacanza, all'aprire casualmente la porta di casa che dà sulla strada, vidi la piazza gremita di popolo, che aspettava pazientemente l'uscita del grafofono. Siccome erano già tutti bagnati e pareva inutile supplicare che si ritirassero per non bagnarsi di più, quel sacrificio fatto da tutti spontaneamente, ben meritava qualche sacrifizio anche da parte nostra, ed anche quella sera i cantantì e le cantanti del grafofono lavorarono con vero entusiasmo. La fama della macchina che cantava e parlava, volò ben presto e lontano; e non solamente si veniva per conoscerla e sentirla dalla gente delle campagne vicine, ma anche da varii paesi, distantì una giornata di cammino da Contrataciòn; e così ogni sera si rinnovava in gran parte l'uditorio. Impossibile ridire gli oh! e gli uh! di maraviglia che uscivano dalla bocca di quella gente. « Se non fosse che è leì, un prete, che portò e maneggia questa macchina, mi diceva un lebbroso, uomo d'istruzione, tutta quella buona gente scapperebbe di qui urlando, nella persuasione che lì, dentro quella macchina, v'è una compagnia di diavolettì dell'inferno. » Ecco spiegato in parte il perchè delle 185o comunioni della mìssione.

Ma che hanno da fare le comunioni col grafofono.? Sì, signori, e molto; tanto almeno come l'effetto ha da fare colla causa. Molti di quei poveri campagnuoli che giungevano al lazzaretto per conoscere de visu le maraviglie della macchina parlante, forse non pensavano neppure alla missione; ma restavano facilmente colti nelle sue reti salutari; e io credo , che proprio per questo il numero dei pescati fu così abbondante. Ecco come ogni umano progresso può convertirsi in ìstrumento di bene !

Per un'altra funzione servì ìl grafofono durante i giorni della missione. In generale qui sì è usi a recitare il S. Rosario in ogni famiglia; io conosco alcuni che lasciano magarì la messa di domenica, ma che non tralascierebbero mai la recita del Rosario. Sarà effetto di ignoranza, non entro a discutere su questo, constato semplicemente un fatto. Erano quindi molte le domande che io riceveva di regalare rosari. Ma se io aveva portato immagìni, medaglie e scapolari per tutti, disgrazìatamente aveva dimenticato le corone. Come fare? In buon'ora rìcordai che aveva con me, due dozzìne di corone portate ultimamente da Roma, toccate e benedette dalla mano del Sommo Pontefice Pio X! Ebbi una buona ispirazione; ed annunziai una generale lotteria. Feci scrivere tutti i nomi dei lebbrosi; ed all'ora indicata previamente, erano tutti là sulla piazza davanti la nostra casetta per conoscere l'esito della lotteria. Le estrazioni si facevano in serie di venti nomi; ogni ventesimo biglietto che usciva dalla borsa, era solennemente proclamato vincitore di un Rosario del Papa; e subito dopo i musici del grafofono suonavano o cantavano quello che avevano di meglìo nel loro repertorio. Si passarono così due ore di santa allegria. Ci vuole tanto poco a rallegrare il cuore dei poveri lebbrosi, immersi come sono in continua mestizia.

Il Vescovo della Diocesi volle pur lui concorrere a rallegrare il cuore dei suoi durante questa missione. Il giorno prima della chiusura, ricevei dal Soccorro (residenza vescovile) un biglietto firmato dal prelato in questi termini : « Le mando due vacche ed un grosso bue, oltre alcuni carìchi di commestibili e di oggetti da distribuirsi fra tutti i lebbrosi, perchè stieno allegri il giorno della chiusura della missione; che son certo avrà fatto a tutti assai del bene. » La volontà del buon prelato fu fedelmente compita, e lo stesso giorno, ogni ammalato ebbe un chilogramma di carne buona, ed altre cosette; il che esilarò tutti i cuori e li dispose ancor meglio a prendere i migliori proponimenti , posto che il ìl Signore erasi mostrato così buono e generoso con loro. Frutto immediato di questa missione, fu la nuova fondazione dell'Associazione dell'Adorazione Perpetua, già altra volta eretta in questo lazzaretto, ma poì caduta a poco a poco in disuso.

11. Maggio. - Oggi è giorno di partenza generale, ed anche di pianto universale. Dalla mia stanzetta dove scrivo, vedo lassù davanti la casa delle suore, cinque bestie insellate. Cinque figlie di Maria Ausiliatrice sono per lasciare il lazzaretto e tornarsene a Bogotà. Altre cinque, tre delle quali, testè arrivate dalla Capitale della Repubblica, una dall'Italia ecc. restano per prendere il posto delle prime, che dopo sei anni di stenti e di povertà estrema, hanno bisogno di respirare altre arìe, vedere altri volti, sentire altre impressioni.... Quella separazìone, tra quelle che partono e quelle che rimangono, costerà certo molte lagrime alle une e alle altre. Fenomeno veramente strano per il cuore dell'uomo che arriva ad attaccarsi persino al dolore! Stremate di forze fisiche, di quelle cinque che vennero sei anni fa a convivere con questi lebbrosi ed a seppellirsi in questa specie di tomba che è il Lazzaretto, nessuna vorrebbe partire.... ma le muove il pensiero dell'obbedienza religiosa e l'altro che rìstorate le forze perdute, vi potranno tornare, a compiere altri sacrifizi.... Ma ne son certo , tutte e cinque resterebbero volentieri al loro posto d'onore, anche colla certezza di soccombere sotto il peso della croce da loro scelta ed abbracciata spontaneamente!

Qui poi vicino alla nostra casetta , è raccolta molta gente; nessuno parla; il silenzio è generale, appena interrotto daì sìnghiozzi che molti non valgono a reprimere. Ma perchè tanti son qui raccolti in questo momento? Il loro amico e padre il buon P. Garbari, deve partire per Bogotà, in uno stato di salute che fa veramente compassione. Nessuno lo dice ; tutti lo pensano:

Forse non lo rivedremo più! e tutti si stringono vìcino alla porta, quasi per vederlo meglio, ed essere meglìo visti da lui. Io a bella posta voglio essere l'ultimo a partire, per assistere a quella scena, e poterla poi descrivere... Ma l'ora si fa tarda, e D. Garbari non si lascia ancora vedere. Entro nella sua stanza come per fargli premura, e lo trovo eccitato; ha gli occhi pieni di lagrime,assorto in un pensiero fisso che lo domina, non capisce quello che glì dico, e nulla mi risponde. Mentre passeggia con forza, sebbene il forte reumatismo gli tenga quasi sempre paralizzate le gambe, dopo un breve silenzìo che ha del mìstero per me: « Padre, mi dice, oggì non parto! no, non posso partire!.... lo farò fra qualche giorno, adesso non posso!... » ed il pianto gli troncò la parola. Il mistero era svelato; non era il dolore fisico, ma la pena morale che lo faceva piangere; il virtuoso Salesiano si sentì senza forze quando vide giungere l'ora dì dover abbandonare, forse per sempre, quei suoi lebbrosi, coi quali era vissuto per sette lunghi anni! e chiese una proroga... che non mi sentii il coraggio di negare. Lo lascio quindi, perchè parta poi fra qualche giorno (in segreto certamente) in compagnia del nostro chierico Angelo Maria Cuenca e di un altro buon amico che certamente gli faranno da angeli custodi finchè l'avranno condotto fra i Confratelli di Bogotà, o dove l'obbedienza lo destini.

La mìa missione qui è finita, almeno per adesso, e termino per partire alla volta di Bucaramanga, capitale di questo dipartimento di Santander, per difendere a qualunque costo la causa di questi infelici.

Ci benedica, amatissimo Padre, sani e lebbrosi, Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice addetti ai lazzaretti, e in particolare benedica questo

Suo aff.mo in Domino

Sac. EvAsIo RABAGLIATI.

Matto=Grosso.

Consolanti notizie. 55 battesimi alla Colonia del S. Cuore.

Sul principio di aprile, il missionario D. Antonio Malan, Superiore delle Case e Missioni Salesiane del Matto Grosso, fu a Rio Janeiro per cercar sussidii a favore della Colonia del Sacro Cuore di Barreiro, ove presentemente sono raccolti 217 indii Coroados-Bororòs. L'Eccell.mo Sig. Presidente della Repubblica concesse al Missionario un'udienza specìale nel palazzo di Petropolis, intrattenendolo per un'ora intera sul progresso della Colonia; il Governo gli rìmetteva alcune centinaìa di monture militari a benefizio di quei poveri selvaggi; e ìl Ministro dei lavori pubblici gli concedeva porto franco sui trasporti nazionalì per tutti gli oggetti diretti alla Missione. D. Malan ripartiva da Rio Janeiro indirizzandosi per terra alla volta di Barreiro e Cuyabà, attraversando gli Stati di Rìo Janeìro, S. Paolo, Minas Geraes e Goyaz. Da Jaguary (Stato di Minas) ove termina la ferrovia, cominciò il viaggio a cavallo, che compì in 62 giorni. Giunto alla Colonia, ebbe la consolazione di poter battezzare cinquantacinque indii, fra il giubilo di D. Balzola e di tutti i suoi collaboratori. È questo il primo frutto prezioso della nuova Missione , che torniamo a raccomandare caldamente alle preghiere di tutti i nostri lettori. I particolari ad altro numero.

IL CULTO DI Maria Ausiliatrice

Noi siamo persuasi , che nelle vicende dolorose dei tempi che corrono non ci restano altri conforti che quelli del cielo, e tra questi l'intercessione potente di quella benedetta che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani.   Pio PP. X.

Nel Santuario dì Valdocco.

TRA le funzioni celebratesi sul finir di luglio, ci par degna di particolar ricordo quella promossa dall'Associazione degli Antichi Allievi dell'Oratorio, nel giorno 28, in suffragio dei loro compagni defunti.

- Di agosto, finora possiamo registrare la pompa solenne con cui si celebrò la festa dell'Assunta. Alla vigilia, che era domenica, celebrò all'altare di Maria Ausiliatrice S. E. Rev.ma Mons. Giovanni Cagliero, indossando una superba pianeta, dono del S. Padre Pio X. All'indomani molte furono le sante comunioni e costante l'affluenza dei divoti. Impartì solennemente la benedizione col SS. Sacramento l'Ecc.mo Arcivescovo suddetto.

- La mattina seguente, gli alunni studenti dell'Oratorio, ascoltata la S. Messa e una affettuosa allocuzione del direttore D. Secondo Marchisio, intonavano solennemente il Te Deum e ricevuta la benedizione col SS. Sacramento, salutavano con tenerezza l'altare e il Santuario di Maria SS. Ausiliatrice, prima di far ritorno alle famiglie per le incominciate vacanze. Il Signore li accompagni tutti colla sua grazia e la Vergine li tenga sotto il suo manto materno sino alla fine della vita.

Orario delle sacre-funzioni nel Santuario di Torino-Valdocco.

2 settembre. - Primo venerdì del mese - alle ore 6 messa con esposizione del SS. Sacramento e benedizione - alle 17,30 prima della benedizione, speciali analoghe preghiere.

8 settembre. - Festa della Natività di Maria SS. Alla messa delle 6 e delle 7,30 comunione generale - Alle io messa solenne -- Alle 15,30 vespri solenni, discorso e benedizione col SS. Sacramento. Nelle varie funzioni s'intenderà di solennizzare in modo speciale anche il Giubileo dell'Immacolata. 11 settembre. - Festa del SS. Nome di Maria - come nel giorno 8.

18 settembre. - Festa di M. SS. Addolorata - come nel giorno S.

23 settembre. - Incomincia la novella in preparazione alla festa del SS. Rosario.

24 settembre. Solenne commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice - La devota funzione si compirà alla messa della 6 ed alle ore 19,30.

29 settembre - Festa di S. Michele Arcangelo -

Alla messa delle 6 ad alle 19,30 benedizione col SS. Sacramento.

NB. - Sino alla domenica 13 novembre, nei giorni festivi vi sarà nel pomeriggio una sola funzione alle 15,30.

Nelle altre partì del mondo.

POZZOMAGGiORE (SASSARI). - Il 30 giugno

u. s. a Pozzomaggiore in Sardegna fu benedetta e dedicata a Maria SS. Ausiliatrice una nuova cappella, dovuta alla pietà della defunta genitrice del sig. Antonio Serra. Vi si celebrò nello stesso giorno una bella festa, alla quale parteciparono molte devote persone.

BARRANQUILLA (COLOMBIA). - Un altro trionfo di Maria Ausiliatrice. - Non altrimenti si può chiamare lo spettacolo al quale hanno assistito i nostri confratelli di Barranquilla nel 29 maggio, quando fu solennemente benedetta una bellissima statua di Maria Ausiliatrice , uscita dalle scuole professionali di Sarrià. Non potendo la parrocchiale di S. Rocco, ufficiata dai Salesiani, contenere tutta la moltitudine che accorreva alla novena di preparazione, fin dal triduo si passò per le sacre funzioni nella chiesa di S. Nicola, assai più spaziosa. Alla vigilia, illuminazione generale: molte case rimasero illuminate fino a giorno. Per la benedizione della cara effige, intervennero al completo le rappresentanze delle autorità civili, militari ed ecclesiastiche, come in un giorno di solennità nazionale. Infatti in corno Evangelii s'alzava orgogliosa la bandiera nazionale circondata dallo stato maggiore della truppa, scaglionata all'ingresso e lungo le navate laterali del tempio. L'entusiasmo non poteva esser maggiore. Nella sera, si calcolarono a un diecimila i devoti che presero parte alla processione.

- A Troia (Foggia) nella cappella inaugurata e dedicata l'anno scorso a M. Ausiliatrice, si celebrava la festa titolare il 27 maggio. Celebrò la messa della Comunione Mons. Paolo Emilio Bergamaschi ammettendo per la prima volta alla sacra mensa, tra fanciulli e fanciulle, ottanta alunni delle scuole comunali, presenti i loro parenti, i cooperatori e molti divoti. Il fervorino di Mons. Vescovo, i canti d'uno stuolo di fanciulle e la pietà degli ammessi alla prima comunione, commossero soavemente il cuore di tutti. Dopo i vespri, recitò il panegirico il Canonico Petrilli, Provicario Generale; e l'arcidiacono teol. Falcone impartì la benedizione col Santissimo. Si spedì un bel telegramma al Santo Padre, che inviò di cuore l'apostolica benedizione.

- A Diano d'Alba , per lo zelo dell'arciprete Teol. Faletti, la festa di Maria Ausiliatrice celebratasi il 26 giugno , riuscì veramente fervorosa e solenne. V'intervennero due sacerdoti salesiani, le si premise un triduo di predicazione e si coronò con una divota processione recando in trionfo la bella statua, che permanentemente risiede sull'altar maggiore di quella parrocchiale.

- A Malta la solennità annuale si celebrò nella chiesa del Pilar, il 12 giugno, giorno quest'anno stabilito da quel calendario diocesano per la festa di Maria Ausiliatrice. Celebrò Monsignor Luigi Farrugia, Prelato domestico di Sua Santità e Direttore dei Cooperatori: e la sera il Dr. D. Alfonso Agius recitò l'orazione panegirica. Nella vigilia il Prof. D. Vincenzo Frendo Azopardi, Assistente Avvocato di Corona, teneva nella stessa chiesa la prescritta conferenza ai Cooperatori.

- Chiudiamo, per questa volta, queste care notizie, trascrivendo un cenno della festa celebratasi il 24 maggio nella chiesa della missione a Gualaquiza. Con particolar fervore le si premise un mese intero di preparazione, e per la festa si addobbò la chiesa con festoni e fiori raccolti nella foresta. Per tempo cominciò il suono festoso delle campane e tutti i cristiani di Gualaquiza e dintorni si recarono alla povera cappella. Numerose furono le comunioni, Anche 46 Divari selvaggi si unirono ai battezzati ed assistettero con rispetto a tutte le funzioni. Disse il panegirico il missionario D. Spinelli; quindi si fece la processione. Riportata la statua in chiesa, tutti i presenti le sfilarono innanzi e le baciarono i piedi. Anche i Jivari non negarono quest'omaggio alla Madre di Dio, alla quale noi pure volgiamo la preghiera che voglia col suo pie' verginale schiacciare la testa del demonio e scacciarlo dalle selve dell'Equatore.

GRAZIE DI MARIA SS. AUSILIATRICE

Non si ricorre invano a Maria Ausiliatrice!

È un anno. Quando cì sorridevano le più belle speranze, quando il piccolo chierico faceva già palpitar dì gioia i nostri cuori, ecco, dileguarsi ogni cara speranza all'apparire d'un morbo crudele che doveva renderlo infelice per tutta la vita. Colpito da frequenti attacchì, che noi credevamo nervosi, e fatto tornare dal Seminario, valenti medici riconobbero realmente un principio d'epilessia, disperandone la guarigione. Perduta ogni speranza nella scienza medica, nella tremenda angoscia dell'animo che solo un padre o una madre può comprendere, ci rivolgemmo alla Vergìne Ausiliatrice.

Incominciammo una novena, con la promessa di un'offerta e di andare tutta la famiglia (se avesse esaudite le nostre suppliche) a ringraziarla nel suo Santuario di Valdocco ; ed oh gioia! il penultimo giorno della novena, egli rimase perfettamente libero da quegli attacchi, in breve tempo si rinvigorì ed ora sembra il fiore della salute. Oh, non si ricorre invano a Maria Ausiliatrice ! Noi lo provammo nelle più tremende ore della vita, in tante altre grazìe da Lei concesseci appena invocata !

Cittadella, 19 luglio 1904.

Coniugi GIOVANNI e MADDALENA GIRARDIN. Fiducia in Maria Ausiliatrice.

Certa Emanuela Saddi, di Iglesias, ammalatasi alcuni mesi or sono di pleurite, che in pochi giorni sì manifestò con caratteri purulenti e di tale gravità da ridurla agli estremi, fu sottoposta all'atto operativo ; ma, di mano in mano che i declivi del sacco pleurico venivano evacuati del liquido purulento, il medesimo si riproduceva rapidamente, ed in modo tale che lo stato della povera inferma ritenevasi davvero gravissimo e pressochè disperato.

In tale dolorosa contingenza, mi venne in mente di raccomandare l'Emanuela alla protezione materna della SS. Vergine Ausiliatrice, alla quale nutro antica, specialissima divozione ; e fattane parola alla povera inferma, questa, quantunque gravissima, si mostrò tanto infervorata e sì piena di fiducia nella Regina del Cielo, che altra speranza di salute non riponeva che nella gran Madre di Dio, invocata appunto sotto ìl dolce titolo dì Maria Ausiliatrice.

Nè delusa fu la nostra fiducia, poichè dopo le prime preghiere e la santa Comunione fatta a tal uopo, cominciò tosto un periodo di progressivo, rapido e prodigioso miglioramento: ed ora la Paddi ristabilita e guarita completamente, attende di nuovo alle sue mansioni domestiche.

Cagliari, 23 giugno 1904.

TERESA PATRITTO Ved. MEREU.

Quanto è buona Maria Ausiliatrice!

Mia madre trovavasi da circa quindici giorni a letto, affetta da pleurite e debolezza cardiaca. E già il male faceva allarmanti progressi, quando degli acuti dolori al fianco fecero sospettare al medico curante l'apparizione di un cancro alla pleura, sospetto che fu accettato da un consulto di valenti professori. Ogni speranza svani, e, pochi giorni dopo, tra l'ambascia inenarrabile della mia famiglia, ci fu annunziato che l'ammalata trovavasi in imminente perìcolo. In quei momenti di supremo dolore, ci rivolgemmo, come sempre, a Maria Ausiliatrice. Fu incominciata una novena nel seminario delle missioni, in S. Gregorio, promettendo la pubblicazione della grazia sul Bollettino. L'inferma era già viaticata, allorchè, finita la novena, scomparve d'un tratto la febbre, scomparvero gli indìzi del cancro ed altro non rimase che una leggera affezione alla pleura, scomparsa indi a poco. Adempiendo la promessa, ringrazio la potente Madonna di Don Bosco.

Catania, 13 luglio 1904.

FRANCESCO GRIMALDI, chierico.

Balerna. - Molestato più anni da nevrastenia cerebrale, l'anno scorso promisi a Maria SS. Ausiliatrice un'offerta se avessi potuto far senza una cura climatica. Sebbene mi paresse d'averne bisogno, tuttavia per vari motivi sempre differendo, passò l'anno, con notevole miglioramento, senza aver fatto la cura. Ora, continuando il miglioramento, adempio la promessa, pregando la cara Madre Ausiliatrice perché della quasi interamente ricuperata salute io possa usar sempre alla maggior gloria di Dio ed al bene delle anime.

Arcipr. A. ABBONDIO.

Como. - Agli ultimi di maggio il nostro bambino Mario, di anni otto, che cresceva vispo ed ardito, fu subitamente colpito da grave malattia, che tolse a noi ogni pace, gettandoci in preda alla sconforto più opprimente. I medici in sulle prime dubitarono si trattasse di meningite o di paralisi poi convennero nel ritenere il male di indole nervosa; e, pur non disperando di poterlo superare, non ci dissimularono che la guarigione avrebbe dovuto attendersi a lungo. Noi, che per fortuna riponiamo principalmente in Dio le nostre speranze, ci rivolgemmo nella desolazione che ci attristava a Maria SS. Ausiliatrice, cominciando subito in suo onore una novena di preghiere. La novena non era ancora terminata, e già manifesti si videro nel nostro carissimo bambino i segni d'un positivo ed effettivo miglioramento, che continua tuttora e che ci affida della sua prossima completa guarigione.

3 luglio 1904.

Coniugi BETTINA BIANCHI e GIUSEPPE ZANETTI.

Monte Urano (AscoLi). - Godo di poter attestare che dopo la gravissima malattia che mi aveva proprio ridotta agli estremi, ora sono perfettamente guarita, mercé le speciali preghiere fatte dagli alunni dell'Oratorio Salesiano a Maria Ausiliatrice, che nella materna sua bontà, mi ottenne più che la grazia, la miracolosa guarigione nel modo il più chiaro. Poiché, quantunque dai tre egregi Professori curanti, in vista della congerie dei mali, tutti per se stessi gravissimi, conseguenze del tifo, fossi dichiarata spedita, e si attendesse che la morte venisse a troncare quel sottilissimo fil di vita che mi restava, invece il giorno 8 maggio, poco dopo di aver dato principio alle novene di preghiere a Maria Ausiliatrice, si notò un sensibilissimo e quasi istantaneo miglioramento che poi fu sempre progressivo sino a poter riacquistare la primiera salute.

8 luglio 1904.

M. FEDERICI.

S. Damiano d'Asti. - V'invocai, o Maria, in procinto di essere schiacciato da un cavallo e dalle ruote di una trebbiatrice e subito mi salvaste! Vi ringrazio con tutta l'effusione dell'anima.

28 luglio 1904.

M. G. Cooperatore Salesiano.

Trecastagni (SICILIA). - Oh! quant'è buona la Madonna di D. Bosco! Sin dalla nascita il mio bambino era sofferente, malaticcio. Nel maggio dell'anno scorso si aggravò con forti dolori in tutta la persona, e con febbre fortissima. Consultai parecchie celebrità, ma inutilmente, perché il mio Santino invece di migliorare andava peggiorando. Sei lunghi mesi stette coricato senza potersi più muovere, quando fui consigliata di ricorrere a Maria SS. Ausiliatrice. Ebbene, lo feci e il bimbo fu tosto guarito.

15 agosto 1904.

CATTERINA BOTTERI n. REITANO.

Travagliato (BRESCIA). - Non potrò mai abbastanza ringraziare la cara Vergine Ausiliatrice della continua protezione che mi usò in una dolorosa operazione nel dicembre 1902 e che mi usa tuttora. In ogni mio bisogno ho sempre ricorso a Lei, ed Ella qual madre amorosa non ha mai respinto le mie povere suppliche. Sciolgo quindi a Lei la promessa della mia riconoscenza.

Agosto 1904.

ESTER ABENI

Figlia di Maria.

Bassano Veneto. - Mi prostrai ai piedi di Maria Ausiliatrice nell'ora dell'afflizione, quando il tetano minacciava di rapirmi il mio figlio Pietro, e l'angina sperava di condurre al sepolcro la sua sorella. Ora son lieta di prostrarmi nuovamente ai piedi della Madre Celeste, per ripeterle il canto della riconoscenza.

24 luglio 1904.

IDA FERRONATO.

S. Vittoria d'Alba. - I Cooperatori Salesiani di S. Vittoria d'Alba ringraziano collettivamente Maria Ausiliatrice per aver esaudite le loro preghiere, e le promettono eterna riconoscenza.

5 luglio 1904.

PORO IARDINI TERESA.

Torino. - Provo il bisogno di dare l'ultima conferma della grazia di Maria Ausiliatrice ricevuta nel maggio 19o1 ed inserita nel Bollettino di luglio 1903. Affetto alla gamba da male cronico (vedi per i dettagli Bollettino di novembre 19o2) che mi aveva reso grave a me stesso e di carico altrui, compio tuttora libero da disturbo i miei doveri, e senza far uso d'alcun rimedio. La cicatrice, che nel periodo di 10 anni più e più volte erasi riaperta, e, per essere in carne macerata, di natura sua tendente continuamente a riaprirsi, crea nella gamba un nuovo prodigio (effetto ognor sopra di me del valido patrocinio di Maria SS.) ed è che, avendo attinto dal lividore della pelle in larga periferia il colorito naturale, offre irremovibile da 3 anni tutto il carattere della solidità stabile e permanente.

Abbiatevi, o Vergine Ausiliatrice Incoronata, tutto il mio affetto e l'eterna mia riconoscenza.

1 maggio 1904,

COSTANTINO GIOVANNI.

Varazze. - Era gravemente addolorato per aver appreso che una giovine religiosa era stata colta da menengite, e che v'era pericolo che restasse o cieca o idiota. In questa incertezza fui a Torino per l'Incoronazione di Maria SS. Ausiliatrice. Nell'atto che l'Emin.mo Cardinale incoronava l'Immagine chiesi la grazia della giovine novizia collo scopo che potesse consacrarsi a Dio nella religione e non fosse rimandata per salute. Viva Maria Ausiliatrice ! La figliuola ha riacquistato mente e vista ed il 3o aprile dell'anno corrente faceva la sua professione religiosa con immenso suo e mio contento.

6 maggio 1904.

EMMA BROCCHI Cooperatrice Salesiana.

Voghera. - Sulla fine dello scorso mese di gennaio, seppi che mia figlia Suor Giuseppina, Superiora del R. Orfanotrofio di Sassari, era gravemente ammalata di polmonite e che, stante l'estrema debolezza, i medici temevano non potesse superare la crisi. Col cuore vivamente addolorato, incominciai con tutto il fervore, insieme ad un'altra mia figlia, una novena a Maria SS. Ausiliatrice, promettendole che, ottenendone la guarigione, avremmo fatto pubblicare la grazia sul Bollettino. Pregarono pure tante buone e caritatevoli persone e la cara ammalata dopo pochi giorni superò felicemente la crisi ; ed ora, tolto un po' di debolezza, gode buona salute, e noi col cuore pieno di riconoscenza adempiamo alla nostra promessa.

27 aprile 1904.

DELFINA PINCETTI Ved. NICOLI. Punta Arenas (PATAGONIA MERID.). - Lo scorso mese essendo caduta gravemente inferma, al pensare che era madre di cinque bambini , dei quali il maggiore ha dieci anni ed uno è da due anni ammalato, fui presa da grande scoraggiamento e poco meno ne moriva di dolore. In buon punto mi ricordai della cara Vergine di Don Bosco, invocata sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani, che tante grazie dispensa a' suoi divoti. Con tutto il cuore ricorsi a Lei, promettendole di pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano, qualora mi avesse guarita. La grazia non si fece a lungo aspettare. Dopo pochi giorni, io entrava in convalescenza ed oggi sono pienamente guarita. Quanto è buona Maria SS. Ausiliatrice !

9 luglio 1904.

VINCENZA BRADOVIC di MICOEVIC.

Mornese. - Da 7 mesi giacevo inchiodato in letto, colpito da gravissimo malore. Vedendo inefficace ogni umano rimedio, pieno di fede mi rivolsi a Maria SS. con promessa d'inviare un'offerta e pubblicare la grazia sul Bollettino. Da quell'istante sentii un sensibile miglioramento, che progredì fino ad oggi portandomì quasi a perfetta guarigione. Soddisfo alla mia promessa mandando la tenue offerta e pubblicando la grazia ottenuta, a maggior gloria di Maria Ausiliatrice.

20 luglio 1604.

LORENZO MAZZARELLO.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:

A) - Alpignano (Torino) : Mangiardi Vittoria - Argentera (Cuneo): Vota Antonio - Asigliano (Vercelli): Tagliabocca Maria - Avigliana Torino) N. N.

B) - Bagalino: Brigida Ferraboschi 5 - Barbanello (Pavia): L'Economo spirituale e tutta la popolazione per aver ottenuto una pioggia abbondante e benefica - Bibiana (Pinerolo) : Ramello Maria - Borgomanero (Novara): Longhi Luigi e Peyrani Francesca - Bossolasco: Cabutti Luigia - Brescia : N. N. 5 - Brazzano (Litorale Austriaco) Rodolfo Bettiol 10 - Busca; E. G. V.

(Continua).

NOTIZIE COMPENDIATE

A Valdocco.

- Notizie di famiglia. Il 13 agosto, accompagnato dal Sac. Giuseppe Vespignani, Ispettore delle Case Salesiane della Repubblica Argentina, da D. Evasio Garrone e da altri missionari , giungeva all'Oratorio Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Giovanni Cagliero, Arcivescovo di Sebaste, accolto entusiasticamente dai superiori e dagli alunni. S. E. condusse con sè il giovanetto Zeffirino Namuncurà figlio del primo cacico della Patagonia, che volendo abbracciare la carriera ecclesiastica, compirà, se la salute gli sarà propizia, i suoi studi in Roma. Il 25 dello stesso mese , si rinnovavano le stesse accoglienze a Mons. Giuseppe Fagnano e a S. E. R.ma Mons. Giacomo Costamagna, il quale, essendo sbarcato a Napoli, ebbe già la consolazione di essere ricevuto in speciale udienza dal S. Padre e il piacere di visitare parecchie nostre case d'Italia.

- Geniali convegni. La riconoscenza ha riunito in numerosa Associazione gli Antichi Allievi dell'Oratorio Salesiano, che ogni anno, alla ricorrenza della festa di S. Giov. Battista, offrivano all'indimenticabile D. Bosco, ed ora offrono al suo Successore D. Rua, qualche prezioso dono, simbolo ed espressione del loro perenne affetto verso chi ha dato loro la cristiana educazione. Alla loro volta il compianto D. Bosco ed ora il suo venerato Successore costumarono d'invitare i loro amati allievi ad un frugale banchetto. Anzi da tempo, sia per il gran numero degli invitati, che difficilmente potrebbero trovar posto nel medesimo locale, sia perchè altri essendo sacerdoti, altri laici, non potrebbero, a causa delle loro occupazioni, convenire in un medesimo giorno, s'è introdotto l'uso di due banchetti, uno in giorno feriale e l'altro in giorno festivo. I due convegni adunque ebbero luogo nei giorni 28 e 31 dello scorso luglio nella sala del teatrino dell'Oratorio Salesiano.

Quale magnifico spettacolo ! Erano ecclesiastici venerandi, che tengono posti cospicui nelle diocesi subalpine, già ricchi di senno e di meriti, e giovani preti usciti appena dal Seminario; erano vecchi operai dalla testa canuta, che hanno visto l'Opera di D. Bosco al suo nascere e ne furono i primi frutti, e poi una serie d'uomini di tutte le età fino ai giovanetti imberbi, rappresentanti di tutte le generazioni che si successero in quell'istituto nel corso di cinquanta e più anni e tutti parevano formare una famiglia sola di fratelli e di amici. La più schietta e chiassosa allegria, uno scoppio di festose esclamazioni al rivedersi, al riconoscersi dopo anni di separazione, un ricordare con enfasi le vicende della vita di collegio, un narrarsi in tutta confidenza le avventure incontrate nel mondo, le proprie occupazioni e lo stato della famiglia. Tutti poi si avvicinavano al sig. D. Rua ed a' suoi vecchi collaboratori colla gioia dipinta nel volto e qualcuno anche lasciando cadere dagli occhi lagrime di consolazione; e D. Rua e i vecchi Superiori dell'Oratorio parlavano con affetto ad essi come a carissimi amici e figliuoli.

I banchetti furono rallegrati dalle note armoniose della Banda dell'Oratorio diretta dal Cav. Dogliani. Al levar delle mense, il Rev.mo Canonico Berrone, novello Presidente dell'Associazione, con belle e appropriate parole disse dover a loro presiedere e regnare sovrana in mezzo a loro la riconoscenza a D. Bosco ed al suo Successore. Il Rev.mo Can. Ballesio, Prevosto di Moncalieri, e poi il prof. Alessandro Fabre mostrarono gli allievi di D. Bosco doversi far conoscere per tali in ogni tempo colla professione aperta di quei principii e colla pratica di quelle virtù, che furono loro con tanto amore inculcate da quel santo educatore. A questo patto solamente poter essi mantenersi buoni cristiani, cittadini onesti ed esemplari padri di famiglia. Parecchi altri soci declamarono prose e poesie riboccanti di lodi a D. Bosco, di buoni augurii alle Opere salesiane e di riconoscenza per i benefizi ricevuti. Ma fra tutti non vuol essere taciuto il magnifico discorso ufficiale letto dall'antico allievo Giovanni Borgogno, in cui si rappresenta D. Bosco quale Mecenate degli artisti , discorso già pubblicato integralmente dalla nostra Libreria.

Chiuse la serie dei brindisi la parola piena di affetto paterno del sig. Don Rua, il quale, dopo alcuni preziosi avvertimenti, quasi ad esprimere il contento che provava nel trovarsi in mezzo a tanti amici, volle che tutti fossero invitati a visitare l'Esposizione Generale delle Scuole professionali e delle colonie agricole salesiane, già inaugurata il 21 dello scorso mese. Uno scoppio fragoroso di applausi accolse le parole di Don Rua e il grazioso invito, e la mestizia della separazione fu temperata dal pensiero di potersi fra breve rivedere in nel medesimo luogo.

- Il 15 agosto, sacro all'Assunzione di Maria SS. ebbe luogo la premiazione degli studenti : una festa cara e simpatica, e proprio ben riuscita. L'egregio avv. Saverio Fino lesse un discorso in memoria di Silvio Pellico, cui si volle dedicato in gran parte il geniale trattenimento di circostanza. Il discorso fu assai gustato e ci parve una delle più vere e complete e geniali commemorazioni del mite scrittore delle Mie Prigioni (1). Anche le varie declamazioni degli alunni, fatte con brio e disinvoltura non comuni, piacquero molto , e la Schola cantorum e la musica strumentale fecero egregiamente la parte loro. Presiedettero Sua E. Rev.ma Mons. G. Cagliero e il Rev.mo nostro Superiore Don Rua, insieme coi primarii nostri Superiori e molte nobili famiglie cittadine e varii ispettori salesiani.

(1) Il ch.mo Prof. D. CELESTINO DURANDO, editore della maggior parte della lettere famigliari del Pellico, ha tuttora moltissimi originali delle medesime; ed è disposto a cederli a coloro, che a benefizio delle Opere salesiane gli rimetteranno (Via Cottolengo, n. 32 TORINO) un'offerta non inferiore a L. 10,oo, per ciascun originale.

In Italia.

ALI MARINA. - In onore dei S. Cuore di Gesù. - Le alunne del Collegio femminile di Ali, dirette dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, il 3o giugno celebrarono solennemente la festa del Cuore SS. di Gesù. V'intervenne anche S. E. R. Mons. Letterio D'Arrigo, Arcivescovo di Messina, il quale amministrò il Sacramento della Cresima a buon numero di educande ed assistè alla bellissima accademia di circostanza, ove a grandi linee sì, ma nel modo più completo, si ritrasse l'opera divina del S. Cuore. Il doloroso contrapposto del vivo desiderio di Gesù di rinnovare il cuore degli uomini, e dell'ingratitudine di questi nel resistere alla bontà divina ; lo slancio che provano le innocenti anime giovanili, innamorate di Gesù ; la considerazione dei molteplici benefizi di cui è fonte il Divin Cuore: l'invito solenne di affidarsi a Lui solo, compendiato in quei mirabili versi dell'esimia Clotilde Patrizi, declamati con bel garbo da una giovanetta : ecco per sommi capi l'argomento che le brave alunne del Collegio di Alì seppero svolgere con tale grazia ed affetto da commovere lo scelto uditorio.

COLLESALVETTI. - Una gita a Livorno. - Il 16 giugno, gli alunni del Collegio Salesiano di Collesalvetti facevano mèta dell'annuale passeggiata il celebre Santuario di Montenero e la città di Livorno. Giunti al Santuario in commode vetture, assistevano colà alla santa Messa ; indi scendevano in città, ove nel pomeriggio si recavano a far visita al Vescovo diocesano. S. E. si degnò riceverli nel suo gabinetto particolare, ascoltò con singolar degnazione un indirizzo letto da uno dei collegiali, tenne loro un affettuoso sermoncino, li regalò di confetti ed infine volle che tutti in corpo e al suono della loro fanfara facessero un'improvvisata a' Seminaristi. E Monsignore stesso li condusse nella sala da studio, dove presentò gli uni agli altri, e gli uni e gli altri eccitò con acconce parole allo studio ed alla pietà e benedisse nel nome di Maria. I nostri alunni si recarono quindi alla marina per una gita in mare, e a tarda sera, lieti e soddisfatti, rientravano nell'ameno e caro Collegio di Collesalvetti.

CUORGNÈ (TORINO). - Al Collegio Giusto Morgando, il 28 luglio, chiudevasi l'anno scolastico con graziosa accademia e colla solenne distribuzione dei premi. Non mancarono splendide distinzioni anche in disegno, musica, francese, calligrafia, ecc. e perfino per diligenza di servizio all'Osservatorio metereologico. Vi assistevano le famiglie dei numerosi allievi, le quali ebbero a persuadersi vieppiù dell'eccellenza del sistema educativo ivi adottato, che mentre rende così amabile la vita di collegio, serve mirabilmente a far progredire gli alunni nei loro studi.

ESTE (PADOVA). - Coll'anno scolastico 1904-1905, il Collegio-Convitto Salesiano Manfredini ed il Collegio Civico d'Este resteranno unificati sotto la direzione dei Salesiani, completandosi l'un l'altro ed abbracciando il corso elementare , tecnico e ginnasiale. L'insegnamento sarà così distribuito 1. Le elementari si percorreranno al Manfredini. Al termine di queste si daranno, come negli anni precedenti, gli esami di licenza con valore legale. - 2. I giovani che, ottenuta la licenza elementare, vorranno frequentare il corso tecnico, passeranno al Convitto d'Este ; quelli invece che desiderassero percorrere il corso ginnasiale faranno i tre primi anni al Manfredini ed al termine del terzo anno subiranno gli esami al ginnasio pareggiato di Este per l'ammissione alla quarta classe e quindi passeranno al Convitto gli ultimi due anni.

Il vantaggio dell'unificazione non è lieve, perchè si può avere il corso tecnico, cosa tanto desiderata dalle famiglie ; inoltre tanto il tecnico come il ginnasio superiore godono il beneficio delle medie, delle promozioni legali, dell'esenzione dagli esami, e di tutte quelle altre facilitazioni di cui godono le scuole regie. Insistiamo nel far notare che i due Istituti in realtà si fonderanno insieme, divenendo l'uno complemento dell'altro; e informandosi al medesimo spirito, avranno un unico programma con egual pensione.

GIAVENO (TORINO). - Una bella festa, cioè il saggio finale coronato dalla solenne distribuzione dei premi, ebbe luogo il 26 luglio nel Collegio-Convitto Maria Ausiliatrice in Giaveno. Se ne occuparono con espressioni assai lusinghiere l'Italia Reale, la Voce dell'Operaio, il Rocciamelone, ottimo periodico del circondario di Susa, ed altri giornali e periodici. Presiedeva la solenne adunanza l'egregio Sindaco l'illustre Cav. Fasella, circondato da molti distinti ecclesiastici e signore e signori. Il nostro D. Francesia lesse pochi, ma briosissimi versi di conclusione e diè lettura d'una lettera dell'on. Boselli, che scusava la sua assenza ed inneggiava al mirabile progresso dell'Istituto. Infatti, anche quest'anno, le alunne del III corso complementare, che si presentarono ai pubblici esami, ebbero una brillantissima promozione. Quindi il Collegio-Convitto femminile di Giaveno, come tutti gli altri istituti congeneri, diretti dalle Suore di Maria Ausiliatrice, merita di essere segnalato e raccomandato alle buone famiglie.

MILANO. - Esami professionali e gara catechistica. - Togliamo dalla Lega Lombarda del 12 luglio « La questione operaia è una delle questioni più studiate e più difficili del nostro tempo. Eppure le opere cristiane l'hanno risolta da tempo e continuano a temperarla come è nel sistema che seguono i benemeriti Salesiani. Domenica scorsa (12 luglio) nell'Istituto di Sant'Ambrogio vi fu l'esposizione che i giovanetti delle varie scuole professionali presentarono pel loro esame in due ampie sale elegantemente addobbate. Come esaminatori vennero invitati molti tra i più valenti maestri e capi d'arte in ciascun genere della nostra città, i quali furono ricevuti dalle sonore note della banda del medesimo Istituto. La Commissione ebbe a fare le più lusinghiere congratulazioni e ai giovanetti e ai loro superiori, anzi ebbe a ringraziare cordialmente l'infaticabile Direttore dell'Istituto D. Lorenzo Saluzzo di quell'ora così lieta. Di ogni scuola ebbero a lodare il sistema, ed ebbero a meravigliarsi dell'abilità di quei bravi giovinetti. Un esaminatore ebbe a dire : « Se continuate ad applicarvi all'arte vostra con questa volontà, voi riuscirete operai modelli, e ciascuna officina andrà a gara di avervi nei suoi laboratori. » La lieta festa si chiuse alla sera con una riuscitissima gara catechistica sostenuta con brio ed onore da una quarantina dei medesimi giovanetti artigiani. Sedevano al banco della Giuria D. Luigi Cav. Casanova, Rettore dell'Istituto dei Sordo-muti, e i preposti di S. Tommaso e di San Simpliciano. Per ben due ore e mezzo i concorrenti si contesero il primato ; finalmente, dopo lunga lotta coi suoi competitori Forloni Federico, allievo compositore, e Ciaravalle Ernesto, allievo calzolaio, il giovanetto Grassi Mario, allievo stampatore, veniva proclamato ed applaudito principe della gara ed incoronato d'alloro, rimanendo così Ciaravalle I° Console e Forloni 2° Console. Alla fine Mons. Francesco Balconi, Arciprete del Duomo, si diceva soddisfattissimo e rivolgeva acconcie parole a tutti i giovanetti e ai loro superiori, i quali addestrano i giovani nelle scienze, nelle arti e nella religione.»

A noi tornò carissimo il pensiero di alcune pie persone che vollero premiare i vincitori della gara con tre libretti della Cassa di risparmio : il I° del valore di L. 30 pel principe, il 2° di L. 15 pel primo console, il 3° di L. 10 pel secondo console; e poichè ci par degno di essere imitato, abbiam voluto proporlo alla comune ammirazione.

NAPOLI. - Una visita al Salesiani di D. Bosco. -Con questo titolo, e con grande affetto, nella Discussione del 7-8 luglio u. S. il sig. E. De Bisogni dà un succinto ragguaglio dell'opera dei Salesiani al Vomero, di cui riferiamo queste parole : - Già sorse in parte la loro casa che aspetta d'essere portata a compimento dall'aiuto di Dio e dal buon volere degli uomini insieme all'erigendo Santuario dedicato fin d'ora al S. Cuore. Ieri visitai l'uno e l'altra nella gradita compagnia dell'ottimo Padre Principe della Compagnia di Gesù, e sono rimasto vivamente sorpreso della grande semplicità di quell'ambiente dove pure si compie - e più si compirà in seguito - un così complesso ordine di fatti indirizzati alla carità. Giacchè i Salesiani di Don Bosco già hanno aperto al pubblico una scuola elementare alla quale aggiungeranno una tecnica, e così daranno agio a tanti giovanetti - in massima parte di tenera età - di frequentare i corsi tecnici senza correre sin giù in città, dove per la lontananza delle famiglie possono essi facilmente essere fuorviati. Quando lo stabile sarà ingrandito e compiuto, aggiungeranno ancora un convitto e camere a dozzine per giovani studenti ; chi non vede con quale vantaggio per le famiglie lontane?... Inoltre essi, i buoni figli di D. Bosco, già tengono in esercizio, come in altre città, un Ricreatorio per giovanetti, dove nei giorni festivi possono tanti fanciulli trovare di che sollazzarsi con lecite ricreazioni, evitando i volgari e spesso infidi allettamenti che ad essi si presentano per le vie... »

- Il 26 giugno solennizzavasi al Vomero, insieme col S. Cuore, l'angelico Patrono della gioventù, in cui onore intesseva un dotto panegirico il Rev.mo P. Principe succitato.

ORVIETO - Nel Collegio Leonino, il 21 luglio si chiudeva l'anno scolastico con una riuscitissima festa, alla quale presero parte, oltre che il fiore della cittadinanza orvietana, Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Vescovo Ausiliare, Monsignor Vicario, il R. Sotto-Prefetto, il Colonnello del Distretto, l'Ispettore scolastico , l'assessore comunale facente funzione di Sindaco ed altre notabilità. II Direttore D. Matteo Ottonello lesse un discorso sull'Amor di Patria, dimostrando come nessuno , meglio dei credenti, ha più giusto concetto dell'amor di patria, nessuno ne conosce e ne sente meglio i motivi, nessuno ne pratica meglio i doveri.

insieme col Comune di Orvieto e col Paese di Perugia, ci auguriamo che le famiglie di quelle regioni abbiano a profittare « della crescente floridità del Collegio Leonino, per dare ai loro figliuoli una soda educazione civile, morale e religiosa. »

SPEZIA -- Al Santuario di N. S. della Neve, ove si conserva con somma venerazione la taumaturga Immagine della Patrona della Città e del Golfo, la festa titolare del 5 agosto riuscì anche quest'anno un trionfo di amore a Maria SS.ma. L'Ecc.mo Vescovo diocesano dispensò dall'astinenza, e rese più solenni le sacre funzioni col suo intervento. Monsignore Raganti, Vicario Generale, cantò la messa solenne e il Rev. Don Rocchi, che aveva predicato la novena con tanto frutto, disse eloquentemente il discorso di circostanza. Alla vigilia, lungo il viale Garibaldi, si compì la consueta splendidissima illuminazione, durante la quale tutto il buon popolo della Spezia circolava a stento nei pressi del Santuario, rievocando con infinita tenerezza le antiche dimostrazioni religiose, quando la venerata Immagine risiedeva nel piccolo santuario in riva alla Làgora. La musica istrumentale e la Schola cantorum delle annesse Scuole S. Paolo fecero del loro meglio per accrescere lustro alla festa ; e l'intera cittadinanza ripetè ancora una volta l'attestato di grande affetto alla sua Madonna e di schietta simpatia ai figli di D. Bosco.

TREVI (UMBRIA) - La distribuzione dei premi al Collegio Lucarini, riuscì geniale e solenne. Ebbe luogo la sera del 4 agosto, nel cortile interno dell'istituto, presenti le principali autorità del paese, il Comm. Cesare Aureli, l'avv. cav. G. Ubaldi ed altri egregi signori e signore. La corretta, spigliata e vigorosa declamazione dei componimenti, l'ottima esecuzione di scelti canti e un forbito discorso del Direttore Don Benedetti riscossero applausi caldi e fragorosi. Suscitò l'ammirazione comune la proclamazione del premio speciale di condotta, assegnato per unanime suffragio dei superiori ed alunni al giovane portinaio, anch'esso studente, unico rappresentante dei Figli di Maria, ossia della benefica istituzione di D. Bosco, destinata ad agevolare fra gli adulti le vocazioni allo stato ecclesiastico. Numerosi furono i premiati, poichè splendido fu l'esito degli esami, non esclusi quelli di licenza ginnasiale e tecnica subiti nelle RR. Scuole di Spoleto e di licenza elementare e di proscioglimento nelle Comunali di Trevi.

IN FASCIO.

Per non ripeterci accenniamo di volo alle altre feste scolastiche, che in occasione della distribuzione de' premi ebbero luogo in tutti i nostri istituti , e particolarmente il 14 luglio nel Giardino d'infanzia dell'Istituto S. Giuseppe di S. Salvatore Monferrato, il 3 agosto nell'Istituto D. Bosco a Verona e il 25 luglio nel Collegio Salesiano di Ferrara, come abbiamo rilevato dalle speciali relazioni.

- A Casalmonferrato, mercè lo zelo di S. E. R. Mons. Ludovico March. Gavotti, l'Oratorio festivo salesiano venne arricchito di vari giochi e d'un ampio cortile, ove i ragazzi, che vanno più e più aumentando, trovano di che ricrearsi a loro agio, crescendo nello stesso tempo morigerati e pii.

- AI concorso bandistico dell' Esposizione di Brescia, la banda del Ricreatorio salesiano festivo S. Benedetto di Parma, iscritta alla terza categoria, ebbe il primo premio (L. 15o con diploma, e diploma di eccellenza nella direzione al M. Contini) ; e, come scrive l'ottimo Cittadino di Brescia « fu una delle musiche che destò particolare curiosità e simpatia, perchè composta per buona parte di piccoli fanciulli. »

- All'Oratorio festivo di S. Pier d'Arena il 21 giugno, nel cortile trasformato in un'oasi di fiori e di piante, presenti oltre mille persone di ogni età e condizione, si svolse una grande accademia ginnastico-musico-letteraria, alla quale presero parte gli alunni esterni dell'Oratorio e i bravi ginnasti della San Filippo Neri di Genova. Fu un trionfo per gli uni e per gli altri, ed una vera soddisfazione per quell'onda di popolo, che rispose con gioia all'invito.

- Nell'Oratorio S. Giuseppe, via Saluzzo, in Torino, nel quale, ogni dì festivo, si raccolgono quattrocento giovanetti del popolo per esservi istruiti nei principii della fede e del viver civile, con una cara festicciuola si inaugurarono il 31 luglio i lavori di decorazione del presbiterio di quella chiesetta. La decorazione, eseguita con fine gusto, è opera del signor Enrico Boussu. Ci auguriamo che il delicato lavoro venga compito nel resto della chiesa, e, possibilmente, dalla stessa mano. Alla storia di questo Oratorio , che è uno dei più antichi di Torino, vanno uniti i nomi della famiglia Occelletti, del Teologo Arpino, che ne furono i fondatori, dell'illustre Mons. Spandre, il quale a quest'Oratorio, in cui si educa la porzione più eletta del suo gregge, porta singolare amore.

Dall'Oriente.

SMIRNE - S. Ecc. Rev.ma Mons. Marengo, Ausiliare dell'Arcivescovo di Smirne, il 3 luglio recavasi alla Scuola-tecnico-commerciale per amministrare la cresima ad alcuni alunni. S. E. si degnò di celebrare la messa della comunità, alla quale assistettero anche il Comandante, vari ufficiali e un buon numero di soldati dell'Euridice, cui il zelante Prelato in una sala dell'istituto rivolse una breve allocuzione, conchiudendo affettuosamente con queste parole: « Siate buoni marinai, buoni italiani e buoni soldati ! » L'impressione che ne ricevettero quei cari connazionali non poteva essere migliore.

- Nello stesso giorno ebbe luogo la distribuzione dei premi agli alunni della scuola suddetta, onorata dall'intervento di S. E. Rev.ma, del signor Barone Acton, console generale d'Italia, del signor March. Giustiniani, presidente del Comitato locale dell'Associazione nazionale , del sig. Comandante dell'Euridice, accompagnato da molti ufficiali, e da cospicui membri del clero secolare e regolare.

PALESTINA - Dal Superiore delle Case salesiane dell'Oriente abbiamo appreso con piacere, come l'Orfanotrofio Cattolico di Betlemme e le altre case salesiane di Nazareth, Cremisan e Beitgemal continuano a compiere, nonostante gravi sacrifizi, la le missione, per cui vennero fondate. I lettori già sanno come i poveri giovanetti turchi-cattolici siano largamente insidiati dai protestanti, che anche nel paese di Gesù fanno un'attivissima propaganda. È quindi opera di carità la più squisita il preservare dall'apostasia centinaia e centinaia di fanciulli, che, per quanto infelici, son sempre i connazionali del nostro divin Salvatore : ed anche per questo noi li raccomandiamo alla generosità dei nostri benefattori, su cui, dopo la morte del compianto Canonoico Belloni, sono omai costretti a fare unico assegnamento.

Dalle Americhe.

BUENOS AIRES - Mons. Cagliero di ritorno dalla Patagonia. - Ci sembrerebbe di mancare a un dovere di riconoscenza, se ommettessimo di far cenno delle sentite dimostrazioni di affetto, che tanto le popolazioni di Viedma e di Patagones, quanto la città di Buenos Aires, e potremmo dire l'intera Repubblica Argentina, diedero all'infaticabile Monsignor Cagliero, in occasione del suo ritorno in Italia. Il Presidente della Repubblica gen. Giulio Róca lo ricevette con somma affabilità : s'intrattenne lungo tempo con lui in amichevole conversazione e prima di congedarlo volle fotografarsi in sua compagnia. L'Arcivescovo Mons. Antonio Espinosa lo colmò di cordiali attenzioni ; e l'Ecc.mo Mons. Antonio Sabatucci, Internunzio Apostolico, si degnò di andare fino a bordo ad abbracciarlo affettuosamente ancora una volta. Là lo avevano accompagnato molti personaggi politici e militari, alunni ed exalunni di Almagro e cooperatori salesiani. Ma ecco quanto scriveva la Patria degl'Italiani, in data 19 luglio, dopo di aver dato nel giorno precedente un ampio resoconto della splendida accademia di saluto tenutasi il 17 suddetto nel Collegio Pio IX « il quartier generale di quel vero esercito di salvezza che è l'istituzione salesiana.

« Compiuto il suo alto apostolato nella Patagonia, parte oggi per l'Italia, sua indimenticata patria, monsignor Giovanni Cagliero, arcivescovo titolare di Sebaste.

» Da quando i Salesiani misero piede nel territorio patagonico, verso il 1879, monsig. Cagliero pose tutto lo zelo, l'energia, l'intelligenza e, il fervore di cui può essere capace un sacerdote virtuoso, profondamente compreso della sua missione di carità, a diffondere in quelle solitudini i benefizi della fede cristiana. Nè disagi, nè resistenze, nè penuria di mezzi, nè pericoli valsero a intiepidire il suo animo, a indebolire la sua fibra di combattente in nome della civiltà e del benessere morale e materiale di quelle popolazioni quasi barbare.

» Dopo venticinque anni di lavoro improbo, di sacrifizi inenarrabili, di lotta animosa, egli lascia sopra un territorio che si stende dal Rio Negro alla Terra del Fuoco e misura 35.000 leghe quadrate di superficie, 24 scuole, quattro asili per orfani, due ospedali e un cospicuo numero di chiese. Quello che cinque lustri indietro era nido di selvaggi, ora è terra di genti civili. Per opera dei Salesiani, guidati da monsignor Cagliero, la Patagonia si è trasformata.

» Il laborioso prelato ha poi anche il merito di avere colla religione e coi buoni principii di morale diffuso il patrio idioma in tutt'i siti nei quali la Società di D. Bosco ha piantato le sue tende. Egli è stato un propagatore indefesso ed efficacissimo della lingua di Dante e della coltura italiana. Nei Collegi salesiani si insegna e si parla l'italiano ed è quindi doveroso rendere a questi illuminati missionari un tributo ampio di lode per la loro opera di schietta italianità. »

- Una nuova cappella, dedicata a S. Antonio di Padova, in Calle Mejico y Artes y Oficios in Almagro, nel distretto della nostra parrocchia di San Carlo, veniva inaugurata appena il 12 giugno u. s. con la benedizione rituale impartita da S. E. R.ma Mons. Antonio Sabatucci, Internunzio Apostolico; e accanto alla cappella si apriva un nuovo Oratorio festivo che ha già dato frutti consolanti. Alla processione di S. Luigi erano già 200 i giovanetti, i quali presentemente oltrepassano i 300. Quaranta di essi ricevettero la 1a Comunione nella cripta del nuovo tempio di S. Carlo e un centinaio la Santa Cresima dalle mani di Mons. Cagliero.

PATAGONES (REP. ARG.) - Il 28 giugno, reduce dal Paraguay e dall'Argentina, Mons. Cagliero giungeva a Patagones. Era la prima volta che quei buoni fedeli lo rivedevano dopo la sua elevazione ad Arcivescovo titolare di Sebaste : e quindi si può comprendere con quant'affetto improvvisassero all'amato Pastore la più splendida delle accoglienze. Gli mosse incontro il clero parrocchiale a croce alzata, seguito dalle più cospicue famiglie e da tutto il popolo, e tanta fu la moltitudine dei convenuti e il loro entusiasmo all'apparire di Monsignore che a stento si potè arrivare alla chiesa, ove S. E. ringraziò di cuore per il solenne e spontaneo ricevimento, e dichiarò che se era per lui un onore l'essere elevato alla dignità arcivescovile, di questo non era debitore ai meriti suoi, ma alla bontà speciale del S. Padre per la Repubblica Argentina e pel Vicariato Apostolico della Patagonia. Monsignore da Patagones passava a Viedma, ma il 4 luglio tornava ancora a Patagones, per assistere ad una splendida accademia, nel collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice. La mattina del 6, mentre cadeva una pioggia torrenziale, partiva alla volta di Buenos Ayres.

NEW-YORK. - Mons. Costamagna nel suo passaggio a New York, donde si recò anche a Troy, per visitare quel Collegio italiano e predicare un corso di esercizi spirituali ai sacerdoti italiani dell'archidiocesi, ricevette una solenne ed affettuosa dimostrazione dalla colonia italiana, nel giorno 17 luglio, promossa dai Cooperatori Salesiani.

Il concorso delle Società cattoliche e degli individui fu eccezionale. L'ordine perfettissimo : un solo policeman bastò a regolare quella folla immensa; la sfilata delle Società (erano quattordici) raggiunse un chilometro. Precedeva la banda, e in ultimo veniva la carrozza di Monsignore, che aveva ai lati Mons. Gherardo, il dott. Ferrante e i Salesiani D. Borghino e D. Coppo. Ai fianchi della carrozza erano otto calets di scorta. Seguiva il corteo, come guardia d'onore, il Club di S. Luigi Gonzaga, della chiesa del Preziosissimo Sangue ; novanta baldi giovanotti colla loro fanfara.

La sfilata partì dalla chiesa della Trasfigurazione Park e Mott Streets, e per Mott, Spring , Bowery, Second Street, ecc. ecc. si recò alla sala del SS. Redentore, ove ebbe luogo il ricevimento. Sua Eccellenza occupò il posto d'onore, circondata da numerosissimi sacerdoti, e tosto il corteo cominciò a sfilare nella sala. Compiuta la parata, presentato da D. Coppo, si alzò il Rev. Dott. Gherardo Ferrante. Con uno slancio giovanile egli portò a Monsignor Costamagna il saluto della colonia e del clero che in essa e per essa lavora. Ebbe applausi frequenti, specialmente quando evocò le glorie religiose della Patria e quando disse che il Clero italiano di New York è all'altezza del suo mandato per lo spirito di abnegazione che dimostra e pel risveglio religioso che desta nella colonia, come si vide all'incoronazione di un'immagine di N. S. del Carmine nello stesso mese di luglio. Dopo altri oratori, sorge l'apostolo della Democrazia cristiana negli Stati Uniti, il Rev. Dott. Lamberto Giovanni Marcucci, al quale l'assemblea fa un'accoglienza delle più calorose.

Il discorso del giovane leader dei Democratici cristiani è interrotto sin dalle prime parole da una ovazione alla Democrazia cristiana. Gli evviva e gli applausi durano parecchi minuti. Finalmente egli può ricominciare. Ma ad ogni frase, vibrante di sentimento, gli applausi scrosciano. I democratici cristiani che sentono le loro idee, si alzano facilmente riconoscibili dal garofano bianco loro distintivo : il Vescovo è il primo ad applaudire. E l'oratore continua : « Voi andrete alla patria lontana. Vedrete il nostro Santo Padre. Dite al Santo Padre che il fiore della gioventù italiana di New York è legato strettamente sotto le bandiere della Democrazia cristiana. Dite che li avete visti voi i garofani bianchi sui petti giovanili. Ditegli che la prima nostra grande gloria è seguire Lui nei suoi ordini sapienti. Ditegli che questi giovani si istruiscono e lavorano per restaurare in Cristo tutto ciò che da Cristo si allontanò. E dite al Vecchio Grande che in questa Repubblica, che egli chiamò la più giovane e più cara figlia della Chiesa Romana, c'è chi tiene alto lo stendardo della Fede, prima gloria nazionale d'Italia ! » Il Gruppo d. c. XV Maggio è il primo che si sia fondato negli Stati Uniti.

Seguì un altro discorso del Rev. Scialla a nome dei Sacerdoti che avevano fatto a Troy gli esercizi spirituali predicati da Mons. Costamagna e finalmente sorse a parlare Sua Eccellenza. E il suo discorso, come scrive L'Italiano in America, «fu un vero inno alla fede e alla patria, un inno mite sgorgante, come una melodia dell'arpa, dal cuore fervido dell'illustre Missionario Salesiano. »

SANT'ANNA (REP. DEL SALVADOR - CENTRO AMERICA). - Visita di Mons. Costamasagna.- Il 12 aprile S. Ecc. Mons. Costamagna, che fin dal 9 marzo era entrato in questa Repubblica, residendo nella Casa ispettoriale di Santa Tecla, faceva il suo ingresso in questa città e, benchè l'operoso Prelato avesse fatto il possibile per non dar carattere di festa a questa sua visita, pure riuscì un avavvenimento. Alla stazione furono a riceverlo i più cospicui signori colle loro vetture, nè mancarono i Parroci delle singole parrocchie, con a capo il benemerito ed illustre nostro benefattore il M. R. Fray Felipe de Jesús Moraga che rappresentava in quel ricevimento l'Eccell.mo Ordinario della Diocesi. Una pioggia di fiori accolse S. Ecc. al discendere dal carrozzone, e tra i fiori e gli evviva che inviavano al cielo oltre 15,000 persone, prese posto nella vettura gentilmente offertagli dall'illustr.mO sig. generale Tomàs Regalado, ex-Presidente di quella Repubblica. Nella Parrocchia maggiore fu ricevuto col canto dell'Ecce Sacerdos seguito da un solenne Te Deum. Dopo brevi, ma infocate parole di Monsignore, si riprese la sfilata fino al nostro collegio dove S. E. doveva ospitare. La folla immensa, non sazia di vederlo, si riversò entro il recinto ed entrò in cappella ; e là si recò anche Monsignore che ripetè a tutti la sua riconoscenza. S. E. si fermò a S. Anna circa due settimane, lavorando indefessamente, amministrando la Santa Cresima, visitando i vari Istituti di educazione e dando a tutti consigli e conforti per continuare con maggior lena le opere intraprese.

LA PAZ (BOLIVIA) - li generale José M. Pando, expresidente della Repubblica di Bolivia, durante il tempo della sua presidenza, fu largo di schietto affetto e di efficace protezione all'Opera salesiana, stabilita in quella repubblica. Se quelle fondazioni si trovano in uno stato fiorente e fan concepire le più belle speranze si deve in gran parte all'egregio generale, di cui siam lieti di riportare le nobili sembianze.

PONTE NOVA (BRASILE) - Un'altr'opera assunsero le Figlie di Maria Ausiliatrice a Pontenova, cioè la direzione dell'Ospedale. Vi entravano il 26 marzo u. s. Le Autorità locali, civili ed ecclesiastiche, il consiglio di amministrazione, le famiglie più eminenti della città, le dame del S. Cuore di Gesù, le alunne del Collegio Normale diretto dalle medesime Suore di Maria Ausiliatrice, e una grand'ala di popolo fecero loro un'imponente dimostrazione accompagnandole come in trionfo sino alla Cappella dell'Ospedale. Qui il Vicario di Pontenova celebrò il S. Sacrifizio e l'ispettore D. Peretto pronunziò brevi parole: seguì la benedizione del locale.

S. TECLA (REP. DEL SALVADOR - CENTRO AMERICA). - Per gli emigranti. - Ci scrivono: Qui la colonia italiana è limitata. In Costarica é più numerosa, forse perchè quella Repubblica è più in contatto coll'Europa, avendo porti sull'Atlantico, mentre questa ha solamente tre porti sul Pacifico. Però venendosi a conoscere questo paese, forse non mancherebbero le immigrazioni. Il clima è un po' cattivo, ma vi sono delle zone molto salubri. Il territorio del Salvador è molto limitato in estensione, non è il più ricco delle cinque repubbliche del Centro America. Il prodotto principale è il caffè, il cacao e la canna da zucchero, ma vi allignerebbero assai bene la meliga, il riso, il frumento la vite, la patata, ecc., ed una volta introdotti formerebbero la più gran ricchezza della Repubblica. Qui si limitano alla coltivazione del caffè, del cacao e della canna da zucchero. Il territorio è poi ricchissimo di oro, argento, platino, mercurio, rame, zolfo, carbone e marmo ; ma non esistono ancora miniere... Che bene immenso si farebbe se qui potessimo avere personale per una scuola agricola; ci hanno offerto una azienda di trenta chilometri quadrati, ma si è dovuto ricusarla. Quando vorrà, il Signore manderà gli operai alla sua vigna ! -

VIEDMA. - In onore di Mons. Cagliero. - Nella storia di Viedma resterà memoranda la visita che il primo Vicario Apostolico della Patagonia fece a quella capitale sul finire di giugno. Al suo arrivo, stante l'imperversar del tempo, quei buoni cittadini non poterono dimostrare in corpo l'alta riconoscenza e la devozione profonda verso il loro primo Pastore ; ma il pubblico saluto che l'Ecc.mo Governatore del Territorio del Rio Negro, D. Romolo Sarmiento, diede a Sua Eccellenza nel palazzo del Governo, non poteva riuscire più spontaneo, più grandioso e più solenne. Fu tutto il popolo che accompagnò Monsignore al palazzo della Governazione, mentre le artiglierie mandavano il loro saluto; fu tutto il popolo che partecipò alle solenni funzioni celebratesi nella parrocchia , e che la sera del 6 luglio accompagnò colle lagrime agli occhi Monsignore, sino alla sponda del Rio Negro, ove una sessantina di barcaiuoli, pieni anch'essi di riconoscenza pel degno Prelato, si offersero tutti , col berretto in mano, a trasportarlo gratuitamente all'altra sponda, insieme con quanti volevano accompagnarlo. Chi sa quali affetti commossero in quel mentre l'animo buono di Mons. Cagliero, nel raccogliere dopo quattro lustri d'indefesso apostolato in Patagonia, frutti così lusinghieri e consolanti. All'altra sponda lo attendevano tutti gli abitanti di Patagones; donde come abbiam detto, partiva per Buenos Aires il 7 luglio, alle quattro del mattino, anche per evitare altre affettuose dimostrazioni, troppo commoventi pel suo cuore. Mons. Cagliero , partendo , ha lasciato come suo Vicario e Governatore Ecclesiastico del Rio Negro il Rev.mo D. Stefano Pagliere, Salesiano e nativo dell'Argentina.

NECROLOGIA.

Ignazìa Abate di Modica.

Era una buona signora, modello di cooperatrice salesiana e benefattrice insigne dell'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Modica: e passò all'altra vita il 25 aprile u. s. Sebbene le sue opere buone ci facciano sperare che la sua bell'anima sia già in paradiso, nondimeno vogliamo raccomandarla ai particolari suffragi di tutti i cooperatori. Alle desolate sorelle, le più vive espressioni di sentite condoglianze.