BS 1900s|1908|Bollettino Salesiano Novembre 1908

ANNO XXXII - N. 11.   Torino, Via Cottolengo 32.   NOVEMBRE 1908.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO

SOMMARIO: La Consacrazione di S. Maria Liberatrice   .   . 321 Società Anonima internazionale per la diffusione della Buona Stampa    322

Nuovi Missionari    323 Un caro ricordo . 325 Cenni biografici di S. S. Pio X (II. Dal sacerdozio all' episcopato)   . . .

Tesoro spirituale    330 L'Opera di D, Bosco in Polonia . . 33' Tra gli Emigrati: Buenos Aires Per la lingua italiana . .   334 DALLE MISSIONI : Matto Grosso : Da Cuyabà alle sponde del Rio Vermelho - Il viaggio dei piccoli Bororos - Grandi Antille: Come vivono i negri della Giamaica

TRA I FIGLI DEL POPOLO: Cronaca degli Oratori Festivi: Roma, Cagliari. Messico, Barranquilla 342

IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Pellegrinaggio spirituale - Due insigni privilegi al Santuario di Valdocco - Grazie e graziati   - 344

NOTIZIE VARIE: Pro scuola cristiana - Echi degli omaggi a D. Bosco Venerabile - In Italia: Cesarò-All'Estero: Mellez-lez-Tournai, Carabanchel alto, Cordoba    348

Necrologio e Cooperatori defunti    349

IL SAC. MICHELE RUA

annunzia ai benemeriti Cooperatori ed alle benemerite Cooperatrici che la mattina del 21 corrente, festa della Presentazione di Maria Santissima, l'Eminentissimo sig. card. Pietro Respighi, Vicario di Sua Santità, procederà alla solenne consacrazione del nuovo tempio di Santa Maria Liberatrice.

Confidando di essere in Roma per la faustissima circostanza e di presentare personalmente al Santo Padre l'omaggio dell'intera Famiglia Salesiana pel suo Giubileo Sacerdotale, promette d'implorare da Sua Santità una specialissima Benedizione Apostolica per quanti concorsero e concorreranno al compimento del sacro edifizio.

Società Ànonima Internazionale per la Diffusione della Buona Stampa CON SEDE IN TORINO

e succursali a NIZZA MARITTIMA, BARCELLONA (Spagna), LIEGI, LONDRA e VIENNA

Si è costituita una nuova Società per azioni col nome di Società Anonima Internazionale per la diffusione della Buona Stampa. Non è un'opera salesiana, ma per più ragioni noi sentiamo il dovere di parlarne ai Cooperatori e vivamente raccomandarla.

A ciò ne spinge in primo luogo il fine importantissimo che si propone la nuova Società, quale è quello apertamente dichiarato dal suo nome stesso.

Non occorre che spendiamo parole per persuadere i lettori del male immenso che oggi produce in ogni nazione la stampa cattiva ; poichè essi sanno come il Venerabile Don Bosco il quale ben comprese i mali e i bisogni dei tempi, non si limitò a spiegare per conto proprio un'attività meravigliosa per la diffusione di una stampa educativa e moralizzatrice, ma istituendo la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani vi trasfuse questo spirito cristianamente educativo e questa attività , per cui essi con tanta efficacia seguono e coadiuvano anche in questa parte del programma salesiano l'ammirabile opera sua.

E tale è pure lo scopo della nuova Società Internazionale, sorta per nobile iniziativa di alcuni esemplari capitalisti d'Italia, Francia, Spagna, Belgio, Austria ed Inghilterra, che si trovarono uniti nell'ammirazione e nell'aspirazione alle medesime finalità del Bollettino Salesiano, di quest'umile foglio che coll'aiuto di Dio e mercè l'appoggio degli onesti è riuscito a farsi omai in tutto il mondo araldo e propagandista di carità e di morale. La nuova Società infatti svolgerà la sua azione opponendosi (per esprimerci con parole del Regolamento della Pia Unione dei Cooperatori) alla stampa irreligiosa, mercè la diffusione di buoni libri, di pagelle, foglietti e stampati di qualunque genere (1).

Un'altra intima ragione nasce dalle strette relazioni che quind' innanzi avrà con la nuova Società il Bollettino Salesiano. A causa dell'accresciuto numero di copie e di edizioni (presentemente son nove le edizioni mensili, in altrettante lingue e in 270.000 esemplari) la stampa e la spedizione del Bollettino Salesiano non poteva più esser disimpegnata nelle Scuole Professionali dell'Oratorio ; per cui da qualche anno il rev.mo D. Rua, Superiore della Pia Unione, per mantenere l'impegno assunto con i Cooperatori, era stato costretto ad aprire un reparto tipografico, con operai esterni, unicamente pel Bollettino Salesiano. Oggi a facilitare ed assicurare una costante regolarità nella stampa e spedizione del periodico, offerendogli i suaccennati capitalisti le migliori garanzie, egli ha con formale contratto devoluto alla nuova Società Anonima Internazionale per la diffusione della Buona Stampa la pubblicazione e la spedizione del Bollettino Salesiano, obbligandosi a corrispondere alla medesima l'importo risultante come da prezzo convenuto; per cui la nuova Società può dichiarare nell'articolo 2° dello Statuto di aver «per oggetto l'esercizio e la pubblicazione di periodici, dei Bollettini Salesiani, di letture , opuscoli , foglietti e libri morali e religiosi. »

Sia dunque per lo scopo che si propone, sia per lo stretto vincolo che la nuova Società ha assunto col nostro periodico, non possiamo esimerci dal raccomandarla caldamente.

Per parte nostra, poichè la Società è internazionale e il Bollettino si stampa già in nove lingue, volentieri abbiamo annuito che ogni edizione del medesimo divenisse pur organo ufficiale della nuova Società, la quale perciò vi inserirà tutti quei comunicati che vorrà portare a conoscenza del pubblico e degli azionisti, disponendo ogni mese che le occorra, o parzialmente o totalmente, dell'ultima pagina dei singoli numeri.

Ma, a togliere qualunque equivoco, vogliamo espressamente notare come nonostante queste innovazioni - eccezion fatta per quegli azionisti che si atterranno all'articolo 9° (1) dello Statuto della Società e per ogni altro che volesse prenderne regolare abbonamento presso la Società editrice - l'invio del Bollettino Salesiano continuerà a farsi gratuitamente come pel passato a conto del Superiore della Pia Unione, cioè del sig. Don Rua, a tutti i Cooperatori, poichè egli per tutti ne soddisferà l'importo alla Società editrice. Perciò anche i Cooperatori continueranno, come pel passato, a tenore del loro regolamento (articolo VII, 3°) a non avere alcuna obbligazione pecuniaria, ma faranno mensilmente oppure annualmente quella oblazione che detterà la carità del loro cuore, indirizzandola al Superiore, cioè al sig. D. Rua, in sostegno delle opere promosse dalla Pia Società Salesiana.

Noi intanto, benchè siamo sicuri che essa non mancherà di trovare largo e valido appoggio in ogni parte, tuttavia auguriamo cordialmente alla nuova Società la più ampia diffusione anche in Italia, perchè con alacre attività essa possa attuare più prontamente e largamente il suo provvidenziale programma.

Chi desidera maggiori notizie su questa opportunissima ASSOCIAZIONE, le può leggere a pag. 352 del presente numero.

(1) Cfr. art. IV, 110 3.

(1) Ecco le parole dello Statuto, art. 9° : « Ogni azionista ha diritto a ricevere una copia del Bollettino nella lingua a scegliersi dal possessore dell'azione; in questo caso l'azione non concorrerà al dividendo e sarà depositata o presso la Sede della Società o presso una delle Succursali ».

Nuovi Missionarî

Peì nuovì Missionari che la sera dell'ultimo giorno di ottobre, vigilia della solennità di Tutti ì Santi, si prostrarono innanzi l'altare di Maria Ausilìatrice nel Santuario di Valdocco per implorare le divine benedizioni sul loro viaggio e sulle loro future fatiche, chiediamo affettuose preghiere.

Iddio li benedica quei generosi e dia loro di poter raccogliere copiosi manipoli nel suo mistico campo!

Daremo nel prossimo numero un breve ragguaglio della commoventissima cerìmonia.

Un caro ricordo

CARO davvero è il ricordo, e ci par tanto caro che non sappiamo Privarne i lettori.

« ...Un fausto avvenimento - scriveva il 19 agosto 1886 Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giuseppe Sarto, Vescovo di MANTOVA, al Clero e al popolo della sua diocesi - un fausto avvenimento si sta maturando sul capo venerando del nostro Santo Padre ed è il suo Giubileo Sacerdotale!

» Forse in altri tempi questa particolarità nella vita del Capo della Chiesa sarebbe trascorsa più o meno festeggiata nell'intima cerchia dei suoi famigliari. Ma il Pontefice che occupa adesso la Cattedra Apostolica, ebbe una carriera sparsa di tante tribolazioni, ma le sue opere meravigliose l'hanno reso tanto caro ai cuori cristiani, ma la Chiesa intera patì e patisce tanto per le di lui sofferenze, che niente di ciò che riguarda la sua persona, può trovarci freddi ed insensibili ».

È superfluo il notare che quanto Mons. Giuseppe Sarto scriveva pel Giubileo Sacerdotale di Papa Leone XIII, di cui Egli doveva essere il glorioso Successore col nome di Pio X, da noi è affettuosamente riferito al Sacerdotale Giubileo di Lui, regnante Pontefice , che il 16 di questo mese ne celebrerà solennemente il pio ricordo in Roma. Noi quindi con Lui ripetiamo

« Tra i molti e vari sentimenti che possono commuovere la nostra anima di fronte a questa bella commemorazione, è necessario che sorga primiero il sentimento della fede. Se infatti gli affetti più dolci e gentili suggeriscono un gaudio purissimo allora che si tratta di una festa di tal genere ma affatto privata, chi potrebbe dire quale incanto essa assuma, quando vi entri la religione e vi si unisca ciò che della Religione è centro e vita: la maestà del Romano Pontefice!... Per noi il Papa è il Custode del S. Vangelo, il depositario ed interprete della dottrina di Gesù Cristo, il dispensatore supremo dei tesori della Chiesa, il capo venerando della Religione cattolica, il primo Pastore delle anime, il Maestro infallibile e quindi la guida sicura che ci dirige nei sentieri di un mondo involto nelle tenebre e nelle ombre di morte.

» Che se le sètte, avendo capito che tutta la fortezza della Chiesa sta nel Papa, che tutta la fermezza della nostra fede è fondata sopra il Successore di S. Pietro, hanno deciso in tutti modi di dare l'assalto al Papato, e di staccarci da esso rendendo il Papa oggetto di indifferenza, di odio e di disprezzo; quanto più esse cercano d'indebolire la nostra fede, il nostro amore, il nostro attaccamento al Capo della Chiesa, tanto più noi dobbiamo stringerci a lui con nuove e pubbliche testimonianze di fede, di obbedienza, di venerazione, testimonianze tanto più doverose, quanto il Pontefice, che così sapientemente ci governa, ha maggiori titoli all'omaggio e alla riconoscenza dei suoi figli.

» La gratitudine è un sacro e, per tutti gli animi generosi, è insieme un dolce dovere. L'adempimento di questo non può essere grave che a quegli infelici, i quali hanno chiuso il cuore ad ogni nobile affetto, perchè l'esser grati ai ricevuti benefici è un impulso della natura, il mostrarsi tali è un bisogno del cuore. Che anzi, poichè il primo sospiro dell'uomo fu un sospiro di gratitudine, e la bontà di Dio abbassandosi inverso la creatura di esso si compiacque, così la gratitudine diventa un sentimento, direi quasi celeste, perchè santificato dalla fede avvicina l'uomo a Dio, e degno lo mostra dell'alta sua destinazione

» E se è innegabile il debito imposto dalla fede e dalla gratitudine a chi è il successore di Pietro e la guida sicura dei fedeli, un tale attestato è più che mai doveroso in questi tempi, in cui non contenti gli empi di assalire il Papato, e di metterlo in discredito presso il popolo, non si vergognano di lanciare i loro dardi avvelenati contro la stessa Persona del Vicario di Gesù Cristo, amareggiando quel cuore, che sotto l'influsso di una mente elevata si dischiude ogni giorno a generosi e magnanimi sensi.

» Questa è l'ora dell'avversità e dell'odio a quanto si riferisce al Papa, alla Chiesa, alla Religione, è l'ora delle potenze infernali, e quindi, se i nemici lo coprono di obbrobrio, lo gettano nel fango, e si sforzano di schiacciarlo sotto il peso delle iniquità, noi dobbiamo esibirci a ministri di quella Provvidenza che additandolo alla universale venerazione lo circonda di gloria...

» Ma anzi tutto ci conviene pregare   Stringetevi tutti in una santa lega di preghiere per implorare da Dio benedetto l'esaltazione di Santa Madre Chiesa, la conservazione del Sommo Pontefice, e la conversione di tutti i nemici del bene...

» Ma la sola preghiera non basta; bisogna unire anche l'opera della carità e della limosina. Nè vi sorprenda che si domandi l'elemosina pel Santo Padre. A voi non è ignoto, com'Egli per provvedere alle esigenze della sua dignità e del suo ufficio, sia costretto a ricorrere all'obolo dei fedeli...

» Non vi spaventino le insinuazioni, le malignità, le beffe degli empi; ma ai loro scherni, alle loro invettive, ai loro tradimenti si contrappongano uniti e concordi gli affetti, le acclamazioni, i doni al S. Padre. Siate tutti con cordi a dispetto di coloro, che con mille artifizi cercano di portare nel campo cattolico la disunione, a dispetto dei falsi fratelli che legati in amicizia con uomini nemici alla Chiesa tentano sedurci con vane speranze, a dispetto di quei vili che senza nessun riguardo, non fosse altro al posto che occupano, non si vergognano di iniziare delle dimostrazioni contro le feste cordiali e pacifiche che si stanno preparando. Siate concordi nello spirito della fede, nel vincolo dell'amore, e Iddio vi donerà quella benedizione promessa ai figli che consolano il Padre: In fatti e in parole, e con tutta pazienza onora il padre tuo, affinchè la benedizione di lui venga sopra di te e ti accompagni alla fine. La benedizione del Padre felicita le case dei figliuoli: Benedictio Patris firmat domos filiorum (Eccli. III, 9, 10, 11).

Fin qui Mons. Giuseppe Sarto, Vescovo di Mantova.

E non è questo, o buoni Cooperatori, veramente un caro ricordo?

CENNI BIOGRAFICI di Sua Santità Papa Pio X (1)

Cappellano a Tombolo.

Nell'ottobre del 1858 il novello sacerdote Don Giuseppe Sarto, obbediente agli ordini del suo vescovo, andava ad incominciare la sua carriera ecclesiastica a Tombolo.

Il paese contava allora 138o anime. Tutti i redditi del cappellano si riducevano ad una modestissima questua di frumento e di granturco, che si doveva fare all'epoca dei due raccolti. Questo il reddito certo, che tante volte a motivo del secco o della gragnuola diventava pur troppo anche incerto, e allora - nota il Marchesan - bisognava comperarsi, con la misera elemosina della messa, anche il pane e la polenta necessari per vivere. I così detti incerti, che nelle grosse borgate sono un aiuto per camparla alla men peggio, nel villaggio di Tombolo erano quasi nulli affatto. Ma a questo non pensava più che tanto il nostro D. Giuseppe. Il Signore l'aveva messo là, e là certamente egli l'avrebbe campata.

D. Giuseppe andò a Tombolo con un disegno bene delineato da molto tempo: - Studiare per predicare e confessare; predicare e confessare per far del bene; aiutare i fedeli in tutto quello che avesse potuto, materialmente e moralmente; assistere gli infermi, soccorrere i poveri, istruire gli ignoranti e, in modo speciale, educare cristianamente la gioventù; in fine, in tutto e per tutto stare soggetto al proprio parroco: - ecco in poche parole il programma che egli aveva in mente quando assunse l'ufficio di cappellano di Tombolo. E, buon per lui, che ebbe anche la fortuna di trovare nell'arciprete di Tombolo, il buon Don Antonio Costantini, un saggio consigliere, anzi un maestro ricco di dottrina e di esperienza; cosicchè, arciprete e cappellano, dopo pochi giorni, s'intesero pienamente. Era in tutti e due una sola aspirazione: il far del bene ai loro parrocchiani; - in tutti e due una nobile passione: per la musica e l'oratoria sacra; - amavan tutti e due una santa ocupazione: lo studio della Bibbia e dei santi Padri; - in tutti e due fine e delicatissimo un sentimento: alleviare, materialmente e moralmente, a seconda delle proprie forze, le miserie dei bisognosi.

D. Giuseppe oratore.

D. Giuseppe aveva pregato l'arciprete Costantini di avvertirlo sinceramente dei difetti della sua predicazione, ed una delle prime volte il buon arciprete gli disse: caro Beppi, de sti pastizzi non più! Don Giuseppe lo ringraziò dell'ammonimento e cercò di correggersi. Di fatto un'altra volta che predicò, il Costantini gli disse francamente: Ah! così, Don Beppi, te me piasi! Il giovane sacerdote, lieto dell'incoraggiamento ricevuto da chi tanto stimava, continuò a predicare, a scrivere, a correggere, tanto che, dopo un altro discorso, il Costantini lietissimo dei progressi del suo cappellano poteva dirgli : Ciò, don Beppi; guarda che no xe prudenza che el capellan fazza megio del piovan!

Così, a poco a poco, sotto il magistero del buono e bravo Costantini, D. Giuseppe Sarto acquistò fama di valente oratore, e paesi e grosse borgate andavano a gara per udirlo dal pulpito delle loro chiese. Difatti egli predicò più volte a Galliera, a S. Martino di Lupari, a Cittadella, a Castelfranco, a Godego, a Fontaniva, a Cam posampiero, e in quasi tutti, si può dire, i villaggi di quel territorio; e dovunque la parola sua facile, spontanea, l'ordine dell'esposizione semplice e chiaro e la sua erudizione ecclesiastica sobria ed appropriata, movevano l'animo dei fedeli, che uscivano dalla chiesa pieni di santo entusiasmo.

In mezzo al popolo.

Ma la predicazione non era, come abbiamo detto la sola occupazione cui il Sarto si applicasse. Anche allora, come oggi Pontefice, egli voleva, con ogni sforzo, instaurare tutto in Cristo. Guai a farsi sentire da lui a bestemmiare! era tanto l'orrore che egli aveva delle bestemmie, che fu veduto più volte infiammarsi di santissimo sdegno contro i profanatori del nome di Dio! Appassionato della musica, è in gran parte merito suo se pur oggi a Tombolo, in luogo di quel canto vesperale agrestemente snaturato che s'ode nelle chiese di molti villaggi, si sentono invece, sebbene per il lungo lasso di tempo che vi corse sopra un po' alterati, dei buoni falsi bordoni a tre e a quattro voci!

Inoltre, uscito dal popolo, allevato col popolo, mandato ad esercitare il suo ministero sacerdotale in mezzo al popolo, a Tombolo il Sarto divenne in breve popolarissimo. Non contento di aver fondato una Scuola Serale in cui tolse per sè gli analfabeti, mettevasi a quando a quando anche in mezzo a piccoli crocchi di uomini e di giovanotti, parlava con loro, conversava con loro per sentirne i discorsi e conoscerne i bisogni e le aspirazioni. Talvolta lo si vedeva, come il Venerabile nostro Padre D. Bosco, in mezzo a gruppi di fanciulli, partecipare persino ai loro giuochi, o intrattenerli con episodi edificanti e con racconti piacevoli!

L'eroe della carità.

Ma, come fu sempre l'uomo della fatica, fu pur sempre l'eroe della carità. I soccorsi che distribuiva sorpassavano spesso il limite delle sue povere entrate, ed allora era costretto per uscirne a far qualche debito o a privarsi persino di qualche piccolo oggetto di valore, chè di grandi non ne aveva.

- La senta questa, reverendo -scrive il Marchesan - mi diceva un giorno un buon vecchio di Tombolo. Io doveva andare a Verona in cerca di lavoro; s'era in primavera, stagione assai triste per la povera gente di questi paesi. Non aveva un soldo, giacchè il piccolo raccolto dell'annata precedente, di solito, in questo tempo è bello e consumato tutto. Taglio corto. Come fo ora, dissi tra me, a trovare il denaro per il viaggio? I poveri non hanno credito, perchè tutto il loro avere sta nelle braccia, le quali, per disgrazia, non sono nemmeno assicurate. « Domando a D. Giuseppe » pensai; è tanto buono, e davvero, se lo può, non me lo rifiuta questo favore. Mi faccio coraggio adunque: vado a trovarlo, gli snocciolo a quatr'occhi la corona dei miei bisogni, e gli chiedo mezzo marengo (10 franchi).

- Volentieri, rispose D. Giuseppe, se ne avessi; ma denari... che vuoi?... ora proprio non ne ho.

- E granoturco, soggiunsi, ne ha?

- Granoturco sì, rispose.

- Allora ; replicai io.

- Allora vieni col sacco, disse lui.

» Andai tosto a casa, e tornai col sacco. Lo crede, reverendo? mi diceva il buon vecchio; nel granaio Don Giuseppe non aveva che un ettolitro o poco più di granone; fece due parti quella buon'anima e: « Una a te, disse, e una a me. Va bene? » « Va benissimo » risposi io. Insaccai il grano; ma mi sentivo un nodo alla gola e le parole per ringraziarlo non volevano salire; feci però uno sforzo e « Dio la rimeriti, Don Giuseppe! » gli dissi. Mi caricai il sacco sulle spalle e partii tentennando un po' sulle gambe. Ero commosso, capisce, reverendo, ero commosso ».

Oggi chi entra nella parrocchiale di Tombolo, sopra la porta di destra vede un busto di Pio X, in marmo, solennemente inaugurato il 1° maggio 1904 e sotto queste parole: A Pio Papa X - dal 1858 al 1867 cappellano di Tombolo - questa cara memoria - i Parrocchiani riverenti ed esultanti !

Parroco a Salzano.

Nell'aprile del 1867 la Curia vescovile di Treviso metteva a concorso cinque parrocchie vacanti. Fra quelli che chiesero di esservi inscritti vi fu pure D. Giuseppe la cui domanda venne accompagnata da questo preciso attestato:

« Si certifica che Don Giuseppe Melchior Sarto, cappellano di Tombolo, tenne mai sempre una condotta esemplarissima; che fu costantemente esatto nell'adempiere a tutte le discipline ecclesiastiche; zelante del proprio ministero ; tale infine da lasciar concepire le più belle speranze nel disimpegno della difficile carriera cui aspira, di pastore delle anime ».

E il cappellano di Tombolo Don Giuseppe Sarto fu nominato alla parrocchia più numerosa per abitanti e più importante per governo, cioè a Salzano. La notizia, d'uno in altro paese, giunse anche a questa parrocchia.

- Sarto?... si prese a dire mogi, mogi.

- Chi è questo Sarto?... domanda uno.

- Il cappellano di Tombolo: risponde un altro.

- A Salzano ci mandano per parroco un cappellano questa volta?

- Che cosa hanno pensato lassù a Treviso; Sono diventati pazzi?...

- Via! potrebbe anche darsi che questo benedetto cappellano di Tombolo non fosse neanche quella meschinità d'uomo che si crede, soltanto perchè è cappellano e cappellano di Tombolo.

- Ma non ha predicato qualche volta anche nel duomo di Treviso? In un duomo di Treviso non chiameranno mica a predicare gli scaccini di campagna!...

Così si parlava a Salzano, allorché si sparse la notizia che il cappellano di Tombolo era stato nominato a quella parrocchia ed è certo che questi ebbe non pochi pregiudizi da sbarazzare, ma superò anche l'aspettazione di coloro, che avrebbero voluto per loro arciprete o un parroco provetto ovvero un professore del Seminario !

La carità del nuovo arciprete, la sua predicazione veramente pastorale, la bontà dell'animo, l'instancabile operosità, la svegliatezza dell'ingegno, e, infine, con tutto questo, la pratica conoscenza degli uomini e delle cose, gli cattivarono ben presto la stima, l'affetto e la venerazione di tutti i Salzanesi.

Zelo pel Catechismo.

La fede dall'udito, dice l'Apostolo, e l'udito per la Parola di Cristo. Fondato su questo principio sacrosanto e memore della verità di esso, il Sarto, parroco, pose ogni cura specialmente nell'istruzione religiosa dei ragazzetti, per mezzo di una ben regolata e disciplinata scuola della dottrina cristiana, e degli adulti, per mezzo della spiegazione del Vangelo, ma soprattutto del catechismo che non mancava mai di fare.

« Vi raccomando, diceva spesso in chiesa ai suoi parrocchiani, di venire al catechismo. Venite pure anche al vespero: è buona cosa: è un omaggio anzi di devozione, che presentate al Signore, assistendo agli uffici divini, per la santificazione della festa. Ma piuttosto di mancare al catechismo, diceva, mancate pure al vespero ».

Di fatto - nota il Marchesan - egli aveva ragioni da vendere. Non è chi non vegga che i discorsi di maggior profitto spirituale per i fedeli sono sempre quelli di genere più famigliare, quali le omelie, gli esercizi spirituali e i catechismi. Il catechismo, si passi l'espressione, è come il dissodamento del terreno, l'apparecchio. Indarno getteresti la semente in un terreno non dissodato e non apparecchiato; perderesti, senza dubbio, semente e fatica. Le omelie, e gli altri discorsi più elevati, difficilmente impressionano un animo che non conosce gli elementi primi e fondamentali del catechismo. Ecco perchè il Sarto, e perché tutti i buoni e zelanti sacerdoti, più che d'una bella musica di chiesa, più che di discorsi e di cerimonie chiassose, si occupano, e devono occuparsi, prima dell'insegnamento della dottrina cristiana.

E poteva egli, creato Pastore universale, tenere e raccomandare altro sistema?

Prezioso ammaestramento !

Come a Tombolo, così anche a Salzano, il nostro Don Giuseppe lasciò prove splendidissime della sua carità, sebbene cercasse di esercitarla secretamente. Egli dava, quando vedeva il bisogno, senza pensare che quello che dava agli altri era spesso di prima necessità per lui; e così giungevano alle volte dei momenti terribili, nei quali non sapeva più a quale valvola di salvezza appigliarsi. Ad un uomo, che sta per naufragare, lo sanno tutti, ogni pezzo di legno è buono. Così la toccò a Salzano più d'una volta al nostro Don Giuseppe. « Oh! le conosco, diceva un giorno ad un intimo suo, le scale del monte di pietà di Venezia, perché quando era parroco di Salzano ho dovuto portarvi in pegno il mio anello parrocchiale! » Giunse perfino a vendere il cavallo, chè, per le molteplici necessità parrocchiali, don Giuseppe doveva tenere cavallo e carrozzella.

Un anno l'era andata assai male pei raccolti; e molti anche a Salzano pativano la fame. Il Sarto s'intratteneva con un amico quando entra in canonica il Segretario Comunale per raccogliere anche dal parroco l'offerta per i poveri, offerta ch'era stato incaricato lui con altri di andare raccattando qua e là dalle famiglie più agiate. « E Don Giuseppe - raccontò al Marchesan l'amico - sapete che cosa offrì in un'annata così scarsa? Venti sacchi di granoturco!..: Conducendomi poi a vedere e in alto e in basso, e a destra e a sinistra la sua canonica - era la prima volta ch'io lo visitavo a Salzano - guardando di qua e di là, per le stanze e pel granaio, m'avvidi, che, quanto a grano, non aveva che quello che aveva offerto per i poveri. Solo da un lato c'era un gramo mucchietto di fagiuoli allampanati e mezzo tisici. - E tu, quindi gli dissi, come te la caverai ora che ti sei spogliato di tutto? - Va là! mi rispose; la Provvidenza non mi manca mai ».

La Provvidenza non manca mai!... ecco una frase che si incontra spessissimo nelle lettere del Sarto; c'è nelle lettere di lui chierico, di lui prete, di lui vescovo, di lui cardinale, di lui papa! Prezioso ammaestramento!

Tutto a tutti.

La sua carità spiccò luminosissima in special modo nel 1873, durante il colera che mietè molte vite in quei paesi. In quell'occasione mostrò nel modo più splendido quanto bene, materialmente e moralmente, possa fare un buon parroco! Si sa che in tempo di epidemia, per necessarie precauzioni igieniche, anzi che di giorno, i cadaveri si sogliono seppellire di notte e senza alcun altro seguito che le persone necessarie al pietoso ufficio. Il Sarto che per assistere i suoi colerosi non dormiva nemmeno la notte e che per i bisognosi si levava il cibo di bocca, da parroco pietoso e saggio interveniva anche ai seppellimenti notturni, perchè le tristi cerimonie non fossero turbate da atti sacrileghi e per benedire in pari tempo, ancora un'ultima volta, le salme dei suoi parrocchiani defunti.

A Salzano pure curò assai la musica sacra e sotto il suo regime parrocchiale fu fatto il nuovo pavimento della chiesa e compiuti in essa altri lavori. Ma con tante fatiche, con tanti pensieri, sebbene fosse dotato dalla natura d'una complessione forte, robusta, tuttavia non potè alcuna volta non sentirne qualche svantaggio. Vi fu un tempo in cui i suoi amici e parenti ne furono seriamente impensieriti, e vedendo inutile ogni consiglio, non mancarono di sollecitare anche una buona raccomandazione del Vescovo; ma D. Giuseppe non posò per questo e continuò sempre la sua vita operosa, dedicandosi tutto a tutti, benedetto dal Signore.

Canonico e Cancelliere e Treviso.

Correva l'anno 1875. Il cancelliere vescovile era stato nominato di quei giorni parroco in un villaggio della provincia; restava quindi vacante in una diocesi che contava allora 210 parrocchie un posto assai importante. Vacanti erano pure alcuni stalli canonicali e l'ufficio in seminario di padre spirituale. Uomo di larghe vedute, il Vescovo Mons. Zinelli cercò di pigliare più piccioni ad una fava, o per dir meglio, di fare un solo viaggio e più servizi. Di fatto, nella primavera di quell'anno, nominò l'arciprete di Salzano canonico residenziale della cattedrale di Treviso, mostrando per tal guisa di apprezzare la mente e l'opera del futuro Pio X, acquistando nel tempo stesso in lui un attivissimo ed abile cancelliere per la sua Curia e un pio ed accorto padre spirituale per il Seminario. Questa nomina, come ognuno può comprendere, recò a Salzano gioia e dolore. I salzanesi infatti godevano nel vedere il loro parroco fatto segno, con quella elezione, alla stima dei suoi superiori; ma si dolevano in pari tempo di doverlo perdere... Chi sa quanti ricordarono in quella circostanza i discorsi che si erano fatti al suo ingresso in parrocchia!

Mons. Sarto comparve la prima volta nel suo stallo canonicale, all'ufficiatura del Duomo, la mattina del 28 novembre 1875, prima domenica d'avvento. Ma più che per recitare l'ufficio in coro coi colleghi, il Sarto era stato chiamato a Treviso per assumere l'ufficio di cancelliere nella Curia Vescovile e quello di direttore spirituale nel Seminario. Ogni statua ha la sua nicchia, dice un motto popolare; e, a dire la verità, il Sarto, assumendo quel doppio ufficio, si trovò proprio nella sua nicchia. Egli era davvero nato fatto per fare il Cancelliere, e nato fatto altresì per fare il Direttore spirituale.

Direttore spirituale in Seminario.

Il Seminario di Treviso contava in quel tempo diciassette classi, cioè: cinque elementari, cinque ginnasiali, tre liceali e quattro di teologia; un rettore; due vicerettori, uno per i convittori laici e l'altro pei chierici; venti professori. Superiori e professori, anche allora, come oggi, avevano tutti vitto e stanza in seminario.

L'autore della vita di Pio X, che entrava proprio di quegli stessi giorni per la prima volta in Seminario per continuarvi gli studi già cominciati nel paesello natale distante tre chilometri da Riese, ricorda come fosse oggi, quando il Sarto dalla modesta bigoncia del vecchio oratorio del seminario ( ora ridotto a biblioteca), tenne la sua prima conferenza, come direttore spirituale, ai chierici dell'istituto. « Cari chierici, - diceva egli - forse voi crederete ch'io sia un padre spirituale di quelli, che per la lunga esperienza, fatta in mezzo alla gioventù studiosa, per la vasta e profonda dottrina ascetica e teologica, per la bella esposizione di pensieri, possono dirigervi, consigliarvi, inoltrarvi, con tutta sicurezza, nella via per la quale, con l'aiuto del Signore, v'incamminate; ma io ( lasciatemi che ve lo dica schiettamente) non ho nulla o quasi nulla di tutto questo; io non sono che un povero parroco di campagna, venuto qui per volere di Dio; e poichè il Signore ha voluto così, bisogna che vi adattiate anche ad ascoltare la parola d'un povero parroco di campagna, e di compatire quindi se essa non è, quale dovrebbe essere, all'altezza di questo posto, che a me, indegno ed incapace, hanno voluto assegnare i superiori ». Al preambolo tenne dietro un discorso che entusiasmò tutti.

- Altro che parroco di campagna ! andavano esclamando i più grandi.

Da quel giorno cominciarono ad aver corso regolare le istruzioni e le meditazioni, queste e quelle ascoltate con attenzione vivissima da tutti gli alunni aspiranti al sacerdozio. Nelle meditazioni il canonico Sarto sapeva, senza fatica od ostentazione, con voce calma, con procedere spontaneo, trasportare ed introdurre la mente dei giovani nelle viscere delle verità cristiane, che proponeva da meditare; perciò l'alunno non faceva alcuna fatica per raccogliere il pensiero, fermarlo, disciplinarlo nella considerazione di queste verità. Nelle istruzioni poi era eminentemente pratico; non si perdeva in vane speculazioni, cui la mente del giovanetto non può tener dietro, ma mirava massimamente alla pratica; alla pratica vera, soda, reale, che deve formare del chierico un sacerdote, il quale sarà poi mandato a vivere, non nel sicuro e santo ritiro d'un convento, ma in mezzo al mondo ed alle sue perversità cui deve combattere, in mezzo ai fedeli cui deve evangelizzare, correggere, istruire, consigliare; e questa pratica egli non aveva punto bisogno di andarla a cercare sui libri, ma la aveva esperimentata egli stesso, come cappellano e come parroco.

Cuore di padre!

Mons. Sarto sempre pronto a tutti i bisogni dei giovani affidati alla sua direzione spirituale, li confortava, li dirigeva, li consigliava, ed i più poveri, per quanto le sue strettezze economiche glielo permettevano, spesso anche soccorreva. A Treviso c'è chi può attestare di aver ricevuto più volte da Mons. Sarto, ma coll'obbligo però di serbare il silenzio, l'ordine di fare questo o quel capo di vestito per il tale o tal altro chierico che ne abbisognava. Un chierico aveva bisogno per un'urgenza famigliare di 150 lire. Se fra pochi giorni non riusciva ad avere quei denari, il disonore sarebbe piombato sulla sua famiglia. Il bisogno urgeva: che fare? Consigliato, bussa alla stanza di Mons. Sarto. « Entro - narrò egli - lo trovo come al solito, seduto al suo tavolino, tutto ingombro di carte e di libri, che al fioco chiarore della tradizionale lucerna seminarile a tre lucignoli, stava scrivendo. «Che cosa vuoi?» disse subito che mi vide. « Un favore grandissimo, monsignore » gli rispondo io, tutto tremante ; e gli narro per filo e per segno la mia triste posizione. « Caro il mio ...! risponde egli subito dopo il mio racconto; mi spiace; ma hai sbagliato porta. Lo credi? non ho che poche lire ». Cavò infatti dalla tasca della veste talare, dove soleva tenere sempre tutto il suo peculio, poche lire, e me le mostrò. A quella dichiarazione e all'evidenza dell'impossibilità io mi metto a piangere. Monsignore si commuove; s'alza dalla sedia, e : « Coraggio, coraggio! mi dice. Chi sa che il Signore possa provvedere: vieni a trovarmi domani; e se non saranno cento e cinquanta, saranno cento ». Parto consolato. Al domani torno. « E dunque? » dice Monsignore tosto che mi vide. « E dunque? » ripeto io mezzo imbarazzato. « Ma che cosa ti pensi, continua egli, affettando serietà, ch'io abbia qui la fabbrica di carte da cento! » Io lo guardo; egli continua a rimanere serio e grave, io credo che dica davvero e prorompo in uno scoppio di pianto. « Vieni qua, vieni qua, fanciullone, disse allora lui; che cosa mi credi? proprio un accattone? ne ho io dei denari!... » E così dicendo apre un cassetto della scrivania e mi consegna le cento e cinquanta lire, che io gli avevo chiesto; ma aggiunse: « Presto tu sarai sacerdote; quando lo potrai, senza grave incommodo, me le restituirai, perchè, se te lo devo proprio dire, le ho trovate a prestito io stesso appositamente per te ».

Nuove prove di zelo.

Nell'anno scolastico 1883-84 insegnò anche religione nelle classi liceali, e gli scolari, ch'ebbero la buona ventura di averlo allora a maestro, ricordano ancor oggi il suo metodo paterno, affabile, piacente, la sua esposizione sempre chiara ed ordinata, della quale passava poi agli alunni un compendio pazientemente poligrafato da lui stesso. Con pari pazienza istruiva inoltre ed apparecchiava i giovinetti alla prima Comunione, i quali, tutt'altro che lamentarsi di dover lasciare il passeggio per questa istruzione, gioivano anzi, quando il superiore annunziava loro che avrebbero dovuto rimanere a casa per l'istruzione catechistica del padre spirituale. Tanto Mons. Sarto sapeva farsi piccino coi piccini, e rendere attraenti persino i più elementari insegnamenti!

E qui noi potremmo esporre mille altre prove della sua carità e del suo zelo. Oh ! non è vero che da questi nuovi appunti brilla di luce ancor più viva l'amabile figura di Papa Pio X ?

(Continua).

TESORO SPIRTUALE

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'INDULGENZA PLENARIA:

ogni mese:

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza.

dal 10 novembre al 10 dicembre:

I) il 20 novembre, festa della Presentazione di Maria Vergine;

2) il 22 novembre, festa di S. Cecilia;

3) il giorno 8 dicembre, solennità dell'Immacolata Concezione di Maria Santissima.

Inoltre: ogni volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche Chiesa) reciteranno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità ed un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.

L'Opera di D. Bosco in Polonia

L' OPERA di Don Bosco iniziata con umilissimi principii a Torino, si diffuse prima in Italia, quindi penetrò nella vicina Francia, e si trovò ben presto trasportata nell'America, ove si moltiplicarono le stazioni dei missionari e le case di educazione tra le popolazioni civilizzate. Nè tardò a divulgarsene la notizia nella Spagna e al Nord d'Europa, nell'Inghilterra, in Austria e nella lontana Polonia. Brevi biografie di D. Bosco, traduzioni delle sue operette, riassunti delle vite di Mamma Margherita e del sistema educativo salesiano fecero nascere il desiderio di avere in queste ultime parti i figli di D. Bosco. Una grande difficoltà stava nella mancanza di personale che conoscesse la lingua e gli usi di quelle regioni. Per la Polonia, di cui intendiamo parlare, Dio suscitò alcune vocazioni di adulti, tra cui sono da ricordare quelle del Principe Czartoryski e di D. Vittore Grabelski.

Era l'anno 1887, quando il principe D. Augusto Czartoryski, vincendo le gravi difficoltà opposte dai parenti ed interponendo la stessa mediazione di Papa Leone XIII, otteneva da D. Bosco di essere accettato nella Pia Società Salesiana, ove prese l'abito chiericale il 24 novembre e rinnovò gli esempi di S. Luigi pel distacco dalle ricchezze e da ogni cosa del mondo. Ordinato sacerdote, moriva poco dopo nel 1892, senza poter direttamente giovare a diffondere l'Opera Salesiana in Polonia. Ma i Polacchi erano corsi numerosi dietro l'esempio di lui, tanto che dapprima fu per essi innalzata un'ala della casa di Valsalice, e in seguito aperta la casa di Lombriasco. Alla loro istruzione ed alla fondazione del Bollettino in lingua polacca lavorò indefessamente il sac. Vittore Grabelski, il quale anche reso presto inabile al lavoro morì nel 1902.

Ma il Signore trasportava in modo singolare nella Polonia stessa i primi germi di una casa salesiana, che ora va di giorno in giorno crescendo. Alludiamo all'Istituto Salesiano aperto ad Oswiecim, città posta poco lungi da Cracovia, ai confini tra l'impero Austriaco e Prussiano, e un'ora appena dai confini dell'Impero Russo.

Le rovine del Convento dei Domenicani di Oswiecim.

Fino a pochi anni fa, chiunque passava per Oswiecim, restava colpito alla vista delle rovine dell'antica chiesa dei PP. Domenicani, di una grandezza non comune e di bello stile gotico, che formano l'unico ricordo degli antichi principi di' Oswiecim, del ramo dei Piast, e la cui origine risale alla fine del secolo XIII o al principio del' XIV.

Il P. Casimiro Lasocki, guardiano dei Domenicani di Oswiecim in un suo manoscritto dell'anno 165o, dice che la chiesa con il convento suddetto venne eretta sotto il titolo di S. Croce, poco prima.; o subito dopo la morte di S. Giacinto Odrowaz, dai principi di Oswiecim Miecislao e Ladislao; e il Siejkowski assicura che la vera fondatrice della chiesa fu la moglie di Ladislao, la principessa Eufrosina, signora di grande santità e generosità. Questi' principi avendo veduto coi ' proprii occhi i salutari effetti dell'apostolica missione dei primi Domenicani polacchi S. Ceslao e S. Giacinto, desiderarono caldamente di avere fra loro i figli di S. Domenico per consolidare nel popolo la fede e la virtù; e non si delusero nelle loro speranze, perchè i PP. Domenicani di Oswiecim seminarono abbondantemente il seme della dottrina di G. Cristo.

Senonchè la Divina Provvidenza col volger dei secoli, permetteva a quel convento le più, dure prove. Nel secolo XV si scatenò una terribile tempesta all' occidente da parte degli Ussiti,; che devastando col ferro e col fuoco le chiese e i conventi cattolici, s'avanzarono sino alla città di Czestachowa, dove profanarono sacrilegamenteanche una miracolosa immagine della SS. Vergine. Assalirono anche il convento di Oswiecim, devastandolo col fuoco e tentarono di distruggere anche la chiesa, dove si erano rifugiati i religiosi col popolo devoto. Ma tutti gli sforzi degli eretici - dicono le cronache - riuscirono inutili, poichè questi, vedendo sopra il convento la figura di S. Giacinto in abito domenicano che s'elevava circondato di un'aureola di luce, presi da timore retrocedettero.

Nel secolo XVI penetrarono con forza nel convento gli eretici Ariani, i quali, discacciatine i, religiosi, si impadronirono della chiesa, ove rimasero per molti anni. In seguito gli Svedesi allagavano la Polonia occupandola tutta, fuorché Czestochowa che fu salva per miracolo, e devastavano col fuoco anche la città di Oswiecim in sieme colla chiesa e col convento. Fu allora che le volte gotiche di cui si vedono ancor le vestigia caddero e non s'alzarono più.

Ma l'ultimo colpo fu dato al convento dall'imperatore Giuseppe II col suo editto di cassazione in forza del quale i religiosi furono condannati all'estinzione, ed i loro beni, insieme colla chiesa e col convento, venduti.

E non fu questa l'ultima delle disgrazie, poichè venuta la chiesa coi terreni in mano agli Ebrei, questi ne fecero una stalla, e depositi di carbone, concime, ecc. accatastando sulle tombe dei fondatori casse di petrolio, e trasformando la sagrestia in una bottega. Non potevasi immaginare una profanazione peggiore della casa di Dio e di quegli antichi monumenti nazionali; eppure un tale stato di cose durò a lungo.

Come vi furono chiamati i Salesiani.

L'anno 1894, mentre la solenne processione del Corpus Domini passava per la piazza di Oswiecim, da un punto dal quale meglio si scorgono i resti dell'antica chiesa, un fanciulletto appuntando il dito a quella parte prese a gridare « Guardate la Madonna! guardate la Madonna! » Succedette un gran tumulto fra il popolo, poichè molti asserivano di vedere nel vano d'una finestra, a nord dell'antico presbiterio, una bella figura di Maria SS. ed altri no. Il prelato che portava il Divin Sacramento vide che molta gente si distaccò dalla processione, ma nè subito nè poi egli volle col suo intervento autorizzare ciò che avrebbe potuto essere una illusione. Tuttavia la voce del fatto fece accorrere per molti giorni, specie nei festivi, turme di fedeli, tra i quali vi fu sempre chi asseriva di aver la visione. Naturalmente noi non possiamo pronunciarci sul fatto, ma non possiamo non ammirare le vie della Provvidenza, che in questo modo suscitò tanto fervore, che in breve si raccolsero 40.000 corone pel riscatto delle ruine e del terreno circostante. Solo allorché si trattò di aiutare ed assistere il popolo nel pio desiderio di togliere i sacri ruderi alla profanazione e restituirli al culto di Dio, il prelato Kuyez si mise a capo del Comitato che attivamente condusse tutte le pratiche opportune.

Trattandosi poi di trovare un'associazione cui affidare quel luogo di sante memorie, la quale continuasse a cercar i mezzi per una pronta restaurazione del tempio, il medesimo Prelato decise di chiamare i Figli di D. Bosco, affinchè sui confini dei tre potenti imperi, essi si prendessero nel tempo stesso cura amorevole della povera gioventù. La decisione ebbe la benedizione e il consenso di Sua Eminenza il Principe Cardinale di Cracovia e i Salesiani presero possesso delle accennate ruine.

Fiduciosi come sempre soprattutto nella Provvidenza Divina, nell'aiuto di Maria SS. Ausiliatrice e nella generosità dei Cooperatori, tosto essi posero mano all'impresa. Al fine dell'autunno dovettero sospendere per alcuni mesi i lavori, ma sul principio della primavera questi furono ripresi e una parte del tempio fu rimessa nell'antico splendore. Poco dopo, con lena febbrile si intraprese la fabbrica della parte centrale dell'Istituto, destinato a dare annualmente a più centinaia di giovani polacchi ricovero ed istruzione.

Se ne pose la pietra fondamentale il 27 maggio del 19oo come omaggio a Gesù Redentore; e il 19 agosto, festa di S. Giacinto, domenicano, schiere immense di fedeli accorse ad Oswiecim per prender parte alla solennità, alla vista delle ruine in parte restaurate e dell'istituto intrapreso piansero di gioia. Di quell'anno medesimo, prima che sopraggiungessero i rigori dell'inverno, la fabbrica era coperta.

L'inaugurazione solenne dell'Istituto avvenne il 21 ottobre 19o1 coll'intervento del Card. Principe Puzyna, Arcivescovo di Cracovia, del Governatore o Vicerè di Galizia Conte Pininski e del sig. D. Rua.

Case Salesiane in Polonia.

Tre sono le case salesiane aperte in Polonia. I) L'Istituto Giovanni Bosco di Oswiecim che dal 19o1 andò costantemente sviluppandosi. Iniziato con una classe preparatoria ebbe gradatamente le prime 4 classi ginnasiali e accanto ad esse le scuole professionali dei sarti, calzolai, falegnami-ebanisti, e fabbri-meccanici. L'incremento progressivo dell'Istituto appare dalla seguente statistica:

Anno Studenti Artigiani Personale Totale

1900-01 16 14 30 1091-02 61 18 26 105 1902-03 83 37 31 151 1903-04 92 58 39 189 1904-05 109 67 57 233 1905-06 115 86 44 245 1906-07 136 89 55 280 1907-08   156   89   45   290

Molti alunni studenti, terminate le classi, subirono felicemente i pubblici esami; e le autorità ecclesiastiche e civili, ritenendo l'opera dei figli di D. Bosco come altamente utile alla regione, non mancarono di accordarle sovvenzioni. Presentemente il programma delle scuole, gli impianti delle medesime e le forze insegnanti sono migliorate al punto che il Ministero d'Istruzione Austriaco le dichiarò, come già pubblicammo, pareggiate alle scuole professionali governative conferendo alle medesime la facoltà di concedere agli alunni speciali patenti al termine del loro tirocinio.

Coll'aumentare degli alunni si dovettero pure ampliare i locali. Perciò furono acquistate alcune case vicine ed adibite ad uso dell'istituto. Fu anche costrutta parte dell'ala a ponente, e vennero completamente restaurate le ruine della chiesa, ed iniziate delle fondazioni su cui dovrà poggiare il progettato ampliamento di essa. A giudicare dal concorso dei fedeli, specie in certe solennità e sopratutto nell'intero tempo pasquale, si può dire che l'antichissimo tempio ricostrutto, il quale è dedicato a Maria SS. Ausiliatrice, diverrà fra qualche anno un celebre santuario.

La casa resasi insufficiente non solo ad accogliere le moltissime domande di giovani, ma a sostenere altre sezioni che si mostravano necessarie, diede occasione alla fondazione di un altro istituto a Daszawa presso Leopoli.

II) Nell'Istituto Salesiano di Daszawa, aperto nel 1904 per la formazione di nuovo personale, oggi è stabilita l'Opera dei Figli di Maria Ausiliatrice per la vocazione degli adulti allo stato ecclesiastico. I giovani ivi accolti sono circa 40, divisi nel 1° e 2° corso: il 3° verrà aggiunto l'anno prossimo 1909-191o. La cappella dell'Istituto è pubblica, ed è frequentatissima.

I polacchi aspiranti alla Pia Società Salesiana si sono trasferiti nella nuova casa aperta a Radna nella Carniola, della quale, come i lettori forse ricorderanno, si parlò nelle lettere dell'ultimo viaggio di D. Rua in Oriente.

III) La terza casa salesiana aperta in Polonia è l'Oratorio festivo di Przemysl in Galizia. La chiesa funge da parrocchia e l'Oratorio è frequentato regolarmente da 15o alunni che vi accorrono non solo nei giorni festivi, ma anche nei feriali per ascoltarvi la messa e intrattenervisi prima e dopo scuola. Quei nostri confratelli insegnano anche religione nelle vicine scuole civiche e testè accoglievano nell'Oratorio un fiorente Circolo giovanile, composto dei migliori giovani della città.

Conchiudendo ci è caro rilevare come da varii punti giungano domande di nuove fondazioni, ora specialmente che più da vicino è conosciuto il sistema di D. Bosco. Gli Ecc.mi Vescovi ed ottimi signori della Polonia russa insistono per l'apertura di istituti in quelle parti, ma non si può annuire alle istanze per l'incertezza delle condizioni in quella regione. In fine aggiungeremo come qualche salesiano polacco attenda pure con frutto all'assistenza dei proprii connazionali emigrati a Londra. C'è da augurarsi che sorgano molte vocazioni per poter compiere un egual bene in altri luoghi (e non son pochi!) ove a fiumane emigrano ogni anno i figli della nobile e generosa Polonia.

Tra gli Emigrati

BUENOS AIRES. - Le Scuole Salesiane alla Boca.

« Un rapporto lusinghiero ».

Sotto questo titolo la Patria degli Italiani dell'11 agosto u. s. riferiva il documento che noi pure siamo lieti di riprodurre insieme colle parole testuali da cui lo volle preceduto il citato giornale.

*

« Il rapporto che qui sotto pubblichiamo esso scriveva - non abbisogna di commenti. Le buone opere si commentano da sè.

» Ecco il documento

Ill.mo sig. R. Console Generale

Cav. Uff. L. Gioia,

Come da incarico conferitomi dalla S. V. Ill.ma il 14 luglio ultimo, presento la relazione seguente, riguardo l'ispezione da me fatta il 22 p. a mese alle Scuole rette dalla Casa Salesiana in La Boca calle Olavarria, n. 486.

Fui ricevuto ed accompagnato nelle singole classi elementari e la commerciale dal sig. Direttore della Casa D. Valentino Bonetti, ed in sua presenza mi posi ad interrogare ed a far leggere i piccoli e vispi allievi della 2a classe, seguitando poi nelle classi superiori. Rimasi oltremodo soddisfatto per la spigliatezza e precisione delle risposte dei giovanetti affidati alle paterne cure dei loro istitutori, nonchè della buona pronuncia della nostra lingua; e l'impressione provata in ogni singola classe fu tale, che mi parve essere trasportato per un momento nelle scuole della nostra madre patria.

Io non posso a meno di rivolgere le meritate lodi ai buoni Salesiani per la pazienza ed abnegazione con cui si dedicano a diffondere la lingua di Dante in queste terre ospitali, nonchè per lo spirito di amore e di carità col quale si consacrano all'educazione ed istruzione dei giovanetti affidali alle loro cure.

Ebbi pure un'eccellente impressione visitando il Museo Zoologico, di Mineralogia e di Botanica annesso a queste scuole dove, col sistema oggettivo, vengono insegnati i principii elementari delle scienze agli allievi, dalle cui risposte alle domande che loro rivolsi, conobbi che traggono largo profitto dalle lezioni che ricevono.

Tutto, in detto collegio, è degno d'encomio: l'ubicazione dell'edificio, le aule scolastiche, e due vasti cortili per la ricreazione, nei quali più di 60o giovani trovano un onesto divertimento nelle domeniche, impedendo che si trattengano nelle vie di quel popoloso quartiere, esposti a mille pericoli. Questa beneficenza che fanno i Salesiani in vantaggio di moltissime famiglie della Boca, va segnalata in ispecial modo alla considerazione di ogni persona retta e ben pensante ed alla riconoscenza dei beneficati.

Uno speciale elogio merita l'egregio e colto Direttore del Collegio, che sempre presiede ed incoraggia l'opera umanitaria, non badando a sacrifici morali e pecuniari allo scopo santo che si prefisse.

Coi sensi della più alta considerazione ho l'onore di rassegnarmi di V. S. Ill.ma

Obbl.mo

Prof. PIETRO MIRACCA. PER LA LINGUA ITALIANA.

Da una circolare della Commissione Salesiana dell'Emigrazione residente in Torino risulta che l'insegnamento della lingua italiana è impartito in ben 84 istituti salesiani disseminati in Oriente e nelle Americhe, col numero complessivo di 8o4o alunni. La circolare rileva che la Commissione attende ancor risposta da varie case, per cui non è esagerato il dire che per opera dei Salesiani circa 1oooo alunni attendono, all'estero, allo studio della lingua italiana.

DALLE MISSIONI

Matto Grosso (Brasile). Da Cuyabà alle sponde del Rio Vermelho.

Un'escursione fortunata.

(Relazione del Missionario D. Gio. Balzola

Cuyabà, 25 giugno 1903.

REV.MO SIG. D. RUA,

DEo gratias et semper Deo gratias ! Sarebbe una vera ingratitudine, degna di castigo, se di fronte alla visibile protezione della Divina Provvidenza in questa difficile missione dei Coroados, non attribuissimo al Sacro Cuore di Gesù il consolante risultato delle nostre fatiche, specialmente nella Colonia a questo Sacratissimo Cuore dedicata. L'andata dei nostri indietti all'Esposizione di Rio Janeiro e il loro progresso nella civiltà e nella musica, riscuote i più vivi elogi da tutte le persone che li avvicinano e da tutti i più importanti giornali. Bisognerebbe essere senza fede, per non conocere in questo un prodigio del S. Cuore. La forza di volontà, lo zelo, lo spirito di sacrificio e di abnegazione del Missionario, non sono sufficienti per ottenere da soli una tale trasformazione; i mezzi umani non bastano, ci vogliono i celesti. Vorrei, amatissimo sig. D. Rua, convincere il mondo intiero di questa verità, perchè la nostra missione è ancora nel suo nascere, e guai a noi se ci venisse meno quella confidenza negli aiuti divini, per confidar troppo in noi e negli uomini. In cinque anni, per grazia di Dio, si è riusciti a molto; ma ciò non vuol dire che in pochi anni si possa vedere la tribù convertita, perchè il numero degli indii è grande e la zona che occupano è vastissima, e forse il Signore ci ha benedetti molto in principio, per animarci al lavoro, mostrandoci quanto si può fare in un'opera protetta da Lui.

(*) Alla relazione presentata dal Missionario all'Ecc.mo Presidente dello Stato di Matto Grosso facciamo seguire la presente assai più diffusa e importantissima, inviata dallo stesso D. Balzola al nostro Superiore. (Cfr. Bollettino di ottobre u. s.).

In un'ultima escursione nell'interno della tribù (fatta a richiesta dell'Ecc.mo Governatore dello Stato, come le dissi in una una dello scorso maggio) potei farmi un'idea chiara della topografia delle terre che occupano, dei luoghi delle loro aldee, e del centro principale in cui si può e conviene fondare una nuova Colonia, dalla quale si possa più facilmente aver relazione con tutti.

Nell'ottobre p. p. era di ritorno da un lungo viaggio e andavo pensando fra me, come avremmo potuto aver notizie di quel centro della tribù, e come e quando si sarebbe potuto andare colà in cerca di un punto di missione. Mi venne l'ispirazione di affidare tutto al Ven. nostro Padre ed a Maria Ausiliatrice, disposto, coll'approvazione dei Superiori, a chiamare col nome di Colonia Venerabile D. Bosco, la prima colonia che apriremmo. Di quella stessa sera arrivai ad una capanna, ove mi fermai per passar la notte, ed ecco mi si avvicina un vecchietto, che al par di me trovavasi là di passaggio. Era un tal Luigi Esteves Rodriguez dello Stato di Goyaz, che da cinque anni si era internato in quella tribù e ne aveva esplorato il terreno con altri compagni. Essendo uno dei più pratici dei luoghi, mi diede tutte le indicazioni necessarie per poter compiere la detta esplorazione e mi si offerse persino conce guida. Un tal incontro tanto opportuno mi confermò nella deliberazione presa poche ore prima.

Ella noti anche che era intenzione dell'Ispettore D. Malan d'intraprendere l'accennata nuova esplorazione precisamente nel maggio u. s. e che solo allorchè si ebbe notizia dell'Esposizione di Rio Janeiro e sorse il pensiero di condurvi la banda di musica della Colonia indigena del Sacro Cuore, si rimandò ad un altro anno. Ma ecco in gennaio e aprile succedere due attacchi tra civilizzati e indii del S. Lorenzo, per cui il Governo, ad evitare mali maggiori, risolse di mandare il missionario a ristabilire la pace. D. Malan n'ebbe la proposta il giorno del suo imbarco con la banda degli indi e l'accettò con piacere, affidandone l'esecuzione al sottoscritto. E già eran fatti i preparativi di viaggio, ma sempre mancava ciò che era più indispensabile e cui neppure il Governo poteva rimediare, cioè una persona un po' pratica. Ma proprio da quelle foreste in quei giorni giunge in Cuyabà il nostro vecchietto, venuto, come disse lui, senza grande necessità e quasi senza saperne il perchè. Appena lo vidi, lo salutai come l'uomo della Provvidenza, e lo invitai ad accompagnarmi in quell'ardua missione ed egli accettò volentieri, e fu per me, quel che fu l'Arcangelo Raffaele pel giovane Tobia, cioè mi condusse e ricondusse incolume, dopo avermi fatto da cicerone, dandomi esatte notizie di tutta la zona occupata dai Bororos. Egli è pur il medico di molti indii, che per questo gli vogliono bene e lo chiamano il giorubocuru cioè medicina! Ma basti il lungo preambolo, che pur mi parve necessario; è tempo che incominci la narrazione.

Promessa da indio - Si parte la sera del 15 maggio, viaggiando quasi tutta la notte - In casa di Ignacio Correa - A Palmeiras.

Compiuti i preparativi e ricevuto dal Governo un buon numero di oggetti da regalare agli indii, partimmo da Cuyabà il 14 maggio. La prima tappa fu al nostro vicino oratorio di Coxipó, dove provvidenzialmente si trovava una turma di indii, guidati dal capitano Candido Marianna (da me stesso investito di tal grado nella Colonia Teresa Cristina nel 1897), i quali si dirigevano al medesimo centro ove noi tendevamo, ma per altre vie. Invitai alcuni giovanotti ad accompagnarmi nel viaggio, uno specialmente che aveva battezzato nel 1898 nell'antica Colonia. Invitai pure il Capitano, pregandolo ad affidare la turma al vecchio Capitano Barros, ed egli me lo promise ma fu, come si vedrà, una promessa da indio. Pel momento però la turma partì immediatamente col vecchio capitano ed egli si fermò con noi.

Era il 15, primo giorno della novena di Maria Ausiliatrice, ed io voleva che fosse considerato come il giorno vero della nostra partenza. Quindi, sebbene fosse già tramontato il sole, sapendo che ci attendeva una notte di luna, salutammo i confratelli e dato un abbraccio al carissimo Don Oliveira, direttore del nostro Liceo di Cuyabà e degno rappresentante dell'ispettore D. Malan, partimmo, pieni di fiducia nella pietosa assistenza di Maria Ausiliatrice e del nostro Venerabile Padre D. Bosco. Il tempo era fresco, la luna chiarissima, gli animali marciavano bravamente. Dopo 18 km. di viaggio trovammo un accampamento: erano due carri di un tal Lara, nostro amico, e accanto a quelli alcuni indii, con cui c'intrattenemmo per pochi istanti. Il primo a salutarmi fu il giovane Giulio Barberis, sui venti anni, fornito di bastante educazione ricevuta alla Colonia del S. Cuore dove passò tre anni e da cui si allontanò per andare in cerca del capitano Tobia suo padre. Insieme con Giulio trovavasi il fratello Giuseppe Bertello, partito anch'egli dalla Colonia pel medesimo fine, e un terzo giovane molto contento di rivedermi, poichè era stato battezzato da me nel 1898 nella Colonia Teresa Cristina. Mentre io mi intratteneva con loro, il Capitano si pose a parlare con gli altri del nostro viaggio di pacificazione nel centro della tribù. Giulio e Giuseppe mi dissero che dopo aver ritrovato il vecchio genitore, avevano pensato di imitare gli esempi visti nella Colonia, cioè di fare una buona seminagione di meliga, che ora andavano a vendere per comprarsi alcuni oggetti che loro stavano più a cuore, tra cui un fucile. Rimasero un poco tristi, quando seppero che io mi allontanava per più settimane, perchè contavano di trovarmi in città, certi che li avrei aiutati nei loro negozi. Li confortai dicendo che si presentassero a Don Oliveira che li avrebbe senza dubbio assistiti, e si separarono promettendomi che se avessero potuto sbrigar presto i loro affari, sarebbero corsi a raggiungermi perchè desideravano di accompagnarmi.

Rimessici in viaggio, mi accorsi che il nostro capitano era rimasto dopo quell'incontro più pensieroso. Gli chiesi il perchè, e mi rispose che gli avevano detto che gli indii della sua aldea si erano dispersi per la foresta per paura di quei braides (civilizzati) che in gennaio ed aprile avevano ammazzato alcuni dei loro conoscenti e che perciò anche la sua moglie ed i suoi figli erano in pericolo. Per questo, soggiunse, non poteva più accompagnarmi, dovendo andare con gli altri a riunire la sua gente; poi mi raggiungerebbe. Conobbi che era inutile insistere perchè si fermasse; quindi senza dar a vedere il minimo rincrescimento, gli raccomandai di mandare qualcuno a preavvisare gli indii della mia andata in mezzo a loro.

Verso le 11 di notte arrivammo al fiume Aricà ove stava accampata la turma col Capitano Barros. Ci fermammo a prendere un poco di riposo anche noi. Distesa una coperta al suolo, con la sella per guanciale, dormimmo fino alle 2 dopo mezzanotte. Verso le tre, salutati i nostri cari indii, proseguimmo il viaggio lasciando il capitano con loro.

Alle 6 giungevamo alla casa del nostro amico Ignazio Correa, dove abbiamo il nostro altare permanente, perchè è luogo di fermata tra Coxipò e Palmeiras. Celebrai la S. Messa e poi ci coricammo sin verso le 9. Alle 9, preso un po' di ristoro ripartimmo, giungendo alle 5 pom. alla casa di Palmeiras, ove passammo tre giorni per completare i preparativi del viaggio.

Alla Colonia S. Giuseppe - Senz'armì di sorta - Ambasciatori di pace - Presso il fiumicello Brilhante - Sul luogo del secondo attacco.

Il 20, raccomandatici di nuovo a Maria Ausiliatrice e al nostro Venerabile Padre D. Bosco, sa lutati i confratelli, partimmo. Percorsi un 35 km. arrivammo alla Colonia S. Giuseppe, l'antica fattoria del Capitano Giuseppe Leite, padrone anche di quella di Palmeiras. Queste fattorie erano molto fiorenti nel tempo della schiavitù, ma dall'anno 1888 in cui nell'Impero del Brasile fortunatamente la schiavitù venne abolita, si dovettero abbandonare. Il defunto Capitano però anche prima trattava molto bene e proprio cristianamente gli indii da lui dipendenti, specialmente in Palmeiras. Ricordo che nel 1895 essendo in viaggio dalla Colonia Teresa Cristina a Cuyabà in occasione della morte del compianto Mons. Lasagna, un buon vecchietto m'invitava in quella casa abbandonata a compiere un battesimo in cui fece da padrino il suo genero dott. Emmanuele Scolastico, nostro grande amico.

A S. Giuseppe pertanto passammo placidamente la notte che per essere di molto vento e piovosa avremmo passato assai male sotto la tenda; e il 21, celebrata la S. Messa, partimmo per una direzione a me completamente sconosciuta. La comitiva era appena di cinque persone, mi accompagnavano cioè il nostro buon catechista Bussi Secondo, il bravo Luigi Estevès Rodrigues, un facchino per gli animali certo Elia Galvano, ed il giovanotto indio Moraes che avevo battezzato nella Colonia Teresa Cristina. Fin là erano in nostra compagnia anche un tal Emmanuele Serrano, compagno della nostra guida, ed un fratello di Moraes; ma questi dovevano abbandonarci dopo qualche giorno.

Una cosa a cui assolutamente non pensai per questo viaggio fu quella di provvedere armi da fuoco. Non avevamo nulla, assolutamente nulla, neppure una palla! Io avevo un lungo coltellaccio alla cintura, indispensabile in certi casi per far picada, cioè aprirci il cammino, e così gli altri.

In quest'arnese potevamo dire davvero che andavamo a portare la pace e non la guerra, fiduciosi più in Colui che tutto può, che nelle armi.

La nostra guida, è vero, aveva una vecchia ed inseparabile carabina a un tiro, ma buona solo ad ammazzare qualche uccello o piccolo animale pel vitto. Armi simiglianti gli indii non le temono, perchè valgono di più le loro freccie. Alle 5 di sera dopo aver fatto 45 km. di viaggio poichè era ancora buona la strada, arrivammo alla fattoria di un tal Osorio, vicino al fiumicello Brilhante, dove era avvenuto il secondo attacco cogli indii, 5o giorni prima. Le famiglie che ivi abitavano erano già partite; ma sapendo che noi dovevamo passare in quei giorni il padrone aveva radunato i suoi uomini i quali eran già là che ci aspettavano, felìci di approfittarsi del nostro passaggio per poter portar via con sicurezza la mobiglia rimasta. Tutti erano ben provvisti di armi moderne e a più tiri, e stavano continuamente sull'attenti per paura di qualche assalto degli indii offesi. V'erano pure quegli altri uomini, che per difendersi, dovettero far fuoco sugli indii il 23 gennaio u. s., presso le sponde del fiume Amaral, distante 18 km. Degli indii da loro feriti ne morirono tre, ma essi dovettero abbandonare tutto e venirsi a congiungere col parente Osorio, persuasi che se fossero rimasti nelle loro terre sarebbero rimasti vittime degli indii.

Le conseguenze del primo eccidio - Sete di vendetta - Due mesi di trepidazione - « Fuoco! » - Secondo eccidio.

Infatti un vecchio Capitano col suo figlio, il baire Giuseppe, e il giovane Capitano Andrè (figlio del baire) giurarono vendetta. Radunarono una quindicina di indii dei più valenti e uniti inseguirono i fuggitivi ; accortisi che si erano uniti ad altri nella fattoria di Osorio, si astennero dall'assalto, ma per due mesi non si allontanarono di là, aspettando sempre un'occasione opportuna per assalirli. Erano armati con 25o freccie e grossi bastoni, dicendo che volevano difender quelle famiglie dall'attacco dei Cayapós, gli acerrimi nemici dei Boròros, i quali, com'è noto, vivono invece molto lungi di là. Tutto era finzione. Per due mesi continui (febbraio e marzo) le povere famiglie vissero in continua trepidazione, non potendo dormire nè di giorno, nè di notte, perchè gli indii, non solo non volevano allontanarsi, ma si facevano sempre vedere o sentire nei boschi intorno a casa. Alle volte entravano perfino nell'aia, di notte specialmente, in cui accendevano i loro fuochi intorno l'abitazione e di quando in quando gettavano grossi tizzoni verso le case coperte di paglia, come se volessero ad esse appiccare il fuoco. I cani non cessavano di latrare l'intera notte. In quelle famiglie stava pure il fratello di Melchior Borges, cioè di quel giovanotto ammazzato dagli indii l'anno scorso, e di cui si parlò in una delle nostre ultime relazioni. Di più quattro parenti di questa famiglia, anni addietro, eran restati vittime nel fiume das Garças. Con tanti orribili precedenti, vedendosi in tal modo vigilati, non c'è da meravigliarsi se per quel vivere in continuo spavento diversi cominciassero a cadere ammalati. Il povero Osorio, uomo molto laborioso e carico di famiglia, vedendo che gli indii non si allontanavano mandò ad avvisare il sotto-delegato governativo Giuseppe Borges suo parente, affinchè prendesse qualche misura e gli venisse in aiuto. Questi inviò il fratello Elidio con alcuni uomini ben armati, con mandato di indurre gli indii all'ordine con regali e buone maniere; ove non si arrendessero, facessero fuoco. Il commissario compì letteralmente l'ordine ricevuto. Prima di tutto fece dei regali che gli indii (cosa insolita) ricevettero e gettarono via alla sua presenza. Un tal atto manifestò chiaramente il cattivo spirito da cui erano animati. Tentò una seconda volta di piegarli ed essi fecero lo stesso. Dopo alcuni giorni fece un ultimo tentativo: diede ordine di andare a prendere un bue, di ammazzarlo e di dividerlo fra gli indii. Questi anche allora, in luogo di arrendersi, se ne andarono brontolando e mostrandosi incolleriti. A questo punto gli uomini perdettero la pazienza e la carità, si gridò fuoco! e tutti scaricarono le armi dietro quei disgraziati.

Poveretti!... uno ne rimase morto; un altro, gravemente ferito ad una gamba, tentò di fuggire strascinandosi, ma due altre palle lo finirono... un terzo prese a barcollare per alcuni passi e poi cadde morto anche lui. Così furono tre le vittime: il vecchio capitano, il figlio baire Giuseppe, ed un altro sconosciuto. Tutti gli altri fuggirono; ma si seppe che un quarto andò a morire poco lontano. Gli indii com'ebbero veduto quei nove o dieci uomini così ben armati e disposti, non tirarono neppure una freccia, ma si misero subito in fuga!... Ma in questo caso si può proprio dire che furono essi che provocarono un tal procedimento.

La causa però di tanti mali, secondo le narrazioni che potei udire tanto da parte degli indii come dei civilizzati, provenne del proprietario della fattoria Correnteza sulle rive del fiume Amaral dove avvenne il primo attacco; perchè, mi dissero, l'anno scorso 19o7 questi fece lavorare per molto tempo gli indii e non li pagò come aveva promesso. Di più essendosene ammalati alcuni di malattia che pareva pericolosa, egli volle allontanarli di casa contro loro volontà, e appena usciti dalle loro capanne, senza nessuna spiegazione mise fuoco alle medesime e le bruciò tutte. Queste cose, è chiaro, irritarono molto gli indii che da quel giorno in poi più non comparvero se non con segni di vendetta. Le conseguenze furono pregiudiziali per tutti. Gli indii perdettero 7 uomini, ed i civilizzati dovettero abbandonare le loro fattorie, con gravissimo danno.

In cerca delle vittime - Umile sepoltura - Di nuovo in viaggio - Alla volta degli aldeamenti.

Udita la narrazione dei fatti, chiesi di vedere il luogo dove avevano messo i cadaveri. Presi i loro fucili, si accingono ad accompagnarmi. Osservo che non c'era bisogno di armi per andare alla distanza di 200 metri al più; mi rispondono che non si fidavano più, e che gli indii potevano star nascosti in quei cespugli. Che brutto vivere per chi è odiato e perseguitato nelle selve!

Mi condussero in riva ad un fiumicello che là formava una stupenda cascata e insieme un precipizio orrendo, saltando le acque dall'altezza di circa 30 metri; e discendendo tra le pietre e i cespugli subito m'incontrai in uno scheletro che aveva appena il cranio separato dal busto con la maggior parte delle ossa ancora unite e coperte di una specie di lanuggine. Alcuni metri più avanti vidi lo scheletro di un altro con le ossa più disperse, perchè di là passava una piccola corrente d'acqua. Le ossa del terzo erano affatto sparpagliate; guardando giù nel precipizio esse vedevansi qua e là.

- Perchè non li avete seppelliti? dissi io; era un atto non solo di carità cristiana, ma anche umanitario.

- Perchè non erano cristiani! E poi gli indii non mancheranno di venirle a cercare.

Mi feci portare una zappa, e volli coprire di terra almeno quello che mi fu possibile, benchè fossi certo anch'io che gli indii loro parenti non mancheranno di andare a raccogliere quei resti mortali per portarli alle loro aldee e celebrare il bacururù dei defunti.

Avute queste notizie, sentii viva più che mai la brama di potermi abboccare coi poveri indii superstiti, per indagare i loro pensieri e calmarli. Avrei voluto inoltrartisi senz'altro nelle foreste del S. Lourenço, dov'essi eransi rifugiati e dove erasi internato di nuovo il capitano Andrè con la sua turma famosa; ma il luogo era per noi inaccessibile, essendo affatto privo di sentieri e coperto di selve dense e intricate.

- Andiamo, dissi allora fra me, fino agli aldeamenti; di là, per mezzo dei capi mi sarà facile chiamare il capitano Andrè e compagni!

Infatti il di seguente, celebrata la S. Messa, ci rimettemmo animosamente in cammino.

(Continua).

Il viaggio dei piccoli Boróros.

SIA sempre benedetto il Signore! I piccoli musici, dopo di essere stati ricolmi di gentilezze e di attenzioni in altre città del Brasile, di aver fatta la loro comparsa all'Esposizione Internazionale, e di essere stati ricevuti dall'ecc.mo Presidente della Confederazione, nella prima metà del mese di ottobre tornavano a San Paolo dove ebbe luogo a loro favore una grande kermesse, quindi in compagnia di Don Balzola che era corso a raggiungerli con altri due indi a Rio Janeiro, per terra si rimettevano felicemente in viaggio alla volta delle loro foreste. I particolari di queste liete notizie ad un prossimo numero.

Grandì Antìlle.

Come vivono i Negri della Giamaica. (Lettera del sig. G. Tedeschi, salesiano)

Bushy Park, Jamaica, 11 agosto 1908.

REV.MO SIG. D. RUA,

CI scrivono che una lettera dalla Giamaica tornerebbe gradita ai nostri benemeriti Cooperatori. Sarà vero? Benché nou abbia ragione di dubitarne, il fatto sta che il Bollettino non parla troppo di quest'isola e se questo, come è pur troppo, si deve ascrivere al nostro silenzio, eccomi a rimediarvi. Noti però che non ho tempo a scrivere di giorno, per cui non si meravigli se anche le mie parole fossero alquanto di... color oscuro.

Oggi, dopo la mungitura delle vacche, il ragazzo mi portò un cavallo il quale, s'immagini, si chiama : Uccello di Paradiso.

- Padrone, eccoti il cavallo. - L'hai pulito?

- Si, padrone.

- E gli altri cavalli ?

- Vedi sono là nel padock.

- I puledri?

- Sani e svelti come l'usignolo !

- Le cavalle?

- Molto cattive.

- Perchè?

- Perchè i cavalli ed i muli vogliono giuocare con i cavallini ed esse hanno paura che li ammazzino; bisogna, padrone, che li facciate lavorare di più.

- Va bene; lo dirai al Capo.

- Sì, padrone, addio.

Salii sul mio Uccello di paradiso. Siamo vecchi amici; egli mi conosce e sa che quando lo cavalco io, non c'è da scherzare; conosce anche tutti i negri della proprietà e, quando li incontra, si ferma perchè io ho sempre qualche cosa da dire. Mi portai ad una piccola bananiera sulla riva del fiume, per vedere come le negre andassero avanti nel lavoro.

- Diascolo! non c'è anima viva? Che abbiano a seppellire un morto?

Non andai troppo lungi dal vero ! Le povere creature erano sotto l'ombra dei Bamboo, in circolo silenzioso, nel cui mezzo stava una donna col rantolo dell'agonia. La meschina ogni tanto si sollevava, batteva i denti ed in modo convulso le spalle, scuotendosi tutta e siffattamente smaniando, da far parere che volesse congiungere l'una e l'altra spalla sul petto.

- Che ha questa donna ?

- È caduta al suolo, mentre lavorava; ha fame, padrone, sono due giorni che non mangia.

- E tu che fai ? dissi ad una ragazza intenta ad ammollire un po' di pane e cacciarlo nella gola dell'ammalata; vuoi soffocarla?

- Ah! no, ma essa ha fame ed io sono corsa a comperare un soldo di pane

- Smetti, smetti, corri a casa mia, di' che ti dieno una tazza di latte, lo scalderai tiepido e poi adagio adagio glielo farai trangugiare, hai capito?

- Sì, padrone.

- Una di voi rimanga ad assisterla; se non starà meglio venitemi a chiamare.

- Sì, padrone.

Era il solito accidente; la siccità di dieci mesi l'anno scorso e di sei quest'anno ha rovinato i negri. Voltai il cavallo in tristi pensieri. « Anche costoro, pensava, sono creature di Dio, e bisognerà provvedere anche ad esse ».

Il sole era di fuoco, la terra rovente, io non poteva star fermo cinque minuti sul suolo; doveva camminare o montare a cavallo. I banani ingialliti avevano secche le foglie, le bestie ansavano sotto l'ombra dei grandi alberi o si tuffavano nel fiume, il vento del sud tirava in tempesta buffi di fiamme.

Tornai a casa verso mezzogiorno; il mio piccolo desco era preparato, mi sedetti, ma la visione della povera negra caduta al suolo affamata, febbricitante, mi stava fitta dinnanzi; cercai di mangiare, il cibo mi cresceva in bocca e gli occhi mi si inumidivano di pianto. Mi alzai, cercai un giornale, vi accartocciai il pranzo e - il mio cavallo! - gridai al ragazzo, e corsi al campo.

Giù al fondo si innalzava un pennacchio di fumo; là stavano i negri cuocendo il loro povero cibo e l'affamata era là che friggeva un pesciolino.

- Come stai?

- Molto meglio.

- È vero?

- Sì, padrone, il tuo latte m'ha fatto bene. - Prendi!

I suoi occhi si illuminarono, allungò la mano, lunga, raggrinzita e si serrò al petto il cartoccio quasi dicesse: « E mio, son salva.»

- Quest'oggi non lavorare, domani farai quel che puoi, io ti pagherò egualmente e che Dio ti benedica, povera creatura!

- Grazie, padrone, tu sei buono!

*

Cambio argomento... Voglio dirle qualcosa nel nostro Ailliams, che ora dorme tranquillo in una casetta qui vicina, sopra una cassa e sempre vestito. Egli vuol farsi cattolico, perchè mi vuol bene. Una mattina passò il ponte e venne al cancello e lo aprì come dicesse: «Qui è casa mia ». Io era in fondo al cortile e lo guardava. Aveva i calzoncini bianchi e stirati, una camicia nuova ed una berretta pur nuova, il suo passo era franco, la testa alta marziale si muoveva con un piglio semplice ma indipendente, sembrava il figlio d'un re negro. Giunto a me si levò il berretto, chinò la fronte e strisciò il piè diritto sul terreno.

- Buon giorno, signore!

- Che vuoi?

- Voglio lavoro.

- Dove stai?

- A Pot-House.

- Che cosa sai fare?

- Di tutto un poco.

- Sai rubare?

- No, padrone.

- Ebbene?

- Mia madre mi disse che io devo mantenere me stesso, che già sono grande ed essa è povera. - Sicchè finora hai fatto nulla?

- Padrone, sono giovane e fui in un'altra proprietà.

- E ti hanno mandato via; non è una buona raccomandazione.

- Quel padrone là era cattivo, ma tu sei cattolico.

- E che sai tu dei cattolici?

- Che sono brava gente.

- Cioè...

- So che amano i negri.

Capii che mi trovavo dinanzi a un diplomatico e dissi: Qui c'è del buono.

- Ebbene, se proprio vuoi lavorare, io ti darò in custodia i piccoli vitelli; al mattino li manderai al pascolo, alla sera li ricondurrai a casa; li terrai puliti e ti darò anche due vacche da mungere purchè non mi beva il latte, s'intende.

- Oh! no, padrone!

- I vitelli bisogna che ti conoscano, perciò trattali bene; guai a te, se li sferzi; inventa una piccola canzone, così quando essi la sentiranno verranno a casa più facilmente, sapendo che la canzone è il segnale del ritorno. Sai qualche canzone?

- No, ma la inventerò.

Il ragazzo da quel momento fu mio. Alla sera io era al balcone e giù in fondo al pascolo suonava una nenia bambinesca senza posa, e circa un'ora dopo i vitelli, a testa bassa, come addormentati sotto l'influsso morboso della cantilena, giungevano a casa.

- Quanti ne hai, Aillians?

- Quarantacinque, signore, ma il pascolo è pieno di spine e non ho potuto venir prima.

- Va bene, ti darò un pezzo di pelle da farti i sandali; sai farli?

- Sì, padrone; e continuò la sua nenia, finchè i vitelli furono nel chiuso.

Da principio andava a dormire a casa, ma poi si decise a dormire sotto una tettoia e soffriva. Quando lo seppi gli diedi una stanzetta, ed ora va a casa solamente ogni due settimane per dare a sua madre i suoi piccoli risparmi. Quando è pulito viene in cappella, sa il Pater e l'Ave e vuol farsi cattolico.

Una mattina volli misurare la sua obbedienza ed il suo coraggio. I cavalli erano nel chiuso, io presi una magnifica cavalla di tre anni chiamata Luce di Stella, che è come un agnello, cresciuta sotto i miei occhi, forte, di razza nobile pura, ma non domata ancora. Tutti si rifiutavano di montarla.

- Ailliams, dissi, salta sulla cavalla! io la tengo ferma.

- Padrone, è troppo forte per me e mi balzerà a terra.

- Sei codardo?

Il ragazzo venne, accarezzò la bestia, le passò la mano sulla schiena, coll'altra ne afferrò la criniera, spiccò un salto e fu in groppa. La cavalla imbizzarrì come il solito delle bestie non dome, ma il ragazzo rimase là, fermo, le ginocchia strette come una morsa, la schiena arcuata, la criniera nelle mani e rideva. Che bella natura hanno alcuni di questi negri!

Tutti però, parlo del basso popolo, son ancora in preda alla superstizione. Eh! non si sono ancora vestiti delle loro tendenze africane ed hanno fede e paura dell'Obeah!

**

L'Obeah, generalmente, è un uomo che dice di essere investito dello spirito divino, conosce e cura malattie per mezzo di incantesimi e molte volte uccide con veleni, quindi è il terrore dei negri. Pochi anni fa uno di questi Obeah si fabbricò una capanna alla riva del Cobre, e cominciò a predicare che egli era il gran profeta di Cristo, benediceva l'acqua del fiume ed essa bolliva, comandava ed essa acquistava virtù da curare tutti i mali. I negri a poco a poco gli si avvicinarono, lo ascoltavano e ne tornavano colla certezza che egli era il profeta di Cristo. Venne il gran giorno in cui doveva benedire le acque e la fama, sparsasi, attirò sul luogo immensa moltitudine di gente, curiosi e malati di ogni sorta ed il profeta era là, ritto con una verga in mano. Finalmente la persona si scosse come sotto l'influsso dello spirito, la sua voce tuonò sulle acque una preghiera magniloquente, la mano si alzò colla verga dritta al cielo, si abbassò solenne e sfiorò l'onda; era il segnale, la gente come pazza si gettò nel fiume, e la fede nel gran profeta fu consolidata. I mori dell'isola erano in fermento, in delirio religioso. Le autorità lasciarono fare e dire, finchè riuscirono quietamente a condurre il messere in prigione e fu finita.

Poche domeniche fa una negra cattolica della proprietà corse a me tutta affannata; non poteva quasi parlare.

- Che cosa hai, Luisa?

- Padrone, vieni, vieni padrone, una cosa! è una vergogna, a Bushy Park, tra i cattolici, l'Obeah! Ma vieni, padrone, che cosa fai là? insomma non ti muovi? tu non ci credi, ma è vero, l'ho visto io, e poi ci sono altri, quel negro è un Obeah.

Capii che era un malefizio esercitato sulla proprietà, punito dalle leggi e andai, mentre i negri mi venivano incontro trascinandosi dietro il bravo uomo colto in delitto flagrante di esercitare malefizio.

- Sta' a vedere, dissi io, che questa volta i negri mi accoppano quel povero imbecille; perciò accelerai il passo.

Giunto sul luogo si fece largo e silenzio; si doveva vedere, constatare, giudicare e pronunziare s'intende la condanna, perchè in fatto di Obeah non si scherza. Guardai in faccia quel furfante e vi scopersi uno stolido.

- Insomma che c'è? Che cosa sei venuto a far qui? Che cosa è questa terra smossa? e mi chinai facendo vista di smuoverla.

Fu un grido di tutti: - No, padrone!...

Il mio Capo mi si parò d'innanzi e mi disse che solo l'Obeah doveva scavare di nuovo il buco e mettere al sole tutte le diavolerie nascoste là sotto.

Il pover'uomo protestava che non c'era nulla, ma dovette farlo e dopo alcuni momenti di terribile ansietà cavò fuori alcune foglie di Palma Christi e, avvolta in foglie di banano, una sferza da mulattiere puzzante di lardo fradicio; l'uomo era convinto, mandai pel Caporale di Polizia che si condusse l'Obeah in prigione per qualche mese; finora è questa l'unica medicina!

*

I negri credono anche che se uno muore col cuore indurito verso parenti od amici, non va nè in cielo nè all'inferno, ma è trattenuto in questo mondo e si diverte a spaventare la gente.

Quattro mesi fa, morì consunto un bravo e buon negro. Era stato nel continente, aveva fatto un po' di fortuna ed era tornato per sposare la ragazza che gli aveva tenuto fede per tanti anni. Era conciatore di pelli, e mise su fabbrica sulla proprietà della Missione, e pagava regolarmente da galantuomo. Si ammalò di consunzione e dopo un anno di malattia morì. I negri dissero che morì impenitente, perchè aveva astio contro qualcuno, quindi che non poteva aver riposo l'anima sua e non potendo andare in nessun luogo doveva restar sulla terra. Lo seppellirono ma eccoti, dicevano, che la notte appresso fu visto un cavallo a briglia sciolta correre su e giù per il villaggio, i suoi occhi schizzavano scintille, fulvo e fiamme mandava dalle narici, e sul cavallo vedovasi la figura del morto, i cui occhi rivelavano l'interno affanno e la disperazione. Non basta; questi ne faceva una più bella dell'altra ogni notte; cosicchè alla fine, in seguito ai continui terrori notturni, la moglie si trovava anch'essa in punto di morte, ed altri pure cadevano ammalati. A caso io capitai lassù un mese dopo, i negri me ne dissero tante, ma vedendomi incredulo ne furono scandalizzati.

- Sentite, dissi: io vi libero dal morto in meno di una settimana; radunate quattro uomini alla cima del villaggio e quattro in fondo, fateli girare su e giù e vi assicuro che il morto non verrà a seccarvi mai più.

Io partii il giorno dopo, ma credo che la notizia del rimedio suggerito abbia fatto effetto, perchè il morto cessò di molestare la gente.

Come vede, amatissimo Padre, qui è questione di tempo e di istruzione. Il tempo è la cosa più a buon mercato che il buon Dio ha dato ai Giamaicani, ma l'istruzione costa danaro e pazienza. Ad ogni modo anche l'istruzione non manca e si spera che col tempo i negri dell'isola saranno qualche cosa meglio di quello che sono ora.

Un'altra volta Le darò conto delle condizioni agricole dell'isola. Intanto ci raccomandi al Signore e mi creda della S. V. Rev.ma

Obbl.mo e dev.mo Figlio in G. C. G. TEDESCHI, Salesiano.

TRA I FIGLI DEL POPOLO

Cronaca degli Oratorî festivi. ROMA - Al Concorso Ginnastico Internazionale.

Nell'occasione del compiersi dell'anno giubilare del Santo Padre si raccoglievano in Roma per un'affermazione di fede e di devozione al Vicario di Gesù Cristo i ginnasti cattolici di tutto il mondo. Le gare si iniziarono il 23 settembre nel bramantesco cortile del Belvedere e si protrassero fino al 28.

La sera di sabato 26, alla presenza del Santo Padre, ebbero luogo le gare internazionali. Alle 4 precise uno squillo di tromba echeggia alto sulla folla: la banda intuona l'inno pontificio e tutti gli occhi si appuntano verso quella parte, di dove il Papa giunge in vettura, e poi verso il palco, dove dopo un istante il Santo Padre appare, accolto da applausi interminabili.

Cominciò quindi la sfilata. Alla testa suona il concerto della Fert di Faenza ; e le squadre giungono nello stadio, passano sotto il palco, salutano militarmente e proseguono : le bande delle diverse società suonano le loro marcie : è una fantasmagoria di colori, un concerto di suoni caratteristico. I ginnasti continuano a sfilare, eretti e fieri nelle loro divise, consci del momento solenne, mentre il S. Padre guarda sorridente e commosso tutta quella gioventù che passa davanti a lui e va riempiendo tutto lo stadio.

Ma quando, dopo eseguite le gare, un altro squillo di tromba indicò che il Papa si alzava a benedire, e quindicimila persone si inginocchiarono a ricevere la benedizione del Padre, l'entusiasmo scoppiò irrefrenabile. Chi fu presente a quella scena non la dimenticherà mai più.

Il giorno dopo, 27 settembre, si ebbe uno spettacolo non meno solenne. Dopo essersi raccolti nella Basilica di S. Maria Maggiore per la messa, i ginnasti si posero in fila sotto le loro bandiere e attraversarono la città fra il rispetto e la simpatia generale, simpatia che si manifestava negli applausi che spesso scoppiavano fra la folla che assisteva al corteo. Le bandiere raggiungevano quasi la novantina e più di duemila ginnasti le seguivano. Dopo il corteo, vi fu l'udienza del S. Padre, che pieno di benevolenza verso i giovani, volle passare per le loggie e le sale dove i ginnasti erano schierati vicino a ciascuna squadra, e poi, nell'Aula delle Beatificazioni, parlò ad essi con effusione ed amore.

« A voi, o giovani, disse Sua Santità, rivolgerò una parola sola, la parola del cuore!... »

Le squadre intervenute al Concorso furono 88; 15 francesi, 10 belghe, 2 olandesi, 1 canadese e 6o italiane, e fra queste ben undici appartenenti ad Oratori Salesiani, le quali vi riportarono brillanti classificazioni e la domenica 27 settembre diedero un'accademia ginnastico-musicale nell'ospizio del S. Cuore di Gesù, presente l'Eminentissimo Card. Vives ed altri esimi personaggi.

A titolo di onore trascrivo l'elenco delle undici Società Salesiane intervenute al concorso. Esse furono L'Excelsior e la Stella di Roma ; La Fortitudo di Bordighera ; L'Ardor di Catania; La Fert di Faenza; La Fortitudo di Firenze ; La Salus di Gualdo Tadino ; La Virtus di Loreto; La Robur di Macerata; La Panormus di Palermo; La Fulgor di Spezia.

Non è possibile il descrivere le feste che ebbero le singole squadre al ritorno nelle loro città, feste cordialissime ed imponenti, che dimostrarono altamente qual simpatia abbia suscitato questo sistema di educazione, che ha per base lo sviluppo armonico delle sane forze fisiche a servizio di un alto ideale morale e cristiano.

CAGLIARI - Per l'Oratorio Salesiano.

Tolgo, con questo titolo, dal Corriere dell'Isola le linee seguenti:

« Sembra certo un sogno, nè alcuno poteva supporre che una volontà tenace sarebbe riuscita nel volger breve di poche settimane, dacchè il Card. Maffi seminava la prima pietra del futuro Oratorio Salesiano, a elevare già il fabbricato per parecchi metri come una speranza che presto potrà ergersi in tutta la bellissima mole, secondo il progetto. Infatti chiunque passi per la via degli Ospizi può constatare con quale alacrità si compiano i lavori nell'erigendo oratorio salesiano e come il fabbricato sia già a buona altezza. E si può dire che ogni pietra, ogni palmo di calce sia prodotto della Divina Provvidenza e della illuminata carità di pie persone, che colle loro offerte rendono possibile l'effettuarsi dei lavori. E solo la confidenza nell'aiuto di Dio può lasciarci nutrire la speranza che presto i battenti del nuovo Oratorio potranno aprirsi e avremo a Cagliari i figli di Don Bosco.

Se si potranno infatti proseguire i lavori con l'attuale alacrità, e ciò sarà possibile ove non manchi il concorso dei capitali necessari, la prima parte sarà compiuta in novembre.

» La spesa per l'acquisto del terreno è stata di L. 7400, 70, e siccome si raccolsero L. 7370.30 nella sottoscrizione fatta negli anni scorsi; si ebbe un disavanzo di L. 30.00.

» Ora è necessario venire con nuove somme in soccorso ai lavori di costruzione, che importano spese e difficoltà ben maggiori...»

E il Corriere riaprendo le sottoscrizioni pro Oratorio ne pubblicava il 1° elenco con un totale di circa duemila lire. Sinceri rallegramenti ai buoni Cooperatori di Cagliari e lieti auguri all'infaticabile loro Direttore e promotore dell'opera, il rev. Teol. D. Mario Piu.

Gli Oratori festivi del MESSICO.

Messico, Puebla e Morelia con lodevole gara si contendono il primato nel campo fecondo degli Oratori.

L'Oratorio di S. Giulia (Messico Capitale) raccoglie ogni festa più centinaia di poveri figli del popolo, degni di ogni encomio per la loro regolare assiduità, nonostante la persistente volubilità del tempo.

I giovani che frequentano l'Oratorio di Morella

ascendono a trecento; quelli di Puebla presto oltrepasseranno anche questo numero.

Il Direttore dell'Oratorio di S. Giulia è tutto in pensieri per provvedere i suoi giovani di un'acconcia cappella. Quello di Morella, sebbene privo di mezzi materiali e di personale, pure studia ogni mezzo per dare al suo Oratorio un energico impulso da portarlo al punto dei più grandi Oratorii di Europa e dell'America del Sud. A Puebla, benedetto solennemente da Mons. Costamagna, si è inaugurato testè un grandioso cortile per gli svaghi dei giovani oratoriani.

BARRANQUILLA - In onore di S. Luigi.

Nella città di Barranquilla (Colombia) la festa di S. Luigi, celebratasi il 19 luglio, ebbe un esito indimenticabile. Numerosissime le sante Comunioni. Fu uno spettacolo così commovente - ci scrive un Cooperatore - il vedere tanti giovanetti accostarsi compatti e devoti alla S. Mensa, che molti signori presenti ne piansero di consolazione. Nè meno imponente riuscì la Messa solenne. La vasta chiesa, addobbata con gusto artistico da alcune devote signore, era gremita nella sua massima parte; in banchi speciali stavano i trecento giovani dell'Oratorio, e sulla tribuna gli alunni della Schola Cantorum, che eseguirono con gusto e maestria una melodica Messa del Battmann, accompagnati dall'orchestra, quasi al completo, fornita dalla Banda militare, e diretta dal simpatico maestro il cav.. Lucio Bonell, gentile ossequio fatto ai Salesiani dal Comandante del Presidio il sig. Generale Jaramillo. Nel pomeriggio ebbero luogo svariatissimi diverti menti nel vasto e ben ombreggiato cortile dell'Oratorio, alla presenza di egregie persone, tra cui il rev.mo Vicario Generale della Diocesi di Cartagena Mores. Carlo Valiente, il fratello Francesco Va liente, e l'insigne giornalista Nelson Monsalvo.

La stagione invernale è sempre la più propizia per attivare una maggiore frequenza agli Oratori. Adoperiamoci nel miglior modo per ottenerla.

D. SIMPLICIO.

IL CULTO di Maria Ausiliatrice

Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente

INVITAMo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno nel Santuario avremo anche quest'intenzione generale

Ricorrendo in questo mese il XXXIII° Anniversario della prima partenza dei Missionari Salesiani, raccomanderemo con affetto alla nostra pietosa Ausiliatrice tutte le Missioni Salesiane.

DUE INSIGNI PRIVILEGI al Santuario di Torino-Valdocco.

IL 7 ottobre u. S., 337° anniversario della strepitosa vittoria di Lepanto, rimarrà sempre memorando negli annali del Santuario di Maria Ausiliatrice. Il Sommo Pontefice Pio X, gloriosamente regnante, ad istanza del rev.mo nostro Superiore generale D. Rua, a commemorare l'anno quarantesimo della dedicazione del Santuario e « quale preziosa memoria » del proprio faustissimo Giubileo Sacerdotale si è degnato di concedere al Santuario medesimo due segnalati favori e cioè

1° Il privilegio dell'Altare Gregoriano all'altar maggiore del nostro Santuario, per cui tutte le messe che ora vengono celebrate in detto altare da qualsiasi sacerdote secolare o regolare, se applicate alle anime del Purgatorio, godono e godranno in perpetuo delle medesime indulgenze e favori come se fossero celebrate all'altare di S. Gregorio al Monte Celio in Roma;

2° Chi confessato colla distanza di tempo permessa dalla Chiesa, e comunicato, visita il medesimo Santuario pregando per l'esaltazione della Chiesa, l'estirpazione delle eresie, la conversione dei peccatori, la concordia dei Principi cristiani e secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, acquisterà quind'innanzi indulgenza plenaria quotidiana Perpetua applicabile anche alle anime dei Purgatorio, e in modo che lo stesso fedele potrà acquistarla ogni giorno che soddisfi alle suddette condizioni e non solamente un giorno all'anno.

Grati alla tenera bontà del S. Padre, mentre ci riserviamo d'illustrare convenientemente gli annunziati favori, invitiamo fin d'ora ogni devoto a ringraziarne fervidamente Maria SS. Ausiliatrice.

GRAZIE E FAVORI

Due grazie *).

A stimolo e conforto di tutti quelli che ripongono la loro fiducia in Maria SS. Ausiliatrice, faccio note due grazie.

Alcuni anni or sono una persona a me tanto cara era ridotta agli estremi da una malattia, che i dottori non sapevano definire. Quello però che essi capirono fu che fra pochi giorni o fra poche ore avrebbe cessato di vivere. Non sapendo più che cosa fare mi rivolsi con fiducia alla Madonna Ausiliatrice e la pregai di dar la salute, se era pel bene dell'anìma sua, alla persona che mi era tanto cara; ed ecco che alla fine delle preghiere che mi era proposta di compiere, essa era in piena convalescenza e fuori di ogni pericolo.

Più tardi ebbi a sperimentare nuovamente la bontà di Maria. Erano pochi giorni che il Signore mi aveva donato una bambina, quando fui colpita da un malessere che mi ridusse agli estremi. Mi era già rassegnata a morire, allorchè pensando ai miei figli e al marito che sarebbero rimasti senza aiuto mi rivolsi nuovamente a Maria Ausiliatrice, ed ecco che appena ebbi fatto ricorso alla Regina delle grazie il male a poco a poco cominciò a sparire e in 24 ore fui guarita.

Quanto è buona Maria!

Walenstadt (Svizzera, S Gallo), settembre 19o8.

CALCAGNI MARIA.

Quanto è buona Maria Ausiliatrice!

Una mia figliuola di cinque anni, colta da terribile difterite era ridotta in fin di vita. A nulla giovavano le più affettuose cure, finchè il Dottore curante disse che non c'era più speranza. In famiglia si pregava ricorrendo all'intercessione di vari santi, ma sempre invano. Quand'ecco il primo dei miei figli vola col pensiero alla Madonna di D. Bosco e promette di pubblicar la grazia sul Bollettino. Oh prodigio! Quasi subito il male scompare e quello scheletro di bambina che più non parlava e nemmeno apriva più gli occhi, dopo due giorni si alza perfettamente guarita con grande stupore del medico e ineffabile gioia dei genitori. Sieno rese pubbliche grazie alla pietosa Ausiliatrice.

Domicella (Avellino), 18 settembre 19o8.

LUIGI PELUSO, Coop. Sal.

Albenga. - Sciolgo un inno di ringraziamento a Maria Ausiliatrice che guarì la mia piccina di tre anni. I medici curanti disperavano di salvarla ed in famiglia si era ormai convinti che fra giorni o fra poche ore la bimba, consunta da una broncopolmonite, avrebbe preso il volo pel Paradiso.

Nell'angoscia di quei momenti mi ricordai di Maria Auxilium Christìanorum che da fanciullo in collegio pregai tanto, e a Lei mi rivolsi fiducioso promettendo di render pubblica la grazia sul Bollettino Salesiano. Maria mi esaudì; la mia piccina è salva, vivace, allegra come prima, ed io sciolgo la mia promessa benedicendo al nome di Maria Auxilium Christianorum.

8 settembre 1908.

BIAGIO CROCE fu GAETANO.

Torino. - Mio marito da circa quattro mesi era ammalato per grave infezione. La febbre continua e l'impossibilità di nutrirsi lo ridussero ad un grado di esaurimento tale, da farmi disperare della guarigione. In tanto sconforto ricorsi con viva fede a Maria Ausiliatrice di cui in quel tempo ricorreva la festa, facendole qualche promessa. Da quel giorno la febbre lasciò libero mio marito, il quale di buon grado acconsente alla pubblicazione della presente dichiarazione sul Bollettino. Quindi uniti ringraziamo di tutto cuore la Vergine Santa per la grazia segnalata.

30 settembre 19o8.

MARIA TROVA VOLA.

Cuccaro Monferrato (Alessandria). - Una persona a me cara, or sono alcuni anni, veniva colpita (la improvviso e doloroso male che la ridusse in fin di vita. Non potendo sperar nulla dall'arte medica, mi rivolsi fiduciosa all'Ausiliatrice dei Cristiani che nulla nega a chi l'invoca, e presto ebbi ad esperimentare la sua bontà, poichè dopo soli otto giorni completamente il terribile male scomparve. Anche di altri speciali favori mi in prodiga la Madonna di D. Bosco, e a Lei rendo i più vivi ringraziamenti.

25 giugno 19o8.

CLORINDA VALMACCHINO.

Cremenate (Como). - Con cuore riconoscente alla cara Madonna di D. Bosco, faccio pubblica una grazia che chiamo miracolosa. Ero malata tanto che i medici avevano disperato di salvarmi. Il 6 maggio mi colse una congestione cerebrale che mi ridusse veramente agli estremi, anzi per più ore rimasi come morta senza dar più alcun segno di vita. Si telegrafò ai figli la mia morte; invece son qui circondata da loro, grata alla Madonna di Don Bosco che mi ha ridonato perfetta salute. A Lei ricorsero i miei cari ed a Lei sciolgo anch'io l'inno del ringraziamento.

15 luglio 19o8.

ROSA MOLTENI.

Borgomasino. - Il 2o aprile, con soli diciannove anni mi trovavo già madre e moribonda. I medici mi consigliarono unanimi di sottomettermi ad una operazione. Mi rivolsi allora a Maria Ausiliatrice, facendo celebrare una santa messa nel suo Santuario, e il 14 maggio incominciai ad alzarmi, e il 24 uscii dall'Ospedale, già convalescente. Colla speranza di venire io stessa a Torino a ringraziare la Madonna di D. Bosco sciolgo fin d'ora il mio voto.

7 luglio 1908.

BELLARDI MARIA nata FOLLIs.

Remedello Sopra. - Mio figlio Giovanni, colto da gravissimo morbo, trovavasi in una condizione straziante. Mi raccomandai perchè si desse principio ad una novena nel Santuario di Valdocco e fin dal primo giorno egli prese a migliorare, al termine della medesima uscì di pericolo, ed ora è perfettamente guarito. Per tale grazia ricevuta invio l'offerta promessa.

16 agosto 1908.

DONNINI LEOPOLDO.

Ponzone di Biella. - Non si ricorre invano alla Madonna. In una dolorosa circostanza ricorsi a questa Madre potente e pietosa, e fui subito esaudita. Viva l'Aiuto dei Cristiani che non rigetta mai le preghiere di coloro che la invocano con viva fede.

2 agosto 19o8.

M. A. B.

Alice Belcolle - Un mio unico figlio di sei mesi cadde gravemente ammalato di bronco-pleuro-polmonite ed essendo di complessione gracile si temeva salvarlo ; angustiata ricorsi alla Madonna di Don Bosco. Nel settimo mese di sua vita passò per una crisi di 4 settime ; durante la quarta che fu peggiore di tutte, credeva proprio di perderlo, anzi il dottore apertamente mi disse : « bisogna rassegnarsi. » Allora in uno slancio d'amore e di fiducia in Maria Ausiliatrice ricorsi a Lei : « Se volete salvarlo, ora è tempo, » le dissi ed inviai subito un'offerta per far celebrare due messe. Oh prodigio di Maria ! nel medesimo giorno il figliuoletto cominciò a migliorare e migliorò sempre fino ad oggi, in cui posso dirlo veramente guarito. Riconoscente mando un'offerta per un triduo di ringraziamento. »

1° luglio 1908.

MIGLIARDI MARIA.

Bonassola. - Il giorno 5 febbraio la giovane Gandolfi Cesira d'anni 27 fu colpita repentinamente da forte polmonite accompagnata da catarro bronchiale con febbre continua che attesa la gracilità dell'inferma dava serii timori. Alcune pie persone avendo la fortuna di essere credenti, e come Cooperatrici Salesiane ricordando le tante grazie che Maria Ausiliatrice suol elargire, ricorsero a questa tenera Madre. La malata ricevette più volte d'urgenza i santi Sacramenti ed era disperata dai medici, quando per intercessione della Vergine SS. cessò di peggiorare e andò sempre migliorando avviandosi ad iena completa guarigione. Eterna sarà quindi la nostra riconoscenza.

17 agosto 1908.

D. LAZZARO NICCOLINI.

Bergamo. - Una gravissima sciagura minacciava la nostra famiglia. Ricorremmo a Maria Ausiliatrice con una novena e cori promessa di piccola offerta e d'inserire la grazia sul Bollettino Salesiano. Fummo esauditi, perciò additando a tutti la bontà di Maria nostra Madre, piena di amore per noi, la ringraziamo con tutta l'effusione del cuore. Grazie, o Mamma nostra, veramente cara, grazie !

F. P.

Modena. - In un momento di sgomento per vedere tutto crollato e svanito quanto da tempo desideravo, rivolsi piena di fiducia il pensiero a Maria Ausiliatrice promettendole una tenue offerta a grazia ottenuta. Oh meraviglia! in un momento solo e all'impensata tutto si è rasserenato; per cui lieta e riconoscente a Maria Ausiliatrice sciolgo il mio voto.

24 agosto 19o8.

ELVIRA G. Z.

Verona. - Adempio di gran cuore la promessa fatta di far celebrare una Santa Messa all'altare della cara Madonna Ausiliatrice e di rendere alla misericordiosa nostra Madre pubblicamente le più vive azioni di grazie. In frangenti dolorosi e in condizioni assai critiche, Maria Ausiliatrice da me invocata si degnò esaudire le mie preghiere e consolarmi cori insperata liberalità. Sia benedetta, adunque, la Vergine Santa, che in tempi di tanta miscredenza dà con le grazie che dispensa e coi miracoli che opera la più solenne smentita a tanti disgraziati che hanno rinnegato la fede!

12 agosto 19o8.

A. RAFFA.

S. Antonino di Susa. - Mi morì il marito lasciandomi quattro bambini in tenera età; non potevo rassegnarmi ad una sì grande sventura, mille idee cattive mi venivano per la testa e non mi sentivo più di attendere alle mie faccende domestiche; anch'io volevo morire, non avevo più pace, quando mi venne l'idea di rivolgermi alla gran Madre Maria Ausiliatrice, e questa tenera Madre non tardò a

venire in mio aiuto e consolarmi tanto da poter resistere a questo forte dolore e rassegnarmi alla volontà di Dio. Grazie infinite, o Vergine benedetta, la mia gratitudine per tanto favore sarà eterna.

14 agosto 19o8.

CEDRINO CARLOTTA Ved. GALVANO.

Stella S. Martino (Savona). - Mia moglie era ridotta in pessimo stato. Colta da una malattia complicatissima, si erano ornai esauriti tutti i mezzi dell'arte senza alcun giovamento. Anzi parecchi dottori, dietro consulto, dichiararono a dirittura il caso disperato. Con me se ne accorsero pure i miei figli che diedero tutti in un pianto dirotto. Ed io dissi loro: « Sentite, figliuoli, preghiamo tutti con ferma fiducia Maria Ausiliatrice e promettiamo una offerta al suo Santuario in Torino ». Oh bontà di Maria! Dello stesso giorno mia moglie cominciò a prendere miglioramento fino a guarigione completa. Perciò col cuore pieno di vivissima riconoscenza verso la Madonna Ausiliatrice, adempio il mio voto inviando l'offerta promessa.

14 luglio 1908

SALVO

NICOLò.

Parma. - La mia sorellina tormentata da una coscite, era obbligata al letto da più di due mesi ed in fine doveva sottoporsi all'operazione per guarire. Al termine della novena consigliata ai fedeli dal Ven. D. Bosco il medico-chirurgo non solo, non trovò più male per operazione ma fattala camminare si meravigliò come andasse così spedita. Siano rese grazie ed eterne lodi alla potente Ausiliatrice, nostra buona mamma celeste.

10 settembre 19o8.

LUIGI MORI.

Bra. - Con animo riconoscente ringrazio la Vergine Ausiliatrice poichè avendo fatto a Lei ricorso con fervente preghiera durante la malattia di una persona di mia famiglia che finì in pazzia, la sua bontà materna non tardò a mostrarsi. L'alienata in brevissimo tempo si ristabilì e da parecchi anni gode perfettissima salute. Sia ringraziata la misericordiosa Regina !

14 agosto 19o8.

Una divota.

Malta. - La bambina Ines Gili di mesi 27, nello scorso aprile, in seguito al morbillo fu attaccata da una forte bronchite che in poche ore la ridusse in fin di vita. Non appena dagli zii fu fatta la promessa di pubblicare la grazia nel Bollettino Salesiano, cominciò a scemare la febbre ed in pochi giorni la bambina riacquistò ottima salute. Riconoscenti ringraziano di cuore Maria Ausiliatrice della grazia ottenuta.

9 agosto 19o8.

MARIANNA E GIUSEPPE GILI.

Margarita (Cuneo). -- Poichè a Maria Ausiliatrice non si ricorre invano, chè non abbandona mai alcuno nei dolori e nello sconforto, a Lei mi rivolsi fiduciosa, supplicante, quando più non mi rimaneva alcuna speranza della vita che stava per sfuggirmi; a Lei sola mi rivolsi perchè mi volesse lasciare ancora un poco all'affetto del mio giovane sposo e dei miei parenti. Ero in istato delicato e a detta dei periti dell'arte io era condannata a soccombere sotto un'operazione che il mio fisico non poteva sopportare. Tuttavia fra il pianto dei miei cari, che non avevano più speranza di vedermi, fui condotta all'ospedale della vicina città. Mia zia, ch'è assai devota di Maria Ausiliatrice, mi consigliò di ricor rere alla Madonna di D. Bosco e lo feci : e questa buona Madre mi aiutò a superare felicemente la crisi, senza che venissi sottoposta all'operazione, cosicchè dopo otto giorni potei riabbracciare i miei cari. Sia Ella benedetta in eterno !

Settembre 19o8.

RIVA CATERINA.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti

A*) - Agliano d'Asti: Alciati Maggiorina 5 - Albenga: Biagio Croce fu Gaetano - Alessandria: N. N. 5 -- Argentera (Cuneo): Chiartano Maria.

B) - Bellinzago Novarese: Miglio Ersilia 6 - Bertiolo (Udine): Della Savia Valentino 2 - Bobbio: Mozzi Giuseppina 5 - Borgo S. Donnino: Cordani Clementina 5 - Busca (Cuneo): A. M. 5 - Busto Arsizio (Milano): Giuditta Guelda 5.

C) - Casabianca: Alvez Giovanni 7 - Castagnito d'A lba: Porello Orsola 5 - Castrogiovanni (Caltanisetta): Nicolina Paladino 10 - id.: Sac. Ragusa Gaetano 7 - Carmagnola: Ramonda Lucia 17 - id.: Curtassa Maria - Cartago (Costarica): D. Hugo `'v róbel per desideratissinla grazia - Catania: Alfredo Barbera 5,10 - Challant Saint-Anselme (Torino): D. Giuseppe Favre 20 - Cocquio (Como): Cassavi Amalia Vegezzi: 1 - Cuorgnè: N. N. 5.

F) - Ferrara: G. P. - Finalmarina (Genova): Angiolina Barralis 5 Fonzaso (Belluno): Minella Luigia 5,70.

G) - Gerbo di Fossano (Cinico): Calvo Maria io - Gonzaga (Mantova): Ferrari Sinibaldo - Granarolo di Faenza: Bedeschi Monica-- Guasila (Cagliasi): Sac. Antonio Angioni Ponda 15,

I) -- Intra (Novara): Pierina bucini 5 - Isolabella (Torino): Bombreze Caterina.

L) - La Plata (Rep. Argentina): Piccetti Ruggero 5 - Lomello (Pavia): Provera Maddalena 2 -- Longiano (Forlì): Pia Turchi 20 - Lusernetta (Torino): Bonetto Giovanni di Michele.

M) - Madonna dell'Olmo (Cuneo): N. N. - Maenza (Roma): D'Alessio Quintiliano i - Magenta (Milano): Irene Schieroni 10 - id.: Due persone 3 - Messina: Claves Amalia 5 - Mestrino (Padova): Pertile Angelo 5 - Mineo (Catania) Umana Salvatore - Moncestino (Alessandria): Carolina Brusa 2 - Moncrivello (Novara): Ferraris Teresa ved. Santià 3 - Moneglia (Genova): Mutirone Francesca 4 - Morciano di Romagna: Tasini Giovanni 1,9o.

N) Napoli: D'Onofrio Clotilde 5 - Nave (Brescia): D. Marco Pea Arciprete 15,35 a nome dei suoi parrocchiani per essere stati preservati dalla tempesta - Negrar (Verona): Dal Cappello Pierina Tramanal 2 - id.: Amalia e Adelaide Tedeschi -Nizza Monferrato (Alessandria): Bottero L. di Castelrocchero 5 -

O) - Occimiano (Alessandria) : Guaschino C. 2.

M) L'ordine alfabetico è quello delle città e dei paesi cui appartengono i graziati di Maria Ausiliatrice.

P) - Padova: N. N. 5 - Pavia: Giuseppina Perversi 5 - Pietrapennata (Reggio Calabria): Arciprete Cesare M. 10,40 - Potenza: Malfi Maria 2o - Pozzomaggiore (Sassari): Antonio Serra e consorte 10 - Pralormo (Cuneo): B. M.

R) - Roma: Desanctis Alfonso 2 - Rossiglione Superiore (Genova): Tardito Angiolina 5.

S) - Saluggia (Novara): Cerruti Dorotea - San Damiano d'Asti (Alessandria): Pavarino Antonio 85 - id.: a nome d'una pia persona 5,40- S. Giorgio di Lomellina (Pavia): Suor De Agostini figlia di M. A. a nome di una signorina 5 - S. Martino al Tagliamento (Udine): Fantin Anna io - S. Nicolas de los Arroyos (Rep. Argentina): C. C. M. M. G. 10 - S. Salvatore Monferrato (Alessandria): Molina Amalia 2 - S. Vittoria d'Alba (Cuneo): D. B. i - Scaldasole (Pavia): Paltroneri Giovanni 5 - Sevrenti (Cagliari): Musio Adele i - Sommatino (Caltanisetta): Bongiomo Angelina 6 - Sordevolo (Novara): Fanny Bona 2 - Stradella (Pavia): L. Paravella Cattaneo- Stresa: C. N. 5 - Stroppiana (Novara): Gurgo Cristina.

T) - Todi: Alcune figlie di Maria - TonzanicoRon.gio (Como): Emilio e Maria Zucchi 5 - Torino: Teresa Doria ved. Pagan - id.: A. M. - Troina (Catania): Giunta Corradina 20.

U) - Uggiate (Como): Noveda Luigia 5.

V) - Varese (Como): Longini Maria - Venezia: Avv. Florio 4 - id.: G.Alexandre 5- Verolengo Torino): Comoglio Lucia 5 - Villanova (Alessandria): Delprete Giovanna 2,50- Virginia Nova: (S. U. N.) Colle Caterina 3 - id.: Altoè Giuseppe 2 - id.: Casagrande Giovanna 2 - Vittorio (Treviso): N. N. 6 - Voghera (Pavia: Berci Pietro.

Santuarìo di Marìa Ausìliatrìce

TORINO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per qualsiasi corrispondenza in proposito, rivolgersi al Direttore dell'Oratorio S. Francesco di Sales - Via Cottolengo, 32 - Torino.

Per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario.

Ogni sabato, alle 7.30 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.

Dal 10 novembre al 10 dicembre:

22 novembre - S. Cecilia - Speciali funzioni alle ore 6, 7.30, 10 e nel pomeriggio.

24 novembre - Solenne commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice - La devota funzione si compie alla messa delle 6 e 7.30 ed alle ore 17.

4 dicembre -Primo venerdì del mese-Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS.mo Sacramento dalle 6 alle 17 - con benedizione alla messa delle 6 ed alle ore 17

5 dicembre -- Triduo solenne dell'Immacolata - ore 6, messa, predica e benedizione; ore 17, lode predica e benedizione.

8 dicembre - Solennità di Maria SS. Immacolata - ore 6 e 7.30 messe della comunione generale ; ore 10 messa solenne ; ore 15, vespro, panegirico e benedizione solenne.

NOTIZIE VARIE

Pro Schola christiana

NEL principio di settembre, si tenne a Venezia il II° Congresso Nazionale dell'Associazione Magistrale « Niccolò Tommaseo », il quale - come ne scrisse l'autorevole Civiltà Cattolica -- fu notevole per molti rispetti : pel numero e l'autorità degli intervenuti; per l'ordine e la concordia che vi regnò; per i vitali problemi che vi si trattarono ; per le discussioni fecoude e per i voti emessi da uomini competenti ; per l'interesse che parve prendervi e pel favore che ad esso dimostrò Venezia ospitale. Gli importantissimi atti del Congresso sono ora usciti insieme collo splendido volume del professor Paolo Carcano, intitolato « Pro Schola chri= stiana », che vorremmo veder in mano ad ogni insegnante. Tutti conoscono il nome dell'apostolo infaticabile, del propagandista valoroso, dell'uomo che ha saputo tutto sacrificare alla causa santa della Religione e della Scuola: è quindi superfluo ogni elogio all'opera sua.

ECHI DEGLI OMAGGI

BORGO S. DONNINO. - 1 giovani dell'Oratorio San Giuseppe sceglievano il 24 giugno per commemorare il Ven. Giovanni Bosco, e non potevano scegliere un giorno migliore, giacché, oltre ad esser quello il giorno in cui nell'Oratorio di Valdocco si festeggia da lunghi anni il suo onomastico, un'altra circostanza particolare sembrava suggerirlo come il più indicato. Da pochi giorni il nuovo Vescovo di quella Diocesi, Mons. Leonida Mapelli, aveva fatto il sosolenne ingresso, ed essi pensarono che dall'unire nelle entusiastiche dimostrazioni il Venerabile e il nuovo Pastore non poteva non derivarne decoro e splendore alla festa.

Alla pressa che volle celebrare lo stesso Ecc.mo Mons. Mapelli, il quale si compiacque di rivolgere ai giovani belle parole, questi si accostarono in gran numero alla Mensa Eucaristica, offrendo le loro comunioni intrecciate in devota corona, come dono graditissimo a Sua Eccellenza. Fra essi ve n'erano due che vi si accostavano per la prima volta. Il contegno raccolto di quei folletti per cui è un vero eroismo lo starsene quieti, e la devota maniera di recitare le preghiere interferirono il cuore del buon Presule che ebbe a ripetere essere stata quella breve ora una delle più belle fin allora godute nella sua Diocesi.

Nel pomeriggio, dopo le funzioni, ebbe luogo un solenne trattenimento musico-letterario, il quale, come si espresse il locale giornale Il Risveglio « ebbe un esito felicissimo ».

Un Salesiano tenne un discorso sulla meravigliosa attività dispiegata da Don Bosco per salvare la gioventù, rilevando i gravissimi e molti pericoli ai quali oggi sono esposti i giovani in casa, nella scuola e dappertutto, ed esaltando come opera altamente meritoria il dare appoggio morale e materiale agli Oratorii festivi. S. Ecc.za Rev.ma chiuse il trattenimento con brevi parole improntate a un grande amore per la gioventù, eccitando tutti ad interessarsi dell'Oratorio festivo, elogiando l'opera salesiana e proclamando che dell'Oratorio festivo Egli avrà sempre le più sollecite cure. La parola di Mons. Vescovo fu calorosamente applaudita. Fra i concenti della banda salesiana dell'Oratorio San Benedetto di Parma e gli evviva a Don Bosco e al novello Pastore aveva termine la lietissima festa.

BARCELLONA (Spagna) - Diecimila cattolici Catalani hanno inviato uno splendido album colle loro firme all'Em.mo Card. Vives y Tutó, gloria della Catalogna e Ponente della Causa di Don Bosco. L'album, riccamente legato dagli alunni delle Scuole Professionali di Sarrià-Barcellona ha, di fuori, il ritratto dell'Em.mo Principe e la dedica: All'Em.mo Card. Vives y Tutó i Cattolici Catalani, e nell'interno il seguente indirizzo

All'Em.mo e Rev.mo sig. Cardinale Giuseppe Vives y Tutó, Ponente della Causa di Beatificazione del Ven. Servo di Dio Giovanni Bosco, questo piccolo pegno di gratitudine i cattolici catalani.

Eminenza Rev.ma,

L'introduzione della causa di Beatificazione dell'oggi Ven. Giovanni Bosco è stato un successo che non poteva passare inosservato nella nostra amata regione.

Son già molti anni che il Ven. Giovanni Bosco sparse fra noi il seme delle sue opere feconde; e i beni che esse ci hanno apportato e quelli che ci promettono ci obbligano a far pubblica la nostra gratitudine a così insigne personaggio.

Non possiamo neppure dimenticare che l'Eminenza Vostra, figlio insigne di Catalogna, ha avuto una parte singolare e principalissima nel mettere in luce i grandi meriti del virtuoso Fondatore della Pia Società di S. Francesco di Sales.

In queste pagine abbiamo cercato di perpetuare con le nostre modeste firme la memoria del Ven. Giovanni Bosco e nel tempo stesso di tributare all'Eminenza Vostra un pegno di gratitudine per l'efficace interesse in onore di quel grande Benefattore dell'umanità.

Speriamo che la Divina Provvidenza che volle raccomandare l'opera della Beatificazione del Venerabile Giovanni Bosco all'Eminenza Vostra, vorrà anche copiosamente accordare all'Eminenza Vostra gli aiuti necessari pel gonzo e felice compimento della medesima ...

Seguono le firme, prime tra le quali quelle del Marchese De Pascual, e del compianto Card. Salvatore Casañas y Pagés, vescovo di Barcellona.

In Italia.

CESARÒ (Messina) - Il 27 agosto la Scuola femminile diretta dalle Figlie di Maria Ausiliatrice fu onorata di una visita di S. E. Mons. Trajna, Vescovo di Patti. Accolto colla massima cordialità e pompa, S. E. dopo il breve trattenimento accademico in suo onore, ebbe parole di sentito elogio per le benemerite Suore, le quali da circa un trentennio con con zelo illuminato impartiscono a quelle giovinette, insieme coll'istruzione, una sana educazione : inneggiò pure all'opera di D. Bosco dicendola provvidenziale per i nostri tempi, ed augurò a Cesarò la fortuna di poter sempre usufruire, per l'educazione delle fanciulle, della saggia guida delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Era commosso il pio Vescovo, perchè a Cesarò trovò realmente un popolo secondo i desideri del suo cuore, buono cioè e religioso; del che va data grande lode a quel venerando Clero, le cui assidue fatiche son benedette dal Signore.

All'accademia erano presenti i rev.mi Canonici Sidoti e Mideli, moltissimi altri ecclesiastici e un numeroso stuolo di ex-allieve e di signore ammiratrici dell'Opera Salesiana.

All'Estero.

MELLEZ=LEZ=TOURNAI (Belgio). - Una nuova fondazione. -- Ad otto chilometri da Tournai, in prossimità alla frontiera francese, sulla magnifica strada di Tournai-Frasnes s'incontra il grazioso villaggio

di Melles, ove si è aperta una nuova casa salesiana destinata ad accogliere orfanelli dai 7 ai 13 anni, i quali, compiuto un corso speciale di studi, potranno entrare nelle scuole professionali di Tournai, scegliendo quel mestiere che sarà per loro più conveniente. In un'ala del fabbricato, formante una sezione a parte con orario e scuole proprie, venne trasferita nel mese di ottobre l'Opera dei Figli di Maria Ausiliatrice per le vocazioni degli adulti allo stato ecclesiastico, che trovavasi a FroyennesLez-Tournai.

CARABANCHEL ALTO (Madrid). - La casa Salesiana di Carabanchel, apertasi nel 1904, andò prosperando di giorno in giorno fino al suo completo sviluppo. L'anno scorso, durante la novena di Maria Ausiliatrice, si pose mano ad un nuovo corpo di fabbrica, di cui l'ultima domenica del viaggio u. s. si fece l'inaugurazione. Onorarono la festa il sig. Alcalde, degnissimi sacerdoti e distinti cooperatori. Gli alunni del Collegio Salesiano di Madrid eseguirono una grandiosa messa a 4 voci del M.° Bottazzo. La gioconda solennità si chiuse con una bella illuminazione.

CORDOBA (Repubblica Argentina)

Il Collegio Pio X, l'8 settembre u. s. festeggiava solennemente il Giubileo del S. Padre. La festa venne preceduta da un triduo di esercizi spirituali ed inaugurata con una comunione generale. Alle 10 vi fu messa pontificale, cantata dall'Eccellentissimo Mons. Cabanilla, Vescovo Ausiliare; larghe rappresentanze del Clero secolare e regolare e numerosissimi fedeli assistevano alla cerimonia; il rev.mo D. Giuseppe Vespignani tenne il discorso di circostanza. Nel pomeriggio vi fu un'accademia solenne, con prolusione del dott. Marcellino Berrotaràn : una salve di applausi salutò il giovane oratore. L'assemblea si sciolse con entusiastiche acclamazioni al Santo Padre.

NECROLOGIO

Mons. Mariano Soler Arcivescovo di Montevideo.

ERA venuto in Europa per compiere un pellegrinaggio a Roma nell'anno del giubileo sacerdotale del Santo Padre e quindi visitare i più celebri santuari di Terra Santa. Il nostro Superiore Don Rua s'incontrò coll'illustre Prelato nei dintorni di Gerusalemme, e precisamente nel Monastero dell'Hortus conclusus, acquistato ed affidato dallo zelo e dalla generosità del compianto Arcivescovo alle Religiose di Nostra Signora dell'Orto.

Tornato in Italia in istato già grave a causa di un'affezione cardiaca, l'esimio Arcivescovo tenne in ansietà i suoi ammiratori nella crisi gravissima che lo colse a Frascati, ove si ritirò nella speranza di trovar un sollievo al fiero suo male. Il sig. D. Rua, non appena ebbe notizia del suo stato allarmante, telegrafò promettendo le più ferventi preghiere, e dispose che alcuno dei nostri periodicamente si recasse ad assumere di presenza le più esatte notizie.

Riavutosi alquanto, Monsignor Soler volle recarsi a Genova, dove il giorno 24 settembre saliva a bordo dell'Umbria per far ritorno, « vivo o morto», com'egli disse, tra i suoi diletti diocesani. E pur troppo questi dovevano riceverne solamente la salma, poichè l'anima dell'illustre Arcivescovo volava al cielo la mattina del 26 settembre, essendo il piroscafo all'altezza di Gibilterra.

Mons. Soler non contava che 62 anni. Con lui è scomparsa la più eminente e spiccata personalità dell'Uruguay. Colto, affabile e zelante, fu l'apostolo autorevole ed ascoltato della sua repubblica. Pei Salesiani ebbe sempre un cuore di padre e per Don Bosco un'ammirazione ed una venerazione singolare: noi ci riserbiamo di regalare ai lettori un affettuosissimo suo recente autografo sul Venerabile nostro Fondatore. Intanto, in questo mese dei morti, non sia discaro a nessuno d'innalzare una prece fervente per l'anima sua benedetta.

Marchesa Emilia Vitelleschi.

Il 14 luglio in Cabro, ridente paesello dell'Umbria, spirava confortata da una speciale benedizione del S. Padre, la Marchesa Emilia Vitelleschi, modello di madre cristiana, benefattrice dei poverelli e affezionatissima all'opera di D. Bosco. Conobbe il nostro Ven. Fondatore a Roma, ove s'adoperò con zelo, con altre pie persone, a benefizio dell'opera salesiana sia del S. Cuore che al Testaccio. La pia signora ebbe anche la consolazione di vedere tra le file dei figli di D. Bosco giovani da lei raccomandati. Mentre inviamo vive condoglianze alla sua nobile famiglia, imploriamo per la defunta speciali suffragi.

FACCIAMO anche particolari suffragi pei seguenti defunti dal 10 aprile al 10 giugno.

Boni Rachele -Padderno.

Bobba Lucia Compaire n. Ferrero - Torino. Bollano D. Vincenzo, Arciprete - Brignano Curone. Boni Luigia - Negrar, Brasile.

Borsi Giuseppina Ved. Monti - Guastalla. Boselli D. Ubaldo Casi - Reggio Emilia. Boselli Antonio - Saletto, Padova. Bozzi Domenica - Villete, Novara. Branciari D. Benedetto - Pollenza. Borro Dottor - Milano.

Brizzi D. Francesco - Loppio, Tirolo.

Calligaris Giuseppe - Asti, Alessandria.

Cibrario Irene Ved. Bianchi - Torino.

Cairello Angela Ved. Pestarino - Castelletto d'Orba. Canali Carlo - Lurago d'Erba. Campodonico Caterina Ved. Moriono - Genova. Casasco Marietta - Mondovì Piazza. Canova Annetta - Chiasso. Castagnedi D. Fiorente - Soave. Cola Erminia - Prenadio, Sondrio. Cerretti Maddalena - Valdivilla, Cuneo. Chiabrandi D. Giuseppe Arcip. - Pinerolo. Cotella D. Paolo - Torino. Cramonte Rosa Ved. Ameri - Stazzano. Donna Giuseppe - Vigo Rendena. Delfrate Cav. Domenico - S. Maria Versa. De Genova Teresa Ved. Piatti - Biella. Daprà Mons. Giacomo - Trento, Tirolo. Duchi Mons. Gaetano - Trento, Tirolo. De Matteo Salvatore - Riposto, Catania. Elia Teol. D. Gio., Curato Metropolitana - Torino. Eusebio Giovanni - Magliano d'Alba. Enrici Baron. Margherita Ved. Fenoglio - Torino. Eirale Giuseppina Ved. Allario - Borgomale, Cuneo. Ferrighi D. Gaetano, Arciprete - Soave. Facioli Maria - Villadosio, Milano. Forcito Margherita - Torino. Filippa Agnese - Pinerolo. Gavatti Giovanna - Pian Camuno, Brescia. Giordanino Margherita - Druent, Torino. Grandi D. Francesco - S. Maria di Mugnano. Graziani D. Lodovico - Fumane, Verona. Gianoli Maria Ved. Angelotti - Romagnano Sesia. Giustiniani M. Clotilde Garroni - Savona. Godio Prospero - S. Gio. Deserto. Garigliano Teol. D. Secondo - Pinerolo. Gay Clotilde - Cremona.

La Bella Rachele Giorgio - Piazza Armerina. Leone Luigia di Tavagnasco - Piverone. Lamia Delfina - Torino. Lanzani Antonio - Meda, Milano. Lisnenz Giulio - Favria Canavese, Torino. Marchetta Cont. Gabriella di Muriaglio - Torino, Maccagno Caterina Ved. Bedino - Cervere. Martini Giovanna Maggiolano - Bassano Veneto. Maloria Rosa - Chieri.

Morino Domenico -Paterson, America. Miotto Ester - Montegalda, Vicenza. Massa Pierino - S Antioco. Merlo Adelina - Vanzaghello. Menciosi Lupi Amerigo - Montecatini. Ponte Cav. Vincenzo -- Ceva, Cuneo. Pradella-Rezzoli Filomena - Adro, Brescia. Pezzoli Angelina - Rovetta, Bergamo. Pidò Letizia - Villete, Novara. Pedrotti Raimondo - Termon, Trento. Paccotti Anacleta Ved. Occelletti - Torino. Ruggeri-Benedun Paola - Adro, Brescia.

Roncovieri Marianna Ved. Giorgi - Mezzane di Sotto. Roda Paolo - Saluzzo, Cuneo. Raltone Comm. Cesare, Medico-chirurgo - Torino. Rusconi Brizi Rosa - Bologna. Rocca Giovanni - Torino.

Rossi Celeste - Negarine, Verona. Scolo Giuseppe - Caltanisetta. Salvetti Vitale - Caluso, Torino.

Salvatori Lorenza - Monteleone di Spoleto. Signorelli Annetta - Deroio, Cuneo. Santoni Lorenzo - S. Leo, Pesaro-Urbino. Suor Provera Francesca - Torino.

Sereno Eligio - Alfiano Natta, Alessandria. Suor Domenica dello Spirito Santo - Genova. Solari D. Francesco, Arcip. - Sarmato. Sapetto Ved. Girone - Torino. Scaffa Felicita n. Mercandino. Tronfi Giuseppe - Spezia, Genova. Torre D. Giuseppe - Salerno. Tognacca Orsolina Ved. Magatti - Lugano. Tattanelli Elisena - Montanara Cortona.