BS 1900s|1904|Bollettino Salesiano Aprile 1904

BOLLETTINO SALESIANO

Periodico della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani di Don Bosco

ANNO XXVIII - N. 4   Esce una volta al mese   APRILE 1904.

SOMMARIO -I documenti pontifici sulla restaurazione della musica sacra

Per l'erezione di un busto a S. S. Pio X . . . . 100 Pagina intima    101

Per gli emigrati italiani    102 Della Visita del R.mo Don Albera alle nostre Case d'America   . 104 Missioni : Matto Grosso : La Missione degli Indi Coroados Bororos    111 Culto e grazie di Maria Ausiliatrice . . . . 116 Notizie compendiate : Torino, Bologna, Firenze, Milano, Pisa, Rapallo   . 121

Necrologia: Mons. Vincenzo Molo - Sig. Enrico Darbesio - Anna Panizzoni -Luigi Castiglia - Giovanni Bonetto 125

Cooperatori defunti    126

Illustrazioni : Porto di Guayaquil, pag. 107 -Vista della città di Guayaquil, 112 - Pellegrini che scendono dal Monumento di Maria Ausiliatrice, 107 - Nelle foreste equatoriane, 122 - Ricordo della funzione del primo gennaio in Nictheroy, 124.

I documenti pontifici SULLA RESTAURAZIONE DELLA MUSICA SACRA

Era nostra intenzione di pubblicare nella loro interezza gli importantissimi documenti pontifici sulla restaurazione della musica sacra; ma trovandoci di mese in mese più sopraffatti da soverchia materia, siamo costretti, con vivo rincrescimento, a limitarci di rilevare la singolare gravità e la somma importanza delle accennate sanzioni pontificie.

« Non è certo più il caso, scriveva or è un anno il nostro D. Baratta (1), di trattenersi a descrivere gli abusi e gli sconci che erano penetrati nel luogo santo, sconci ed abusi che raggiunsero talora il grottesco, per la qualità delle composizioni e delle esecuzioni troppo spesso degne di una bettola o di una piazza, per gli strumenti usati nell'accompagnare i canti o nei pezzi concertati, per le innovazioni introdotte negli organi di cui venne svisato il primitivo carattere, per il contegno e per la qualità delle persone che prendevano parte alle esecuzioni chiesastiche. Si converrà, che per qualsiasi esecuzione teatrale, anche di una compagnia di operette, si suol mettere più impegno di quel che spesso non si ponesse nelle esecuzioni non solo delle chiese di campagna, ma ben anche di molte basiliche cattedrali ».

E se stavano così le cose, è facile il rilevare senz'altro la gravità straordinaria e l'importanza somma che nella storia della Chiesa hanno il Motu proprio 22 novembre 1903 di S. S. Papa Pio X, la Lettera 8 dicembre della medesima Santità Sua all'Em.m° Cardinal Vicario di Roma, e il Decreto « Urbis et Orbis » della Sacra Congregazione dei Riti, spedito per ordine diretto del S. Padre l'8 gennaio 1904.

Col Motu proprio del 2 2 novembre 1903, « il Santissimo Signor Nostro Pio Papa X, così il citato Decreto, sotto forma d'Istruzione sulla musica sacra, restituì felicemente al primiero uso delle chiese il venerabile Canto Gregoriano secondo l'autorità dei codici; e nello stesso tempo le principali prescrizioni, destinate od a promuovere od a ristabilire nei templi la santità e la dignità dei sacri concenti, raccolse in un corpo, al quale, come a Codice giuridico della musica sacra, dalla pienezza della Sua Apostolica Autorità volle dar forza di legge per la Chiesa universa.»,

Il Motu proprio non è che un primo atto, una prima applicazione pratica di quel sublime proposito concepito dal Papa come costante programma della sua missione pontificia: Ristaurare ogni cosa in G. Cristo. « Abbiamo stimato espediente, dice il Papa, additare con brevità quei principi che regolano la musica sacra nelle funzioni del culto e raccogliere insieme in un quadro generale le principali prescrizioni della Chiesa contro gli abusi più comuni in tale materia. »

Noi ci terremo paghi a rilevare, come sebbene il Motu proprio ammetta in chiesa anche la musica più moderna, « offrendo anch'essa composizioni di tale bontà, serietà e gravità, che non sono per nulla indegne delle funzioni liturgiche », insiste nondimeno che sia più largamente restituito nelle funzioni ecclesiastiche il Canto Gregoriano ; e, specialmente nelle più insigni basiliche, nelle chiese cattedrali, in quelle dei seminari e degli altri istituti ecclesiastici, dove i mezzi necessari non sogliono fare difetto, anche la classica polifonia, la quale nel secolo xvi ottenne il massima della sua perfezione per opera di Pierluigi da Palestrina e continuò poi a produrre anche in seguito composizioni di eccellente bontà liturgica e musicale.

Nella Lettera 8 dicembre, dopo di aver dichiarato com'Egli si aspetti che il Clero e il popolo di Roma, appunto perchè più dappresso alla Cattedra Apostolica, abbiano da precedere ogni altro nel tradurre in pratica la sancita restaurazione, il Sommo Pontefice insiste vivamente perchè si venga risolutamente all'opera. « Col differire, la difficoltà non isminuisce, anzi aumenta ; e poichè il taglio è da fare, si faccia immediatamente, risolutamente. » E, con paterna dolcezza, continua : « Abbiano tutti fiducia in Noi e nella Nostra parola, con la quale va congiunta la grazia e la benedizione celeste. Sulle prime la novità produrrà in alcuni qualche meraviglia ; si troverà forse impreparato qualcuno tra' maestri di cappella e tra' direttori del coro ; ma a poco a poco la cosa riprenderà da se medesima, e nella perfetta rispondenza della musica alle norme liturgiche ed alla natura della salmodia tutti ravviseranno una bellezza e bontà, forse non mai prima avvertite. » E conchiude : « Vogliamo adunque che in tutti i collegi e seminari di quest'alma Città s'introduca di nuovo l'antichissimo canto romano, che già risonava nelle nostre chiese e basiliche e formò le delizie delle passate generazioni nei più bei tempi della pietà cristiana. »

Finalmente, col Decreto 8 gennaio, la medesima Santità Sua, per mezzo della Sacra Congregazione dei Riti « comanda ed ordina che la predetta Istruzione sia ricevuta da tutte le chiese s'intende, di tutto il mondo), e col massimo scrupolo osservata, nonostante i privilegi e le esenzioni di qualsiasi sorta, ancorchè degni di speciale menzione, quali sono i privilegi concessi dall'Apostolica Sede alle Basiliche Maggiori di Roma, particolarmente poi alla Sacrosanta Chiesa Lateranense. Parimenti, rivocati, sia i privilegi, sia le raccomandazioni, con le quali dall'Apostolica Sede o da questa Sacra Congregazione dei Riti, avuto riguardo alle circostanze delle cose e dei tempi, si andarono introducendo altre forme quali si vogliano di canto liturgico, la medesima Santità Sua si è degnata di benignamente concedere, che le predette forme più recenti di canto liturgico si possano lecitamente ritenere e cantare, finchè quanto più presto torni possibile sia sostituito in loro luogo il venerabile Canto Gregoriano, secondo l'autorità dei Codici. » Da ciò è manifesto, che il canto, che il S. Padre vuole restituito largamente nelle funzioni del culto, è « l'antico Canto Gregoriano tradizionale, » cioè « il canto proprio della Chiesa Romana, il solo canto ch'essa ha ereditato dagli antichi padri, che ha custodito gelosamente lungo i secoli nei suoi codici liturgici, che come suo direttamente propone ai fedeli, che in alcune parti della liturgia esclusivamente prescrive e che gli studi più recenti hanno sì felicemente restituito alla sua integrità e purezza. »

Ciò posto, noi non ci fermeremo ad inculcare ai nostri zelanti Cooperatori. specialmente sacerdoti, quale sia anche il loro dovere innanzi a queste nuove ed esplicite prescrizioni pontificie, essendo ben convinti della sudditanza illimitata, che essi professano al Vicario di Gesù Cristo.

Quanto a noi, siamo lieti di poter dichiarare che se, oltre la scuola di Religione, vi è un'altra scuola comune a tutti i nostri alunni, questa è precisamente quella del Canto Gregoriano, mercè le reiterate e calde raccomandazioni del venerato Successore di Don Bosco. Era infatti vivissimo desiderio di quel nostro buon Padre, che noi, per mezzo dei giovani alunni, ci adoperassimo a provvedere alle parocchie, che ne sentono sempre più la deficienza e il bisogno, cantori abili e divoti, i quali conoscendo bene il Canto Gregoriano, crescessero colle loro armonie decoro al culto e destassero nel tempio pensieri e sentimenti degni della casa di Dio. Ad assecondare questo vivo desiderio di D. Bosco, costantemente inculcato dal suo degno Successore, sorsero in ogni nostro istituto scuole di Canto Gregoriano; molti nostri confratelli ne attinsero la forma genuina e le norme natìe alle più rinomate scuole di Francia e di Germania; nelle case destinate alla formazione del personale s'introdussero già da tempo le preziose edizioni presentemente cotanto encomiate dal Santo Padre; e con vero slancio si attese da tutti ad instillare nei giovani l'amore e lo studio del canto della Chiesa. Le esecuzioni in Canto Gregoriano, che si son ripetute alla liturgia della messa solenne nel Santuario di Valdocco dagli ottocento alunni dell' Oratorio, ne sono una prova consolante.

Quindi conchiudiamo facendo ardentissimi voti, che sia restituito il Canto Gregoriano « nell'uso del popolo, affinchè i fedeli prendano di nuovo parte piu attiva all' officiatura ecclesiastica, come anticamente solevasi » ; e a questo fine deponiamo ai piedi del S. Padre l'umile promessa dell'attiva nostra cooperazione.

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Appena pubblicati i tre sullodati documenti pontifici, le Librerie salesiane ebbero ordìne dai nostri superiori di mettersì in grado di poter dìffondere la musica voluta dalla S. Sede. A questo fine la Libreria Salesiana di Roma ha già largamente diffuso un catalogo speciale di libri liturgici, pienamente rispondenti ai desideri del S. Padre. Tra quelli ci è caro notare il Piccolo Manuale del Cantore del nostro Don Carlo M. Baratta, edito dai Benedettini di Solesmes e le Piccole Nozioni di Canto Gregoriano dello stesso autore.

A Buenos-Ayres dovevasi tenere sul principio di febbraio u. s. un Congresso di Musica Sacra, il cui programma era pìenamente conforme alle prescrizioni del Motu proprio 22 novembre. Fu poi tramandato a questi giorni, non solo per aver più agio di maggiori preparativi, richiesti dal singolare interesse dimostrato da molti illustri Prelati alla nobile iniziativa, ma perchè l'annunzio della pubblicazione degli accennati documenti pontifici fe' sorgere in tutti la brama di averli a guida sicura delle stabilite adunanze. Queste infatti, dopo il Codice papale, non potranno fallire al loro scopo e riusciranno indubbiamente a facilitare in tutta l'America latina la restaurazione della musìca sacra. È questo il voto e l'augurio di molti Eccellentissimi Vescovi Americani e specialmente di Mons. Mariano Espinosa, Arcivescovo di Buenos-Ayres. L'annunziato Congresso fu promosso dai nostri Confratelli dell'Argentina e largamente appoggiato dalla loro rivista musicale « Santa Cecilia » che da cinque anni si pubblica mensilmente in Bernal.

(1) Musica liturgica e musica religiosa - Parma, Lib. Fiaccadori, 1903.

Per l'erezione di un busto in marmo a S. Santità PIO X nel suo paese natale

In Venezia, Ove tanto vivo è l'affetto verso S. S. Pio X, si è costituito un Comitato sotto la Presidenza di S. E. Mons. Patriarca Aristide Cavallari per raccogliere offerte anche minime allo scopo di tradurre in marmo un busto del Sommo Pontefice modellato dal valente scultore Sig. Guido Giusti.

Il busto di dimensioni maggiori del vero, riuscito somigliantissimo e unanimamente Pi rdicato opera d'arie assai preg fievole, verrà collocato su degna base in Rese davanti alla casa ove nacque Pio X.

La bella iniziativa fu molto favorevolmente accolta tanto in Italia che all'Estero e molte sono le offerte che giungono a S. E. Mons, Patriarca Cavallari residente in Palazzo Patriarcale di Venezia ed alla Direzione del Giornale "La Difesa" pure di quella città che prossimamente pubblicherà l'elenco degli offerenti.

PAGINA INTIMA

Facciamo nostra la raccomandazione con cui il S. Padre conchiude il Motu proprio 18 dicembre sull'Azione popolare cristiana:

« Siccome a nulla valgono parole e vigoria d'azione, se non siano precedute, accompagnate e seguite costantemente dall'esempio ; la necessaria caratteristica, che deve rifulgere in tutti i membri di qualunque Opera Cattolica, è quella di manifestare apertamente la fede colla santità della vita, colla illibatezza del costume e colla scrupolosa osservanza delle leggi di Dio e della Chiesa. E questo, perchè è il dovere di ogni cristiano, e poi anche perchè chi ci sta di contro, abbia rossore, non avendo nulla, onde dir male di noi. (Tit. II, 8). »

Preghiamo caldamente i nostri Cooperatori a meditare su queste parole, memori di quelle di Don Bosco: Verrà un tempo in cui il nome di COOPERATORE vorrà dire vero cristiano!

Per le prime Comunioni.

Fra le pratiche proposte ad onorare la Vergine Immacolata nell'occasione del presente suo Giubileo, ci parve molto opportuna quella suggerita dalla Commissione Centrale, che le prime Comunioni abbiano a farsi con miglior preparazione e maggiore solennità. Certi, che anche di questo vorrà interessarsi lo zelo dei benemeriti nostri Cooperatori, Zelatori , Condirettori e Direttori Diocesani, ricordiamo con sentita compiacenza come l'anno scorso si scelse in molti luoghi la solennità di Maria Ausiliatrice per promuovere schiere di fanciulli e di fanciulle all'atto sublime. E non si potrebbe rendere quest'omaggio alla nostra Incoronata Regina, anche nelle sue feste imminenti?

Per un Oratorio Salesiano.

Come è industriosa la carità ! Nell'ottima « Sardegna Cattolica » leggiamo queste linee del zelantissimo nostro Direttore Diocesano, il Teologo Mario Piu di Cagliari : « Pare che sia arrivata la mia ora. Alieno per naturale inclinazione e per intima convinzione della mia pochezza, dal farmi avanti e mettere in pubblico il mio nome, mi studiai finora di espandere nella preghiera e nell'affetto pei miei Luigini, tutto il trasporto che sentiva ardente nell'anima per il bene, è per ciò che debbo chiamare il mio proprio grande ideale: L'Oratorio Salesiano di Cagliari. Giorno per giorno aspettavo che qualcuno dei nostri campioni ne prendesse l'iniziativa, ne facesse almeno parola... Arrivò così la sera del 29 gennaio u. s. in cui ricorrendo la festa di S. Francesco di Sales, doveva tenere la Conferenza ai Cooperatori. Giorni prima, una lettera di D. Francesia mi aveva tutto commosso e ripieno non so di quale coraggio. Era un sacerdote di Torino, che uditolo parlare della Sardegna e della necessità di aprirvi un'altra casa, gli aveva dato il suo obolo in 25 lire. Proposi ai Cooperatori di seguirne l'esempio e, posto che un terreno in media si possa pagare 5 lire al mq., sottoscriversi ciascuno, per acquistarne quanti più metri gli sarà possibile. Parlai confidando in Ma. ria, la nostra potente Ausiliatrice e la mia proposta non solo fu accolta, ma suscitò un vero entusiasmo. Appena finì la Conferenza si presentarono tanti, da poter avere già assicurati 40 mq. »

Possa il degno sacerdote colla sottoscrizione aperta nella Sardegna cattolica realizzar quanto prima il suo « proprio grande ideale ».

Un pensiero di Don Bosco.

Si tenga lontano come la peste l'opinione di taluno che vorrebbe differire la prima comunione ad un'età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza. Secondo la disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini le ostie consacrate che sopravanzavano nella comunione pasquale. Questo serve a farci conoscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo alla santa Comunione. Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all'età e venga il Sovrano Celeste a regnare in quell'azzima benedetta. » (Dal Regolamento per le case salesiane).

Exultemus!

Apriamo il cuore alla preghiera ed all'esultanza!...

Omaì, appena un mese ci separa dalla solennità di Maria Ausìlìatrìce e dal primo anniversario della indimenticabìle Incoronazione Pontificia della Taumaturga Sua Immagine. Sabato, 23 corr. nel Santuario di Valdocco sì darà principio al solennissimo mese dell'Incoronata nostra Madre e Regina, e insieme si raddoppieranno le preghìere per tutti i nostri benefattori.

Vedansi altre notizie in proposito a pag. 116.

Per gli emigrati italiani

A Zurigo.

Progetto di una nuova chiesa per gl'italiani - L'edifizio della nostra Missione Cattolica Italiana -Pel culto religioso - Segretariato del popolo - Ufficio di collocamento - Miserie e conforti - Scuole d'italiano - Sfera d'azione - Un punto interrogativo.

Lo sviluppo recente della nostra Missione Cattolica Italiana di Zurigo non potrebbe essere maggiore, nè più ridenti le future speranze. È omai un anno, che venne compiuto il nuovo e bell'edifizio, a tre piani, e già si pensa di mettere mano alla costruzione di una artistica chiesa, di stile bizantino-lombardo, che misurerà 44 m. per 22 compreso l'atrio d'ingresso e l'abside, ed avrà uno svelto ed elegante campanile. Si comporrà d'una navata centrale e di due minori. Il vólto della navata di mezzo sarà formato da tre grandi crociere, l'abside da una mezza calotta sostenuta da colonne con eleganti basamenti e capitelli. Le navi laterali consteranno di sei crociere ciascuna. La decorazione nello stesso stile sarà policroma. Avrà tre altari, il maggiore nell'abside e due a capo delle navate laterali. Il frontone della Chiesa sarà sormontato da una statua colossale di marmo di Carrara, rappresentante Maria Ausiliatrice.

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L'edifizio, compiuto or è appunto un anno, costò la bagatella di più di 6o mila lire. Al pian terreno troviamo una sala a colonne con un'abside, che servirà di cappella sino a che non sarà costretta la chiesa ideata : e allora la sala sarà adibita come scuola, sala di riunioni e di conferenze. Intanto, ogni giorno qui si celebrano tre messe ad ora determinata, ogni sabbato vi si compie una funzione serale ad onore della B. Vergine, ogni festa vi si fanno due spiegazioni del Vangelo al mattino, e nel pomeriggio vi è rosario, canto, istruzione e benedizione. Nel primo venerdì di ogni mese vi si festeggia il S. Cuore, ed il Mese Mariano vi si celebra con predicezione quotidiana. I nostri Missionari, con intelligenza dei due parroci di Zurigo ed autorizzati dal Vescovo, visitano gl'italiani nei diversi ospedali della città, amministrano loro, occorrendo, gli ultimi Sacramenti, e ne benedicono il tumolo al campo santo. Visitano gli infermi, provvedon loro soccorsi se ne abbisognano, e nei casi necessari battezzano in casa non solo i neonati ma anche i grandicelli, cui fu dai parenti trascurato sino allora il battesimo, come accolgono e battezzano nella loro cappella, mediante la presentazione della carta civile di nascita, quelli che son presentati.

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Al primo piano superiore è stabilito il Segretariato del Popolo. Vi si incontrano anzitutto due sale, l'una ufficio del Segretario, l'altra del direttore. Ne segue un'altra assai spaziosa che provvisoriamente serve per sala di conferenze e di gabinetto di lettura per gli emigrati. Il Segretariato ha per iscopo il disimpegno degli affari degli emigrati, sia in rapporto alle famiglie, sia in rapporto alle autorità civili ed ecclesiastiche. Si scrivono lettere ai parenti, si spediscono i denari che mandano loro in soccorso, si procurano loro i documenti occorrenti dagli uffici civili ed il passaporto. Per casi di matrimonio, da quest'ufficio si provvedono i certificati e le fedi di nascita, battesimo, stato libero e di povertà, se ne procurano le pubblicazioni nei municipii e nelle parrocchie, e si ha cura di unirli religiosamente nello stesso giorno, che compiono l'atto civile. Nello stesso piano è stabilito l'Ufficio di collocamento per tutti gli emigrati che parlano l'Italiano, provenienti cioè, dall'Italia, Ticino e Tirolo, allo scopo di cercar loro un impiego in qualche industria o lavoro, presso le diverse imprese. A questo fine il Segretariato si pone in rapporto cogli industriali ed impresarie si provvede i vari giornali, affine di indirizzare e raccomandare gli emigrati disoccupati perchè abbiano lavoro. Nei casi d'infortunio dà consiglio e scrive ai cointeressati, per la soluzione delle difficoltà e riconoscimento dei diritti, che dà la legge in proposito. Sorgendo contestazioni implicate tra padrone ed operai, appoggia gli emigrati presso le autorità consolari, ed occorrendo , li mette in comunicazione cogli avvocati pel patrocinio della loro causa. Il Segretariato trovasi in buonissimi rapporti col Consolalo generale; e possiamo dire che si aiutano a vicenda, sia pei casi contenziosi, sia per l'accettazione degli emigrati negli ospedali, sia pel rimpatrio, in tutti i casi previsti dalla legge.

* *

Oltre alle due opere accennate i nostri Confratelli (cui è riservato il 2° piano dell'edifizio), attendono ad una terza opera che per gli emigrati carichi di famiglia, e per i molti che capitano a Zurigo, disoccupati, sprovvisti di danaro, e molte volte anche di scarpe e di vestiti, è senza dubbio la più importante.

« Gli episodi compassionevoli, ci scrivono quei Confratelli, che succedono spesso tra il mese di novembre e di marzo in molte famiglie povere qui residenti , il cui scarso guadagno è appena sufficiente per mantenerle nella buona stagione, ci cavano più volte le lagrime. Molti vengono espulsi dal loro ricovero perchè non pagarono il fitto di casa; altri non trovarono credito presso i negozi alimentari perchè già troppo alto il loro debito ; altri in egual condizione, infermano e non sono raccolti all'ospedale perchè non hanno un anno di residenza o per altre cause; e tutti ricorrono alla Missione come a loro rifugio , esponendo il loro stato deplorevole e le loro necessità. Chi avrà cuore di lasciarli partire senz'aiuto? Vivono in mezzo a gente, che parla il tedesco e non sono intesi; di più l'Italiano è cattolico, e la generalità, che lo circonda è protestante, gente di altra nazione, di altra lingua, di altra religione, che sovente viene a lusingarlo all'apostasia od al mal costume. La Missione ad ovviare ad un tanto male ed a lenire tante sofferenze, la ogni sforzo, e agli uni paga il fitto di casa, ad altri il conto presso il negozio alimentare, ed i più provvede del pane quotidiano. Ai transeunti poi, ed ai nuovi arrivati nelle tristi condizioni sopradette apre una sala destinata alla lettura nei giorni festivi, ed improvvisa loro un refettorio, dando pane e minestra, ed ai più delicati od infermicci quello che è del caso. Non sono rari i giorni, in cui capitano intere famiglie; padre, madre e figliuoli, e si deve pensare a tutti; come pure sovente capitano giovani operaie disoccupate, a cui si somministra nella Missione il vitto, ed in posti sicuri si paga l'alloggio, e tutto questo non per un giorno o due, ma per molti, per più settimane. Non è poi raro il caso, che bisogni dar denaro anche a chi non ha mezzi per proseguire il viaggio fin dove lo attende il lavoro ! »

La Missione tiene anche scuole pei figli e figliuole degli emigrati, e con questo provvedimento, risolve la grave difficoltà che sorge tra genitori e figliuoli , ai quali, obbligati sin dall'infanzia agli asili e alle scuole dello stato, la cui istruzione è in lingua tedesca, riusciva difficile l'intendere i genitori, che parlano solo il loro dialetto. Colla scuola quotidiana d'italiano, si risolve in massima parte questa difficoltà, e si fa vivere la lingua italiana in quelle famiglie, che non potranno mai avere la nazionalità svizzera.

Da quanto si è detto, si rileva un doppio vantaggio : primo quello di istruirli nel Catechismo, il quale s'impartisce in quattro numerose classi, quattro volte per settimana; secondo, che dovendo la famiglia rimpatriare, i figli già conoscono la lingua patria.

Vi è pure una scuola di canto, la quale rende gli alunni della Missione non ignari in questo punto che è tanto coltivato nella Svizzera.

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L'opera poi dei nostri non si limita alla capitale e sobborghi, ma si estende, per quanto è possibile, a tutti quei paesi, dove gli Italiani si trovano alquanto numerosi, e di stabile residenza, come sono Uster, Dùbendorf, Begensdorf, Thalweil, Adliswill, Dietikon, del Canton Zurigo; Spreitenbach, KillwangenGeb bcnsforf, Turgi, Pirchdorf, Zufnigen nel Canton di Argovia ; Ruti, Linthful, Schwanden nel cantone Glarus. A queste piccole colonie, coll' intelligenza del parroco cattolico, recasi il missionario, dove ogni quattro settimane, dove ogni mese, e dove ogni tre mesi ecc. il sabato e la domenica, per confessare, celebrare, predicare, tener conferenze agli operai , fondare o sviluppare i pii sodalizi tra i fedeli italiani della parrocchia. I parroci dei luoghi ricordati sono assai riconoscenti dell'aiuto che loro si presta a vantaggio dei nostri connazionali, specialmente per ciò che riguarda la celebrazione dei matrimoni. Ma se i nostri possono compiere sì gran bene, si è massimamente in riguardo delle facoltà straordinarie loro concesse dagli Eccellentissimi Vescovi di Coira, Basilea e Lugano e dalla stessa S. Sede.

Ora i missionari vorrebbero dar principio alla costruzione della nuova Chiesa, chè urge ridurre l'attuale cappella in un vasto locale di convegno per lettura e conferenze e così organizzare una cassa di risparmio ed una società di mutuo soccorso ad impedire che gli emigrati entrino in lega con rivoltosi, o in altre società irreligiose. Se il Signore affretterà l'esecuzione di questo pio disegno, quanto bene maggiore non si potrebbe fare a tanti fanciulli ! I nostri confratelli ci assicurano che potrebbero avere con tutta facilità alla scuola d'italiano e di catechismo da 700 ad 8oo tra figli e figlie d'italiani.

Ma come accingersi così presto ad una nuova spesa e così rilevante?... La risposta ai cuori generosi.

DELLA VISITA del Rev. Sig. D. Albera alle nostre Case d'America

(Relazione del Sac. Calogero Gusmano *Vedi Bollettino di marzo)

Verso l'ultimo porto peruano.

Il rumore assordante delle catene era cessato, l'ancora stava sospesa, le acque rumoreggiando e mandando spuma facevano doppia ala al nostro bastimento che moveva verso l'Equatore. Portava il nome di Aconcagua, una delle più alte montagne delle Cordigliere, ed era anche uno dei migliori vapori che avevamo incontrato nel Pacifico. Costeggiò ancora per tre giorni le nude spiaggie del Perù e noi a sollevar l'animo e a riposar l'occhio, stanco da quell'aride e secche montagne , ci andavamo ripetendo gli ultimi ricordi della Repubblica che dileguavasi dal nostro sguardo.

Perù un tempo fu sinonimo di ricchezza, e favolosi invero furono i tesori consegnati ai primi conquistatori spagnuoli per liberare l'Inca Atahualpa, proditoriamente catturato. Nella lusinga di essere lasciato libero offerse al conquistatore Pizzarro tanto oro massiccio che riempisse la stanza, ov'era prigioniero, fino all'altezza della persona e il doppio d'argento. Per liberare adunque questo creduto discendente del sole furon spogliati i templi, ed il popolo in ciò cominciò a vedere la sua decadenza, esempio le mille volte riconfermato dalla storia! Guai alle nazioni che si macchiano di sacrilegio! quanto più credono d'innalzarsi verso l'apogeo della gloria, tanto più forse son vicine a sprofondare nell'abisso: triste e ad un tempo salutare esempio della giustizia divina!

Il 29 maggio, solennità del Corpus Domini, noi eravamo ancora in mare: verso le 9, per benigna concessione del Capitano, si celebrò Messa nel vasto ed elegante salone di prima, a comodità dei passeggieri ed intanto il pensiero volava alle nostre città dove Gesù esce solennemente a benedire il popolo fedele. « È penoso, mi diceva D. Albera, passare questa dolcissima tra le solennità cristiane senza prendervi parte!» Son le 11 e scendiamo a Payta per telegrafare ai nostri confratelli di Guayaquil che l'indomani saremmo stati con loro, ed ecco che incontriamo il Divin Sacramento, portato in processione; ci uniamo al corteo, e ci offrono gentilmente due torcie: accompagniamo Gesù e ricevuta la sua benedizione, frettolosi ritorniamo al nostro vapore che fischia. Quanto è amabile la Provvidenza!

Payta è l'ultimo porto peruano e ce ne accorgemmo: la natura tutto d'un tratto, cambiò il suo brullo e desolante aspetto in un manto reale e maestoso di una vegetazione lussureggiante: eravamo ìnnanzi alle coste Equatoriane!

In vista dell'Equatore!

Equatore! ecco qui un nome che ha tanta poesia per gli Americani, e che racchiude in sè quanto di grandioso, di bello e di sublime ha creato l'onnìpotenza di Dio; sembrerebbe che tutto in questo paese privilegiato abbia voluto accumulare la divina Provvidenza. Qui il Chimborazo, il re delle Ande, erge sovrana la testa sopra le più alte cime; il Cotopaxi vomita torrenti di fuoco involti in dense nubi, che s'innalzano fino a perdersi nello spazio; qui le interminate selve coronate di fiori fragranti e varii; qui il fiume Guayas che pel primo viene incontro al visitatore che approda a Guayaquil, spiegando tutta la sua incantevole bellezza e sorprendente maestà. Quanto motivo di ammirazione, di gaudio e di speranza non offrono mai queste maraviglie alle anime credenti per le quali la natura non è altro che una voce sonora che canta le glorie dell'Altissimo!

Per noi tuttavia l'Equatore, lo ripeto, aveva un non so che d'indefinibile, vorrei dire, e di misterioso. D.Bosco, cadente e pressochè vicino alla morte, vuol discendere per l'ultima volta nel Santuario di Maria Ausiliatrice e benedire ì missionarii che partivano per fondare le case. e le missioni dell'Equatore, mormorando parole dì cui appena ora si comincia a capire l'arcano significato. Sapevamo che Vescovi e sacerdoti del paese, dopo lunghi anni di esilio solo da pochi mesi, mutato governo, alla chetichella, cominciavano a far capolino nella patria amata. Ci avevano consigliato di scrivere al nuovo presidente, avvisandolo dell'imminente arrivo del Visitatore dei Salesiani; ma non sapevamo l'esito della nostra comunicazione. Che il Signore volesse ancora qualche sacrificio da noi? Amen! purchè però non ne avessero a soffrire nocumento le anime ai confratelli dell'Equatore affidate.

Avevamo sentito a raccontarci dalla viva voce degli esiliati, che avevamo incontrato in maggior parte passando per le case salesiane del Chilì e del Perù, le ostilità loro usate, i patimenti sofferti; avevamo lette le interessanti memorie scritte dal Francesia, nel libro che ha per titolo I nostri Missionarii di Quito, e prima ancora, stando in Europa, avevamo udito da D. Calcagno, superiore della missione nell'Equatore, i commoventi episodii dei quaranta giorni di marcia forzata attraverso la foresta per l'esilio. D. Calcagno stesso scampò allora da inevitabile catastrofe, ma soccombette ben presto, in conseguenza delle fatiche di quel viaggio, nella vicina Repubblica di S. Salvador, dove s'era recato nella lusinga di rientrare nel sospirato Equatore. Non potevamo dimenticare che Guayaquil racchiudeva i resti mortali del nostro D. Milano, costretto ad esulare da Cuenca quantunque gravemente infermo; il poverino potè valicare le alte montagne dell'Azuay, ma non riuscì ad oltrepassare i confini di quella per lui seconda patria e là rendeva lo spirito a Dio, vittima volenterosa e propiziatoria, mentre i compagni di esilio, col cuore straziato e pieno d'ambascia salpavano alla volta del Perù... Tutto, tutto passava innanzi alla nostra mente come in un triste quadro: il passato, l'incertezza del presente ed il timore dell'avvenire.

Per D. Albera non fu piccolo sacrificio l'attendere un mese a Lima per poter entrare nell'Equatore; egli a tutto era disposto pur di compiere la sua missione e arrecare qualche sollievo a quei nostri confratelli. Con questi pensieri, il 30 maggio, nel più stretto incognito e nel nome di Maria Ausiliatrice, noi entravamo a Guayaquil. Quello che meno ci preoccupava erano le epidemie che infestavano la città, e le fatiche, in vero nè poche nè scevre di gravi perìcoli per D. Albera, che ci attendevano nell'internarci nella Repubblica.

A Guayaquil.

Guayaquil è bellamente disposta sulla sponda del fiume Guayas, da cui prende nome; ed offre un magnìfico panorama. E città importantissima per l'Equatore, e conta più di 6o,ooo abitanti. Tutto ciò che deve andare a Quito o all'interno della Repubblica trova qui la sua naturale entrata; il commercio quindi vi è fiorente ; e l'influenza che esercita è massima, tale che ha deciso più volte della sorte dell'Equatore: e le sommosse hanno sempre principio nel suo seno. La città, fatte poche eccezioni, è tutta costrutta in legno, financo le chiese e chiese vaste coì loro alti campanìlì. Ne abbiamo viste varie. Abbiamo anche ammiratì vari palazzi, che benchè privi di valore architettonico non mancano, a mio parere, di un certo qual gusto e l'Europa appena può persuadersi che quelle grandiose facciate delle chiese, quei balconi delle case siano opera di falegnami che poco conoscono teoricamente l'architettura. Ammirammo soprattutto l'immenso edificio del collegio Rocafuerte, da poco costrutto e che terminava appena allora di rìcevere da Parigi il necessarìo per l'impianto di un costoso gabinetto di fisica e chimica; ma non ebbero neanco il piacere di togliere i varii pezzi dalle casse: un mese e mezzo dopo, facendo noi visita al Presidente della Repubblica, generai Plaza, che ci accolse con ogni gentilezza, ci fu comunicata la notizia ch'era scomparso, incenerito dal fuoco che aveva distrutto 26 isolati, più varie chiese, ospedali ed altri pubblici ufficii. Noi ritornati pochi giorni dopo a Guayaquil abbiamo visto ch'era scomparsa quasi per un terzo. Che trìste spettacolo! il fumo si sprigionava ancora da alcuni ammassi, che covavano tuttavia vivo il fuoco sotto le lastre di ferro, fuse in parte; e percorrendo quelle vie ricordavamo che là vicino sorgeva il Seminario con annesse scuole esterne, con tutti gli edificii della curia con carte della massima importanza ed una ricca biblioteca ...e nulla, proprio nulla s'era potuto salvare. Più in qua sorgeva la chiesa di S. Agostino, non ancora ultimata, e già per la seconda volta divorata dal fuoco. Ognuno può immaginare le scene strazianti quando il fuoco s'appiccò all'ospedale, ed io mi dispenso dal descriverle perché troppo affliggono ogni animo ben nato. Si parlava, come al solito, dei pericoli cui si esposero ì pompieri; degli sforzì fatti per salvare la cattedrale, al cui campanile già s'erano appiccate le fiamme, e di tanti altri atti di eroismo ; ma, diciamolo, son magri conforti ; e Guayaguil presentava lo straziante aspetto di una città saccheggiata ed incenerita dal furore di barbaro nemico. Ammirai però ìl coraggio dì quei cittadini; non si perdettero in inutili lai, ma costituite varie commissioni, si diedero attorno per la città raccogliendo sottoscrizioni Guayaquil è città generosa e la carità per ogni opera buona si esercita in grande scala, specie per opera delle signore.

Al nostro Collegìo detto La filantropica, ci attendevano 750 giovanetti in bell'ordine schierati; 6oo appartengono alla sezione studenti e 15o a quella artigiani. A capo dell'amministrazione vi è una società cui non mancano i fondi e ne sono una prova quei laboratorii fornitì abbondantemente di ogni utile istrumento: soltanto nel laboratorio di meccanica si spesero ultimamente più di 40,000 lire; ma il macchinario minaccia ruggine pel difetto di... maestri da mettervi alla testa. Si fece la prova di chiamare diversi intelligenti capì europei; ma non poterono resistere al clima. Il Presidente dell'Amministrazione l'egregio Sìg. Francesco Gargia-Avilés, cugino al celebre Garcia Moreno, Presidente della Republica, di cui dovrò dire nel corso di questi appunti sulla visita di D. Albera, è superiore ad ogni elogio per l'interesse che prende per detta Istituzione. A Guayaquil tutti sanno che la prosperità di quella benefica opera stà in cima ad ogni suo pensiero, anche a scapito dei privati interessi: egli ama quell'Istituzione e tanto basta. Ora la filantropica è stata da poco affidata ai Salesiani; un confratello è già partito per Torino per ottenere dai Superiori il necessario personale ed allora il numero dei giovani si potrà facilmente far ascendere a mille e più ed estendere così maggiormente i beneficii d'una istruzione religiosa. Attualmente tutti quanti gl'insegnanti sono esterni: bravi signori, che tanto affetto esternarono a D. Albera ed il cui ricordo vivrà caro nella nostra mente. Il clima di Guayaquil è assai pesante e debilitante, specie nei mesi di pioggia, l'inverno di questi paesi; ma i nostri pare comincino ad acclimatarsi, aiutati dalla generosità con cui si sottopongono ai sacrificii pur di aiutare quella gioventù, quant'altra mai bisognosa d'una educazione cristiana.

Verso l'Oriente.

A Guavaquil ci siamo fermati due giorni. Il primo giorno, domenica, si celebrò la nostra festa di Maria Ausiliatrice senza processione e priva di quella sontuosità con cui, senza dubbio, una settimana prima si sarà celebrata a Torino nel suo maggior Santuario, tuttavia abbiamo fatto del nostro meglio e la cappelletta era rigurgitante di giovani.

Il 2 giugno, di buon mattino, c'incamminammo verso l'Oriente; dapprima un vaporino ci conduce alla sponda opposta del Guayas; ove era pronto il treno che doveva portarci ad otto ore di distanza ad Huigra ; percorrendo così tutta quanta la rete ferroviaria dell'Equatore.

Huigra! non è altro che un centro di riunione, la gola di due monti ove scorre un torrente, alle cui sponde sorgono alcune capanne, un po' più grandi di quelle dei nostri soldati in tempo di campo; ma malcostrutte e dippiù di tela, che una volta poteva essere bianca ed ora non permette al viaggiatore, che voglia conservare pulìto il suo vestito, di fregarlo impunemente contro quelle mobili pareti. Il nostro treno giunse in ritardo; a quattro ore di distanza, a Guatagsì, ci attendeva in una masseria un buon cooperatore. Ci sconsigliarono per l'ora tarda di continuare la marcia; tuttavia avremmo voluto tentare; per cui ci appellammo all'autorità legislativa, giudiziaria, esecutiva ed amministrativa ad un tempo, un giovanotto sui 25 anni, e mentre i messi lo cercavano, D. Albera volentieri approfittò della sedia offerta. Eravamo nel principal caffè; fu un andirivieni di negri che compravano uno e due e tre e più bicchierini di forti liquori; e ci guardavano con un ceffo che non avremmo voluto incontrarli da soli. Il nostro capitano fu compitissimo; ci fece però capire che smettessimo pure per quella sera l'idea di proseguire oltre.

- Sono Europei loro?

- Sissignore.

- La prima volta che approdano a queste terre?

- Eh! precisamente..

- Eh! si capisce; non conoscono le nostre strade, altrimenti non insisterebbero tanto per avventurarsi così... E continuò:

- Son Salesiani?

Questo nome che tante volte ci aveva riempito di gioia e santamente inorgoglitì, esce ora dalle nostre labbra con titubanza; questo titolo così caro, no non l'abbiamo ripudiato, la Dio mercè, però tremanti lo pronunziarono le nostre labbra. I lettori del Bollettino non debbono dimenticare che nel 1896 un decreto esiliava i Salesiani dall'Equatore: è vero che da pochi mesi un altro presidente reggeva le sorti della Repubblica, magistrato animato delle migliori intenzìoni per far progredire per mezzo della pace, dell'unione e del concorso di tutti i volenterosi l'amata patria... a noi tuttavia era stato consigliato di viaggiare nel più stretto incognito; e si capirà da ciò il motivo del nostro turbamento, specie se si rifletta che chi ci scopriva era un capitano di polizia. Il nostro interlocutore s'avvide del turbamento e s'affrettò a soggìungere: - Anch'io conosco bene i Salesiani, sono un loro antico alunno; e qui una filza di domande del come stava Don Luigi, Don Ciriaco Don Giuseppe, Don Felix ecc., ecc., antichi superiori della Casa di Quito, chiamata Protectorado, e ch'egli ricordava con tanto piacere. Quanto rammarico sentiva per quella famosa notte in cui furono strappati per l'esilio all'affetto di tanta gioventù; al buon Flores sembrava di essere di nuovo ritornato all'amato collegio. Pìù tardi augurandoci la buona notte, ci raccomandava dì pregare per un povero negro ucciso a pochi metri di distanza sul pendio della collina che ci sta addosso; il movente si crede sia stato il sospetto cheavesse danaro addosso. « Poveri negri! aggiungeva, da tre mesi gl'impresarii non li pagano e le conseguenze di tal ritardo è facile prevederle: chi ha un poco di danaro qui non è sicuro.» Un poco di acqua calda, che si disse brodo, un bicchiere di bìrra, più sostanziosa che tutto il resto, fu la nostra magra cena. Durante la notte pur troppo ci accorgemmo dell'accaduto; accanto alle nostre tende una ventina di negri, tutti di Giammaica, facendo corona al cadavere del loro compagno e fors'anche parente, bevevano, piangevano e cantavano; era un canto armonioso, ma tristemente cadenzoso e spiacevole quanto mai per l'ora e pel ricordo. Al sonno si dovette rinunziare, nonostante le buone ragioni che avessimo di reclamarlo tranquillo e prolungato. A D. Albera per dippìù toccò una tenda con un buco che dava sulla testa e l'aria fresca della notte gli rese rigido il collo per tutto l'indomani, non piccola molestia per chi deve andare a cavallo.

In marcia forzata e in nuovo abbigliamento!

Noi adunque ci avventurammo ad un nuovo mezzo di trasporto che doveva durare cinque lunghì mesi, quasi continui, a marcie forzate, sempre di 10, molte volte di 14 e anche più ore giornaliere; trasporto pericoloso per la nostra inesperienza, per la natura degli animali e per i cammini sommamente difficili; per cui, prima d'inforcare i nostri destrìeri, era necessaria una metamorfosi. Il missionario che s'avventura in viaggio verso l'Oriente ordinariamente si vede costretto ad abbandonare la veste talare che troppi pericoli correrebbe nell'attraversare cespugli, nell'arrampicarsi per erte montagne e guadare impetuosi torrenti, e a noi rincresceva troppo deporla; quindi la raccogliemmo ai fianchi, stringendovela con forte cintura di cuoio, indispensasabile in questi lunghi viaggi a cavallo, se non si vuole riportare qualche rottura interna. Infatti s'è costretti a sbalzi violenti, a corse precipitate, a sforzi per arrampicarsi, per saltare, per mantenersi in equilibrio e se l'addome e le renì non fossero strettamente e solidamente protetti difficilmente si eviterebbe qualche lesione. Sul capo non avevamo un panamà ad ampie falde ma un largo cappello di paglia, coperto di tela incerata ; un ampio fazzoletto bianco ci ravvolgeva il collo e scendeva nelle spalle; un abbondante poncho (una specie di sciallo con un foro nel mezzo per cui si fa passare la testa) ci pendeva dagli omeri sui lati del cavallo coprendo tutto e lasciando vedere appena ì nostri pantaloni di pelle di capra, non ancora abbastanza flessibile e che pur troppo ci dava frequentemente delle fitture nelle gambe. La moda, per quanto capricciosa e bizzarra, credo non vorrà mai adottare il nostro stranissimo vestire, indispensabile per altro ìn simili viaggi. M'ero provvisto di una bussola ed accanto il crocifisso pendeva... un revolver! Nessuno si spaventi: in questi paesi è necessario per difendersi dagli anìmali feroci, che si potrebbero incontrare e, talora, forse anche da altri, cui solo torna l'uso della ragione quando s'accorgano che il cavaliere possiede una simile arma

Altre incertezze.

Così vestiti, montammo su due cavalli, guidati da varii indii e alle 10 1/2 eravamo a Guatagsi, alla fattoria di un nostro cooperatore. Celebrata messa, ci si annunzia che il Superiore delle Case dell'Equatore, D. Fusarini, da Riobamba aveva telegrafato che alla sera si sarebbe trovato con noi, che l'aspettassimo. Ciò ritardava la nostra marcia; ma non ci abbiamo neanco pensato, tanta era la brama di rivedere D. Fusarini, che da due giorni viaggiava sul dorso di una mula per venir a riverire il rappresentante del Rettor Maggiore.

Giunse e con gioia l'abbracciammo, ed egli ci descrisse i pericoli ed i bisogni dell'oriente, e della nostra missione di Gualaquiza. Su Don Albera però questi la vìnsero su quelli e fidati nella divina Provvidenza e forti dell'ubbidienza che ci mandava ci siamo messi in cammino. Altri ci chiamò temerarii e D. Albera lo fu e doveva esserlo per compiere la sua missione; poveri confratelli! se la sola prudenza umana l'avesse guidato non l'avrebbero mai più visto; avrebbero ancora da ricevere il conforto della sua paterna visita!

Per un tratto ci accompagnò D. Fusarini; poscia ci dividemmo per lati opposti: egli riprese il cammino dell'occidente, noi continuammo per l'oriente.

Sempre verso l'Oriente.

L'Equatore nella sua massima lunghezza è diviso in due dalla Cordigliera delle Ande, altissima catena di montagne che si estende da Nord a Sud formando come una gigantesca muraglia, un bastione ìnsormontabile, che separa l'Est dall'Ovest e per indole e per costumi e per tutto, tanto che forse mai le due parti si potranno unire, così profonda è la differenza. All'occidente vi sono le 17 provincie che formano la Repubblica, collocate in fertili valli e sui piani inclinati che scendono al Pacìfico; all'oriente l'arte è ignota; la natura e la barbarie regnano. Noi seguitiamo verso l'oriente. Dalla cima di quelle montagne, molte delle quali si innalzano a più di sei mila metri,. si può d'un colpo d'occhio abbracciare tutto l'oriente, che si distende ai piedi di quei colossi come un immenso oceano di verde, simile alle acque azzurre del Pacifico, che si allargano dall'altro versante ed arriva fino a confinare colla Colombia, col Brasile e col più grande fiume del mondo. l'Amazzone. Varie ramificazioni di montagne si partono dalla Cordigliera; infiniti sono i fiumi che vi hanno origine, gli affluenti che vi si uniscono, i torrenti che l'ingrossano, scavandosi un letto anche in mezzo alla viva roccia.

Magnificenze della natura.

Oltrepasserei i limiti del mio compito se volessi dare anche solo un'idea della ricchezza, e magnificenza di questa terra d'ìncanto. Avevo già attraversato tutto l'immenso Brasile durante il mio viaggio ed ero rimasto ammirato dei prodigi di vegetazione specialmente quando c'internammo nel Matto Grosso; ma qui la maraviglia cresce. La vegetazione più lussureggiante si estende per centinaia e centinaia di chilometri, interrotta solo dallo scorrervì di ricchi fiumi, le cui acque contengono spesso argento ed oro. Nell'oriente dell'Equatore han vita migliaia di esseri di specie diversi, svariatissimì in grandezza, forma ed aspetto; dalla formichetta al superbo leone dall'insetto più impercettibile al serpente di grandezza direi esagerata, dall'umile violetta alla rosa più fragrante. Qui flora e fauna ricchissima e svariata; qui i giardini si allargano per estensioni smisurate ed in mezzo vi striscia il terribile serpente quasi a difenderne l'entrata ed impedirne la violazione. Boschi ammantati maestosamente, valli tappezzate di un verde dorato, dove scherzano graziosamente gli animali; incantevoli colline adorne di regie palme che ergono superba la testa tra le piante che le circondano; foltissime selve ove cresce rigoglioso l'albero del cacao e dànno vita nella solitudine alla gomma, alla resina, al balsamo, all'olio, al pepe e a tante erbe e radici medicinali; qui ancora estese lagune limpide e tranquille come immensi quadri di terso cristallo. Tutto bello, incantevole, contemplato però al sicuro da alta cima. Come per altro cambia nella pratica, quando si è obbligati inoltrarvisi a giornate forzate ! Faccia bel tempo o no; portino o si facciano trascinare le cavalcature, bruci il sole o cada pioggia dirotta, come toccò a noi che a dispetto dell'incerata, eravamo inzuppati e compenetrati d'umidità; le mani intirizzite abbandonano incapaci le redini ed intanto l'acqua gocciola dal cappello e scola fredda per la vita, quando pur da un molesto vento contrario non è lanciata sul volto; la pelle è bruciata dal sole o dal freddo e screpolandosi cade continuamente.

Si continua la marcia.

Nessuno che conosca D. Albera si maraviglierà se un uomo della sua età, di salute precaria, delicatissimo, alcune volte giunti al tambo, doveva esser tolto di peso e collocato su una sedia o su ciò che ne faceva le veci, perchè le gambe si rifiutavano a reggerlo ed il corpo inerte s'abbandonava a se stesso. E che cosa è questo tambo? è il luogo di riposo del missionario, dov'egli dovrà passare la notte dopo una faticosa giornata; sito prestabilito che dovrà raggiungersi a qualunque costo; il fermarsi sulla vetta della montagna è pericoloso, si va incontro a certa polmonite. Questo spauracchio, anche estremamente spossati, dà lena; anche quando l'astro del giorno si ecclissa dà coraggio per andare avanti e fa capaci di atti di cui a mente serena non si sa rendere ragione.

Al tambo, se l'indio che ne ha la custodia è avvisato, si troverà qualche cosa di caldo, unico confortante che lo stomaco imperiosamente reclama, sia semplice acqua con sale, oppure l'abbia intorbidata un poco di farina dì meliga, di patate o di yuca, non monta: tutto è buono purchè caldo. Quante volte l'unico saporitissimo piatto era un poco di granturco, non sempre abbastanza condito col sale! Se si giunge inaspettati, bisogna attendere ore ed ore quel magro ristoro. Il vino è bevanda sconosciuta; per quei del paese supplisce l'alcool, estratto dalla canna di zucchero; ma a noi non avvezzi brucia la gola!

Entriamo nel rancho e prendiamo conoscenza della casa che dovrà ospitarci; è un vano di tre o quattro metri quadrati, coperto di un tetto di foglie di palma, sostenuto da pali piantati nel suolo ed uniti tra di loro per mezzo di altri pali; ìl pavimento, ordinariamente sospeso alcuni metri dall'umido suolo, anch'esso è coperto di foglie secche di palma o di stuoie, formate di canne divise per metà; i fianchi del nostro hotel sono scoperti; accovacciati tutti e due su stretto spazio, alle volte ad un piccolo movimento mi svegliavo di soprassalto guardando ansiosamente D. Albera per tema che rivoltolandosi sul duro e non rare volte anche pungente giaciglio, non andasse troppo in là, oltrepassando l'ìndifesa sponda con pericolo evidente della vita. Il rancho ripara dall'acqua, ma non dall'aria e dall'acqua stessa non sempre, poichè se il vento soffia da qualunque parte te la caccia addosso, quando non siasi già infiltrata tra le foglie del tetto e non ti cada a gocciole sul capo a disturbare quel sonno che non t'è meno necessario del vitto. Solo la fede e l'amore che da essa sgorga può far intraprendere simili viaggi. Nelle eterne e monotone giornate passate sul dorso di quei poveri animalì, stando dietro D. Albera, sovente lo miravo agitato, incapace di trovare una posizione comoda sul cavallo; vedevo che mal si reggeva sulla vita e pur s'era costretti ad attraversare precipizii, che da un momento all'altro ne potevano mettere a rischio la preziosa esistenza. Confesso che ripetutamente mì sentii tentato di consigliargliene il ritorno; ma tosto scacciavo il triste pensiero, fidente nelle continue e numerose preghiere che sapevo innalzarsi da tutte le nostre case.

Le difficoltà aumentano.

Eravamo al secondo giorno del nostro viaggia a cavallo; da ore ed ore ascendevamo e la cima della montagna che dovevamo guadagnare, sembrava si allontanasse sempre più. L'ascensione in qualche punto è quasi perpendicolare, il viottolo è angusto e con capricciosa direzione; i gradini mal fermi , formati da pali rotondi o appena appìanati più dal piede dell'uomo col passarvi sopra che dalla mano che ve lì ha collocati; bisogna con frequenza discendere e camminare a piedì. Stando a cavallo troppo si soffre; il cuore si stringe e quando si giunge all'agognato altipiano o nella sottostante valle si respira, si allargano i polmoni, il sangue ricomincia la sua regolare circolazione; tale è l'agonia che vi si soffre.

Spesso i piedi han bìsogno dell'aiuto delle mani per barcollarsì, saltare e, direi quasi, volare di dirupo in dirupo, abbandonandosi da un albero ad un altro ed allora si cammina a quattro piedi per quelle discese o ascensioni irte. Descriverle non è possibile : vi sono pendii pronunziati e tortuosi, al cui termìne non trovi altro che un sentiero di un mezzo metro e subito dopo un torrente ìmpetuoso che guai se la spinta naturale non rattiene il piede. sei irremissibilmente perduto. Quanti imprudenti animali, abbandonati all'impeto della discesa, non hanno mai ingoiate quelle acque! Non di rado la lussureggiante vegetazione ne occulta il pericolo e se le piante non sono robuste oppure vìcine si precipita per dirupi di cui è difficile misurare l'altezza.

L'oriente è detto il paese dell'acqua; dappertutto se ne incontra ed in abbondanza; elemento indispensabile, ma anche pericoloso. Noi per giunta, come dissi, c'incontrammo a viaggiare nella stagione delle pioggie. Il passaggio continuo delle bestie sempre nello stesso cammino aveva scavato dei solchi assai profondi che ripieni d'acqua facevano sì che l'animale vi s'immergesse fino alla pancia, producendo continuamente un rumore spiacevole ed inzaccherandoci tutti quanti. Quante volte quell'acqua fetida dalla mula che mi precedeva giungeva ad imbrattarmi il volto! Allora la pioggia lanciatami in faccia non era sprecata.

I torrenti s'ingrossavano; i nostri Indii pertanto alleggeritisi dei pochi abiti che avevano addosso si gettavano nell'acqua per guadagnare la riva opposta, portando attortigliata alla vita il capo della corda che aveva termine alla briglia dell'animale, altra corda partiva dalla coda, e così legato l'animale, col cavaliere era spinto dentro le impetuose acque, tirato davanti o di dietro a seconda del caso, mentre le nostre gambe completamente immerse nell'acqua, tentavano supplire i remi, agevolando lo spostamento delle acque. Se l'animale sdrucciola un bagno almeno è inevitabile! In alcuni punti le acque cadevano da tale altezza e con tanto impeto da formare un arco sotto il quale noi comodamente potevamo passare. Il peggìo si è quando l'erba occulta qualche terribile pantano; mi capitò una sola volta; ma la mia mula scomparì totalmente eccetto il capo, ed io mi sprofondai in quella belletta negra e per liberarmi dovetti rinuncìare ad uno stivale ed intanto aiutato dagli Indii abbiamo potuto dopo mezz'ora cavare fuori il povero animale, tirandolo con una corda e gridando, minacciando ed emettendo suoni d'incoraggiamento. Mi lavo le mani e la faccia, che non era rimasta immune, e lascio alla pioggia che faccia il resto di pulizia ai miei abiti.

Sull'Azuay -- Pericoloso incidente.

Eravamo giunti sull'Azuay, un masso informe di montagna, tutto roccie, su cui bisogna camminare. In alcuni punti si aprivano burroni spaventevoli, quasi a picco ed era necessario rivolgere altrove lo sguardo per non lasciarsi impressionare. D. Albera monta a cavallo, ma lamenta irrigidite le gambe, eppure bisognava continuare in quella posizione e per quelle roccie altre sei o sette ore. Non erano che le 12. Quand'ecco il cavallo scivola! ma con ripetuti sforzi s'arrampica e riesce a mettersi in piedi, D. Albera invece impreparato, cade, gettato, per buona sorte, sulla roccia, rimanendo per l'inerzia delle gambe e la poca pratica di cavalcare col piede destro nella staffa. Guai se fosse caduto dal lato opposto, il il peso stesso del corpo l'avrebbe trascinato giù per quel precipizio, profondo oltre i 500 metri! Guai se il cavallo, spaventato, si fosse mosso per quelle roccie! l'avrebbe fatto cadavere. Io mi trovava immediatamente dietro D. Albera, l'ìndio che ci guidava avanti; gridai spaventato; la nostra guida si fermò, sbalzai a terra e mentre quegli teneva fermo per le briglie il cavallo, riuscii a svincolare il piede dalla staffa; la Vergine Ausiliatrice che avevamo invocata poco prima coll'Angelus, vegliava su noi e le molte preghiere innalzate a Lei in tante parti ce l'avevano resa propizia.

(Continua)

MISSIONI

Matto Grosso

La Missione degli Indii Coroados Bororos. Fatiche e sudori dei Missionari, vita e costumi degli Indii.

(Relazione del Sac. D. Ambrogio Turriccia *),

Un'idea del villaggio - In giro per tutte le capanne.

A destra della casa dei Missionari, in forma di quadrilàtero sono schierati i ranchos, ove dimorano i primi Indii, che in numero di 140 si avvicinarono alla colonia. Si volevano dividere per famiglie, ma finora non si è potuto ottenere interamente : mancano ancora varie capanne. Ciascun rancho misura 8 m. per 4, e nel mezzo della piazza ve n'ha uno assai più grande, centro dì riunione per gli uomini, ove ordinariamente non vanno le donne, e vi hanno invece libera entrata i fanciulli, i quali, dopo scuola, amano quasi sempre di recarvisi a giuocare. È dunque un luogo di riunione dove si chiacchiera, si canta e si giuoca, ed è chiamato Baito o Bryito.

Le capanne degli Indii sono numerate ; e se ella, amatissimo Padre, ne ha piacere, potrà visitarle ad una ad una. Quelle che tralascieremo erano allora disabitate.

Al numero 1 abita il capitano Joaguin, il primo che si avvicinò alla Colonia, colui che con la sua parola influente seppe persuadere gli altri a recarsi ad abitare coi Missionari. E uomo coraggioso, vedovo e con tre figli, due bambìne che egli conduce tutti i giorni dalle suore perchè vi sieno educate ed un giovanetto, cuì pensa egli stesso. Nella sua casa regna il silenzio : rinunziò alle seconde nozze cui aveva diritto e tiene ornata la sua dimora con una pelle di tigre da lui uccisa. Avendo stabilito di vivere ad imitazione dei Missionari, è giunto a tanto di delicatezza che non permette che una giovane promessa, che già aveva in casa, venga educata insieme alle sue figlie. Il figlio mostra una cicatrice di una gloriosa ferita, ricevuta nell'ultimo attacco dei Coyapòs, che vivono sulla sponda sinistra del rio Das Mortes.

Abita al n.° 2 il capitano Michele Rua, uno dei loro principali sacerdoti o Bari. Ha varii figli, avuti dalle due mogli, che come Bari gli erano concesse. Insieme con lui dìmora il capitano Lulù, forse il più vecchio, uomo assai lepido e grazioso. Per lui tant'è comparire in pantaloni, come in camicia o col solo gilet o con un cappellaccio, quando non si mette in parata! Per farmi festa si offerse a cantarmi il Bacururù. Accettai. Egli allora mi si avvicinò, mi pose la destra sotto il capo, mi abbracciò con la sinistra e incominciò il canto. Che musica ! Ma le sue smorfie erano assaì più curiose. Per farmi più contento, di quando in quando, andava toccandomi in faccia colla bocca, senza lasciar di cantare, ed io per poco non ebbi paura ! Se non v'era presente Don Balzola, chì sa come sarebbe andata la cosa!...

Nel n.° 3 trovammo il capitano Toto Pais con la moglie, la suocera e i figli. Anche questi è bari, ma di ordine inferiore : e la differenza sta che egli non può parlare con Marebba (il Dio buono) ma solo col figlio di lui. Questa famiglia era in lutto per la morte del suocero ; e, poveretti! avevano tutto il corpo disegnato di tagli. La vedova si era recisi i capelli per farne una treccia, che in segno di lutto portava pendente dalla cintura. Abita con loro anche un povero cieco con la moglie; il quale, quando canta, copre tutti con la sua voce assai stridula. Ma benchè cieco, lavora : e noi lo trovammo che stava facendo delle frecce con un coltello.

Appena ponemmo il piede al n.° 4, ci si presentò un indio, alto, ben formato, coperto di un gran giubbone nero e con un cappello di paglia. Si chiama il Capitano Maggiore. La moglie, cui dintorno si aggirava un bambinello, stava presso il fuoco preparando il mingabo, una specie di polenta che si ottiene pestando il mais in un mortaio di legno e cuocendolo subito nell'acqua. Qui abita anche un bel giovane, alto, e robusto, sordomuto fin dalla nascita : sorridendo mi mostrò una freccia rotta e un'altra insanguinata, con cui in quella mattina, aveva ucciso un'anta o tapiro.

Al n.° 6 vive l'indiano Gioacchino, ammogliato ad una figlia dél Capitano Lulù. Con essi abita un orfano, mezzo scemo in seguito ad uno spavento che riportò nel triste caso occorso due anni or sono e già riferito nel Bollettino da Don Malan : fu in quell'occasione che rimase orfano. Son poche settimane, che venendo cogli uomini a casa si smarrì, e rimase perduto per otto giorni.

Al n.° 7 vive l'indio Pietro, infermiccio e di poche forze, per l'abitudine ch'egli ha di mangiar terra. Dìsteso al suolo trovammo pure un giovane per nome Michele, il quale accettò con piacere un rimedio portogli da D. Balzola : e notammo pure una vecchia occupata nella fabbricazione di certe stuoie molto resistenti, fatte di foglie di palma. Con queste sanno far anche dei bei canestri.

Un altro Pietro abita al n.° 8. Era in lutto, avendo perduta la moglie pochi giorni prima. La poveretta in punto di morte mostrò il desiderio di avere il battesimo, per cui si cercò di completare alla meglio la sua istruzione e morì cristiana. Uno dei figli di Pietro è Giacomo Costamagna, uno dei migliori aiutanti dei nostri confratelli. Qui vidi tessere un nastro a quattro colori, in un modo sorprendente.

Passiamo al n.° 9 e troviamo Emanuele Murtinho che per otto giorni andò cercando nel matto, cioè nel bosco, l'orfano smarrito, la cui scomparsa aveva gettata la costernazione in tutto il villaggio. In questo rancho richiamò la mia attenzione una gran rete da pesca, fatta da loro con fibre di palme, pazientemente intrecciate.

Nel rancho n.° 10 vedemmo Emmanuele Diz ancor indisposto per una frecciata ricevuta al fianco nell'ultimo scontro con i Coyapós, sette mesi prima : egli ha due figli molto stimati da tutti per la loro forza meraviglìosa. Vidi là, appesa alla capanna, una piccola provvista di meliga e d'altri prodotti agricoli, che mi riempì di speranze, mostrandomi come questi indii siano più previdenti che i Tobas del Paraguay, i quali non serbano nulla pel domani.

Il n.° 12 appartiene ad Andrea, che trovammo assente, perchè erasì recato a visitare certi suoi amici in un altro villaggio, anche collo scopo di attrarne alcuni alla Colonia.

Al n.° 13 c'incontrammo con un altro bari minore. Si chiama Antonio Malan. Vidi colà una vecchia india, adornata di piume appiccicate alle tempia, alle gote ed alle braccia. Era impagabile, la vecchia ! e mi sorprese pel suo ordine e per la sua nettezza.

Il n.° 14 è la dimora dì Luigi Carlo e della sua numerosa famiglia. Come fu contento degli elogi che Don Balzola ed io gli facemmo per la sua pulizia ! Fu tra i primi che giunsero nella colonia ed è uno di quelli che persuasero glì altri a venire. In un angolo stava rincantucciato un ragazzetto, attento ad imbeccare un pappagallo con somma dimestichezza; prima ch'egli avesse masticato il cibo, l'uccello glie l'aveva tolto di bocca!

Passati al n.° 15 , ove vive Paolo col suo bambino Pio, così chiamato in omaggio al nuovo Sommo Pontefice, ammirammo alcuni araras, che essi allevano per trar profitto delle loro penne con le quali compongono i loro più ricchi ornamenti. Vive fra loro una povera vecchia, che sta sempre aspettando il consorte , che ella crede dimorì in un altro villaggio.

Al n.° 17 abita il capitan Bari, indio valoroso e di indole mitissima e pieno di affetto per i missionari. Conta 4 figli. In questo rancho notai che avevano alcuni polli e galline : ignoro se per venderli o per mangiarli, ma, comunque sia, si vede che pensano già pel domani, cosa poco comune fra gl'indii.

Col n.° 18 è segnata la casa del Capitan Matteo che è forse il Bari principale, ma non può figurare nelle baldorie sacre o profane, perchè essendo infermo di lupus non gli è consentito di gridare. Lo trovammo che faceva esorcismi sopra la testa di un alce che gli avevan portato poco prima... Questi indiani non prendono un boccone, se prima ìl Bari non l'ha benedetto. Insieme al Capitan Matteo coabita l'indio Tommaso e famiglia.

Nel rancho n° 19 trovammo Ginho che ha in isposa una figlia di Luca. La sua casa era in bell'ordine. Per maggior comodità ha costruito una specie di credenza. ove serba alcuni oggetti ed egli parla un po' di portoghese essendo stato alcun tempo a servizio ; tuttavia è buono e molto amico dei Missionari : i suoi lo tengono per un sapiente.

Entrando nel n.° 2o non trovammo Paolo, ma la suocera che era ìn casa, s'incaricò di narrarci le cose sue. Ivi potei ammirare un prezioso parico, ornamento che sogliono portare sul capo a mo' di corona. Lo fanno di penne grandi, bellissime. Ivi pure ammirai un fanciullo con la faccia dipinta con un nero lucido come vernice, il che, a quanto intesi, usano come rimedio.

Ma la scena pìù comica ci si presentò al n.° 21 ove trovammo Paolo, già ricordato, che stava dipingendo la sua fidanzata. Quando entrammo, era intento a dipingerle il volto : e bisognava vedere con quale posa di artista attendeva al suo lavoro. Tracciata attentamente una linea, femavasi alquanto in contemplazione, come per ispìrarsi. Dal canto suo, l'altra pareva che non volesse esser causa di una minima imperfezione poichè se ne stava immobile senza batter palpebra, sì da sembrare una statua. Seppi che quest'atto di dipingere è per loro la maggior dimostrazione di simpatia.

Al n.° 21 dimorano altre tre famiglie, tra cui quella di Manel Nisñez, un indio abbastanza attempato, che ci fe' assistere ad un'altra scena gustosa. D. Balzola aveva portato un unguento per un ragazzetto malato di petto e quindi si pose a fargli alcune frizioni. Ma non appena se n'avvide Manuel, senz'altro si pose fra D. Balzola e il fanciullo, e presentando le spalle cominciò a supplicare D. Balzola, che ungesse lui pure, perchè una volta quelle spalle lo avevano fatto soffrire. Gli indii sono altrettanti fanciulli! tutto ciò che vedono, lo chiedono tosto per sè.

Finalmente entrammo nella capanna n.° 22 di Giorgio Bodestein il quale era ancor sofferente per una palla che ebbe or son due anni nel ricordato massacro. Qui vidi pure il primo bambino nato nella colonia e a cui fu posto il nome di Leone Pecci in memoria del grande Pontefice !

Amatissimo padre, ora che son arrivato alla fine di questa lunga e fastidiosa enumerazione, passo, se me lo permette, a narrarle qualche cosa dei costumi e delle superstizioni di questi sventurati selvaggi. Le prometto, che farò di tutto per non abusare nuovamente della sua pazienza.

Regime dei Bororos - Come sogliono impartire gli ordini - Bari, Marebba e Pope.

Gli indiì Coroados- Bororos si reggono con usi che vorrei dire, patriarcali. Gl'Indii del Paraguay e di altre regioni, di cui ebbi notizia, sono divisi in tribù le quali non hanno alcuna relazione amichevole fra loro, ma anzi odiansi e perseguitansi a morte. Non è così dei Coroados. Essi, quantunque ripartiti ìn villaggì, si amano come fratelli, ne sono soggetti ad un solo cacico, ne in ogni villaggio comanda ordinariamente un solo. Secondo che potei intendere vi sono in tutti i villaggi tre o quattro che portano il titolo di capitani, nè tutti obbediscono a ciascuno di loro, ma solo certe famiglie, cioè, se ho ben accertato, quelle che son legate al capitano da vincoli dì parentela.

Stranissìmo è poi il modo. con cui impartiscono ordinì. Durante la notte si riuniscono gli uomini fuori del Bexìto ed uno dei capitani indìfferentemente è scelto a fare l'arringa. Tutti gli uditori si stendono allora al suolo, e ìl solo capitano oratore rimane ìn piedi con un sigaro stretto fra i denti. Ciò posto, comincia l'arringa. Parla a scatti e sempre con la stessa cadenza. Dice anzitutto ciò ch'è avvenuto durante il gìorno; rimprovera se è occorso qualche ìnconveniente, e, poi, sempre ad alta voce, impartisce gli ordini opportuni pel dì seguente. Ora hanno preso l'abìtudine di andar sempre da D. Balzola prima dell'arringa per chiedergli se ha qualche cosa di speciale da raccomandare, e il Missionario si vale di sì bell'occasione per dar loro opportune istruzioni, e li conduce persino a restituire gli oggetti tolti a prestito durante la giornata. Infatti, sciolta l'adunanza si presentano al capitano oratore quelli che han da consegnare qualcosa, foss'anche un ago, come accade certe volte. Che se talora l'oratore dimentica qualcosa, sorgono due o tre ad un tempo a suggerirla ed egli non s'irrita per questo, ma urlando ripete gli avvisi ricordati perchè quantunque tutti li conoscano se non li proclama il capitano, non hanno valore: ciò è di prammatica. Nè mancano, se loro paiono meritati, di tributare i dovuti applausi all'oratore, però non battendo le palme, ma con alti fischi stridenti, generali o parziali, secondo l'opinione dell'uditorio.

Una notte, dopo il sermone di rubrica, sì alzò un altro oratore e pronunciò anch'egli un lungo ed eloquente discorso. Seppi che era uno d'altro villaggio, una specie di touriste selvaggio, ch'era stato invitato a parlare per palesare d'onde veniva e comunicare le notizie dei suoi.

Un altro motivo che m'induce a credere che i Coroados hanno regime patriarcale si è l'avere osservato che non tutti vanno al lavoro od alla caccia, ma che malgrado ciò, tutti mangiano e gli uominì mangiano nel Baito, ove da tutti i ranchos portano cibo, salutando l'arrivo d'ogni piatto con un grido entusiastico e mangiandone tutti indistintamente.

In materia di relìgione prestano sì cieca fede ne' loro Bari o sacerdoti che sino a quando non si riuscirà a distruggere la loro autorità non si potrà redimerli. Essi credono nella esistenza di un ente supremo o Dio buono che chiamano Marebba e che occupa il 5° cielo, poichè essi ammettono cinque cieli, benchè taluni me ne abbiano ricordati 4 solamente. Questo Marebba non ebbe principio, ma ha una madre, quantunque non ne conoscano il padre, ha inoltre un figlio anch'esso molto potente. E Marebba che si occupa degli uominì ed ha tanto lavoro che, quando il Bari vuole parlargli, per farsi udire deve emettere tutta la voce che ha, con tutta la forza de' suoi polmoni. Possono parlare con lui soltanto i Bari principali, poichè i minori non arrivano a lui, ma soltanto fino al figlio. Ammettono inoltre il Dio cattivo che chiamano Bope, il quale, ha dimora specialmente nei monti e sopra gli alberi ed anche in uno dei cieli: il Colorado. Sono molti i Bope uomini e donne; e gl'indii sono persuasi che tutto il male e le avversità che accadono siano cagionate dai Bope. Ebbi occasione di parlare per mezzo di Don Balzola, col Bari Michele, il quale sosteneva che egli vedeva realmente Marebba e Bope. Di Marebba seppe dirci che è grande e bello, ricco e ben vestito. Gli mostrammo alcune immagini di Gesù perchè istituisse un paragone e ripetè che Marebba è molto più grande e più bello. Gli mostrai allora un'immagine di San Michele e additandogli Lucifero incatenato ai suoi piedi gli chiesi se era così brutto il Bope, ed egli mi rispose: Assai più orribile! Lo invitai a darmi un'idea della bruttezza di Bope ed egli, molto compiacente, mi soddisfece modellandomi due pupazzi, un uomo e una donna raffiguranti, secondo lui, due Bope, dei quali son ben contento di poterle inviare una fotografia. (1). »

(Continua).

*) Cfr. Bollettino di marzo. -- Il 16 del mese scorso, giungeva al Sig. D. Rua una nuova lettera di D. Balzola, recante la data 27 dicembre e piena di belle ed importanti notizie: la daremo nel prossimo numero.

Due lettere del figlio di Namuncurà.

SIAMO ben lieti di offrire ai nostri lettori due care lettere, che il figlio tredicenne del gran Cacico o re degli Indii della Patagonia scriveva al Segretario di Mons. Cagliero durante l'ultima sua dimora in Italia. Questo caro giovinetto fu battezzato dai nostri missionari ed ebbe il nome di Zeffirino. E siccome il piccolo neofito dimostrava un'intelligenza non comune congiunta ad una grande illibatezza di costumi e bontà di cuore, venne d'accordo con Namuncurà avviato agli studi nel Collegio Pio IX di Buenos Aires. Colà egli si trovava il 2 novembre 1901, quando celebrandosi le nozze d'oro dell'entrata all'Oratorio di Mons. Cagliero, nella solenne accademia ivi tenuta a solennizzare quella data memoranda, ebbe anch'egli la sua parte e riscosse applausi di commozione. Ricordando le relazioni della sua famiglia coll'operoso Prelato e i benefizi da lui ricevutì, pianse e fece piangere. « Che sarebbe di me, gli diceva, se tu non fossi passato per la mia casa? Chi m'avrebbe insegnato il cammino del cielo? Dopo Dio, a te son debitore di sì grande benefizio». Alla stessa riconoscenza sono improntate le due lettere che presentiamo ai nostri let tori. Ora Zeffirino trovasi a Viedma e sta compiendo il quarto anno di latino. Egli si viene preparando all'apostolato dei suoi fratelli! Iddio lo benedica nei suoi desiderii e susciti nuove vocazioni nell'omai cìvilizzata Patagonia.

Lettera I.a Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

Viedma, 3o aprile 1903.

MIO CARISSmO D. GIOVANNI,

Con sommo piacere le scrivo questa letterina per manifestarle la riconoscenza del mio povero cuore.

Le rendo le più sentite grazie per i benefizi spirituali che mi ha fatto nella sua permanenza in questo Collegio dì Viedma. Fino al presente, grazie a Dio, sono molto contento e mi trovo molto bene spiritualmente e corporalmente. La ringrazio moltissìmo per i preziosi regalucci che mì ha mandato. Perdoni, amatissimo Don Giovannì, se non le manifestai prima la mia riconoscenza. Le prometto che non passerà giorno senza che io mi ricordi di Lei nelle mie povere orazioni, e principalmente nella santa Comunione.

Siccome Lei mi aveva promesso di mandarmi le immagini di Maria SS. Ausiliatrìce e dì S. Giuseppe, adesso che le scrivo, le ricordo questa promessa. Grazie di tutto; io sono convinto che Lei mi vuole molto bene e ama anche la mia famiglia.

Non avendo altro da dirle per ora, mi raccomando alle sue orazioni e mi dichiaro indegno figlio in Gesù Cristo

ZEFFIRINO NAMUNCURA'.

Lettera II.a

Viedma, 18 luglio 1903. AMATISS.mO D. GIOVANNI,

Con grande piacere le scrivo queste poche linee, perchè è una grande consolazione per me poterle manifestare i miei desideri.

Io penso sempre a Lei e a Mons. Cagliero, e trovo sempre di che consolarmi quando mi viene a tentare la malinconia, col ricordo dei santi consigli che mi davano quando si trovavano a Viedma. E specialmente adesso che i miei cari compagni, gli Aspiranti, partirono per Patagones e mi lasciarono solo! Quanto ho dovuto soffrire !

Non ho maì tralasciato di pregare per Lei e per Mons. Cagliero nella Santa Comunione, e non cesserò di supplicare Gesù che ci riunisca una seconda volta, e non permetta che Lei si fermi in Italia, perchè Lei è stato mandato da Dio per convertire noi poveri indiì della Patagonia.

Le porgo mille grazie per le tre belle immagini che mi ha regalato; che il Signore la ricompensi di tanti sacrifizi, dandole il cento per uno; e certamente la rimunererà Lui che non lascia senza ricompensa un bicchier d'acqua dato per amor suo.

Oh! quanto le sarei obbligato se pregasse pel suo povero amico Zeffirino avanti l'immagine di Maria Ausiliatrice di Torino! perchè ne ho grande bisogno, amatissimo Don Gìovanni. Tra pochi giorni dovrò recarmi alla mia casa (presso il fiume Aluminè) e chissà quanti assalti mi darà il demonio per farmi cadere nelle sue mani e precipitarmi poi di precipizio in precipizio. Ma se Lei pregherà per me la cara Madre Maria, Ella certamente mi salverà, e non permetterà che io, essendo figlio suo, passi ad essere schiavo di Satana, che è il più acerrimo nemico.

Ancora mio fratello Giuliano non venne a prendermì, e non so quando arriverà. Ma prima di partire, le scriverò un'altra letterina.

Io vado migliorando a poco a poco, e spero che il Signore e la Vergine SS. mi restituiranno presto la salute, se questo è di maggìor gloria di Dio e di bene all'anima mia, come Lei mi diceva.

Qui in Viedma mi hanno dato il dolce ufficio di piccolo sagrestano nel Collegio, ufficio veramente invidiabile, perchè è così bello stare vicino a Gesù chiuso per nostro amore nel Santo Tabernacolo! Se non le è discaro presenti i miei umili ossequii a Mons. Cagliero che io considero come mio secondo padre e al quale domando umilmente la benedizione e anche al Rev.mo D. Michele Rua che sebbene non conosca personalmente, amo assai come degnissimo Successore di Don Bosco.

A nome di tutto il Collegio il Rev. D. Bernardo Vacchina manda moltissimi saluti a Monsignore e a Lei; le torni anche gradito il saluto del suo indegno figlio e amico in Gesù e Maria

ZAFFERINO NAMUNCURÀ.

Se mi potesse mandare qualche regaluccio mi tornerebbe molto gradito, forse Lei desidera che io lo domandi; e viva Gesù e Maria nei nostri cuori. Amen. Addio! (1).

(1) L'abbiamo riprodotta nell'ultimo numero. Cfr. Bollettino di marzo, pag. 82.

(1) Queste lettere furono inviate al Sig. D. Rua dal Missionario Don Giovanni Beraldi che le aveva ricevute solo il 13 dicembre u. s. dal porto di Genova. Tanto a spiegazione del nostro ritardo (N. d. R.)

IL CULTO DI Maria Ausiliatrice

Noi siamo persuasi, che nelle vicende dolorose dei tempi che corrono non ci restano altri conforti che quelli del cielo, e tra questi l'intercessione potente di quella benedetta che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani.   Pio PP. X.

SALUTIAMO con santo entusiasmo, o divoti, il sorgere del dolcissimo mese della nostra incoronata Regina!... Nel caro Santuario di Valdocco esso avrà principio con grande solennità il 23 corrente, cioè il sabato avanti la festa del Patrocinio di S. Giuseppe.

Ne' giorni feriali al mattino, dopo la messa delle 5.30, ed alla sera alle 19,15 dopo il canto d'una lode, si terrà un breve discorso e si darà la benedìzione col SS. Sacramento. Nei giorni festivi, questi discorsi avranno luogo dopo i Vespri delle 14,30 e delle 16,30. Ogni domenica poi, alle 10, vi sarà messa cantata per cura delle singole Scholae cantorum dei varii Istituti Salesiani di Torìno. Assistendo devotamente alle dette funzioni del mattino si può acquistare per concessione pontificia l'indulgenza speciale di tre anni, e facendo la Santa Comunione l'indulgenza plenaria quotidiana per i defunti.

I lontani non manchino di associarsi in ispirito a queste manifestazioni di profonda pietà; e più copiose scenderanno sul mondo intero le grazie e i favori dell'invocata Ausiliatrice.

Nel Santuario dì Valdocco.

SoLENNISSIME e piene di manifesta pietà riescono sempre le devote funzioni del primo venerdì del mese in onore del Sacratissimo Cuore di Gesù, e le altre indette per quest'anno a ricordo del faustissimo Giubileo dell'Immacolata Concezione. Ma chi potrà descrivere quell'affettuoso slancio per parte del popolo e quella grandiosità e gravità solenne con cui il 24 febbraio si compì la seconda Commemorazione mensile di Maria SS. Ausiliatrice? Oh! noi inculchiamo caldamente a tutti i nostri lettori che non manchino di rendersi famigliare questa dolcissima pratica, se vogliono toccar con mano, quanto sia gradita alla Taumaturga Regina di Valdocco (1).

Giunsero poi, sospirati con ardenti voti, i giorni 2, 3 e 4 Marzo, destinati alla Corte di !Maria. Chiamasi così a Torino la devota usanza di onorare con tridui continui, per tutto l'anno, le Immagini di Maria SS. venerate nella città. E questo primo triduo stabilito pel nostro Santuario aveva pur questo fine speciale, di ringraziare la Madonna di aver dato nel 1846 un luogo stabile ai nostro Oratorio, appunto nei prati di Valdocco, ove Ella siede ora Madre e Regina. È noto che D. Bosco fissava qui le sue tende il 12 aprile 1846, solennità della Pasqua di Risurrezione, proprio in quei giorni, in cui, umanamente parlando, sembrava che l'opera sua cominciata nel memorando 8 dicembre 1841 avesse a perire! E l'omaggio del solenne ringraziamento non poteva riuscire più imponente. Frequenza ai SS. Sacramenti, edificante pietà, maestà di funzioni incomparabile, ecco le note speciali di quei giorni. La sera poi del 4 marzo, cioè l'ultimo giorno del triduo, intervenne a tutte le funzioni con somma edificazione dei fedeli anche l'Eminentissimo nostro Arcivescovo, il Signor Cardinale Agostino Richelmy. S'inaugurarono in questa occasione due nuovi candelabri ai piedi del quadro prodigioso, di 26 candele elettriche caduno.

- Il 7 marzo uno stuolo di signori francesi, di ritorno da Roma, pellegrinava divotamente al Santuario, ed assisteva alla funzione serale cogli occhi estatici nell'Immagine prodigiosa.

Alcuni chiedono a quando a quando, se e come si possa far accendere una lampada ed una candela innanzi all'altare di Maria Ausiliatrice. Lieti che alla nostra cara Madonna si renda ancor più frequente questa bella manifestazione di amore e di confidenza, torniamo a ripetere che gli addetti alla sagrestia del Santuario sogliono già prestarsi a questo fine (1).

Indirizzare la corrispondenza al Rettore del Santuario di Maria Ausiliatrice - Torino.

-- Al medesimo indirizzo si rivolgano quanti bramano di ordinare tridui o novene di preghiere o di benedizioni col SS. Sacramento, all'altare di Maria SS. Ausiliatrice.

Nelle altre parti del mondo.

Di giorno in giorno, cresce la nostra meraviglia nel vedere il rapido incremento del culto alla nostra Ausiliatrice. Dobbiamo soggiungere che non ultima causa di questo raddoppiato fervore è la ricorrenza speciale dell'anno cinquantesimo dalla dommatica definizione dell'Immacolato Concepimento di Maria: ma noi tocchiam con mano che dal memorando 17 maggio 1903 l'amore e la divozione alla Vergine Ausiliatrice prese a dilatarsi ovunque con un crescendo costante.

- Loia, città dell'Equatore, brama da molto tempo i figli di D. Bosco. Per passare dai voti all'azione fondò un Comitato, il quale non seppe iniziar meglio i suoi lavori che facendo eseguire a Torino una magnifica statua dell'Ausiliatrice. E il vago simulacro salpò i mari e la prima domenica di dicembre fece il suo ingresso solenne in Loia. Fu un vero avvenimento. I religiosi Francescani, gli alunni del Collegio Nazionale e del Seminario, la Società Arti e Mestierí, la Congregazione delle Figlie di Maria coi loro ricchi emblemi e una grande moltitudine di popolo, mossero alla volta della casa campagna del sig. Agostino Carrión, dove aveva sostato la sacra Immagine. Quando i sacerdoti, vestiti dei sacri paramenti , si avvicinarono all'effigie e ne tolsero il velo che la copriva, tutto il popolo cadde in ginocchio, alzando un grido unanime di «Viva Maria! » Si recitarono quindi alcune orazioni, si cantarono diverse laudi con entusiasmo indescrivibile, indi si formo il corteo. Il percorso era tutto seminato di fiori ; sorgevano di tratto in tratto archi di trionfo, cento e cento bandiere sventolavano ai lati. La sacra Immagine fu collocata in un bell'altare della chiesa di S. Francesco, ove già si affollano i fedeli, in richiesta di grazie !

- Venendo ora a parlare dei grandiosi festeggiamenti che si svolgono mensilmente , durante quest'anno giubilare, ai piedi del maestoso monumento di Maria SS. Ausiliatrice, inaugurato in Nictheroy l'8 dicembre 1900 , dovremmo poter disporre non di poche righe di cronaca, ma di varie colonne del Bollettino. I lettori ricorderanno come questo monumento, innalzato quale omaggio a Gesù Redentore e al suo augusto Vicario in terra, nel 4° centenario della scoperta del Brasile e nel 250 anniversario delle missioni salesiane in America, ha per base una viva roccia di granito, posta alla cima di una collina di considerevole altezza, e di là si slancia a forma di torre, per ben trentotto metri ! La statua di Maria Ausiliatrice misura più di 6 metri di altezza! Ora, fu una stupenda idea quella di convenire l'otto di ogni mese o la seguente domenica ai piedi di quel monumento e là ripetere l'inno della divozione a Maria. Memoranda fu la giornata dell'8 dicembre. Celebrò messa campale lo stesso Eccellentissimo Nunzio Apostolico, Mons. Giulio Tonti, il quale ebbe a dire che la perla più fulgida per la corona dei festeggiamenti che il mondo intero intreccerà all'Immacolata partirà dal monumento di Maria Ausiliatrice di Nictheroy. - Il I dell'anno si ripetè lo stesso entusiasmo. Celebrò ai piedi del momunento Mons. Vescovo diocesano. alla presenza dell'Ecc.mo Sig. Dott. Nilo Peçanha, Presidente dello Stato, e fu commovente il vedere al momento dell'elevazione migliaia di pellegrini curvare riverenti la fronte e piegare le ginocchia a terra, mentre due bande musicali intonavano l'inno nazionale, e la statua dell'Ausiliatrice sotto i vividi raggi d'uno splendido sole in pieno zenit, pareva ardesse di luce. Oh! come era bello e lucente lo scettro che Ella stringe pietosa - E così ogni mese si ripeteranno gli stessi entusiasmi ; illustri prelati si succederanno per turno a celebrare la messa campale o a cantare le lodi della Vergine, e nuovi pellegrinaggi voleranno a ripetere l'inno del cuore ai piedi della Madonna di D. Bosco.

- Solenne e raccolta fu pure la festa dell'Immacolata a Punta Arenas. Venticinque fanciulli e cinquanta fanciulle che avevano fatto in quel di la prima comunione, fecero a tutte le funzioni corona di onore alla statua della Vergine Ausiliatrice, che, a causa d'un vento ostinato, non potè uscire, come gli altri anni, a benedire le vie di quella piccola capitale.

Orario delle sacre funzioni nel Santuario di Torino-Valdocco.

Il Santuario sta aperto tutto il giorno dalle 4 1/2 del mattino alle 8 1/2 della sera - Indulgenza plenaria quotidiana perpetua - Messe dalle 4 1/2 del mattino nei giorni feriali (a cominciare dal 23 aprile) sino alle 10; dalle 4 1/2 alle 11 1/2 nei giorni festivi. Vi sarà comodità di confessarsi anche nelle lingue estere, francese, spagnuola, portoghese , tedesca, inglese, polacca ed ungherese.

I maggio - 2a. Dom. del mese di Maria Ausiliatrice: la Messa cantata sarà eseguita dalla Schola Cantorum dell'Oratorio festivo di Valdocco - Continua la predicazione del Sac. Luigi Billieni, Salesiano.

6 maggio - Devota pratica del I° venerdì del mese.

8 maggio - 3a. Dom. del mese di Maria Ausiliatrice: Messa cantata dalla schola Cantorum del Seminario delle Missioni Estere di Valsalice.

12 maggio - Ascensione di N. S. G. C. - Come nelle Solennità.

15 maggio - 4a. Dom. del mese di Maria Ausilialiatrice. Comincia la Novena - Messa cantata dalla Schola Cantorum dell'Istituto S. Giovanni Evangelista.

17 maggio - Anniversario della Pontificia Incoronazione di M. SS. Ausiliatrice - Solenni funzioni, e particolare indulgenza plenaria a chi visita il Santuario dai primi vespri del giorno 16 alla sera del 17 - alle 7,15 Messa della Comunione generale celebrata da un Ecc.mo Vescovo : alle 10,30 messa cantata: alle 19,10 predica e benedizione col SS. Sacramento impartita da un Ecc. Vescovo.

22 maggio -- Domenica di Pentecoste (5a. del mese di Maria SS. Aus.) - Corte di Maria - Alle 10 messa con assistenza pontificale, e musica della Schola Cantorum delle Scuole Apostoliche del Martinetto; alle 15,30 vespri solenni, discorso e trina benedizione col SS. Sacramento.

23 maggio - Corte di Maria - Alle ore 3 pom. Conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane. -- alle 18,30 Primi vespri pontificali, discorso e trina benedizione col SS. Sacramento.

24 maggio - Solennità di Maria SS. Ausiliatrice - Corte di Maria -- speciale indulgenza plenaria - alle 7, messa celebrata da S. Em. Rev. il Cardinal Arcivescovo ; alle 10 messa pontificale di S. Ecc. Rev. Mons. G. Gamba, Vescovo di Biella ; alle 18 vespri, solenne processione e trina benedizione col SS, Sacramento impartita dall' Em.mo Card. Arcivescovo.

25 maggio - Alle 7, messa e preghiere in suffragio degli ascritti all'Arciconfraternita dei divoti di Maria Ausiliatrice e di tutti i benefattori defunti del Santuario.

29 maggio -- Festa della SS. Trinità: Alle ore 10, messa solenne.

(1) Nel Manuale del Divoto di Maria Ausiliatrice sì trovano tre care preghiere scritte dallo stesso D. Bosco, e destinate appunto per la detta solenne commemorazione mensile. Il Manuale trovasi presso la Libreria Salesiana al prezzo di 50 cent, in brossura, e di cent. 80 legato in tela.

(1) L'offerta per far ardere una lampada un sol giorno è di L. 0,5o; per un triduo L. 1,8o; per una novena L. 5,00; Volendo accendere invece una, due, tre, quattro od anche cinque e sei lampade, l'offerta cresce in proporzione. Le candele poi sono di varie dimensioni : ve ne sono da L. 0,50, 1, 1,50, 2, 2,50.

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

Bontà di Maria Ausiliatrice !

Dal dì del suo matrimonio, era sempre vissuto nella bella e infelice Ginevra, ove è così in fiore la dottrina protestante. Egli, il mio povero babbo, forse non ne seguiva direttamente le massime, ma ben si sapeva che non davasi alcun pensiero dei doveri cristiani. La sua vita era quella d'un povero dissipato, che pur sentendo l'amor di famiglia non ne segue i nobili impulsi; sicchè mortagli la moglie, separato dai figli, trascorreva, una vita infelicissima. Povero papà ! era tanto che non dava più sue notizie! Ma ecco che dopo essermi quasi rassegnata a quel silenzio, ricevetti una lettera di firma sconosciuta che mi diceva: -

Vostro padre gravemente ammalato, probabile perdita. - Ohi che momento ! perché non aver l'ali e volare presso di lui? Chiamai l'Ausiliatrice ! Pochi giorni appresso, ecco una notizia peggiore: il babbo era stato trasportato in un ospedale protestante. « Oh! Maria, esclamai, scendi dal Cielo e salva il padre mio; ritornalo in pace col Signore ! fa che io possa rivederlo in cielo! » Ci voleva un miracolo. Per mia padre isolato da' parenti cattolici, circondato da protestanti, assalito dal ricordo d'una vita dimentica di Dio, come poteva sperarsi un conforto cattolico ? Si capiva ch'egli doveva essere al colmo dell'agitazione, poichè da Ginevra mi si scriveva che gli mandassi con sollecitudine una lettera di qualche sollievo... ma due giorni dopo mi giunse un giornale protestante ove nella colonna dei morti si leggeva : Michele Suoch, morto nell'ospedale nostro. Chi poteva consolare il mio cuore? Ma ecco una lettera del R. Don Giacomo Missa, Missionario Italiano a Ginevra, che mi dava il desideratissimo annunzio: papà era stato visitato a tempo da un sacerdote cattolico, e munito dei conforti religiosi , era morto nella pace del Signore. Non ho dunque ragione di pubblicare con animo commosso questa grazia segnalata ? Oh! colla più viva riconoscenza io prometto di diffondere ovunque il culto della Madonna di D. Bosco.

Conegliano, Ottobre 1903.

CLOTILDE SUOCH,

Due parrocchie liberate dalla grandine.

Fino dal p. p. aprile notificava a cotesto Santuario che i miei parrocchiani, perseguitati in questi ultimi diciotto anni dalla grandine, avevano fatto voto di fare un'offerta pel maggior culto di cotesta Taumaturga Immagine, qualora andassero immuni dal suddetto flagello. Ebbene, oggi sono felice di poter annunziare che Maria SS. Ausiliatrice ci ha pienamente esauditi ! Due giorni dopo la solennità di questa amorosissima Madre, cioè il 26 maggio, cadde, è vero, fitta la tempesta ; ma non fece il minimo danno! Per cui i miei parrocchiani si credono in dovere di compiere la promessa, ed inviano per mezzo mio lire 300, riconoscentissimi alla Madonna di D. Bosco e dispostissimi a rinnovare la promessa nell'anno venturo. Le famiglie che fecero il voto sono 85; le tenga ognora sotto il suo manto la Vergine Ausiliatrice !

Pianzano (Treviso), 18 novembre 1903.

PASSAMAI D. GOTTARDO Parroco.

Anche il Parroco di S. Pier di Sotto in quel di Pianzano (Treviso), sig. D. Marini Pietro, con lettera 9 dicembre 1903, ci notificava come 55 famiglie della sua parrocchia fecero lo stesso voto e, riconoscenti pel favore ottenuto, inviavano al Santuario, per mezzo suo, lire 181,5o.

Noi pregheremo volentieri la pietosissima nostra Ausiliatrice a benedir sempre l'una e l'altra parrocchia, e a volerle preservare anche quest'anno dal temuto flagello.

LA DIREZIONE DEL Bollettino.

Oristano - Nell'ottobre del 1902 caddi gravemente ammalata con sintomi di pleurite e fortissima irritazione. allo stomaco che non tollerava neppure l'acqua ed il brodo. Tutti i rimedi riuscivano vani. Allora mi fu consigliato di ricorrere a Maria SS. Ausiliatrice. Pregai e pregarono per me persone caritatevoli e quasi subito si calmò l'irritazione dello stomaco e man mano tutti i mali disparvero. Ma fui poco riconoscente alla Madonna e quest'anno, alla stessa data fui nuovamente assalita dalla stessa irritazione di stomaco: ogni rimedio suggerito dal medico riusciva vano. Mi fu nuovamente consigliato di ricorrere all'Ausiliatrice dei Cristiani promettendo di pubblicare la grazia e nello stesso giorno cessò l'intolleranza di qualunque cibo e mi sono ristabilita. Riconoscente mando il presente cenno per il Bollettino.

31 dicembre 1903.

CASU MARIA LuigIA.

Bergamo - Un mio bimbo, di circa due anni, ammalato gravemente faceva temere della sua esistenza. - Ricorsi a Maria Ausiliatrice promettendole, che se prima di finire la novena il mio bambino si fosse rimesso, entrando in convalescenza, avrei mandata questa modesta offerta e avrei fatto nota la grazia ricevuta. Nell'ottavo giorno della novena, cessò per incanto l'altissima febbre, ne più ritornò. Ora il mio bimbo sta bene; ed io riconoscente ringrazio la potente nostra patrona Maria Ausiliatrice, prego farne un cenno nel Bollettino.

19 gennaio 1904.

ANNA BENASSI CORVI.

Torino. - La Signora E. A. ci scrive: - Già da parecchi anni mio marito si era messo in una lite nella quale spendeva tutti i nostri risparmi e tutte le nostre risorse. I nostri avversari erano influentissimi e uscivano sempre bene in ogni loro impresa. Per il giorno della discussione della causa il nostro difensore era impedito, ed io vedevo con terrore avvicinarsi la rovina della mia famiglia, quando pensai di ricorrere a Maria Ausiliatrice, e questa tenerissima Madre non fu sorda alle mie preghiere. Proprio alla vigilia rese libero il nostro avvocato, e finalmente uscì la sentenza a noi pienamente favorevole. Non ho parole bastanti per ringraziare degnamente sì buona Madre.

27 dicembre 1903.

LA DIREZIONE DEL Bollettino.

Casalbuttano (CREMONA). - Essendo stata dichiarata etica, fui consigliata a cominciare una novena a Maria Ausiliatrice. Accettai con fede il consiglio e fin dal terzo giorno mi sentii migliorare. Spero che la Madonna di Don Bosco vorrà continuarmi la sua benedizione.

12 dicembre 1903.

MARCHINI ALBORIA.

Carpeneto d'Acqui. - Paolina Ottria, affetta da bronco-polmonite che degenerò in menengite, fu ridotta agli estremi. I medici la diedero spedita, cosicchè le furono amministrati gli ultimi Sacramenti, che ella riceveste con edificante pietà, unico sollievo al nostro dolore. Mentre circondavamo il suo letto colle lagrime agli occhi, ci venne l'ispirazione di ricorrere a Maria Ausiliatrice. La preghiera fu tosto esaudita ; e noi, in pegno di riconoscenza, inviamo una tenue offerta al Santuario di Valdocco.

LE FIGLIE DI MARIA di Carpeneto d'Acqui.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:

A*) - Acqui: Don Guglielmo Folco, vice parroco 5, per una pia persona. - Agliano d'Asti: D. Franco Francesco 25, per una pia persona. - Alassio: Antonietta Vieraldo in Nattero, Maddalena Airaldi Nattero, Ignazio Nattero. - Alba Giuseppe Destefanis 1 - Alberobello : Felicetta Turi 5, per due grazie. - Alessandria: Goretta Francesca 6. - Alpignano: Pacchiardi Lucia. - Araras (Fazenda San Giuseppe) Brasile: Grazioli Abramo. - Asti: Pietro Garrone, C. M. 5.

B) - Barzio (Corno): D. Fortunato Rizzi io, per una pia Cooperatrice. - Barzesto: Angelina Bonomi 5 - Bazzano: Bianca Giongo 1 - Bellinzona: M. B. 5 - Berceto: Virgolesi A. 3. - Bevilacqua: N. N. 2. - Biogno: Vanoni Pietro. - Bogliasco: Mezzano Teresa 25. - Boitiere (Bergamo) : Omarini Catterina i. - Borgio Verezzi (Albenga) : Finocchi D. Pietro. - Borgofranco d'Ivrea: Ardissone Angela, invia un paio d'orecchini da sposa. - Borgo S. Marco di Montagnona. N. N. 2. - Bosconero: De-Zutti Maria. - Bra: i coniugi I.. B. 5. - Brescia: Bontarelli Rachele 5.

C) - Caltagirone: Nicastro Mariannina Clementi 5. - Camagna Monferrato: Mazzaza Albina, pel figlio Francesco. - Campiglia Cervo: Elinda Vanni io, pel suo primogenito; la stessa io, per pia persona. - Cannara: Emira Marchetti, per la sua zia. - Capodimonle: L. Malaguzzi 5. - Carmagnola: Canalis Pietro 5, per varie grazie. - Casalborgone: Casale Pietro i. - CasalrnoTferrato: Enrico Giambruno, chierico, i ; Adelina De Antonis 25. - Castelbuglione: Carelli Maria. - Castefranco Veneto E. P. - Castions di Strada (Udine) : Codarini Don Giacomo 5. - Cava;lio d'Agogna: Mandelli Maddalena 5. - Cavallirio (Novara) : Candida Sartorio io. - Casarò (Sicilia) : D. Giuseppe Caputo 6. - Cellino Attanasio (Teramo): Rosina d'Innocenzo 4. - Loglio: B. M. 5 - Como: Lucia F. 25. - Conegliano : A. M. - Corsico : Pozzi Angela 5. - Cravanzana : Ravina Albino 10. - Cremona : Angela Scatti 3. - Cuneo : Bergia Rosa.

D) - Divignano (Novara) : Paracchini Antonio 3. - Dorno: Perotti Giuseppe.

E) - Envie: Cravino Clemente 10.

F) - Faenza: D. Antonio Argnani 2, per una Cooperatrice. - Ferrara: Melannelli Cesare 11. - Firenze: Amelia Martinetti 3. - Fossano: Giacinta Banducco.

G) - Genova: M. R. tenente. - Gravellona (Lomellina) : D. Antonio Fonio 10, per Maria Rizzotti Pranzini di Vespolate Novara.

I) - Isola Rizza (Verona) : Emilia Bruni Masinielli u, pel figlio militare.

L) - Lanzo Torinese: Gindro Carlo. - Lomazzo: Bianchi Cairoli Livia 5. - Londra: De Maria Prudente 30.

M) - Magliano d'Alba: Bria Felicita 7 - Magoro: Atzeni Luigi 5. - Malito (Cosenza) : Dott. Gesualdo Gagliardi 2. - Marsala; Don Giuseppe Cavazza, pel Dott. Gio. Galfano. - Massalubrense: Isabella Vallaro. - Mazzara del Vallo (Trapani) Fiorentino Luigi 25. - Mezzano: Giuseppe Graziani io. - Mignanego (Genova): Sac. Carlo Risso i. - Milano: N. N. 2. - Mineo (Catania): Sidati Luigi Cagnana i. - Mirabello: A. A. - Moline di Montereggio (Piacenza) : Bruni Giulia in Mazzocchi io, pel suo figlio Antonio. - Moltedo: Gazzano Gio. Batta e Gazzano Giovannina io, per varie grazie. - Moncrivello (Novara) : Ferraris Teresa. - Monreale: Giuseppina Gusto i,5o. - Montemagno: Ferraris Enrichetta io. - Mulengo (Treviso) : Don Edoardo Lanzarini, parroco, 9,50 per preservazione dalla tempesta.

N) - Novara: Simonetto Angela 5. - Niscemi: Artesi Alfonso 5. - Novi Ligure: Baiardi Isabella 5.

O) - Olmeneta (Cremona) : Giuseppina Bellotti Cervi 1o. - Orano (Algeria) : Fernandez Giuseppe i. - Orbassano (Torino) : Antonio Marocco ; un padre di famiglia. - Ossona: P. Nardi, parroco, 5.

P) - Palermo : Cottone sudd. Francesco. - Parco (Palermo): Rosaria La Barbera 2. - Pavia: Ernesta Oliva 2. - Piacenza: Adele Ferrari r,5o. - Pinerolo: S. D. - Piobesi Torinese: Francesca Giaciglio. - Pistoia: Emilia Cornetto nata Fiani 5. - Pontestura: D. Luigi Bannone, Vicario, a nome di Corrado Gioconda 2. - Ponzano: N. N. io. - Portofino: Adele Bernero 5. - Prezza (Aquila) Giuseppe Giovannucci, segretario comunale.

R) - Retorto: Ranzone Clotilde. - Riva di Chieri: Bosco Tommaso e Bai Lucia, coniugi, 10, pel loro Michelangelo. - Rodello: Carbone Amedeo 2. - Roma: Italia Conti e famiglia 2. - Ronco: Mossetti Marianna 2. - Rosate: D. Eliseo della Beffa, Prevosto, 5, per una pia persona. - Rossiglione: Pesce Benedetto io, per la moglie Angela.

S) - Sambonifacio: Maria Duliman Perotti 10, pel consorte. - S. Carlo Peccia (Svizzera) : Giovannettina Lucia nata Rossi. - S. Gavino (Modena) lanna Filomena. - Sanico d'Afano (Monferrato) Meda Giuseppina 2 ; Aletto Pietro 5 ; Meda Angela io. - S. Leo (Pesaro) : Turci D. Giuseppe 5. - San Lussurgiu (Cagliari) : Anna Maria Deiana. - S. Michele d'Asti : R. A. 3. - S. Vincenzo di Borgotaro: Ermelinda Fuguccia in Baruffati. - San Salvatore Monf.: La R. Direttrice dell'Ospedale 2. S. Stefano di Borgomanero: Teresa Zanetti Cerutti 6. - Savona: Rosso Alessandro Davide, per la consorte 5. - Scaldasole (Pavia) : Francesca Borella Polloni io. - Serravalle Scrivia: P. Grassi, chierico, 10. - Sliema (Malta) : San Fournier Paolina. - Spilimbergo (Udine): N. N. io. - Susa: D. G. V. 10.

T) - Tassarolo: Fava Camillo, 10.- Terranova (Sicilia): C. R. - Terzo: Emilio Badino 3. - Tonco (Alessandria) : D. Enrico Macchi 5. - Torino: Bosco Catterina ; Assoni Giuseppe ; Ida Leoni 5 Anna Moro, pel nipote Maurizio; Bertorero Amedea, un cuore d'argento ; Boccassini Romilda 5 ; Missia Michele, un cuore d'argento ; Cappello Felicita, 2 ; Gossa Laura ; C. G. 5, per due grazie ; G. A.; Gautero Angelo ; Berra Teresa ; Mich. Pulch, chierico ; Luisa Volva 5 ; Cappelli Serafina ved. Capelli 5 ; Maria Chiabrera 10. - Trecastagni (Catania) : Catterina Bottari nata Reitano. - Trinità: Audisio Marghero 12.

V) - Varano (Massa): Groppi Carolina 5. - Varazze (Genova): Caviglia Delfina; Virginia Locatelli 5. - Venezia: L. D. B. 5. - Verolengo Sandrina Tricerri 5. - Verona: Maria Caliari 2. - Vigevano: Vaccarino Giuseppe. - Vigliano: Capra Lucia. - Vigonovo (Udine) : De Cecco Angelina 20. - Vig-o Radena: Gio. Battista Gasperi 25, a nome di Pietro Balbon, Battista Baldon e Scarazini Battista. - Vodo: Belfi Maria fu G. B, 2. - Voirè: G. Noli 2. - Pira Gamb. (Ticino) : Angiolina Regazzi 20, a nome di varie Cooperatrici e per la nipote Vitalina. - Volvera: Piario Teresa 20.

U) - Udine.- Laurina Canciani 5.

X) - Lanfranco Vincenzo 5; Cerrato Luisa 2; Coggiola Orsola 1 ; Ballasio Luisa 1 ; Lanfranco Domenico 1 ; Maiolini Camillo 5 ; Invernizzi Felice e Margherita Locatelli 4 ; una Cooperatrice di Lombardia 25 ; Paroli Francesco, pel figlio Pasquale.

NOTIZIE COMPENDIATE

In Italia

Ancora delle feste in onore di S. Francesco di Sales. - Ci son pervenute altre relazioni di feste celebratesi in onore del nostro Santo Patrono e di solenni conferenze tenute in tale circostanze. Ad Alassio p. es. la sera del 30 p. p. gennaio, nonostante la pioggia, i Cooperatori Salesiani accorsero assai numerosi nella Chiesa di quel Collegio. Il conferenziere, letta l'ultima circolare del R.mo Sig. Don Rua ai Cooperatori, prese occasione a dire dei molteplici modi di fare la carità, fermandosi particolarmente su quello della preghiera. Il giorno seguente si festeggiò S. Francesco di Sales con numerosissime comunioni e canti e suoni, eseguiti dalla Schola Cantorum del Collegio.

A Faenza la stessa festa ebbe luogo il 31 gennaio. A rendere più numerosa la Comunione generale distribuita dal Can. D. Emilio Spada, concorsero buon numero di giovani dell'Oratorio Festivo e di altri divoti faentini. Cantò messa il Parroco, D. Domenico Pasi, Direttore Diocesano dei Cooperatori e nel pomeriggio la funzione si concentrò nella Conferenza detta magistralmente dal Can. Dott. Francesco Lanzoni, Rettore del Seminario.

Solenni festeggiamenti ebbero luogo anche nel Civico Collegio di Varazze con intervento dell'Ecc.mo Mons. Giuseppe Salvatore Scatti, Vescovo Diocesano, il quale si degnò di celebrare la messa della comunità ed assistere pontificalmente a quella solenne. Nella parrocchia del Torrione di Bordighera, dove prese parte a tutte le sacre funzioni e disse il panegirico di San Francesco e tenne la prescritta conferenza lo zelantissimo Mons. Ambrogio Daffra, Vescovo di Ventimiglia.

Anche a Stella S. Martino, vicino a Varazze, il 16 febbraio si tenne pubblica conferenza. L'oratore, il nostro direttore di Varazze, cercò di far rivivere l'amabile figura di D. Bosco, la cui anima, ardente come quella di S. Francesco di Sales, non ebbe che una sola sete inestinguibile - le anime. - Disse che a dissetare quest'arsura aprì Collegi, Ospizii, Oratorii festivi, scuole serali, colonie agricole, ove e sacerdoti e laici, già da lui imbevuti del suo spirito, attendono alla educazione morale e civile di migliaia e migliaia di giovani, animandoli ad essere buoni cristiani ed utili cittadini. Aggiunse che dilatando gli spazi della carità, Don Bosco levò lo sguardo alla lontana Patagonia, alla Terra del Fuoco, alle Isole Malvine e là pure mandò i suoi missionarii, i quali mentre spargono la buona novella fra quelle tribù, assistono i nostri connazionali, che trovano nei figli di Don Bosco i loro più fidi amici. Fece conoscere la gran bella cosa che è l'essere Cooperatore Salesiano in quanto per mezzo di elemosine e di preghiere si entra a parte del merito di tanto bene che si fa. Presiedeva la Conferenza il degno Arciprete D. Marcello Scarrone, che volle egli stesso raccogliere l'obolo dei suoi parrocchiani.

- Anche in America la stessa spontaneità e solennità di festeggiamenti.

A New York ebbero luogo nella Chiesa della Trasfigurazione. Accanto all'altar maggiore, tra lumi e fiori si ergeva la nuova statua del Patrono dei Salesiani, che attirava gli sguardi di tutti. In tutte le messe del mattino fu consolante le stragrande il numero dei devoti che si appressarono al sacro banchetto eucaristico. Dopo il Vangelo della Messa solenne, il Dott. Ferrante, della Curia Arcivescovile di New York, si presentava all'affollato uditorio, « e, come scrive l'Italiano in America, con dottrina soda, logica stringente, accento di fuoco, apostolica unzione, nobile e parco gestire, per ben tre quarti d'ora inneggiò al glorioso Vescovo Savoiardo, mettendo in piena luce la sua missione provvidenziale, la sua santità unita alla sapienza, la sua quasi inarrivabile mitezza e le sue opere imperiture. Con felicissimo e chiaro pensiero additò D. Bosco quale continuatore dell'opera del Santo di Ginevra per mezzo delle sue Missioni, sparse su tutta la faccia della terra, colla diffusione della buona stampa e coll'attirare a Dio tante migliaia di poveri giovanetti, mediante la mitezza e la carità cristiana. Alla sera, dopo il Vespro, Don Piovano tenne la solita annuale Conferenza ai Cooperatori salesiani, colà convenuti in gran numero, narrando delle quasi incredibili difficoltà che ebbe a sormontare D. Bosco per addivenire sacerdote, delle sue fatiche personali, dello sviluppo straordinario delle sue opere e, venendo al particolare, parlò del nuovo Collegio salesiano di Troy che raccomandò insistentemente ai Cooperatori di NewYork. »

A Buenos Ayres tenne la prescritta conferenza il Rev.mo D. Giuseppe Vespignani, Ispettore, il quale animò caldamente la generosità dei Cooperatori per l'erezione del nuovo tempio S. Carlo.

A Santiago, el Porvenir pel 31 gennaio uscì con varie fotografie istantanee della -festa di San Francesco di Sales celebratasi nel tempio della « Gratitudine Nacional » e con un bel ritratto del nostro fondatore.

BOLOGNA. - Il nuovo tempio votivo al Sacro Cuore di Gesù. - Spigoliamo dal Secolo del S. Cuore:

« Sorge questo maestoso ricordo dell'Anno Santo in Bologna fuori dell'antica porta Galliera, in guisa da aver la facciata sul prolungamento della via Inpendenza; e non a caso ma ad arte si è scelta una tale località, poichè, quantunque la nostra città abbondi di chiese, in quel sobborgo però da tempo se ne rileva il bisogno.

» Acquistata a tal fine da tempo l'area dal N. U. Conte Comm. Giovanni Acquaderni, tanto benemerito della causa papale non solo in Bologna, ma nel mondo intero, fu studiato il progetto dal valentissimo architetto prof. Edoardo Collamarini e venne affidata la direzione dei lavori all'ottimo e solerte ingegnere Luigi Reggiani.

» Come si può osservare dai disegni (ben diversi dai primitivi e notevolmente migliorati) il sacro edifizio si atteggia allo stile bizantino : sulla fronte principale, volta verso ponente come le antiche chiese, e nel mezzo della medesima, sorgerà la torre o campanile che per la sua altezza di metri 65, gareggerà colle altre numerose torri che adornano l'antica e dotta Bologna. Nella parte mediana il campanile , in nicchia apposita , conterrà una grandiosa statua del Sacro Cuore, e nella parte inferiore avrà un portico che protegge l'ingresso principale. Entrando da questo si trova il corpo della chiesa (di metri 52 di lunghezza per 29 di larghezza) che corrisponde alla grande cupola centrale, alta metri 51, e alle due mezze cupole che sono ai lati della medesima , al quale corpo principale si perviene anche dai due ingressi laterali che sono nei fianchi. A levante, in corrispondenza dell'atrio e del primo ingresso vi è il presbiterio, sopraelevato di circa due metri dal pavimento della chiesa e che ha ai lati due sagristie e due cappelle. Altre quattro cappelle trovansi nella parte verso ponente, due ad ogni lato della chiesa.

» Sotto al presbiterio vi è la cripta a cui si accederà dall'interno del tempio per mezzo di tre scale. Anche dall'esterno si potrà accedere alla cripta per due porte secondarie aperte nel muro verso levante e vicino all'abside.

» Quanto ai lavori già eseguiti, diciamo che nel 1901, oltre l'impianto del cantiere, e cioè recinto, tettoie, pozzi, ecc., si fecero le fondazioni e i muri dei sotterranei e si cominciò il grande basamento in Arenaria di Grizzana, che forma uno zoccolo su cui si erge la chiesa. Nel 1902 si ultimò tale basamento, si costruirono gli archi e le volte della cripta e si alzarono i muri perimetrali, i pilastri e i muri interni fino all'altezza di metri sette dal marciapiede esterno. Nel 1903 si è innalzata l'abside e la parte verso levante, ultimando tutte le pareti esterne, e si sono incominciate anche le vòlte delle cappelle e dell'abside.

» Nell'interno tutte le colonne e le membrature sono a mattoni scoperti, mentre i muri di fondo andranno intonacati. La parte decorativa è tutta ottenuta con mattoni, parte comuni e parte sagomati ; soltanto i capitelli e le basi delle colonne sono in pietra, e tutto viene eseguito e ultimato durante la costruzione per modo che nella parte già fatta non mancano che le vòlte e l'intonaco ai fondi dei muri.

» Quantunque poi tutto il sacro tempio sia un ricordo del solenne omaggio tributato dal mondo intero a Gesù Cristo Redentore e al suo Vicario alla fine del secolo xix e al principio del secolo xx, pure un avvenimento luttuoso, la morte del Papa Leone XIII, ha suscitato l'idea di erigere nella chiesa votiva un ricordo speciale del grande Pontefice, e cioè una cappella dedicata alla Vergine del Rosario, la quale porti scolpite le benemerenze di Leone XIII per Bologna e per il tempio del Sacro Cuore, per la costruzione del quale egli elargiva ben 25,000 lire. In essa cappella tutto - come diceva l'E.mo Cardinale Svampa in una sua circolare - tutto parlerà di Leone XIII; dagli stemmi, dalle epigrafi, dalle storiate pareti uscirà una nota concorde inneggiante alle gesta di Lui, mentre insieme il suo nome salirà nella preghiera del cristiano suffragio, poiché ivi appunto ogni settimana si celebrerà una Messa per l'anima benedetta del Pontefice del Rosario. Il nuovo Papa Pio X, appena conosciuta la generosa e nobile iniziativa, volle concorrervi con offerta cospicua, mostrando il desiderio che il suo stemma figurasse nel monumento che sarebbe eretto. Ma insieme con lo stemma pontificio altri ed altri molti debbono trovarsi affinchè la monumentale cappella riesca un vero plebiscito di amore al gran Papa defunto, e perciò alle diocesi, ai Vescovi, ai privati è rivolto un caloroso appello affinché coll'offerta non minore di 15o lire vogliano apporre ciascuno il loro stemma e così attestare la loro imperitura devozione al grande Leone. »

FIRENZE - Ars et charitas. - Fu buon pensiero delle illustri Dame del Comitato dell'Opera Salesiana in Firenze di fare un'esposizione-vendita di lavori artistici, che vollero chiamare felicemente : Ars et charitas, La vendita organizzata per più mesi con grande zelo ed intelligenza, fu effettuata nei giorni 30, 31 gennaio e i febbraio nella sala terrena del Palazzo Giuntini, Il risultato superò di gran lunga ogni aspettativa, mercè la signorile larghezza della presidente del Comitato, che volle gratuitamente offrire il locale, l'illuminazione ed il buffet, e l'ingegnosa carità delle altre dame che, con arte squisita, seppero attrarre tutta l'aristocrazia fiorentina nelle sale dell'esposizione ed in breve tempo esitare i numeri della lotteria fatta cogli oggetti più importanti, quelli del giuoco a premio certo e i quattrocentocinquanta e più lavori da loro stesse preparati e raccolti.

Fra pochi giorni si riprenderanno i lavori del Santuario della S. Famiglia e mercè il risultato dell'espozione-vendita (L, 5006,00) e la sottoscrizione aperta sul periodico omonimo, si vedranno sorgere finalmente sopra terra le mura che saranno pareti della casa di Dio. Alle esimie Signore Patronesse i nostri migliori ringraziamenti.

- LA Festa della Sacra Famiglia alla provvisoria chiesina titolare riuscì devotissima. Celebrò alle ore 7 e mezzo il superiore dell'Istituto che rivolse belle e commoventi parole ai giovanetti dell'Oratorio festivo, che insieme a buon numero di pie persone si accostarono alla S. Mensa. Alle ore io e mezzo, fu celebrata la Messa solenne con musica del M. Boissière a due voci chiare, eseguita con scrupolosa attenzione da una eletta schiera di giovanetti dell'Oratorio festivo La sera poi, dopo i Vespri in falso bordone, il M. R. Padre Bellandi di Santo Spirito espose con squisita delicatezza le cure e i doveri della famiglia cristiana nel riflesso della S. Famiglia di Nazaret, additando i dolori e le gioie che i padri e le madri incontrano nell'educàziane dei loro figliuoli. Grande il concorso dei fedeli e unanime il voto di poter quanto prima celebrare la dolcissima festa nel Santuario in costruzione. Faxit Deus!

MILANO - S. S. Pio X per i Salesiani di Milano. - Leggiamo nella Verona Fedele: Il Comitato Salesiano Milanese informò gli scorsi giorni S. S. del progresso continuo delle opere di D. Bosco, e segnatamente dei lavori in corso per la nuova Chiesa di S. Agostino. Il S. Padre gradì moltissimo di poter constatare un'altra volta il bene, che le opere di D. Bosco vanno compiendo e degnossi scrivere di tutto suo pugno sotto la lettera informativa preziose parole , delle quali riproduciamo qui la traduzione italiana a conforto e incoraggiamento di quanti hanno cooperato o coopereranno a queste opere:

« Lodiamo assai l'opera utilissima, necessaria e sana, mirabilmente incominciata e con costanza continuata: ed ai diletti sacerdoti e fedeli del Comitato Salesiano, come a tutti gli altri, similmente carissimi, che con oblazioni, o con prestazioni, o in qualunque modo concorrono al compimento di quest'opera, impartiamo l'Apostolica Benedizione auspice delle benedizioni celesti e pegno della nostra particolare benevolenza.

Dal Palazzo Vaticano, dell'anno 1904 il giorno 11 febbraio

PIO PP. X. »,

PISA. - Mons. Arcivescovo all'Oratorio Salesiano.

La domenica 21 febbraio segnerà una data per i superiori e gli alunni dell'Oratorio Festivo di via S. Eufrasia, diretto dai nostri confratelli.

Alle ore 15,30 S. E. R.ma Mons. Pietro Maffi , novello Arcivescovo di Pisa, entrava nella chiesa annessa all'Oratorio, dove lo attendevano più di 200 giovanetti d'ogni età e condizione. Dopo il canto di una lode, Mons. Arcivescovo, facendosi piccolo coi piccoli, rivolse belle ed appropriate parole a quella numerosa accolta di vispi giovanetti, tenendoli per una mezz'ora pendenti dal suo labbro.

Incominciò col rallegrarsi dello slancio religioso con cui avevano innalzato a Dio il loro canto ; presa quindi occasione del Vangelo della Domenica, delineò le norme che devono tenere perchè la vita in cui stanno per entrare sia santa e felice. La sua parola facile e persuasiva, che dimostrava la piena dei suoi affetti, sarà per molti un caro ricordo che li sosterrà in momenti difficili.

Terminata la funzione, S. E. Rev.ma, accolto dalla banda dell'Oratorio, si degnava partecipare unitamente a buon numero di benefattori dell'Opera Salesiana ad un breve trattenimento drammatico-musico-letterario, che fu a tutti carissimo.

Alzatosi infine Mons. Arcivescovo, rivolse bellissime parole prima ai Salesiani, dichiarandosi caldo ammiratore della loro Istituzione, poscia ai giovani del Circolo e dell'Oratorio, esortandoli a frequentare quel luogo di salute ed a ritornarvi anche fatti adulti ; quindi, fra le acclamazioni di quei cari giovanetti che gli si stringevano attorno per baciargli ancora una volta la mano, Monsignore risaliva in vettura.

Un Oratorio Festivo, conchiude la Croce Pisana, è sempre uno spettacolo commovente ed ai nostri giorni è mezzo atto a salvare i figli del popolo dal vizio della strada.

RAPALLO (GENOVA). - « L'Oratorio Festivo di Rapallo, così ci scrive l'egregio avv. Lorenzo Ricci, è in continuo e consolante progresso. I giovani che lo frequentano ogni domenica toccano il centinaio e fra essi non pochi hanno oltrepassato il diciottesimo anno, e nonostante l'età loro, così esposta ai pericoli, si mostrano zelanti delle pratiche religiose e de' loro doveri. Fra essi ultimamente venne istituito il Circolo S. Luigi, con una modesta e commovente funzione. Le scuole serali per gli operai dànno pure ottimi risultati sia per il numero dei frequentatori (circa 80), sia per la condotta ed il profitto. Procede egualmente bene la scuola di francese diurna e serale. Ora è sorta l'idea generosa di ampliare l'intera casa, ornai divenuta troppo ristretta. A tal uopo, come frutto di una bella conferenza detta il giorno 21 gennaio alla presenza dell'Ispettore D. Bussi e-di un notevole numero di accorsi, dal Direttore del Collegio di Varazze, si è costituito un doppio Comitato di signore e di signori coll'intento di tradurre in fatti la bella iniziativa. L'oratore mise nel suo dire in bella evidenza la necessità che l'Opera Salesiana in Rapallo, ora che ha superato felicemente le prime difficoltà, gitti più salde radici e più profonde al maggior vantaggio dei giovani e della popolazione intera. Ed' ora tocca al Comitato a mettersi all'opera ed ai buoni Rapallesi di coadiuvarlo col loro morale e materiale contributo. »

NECROLOGIA

Mons. VINCENZO MOLO Amministratore Apostolico del Ticino.

Il 15 di marzo u. s. spegnevasi a Lugano il secondo Vescovo del Canton Ticino, Mons. Vincenzo Molo.

« Pietre migliari dell'attività da lui spiegata nei sedici anni della sua amministrazione, quale Vescovo del Ticino, sono tra le altre, a giudizio del Momento: il riordinamento del Seminario, coronato dall'erezione del magnifico edifizio nei pressi di Lugano inaugurato or fan poche settimane e la chiamata di Salesiani nel Collegio pontificio di Ascona e l'istituzione del Collegio di Balerna, precisamente nella villa episcopale, affidato anch'esso ai figli di D. Bosco... » Pur tacendo delle altre particolari benemerenze di cui il compianto Prelato fu sempre larghissimo all'opera nostra, ci pare che queste semplicemente ricordate abbiano da stimolare ad abbondanti suffragi per l'anima sua tutti i nostri Cooperatori.

Il Sìg. Enrico Darbesio fu Francesco di Torino.

IL giorno di S. Francesco di Sales, munito di tutti i conforti di nostra Santa Religione, terminava la sua preziosa esistenza, trascorsa tutta cristianamente nel sacrifizio di se stesso a favore del prossimo, il Sig. Enrico Darbesio fu Francesco, zelantissimo Cooperatore Salesiano, e degno fratello del compianto Comm. Generale Emilio. La caratteristica di questo preclaro modello di cattolico sincero, fervente e generoso, ed insigne benefattore delle Opere Salesiane a cui mostrò sempre una specialissima benevolenza, distinguendosi tra i più caritatevoli nostri benefattori della prima ora, fu il silenzio con cui accompagnava l'esercizio della sua carità ; tanto che avrebbe voluto che le sue belle opere rimanessero nascoste anche dopo la sua morte, ordinando nel testamento che modesta fosse la sua sepoltura. Ma Iddio che è solito ad esaltare gli umili dispose che la sua non fosse una sepoltura, bensì un trionfo poichè si conobbe allora quante erano le persone e gli istituti che avevano goduto della sua beneficenza.

Religiosissimo, cibavasi con frequenza e con edificante pietà del Pane degli Angeli ; e provato ornai da lunga malattia e da gravi tribolazioni, che pur sapeva nascondere agli occhi altrui, non desiderava altro che partire da questo misero mondo per unirsi a Dio. E il Signore lo chiamava, come abbiamo detto, nella bella festa di S. Francesco di Sales. Per dovere di riconoscenza, noi pure abbiamo pregato per l'eterno riposo di quell'anima benedetta; ed ora, mentre presentiamo alle sorelle ed ai fratelli e ai nipoti le nostre sentite condoglianze, ci facciamo un obbligo di raccomandarla vivamente alle comuni preghiere.

Anna Panizzonì Ved. Colbacchìnì.

Quest'egregia Signora, che spese la sua breve esistenza nel più intenso amore a Dio, alla famiglia, ai poveri e vedova nel fiore degli anni, si valse del suo spirito cristiano, della sua mansuetudine, della sua coltura a santamente educare i suoi figliuoli, benchè dopo lunga malattia spegnevasi quasi d'improvviso la mattina del 19 gennaio u. s. Anche per quest'ottima Cooperatrice invochiamo particolari suffragi.

Luìgì Castiglia di Rosario Argentina.

Colla persona del Sig. Luigi Castiglia è scomparso un altro grande benefattore dei Salesiani dell'Argentina.

Modello del Cooperatore Salesiano, secondo l'idea di Don Bosco, non cessò, dopo che la conobbe, di proteggere l'Opera Salesiana colla parola e coll'azione. Sapeva farla conoscere dalle persone che si trovavano in grado di aiutarla, ed a tempo debito sapeva ancor difenderla contro i pregiudizi e le dicerie del volgo ignorante.

La morte non lo sorprese. Cattolico praticante, lo si vedeva con piacere avvicinarsi alla sacra Comunione con affetto di vivissima fede, dando così salutevole lezione di buon esempio agli uomini che si dicono cattolici e si vergognano di ricevere il loro Signore. Altra sua caratteristica fu lo zelo che ebbe sempre per la diffusione della buona stampa. Volava in seno a Dio il 17 gennaio u. s.

Giovanni Bonetto di Marcos Juarez (Argentina).

Anche questo Signore, agente del periodico Cristoforo Colombo che si pubblica dai nostri Confratelli del Rosario, e sincero ed attivo Cooperatore, abbandonava questo misero mondo la vigilia dell'Immacolata, 7 dicembre u. s. Sia pace all'anima sua.

Cooperatori Defunti

dal 15 Settembre al 15 Novembre 1903

268 Mocellin D. Erancesco, Parroco - Arlesega, Padova. 269 Molinari D. Bortolo - Roncadelle, Treviso. 270 Monetti D. Domenico - Villafranca Piemonte, Torino.

271 Montagnini Contessa Rosa di Mirabello - Trino Vercellese, Novara.

272 Moranzoni D. Carlo - Moiana, Como.

273 Morbelli Giuseppe, Giardiniere - Rivalta Bormida, Alessandria.

274 Morellin D. Antonio, Parroco - Provezza, Forlì. 275 Mortini D. Emanuele; Parroco - Anagni, Roma. 276 Mosserdotti Faustino - Volta, Brescia. 277 Motta Ernesta - Turbigo, Milano. 278 Motter D. Giacobbe - Tenna, Austria.

279 Mouchet Suor Carmela, Direttrice Manicomio - Torino.

28o Musolesi D. Giovanni - Trassasso, Bologna. 281 Mussi Francesca - Garbagna, Novara. 282 Muto Filomena - Caserta. 283 Nagari Pietro - Cilavegna, Pavia.

284 Naimo D. Vincenzo - Stilo, Reggio Calabria. 285 Nardi Augusto - Serego di Lunigo, Vicenza. 286 Neglia D. Giuseppe - Geraci Siculo, Palermo. 2S7 Nembrini-Gonzaga Marchesina Maria - Ancona. 288 Nicolai Astolfo - Firenze. 289 Nicolona Francesca, Maestra - Matita, Cuneo. 290 Nicolosi Nicolò, Avvocato - Catania.

291 Obert Amato Francesco - Champ de Praz, Torino. 292 Oberto Sebastiano - Cuorgnè, Torino.

293 Olivieri Oliviero, Maggiore in ritiro - Trento, Austria.

294 Opici Maria V.a Gasparini - Borgotaro, Parma 295 Ozzola Maria - Gragnano, Piacenza.

296 Pacelli Comm. Pietro, Consigliere Comunale - Roma. 297 Padre Emilio, Cappuccino - Siena. 298 Padre Manuel José Pereira - Braga, Portogallo. 299 Paganuzzi Cav. Luigi, Dottore - Venezia. 300 Pallini D. Domizio, Missionario Apostol. Parroco - Stignano, Lucca.

301 Panelli Bianchina - S. Salvatore Monferrato, Alessandria.

302 Panizza Paolo - Orsara Bormida, Alessandria. 303 Panizzon D. Giuseppe - Monticello, Vicenza. 304 Papi Natale, Operaio - Grignano, Firenze. 305 Paravicini-Brivio Contessa Isabella - Milano 306 Pareto Luigia - Sampierdarena, Genova.

307 Pascutti D. Lodovico, Canonico - Cividale, Udire. 308 Pastore Luigi, Chierico - Piossasco, Torino.

309 Pavesi D. Francesco, Rettore - Farinate, Cremona. 31o Pedranzini Maddalena - Bormio, Sondrio. 311 Pedretti Giov. Battista - Verona. 312 Pellegrini D. Angelo, Rettore S. Lucia - Parma. 313 Pellegrini D. Francesco, Professore - Belluno. 314 Pelleri Giuseppe - Murazzano, Cuneo. 315 Peloso D. Marco Antonio - Selva di Progno, Verona.

316 Perruquel Agostino - Chatillon, Torino. 317 Peruzzi P. Luigi - Fermo, Ascoli Piceno.

318 Peserico Teresa V.a Nob. Palazzi - Longara, Vicenza.

319 Petronio Maria - Pirano, Austria.

320 Piantanida Giovannina, Maestra - Boca, Novara. 321 Pignolo Ferdinando, Professore - Rovigo. 322 Piovano Giorgio, Torcitore - Cambiano, Torino. 323 Pisani Lorenzo, Precettore - Rabato, Malta. 324 Pistone Giovanni - Novara.

325 Pitantí D. Angelo, Parroco - Forno, Massa Carrara.

326 Polverino D. Giuseppe, Curato - Quarto, Napoli. 327 Pozzo Costante - Campo Fontana, Verona. 328 Prati D. Faustiniano - Tolè, Bologna. 329 Prato D. Giuseppe - Val della Torre, Torino.

330 Procenzano Raffaele - S. Cipriano Picentino, Salerno.

216 Ladini D. Luigi, Curato - Aprato, Udine.

217 Ianora Cav. Generoso - Potenza.

218 Iella D. Domenico, Arciprete - Bellegra, Roma. 21q Lanfranchi Ch.co Luigi - Como.

22o Langosco Alessandro, Ch.co - S. Salvatore Monferrato, Alessandria.

221 Laterza D. Giovanni - Putignano, Rari. 222 Lazzeri D. Arcangelo - Corniola, Firenze. 223 Legnani Luigi - Ferrara.

224 Leonardi Giuseppe, Avvocato - Firenze.

225 Locarni Giuseppe, Professore - Vercelli, Novara. 226 Lonati Socrate, Chierico - Volta Mantovana, Mantova.

227 Lorenzani D. Remigio, Arciprete - Brescello, Reggio Emilia.

228 Lucantoni D. Settimio, Canonico - Arcevia, Ancona.

229 Lucarini Mons. Lorenzo, Arciprete Catt.le - CornetoRoma.

230 Maderna Avv. Enrico, Causidico - Novara.

231 Maestri Francesco - Castelleto Scazzoso, Alessan, dria.

232 Magliola Lucia - Chiavazza, Novara.

233 Menenti D. Iorio, Rettore - Ginepreto, Reggio Em. 234 Mangili-Paravicini Enrichetta - Calolzio, Bergamo. 235 Mantovani-Marietti Matilde - Milano. 236 Marabini D. Vincenzo - Basiago, Ravenna. 237 Marati D. Pellegrino - Pianorso, Modena. 238 Marazzi Carlotta, Dam.lla - Novara.

239 Marcelli D. Etizio, Rettore - Granarola, Pesaro e Urbino.

240 Marengo Giacomo, Uff. in ritiro - Perosa Argentina, Torino.

241 Marchesi Paolo, Ragioniere - Codogno, Novara. 242 Marchetti Carlo, Avvocato - Codogno, Novara. 243 Marchi Camilla - Pavia.

244 Marchisio D. Clemente, Prevosto - Rivalba, Torino. 245 Marcolini Lucia - Gemona, Udine. 246 Marocco Clara - Valfenera d'Asti, Alessandria 247 Martinelli D. Edrisio, Parroco - Verdellino, Bergamo.

248 Martinelli Giuseppe - Sarezzo, Brescia.

249 Martini D, Giacinto - Felette, Vicenza. 250 Martinolo Teresa V.a Vigliani - Torino.

251 Maschio Gian Domenico - Caniglie d'Asti, Alessandria.

252 Maschio Giovanni - Doman, Austria.

253 Masi Mons. Giuseppe - Palermo.

254 Massaroli D. Renato, Prof. Seminario - Assisi, Perugia.

255 Massi D. Paolo, Economo Seminario - Ascoli Piceno.

256 Massucco D. Francesco, Arciprete - S. Giorgio Canavese, Torino.

257 Matteini D. Giuseppe, Parroco - Chiani, Arezzo. 258 Mazzella D. Domenico - Monte di Procida, Napoli. 259 Mentasti Ferruccio - Treviglio, Bergamo. 26o Merighi Clelia - Ravenna.

261 Merli Pietro, Amministratore Guerini - Venezia. 262 Micheletti Angelo fu Pietro, Sarto - Morano sul Po, Alessandria.

263 Miello Giacomo, - Molina di Ledro, Austria. 269 Milani Clelia - Spilimbergo, Udine. 265 Miliani Francesco - Peccioli, Pisa.

266 Mirri D. Gioachino - Torre S. Clemente, Siena. 267 Mirone-Rascona Rosaria - Ari Marina, Messina.

331 Proviero D. Antonio - Trenta, Cosenza.

332 Puddu D. Isidoro, V. Parroco - Albasanta, Cagliari. 333 Raggi Rosa - Amborzasco, Genova. 334 Ramazzoni D. Vincenzo - Padenghe, Brescia. 335 Rapelli Carolina - Codogno, Milano. 356 Ravetti Mons. Carlo - Casale Monferrato, Alessandria.

337 Realini D. Luigi - Tremona, Svizzera. 338 Rebuffo D. Paolo - S. Antonio, Cuneo. 339 Robullo Leonilda - Caserta.

34o Regis Felicita V.a Barberis - Sanfront, Cuneo.

341 Rettagliata Marino - Rovegno, Pavia.

342 Ricatto Pazienza - Poggiano di Riese, Treviso. 343 Rizzo D. Serafino, Cappellano Bagni Penali - Finalborgo, Genova.

344 Rocca Luigia V .a Gerbaldi - Torino.

345 Roscelli Giuseppe fu Giovanni - Bargone, Genova. 346 Rochis Carlotta V.a Enrico - Torino. 347 Rosani Maria - Brescia.

348 Rossetti Celestina - Cumiana, Torino. 349 Rossi Teresa - Arzo, Svizzera Tic. 350 Rossi Gaetano - Cagli, Pesaro Urbino. 35, Rovinetti Giulio - Lucca.

352 Ruggeri Teresa - Riva, Austria.

353 Sala Mons. Federico, Vescovo Ausiliare - Milano. 354 Sala D. Virginio, Parroco - Villa Raverio, Milano. 355 Salomone Giuseppe, Ricevitore in ritiro - Villanova Cuneo.

356 Sandri Giuseppe fu Giovanni - Virani, Cuneo. 357 Sandri Giovannina Bonaudo - Bra, Cuneo.

358 Sangiorgi D. Francesco - Tortona, Alessandria. 359 Sant Fourmier Giorgio - Hamrum, Malta. 36o Saracco Anna - Castagnito, Cuneo. 361 Sardi Maddalena - Torino. 362 Sardo Lorenzo - Carmagnola, Torino. 363 Saroldi-Ceppi Camilla - Torino.

364 Sartori D. Domenico, Prevosto - Brugneto, Piacenza.

365 Sasso Ab. D. Antonio, Cerimoniere - Vittorio, Treviso.

366 Scardiglia D. Antonio, Rettore - Marignolle, Firenze.

367 Sciolli n. Moira Domenica - Fossano, Cuneo.

368 Scroccianti D. Nicola, Arciprete - Apiro, Macerata. 369 Segalla Maria - Riva, Austria.

370 Selle Giuseppe, Professore - Verona.

371 Sefisi Attilio, Chierico - Pistoia, Firenze.

372 Silva Cristina, Ispettrice Istituto Sacra Famiglia - Torino.

373 Siniscalchi D. Vincenzo, Mansionario Cattedrale - Salerno.

374 Sinistri Marianna - Edolo, Brescia.

375 Siragna D. Vittorio; Parroco - Signoressa, Treviso. 376 Sismondini Felicita - Ventimiglia, Porto Maurizio. 377 Soardi Giuditta di Battista - Pisogne, Brescia. 378 Spadafora Antonina - Maletto, Catania. 379 Spadari D. Egidio, Curato - Ancona. 380 Speroni Antonio - Solbiello Olona, Milano.

381 Suor Gayda S. Croce, Superiora Domenicane - Ascoli Piceno.

382 Suor Maria Ottavia, Superiora Osp. Carità -Torino. 383 Suor Santa Pianaro - Pieve Tesino, Austria. 384 Suppini Bartolomeo - Marzabotto, Bologna. 385 Tacchini Luigia V.a Bottelli - Pavia. 386 Tardi ello-Bevilacqua Domenica - Chiampò, Vicenza. 387 Tanari Nob. Angiolina, Marchesa - Bologna. 388 Tarditi Maddalena V.a Testa - Bra, Cuneo. 389 Tarra Elena - Cremia, Como.

39o Tedda D. Quirico, Pievano - Padria, Sassari.

381 Thea D. Gio. Battista, Prevosto - Quaranti, Alessandria.

392 Thesauro di Meano Conte Carlo - Torino.

393 Ticozzi Gio. Antonio - Pasturo, Corno. 394 Tinello D. Mustolo - Pettorazza, Rovi,,-o. 395 T irapelle Maria-Fattori - Ronc , Verona. 396 Tonelli D. Bernardino, Arciprete - Priero, 397 Tonelli D. Francesco - Sarzana, Genova. 398 Tonelli D. Giuseppe - Murazzano, Cuneo. 399 Tonelli Pietro - Rioveggio, Bologna

40o Toni D. Bartolomeo - Capraia, Massa Carrara. 401 Toniolli D. Luigi, Curato - Cembra Austria.

402 Tononi D. Angelo, Cappellano - Formignano, Ferrara.

403 Tornabene D. Domenico, Rettore -Catania.

404 Torre Giovanni - Alba, Cuneo.

405 Torresani Mons. Tommaso - Trento, Austria. 406 Torresani D. Francesco - Trento, Austria. 407 Torresi D. Gaetano - Mendola, Catania. 408 Tosto D. Pietro, Parroco S. Berillo - Catania. 409 Tracanzan Girolamo - Breganze, Vicenza. 41o Tragella Amalia - Magenta, Milano.

411 Trasatti P. Emidio Agostiniano - Acquaviva Picena, A scoli Piceno.

412 Trombetti-Minelli Palma - Bazzano, Bologna. 413 Uberti Sofia V.a Florio - Biella Piazza, Novara. 414 Valsecchi D. Gioachino, Parroco - Calusco d'Adda, Bergamo.

415 Vanella Pietro - Gattico, Novara. 416 Varasi Giuseppina n. Curti - Pavia

417 Venovo D. Domenico - Fresonara, Alessandria. 418 Vespa Damigella Angelica - Asti, Alessandria. 419 Vicentini Geromina - Sampierdarena, Genova.

420 Vicenti D. Vincenzo, Curato - Borgo S. Pietro, Acquila.

421 Viridia Mons. Giuseppe Ant., Vescovo - Cariati, Cosenza.

422 Vitale di Torricella Contessa Virginia n. Chiavarina - Torino.

423 Vittuone Giulia V.a Bonelli - Bargone, Genova. 424 Vivalda Vittoria V.a Lamberti - Torino.

425 Vivian D. Giuseppe, Mansionario Catted. - Asolo, Treviso.

426 Zampieri D. Gaetano, Segretario Vescovile - Terni, Perugia.

427 Zampiron-Mozzi Teresa - Vicenza.

428 Zannino Maggiorino - Torino.

429 Zenone Rachele V.a Calzoni - Borgosesia, Novara. 480 Zenoni D. Benigno - Sorisole, Bergamo. 431 Zuretti Carlo - Mesenzana, Como.

APPENDICE.

Aielli D. Biagio, Canonico - Chieti.

Belli D. Giuseppe, Rettore - Pomino, Firenze. Cazzaniga Giovanni - Barzanò, Como.

Cellini Cav. D. Cesare, Arciprete - Ripatransone, Ascoli Piceno.

Gauci Cesare, Diacono - Valletta, Malta. Ghezzi Baldassare - Barzago, Como.

Ghigo D. Paolo, Canonico Sind. Capitolare - Lodi, Milano.

Ghiglione Maria - Pozzuolo Form., Alessandria. Ghisí Sac. Prof. Sebastiano - Giarre.

Mion Mons. Francesco, Canonico Penitenziere - Venezia. Monacò Carmelo - Palermo.

Olivero Contessa Carolina di Carzello - Diano d'Alba, Cuneo.

Orlando D. Antonio - Caronia, Messina.

Orsini D, Benedetto, Cappellano - Panicale, Perugia. Ottaviano Domenica n. Rua - Torino. Ottieri della Ciaia Contessa Virginia - Siena. Poè Margherita - Monticello d'Alba, Cuneo. Pollini Fortunato - Cavagnolo, Torino.

Polo D. Frenco, Confessore - S. Vito al Tagliamento, Udine.

Rinaldi D. Giovanni - Sarripoli, Firenze Ripamonti D. Cesare, Parroco - Barzanò, Como. Riva D. Pietro, Arciprete - Seriate, Bergamo. Rivetti Fortunata - Croce Mosso, Novara. Roncari Luigi - Campofontana, Verona. Viglino Giuseppe - Salto Canavese, Torino. Hildebrand D. Rodolfo, Parroco - Herrlingen-bei-Ulm, Prussia.