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Bollettino Salesiano

SOMMARIO DI APRILE 1900

IL TRIONFO DELL'AUSILIATRICE nel mese a Lei dedicato

IL PONTEFICE DELL'AUSILIATRICE . » 95

NOTIZIE DI FAMIGLIA   99

MISSIONI: - COLOMBIA: Commovente appello in favore dei lebbrosi del lazzaretto di Contratacion - BRASILE: I Salesiani a Cachoeira do Campo - Solenne inaugurazione della Scuola Normale di Ponte Nova

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE   . » 114

NOTIZIE VARIE: - Per S. Francesco di Sales e Don Bosco - Appello ai Cooperatori ed allo Cooperatrici della Provincia e Diocesi di Novara -La consacrazione mondiale dei bambini   . » 116

RIVISTA BIBLIOGRAFICA   . » 119

ILLUSTRAZIONI: - Gruppo di giovanette dell'Oratorio festivo di Cuenca (Equatore), pag. 97 - Gruppo di giovanotti dell'Oratorio festivo di Cuenca, 101 - Istituto Salesiano o Chiesa di Maria Ausiliatrice a Campinas (Brasile), 103 - Scuole Salesiane della SS. Trinità in Siviglia.

Il trionfo dell' Ausiliatrice NEL MESE A LEI DEDICATO

(23 Aprile - 24 Maggio )

IL secolo, in cui la divozione a Maria SS. invocata sotto il caro ed attraente titolo di Ausiliatrice del popolo cristiano ebbe tale uno straordinario sviluppo, da divenire, per opera particolarmente di quell'uomo provvidenziale che fu il Padre e Fondatore della nostra Pia Unione, popolarissima e prediletta presso tutti i popoli, è all'ultimo anno di sua vita, e noi vorremmo poter eccitare i divoti della Madonna di D. Bosco a tributarle, nel mese a Lei dedicato, tanti omaggi, tanti ossequi e feste particolari, da formare nella santa gara e nel generoso entusiasmo dell'amor figliale di tanti cuori il più bel trionfo mariano del morente secolo.

Per ottenere questo facciamo ora appello a tutte le forze vive della nostra Pia Unione; ai Direttori Salesiani e Diocesani, ai Decurioni, ai Zelatori e Zelatrici, nonchè a ciascun Cooperatore e Cooperatrice in particolare. dicendo . - Si incominci da tutti il mese della nostra Potente Patrona il 23 corrente, e si procuri con ogni sollecitudine che abbia a riuscire un vero trionfo della Madonna di D. Bosco. E l'ultimo mese mariano del secolo, che ha registrato nelle pagine della sua storia i rinnovati prodigi dell' Ausiliatrice, i quali, cominciando dalla vita miracolosa del Pontefice Pio VII, che, rimesso per Maria sull'apostolica sua sede, alla sua Celeste Liberatrice consacrò in perpetuo una cara solennità, continuarono con serie non interrotta di mirabili portenti per tutta la vita del Padre nostro D. Bosco, che alla Vergine tutelare del Popolo cristiano affidò tutta la gioventù pericolante erigendole templi ed altari sino agli estremi confini della terra; e noi, figli dell' Ausiliatrice, non ci daremo attorno per celebrarlo con tale splendore e solennità che superi tutti gli antecedenti mesi mariani? Non domanderemo al nostro cuore , ripieno di figliale tenerezza, nuovi mezzi e sante nuove industrie per una più luminosa manifestazione che coroni trionfalmente tutte le altre? Non caveremo dalla natura stessa, irraggiata in primavera da novello sorriso di bellezza e gioventù, un eccitamento più vivo che pel passato, onde onorare la diletta nostra Madre Ausiliatrice? I monti e le valli che si allietano, i prati smaltati di fiori, l'aria olezzante di soave fragranza, il cielo e la terra echeggianti di dolci melodie, le quali giocondano i nostri sensi e il cuore sollevano a pregustare la letizia di quel luogo, ove ride una primavera perenne, imbalsamata dalla bellezza di Colei, che è il fiore del campo e il giglio delle convalli, non presteranno forse al nostro amore nuove finezze e più abbondanti ricchezze per deporre quest'anno ai piedi dell' Auxilium Christianorum una fulgida ghirlanda, che in sè riunisca tutte quelle offertele nel corso del secolo? Non si desterà forse nel nostro cuore una nobile fiamma d'emulazione per ricambiare con più vivezza di gratitudine i moltissimi benefizi, che la Vergine benedetta è venuta prodigando nel corso di questo secolo in mezzo al mondo, mostrandosi anche visibilmente . a qualche anima privilegiata ?

Figli dell'Ausiliatrice, noi tutti che formiamo la gran Famiglia Salesiana ascoltiamo gli impulsi del nostro cuore, e il prossimo mese dell'Ausiliatrice riuscirà un vero trionfo per Lei. Il nostro cuore scintillante d'amore diffonderà all'intorno una soavissima luce, la quale, col suo calore, darà vita a feste, processioni, pellegrinaggi , accademie e a mille altri ossequi. di figliale affetto.

Quante mirabili cose sa operare un cuore amante ! Amando noi in questo mese circonderemo il caro quadro della Madonna di D. Bosco d'ogni varietà di fiori, perchè in essi sono graziosamente simboleggiate le grandezze di Lei, come nel candido giglio la sua innocenza, nella purpurea rosa la sua bellezza, nel garofano la sua carità, nell'issopo la sua umiltà, la sua modestia nella viola, nel tulipano la sua rassegnazione ; e, come parlano le Sacre Carte , nel nardo è simboleggiato il suo amore, nello zafferano la sua celeste sapienza , nel cinnamomo la la sua contemplazione , nell'aloè l'integrità della sua vita, e via dicendo. Amando ci studieremo di far amar anche dagli altri la nostra Ausiliatrice, vuoi promovendo feste grandiose e commoventi , vuoi preparando accademie ed adunanze, in cui il cuore effonda negli altri l'esuberanza degli affetti ; e quando parla il cuore, si ottiene sicuramente lo scopo. Amando infine ci porremo con gioia a capo dei devoti pellegrinaggi ai suoi Santuari; e per i membri della Famiglia Salesiana qual più caro Santuario di quello dell'Ausiliatrice che Maria si edificò a Valdocco in Torino? Oh si venga in devote comitive a visitare la Madre in Casa sua durante il mese a Lei sacro e specialmente nei giorni precedenti la sua solennità, e nessuno se ne partirà senz'essere dalla Celeste Padrona esaudito e consolato.

Questi fiori naturali ed intellettuali non ci facciano però dimenticare i mistici fiori, i quali meglio che quelli olezzano di celeste fragranza ; e così a quel snodo che in primavera lussureggiano sulla terra nostra fiori d'ogni guisa, nei nostri cuori ha da germogliare ogni generazione di virtù. Di questi fiori dobbiamo tutti intrecciare una ghirlanda vaghissima, che nel di solenne dell'Ausiliatrice deporremo, almeno in ispirito, sull'ara di Lei nel Santuario di Valdocco. La fragranza di essi ascenderà in odore di soavità sino al suo trouo, quasi odore di campo, cui benedisse il Signore. Questi fiori, che deporremo al suo piede, non avvizziranno, nè marciranno giammai , e li troveremo freschi e olezzanti in seno a Maria, tramutati in fulgidissime margherite, delle quali splenderanno le corone, onde la buona e generosa Madre ci. incoronerà là dove siede Regina degli Angeli e dei Santi.

Mettiamoci dunque tutti all'opera: nessuno sia tardo o pigro nell'onorare la nostra cara Madonna; nessuno si lusinghi di aver già fatto abbastanza gli anni scorsi ; nessuno insomma sia secondo agli altri nell'amarla più teneramente, acciocchè in quest'anno, prima che il secolo XIX passi all'eternità, gli armali della nostra Pia Unione si allietino di un'altra splendida pagina di trionfi mariani. Tutti all'opera! E noi terminiamo dicendo col Pellico che Maria

Degli avi nostri fu consolatrice,

E nostr'umile pianto udì benigna ! Divine cose il nome suo ne dice; Per esso in noi più caritade alligna.

Evviva ora e sempre la Madonna di D. Bosco !

Per norma di tutti i Cooperatori e le Cooperatrici di Torino, ricordiamo che nel Santuario di Valdocco si darà principio al bel mese di Maria Ausiliatrice il 23 del corrente aprile, Lunedì dopo la Domenica in Albis.

Assistendo divotamente alle funzioni della comunità, che si tengono in detta Chiesa alle ore 5,30 ed alle 7,30 del mattino, si può acquistare , per concessione pontificia , l'indulgenza di tre anni, e facendo la Santa Comunione l'indulgenza plenaria quotidiana per i defunti.

Nei giorni feriali, al mattino, dopo la Messa delle 5,30, ed alla sera alle 19,15 dopo il canto d'una lode, si terrà un breve discorso e si darà la benedizione col SS. Sacramento. Nei giorni festivi, questi discorsi avranno luogo dopo i Vespri delle 14,30 e delle 16,30.

IL PONTEFICE DELL'AUSILIATRICE

1800 - 14 Marzo - 1900

Il pegno della futura liberazione.

STUPORE ed orrore occuparono Roma, quando, nato il giorno (6 luglio 1809), vi si sparse la nuova della commessa enormità. Portavano i carceratori il Pontefice molto celermente pei cavalli delle poste per prevenire la fama. Tanto temeva il padrone di tutte armi una religiosa opinione : trasmettevansi l'uno all'altro i gendarmi, di stazione in stazione, il cattivo e potente Pio... Quei popoli italiani che non avevano potuto per la velocità venerare il Pontefice presente, il veneravano lontano, pietosamente visitando i luoghi dove aveva stanziato, per dove era passato: sacri li chiamavano per la sventura, sacri per dignità, sacri per santità. Semi di distruzione di Napoleone erano questi: già le profezie di Pio si avveravano: già la pienezza dei tempi si avvicinava. »

Con queste scultorie frasi descrive il Botta, non sospetto di troppo affetto per la Chiesa, nella sua Storia d'Italia, le prime impressioni del rapimento e del viaggio di Pio VII; ma noi, prima di seguire il prigioniero Pontefice, sviluppando quanto il Botta ha condensato nelle precitate lìnee, dobbiamo ritornare un passo addietro per poter dire ai nostri lettori che Pio VII portava seco un sicuro pegno di futura liberazione. Egli fin da giovanetto, come abbiamo superiormente accennato, si distingueva per la sua tenerissima divozione a Maria SS., e la fiducia nella potenza del patrocinio di Lei divenne grandissima in lui, quando, per superna disposizione, si vide innalzato alla dignità di Vicario di Gesù Cristo, il figlio divino della Vergine Madre. Un presentimento interno, una voce dall'alto dicevagli in cuore, durante le sue lunghe e fervorose preghiere, che per Maria egli avrebbe superato tutte le insidie dei suoi nemici e che la Chiesa avrebbe riportato per Maria un'altra strepitosa vittoria. Un fatto doveva farlo certo che questo suo interno presentimento, che questa voce dall'alto era non già frutto di amorosa immaginazione, ma una mirabile realtà. I cronisti contemporanei sono concordi su questo fatto e noi lo riferiamo dalle Memorie Storiche su Pio VII in Savona, scritte in aureo stile dal Martinengo, il quale a sua volta lo tolse dal Nervi, segretario a quel tempo del Comune di Savona, uomo d'ingegno, di coscienza e di onoratezza a tutta prova.

Il tre luglio, tre dì innanzi l'invasione del Quirinale, un buon prete, cappellano della Chiesa dei Genovesi a Roma, travestito da servo, trovò modo d'introdursi nel Palazzo Apostolico, e dopo molte istanze fu ammesso all'udienza del Papa. Prostratosegli dinanzi, colle lagrime agli occhi gli disse, che per quanto grande fosse il dolor suo e di tutta Roma per le tribolazioni patite dal suo Pontefice e per le maggiori che gli si preparavano, maggiore però era la confidenza che egli, per la intercessione di Maria SS., dovesse esserne liberato. Dio avergli inspirato il pensiero d'offerire a Sua Santità un'immagine di Lei, quale si venera in Savona sotto la dolce invocazione di Madre di Misericordia, certissimo che per Essa la Chiesa avrebbe finalmente vittoria e il mondo pace. Il Papa commosso gradì l'augurio, baciò l'immagine e la ripose.

Così prima ancora degli ordini imperiali che determinavano la sua cattura ed accennavano al luogo di sua cattività, prima ancora che Radet e Miollis ne avessero sospetto, il Pontefice già pensava a Savona e il suo pensiero volava sovente al Santuario della Madre di Misericordia. Questo disponeva la Provvidenza, perchè il Santo Pontefice avesse un pegno certo di sua futura liberazione e perchè più visibile apparisse la materna protezione di Colei, che è colonna e firmamento della Chiesa, e che per Pio VII la Madre di Mìsericordia doveva, in un tempo non lontano, venir solennemente incoronata e proclamata, con lo stabilimento di una perpetua solennità, l'Ausiliatrice potente del popolo cristiano.

La prima tappa dell'esule Pontefice.

Segnalato questo fatto di capitale importanza nella vita del Pontefice dell'Ausiliatrice, riprendiamo la narrazione del suo esìlio. Di notte tempo, all'insaputa di tutti e sacrilegamente rapito dalla sua Sede, il prigioniero Pontefice con rapida e non interrotta corsa vien trasportato fuori dei suoi Stati. Alla Storta, prima posta sulla strada di Firenze, i postiglioni, profondamente afflitti per la triste parte che erano obbligati a fare, si gettano ai piedi di Pio VII e colle lagrime agli occhi implorano la sua benedizione. Con la solita sua bontà e caratteristica dolcezza Pio li benedico dicendo loro : Coraggio e preghiera,, figli miei! Qual scena commovente! Sul volto di tutti si leggeva la tristezza e lo stupore, perfino su quello di Radet il famoso carceriere del Papa, il quale nelle sue memorie giustificative ci tramandò appunto questi particolari. Questi però testimonio di sì figliale commozione, vedendo crescere la folla, per timore di una sollevazione in favore del Papa, si affrettò a dare il segnale della partenza, ordinando che la carrozza si tenesse ben chiusa durante tutta la strada, malgrado il caldo eccessivo, di cui il Santo Padre era oppresso. « Le precauzioni sono state severe, scrive il Radet; si richiami però alla memoria quanto imminente fosse il pericolo, si faccia specialmente riflessione all'immensa responsabilità che gravitava sulla mia testa, ed alla certezza in cui era di essere giudicato meno sulla saviezza delle mie misure che sul loro risultamento. » E lo stesso Generale conchiude la sua esatta relazione, quasi per attenuare l'esecuzione del suo sacrilego mandato, dicendo « Se ho dovuto prender parte nel doloroso avvenimento, non è stato per elezione della mia volontà, ma bensì per effetto della mia situazione ». Quasicchè per mantenere la propria situazione sia lecito calpestare i più sacrosanti doveri di buon cattolico e figlio della Chiesa ! Oh! di uomini tali la Chiesa non sa che farne, perchè si può esserle figli devoti solo alla condizione che devesi ubbidire, nelle più critiche circostanze, prima a Dio che agli uomini : obedire oportet Deo magis quam hominibus (Atti Ap. V. 29 ). Questa è la divisa di ogni buon cattolico e chi ad essa non sa conformarsi scrive di proprio pugno la sua condanna. Dobbiamo esser disposti a sacrificare generosamente onori, cariche, ricchezze, piuttosto che, per una vile schiavitù ai capricci altrui, posporre questo sacro dovere. Sia questa verità ben scolpita nel cuore di tutti, nomini e donne, vecchi e giovani, nobili e plebei, e noi in questi tempi, in cui tanti cattolici, per una falsa prudenza e vera viltà d'anìmo, si rinchiudono sotto le tende di Achille in una sconfortante dannosa inerzia, vedremo rinnovati gli eroismi dei primitivi cristiani.

Radet voleva tener celato l'Augusto Prigioniero, ma il passaggio del Vicario di Gesù Cristo non può restare ignorato. Le pecorelle intuiscono la presenza del loro Pastore anche senza vederlo. Quindì è che dappertutto gli abitanti correvano in folla al passaggio del Papa, mostrando, con le parole ed anche con espressivo silenzio, dolore e afflizione somma. A Monterosi, diverse donne, sulle porte delle case, riconobbero il Santo Padre, dai gendarmi scortato come un colpevole con le spade sguainate, e noi, dice il Card. Pacca, l'unico compagno concesso al Papa, le vedemmo, imìtando la tenera compassione delle donne di Gerusalemme, percuotersi il petto, piangere, gridare, stendendo le braccia verso la carrozza : Ci rapiscono il Santo Padre! ci rapiscono il Santo Padre!

Dopo dicianove ore di travaglioso viaggio, durante il quale fu solo concessa una breve fermata ad una casa di posta per una miserabile refezione, e raccolta lungo il cammino in una bottiglia acqua ad una fonte per calmare un po' la sete che tormentava il Papa, si giunse nel cuor della notte sulla montagna di Radicofani, prima terra della Toscana. Quivi fu concesso al Santo Padre di scendere ad una meschina locanda e pigliarvi un po' di riposo; ma nulla vi era di preparato. Non avendo vesti da cambiarsi, Pio VII fu costretto tenere quelle che aveva indosso tutte molli e bagnate di sudore, che all'aria fredda, sempre dominante lassù in quella montagna anche nell'estate, gli si asciugarono indosso. Il Cireneo dell'ottimo perseguitato Pontefice, come bellamente chiama se stesso il Card. Pacca, durante la cena, continuò, secondo aveva già fatto per tutto il tempo del viaggio, a tener sollevato il Santo Padre con varie facezie e scherzi, finchè ciascuno si ritirò nella propria stanzetta. Così passò la prima giornata d'esilio il Sovrano e Capo visibile della Chiesa, e così terminò il giorno 6 luglio, che sparse negli animi di tutti i buoni cattolici amarezza e cordoglio.

Le sofferenze del Papa ed il cuore dei figli.

L'amore, che in tutte le epoche avvampò mai sempre nel cuore dei cattolici verso il Vicario di Gesù Cristo, è la dimostrazione più bella e persuasiva della divinità di nostra Santa Chiesa. Imperocche se non v'ha in essa una potenza, una forza divina, come mai si potrebbe spiegare quell'attrattiva misteriosa che strascina milioni e milioni di cuori a palpitare d'amore per l'Augusto suo Capo, prendendo parte, come se fossero propri, ai dolori ed alle gioie di lui? Solo Iddio può operare un tanto prodigio, e lo opera continuamente, perche sua è la Chiesa, e quanto più imperversa la bufera infernale contro di essa e tanto maggior copìa d'amor figliale infonde nei suoi figli, i quali si sentono spinti da una forza misteriosa a stringersi attorno al Papa per tergergli, con sempre nuove industrie, le lagrime che è costretto a versare in quelle dolorose circostanze.

È questa una legge di equilibrio provvidenziale, per cui nel cuore del Padre l'amore dei figli devoti prepondera sulle ingratitudini dei perversi. Così avvenne nell'esilio di Pio VII. La mattina del 7 luglio Radet voleva, per i pressantissimi ordini ricevuti, far partire il Papa subito dopo colazione ; ma questi vi si oppose risolutamente , finchè non fossero giunti i suoi domestici che avevano ottenuto il permesso di seguirlo. Fortunatamente qualche ora dopo mezzo giorno raggiunsero il Papa due carrozze con alcuni suoi famigliari, Monsignor Doria, maestro di camera, Monsignor Pacca nipote del Cardinale, Giovanni Soglìa, cappellano segreto, il chirurgo Ceccarini, Giuseppe Moiraghi, aiutante di camera, un cuoco e un palafreniero. Questi, trovando il Papa pallido e con una febbre convulsiva, diedero in espressioni di dolore; ma Pio, dopo aver loro permesso queste figliali manifestazioni, li eccitò a pregare Iddio, che solo era capace nella sua grande misericordia a consolare gli uomini nelle loro ordinarie afflizioni. Verso le sette di sera dello stesso giorno si fece prendere all'illustre Prigioniero la strada di Firenze, usando sempre le stesse precauzioni per non lasciar conoscere il Papa. Vane precauzioni ! A poca distanza da Radicofani si trovò molto popolo: erano i Radicofanesi, che, impediti di entrare nella locanda a venerare il loro Padre, la cui presenza il loro cuore aveva ben indovinata, si erano recati sulla pubblica via ad attenderlo. Quivi fu giuoco forza al general Radet di far fermare la carrozza e permettere che tutti si accostassero per ricevere la benedizione del Papa. Molti ebbero pure la permissione di baciargli la mano. Non. può esprimersi il fervore e la divozione di quel buon popolo che faceva veramente tenerezza. Lo stesso entusiasmo presso tutte le popolazioni di. Toscana, perche non v'ha forza alcuna che valga a soffocare gli affetti del cuore. E dire che si viaggiava di notte; ma la notizia del Papa prigioniero aveva già precorso il suo doloroso cammino, quelle popolazioni fedeli vegliavano giorno notte per aver la consolazione di vedere almeno da lontano il Sapremo Pastore delle loro anime. Quanta fede! Quanto affetto ed attaccamento verso un inerme Vegliardo, che qual malfattore veniva tradotto a grandi giornate fuori dei suoi Sati. dalla prepotenza d'un despota senza fede e senza cuore!

All'alba del giorno 8 si giunse alle porte di Siena. Cambiati i cavalli, si continuò sino a Poggibonsi, dove il Papa fu lasciato riposare per alcune ore. Qui avvenne tal fatto che riempì di paura i carcerìeri del Papa, e fece una volta più palese la potenza dell'amore dei buoni, i quali, accorsi in gran numero, avrebbero certo rotto ìn aperta sommossa, se lo sguardo benigno del Santo Padre non li avesse rattenuti. Ecco come andò la cosa. Un popolo immenso si era affollato, chiedendo ad alta voce e con segni straordinari di divozione e di fervore l'apostolica benedizione. Il Radet per liberarsi da quella moltitudine diede l'ordine della partenza. I postiglioni ripresero subito la via, ma per quella furia di andare sempre di carriera, spezzatasi una ruota, ribaltò di forza la carrozza, nella quale era chiuso il Papa col Cardinale. Diede in furore il popolo e sebbene tosto rivedessero il buon Pio uscire illeso da quel pericolo e sorridere benignamente, « cani! cani! » gridavano ad una voce e ci volle tutta l'autorità del Pacca per calmare lo sdegno, che non trascorressero a muovere le mani. Il Generale, che sedeva di fuori della stessa carrozza, fu trabalzato in un fosso, donde usci lordo di mota, spettacolo di riso in mezzo alla pietà e allo sdegno.

Sedato il tumulto, Radet fece salire il Papa su d'una meschina carrozza, quella di Monsignor Doria, e si proseguì il viaggio. A un'ora di notte si gìunse alla Certosa di Firenze, ove dieci anni prìma era già stato rinchiuso Pio VI : memoria dolorosa e annunziatrice di mestissimo avvenire. Il Santo Padre fu ricevuto sulla porta da un colonnello di gendarmeria e da un commissario di polizia e condotto nell'appartamento già occupato dal suo predecessore. Solo al priore fu concesso di ossequiare il Pontefice; a ogni altro fu vietato l'ingresso, anche agli altri monaci del convento. Quivi il Santo Padre sperava riposo, che dopo tre giorni di precipitoso viaggio e tre notti insonni ne aveva bisogno. Ma che? Svegliato di buonissima ora, gli viene intimato che doveva partir subito alla volta di Alessandria, senza pure dargli tempo di celebrare o d'ascoltare la S. Messa, ancorchè fosse dì di festa. Non è a dire quanto ne soffrisse il Santo Vecchio, tanto più che a questo ordine inumano ne doveva tener dietro un altro ancor più sensibile: quello di esser separato dal suo fido Card. Pacca. Pio, immerso nel più profondo dolore, andava esclamando: « Noi ci accorgiamo bene che costoro con tutti questi strapazzi cercano di farci morire, e prevediamo che non potremo a lungo sostenere questa vita; » ma il Capitano Mariotti, succeduto al Radet nel punto nobìle incarico di carceriere del Papa, per il suo carattere troppo zelante, fu insensibile ad ogni atto di. umanità., costnngendo il Pontefice a vestirsi e a rimettersi subito in viaggio.

La carrozza traversò Firenze prima di giorno, e via verso Lerici per l'erto passaggio che mette sul Genovesato. Questo tragitto costò al Santo Padre tre giorni e tre notti. di ansietà, di fatiche e di sofferenze. Ma la Provvidenza gli alleviava i disagi di quel rapido cammino sotto la canicola del sollione, mettendogli innanzi scene commoventi per figliale tenerezza. Dappertutto precedendo la fama del sito arrivo, uomini , donne e ragazzi si precipitavano sul suo passaggio per averne la paterna benedizione. Una mattina la carrozza del Papa venne circondata da sì gran turba di terrazzini, che i carcerieri furono costretti a concedere un po' di sosta, affinche il Santo Padre li benedicesse. Il buon Pio, fatti paghi i loro desideri, supplicò uno di quelli che ancora erano in ginocchio a portargli un po' di acqua fresca. In un attimo chi corse ai cavalli per arrestarli, chi alle vicine case campestri a prendere dei rinfreschi, e risolti si posero davanti ai gendarmi minacciando se avessero fatto un sol passo. Si ofrirono a Sua Santità ogni sorta di rinfreschi. « Accetti anche da me, Santo Padre ; anche da me » ed egli con dolcezza ineffabile « da tutti » rispondeva col volto solcato di lagrime; e aggradi qualche cosa da molti, toccando almeno colla mano quello che non poteva aggredire.

Qui pare si avverò un'altra volta il fatto strano, ma più volte successo a Pio VII, che egli prigioniero si vedesse costretto usare di sua morale autorità per salvare dall'indignazione popolare i suoi carcerieri. Uno dei paesani, mentre gli gettava nella carrozza i più bei frutti, con due sole ed energiche parole, avvalorate dai gesti, propose al Papa di respingere i soldati e liberarlo, essendo tale il desiderio di tutti. Quanto affetto in quelle buone popolazioni, le quali (cosa mirabile!), sanno sacrificare i loro giusti desideri ad un semplice cenno del Pontefice !

NOTIZIE DI FAMIGLIA

Inno di gratitudine e d'amore

Al Creatore dei nostri cuori amanti, Di tutte meraviglie al Creatore vogliamo innalzare pur noi, con l'anima bella di Silvio Pellico, perchè Iddio nella sua misericordia degnasi, mentre scriviamo, colmare di benedizioni il nostro buon Padre D. Rua, guidandolo con cura amorosa frammezzo i campi della nostra Pia Società, a raccogliere i profumati e svariatissimi fiori del più vivo amor figliale. Questi mistici fiori sbocciano per incanto sui sentieri, per cui passa il degno Successore di D. Bosco : la terra che li produce è fertile, perchè è il cuore della gioventù educata all'amore del vero, del bello e del buono: la mano che li semina ha in sè la virtù divina per non lasciarne avvizzire neppur uno che è uno, e la rugiada, che li ristora quotidianamente e li torna a nuova vita anche dopo il sollione d'estate, discende dolcemente dal gaio cielo salesiano, disteso dalla mano prodigiosa di D. Bosco sopra il capo di migliaia e migliaia di cuori. Questo cielo salesiano, che diffonde la sua misteriosa rugiada su tanti cuori giovanili, sono i figli del compianto nostro Padre e Fondatore, i quali educati alla sua scuola - che è la scuola dell'amore verso Dio e verso il prossimo - non possono non fare rivivere intorno a loro il soave incanto della sua dolcezza, amabilità e gratitudine. Perciò, quando l'amatissimo Successore di D. Bosco recasi qua e colà a constatare i progressi già fatti e additarne dei nuovi, chi può descrivere il magico entusiasmo che suscita da per tutto la stia dolce e cara immagine paterna, veduta, per la prima volta forse, viva viva nella sua incantevole realtà dai figli lontani? chi può ridire la piena dei loro affetti, nonostante le multiformi loro manifestazioni chi ritrarre, con fredde e calcolate parole, le caste gioie, le ineffabili delizie che si assaporano nel poter contemplare, fosse anche solo per pochi istanti, l'amabile sembiante del Padre comune?

Questi sentimenti ci torturavano la mente mentre leggevamo i primi appunti - gentilmente favoritici dal caro D. Giuseppe Rinetti, segretario particolare di D. Rua - intorno al viaggio del nostro venerato Superiore per la visita delle Case di Sicilia e di Tunisi, perchè da noi si vedeva chiaramente l'impossibilità di ridar vita alla pienezza dell'amore palesato dai nostri fratelli lontani verso l'amato nostro Padre. Tuttavia per non defraudare i nostri Cooperatori di una pagina di vita salesiana, che per molti potrebbe essere assai edificante; per poter dare ai Confratelli lontani un tenue attestato dell'affetto nostro verso di loro, e più di tutto per addimostrare al Sig. D. Rua tutto il nostro attaccamento, tutta la nostra figliale venerazione, spigoliamo dagli appunti rimessici quelle notizie che ci pare conveniente poter rendere di pubblica ragione e, senza pur vestirle a festa, le regaliamo, raccolte in un semplice mazzetto, alla dolce e numerosa Famiglia Salesiana.

Da Torino a Roma.

Come aveva stabilito, l'amatissimo nostro Superiore, appena celebrata la solennità del nostro Patrono S. Francesco di Sales ed il mesto anniversario di D. Bosco, cioè il 31 scorso gennaio, partì dalla bella e memore Torino per Sampierdarena. Quivi fu ricevuto alla stazione dal R.m° Parroco della Parrocchia di S. Gaetano, da vari altri Confratelli e Cooperatori nostri, i quali pieni di giubilo l'accompagnarono al nostro Ospizio, dove venne accolto al suon di banda e fra i più calorosi evviva di quella schiera di figli affezionati. Un caro ospite di quella nostra Casa, certo Sig. Agostino Torello, e, se ben ricordiamo, Capitano di mare, autore del disegno di ampliamento del porto di Genova, si stimò ben fortunato di poter ossequiare il nostro Superiore, e nel discorrere, avendo inteso che Don Rua aveva da viaggiare anche per mare, volle premunirlo di vari rimedii contro il mal di mare. Non è a dire quanto sia stato gradito a D. Rua un sì delicato atto.

Il dì seguente, accompagnato dalle preghiere e dai più fervidi voti dei confratelli, giovani ed ammiratori, partì per Spezia, dove Superiori, giovani ed insigni benefattori gli fecero le più festevoli accoglienze. Breve e ben riuscita l'accademia preparata per l'occasione, al termine della quale il Sig. D. Rua, dopo aver ringraziato tutti, tessè bellamente la storia del Collegio di Spezia, ricordandone i primi e più cari benefattori nella persona del Santo Padre Pio IX di f. m. e del Missionario D. Giuseppe Persi. Anche il zelante Pontefice Leone XIII, soggiunse, benedice di cuore ai cari Spezini e gode di sapere che l'Istituto tanto caro all'angelico suo Predecessore diventi ogni dì più fiorente. Infine promise di ritornare fra loro per la consecrazione della nuova Chiesa di Nostra Signora della Neve, che sì augura abbia a farsi nel prossimo agosto.

A Firenze, l'incantevole città dei fiori, nello spazio di cinque giorni, che tanto sono quelli di sua fermata, presiedè alla festa di S. Francesco di Sales, trasportata, conforme alle nostre costituzioni, nella domenica susseguente al giorno in cui cade, che in quest'anno fu ai 4 di febbraio. S. E. R.ma Mons. Mistrangelo, il nuovo Arcivescovo di Firenze, volle condecorare la cara solennità di sua preziosa presenza, celebrando al mattino la Messa della Comunione Generale, la quale, preceduta dal bellissimo fervorino di. Mons. Arcivescovo, fu assai numerosa e devota. Dopo le funzioni, nella sala delle ricreazioni si offerse a Monsignore e a Don Rua un bel serto di suoni, canti, declamazioni di poesie ed indirizzo tutti improntati al più schietto affetto figliale. L'Arcivescovo, vero angelo del Signore, di cui può dirsi, come indica il suo nome : missus est in terram Angelus, rivolse un'altra volta la sua soave e forbita parola a tutti gli alunni, invitandoli a pregare perchè presto si possa innalzare la nuova Chiesa e così fare maggior bene alle anime.

Durante la sua fermata in questa città il nostro venerato Superiore visitò i benefattori più insigni e venne ossequiato da molti Signori e Signore, da parecchi antichi allievi. dell'Oratorio di Torino, tra cui ricordiamo il Capitano Medico Ostino di Castelnuovo d'Asti, come pure da un suo antico compagno di scuola, il Signor Leopoldo Viglione. Era la bellezza di 47 anni che più non s'erano incontrati, e ben si può comprendere quante reminiscenze, quante memorie care suscitino in cuore tali incontri.

Nella capitale del mondo cristiano.

A Roma, nella città santa, la città di Dio, perchè sede del suo Vicario, l'immortale Successore di S. Pietro, nella città delle più soavi e profondi emozioni, il signor D. Rua si fermò oltre 10 giorni, sia per poter lucrare il Santo Giubileo, come per rendersi conto dello stato delle Opere Salesiane colà stabilite. Con accoglienza degna di lui fu ricevuto primieramente alla stazione da D. Marenco, nostro Procuratore Generale, con vari altri confratelli, e poscia all'Ospizio del Sacro Cuore da tutti i suoi figli e numerosi amici dell'Opera di D. Bosco.

Il 9 febbraio, come abbiamo già annunziato lo scorso mese, presiedette alla Conferenza Salesiana tenuta da D. Marenco nella nostra Chiesa del Sacro Cuore, e la sera dell'undici alla solenne tornata accademica, preparata con ottimo esito in suo onore da quei nostri confratelli. Frattanto, impiegati parecchi dì per le visite alle quattro Basiliche, stabilite per l'acquisto delle sante Indulgenze, visitò parechi nostri generosi benefattori, e fu ad ossequiare vari E.mi Porporati, fra cui i Cardinali Rampolla, Parocchi, Cassetta, ecc. Come seppe dell'arrivo del veneratissimo Arcivescovo di Torino, il Card. Richelmy, andò il 12 febbraio, come di dovere, a presentargli i suoi ossequi. Il Cardinale lo accolse con quella paterna bontà che tanto lo distingue, e, dopo aver discorso di più cose, lo richiese se avesse già veduto il Santo Padre.

- Non ho domandato l'udienza, risposegli Don Rua, perchè mi parrebbe indiscrezione disturbare Sua Santità in questi giorni occupatissima per i frequenti pellegrinaggi.

- Venga con me stamane, soggiunse S. Em.: io ci vado per l'udienza e la presenterò a Leone XIII.

Al nostro buon Padre non pareva vero di poter avere tanta fortuna, ed accettò con riconoscenza la gentile esibizione. Verso le ore 12 di quello stesso giorno, D. Rua era dall'E m° Card. Richelmy presentato al Regnante Pontefice, il quale lo accolse con affetto veramente paterno.

- I Salesiani lavorano, disse il Papa, sono contento di loro : si vede che lo spirito del Padre Bosco è passato nei suoi figli. Abbiamo perduto Cagliero; era tanto un buon prete! Ma abbiamo a successore Marenco.

- Santità, è contenta di D. Marenco i'

- Sì, sì, sono contento. E qui volle essere informato dell'andamento della nostra Pia Società, delle nostre Missioni e di più altre cose ancora, e poscia impartì con specialissima effusione di cuore la paterna apostolica benedizione ai Salesiani ed ai loro alunni, alle Suore di Maria Ausiliatrice ed alle loro educande, ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane, nonche a tutti i parenti dei Salesiani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei nostri ottimi Cooperatori.

Questo nuovo attestato della bontà di Leone XIII a nostro riguardo dice assai più, se si pensa che appena un mese prima Sua Santità erasi degnata di fare a D. Marenco le più lusinghiere accoglienze, come già si disse in un numero passato. Tutte queste visite, fatte e ricevute, non impedirono però D. Rua dal visitare eziandio il nostro noviziato di Genzano, con generale contento di quei pii giovani, e le varie istituzioni delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Roma.

Alla volta della Sicilia.

Il 17 febbraio, sabbato, l'amato nostro Rettor Maggiore abbandonava Roma per recarsi in Sicilia. A Caserta, dove abbiamo il fiorente Istituto e la bella Chiesa del Sacro Cuore di Maria, tutto è messo a festa, e Don Rua è ricevuto in mezzo ad inni giulivi e cordiali complimenti. Il dì seguente, domenica, celebra la S. Messa all'Oratorio Festivo e predica ai giovani, che ne rimangono assai contenti. S. E. Rma Mons. Cosenza, Vescovo di Caserta, saputo dell'arrivo di Don Rua, venne subito in Collegio a visitarlo, intrattenendolo lungamente a discorrere delle cose salesiane e dicendosi tanto contento dei no stri Confratelli. Monsignore infatti si adopera in tutti i modi per aiutarli in ogni cosa. D. Rua gli restituì la visita nel pomeriggio di Domenica.

Lunedì, dopo la Messa agli alunni del Collegio di Caserta, eccolo a Napoli, ospite di Mons. Fortunato Neri, nostro buon Cooperatore. Questi allora si trovava a letto per influenza, ma, animato da D. Rua ad alzarsi e a celebrare la S. Messa, ubbidisce come un figlio al padre e passa fuori di letto tutta la giornata. Fece visita a parecchi altri benefattori e fu specialmente ad ossequiare l'E.mo Arcivescovo il Card. Prisco, che lo accolse come un carissimo amino, intrattenendosi a discorrere con amore delle nostre cose. L'ottimo Don Vincenzo De Maio , Direttore dell'Ospizio dei Sordo-muti, mise tutto il suo Istituto a disposizione del nostro Superiore, pregandolo di gradire l'ospitalità per sè e per i suoi figli tutte le volte che si passi per Napoli.

A Castellamare, come da per tutto, grandi ricevimenti, con accademia, teatrino ecc. Tutto procede a maraviglia ed il buon Padre se ne mostra contento assai. Fu visitato da molti buoni Cooperatori e pie Cooperatrici, tra cui va ricordato l'Ill.m° Sig. Sindaco, persona pia ed intelligente che s'adopera quanto sa e può per favorire gli Istituti religiosi, a buon diritto da lui stimati i più atti a formare le crescenti generazioni ed a guarire, se possibile, la presente società. Compia il buon Dio i voti di questo caro Signore!

Ma il tempo vola e D. Rua, col suo segretario, dato l'addio ai fratelli di Castellamare, giunge, dopo dieci ore di diretto notturno, a Tropea, dove, per le vive istanze del Rm° Canonico D. Giuseppe Loiacono, teologo della Cattedrale, aveva promesso una breve fermata. Furono a riceverlo alla stazione il sullodato Teologo e vari altri R.mi Canonici della Cattedrale, che lo accompagnarono in Episcopio. L'Ecc.m° Vescovo di Nicotera e Tropea, Mons. Domenico dei Baroni Taccone Gallucci, accolse il Successore di D. Bosco con entusiasmo indescrivibile, pregandolo a voler tenere nel Duomo una conferenza ai Cooperatori della sua diocesi. Intorno a questa conferenza così ci scrisse un bravo Cooperatore di Tropea:

« Nelle ore pomeridiane del 21 febbraio D. Rua ascese il pulpito della nostra Cattedrale affollata di gente accorsa all' annunzio dell'arrivo del Sacerdote insigne per meriti e virtù singolare e per fama mondiale. Egli parlò con quella semplicità che è sua propria e che edifica e commuove chiunque lo ascolta. Tratteggiò per sommi capi la vita di D. Bosco e le opere educative a favore della gioventù da lui fondate ; parlò dei suoi figli sparsi per tutto il mondo ed espresso anch'egli il desiderio vivissimo di poter presto contentare le brame dei buoni cittadini di Tropea. La sua conferenza ha fatto nascere nel cuore di quanti lo ascoltarono commossi più viva la brama di veder presto realizzata questa speranza. Poscia in Episcopio venne ossequiato dal R.mo Capitolo, dal Clero della Città, dal Seminario, da molti sacerdoti dei paesi vicini, dall'Ill.m° Sig. Sindaco con i Membri della Giunta Municipale, dal Circolo Cattolico, dalla Congregazione di Carità e da moltissimi distinti Signori e Signore. Il venerando Sacerdote, umilissimo e modesto, ricevè tutti con amabilità ed ebbe per tutti una cara parola, una parola di quelle che fanno tanto bene allo spirito quando vengono detto da un uomo di santa vita qual è D. Rua.

» Il giorno appresso egli partiva per Messina accompagnato alla stazione da molti Sacerdoti e Signori, lasciando nell' animo di quanti ebbero la fortuna d'avvicinarlo un caro ricordo della sua venerata persona. Alla stazione un Sacerdote prima di accommiatarsi lo pregò che volesse lasciarci con la sua benedizione ed egli amorevolmente s'arrese alla preghiera. Fu un momento di commozione generale. Quanti si trovavano sul piazzale della stazione preti e secolari genuflessero tutti attorno al buon Sacerdote ed egli implorò sul capo di tutti le benedizioni del Cielo. Quadro davvero commovente! Un vecchietto dal volto d'asceta, esile di persona, e tanta gente curva e commossa ai suoi piedi! Davvero ha alcunchè di straordinario questo prete, si diceva da ogni parte, e tutti a guardarlo, specialmente i fanciulli, come estasiati. Prima che giungesse il treno e poi anche quando il treno giunse e D. Rua prese posto in uno scompartimento di 2.a classe, distribuì con un caro sorriso sulle labbra a quanti si avvicinavano a baciargli la mano una medaglina di Maria Ausiliatrice, ed avendo fatto ritardo il treno alla nostra stazione, sparsasi la voce della presenza di D. Rua, fu uno scendere da tutti gli scompartimenti per vederlo e baciargli la mano, sicche una dimostrazione così spontanea trasse le lagrime dagli occhi a molti presenti. Un Signore di Tropea vivamente commosso offrì la sua casa, affinchè i Salesiani venissero qui tra noi, e D. Rua accettò di buon grado l'offerta e volle sapere il nome del generoso per segnarlo nel taccuino delle sue memorie. Quando il treno si mosse tutti si scoprirono reverenti augurando il buon viaggio. D. Rua col suo amabile sorriso ringraziò e si ritrasse lasciando nell'animo di tutti la convinzione di aver veduto e parlato con un santo.

» Voglia il Cielo che i desideri e i voti di questo nostro Ecc.mo Vescovo e di quanti amano il bene della gioventù esposta in questi tempi a mille pericoli, abbiano compìmento, e che la visita dì D. Rua a Tropea segni il principio di un'era nuova a pro della stessa e anche noi possiamo sperimentare gli effetti benefici dell'Opera ìnsigne e benemerita di D. Bosco, che tanto bene ha apportato ed apporta quotidianamente al mondo intero. »

L'Opera di D. Bosco in Sicilia.

Il treno, su cui era salito D. Rua a Tropea, in tre ore e mezzo lo trasportò a Villa San Giovanni, dove era atteso dal Direttore della nostra Casa di Messina, dal M. Rev. D. Domenico Carigliano e dal Sig. Domenico Lofaro. Dovendo quivi attendere alcune ore prima che il battello facesse la traversata dello stretto, Don Rua visitò la città che è assai bella, accettando per alcuni istanti l'affettuosissima ospitalità del prefato Sig. Lofaro. Volle pure far la conoscenza della famiglia di D. Carigliano, e tra una cosa e l'altra poco mancò non si perdesse la corsa. Quando D. Rua giunse alla stazione d'imbarco, il battello s'era già allontanato un buon tratto dalla riva: ma il capo stazione, dando fiato nella sua tromba, lo fermò e sopra una barchetta, che danzava allegramente sulle onde alquanto agitate, si arrivò fortunatamente al battello e si potè partire. Quivi il nostro Superiore e gli altri sacerdoti che lo accompagnavano ebbero un complimento poco lusinghiero da uno dei passeggeri che si trovavano a bordo. Questi al vedere tanti preti disse in tono di scherno ai vicini : - Difficilmente arriveremo a terra, ci toccherà certo qualche disgrazia! - pigliandoli addirittura come uccelli di cattivo augurio. Ma il meschinello si vide ben tosto sfatata la sua profezia, che neanche in mezz'ora il battello toccò felicemente Messina.

L'Ispettore delle nostre Case Siciliane Don Giuseppe Monateri, con varii altri Confratelli, le rappresentanze dell'Oratorio maschile e femminile e numerosi gentilissimi Signori e Signore attendevano allo sbarco per ossequiare D. Rua. L'ornatissima Sig.a Marchesa di Cassibile pose a disposizione di lui la sua vettura, la quale lo portò in breve tratto di ora al nostro delizioso Collegio. Assistere a riuscitissimi trattenimenti musico-letterari e drammatici, mettersi a disposizione dei nostri Confratelli e dei Cooperatori, visitare i più insigni benefattori, sbrigare la molteplice sua corrispondenza giornaliera ecco il programma del lavoro quotidiano del venerato nostro Superiore. Perciò nel suo breve soggiorno a Messina visitò, oltre l'Istituto S. Luigi Gonzaga, i tre Oratori festivi, due maschili diretti dai nostri Confratelli ed uno femminile tenuto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, e con grande sua consolazione li trovò assai bene avviati e pieni di gioventù. Si recò poscia a far visita a Mons. Arcivescovo, dal quale fu cordialissimamente accolto.

Ad Alì Marina Don Rua fu ricevuto in trionfo. Era aspettato alla stazione da una larga rappresentanza del Municipio e dai principali Signori della città, dalla Compagnia di S. Giuseppe col suo bellissimo vessillo e da tutto il Collegio femminile di Maria Ausiliatrice. La musica cittadina eseguì le sue migliori suonate e nella maggior sala della Casa dei Salesiani si lessero bellissimi componimenti di benvenuto. Parlò pel primo ed alla presenza dei principali rappresentanti del Municipio e di una nobile accolta di Signore e Signori il Sig. D. Antonini, assessore anziano, salutando in Don Rua il restauratore della società, mediante l'educazione religiosa morale, ch'egli imparte, per mezzo dei suoi figli, alla gioventù in ispecie di Alì Marina. Il Cav. Avv. Enrico Baratta, Consigliere Comunale, ringraziò pure Don Rua con bellissimi pensieri, e poscia fu un succedersi di componimenti tutti spiranti il più sincero affetto. Don Rua, ringraziati tutti di tutto, pigliando argomento da un pensiero udito nell'accademia, fece una breve, ma efficace considerazione sui vantaggi che la religione arreca all'individuo, alla famiglia ed alla società. Accennò al bene grande che possono fare gli Italiani ai loro paesi ed all'estero, specialmente in America, dove sono in sì gran numero i nostri connazionali, e terminò facendo voti per la prosperità della patria nostra, augurandole il primato materiale e morale.

Più tardi, ma nella stessa sera, il Successore di Don Bosco visitò l'Istìtuto diretto dalle Suore di Maria Ausiliatrice. Quivi una ben indovinata illuminazione in cortile e poscia declamazioni, canti, suoni terminanti sempre in un turbinio di evviva ed acclama, zioni da parte delle educande, delle loro maestre e di numerose Signore invitate. Il nostro Superiore poi con fervorini, conferenze e funzioni religiose diede quivi una vera missione, che produrrà abbondanti frutti. Notiamo fra le altre la conferenza ai soci della

Compagnia di S. Giuseppe, composta di uomini, giovanotti e fanciulli del paese. D. Rua, prendendo motivo dalle parole fede, lavoro e preghiera scolpite sul ricco vessìllo di questa Compagnia, coni parola insinuante tratteggiò da maestro il programma dell'operaio cattolico. Conchiuse con un forte appello a star sempre attaccati al Papa, al grande Leone XIII, che è il Papa degli operai per eccellenza, e si disse fortunato di poter recare a, ciascuno e per le proprio famiglie l'apostolica benedizione, impartita da questo miracoloso Vegliardo a Don Rua nell'udienza del 12 dello stesso mese non solo per i Salesiani e loro alunni, ma anche per tutti i Cooperatori e per quanti sono in qualche modo vincolati all'Opera Salesiana.

La posa della 1a pietra di una nuova Chiesa a Maria Ausiliatrice.

Siccome poi ad Ali Marina da assai tempo si sentiva il bisogno di una Chiesa comoda e devota per raccogliervi alle sacre funzioni le Suore ed alunne del Pio Istituto ogni dì più fiorente, con tanto vantaggio e decoro della gentile città e di tutta la vasta provincia e diocesi, così si colse la propizia occasione per la posa della 1a pietra di questa Chiesa, essendo appunto in quest'Anno Santo la provvidenza venuta in aiuto al compimento di questo vivo desiderio, mercè la munificenza dell'Illustrissima Sig.a Catterina Scoppa Loffredo Marchesa di Cassibile.

« Alle 4 pomeridiane del 28 febbraio (così scrive il segretario di D. Rua) con un sole bellissimo, un'aria profumata d'aranci e limoni, un mare tranquillo e la natura tutta bellamente composta ad allegrezza, alla presenza dell'intera comunità dell'Istituto, di numerose rappresentanze della cittadinanza alitana, acconciamente disposte sotto archi trionfali, ghirlande di fiori e trofei, fungendo da padrino il Sig. Girolamo Interdonato, Assessore anziano, e da madrina la sullodata Sig.a Marchesa, assistendo il Sig. Direttore Spirituale dell'Istituto, D. Alberto Bielli, il Direttore del Collegio Salesiano di Messina, Don Angelo Lovisolo, l'Ispettore delle Case Salesiane di Sicilia D. Giuseppe Monateri ed altri Sacerdoti Salesiani e forestieri, coll'intervento della Visitatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice della Sicilia, Rev.da Suor Maddalena Morano e parecchie Direttrici delle Case Siciliane, il Rev m° Don Michele Rua, Rettor Maggiore dei Salesiani, benediceva e collocava la pietra angolare della nuova chiesa in onore di Maria SS. Ausiliatrice. La solenne funzione, fra i vari cantici prescritti dal sacro rito, fu accompagnata dalle divote sinfonie della banda cittadina egregiamente diretta dal valente Maestro Sig. Giuseppe Moschella da acconci mottetti eseguiti con ottimo gusto dalle buone educande del pio Istituto.

» Quando il Rev. m° Sig. D. Rua, accompagnato da numeroso clero, dal padrino, dalla madrina, dall'Ingegnere Sig. Cav. Leandro Caselli, dal capo mastro Sig. Francesco Colonna, collocò a posto la pietra angolare benedicendola e ponendovi la calce, fu un momento di grandissima gioia per tutti, che traspariva dagli occhi, dal volto, dai canti e dai suoni echeggianti in un vero paradiso della natura. Data lettura del verbale, preparato su pergamena dal Direttore D. Angelo Lovisolo, venne chiuso in un astuccio di vetro e murato dentro la pietra angolare con monete del tempo, con devote immagini, fotografie e medaglie. Oltre i Sacerdoti funzionanti, il padrino e la madrina, vi posero la calce tre delle più piccole bambine dell'Istituto, ed alcuni fanciulli del paese, che furono oggetto di bella invidia, aumentarono la santa allegrezza della pia funzione.

» Terminata quest'ultima cerimonia, un fanciullo della cìttà a nome di tutti i presenti complimentò il Sig. D. Rua, ringraziandolo del bene fatto ad Alì ed offrendogli col suo il cuore di tuttì i buoni Alitani. Don Rua, commosso per le riuscitissime funzioni, accompagnate da un bellissimo tempo, coll'affluenza di tanto popolo, tenne un discorso che sarà mai sempre impresso nella mente e nel cuore di quanti l'udirono. Spiegò in modo chiaro e facile il rito celebrato e le preghiere che l'accompagnarono. Disse del grande, sublime, divino significato della pìetra angolare, e ricordando la visione di Giacobbe mostrò che la Chiesa è scala dalla terra al cielo, e la pietra angolare fonte di salute temporale ed eterea; che attorno alla Chiesa si affollano i popoli per impararvi la religione e la civiltà, che da essa abbiam la fede, il timor di Dio, la carità pel prossimo. La Chiesa, che si edificherà, sarà di bene grandissimo all'Istituto, alla città, alla Sicilia e da essa partiranno cuori generosi a portare la luce del vangelo nelle lontane missioni dell'America. Chiuse con la papale benedizione. »

Il 2 marzo D. Rua abbandonò Ali Marina per rendersi a Catania, dove l'Opera del Padre nostro ha preso grande sviluppo. L'attendevano alla stazione i Superiori delle varie Case di Catania e Pedara, i chierici di S. Gregorio e numerosi Cooperatori. Non parliamo dei ricevimenti in collegio, che furono superiori ad ogni elogio, dopo i quali D. Rua recossi ad ossequiare l'E m° Card. Francica Nava Arcivescovo, che lo accolse come un carissimo amico. Nei dì seguenti il nostro Superiore compì la sua visita nelle varie Case, recando dovunque un raggio di quella paterna bontà che ereditò dal nostro veneratissimo Fondatore.

Catania al S. Padre Leone XIII.

Questa bella dimostrazione di affetto verso il Santo Padre, così ci viene descritta da Don Rinetti, in una sua lettera a D. Belmonte in data 5 marzo

« Ieri verso le 16 il fior fiore della cittadinanza catanese accorreva con insolito trasporto di gioia nel borgo della Salette, nella chiesa omonima - monumento della divozione di S. E. il Cardinal Dusmet verso la Madre nostra Maria SS. - per un'accademia musico-letteraria commemorativa dell'anniversario dell'incoronazione di S. Santità Papa Leone XIII.

» Presiedeva S. E. il Cardinale Francica Nava, degnissimo Arcivescovo di Catania; cui facevano bella corona il nostro Superiore Generale ed altri degnissimi prelati e canonici della città. L'accademia venne aperta da una brillantissima marcia della banda dell'Istituto Salesiano di S. Francesco di Sales in Catania, già nota a tutti per la sua valentia, e da un grandioso inno di occasione eseguito all'unisono dalle scuole unite di S. Gregorio e di Catania. Un nostro Confratello aperse la serie dei componimenti inneggiando al Santo Padre Leone XIII e salutando il degno Successore di D. Bosco, cui assegnò di estendere l'opera sua salutare in tutta la Sicilia. A lui teneva dietro un bambino deldell'Oratorio festivo Leone XIII, il quale, presentati i suoi ossequìi a nome di tutti i giovanetti suoi compagni d'Oratorio, disse il Sig. Don Rua padre del loro Direttore e perciò nonno di tutti i giovanetti dell' Oratorio Leone XIII. Piacque a tutti la bella trovata, ed il Sig. D. Rua sorridendo accettò il nuovo titolo di nonno. Quindi in poco più di due ore si svolse il bellissimo programma di musica istrumentale, vocale e declamazione, ammirando in tutte le esecuzioni non solo inappuntabile precisione, ma una non comune perfezione.

» S. E. il Cardinale impedito da una tosse ostinata di chiudere coll'infocata sua parola l'accademia, ne cedette l'onore al Sig. D. Rua, che ebbe poi musici, cantori, oratori e specialmente poi benefattori dell'Oratorio, tra i quali è in prima linea S. Em., cui si deve il nuovo locale dell'Oratorio, parole della più cordiale riconoscenza e del più illimitato ossequio. Si cantò quindi il solenne Te Deum e con un classico Tantum ergo si chiuse la solenne funzione, il cui ricordo tornerà sempre caro a tutti i Catanesi, i quali si faranno sempre un vanto di sostenere le Opere di D. Bosco in Catania. Per invito del Sig. Don Rua S. E. il Cardinale mandò un telegramma di congratulazione al S. Padre, domandandone la benedizione su tutta la città di Catania e specialmente sulla gioventù raccolta negli Oratorìi festivi dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. »

A S. Gregorio di Catania.

Lunedì, 5 marzo, verso le 16,30, D. Rua lasciava Catania per recarsi al vicino borgo di S. Gregorio, che gli aveva ìnviata in Catania una deputazione per ossequiarlo, perche affrettasse la partenza, essendo ansiosamente atteso da tutto il paese di ben 2000 abitanti. Scrive il suo segretario

« Aspettato da ben 8 anni dai cari Confratelli, desideratissimo dai buoni novizi che mai l'avevano veduto, sospìrato da tutti i buoni popolani, ebbe tale accoglienza che migliore non la potrebbe desiderare un sovrano. Ad un chilometro circa di distanza dal centro del paese, sorgeva un bell'arco trionfale, e la via era tutta coperta di fiori; i nostri chierici ed i bambini degli Oratorii festivi schierati facevano a gara a chi pei primo poteva avvicinarsi a dargli il benvenuto. Vennero ad incontrarlo parecchie Società di S. Gregorio e dei vicinì paesi colle loro bandiere, il R.mo Vicario di S. Gregorio con tutto il suo clero, il Sindaco colla sciarpa a tracollo, parecchi Consiglieri e poi tutto il popolo che si assiepava intorno gridando ed acclamando al Sig. D. Rua, il quale sceso dalla vettura ringraziava tutti profondamente commosso. Appena salutati i rappresentanti del paese, la musica del nostro Oratorio festivo di S. Gregorio suonò la sua più bella marcia e D. Rua si avanzava sotto una fitta pioggia di fiori che continuò fino alla Casa. Gli furono presentati palme eleganti e ricchissimi mazzi di fiori fra lo sparo dei mortaretti ed il suono festivo di tutte le campane. Passato l'ultimo e più ricco arco trionfale vicino al nostro Noviziato, tutta la folla gli tenne dietro fin dentro l'Istituto per assistere al ricevimento in casa, ove tutto risuonava di canti della più viva gioia, tutto era messo a festa con festoncini, bandiere, iscrizioni.

» Nel refettorio, trasformato in magnifico salone si svolse un bellissimo programma di canto, di suono e di declamazione. Aperse il trattenimento la banda, che, fondata solo da cinque mesi, diede un bellissimo saggio.

Parlò da ispirato e col linguaggio del cuore il Consigliere Scolastico ; esprimendo l' allegrezza del Noviziato, degli Oratori festivi e di tutto il paese per l'arrivo del Sig. D. Rua, e augurandogli ogni felicità offriva le felicitazioni di tutti i presenti che potevano ben essere circa un 600 persone. Quindi con bella varietà si successero, unitamente ai nostri novizi, gli alunni dei tre Oratorii festivi, i quali con fare spigliato, disinvolto, affettuoso diedero il ben venuto al Sig. Don Rua con varii generi di componimenti in verso, in prosa, in italiano, in francese, in spagnuolo, in inglese, in siciliano. Una festa sì bella trova solo riscontro in quelle che si facevano al nostro caro Padre D. Bosco nel dì suo onomastico all'Oratorio di Valdocco o quando vi ritornava dopo lunghi mesi di assenza.

» Terminato il caro trattenimento, a cui presero parte le autorità ecclesiastiche e civili e molta parte della popolazione, il Sig. D. Rua vivamente commosso ringraziò tutti i presenti promettendo di ricordarli tutti nella S. Messa; di più li invitò a sentire la sua Messa in parrocchia pel giorno 8, in cui avrebbe avuto luogo la vestizione di parecchi dei novizi. Si chiamò contento di trovarsi in mezzo a tanti buoni amici, assicurandoli che vi si sarebbe fermato più che altrove, e che partendo vi avrebbe lasciato, se non tutto, certo gran parte del suo cuore e li avrebbe sempre ricordati nelle sue orazioni. Rivolse tutte a D. Bosco le lodi a lui attribuite e ringraziò i buoni abitanti di S. Gregorio per l'affetto che nutrono pei figli di D. Bosco. »

MISSIONI

COLOMBIA

Commovente appello in favore dei lebbrosi del lazzaretto di Contratacion. (Lettera di D. Evasio Rabagliati*)

(*) La presente lettera del nostro Missionario D. Rabagliati, indirizzata all'illustre Avv. Stefano Scala, Direttore dell'Italia Reale-Corriere Nazionale e della Crociata religiosa sociale, venne pubblicata lo scorso agosto in quest'ultimo periodico. Noi la riproduciamo ora, sicuri che i nostri lettori si uniranno a quelli della Crociata per rispondere generosamente alla voce della carità verso i più infelici fra gli uomini.

ILL mo SIGNOR DIRETTORE,

Contratacion, 20 Maggio 1899.

PARTITO da Bogotà il 5 aprile, giungevo qui in questo lazzaretto di lebbrosi il 12 maggio, dopo 38 giorni di viaggio consecutivi sul dorso di una mula, passando da una montagna ad un'altra, da una valle ad un'altra valle, in cerca di siti convenienti per fare in questo solo Dipartimento varii lazzaretti, affine di raccogliervi tutti quelli che non poterono essere ammessi in questo di Contratacion, l'unico esistente finora in questi immensi territorii di Santander, flagellati terribilmente dal mostro della lebbra. Credo non sbagliare se assicuro che il numero di queste infelicissime vittime della lebbra non è inferiore ai 25 mila in questo solo Dipartimento, senza contare varie altre migliaia che hanno gli altri Dipartimenti. È cosa che veramente sgomenta il vedere come si propaga questo terribile flagello in queste regioni. Nell'anno 1897 nella Germania, credo per ordine o per consiglio, certamente coll'approvazione del medesimo imperatore Guglielmo, si radunò in Berlino il primo Congresso leprologo, nel quale presero parte 120 medici accorsi da tutte le nazioni civili del mondo. La cagione? Dieci o dodici lebbrosi trovati alle frontiere germaniche, probabilmente importati dalle colonie. Questa notizia basta per commuovere una grande nazione; lo stesso imperatore se ne preoccupa personalmente; e si raccolgono in Congresso i più celebri medici del mondo, per tentare di soffocare il male nel suo nascere. E qui, in una piccola nazione, ve ne sono migliaia e migliaia ; uno li trova in ogni parte, nelle città, nei paesi, nei borghi, nelle campagne, per le piazze e vie pubbliche, e quasi nessuno si. commuove. Non è più a stupire quindi se il mostro, lasciato libero a se stesso, ha fatto in poco tempo strage così enorme. Ma non è scopo mio tessere la storia della lebbra in Colombia; ha ben altro fine questa mia corrispondenza epistolare.

I Salesiani a Contratacion -Origine del lazzaretto - Numero attuale dei lebbrosi - Pietoso episodio - L'abitazione dei Salesiani e delle Suore al lazzaretto - Un deposito di nuovo genere - Inventario.

Da quasi due anni sono qui tre Salesiani, due preti ed un chierico che ha la scuola dei bambini, e cinque Suore di Maria Ausiliatrice, che hanno cura dei lebbrosi degli ospedali ed anche a domicilio, quando la necessità lo richiede; una è consacrata particolarmente alla scuola delle bambine. Questo lazzaretto fu cominciato l'anno 1862 con 27 ammalati, portati qui colla forza; adesso ve ne sono 950, e ve ne sarebbero ogni dì più, se si potesse procurare loro alloggio, e vi fosse di che alimentarli e vestirli. Ieri l'altro arrivava qui un vecchio di 84 anni, dopo quasi due mesi di viaggio, mandatovi dalle autorità. Due mesi di viaggio! Ma allora veniva dalle Indie o dal Giappone?... Che? che? veniva dalla Colombia , da Santander , dalla provincia di Pamplona, da una cinquantina di leghe di qui, e forse meno; ma a 84 anni, e colla lebbra indosso, colle carni a brandelli e con certe strade come queste, non si può camminare che assai lentamente. Giunse più morto che vivo, sfinito per le fatiche, stremato di forze... in nessuna parte vi era posto... sarebbe stata una vera crudeltà rimandarlo al suo paese o lasciarlo morire su di una via pubblica. Gli ammalati di un ospedale, pieni di compassione per quel vecchio, si restrinsero un po', fecero un posticino, vi si aggiunse un giaciglio, e da quel giorno le Figlie di Maria Ausiliatrice gli sono d'attorno per istruirlo un po' in materia di religione, chè generalmente gli ammalati, che arrivano qui, sono piuttosto indietro in questa scienza, e quasi senza loro colpa ; così si preparerà a morire, e si verificherà con questo caro vecchio quel detto della santa Scrittura: Et erunt primi novissimi, et novissimi primi; e senza farla da profeta, ben si può dire che essendo degli ultimi arrivati, sarà dei primi ad andarsene in Paradiso, perchè è da molto che mi sono convinto che tutti o quasi tutti i lebbrosi che muoiono nei lazzaretti, fanno una bella morte e si salvano, perchè assistiti dai Sacerdoti, fortificati dai SS. Sacramenti e ben disposti al gran passo; il che non avviene se non rarissimamente cogli ammalati che muoiono altrove, per motivi che non è il caso di qui specificare. Ecco qui la cagione principalissima, per la quale questo figlio di Don Bosco che scrive, da varii anni pensa, gira e lavora per radunare tutti questi poveri lebbrosi della Colombia in uno od in varii lazzaretti. È vero; è anche per salvare questa cara terra colombiana da questo aspide, che le avvelena il sangue e le rode e distrugge la vita; per preservare tanti sani che incautamente giuocano col pericolo; ma più, assai più, il fine primissimo è per aiutare a salvare tante meschine creature di Dio, ed impedire così che, dopo un vero purgatorio sofferto in questa vita, abbiano ad incontrare un inferno eterno nella futura. Ma io divago troppo, e non è questo l'oggetto di questa mìa missiva alla S. V. Ill.ma

La Casa occupata dai Salesiani non è loro, è del lazzaretto, sua proprietà; prima era abitata da una famiglia di lebbrosi ; le si diede una mano di. bianco, non di calce, e la trasformazione fu finita; senza timore i tre figli di D. Bosco vi entrarono e vi restarono, e chi sa mai fino a quando. Ha cinque piccole stanze, in due delle quali non vi sta se non il letto. Vi sono anche due fori, dette stanze, uno destinato a cucina, l'altro a deposito; ma la cucina non ha che tre pietre che formano il focolare, e la stanza del deposito è sempre vuota, perchè qui non vi è niente da depositare, se pure non si volessero raccogliere le lagrime e le pene indicibili che qui sempre abbondano. Tre brande, che servono per tre letti : una sedia per ciascuno dei religiosi, che si va portando da una parte all'altra, secondo i bisogni: una tavola per le refezioni: alcune stoviglie, le indispensabili, per le stesse : pochi libri in un angolo di uno dei dormitori: in altro angolo due casse fatte di cuoio contenenti la lingeria, troppo poca per tre persone, ed ecco bello e finito l'inventario di questa Casa Salesiana.

La Casa delle Suore ha qualche cosa di meno: tre stanze invece di cinque, una delle quali si dovè convertire in Cappella; non ne restano quindi se non che due; per questo il refettorio si fa in un corridoio, che serve anche di cortile per le loro brevi ricreazioni; la cucina è qualche cosa come una tana, aperta a tutti i venti, alla pioggia, con alcune pietre qua e là; e colà dentro, con grande spreco di tempo, di fatica ed anche di salute, stanno giornalmente preparando il vitto necessario per loro e per i Missionari. Quella Casa poi ha un altro gran difetto: è posta su di una pendice abbastanza pronunziata, almeno a trecentro metri dal centro della popolazione, con una strada che ha nulla da vedere colla vostra Dora Grossa ; e questo tragitto di 300 metri lo debbono fare ogni giorno varie volte, mattino e sera, vuoi per andare alla Chiesa pubblica, vuoi ad un ospedale o ad un altro, alla scuola, e, quando è il caso, alle case private per assistere certi ammalati troppo abbandonati e che non poterono essere ammessi negli ospedali.

Ma perchè faccio un'analisi tanto minuziosa di cose che apparentemente non valgono la pena ? Ecco la ragione.

La risposta ad un perchè - Le trasformazioni del lazzaretto di Agua de Dios - Il cuartillo di D. Unia - La carità dei Torinesi in Agua de Dios - Generosità di un protestante di Germania - I successorl di D. Unia.

Nell'anno 1892, quando il nostro Don Michele Unia entrava la prima volta nel lazzaretto di Agua de Dios, sito a poche leghe dalla capitale Bogotà, trovò le cose sue, cioè la Casa e masserizie della stessa, in condizioni peggiori di quelle che abbiamo noi qui adesso; in poco tempo tutto era cambiato: la casa era ingrandita ed abbellita, con un piccolo giardino, una stanzetta da bagno, una piccola cucina di ferro (torinese); accanto alla Casa un bellissimo Oratorio festivo per i bambini : la Cappella, prima vera capanna di Betlemme, si trasformò in un paradisino, una piccola cattedrale, con ornamenti belli e variati, vasi sacri di ogni classe ed anche di lusso, come si conviene al culto divino, un bell'altare, statue di differenti Santi venute da Torino o da Barcellona: una bellezza insomma; l'ospedale, a misero tugurio che era, capace dì pochi letti, si trasformò in un vero ospedale, che non potrebbe ancora paragonarsi col vostro di S. Maurizio e Lazzaro, ma che è un vero ospedale, capace quasi di cento letti, con quattro saloni spaziosi; due per uomini e due per donne, con lettiere comode, molte in ferro: ogni ammalato ha una sedia di ferro numerata; con cortili spaziosi, bei giardini, bagni a disposizione degli ammalati, un boschetto per passeggiarvi nelle ore canicolari, ed una Cappella nel centro dei quattro saloni, un tesorino, di cui possono godere tutti gli ammalati senza neppure alzarsi dal loro letto.

L'ospedale poi ha speciali appartamenti destinati alle Suore addette al servizio dello stesso, ed una gran provvista di biancheria e lingeria di ogni maniera, il tutto proprietà dell'ospedale. Ah ! dimenticavo una bellissima e comodissima cucina in ferro, venuta da Torino o quasi regalata dal Signor Buscaglione, dietro supplica del compianto Sac. Don Antonio Sala, Economo Generale della nostra Pia Società, e del sottoscritto.

Non parlo di tante altre innovazioni introdotte in quel lazzaretto dal nostro D. Unia nei pochi anni che potè passarvi. È inutile che io osservi che D. Unia, come religioso, non aveva nulla di nulla : che i Salesiani di Bogotà non lo poterono aiutare pecuniariamente per la semplice ragione che per dare bisogna avere, e che quel poco che noi si aveva in Bogotà era per i nostri 200 orfanelli, e neppure ci bastava; all'uopo aggiungo che il R.mo D. Rua, che io mi sappia, non gli potè mandare gran che, per ragioni facilissime ad indovinarsi. Ma dunque? Ecco una bella spiegazione: l'ospedale, che costò molte migliaia di scudi colombiani, lo fecero i Colombiani stessi con un mezzo che restò celebre qui : col cuartillo del P. Unia, voglio dire col centesimo che il nostro Don Unia chiese a tutti i sani, e che tutti gli mandarono, Colle piccole offerte degli stessi lebbrosì si poterono comprare alcuni ornamenti di Chiesa, alcune statue, dar principio all'edifizio dell'Oratorio festivo ; qualche cosa gli mandava la Società di Beneficenza di San Lazzaro di Bogotà: tutto il resto venne dall'Europa. Torino provvide le due cucine, una piccola per i Salesiani, una grande capace per 200 persone per l'ospedale; Torino provvide pure i letti e le sedie in ferro per l'ospedale; per questo ricordo che una signorina torinese diede al nostro Superiore D. Rua, L. 1000. Torino ancora mandò vari ornamenti di Chiesa, candelieri., cera, quadri; Barcellona provvide le statue; Milano e Lecco strumenti musicali per una banda ed un bell'harmonium per la Chiesa, poi un altro ancora più bello; da una città di Germania un ricco protestante in una sola volta mandò 18 cassoni, se non erro, tutto il necessario per fornire l'ospedale in materìa di stoviglie, lingerie di ogni specie; vi si trovò perfino una pezza di seta con la scritta sopra. Per fare sottane sottili al Padre Unia. Più tardi lo stesso signore protestante mandò tremila scudi per l'opera dei lazzaretti. Da altre parti vennero altre cose, ed è così che quel lazzaretto cambiò aspetto materialmente in tutto quello che ha relazione coll'Opera Salesiana. Presentemente vi si sta costruendo un asilo pei bambini lebbrosi orfani, e sono i bambini sani di tutta la Repubblica invitati a mandar l'obolo loro per condurlo a termine; e non ho il più piccolo dubbio che con un po' di tempo e di pazienza l'asilo verrà finito, con grande vantaggio materiale e spirituale di quei poverini orbati di padre, di madre, di amici, privi di tutto, principalmente di salute, ed esposti a mille pericoli per l'anima loro (1). Era questo un caro ideale dello stesso Don Unia, che non potè effettuare, perche la morte lo sorprese quando meno si aspettava, ma che stanno effettuando i suoi successori, i Salesiani Don Raffaele Crippa e D. Luigi Variara, che attualmente, con altri due confratelli, chierico l'uno, l'altro coadiutore, hanno il governo spirituale di quel piccolo mondo di miserie, che è il lazzaretto di Agua de Dios.

Un voto a favore del lazzaretto di Contratacion - Chi non ascolterà, la voce della carità? - Quattro anni senza cambíarsi i vestiti - Quanto facilmente possano venir in aiuto le grandi fabbriche - La spiegazione di due altri perchè - I sacrifizi dei lebbrosi - Ne medici, ne medicine - La carità non ha barriera-Mezzi di spedizione - Una cara proprietà, - Nota importante.

Or bene, non si potrebbe fare qualche cosa di simile per questo lazzaretto di Contratacion? Non voglio essere esigente, non chieggo che si ripetano i prodigi che si fecero in beneficio di Agua de Dios; ma qualche cosa sì, si potrebbe ben fare. Per esempio, non si troverebbe in Torino un'anima caritatevole che volesse regalarci una piccola cucina in ferro da accendersi con legna, chè il carbone qui non è conosciuto, e farlo venire da altre parti costerebbe un occhio; una cucina, dico, capace per una dozzina di persone? Non vi sarebbe chi ci provvedesse qualche ornamento di Chiesa di ogni classe, perche tutto qui manca, e neppure vi è il necessario ? Basti il dire che l'unico calice è di stagno con coppa di metallo, in uno stato veramente indecente. Mancano pianete, camici, rocchetti, candelieri, qualche pezza di genere per adornare la Chiesetta nelle principali solennità. Nulla vi è, tutto è necessario. Torino o Barcellona non ci potrebbero mandare almeno una statua di Maria Ausiliatrice e di S. Francesco di Sales, e se fosse possibile una di San Lazzaro (lebbroso), che bisognerebbe creare di pianta, perchè non credo esista ancora? Milano e Lecco non ci vorrebbero fare la carità di un harmonium e di qualche strumento musicale per iniziare una piccola banda qui, come si potè ottenere di fare in Agua de Dios? Qualche po' di lingeria non farebbe male, nè sarebbe di troppo nè per noi, nè per i 950 ammalati. A proposito di ammalati e di roba : da quattro anni circa i più non si cambiano i vestiti che hanno indosso, e non lo possono fare per mancanza assoluta di mezzi; è cosa che desta veramente la compassione e che quasi fa ribrezzo il vedere come vanno vestiti questi poveri meschinelli. Molti hanno la roba a brani e non arriva a coprirli del tutto.

Fra i più ricchi negozianti di Torino, di Milano, di Firenze, di Roma, Napoli, Venezia e tante altre città nostre importanti e ricche, non si potrebbe mandar qui tante pezze di tela e di generi per questo migliaio di lebbrosi? La stagione qui è mite, e ci vorrebbe tutta roba di mezza stagione; sono più le donne che gli uomini; di fanciulli e bambini un 200 circa. Le grandi fabbriche italiane non vorrebbero concorrere, mandandoci le stoffe riuscite imperfette?

A questo punto sento che si osserva : Ma perchè non chiede lei ai Colombiani tutte queste cose, se esse sono necessarie? Perchè ricorre all'Europa e principalmente all'Italia in siffatti casi? Mi spiego : presentemente, questi, che scrive, è in giro per la Colombia, e chiede ai suoi figli non migliaia di lire, ma milioni di scudi, per fare tanti lazzaretti quanti sono necessari per raccogliere i trenta e più mila lebbrosi sparsi su questa immensa Repubblica, e ci vogliono veramente milioni, e molti, per poter fare lazzaretti per tanta gente; e poi ci vorranno altri ed altri milioni per poterli sostenere, e non sarà senza un enorme sacrifizio pecuniario di tutta questa nazione, se si arriva a fare quello che è urgente che si faccia.

Al Governo della Norvegia, secondo la frase del celebre Dott. Hansen, costò milioni l'isolamento di 4 o 5 mila lebbrosi, colà dove tutto è facile per i mezzi rapidi di costruzione e di comunicazione : che sarà mai qui, dove tutto è arduo, difficilissimo, costosissimo, e per i mezzi che mancano, la mano d'opera carissima, le comunicazioni difficilissime, le distanze favolose? Colombia quindi, come è giusto, concorrerà in quest'opera di redenzione propria, ed il suo concorso sarà con milioni, e molti, e per molto tempo, se aspira a redimersi da questo flagello che la disonora e la distrugge.

Perche non chieggo agli ammalati racchiusi qui nel lazzaretto? Perche non oso; perchè non hanno nulla, neppure il necessario per sfamarsi, per vestirsi; perchè mi pare crudele togliere loro parte di quel pochissimo che hanno. Veda: a forza di privazioni e di sacrifici arrivarono a mettere insieme tanto per ingrandire la loro Chiesa quasi del doppio; e questo fecero nei due anni dacchè più non. venivo a vederli; e la Chiesa così ingrandita s'inaugurò il primo giorno della novena di Maria Ausiliatrice, il giorno dopo il mio arrivo. Non è bella per nulla, non vi sono che le pareti nude, fatte di puro fango, col soffitto di canne, il tetto di tegole, mentre prima era di paglia e di foglie; ma sono contenti lo stesso, perchè almeno vi possono stare tutti durante i divini uffizi; e tutto questo si fece colle limosine spontanee degli stessi lebbrosi raccolte durante vagii anni. Meschinelli! come si mostravano sorridenti e felici in quel giorno, quando si videro tutti raccolti ai piedi dell'altare!

Chiedere ai lebbrosi l Ne senta un'altra qui vi è circa un migliaio di infermi, quasi il doppio di sani, parenti, amici, persone di servizio che accompagnano i loro cari; vi sono Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice; insomma un grosso paese di circa tremila anime. Ebbene, da circa un anno tutta questa gente non ha medico, nè medicine; fino a mesi fa li accompagnava un medico lebbroso, e meno male; venne a morire, e tutto finì. Si figuri ! un lazzaretto di ammalati, e di tali ammalati, senza medico, nè medicine ! È tutto dire; eppure è così, e per quello che spetta a questa popolazione non l'avrà mai, perchè le sarà assolutamente impossibile il poterlo pagare anche scarsamente. In queste circostanze, come oserei io chieder loro un solo centesimo, ben sapendo che ne hanno estremo bisogno per sfamarsi? Allora perchè non mi rivolgo ad altre nazioni più ricche dell'Italia? Perchè l'Italia è mia patria, perchè è la patria di D. Bosco, del suo successore Don Rua e della maggioranza dei Salesiani e delle Suore di Maria Ausìliatrice; perche se l'Italia invero non è tanto ricca di mezzi, la è ricchissima di volontà e di generosità: ne sono precisamente una prova eloquentissima le Opere di D. Bosco sparse ormai in tutto il mondo; e la prima miniera, dalla quale cavò Don Bosco tanti tesori per fare le cose meravigliose che ha fatto nel mondo, fu l'Italia.

Ma adesso l'Italia ha questioni delicate pendenti colla Colombia per motivi che sono di pubblica ragione. Che rispondo a questo? Che la carità non ha barriere, nè frontiere, che il cristiano nel fare il bene non si consiglia prima colla politica, nè interroga quegli che gli stende la mano supplicante in richiesta di una limosina per sapere di che nazione è; la sua guida in materia di carità è il Vangelo: « Il superfluo è dei poveri, e non sappia la tua destra quello che ha dato la tua sinistra; qualsiasi cosa che farete all'ultimo di questi tapinelli, tenetelo come fatta a me stesso. » Ecco la regola del cristiano nel fare il bene al suo prossimo, e suo prossimo è tutta la gran famiglia di Gesù Cristo, a qualunque nazione essa appartenga; ed ecco perche mi sento con coraggio per rivolgermi alla carità di tutti, e principalmente dei miei connazionali.

Sta bene; ma come si fa a mandare fino a Colombia, a Contratacion quel po' che si volesse mandare? Facilissimo è il mezzo : in quasi tutte le principali città d'Italia vi sono i figli di D. Bosco; a loro si può consegnare quello che si credesse bene regalarci. Essi poi manderanno ogni cosa a Torino, all'Oratorio Salesiano di Valdocco, specificando bene che quel denaro o quella merce è destinata ai lebbrosi della Contratacion; in Torino si raduna tutto in casse di un peso conveniente, per essere di facile trasporto fino in mezzo a queste montagne, e poi si consegna ogni cosa al carissimo Mons. Brioschi, Vescovo di Cartagena (Colombia), oppure all'Arcivescovo di Bogotà, o meglio ancora a Mons. Evaristo Bianco, Vescovo del Soccorro, nella cui diocesi si trova questo lazzaretto; tutti cotesti Vescovi si trovano presentemente in Roma per il Concilio Sud-americano, e ben volentieri porteranno seco tutto quello che verrà loro consegnato a questo scopo (1). A tutti i generosi oblatori che concorreranno in quest'opera di misericordia, nulla posso promettere di mio, chè nulla ha di suo il figlio di Don Bosco, se non un poco di volontà, di cuore per fare qualche po' di bene ai suoi simili, e poi gli esempi del suo carissimo fondatore e padre D. Bosco, così belli, così sublimi e tanto svariati nel campo fertilissimo della carità cristiana.

Ecco tutto spiegato il mistero dell'Opera Salesiana con questi poveri lebbrosi della Colombia.

Ebbe a scrivere uno scrittore di casa nella biografia del P. Michele Unia che pare ormai che i lebbrosi della Colombia siano roba nostra e nostra esclusiva proprietà; così almeno è in apparenza, e lo sarà anche in realtà, se Don Bosco vuole riservata ai suoi figli questa porzione elettissima ed allo stesso tempo infelicissima del gregge di Gesù Cristo. Il fatto si è che nè i Salesiani, nè le Suore di Maria Ausiliatrice, finora almeno, si sono sentiti colla più piccola paura al trovarsi fra questa povera gente; tutti o quasi tutti e Salesiani e Suore dimoranti in Colombia chiesero di essere mandati ai lazzaretti, compresi i religiosi e novizi di questa nazione; e questo ha un significato per me e per molti altri. E se il Signore nella sua bontà dispose che questa sia un'eredità a noi riservata, e che i lebbrosi della Colombia siano davvero roba nostra e nostra esclusiva proprietà, sia la benvenuta, e faremo di tutto, perche questa porzione della vigna mistica del Signore sia coltivata il meglio che sarà possibile, e produca tutti quei frutti di virtù e di santificazione che il Padrone della vigna ha il diritto di aspettare e di volere da noi, gli ultimi chiamati al servizio della sua Chiesa.

Mi aiuti, carissimo Sig. Direttore, colla sua eloquenza nello scrivere, ad ottenere quello che ho chiesto in questo mio scritto, e, se sarà possibile, più di quello che io mi attenda; io non posso che dargliene le più sentite grazie, prima in nome del gran lebbroso Gesù Cristo, e poi dei 950 infelici qui raccolti, infine della Famiglia Salesiana di Colombia, in particolare di chi ha l'onore di sottoscriversi

Um.mo e Dev.mo Servo in Cristo Sac. EVAsIO RABAGLIATI Salesiano.

Nota importante. - Ho dimenticato qualche cosa: libri per fare una piccola biblioteca al servizio di questa popolazione. Non tutti, ma molti sanno leggere, e volentieri si occuperebbero di letture buone, morali, istruttive, anche per ingannare un po' il tempo, che generalmnente riesce tanto lungo per chi soffre tanto ed ha nulla da fare, come qui succede. In Agua de Dios non è gran cosa, ma una piccola biblioteca vi è da assai tempo, e la potè mettere insieme il D. Unia di felice memoria colle sue industrie, principalmente ricorrendo agli scrittori, editori ed in generale ai signori di Bogotà. Io ricorrerei ai cattolici spagnuoli, principalmente delle grandi città, perchè mi volessero mandare qualche cassa di libri anche vecchi in detta lingua, che trattino ogni materia, la religiosa e la polemica in particolare, che trattino di viaggi, di avventure... ben inteso che tutti siano morali, e tali da potersi lasciare in una pubblica biblioteca, e passare per le mani e gli occhi di ogni classe di persone. - Ma, dirà, la Crociata e il Corriere Nazionale non entra nella Spagna, e se entra non lo capiscono. - Io credo che anche nella Spagna, entri il benemerito Corriere, almeno nella redazione dei grandi giornali, e là non manca mai chi sa leggere in altre lingue; d'altronde in ispagna vi sono già molti Salesiani italiani essi saranno certamente i propagatori di questa idea. Faccia la prova e vedrà. Di tutto grazie mille di bel nuovo.

(1) Questo asilo sarà chiamato Ospizio Michele Unia. Veggasi in proposito la lettera dello stesso D. Rabagliati pubblicata sul nostro Bollettino lo scorso mese.

(1) Questo ora non si può più effettuare, ma a Valdocco v'é sempre comodità di spedire a Contratacion quanto i nostri Cooperatori e Cooperatrici manderanno per questo fine.

BRASILE

NELLO STATO DI MINAS GERAES

I Salesiani a Cachoeira do Campo. (Relazione del D. Antonio Ferrario)

Nell'anno 1895 l' indimenticabile Mons. Lasagna, dietro richiesta dell' Ecc.mo Vescovo di Marianna, Mons. Silverio Gomes Pimenta, partiva da Lorena alla volta di Cachoeira do Campo, per collocarvi la prima pietra del Collegio Escolas Dom Bosco. L'accompagnavano il Rev.mo D. Albanello, Direttore della nuova Casa, il competente personale e più alcune Figlie di Maria Ausiliatrice, con destino ad Ouro Preto. Iddio però aveva disposto che non arrivasse alla meta e tutti conoscono l'orribile catastrofe che ce lo rapì. Povero Mons. Lasagna ! la sua bell' anima, svincolandosi dai lacci terreni, si profuse per q ceste terre ed il suo sangue le rese feconde. Il suo disegno lo condusse a termine, morto , come avrebbe fatto vivente e fors'anche meglio. Sei morti, alcuni feriti ed una costernazione generale furono le conseguenze della spaventevole catastrofe. D. Albanello ed il suo compagno D. Domenico Zatti, futuro Prefetto, si videro soli, abbandonati , circondati da cadaveri e da desolazione. Ma Iddio non manca mai a' suoi fedeli. I buoni P. Redentoristi li ospitarono e seppellirono i cari defunti. Sieno loro rese le dovute grazie; la nostra riconoscenza sarà eterna!

Riavutosi dallo spavento e rianimato in parte dalle sollecite cure del Rev.mo P. Caffé, Parroco di Juiz de Fora, D. Albarello rimandò D. Zatti a Lorena, per riferire che tutto era perduto, meno la speranza in Dio, ed egli si diresse a Cachoeira, ove arrivò triste, abbattuto, sopraffatto dal dolore. V'avesse almeno trovato qualche conforto! Ma ohimè... deserti e ruderi. Un'anima meno temprata al sacrificio si sarebbe scoraggita.

La proprietà ceduta alla Pia Società Salesiana dall'Illustrissimo Governo dello Stato di Minas Geraes, copre un'estenzione di ben 4,500 ettari ed è situata a circa 24 km. dalla città di Ouro Preto, antica capitale dello Stato. Apparteneva, prima della rivoluzione del 1889 , all' Imperatore Don Pedro II, che, nell'atto d'imbarcarsi per l'Europa,

la destinava ad una Casa di educazione. Soli vestigi dell' antica opulenza si erano le rovine di un quartiere e di un antichissimo palazzo imperiale. Il primo si elevava sulla sommità di un colle, circondato, alla lontana , da altri e poi da altri ancora, che si van man mano elevando, fino ad occultare le loro vette nelle nubi; ed il secondo, alle falde d'un'altra collina, a 2 km. dal primo , avendo dirimpetto il paesotto di Cachoeira do Campo.

Del palazzo imperiale nulla più dirò , perche ancor oggi non presenta che rovine ammucchiate, quattro pareti scrostate e smantellate dal tempo, ricettacolo di serpi e d'uccellacci notturni. Invece parlerò più per esteso del quartiere. Fu edificato nell'anno 1799 dal Governatore generale D. Antonio de Noronha. Di poi , passati non so quant'anni, fu abbandonato, di maniera che, mal costrutto sopra instabile suolo, diroccossi, lasciando in piedi solamente parte delle mura esteriori.

Sopra i ruderi vi crebbe l'erba; sotto, scavaron lor tane le belve ed i serpenti. Questi animali, le civette, i pipistrelli e tutti quel fantasmi che l' immaginazione del popolo sa creare , furono i suoi unici abitatori durante più di un secolo. Per arrivarvi, bisognava guadare fiumi, discendere in burroni infestati da bisce e lupi, oltrepassare pantani pericolosissimi e arrampicarsi su per monti donde era scomparsa ogni ombra di vestigio umano, non che di cammino praticabile. Alla venuta di D. Albanello, tale era, poco più o meno lo stato del futuro Collegio. Però Don Agostino Zanella, che l'aveva preceduto, aveva già fatto ricostrurre una piccola parte dell'antico quartiere, onde D. Albanello potè porsi a riparo dall'intemperie e celebrare tutte le mattine il S. Sacrificio, domandando a Dio ed a Maria Ausiliatrice quelle benedizioni, che in appresso piovvero così abbondanti sopra di questa Casa. Appena arrivato, il buon Direttore diede mano all'opera di sgombro e di costruzione. Più di venti carri pesanti e lenti, strascinati da 12 o 14 buoi ciascuno, portarono fuori dal recinto tonnellate e tonnellate di pietre e di macerie, mentre altrettanti vi portavano carrate di mattoni, di calce ed altri materiali di costruzione, e D. Albanello sempre là, alla pioggia ed al sole, vigilando, dirigendo, affamato, senza quattrini, vedendo crescere, ad un tempo due cose, cara l'una, l'altra detestata : la casa ed il debito. Finalmente ritornò da Lorena D. Zatti ed il primo suo atto si fu mettersi le mani nei capelli, esclamando : Ahimè! Ma si fece subito cuore anche lui, e corri al bosco , taglia tronchi di alto fusto, caricali o strascinali al posto destinato, sega, pialla ed edifica ; poi mangerai, se ce ne sarà, latte con farina di mandioca. Non importa... ecco il Collegio che sorge e spalanca le porte, pochi mesi appresso , a cinquanta giovanetti. Ove si udiva l'ululato dei lupi e il sibilar dei serpenti, vibra la voce argentina dell' innocenza, cantando le lodi del Signore , in una modesta Cappella dalle pareti ancor fresche , come l'anime che là si raccolgono. Ove s'udivano un secolo innanzi i gemiti dei prigionieri, i lamenti dei feriti, s'odono adesso le grida giulive di allegri fanciulletti. Ora che l' arte s'è unita agli incanti della natura, è questo un vero Paradiso terrestre. L' acqua vi giunge, in appositi tubi, pura, cristallina e fresca, da 2 km. e mezzo di distanza. Il clima dolcissimo mi richiama alla memoria le belle mattinate primaverili della mia Brianza; ci troviamo a 1200 metri sopra il livello del mare.

Forma il Collegio un rettangolo di circa 90 m. sopra 70, chiuso da tutti i lati, meno da uno, che non s'è potuto ancora finire. Le scuole, gli studii, il refettorio, i dormitori, l' officine ed il teatro sono ampii ed arieggiati; la Cappella quanto è modesta, altrettanto è devota. Il numero dei giovani arrivò a 227 e, se presentemente non giunge a tanto, la è dovuta unicamente alla crisi finanziaria che affligge il Brasile ed impedisce che numerosissime famiglie possano continuare l'educazione dei loro figli.

I giovanetti del Collegio sono divisi in tre sezioni : studenti, artigiani e agricoltori. Gli studenti furono sinora la gloria del Collegio, poichè si presentarono numerosi per ben quattro volte agli esami pubblici di Ouro Preto ed il risultato fu tale, che gli elogi piovvero da tutte parti, e gli articoli che si stamparono nei giornali ci avrebbero fatto insuperbire, se i nostri Superiori non c' inculcassero continuamente che il felice esito dei nostri sforzi lo dobbiamo attribuire a Dio ed a Maria Santissima, che lavorano tutta la notte per rattoppare ciò che noi sciupiamo il giorno. Voglia Iddio che l'impero degli studii in questa Casa non sia crollato un giorno da granelli di senapa; ma il certo si è che l'agricoltura lavora per ottenere l'egemonia. Omai 12,000 viti rigogliose e verdeggianti ci fanno scherno da lungi. I grani dorati, i giallognoli fagiuoli, l'occulte patate, le corpulente zucche, i malefici cetrioli ed i sarcastici peperoni se la ridono di noi. Quei campi estesi, infiniti, popolati da ben 80 mucche co' loro vitelli e da altrettanti buoi che pascolano tranquillamente; quei numerosi cavalli e muli che scorrazzano pei prati fioriti ; le galline, i polli, l'anitre e persino gli animali immondi par ci gridino da lungi, con ironico accento : Aspettate, aspettate. Sia pure, l'otterrete forse cotesta supremazia; ma la feconda Grecia, che opprime la sontuosa Persia, cadrà a' colpi dell' infaticabile aquila romana. Ecco stridere l'officine ; un molino ruota numeroso all'impulso dell'acque incanalate; s'abbattono le foreste ed i lor giganti prostrati , segati, si trasformano in elegante mobilia ; si sviscerano le vostre rupi per darne pietre che l'arte pulisce e dispone in bell'ordine; le vostre pecorelle si spogliano per vestire noi. Vi straccia il seno la nostra voce, percorrendo, veloce come il pensiero, lo spazio che ci separa della stazione ferroviaria di Henrique Hargreaves; e fra non molto, vedrete tra queste mura risplendere il sole, la notte come il giorno.

La Casa di Cachoeira do Campo è un piccolo mondo. Una sola cosa è deficente, il numero degli abitanti. Oh ! il bene che si potrebbe fare se non mancassero le braccia ! Voglia Iddio compiere un'opera così ben cominciata ; ci mandi Egli, che il può, fratelli e fratelli : lavoro e pane ce ne sarà per tutti.

D. ANTONIO M. FERRARIO.

Solenne inaugurazione della Scuola Normale Governativa nell'Istituto Maria Ausiliatrice di Ponte Nova.

PONTE Nova è una delle importanti città di Minas nel Brasile. Vi si giunge per la celebre strada ferrata Leopoldina.

Questa ferrovia è un vero capolavoro, che mostra quanto abbia progredito l'ingegneria brasiliana. Senza aver bisogno di gallerie o trafori, ma unicamente percorrendo per ben diciotto chilometri una vera scala di strade a zig-zag, e passando a volo sull'orlo di profondi abissi, il treno sormonta valorosamente in tutta la sua altezza un'importante catena di montagne, per entrare poi, calmo e vittorioso, nel vasto e feracissimo altipiano, conosciuto sotto il nome di Matta (o bosco) de Minas, altipiano che dalle suddette montagne di San Geraldo si estende sino alle poetiche sponde del Rio Doce. Questa strada mette in comunicazione colla grande città di Rio Janeiro, capitale di questa Repubblica. Il panorama di Ponte Nova è bello e ridente; le case addossate su declivi di colline, il fiume Pyranga che scorre ai piedi della città e che forma gentili cascate, la vegetazione lussureggiante, il cielo splendido, tutto ci fa pensare di essere trasportati là sui poetici monti della Svizzera.

Nell'anno 1893-94 i Pontenovesi, uomini di carattere sommamente pio ed energico, desiderarono d'avere nella loro diletta città un Collegio per giovanette. Coll'energia del loro carattere, il desiderio divenne in breve realtà. Il Governo, concorse per la fondazione del nuovo Collegio, i generosi Signori di Ponte Nova diedero il loro obolo; e, scelto il luogo più adatto a tal fine, domandarono al sempre compianto Monsignor Lasagna il personale necessario per dirigere il nuovo Istituto. Monsignore allora Superiore di queste Missioni, non solo lo concesse, ma nel suo ardente zelo desiderò esserne il fondatore. Il 5 Novembre 1895, accompagnato dal suo Segretario e dal personale necessario per fondare in Ouro Preto un Ospedale, in Cachoeira do Campo un Collegio per giovani, e nella città di Ponte Nova il desiderato Istituto, partiva da Guaratinguetà alla volta di Ouro Preto; ma il compianto Vescovo non giungeva alla sua meta. Dio lo chiamava a sè, per mezzo del terribile disastro ferroviario del 6 Novembre, e a poca distanza dalla capitale di Minas, dove lo si aspettava colle più liete speranze!... Monsignore, il suo Segretario, la R .da Visitatrice delle Suore di Maria Ausiliatrice Suor Teresa Rinaldi, e tre altre Suore, morivano sotto le macerie delle mac chine e dei vagoni invocando la Vergine Ausiliatrice... Morivano, e Minas, il Brasile, l'Europa intiera piansero la morte dei figli di Don Bosco.

Pianse Ponte Nova, e quasi perdè la speranza di avere dentro le sue mura le desiderate Suore; ma non fu così.

Il nuovo Collegio doveva innalzarsi più forte e gigante, perchè bagnato dal sangue di tanti martiri. Pochi mesi dopo un altro drappello di Suore giungevano in Ponte Nova, e si inaugurava il nuovo Istituto. Da quel giorno son passati quattro anni; il Collegio, che si trova ora in ottime condizioni, è situato a poca distanza dalla città di Ponte Nova, presso lo stesso fiume di Pyranga, in una graziosa valletta circondata da verdeggianti colline. L'edifizio è grande, bello e va via via progredendo. Gigantesche palme ornano il giardino d'entrata, palme che giungono a 25 e più metri di altezza. A fianco del Collegio si sta fabbricando una nuova Cappella, che sarà dedicata alla Vergine Ausiliatrice. Speriamo che l'aiuto dei buoni benefattori, non verrà meno, e che in breve la nuova Chiesa venga ad accrescere di nuova bellezza e importanza il caro Collegio, perchè molti sono i benefattori che continuamente aiutano, anche con non pochi sacrificii, l'Istituto di Maria Ausiliatrice di Ponte Nova. Primo fra di essi è il Governo Mineiro che, amatore del vero progresso, amico del bene, concorse generosamente a suo vantaggio. L'onorevole Senatore Antonio Martins, Presidente del Senato Mineiro, e gloria di Ponte Nova, nutre per questo Collegio un affetto tutto speciale. Lo alea, desidera il suo progresso e nulla risparmia a questo fine.

Il Rev.mo Pastore di questa città, il Sig. Don Paolo Maria de Britto, lavorò e lavora costantemente pel bene dell'Istituto, come lavorarono e lavorano sempre gli ottimi Signori il Giudice di Diritto Dottor Angelo Vieira Martins, il Sig. Dottore José Marianno Duarte Lanna, modello di buon cristiano, buon cittadino e eccellente medico; i Dottori José e Francesco Vieira Martins, che continuamente aiutano con tanta generosità la nostra opera, il Dottor Luiz da Silva Martins, vero apostolo della carità, il Colonnello Suares, uno dei nostri saggi consiglieri e sinceri amici, il Dr. Manoel Vieira, il Dr. Copertino Teixeira Fontes, la famiglia Brant, la famiglia Starling, e cento altri, che lungo sarebbe enumerare, ma che avranno certo il nome loro scritto a caratteri d'oro nelle pagine del libro delle ricompense celesti.

Per venire allo scopo di questa mia, dirò, che lo scorso Agosto, nelle splendide sale del Congresso Mineiro in Bell'Orizzonte (oggi Città di Minas e Capitale dello Stato), l'onorevole Presidente dello Stato Mineiro decretava (1) il nostro Collegio Scuola Normale Governativa, con diritto di godere tutti i privilegi, di cui godono le Scuole Normali Municipali dello Stato. Questa notizia, dall'Onorevole Presidente del Senato Signor Antonio Martins pubblicata su per i giornali, fece in tutti ottima impressione e, comunicata alla direzione del Collegio, fu accolta con gioia da tutti.

Il 3 Settembre 1899, per festeggiare così solenne avvenimento, si offri all' illustre Senatore e a tutti i benefattori un modesto trattenimento drammatico-musicale.

Il Rev.mo Sig. D. Carlo Peretto, Ispettore delle Missioni Salesiane nel Brasile, venne a rallegrare colla sua presenza la bella festa. Al mattino in Chiesa non mancarono le numerose Comunioni, le preci, i canti, i suoni; a sera il trattenimento riuscì bellissimo. Verso la fine del trattenimento il Rev.mo Don Carlo Peretto tessè uno splendido discorso, ispirato dalle tre sublimi parole stampate sul frontispizio del programma : Deus - Patria - Familia. La sua parola penetrante e dolce allo stesso tempo, commosse profondamente l'uditorio. L'illustre ed onorevole Senatore Antonio Martins, a cui il degno rappresentante di D. Rua in queste terre gloriose e lontane aveva rivolta la parola, rispose con slancio di sincero e profondo affetto, parlando da pari suo, della necessità dell'educazione del cuore. Il suo animo ardente pel bene, pel bello, pel vero, il suo accento pieno di forza e di bontà, ebbe pure pel Superiore, pel Collegio, per tutti una parola di lode, di affetto e di speranza.

Che il Buon Dio e la Vergine Ausiliatrice ricompensino l'animo generoso dell'illustre Senatore, spandano sulla sua famiglia le più elette benedizioni e conservino per lunghi anni la preziosa sua esistenza a bene dello Stato di Ponte Nova e della nuova Scuola Normale!

La festa terminò fra gli evviva fragorosi a Don Bosco, a Don Rua, al nostro Ispettore Don Carlo Peretto e aos queridos titios - ai carissimi zii - nome che le alunne del Collegio danno all'onorevole Senatore Martins e alla di lui signora, Donna Maria Genoveffa Martins, esimia e generosa benefattrice nostra. Le numerose educande del Collegio hanno ora ripresi con fervore gli studi per prepararsi per i prossimi esami in Novembre.

La Vergine Ausiliatrice non mancherà di benedire le pie giovanette, giacchè in Lei confidano, e Don Bosco dal cielo benedirà i loro sforzi.

x.

(1) Riportiamo qui in nota il decreto del Governo di Minas N. 1318 che concede all'Istituto di educazione denominato Maria Àusiliatrice, esistente nella città di Ponte Nova, i privilegi, di cui godono le Scuole Normali Municipali.

Il Dr. Presidente dello Stato di Minas Geraes, avendo in vista le informazioni date dal Sig. Ispettore delle Scuole del icipio di Pento Nova, in un uffizio del 6 del corrente mese, circa l'Istituto di educazione denominato "Maria Ausiliatrice," aperto nella stessa città, deliberò, a norma delle disposizioni art. 35 della legge n. 221, del 14 Settembre dell'anno 1897, concedere allo stesso Istituto le prerogative, di cui, nei termini dell'articolo 248 della legge n. 41, del 3 di Agosto 1892, godono le Scuole Municipali Norrnali dello Stato.

Palazzo della Presidenza dello Stato di Minas Geraes, nella città di Minas, li 17 Agosto del 1899.

Dr. Francesco Silvano de Almeida Brandao. Venceslau Braz Pereira Gomes.

GRAZIE di Maria Ausiliatrice

La Madonna di D. Bosco m'ha salvato il mio Vincenzino !

Finalmente posso scrivere che il mio Vincenzino è presso che guarito, essendosi chiuso il taglio praticatogli dietro l'orecchio sinistro, per un ascesso minacciante un'otitide media con meningite. Il medico, per le condizioni disgraziate, in cui si trovava Vincenzino (che si dovette nutrire con clisteri per oltre una settimana, affetto siccome era da bronchite, vermi, laringite, con febbri alte e continuate per oltre un mese, con grampi tetanici durante 7 continue ore), gli aveva un bel giorno assegnato 6 o 7 ore di vita. Allora telegrafai per una benedìzione, promettendo una piccola offerta, ottenendo la guarigione. Ora invìo qui unite L. 31 per ringraziamento a Maria Ausiliatrice, sperando vorrà continuare a tener sulla mia famigliuola la sua mano.

Questo fatto desidererei fosse accennato sul Bollettino, a conforto di chi ha bisogno dell'aiuto di Maria Ausiliatrice, perchè vedasi quanto si può ottenere ricorrendo a Lei per grazie.

L'ottimo nostro D. Ambrogio Banfi voleva che scrivessi una dettagliata relazione, pronto ad accertarne la veridicità; ma temendo di tirare troppo in lungo, ho accennato solo le cose principali, lasciando ad altri l'esporla ne' termini più brevi possibili, dando pure nome, cognome e luogo d'abitazione, chè non ho vergogna di dirlo alto e basso che è una vera grazia della Madonna di Don Bosco se Vincenzino è ancora con noi.

Oggiono, 28 Febbraio 1900.

BENIAMINO SCOTTI Chimico Farmacista.

Una Parrocchia graziata.

Il M. Rev.do Don Giachino Pietro, nostro amato Pastore, partito alla volta di Roma e di Pompei con molti pellegrini della sua Parrocchia, fu nel viaggio colpito da malattia mortale. Come meglio potè, volle ridursi alla sua casa, ove giunto stremato di forze si pose a letto. Constatata la gravità del male, gli furono subito amministrati tutti i Sacramenti di nostra. santa religione. L'arte medica fece tutte le sue prove e già disperava del caso, non rimanendogli più a contare che sulla robustezza del povero infermo. Ma la buona popolazione che era imbevuta dello spirito di fede del suo Pastore, visti tornar vani gli sforzi umani, impegnò il Cielo in suo favore, non cessando di elevare preghiere e voti a Maria Ausiliatrice per la conservazione d'una sì preziosa esistenza. E Maria non fu sorda alle voci dei figli, che impetravano la vita al padre, e volle premiare la loro fede costante coll'accordare la grazia desiderata. Così, salvato quasi per miracolo, il Rev.do Don Giachino Pietro si trova in via di miglioramento, e potrà fra non molto presentarsi al suo popolo, che è ansioso di vederlo e di esprimergli la sua soddisfazione per lo scampato pericolo. Ne sia ringraziato il Signore e la sua Madre Santissima per la grazia accordata a tutta la popolazione, la quale in segno di gratitudine, riconoscendo nel ministro di Dio lo stesso Gesù Cristo, si mostrerà docile ed ossequente a' suoi ammaestramenti.

Cellamonte Monferrato, 5 Marzo 1900.

UN PARROCCHIANO a nome di tutti.

Con la guarigione anche la conversione.

Il Signore permette talvolta che accada una disgrazia per ricavarne un gran bene. Mio fratello, essendosi sfracellato un braccio nel mettere un motore in movimento, rimase un anno intiero senza potere lavorare per guadagnare di che mantenere la sua numerosa famiglia. Lo raccomandammo, mia sorella ed io, a Maria Ausiliatrice. O bontà di Maria SS.! Mio fratello potè poco a poco servirsi del suo braccio, e rimettersi al lavoro. Ma la grazia maggiore, che ci ottenne Maria, fu il ritorno di mio fratello alla religione e la conversione di sua moglie che era protestante. I figli pure furono fatti cattolici.

Grazie infinite siano rese a Maria Ausilia trice e a San Spedito. Voglia quella Madre pietosa continuare a proteggerci e salvarci presententemente da un malore che ci minaccia. Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

Bursins (Svizzera), 8 Marzo 1900.

R. MAUMAURY.

Mendrisio (CANTON Ticino). - Ai piedi di Maria Ausiliatrice, con animo pieno di riconoscenza, sento il dovere di deporre i miei voti di ringraziamento per grazia ricevuta. Da anni affetta da un tumore intestinale non mi sapeva risolvere per l'operazione consigliatami dai medici, finche il male entrò in tale fase da non più permettere al chirurgo di accingersi con sicurezza di esito alla dolorosa estirpazione. Feci celebrare delle Sante Messe a Maria Ausiliatrice, Le praticai delle novene e ne feci praticare: mi sentii la forza che prima non ebbi mai, di sottopormi ai ferri del Dottor Porro in Milano, e contro l'aspettazione del chirurgo stesso in due mesi era perfettamente guarita, mentre ora dal 10 Novembre senza più sentire alcun incomodo attendo alle mie quotidiane occupazioni. Senza l'intervento di Maria non mi poteva aspettare che tristi conseguenze, e però le offro l'umile obolo di lire 20.

VIRGINIA NESSI.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al santuario di Torino o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti

A*) - Angolo : Cabelli Bortolo, L. 5,90 per Messa di ringraziamento. - Asti : Granero Giovanni, 10. - Ayas (Val d'Aosta): Obert Joseph, 8 a mezzo del signor Quey Pietro. - Alba: Pelissa Rosa, 5 per Messa. - Alcamo (Trapani): Baldassarre Corraci, 2 a mezzo del signor Manno Giuseppe. - Ales (Cagliari): Figus Spiga Giovanni, 3 per grazia ricevuta.

B) - Bra: Cravero Catterina Testa, 4 per due Messe all'altare di Maria Ausiliatrice in ringraziamento di due grazie ricevuto. - Bussolengo : Geltrude Righetti, 2 per una Messa. - Bronte (Sicilia) : Rizzo D. Vincenzo, 10 a mezzo del Sac. Giuseppe Meli Galvagno, Decurione Salesiano.

C) - Canelli (Monferrato): Ghione Franchina, 15 per due grazie. - Campofontana : Furlani Gregorio, 5 per una Messa di ringraziamento. - Cusano : Rossi Plinio e figlio, 5 per grazia. - Casale Monferrato: Angiolina Strambi, 5 per una Messa; Boetti Carlo, 5,50 per l'ottenuto miglioramento della moglie e preservazione della famiglia dall'influenza. - Cascina dei Rossi (Alessandria): Morano Ermelinda, 10 per grazia e Messa di ringraziamento. -- Carmagnola: Chicco Catterina. - Chiavenna: Personico Angelo Guglielmo, maestro comunale, 2 per due grazie. - Caponago (Milano) : Fedeli Giuseppina, maestra, 5 per grazia ricevuta. - Castelnuovo di Garfagnana per Valbona: Bimbi D. Giovanni Battista, 5 per ringraziamento. - Cameriano : N. N., 4, per due Messe.

F) - Frassinetto Monferrato : Gila Vittorina, 7,50 per grazia ricevuta. - Faenza: Anna Brunelli. - Fontaneto d'Agogna: Vittoria Musso, 2 da parte di due povere donne che chiedono una Messa in ringraziamento a Maria per averlo guarite dall'influenza. Fénis (Val d'Aosta) : G. B. Borella, 5 per Messa di ringraziamento. - Falzè di Campagna (Treviso): Infanti Giuseppe, chimico farmacista, 4, per ringraziamento con Messa. - Fratta di Salice (Udine) : Maria Buffolo.

G) - Gradara (Pesaro) Jansani Rosa, 5, per Messa di ringraziamento. - Goiarine (Treviso) : Longo Lucia, 6 per 4 Messe di ringraziamento pel raccolto buono avuto quest'anno.- Genova: Pignone Avv. Stefano, 10 per Messa di ringraziamento ; Galli Maria, Collegio De Barbieri, 7 per due Messe. - Gattico (Novara) : Vallenzasca Guglielmina, 5 per grazia ricevuta.

L) - Livorno : Trinch D. Nicola. - Lodi: Zanaboni Giuseppina, 2 per Messa. - Loreto Aprutino (Teramo): Talamonti Giosafat, 5 per Messa di ringraziamento per avergli Maria Ausiliatrice ottenuta la guarigione del suo bambino, il quale per inaspettata infermità aveva perduto la vista. - Lucca: Ferrari Carolina, 2 per Messa in ringraziamento del buon esito d'un affare contrastato da tanto tempo e per ottenere la guarigione d'un povero padre di famiglia.

M) - Monteu da Po (Torino) Garella Giovanni, 10, per grazia. - Monte Tortore (Modena) : Leonelli D. Giuseppe, 15 da parte della signora Leonelli Maria gravemente inferma, sacramentata ed abbandonata dai medici, che guarì immediatamente dietro Messa e Novena fatta celebrare nel Santuario di Valdocco. - Dlazzarino (Caltanisetta) : Sortino M. Ginseppa, 10 per grazia. - Milano : Langhi Serraluuga Nobildonna Maria e marito Giuseppe, 6, per particolare grazia e domandano preci per altra grazia. - Sayno Teresa, 5, per Messa in adempimento di promessa fatta. - Mieli (Udine) : Falmano G. B. di G. B.per Messa in ringraziamento della guarigione di sua sorella Catterina. - Mignaneyo (Genova) : Sorelle Oneto, 5 per grazia. - Morsano al Tagliamento : Infanti G. B., 5 per grazia di guarigione.

N) - Novara: Stangalini Teresa, 3 per grazia ricevuta. - Nevi: Ernesta Re, 25 per grazia. - Teresa Verdono, 5 per Messa in ringraziamento di favori ricevuti.

O) - Ofenburgo (Germania): Adriano Panizzi, 20 per essere scampato, contro il parere dei medici, da dolorosa e dannosa operazione invocando Maria Ausiliatrice.

P) - Pieve di Cesignano : Pizzoni Agostino, 8 per grazia e Messa. - Pian Camuno (Brescia): Giovanni Garatti fu Vincenzo, 3 per Messa in ringraziamento di guarigione ottenuta. - Pavia : Nai Andrea, 19,50, di cui 15 per le Missioni in ringraziamento pel buon esito avuto negli esami; Luigia Orlandi con offerta di una lanterna magica per il nostro Oratorio di Santa Teresa a Pavia, e N. N. 25 por le Missioni, avendo ottenuto, con meraviglia dei medici, prodigiosa guarigione. - Poirino: Maria Marocco ved. Rittana, 5 in rendimento di grazie. Ponte Giurino (Berbenno) : Luigi Milosi, 5 per una grandissima grazia con Messa. - Padova: Avv. T. Polledri, 55, di cui 50 per grazia tosto ottenuta. - Patrica: V. Maria pel buon esito degli esami. - Pegli: I coniugi Cereseto, 5 per ringraziamento di grazia. - coniugi (Verona): Pavoncelli Libera Ved. Bertoldi, 10 per Messa in ringraziamento di segnalati favori.

R) - Recanati : Giuseppina Faggi, 5 per guarigione della madre da pericolosa malattia.

S) - Spezia: Calcagno Gemma, 10 per grazia speciale con Messa. - Sanico : B. M. R. - Sestri Ponente: Sery Rosalia, 5 per guarigione del fratello da pleurite e fiera polmonite con Messa. - Sesto S. Giovanni (Milano) : Santina Marazza, 2 per grazia. - S. Giovanni Bianco (Bergamo): Invernizzi Elisabetta, 1 per grazia. - Senigallia : Manfrini Orestilde, 7 per grazia con Messa. - Someo (Valle Maggia - Canton Ticino) Filomena Tommasini, 5 per grazia. - Spilinga (Catanzaro): Ponteviero D. Pasquale, 5 per Messa e grazia. - Saluzzo : Piotti Ved. Giovanna, 2 per promessa fatta.

T) - Torino: Biino Ernestina-Mosca, Messa per grazia : - R. C. E. V., 5 per grazia : - I coniugi Bertone-Nasi offrono 10 lire e dichiarano che il loro figlio è perfettamente guarito da morbillo per grazia della Madonna di D. Bosco : - F. F., 2 a mezzo del signor Stefanini per Messa di ringraziamento : - Pazzini Giuseppina Ved. Pazzini, 20 per grazia ricevuta.-Troia (Foggia): Adele Trincucci, insegnante, a nome della signora Assunta Tricarico per aver salvato da morte una giovane madre. - Trinità (Cuneo): Cavarero Antonio, 5 in scioglimento di promessa con due Messe.

U) - Uras (Cagliari) : Sac. Olla D. Luigi, ViceParroco, 1,50 per grazia.

Y) - Villar, Confine Superiore (Cuneo) : Girando Chiaffredo, 5 per Messa cantata. - Venezia : E. B., 10 per due Messe: - Sac. Francesco Bellia, 10. - Volterra : Diac. Confortini Confortino, 3 per grazia. - Verona : C. M., 10. - Villadosia : Bellora Albina, maestra, ringrazia la Madonna di D. Bosco per aver ridonata la vista ad una sua allieva, i cui parenti avevano perduta ogni speranza di guarigione vedendo inutili le cure mediche. - Vho presso Piadena (Cremona): D. Giuseppe Finardi, 5 per grazia. - Varzi (Pavia) :.Barbieri Maddalena Negri, maestra, 4, poi due grazie.

Z) - Zecca presso Montombraro : Loni Lisa, maestra, 15 per grazia ricevuta. - Zoagli (Genova): Vicini Nicoletta Ved. Piaggio, 5 a nome di pia persona graziata con Messa.

X) - Un Parroco delle montagne piacentine, dopo molti anni di tempesta e tradimenti, invia al San tuario di Maria Ausiliatrice L. 26, perchè questa Vergine fedele degnisi Lei di proteggerlo dall'immane flagello. - N. N. offre 300 lire per adempiere un voto in ringraziamento di moltissime grazie ricevute dalla Madonna di D. Bosco e si raccomanda per nuove grazie, di cui ha urgente bisogno. - C. A. S., 10. - Rapalino Giuseppina, 1 per Messa in ringraziamento di bellissima grazia.

NOTIZIE VARIE

PER S. FRANCESCO DI SALES E D. BOSCO.

Alle feste, commemorazioni e conferenze riferite lo scorso mese, nonche alle molte accennate qua o là nella relazione del viaggio del nostro veneratissimo Superiore, aggiungiamo, per non ritardarle di troppo, alcune altre degne di menzione.

- A Milano si celebrò solennemente il 12° anniversario della morte di D. Bosco nell'Istituto S. Ambrogio il 31 gennaio, intervenendovi numerosi Cooperatori e Cooperatrici. L'Osservatore Cattolico ne diede ampia relazione, e da essa leviamo i seguenti cenni per la loro speciale importanza, essendosi degnato l'illustre recluso di Finalborgo di tessere egli stesso l'elogio funebre del Padre nostro.

Bellissime e piene d'affetto furono le parole che il valente oratore D. Davide Albertario rivolse ai giovanetti ed ai benemeriti Cooperatori accorsi in buon numero alla mesta funzione. « Perchè, esordiva egli, perchè, o giovinetti, questa vostra cappella e tutte quante le chiese, gli oratorii dei Salesiani sono in questi giorni parati a lutto? Essi ricordano il dodicesimo anniversario della morto del loro padre, del più grande educatore della gioventù in questo secolo. Non è necessario che io vi faccia un elogio funebre, un panegirico di questo grand'uomo ; le sue opere, le numerose sue istituzioni, i numerosi suoi beneficati, i suoi figli ve ne parlano abbastanza. Le sue opere egli le ha dirette ad un fine sublime, le ha fondate su adamantine basi. Il mondo intero parla di D. Bosco, ed i suoi beneficati, i suoi Cooperatori in questo giorno specialniente lo ricordano colle lagrime agli occhi, benedicendo alla sua venerata memoria. Si dimentica l'umanità di capitani che fecero molto parlar di sè durante la loro vita, che compirono gesta senza un nobile fine; si dimentica di scrittori che diedero alla luce libri ripieni di idee transitorie o solo per un vano plauso, non ispirandosi al bene dell'umanità e non scrivendo con uno stile adatto a tutti i tempi, a tutti i luoghi. mentre eterna rimarrà la memoria, glorioso il nome di un Shakespeare, di un Bossuet, di un Dante, di un Manzoni. E l'umanità ricorda pure e ricorda con gloria un Don Bosco ; dobbiamo adunque confessare che egli ha fatto qualcosa di grande, di sublime, di immortale. Sì : egli ha fatto, egli ha compite delle opere nobili, delle opere che saranno immortali, perchè egli le ha fondate queste sue opere sulla carità evangelica. nel suo doppio precetto : amar Iddio sopra ogni cosa, ed il prossimo come noi stessi per amor di Dio. Egli umile contadinello, tra il verde smalto dei suoi prati, ad altro non pensava che a dai gloria al suo Dio, e vide e conobbe che Dio lo voleva in mezzo ai figli del popolo, ed ci vi si slanciò con tutto l'ardore del suo animo, non lasciandosi scoraggiare dalle dure peripezie, non lasciandosi abbattere dalle grandi contrarietà che ovunque e sempre incontrava. Fu la carità, di cui ardeva il suo cuore, che lo potè sostenere, quella carità che è effusione di sè al prossimo, ed è giustizia sia riguardo all'anima che riguardo al corpo, secondo i due detti : Quod superest date pauperibus : Unicuique mandavit Deus de proximo suo. Chi compie questa carità avrà il compenso, compenso grande che appagherà pienamente il cuor dell'uomo, perchè fulgebunt sicut stellae. »

E qui l'oratore ricordava i grandi sacrifizi che dovette fare D. Bosco per attirarsi la gioventù e quanta difficoltà trovasse per somministrare il cibo dell'anima ed il cibo del corpo. Disse anche che tutti i moderni socialisti si sforzano in tutti i modi per attirarsi la povera gioventù, e che combattono a tutt'uomo per abbattere l'educazione religiosa, giacchè con una tale educazione non la possono aver pronta ai loro disegni, non possono condurla con la mano armata lungo le vie della città, sovra una barricata pronta a colpire chi credono a sè superiore. E disgraziatamente vi riescono. Nel 1899 la sola città di Milano ebbe, come risultava dalla statistica, più di tre mila delinquenti minorenni: questi infelici vengono condotti nelle prigioni, donde eccone peggiori di prima. L'oratore ricorda a questo proposito raccapriccianti discorsi uditi da lui stesso nel cellulare di Milano.

I socialisti, aggiunge l'Albertario, si attirano la povera gioventù e gridano che la carità è umiliante e che in altro modo si dovrebbe risolvere la quistione sociale, nel modo loro. D. Bosco invece ne ha dimostrato che la carità non è umiliante, ma che anzi nobilita, e per chi la fa e per chi la riceve. Egli ha pensato a tutto ed a tutti, la sua carità come onda benefica a tutti si allarga. Al popolo con la buona stampa, ai giovani cogli oratori festivi, officine e collegi, ai ricchi col porgere loro propizia occasione di soddisfare il loro dovere di carità e di giustizia, alla Chiesa coi suoi figli. Quindi egli è uno de' più grandi benefattori della società, perche ad essa prepara buoni cittadini col toglierli al vizio, alla corruzione, ed allontanandoli da aspirazioni inconsulte e pericolose.

E terminava esprimendo il vivo suo affetto, la sua grande venerazione pel grande apostolo della gioventù, facendo voto che quanto prima ai funebri drappi succedano gli addobbi di gioia, allo gravi note del Requiem le argenti ne del Gloria; sicchè le sue opere continuino prodigiosamente a crescere come pel passato: e in modo particolare si augurò venga quanto prima condotto a termine l'Istituto di S. Ambrogio e s'offra a quel popolatissimo quartiere la indispensabile Chiesa. Oh sì, che le parole, che il desiderio del valente oratore possano essere quanto prima realizzati !

- Dallo stesso Osservatore apprendiamo che la festa del nostro dolcissimo Patrono celebrata in S. Maria Secreta il 16 febbraio, riuscì assai divota e solenne, come pure la conferenza salesiana tenuta nel pomeriggio dello stesso dì nella Cappella dell'Istituto S. Ambrogio. Di quest'ultima il valoroso giornale così parla : Presiedeva l'adunanza il Rev.mo Mons. Federico Sala, Arciprete della Metropolitana, legato ai figli di Don Bosco da antica e caritatevole amicizia, lieto sempre di poter onorare di sua presenza le loro umili festicciuole. Mons. Giuseppe Lurani, il Can. Andrea Trombini di Gallarate ed altri insigni e benemeriti benefattori dell' Istituto rendevano ancor essi più cara e solenne la famigliare adunanza.

Lettosi un breve tratto della vita di S. Francesco di Sales, il Rev. Dott. G. B. Francesia, col cuoce alla mano, come egli stesso disse, congratulandosi di quanto i benemeriti Cooperatori e Cooperatrici milanesi vanno facendo per la prosperità dell'Istituto di S. Ambrogio, li invitava a benedirne e ringraziarne anzitutto il Signore, di cui essi sono la verga miracolosa. Come Mosè operava i più meravigliosi prodigi colla verga del Signore a bene del suo popolo, così voi, affettuosamente esclamava, colla vostra carità operate nuovi portenti a benefizio della vostra illustre città, a salvezza della povera gioventù. Il Signore vi ha scelti a strumento dell'opere sue; siategliene riconoscenti col promuovere sempre più lo sviluppo di questo provvidenziale Istituto, sì che giunga presto al suo compimento e possa accogliere altre numerose schiere di poveri fanciulli. È urgente ìl bisogno della Chiesa, alla quale si desidera por mano quanto prima: la verga della vostra carità e della vostra fede insieme farà sorgere presto il sacro edifizio richiesto dai bisogni religiosi della popolazione che ogni giorno più va crescendo attorno all'Istituto. E qui a raccontare un esempio assai edificante.

La Casa Salesiana di Parigi noi era peranco condotta a termine e gravi debiti l'opprimevano. Un buon religioso, conoscendone le strettezze, la volle raccomandare ad una signora ricca e caritatevole. Il Direttore della Casa intanto faceva pregare i suoi poveri figliuoli, quando un giorno si presentò a lui nell'istituto una signora molto dimessamente vestita, desiderosa di visitare i laboratorii e le scuole. Fu subito soddisfatta. Al vedere tanti fanciulli, domandò al Direttore come faceva a mantenerli. - Fidando nella divina Provvidenza, le rispose. - Ebbene, soggiunse la signora, veggo che la vostra Casa non è compiuta: incominciate pure la Chiesa e l'altro braccio dell'Istituto, vi penserò io. - Ma, signora, disse il Direttore, abbiamo tuttavia molti debiti, bisogna pagarli! - I debiti li paghi chi li ha fatti, io penserò a ciò che si deve fare - e consegnò il suo biglietto di visita. Ed ora la Casa Salesiana di Parigi sta per essere terminata.

Alle pie ed eloquenti esortazioni del Sig. D. Francesia tennero dietro quelle del Sig. D. Pasquale Morganti, l'infaticabile Presidente del Comitato Salesiano milanese. Brevemente, ma con ardore, trattò della nobiltà dell'Opera Salesiana, pigliando, le mosse dal panegirico udito la mattina in S. Maria Secreta e detto con molta facondia dal M. R.do D. Paolo Macchi, Coad. della Parrocchia della Fontana. Accennò agli stenti ed alle difficoltà, in mezzo a cui, sempre ilari e sereni, i poveri Salesiani provvedono ai nostri cari fanciulli raccolti nell'Istituto di S. Ambrogio e con più acceso zelo dimostrò la necessità che i Cooperatori e le Cooperatrici si stringano ognora più nel caritatevole e santo proposito di aiutarlo a crescere e moltiplicare i suoi preziosi frutti di sana e religiosa educazione, non risparmiando a spese ed a sacrifizi, Incisioni sempre che chi dà ai poveri impresta a Dio.

La benedizione del SS. Sacramento impartita da Mons. Sala chiuse la familiare quanto cara adunanza, dove il cuore sentì maggiormente dilatarsi alle opere di carità verso i poveri fanciulli. E quando usciti nel cortile dell'Istituto ci vedemmo attorniati da quella turba di 230 giovinetti dal volto raggiante di gioia e contento, l'animo nostro profondamente commosso, oli! Signore, esclamò venga presto il giorno, in cui non solo duecento, ma quattrocento, mille siano i giovinetti qui educati in quella santa religione, che sola può formare cittadini onesti e probi ed allontanare dall'attuale società i mali orribili, di cui è funestissima l'educazione senza Dio e senza sacerdote.

- Anche a Samolaco in Val Chiavenna per cura del R.m° Parroco D. Pietro Dondina, nostro buon amico, si celebrò con tutta solennità e speciali funzioni la festa di S. Francesco di Sales. La conferenza prescritta fu tenuta dallo stesso Parroco la domenica 4 febbraio. Parlò di D. Bosco come un figlio può parlare di suo padre, ed i suoi buoni parrocchiani, entusiasmati di quest'Opera provvidenziale, fanno voti che nella vicina città di Chiavenna sorga presto un Istituto Salesiano a vantaggio di tutta la vallata. Che il nostro Patrono compia i loro voti !

- A Braga nel Portogallo la festa di S. Francesco fu modesta, ma devota ed abbondante di frutti di pietà. Essa fu celebrata nel nostro Collegio S. Gaetano il 29 gennaio con l'intervento di varii esimii Cooperatori, fra cui il Parroco R.mo Dr. Antonio d'Oliveira, che cantò la Messa solenne, ed il Dr. José Alfonso da Contra Giumaraes, che disse un bellissimo elogio del nostro Santo. La conferenza si tenne il 26 febbraio e riuscì imponente, essendo stato invitato a conferenziere il popolarissimo amico ed apostolo degli operai del nord del Portogallo, il R.mo Sig. D. Benvenuto de Souta, nostro insigne benefattore e da lungo tempo ammiratore dell'Opera di D. Bosco. Svolse da pari suo e con un fascino potente la missione del Cooperatore in mezzo alla società, mettendo nel colto uditorio una generosa favilla di quell'attività salesiana che fa osare ed operare grandi cose.

L'Eco di Bergamo nel suo n. 11 febbraio aveva da Treviglio : « Giovedì 8 febbraio nella Chiesa di S. Carlo ai Morti, il Prof. Fedele Giraudi tenne ai benemeriti Cooperatori ed alle benemerite Cooperatrici salesiane l'annuale conferenza sulle opere dei figli di D. Bosco.

» Accorsero numerosi all'invito i Cooperatori e le persone pie ed ammiratrici del grande Apostolo della gioventù del secolo nostro, ed in particolare fu notata la presenza di presso che tutti gli relantissimi parroci dei paesi circonvicini.

» Il conferenziere esordì con un accenno all'Anno Santo, animando tutti a raddoppiare lo zelo nel compiere opere di cristiana carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù, essendo questa una delle più importanti condizioni per l'acquisto delle indulgenze giubilari.

» Parlò del bene immenso che i figli di Don Bosco, aiutati dall'opera e dal soccorso dei Cooperatori, compiono in mezzo dell'attuale società e particolarmente tra la gioventù povera ed abbandonata : facendo esortazioni e voti perche si prapaghi sempre più tra i parenti, gli amici, i conoscenti un'opera così eminentemente educatrice, essendo i Cooperatori e le Cooperatrici altrettanti salesiani, altrettanti apostoli del bene, destinati a preparare una generazione novella che nel veniente secolo, colla scienza e con la fede, purifichi la società tutta dai miasmi pestiferi del secolo che muore.

« Discorrendo delle Missioni di America ricordò in particolare la sciagura che colpì le Case Salesiane della Patagonia, ridotte ad un mucchio di macerie per lo straripamento di cinque dei principali fiumi, e fece caldo appello alla carità dei presenti per venire in soccorso dei poveri Missionarie e di tanti altri infelici affidati loro dalla Provvidenza: appello cui tutti risposero con slancio e generosità.

» Noi, mentre con vero piacere osserviamo il diffondersi sempre più nei nostri paesi dell'Opera dell'immortale D. Bosco, ci ripromettiamo un gran bene dallo zelo degli ottimi Cooperatori e Cooperatrici salesiane nel propagare una istituzione tanto benefica. »

APPELLO AI COOPERATORI ED ALLE COOPERATRICI della Provincia e Diocesi di Novara.

A Crusinallo sul lago d'Orta, per iniziativa di varie egregie persone, ebbe luogo il 18 marzo una prima conferenza salesiana allo scopo di promuovere una sottoscrizione per fabbricare un modesto Istituto alle Suore di Maria Ausiliatrice. le quali si trovano colà già da quattro anni, ma in un locale preso in affitto e di dove debbono sloggiare fra pochi mesi. Per aver un'idea del bene grande operato dalle Suore in mezzo alle fanciulle di quell'ameno borgo e della corrispondenza, con cui ne sono ricambiate da quella buona popolazione, basti il dire che per l'accennata conferenza una massa compatta di uomini, donne, fanciulli e ragazze si riversò nel non piccolo cortile del provvisorio Istituto, occupando tutte le adiacenze in modo da formare una testa sola; basti il dire che il conferenziere, ricevuto alla stazione da una moltitudine di ragazzi, sentì subito di esser in un paese veramente salesiano. Non è perciò a meravigliare se la sua parola fu ascoltatissima per oltre un'ora, non ostante si fosse in aperto cortile tormentati da un piccante venticello a nessuno troppo gradito. Quanta fede e quanto buon volere in tutti ! Noi che abbiamo visto questo spettacolo non potemmo non augurare felicissimo l'esito dell'iniziativa di questo nuovo edifizio salesiano e siamo intimamente persuasi, che la sottoscrizione incominciata con 1000 lire e benedetta da S. E. R.ma Mons Edoardo Pulciano, Vescovo di Novara, raggiungerà fra breve la somma necessaria, se tutti i nostri zelanti Cooperatori ed ottime Cooperatrici della Diocesi e Provincia di Novara imiteranno il nobilissimo esempio del loro Pastore.

Il nostro appello è a tutti, perche siamo convinti che a Crusinallo, nelle cui vicinanze vi sono tante fabbriche, l'opera delle Suore è altamente umanitaria e promettitrice di bene assai maggiore in un avvenire non lontano. La sottoscrizione è libera: chi può molto, dia molto ; chi poco, faccia quel che può; ma nessuno si ritiri dal fare un'opera di carità, di cui Iddio misericordioso gli renderà il cento per uno.

In modo particolarissimo poi rinnoviamo il nostro invito a quei di Crusinallo, di non voler lasciar infruttuosi gli eccitamenti del conferenziere, una che tutti amanti sinceri del loro paese natìo concorrano coll'opera, col denaro o per lo meno con raccogliere qua e là offerte, a realizzare i voti e le preghiere di tante anime buone, ansiose di veder le loro figliuole ben avviate nel sentiero della vita.

Le offerte si possono inviare alla Veneranda Curia di Novara o direttamente alla Direttrice delle Suore di Maria Ausiliatrice in Crusinallo.

LA CONSACRAZIONE MONDIALE DEI BaMBINL

Il Santo Padre Leone XIII si è degnato approvare l'idea di consacrare l'infanzia cristiana a Gesù ed a Maria all'esordire del secolo xx, idea concepita dal R.mo Can. Giuseppe Caff di Catania in Sicilia e sottoposta a S. S. dall'EM.mo Card. Jacobini, Presidente Onorario della Commissione Internazionale per l'Omaggio. Il sullodato Can. Caff, animato dagli incoraggiamenti di autorevolissimi personaggi del Clero e laicato cattolico, al fine di diffondere dappertutto l'idea di questa mondiale consacrazione dei bambini e ottenerne l'adesione di tutti i genitori cristiani, ha fondato il periodico mensile La Madonna dei bambini (1), il cui abbonamento costa appena una lira all'anno. Di questo periodico e del santo omaggio che il Can. Caff intende di fare a Dio ed alla SS. Vergine dell'infanzia di tutto il mondo all'inizio del nuovo secolo, confidiamo di poter parlare più diffusamente in altro numero; per ora ci accontentiamo di invitare i padri e le madri di famiglia a prendere almeno un'associazione al detto periodico, dal quale apprenderanno quanto s'ha da fare per conseguire il vantaggio inapprezzabile di consacrare i loro figliuoli a Dío ed alla Vergine SS. onde possano più facilmente crescere buoni cristiani, buoni cittadini, onore della Chiesa e della Patria e conseguire in fine il premio della vita eterna.

(1) Rivolgersi al Can. Giuseppe Caff, Direttore della Madonna dei bambini in Catania (Sicilia).

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

OCCASIONE UNICA. - Nell'intento di concorrere più che ci sia possibile a coadiuvare i RR. Parroci, Sacerdoti, Rettori e Chierici dei nostri Seminari nell'ardua scelta di un sodo materiale, a cui poter attingere il pane della divina parola da dispensare alle anime affidate o da affidarsi alle loro cure, abbiamo già altre volto in questa rubrica chiamato la loro attenzione su varie importantissime opere indispensabili a chinnque voglia attendere con profitto al Sacro Ministero. E ciò abbiam fatto tanto più volontieri in quanto che ci si porgeva propizia l'occasione di poterne indicare l'acquisto a modicissimo prezzo. Così abbiam fatto (V. Bollettino Salesiano del Maggio 1899.) delle opere edite dalla DITTA FIACCADORI DI PARMA, come i TESORI DI CORNELIO ALAPIDE (ora, esaurita la 1a edizione, in corso di stampa per via di associazione e di cui è già uscito il 3° volume), il CATECHISMO STORICO dello Schmid (pure in corso di stampa.), la TEOLOGIA PASTORALE del Sailer, il METODO GENERALE DI CATECHISMO del Dupanloup, LE LEGGI DELLA sOCIETÀ CRISTIANA di Carlo Perin, ecc., ecc. Notiamo che di queste tre ultime eccellenti opere sono disponibili soltanto pochi esemplari e non facile cosa sarà il poterne intraprendere la ristampa, causa il loro volume che richiede spese e materiale ingenti.

Stavolta però vogliamo segnalare un'occasione veramente unica per l'acquisto di varie opere di grandissimo pregio e a prezzi eccezionali.

REPERTORIUM BIBLICUM, -Seu totiuus Sacrae Scripturae concordantiae juxta vulgatae editionis exemplar, praeter alphaheticum ordinem ín grammaticalem redactae a Sac. MICHAELE BECHIS. - Due grossi volumi in 8° grande di oltre 1150 pag. l'uno, per sole L. 20 (E). Rivolgersi alla Libreria Salesiana di Torino.

Il solo annunzio di questo Repertorio Biblico vale già di per sè una raccomandazione a tutti i Sacerdoti, che consacratisi alla predicazione sanno per esperienza quanto sia difficile il richiamare in un istante alla memoria tutte le sentenze della Sacra Scrittura, oppure anche solo il poterle trovare sulle antiche concordanze non pienamente sviluppate nelle sentenze che constano pressoche delle medesime frasi e parole.

Il Sacerdote Michele Bechis, torinese, con continue ricerche e diuturno lavoro, riuscì a regalare al Clero una concordanza superiore a tutte le altre per la comodità di trovare tosto qualunque testo scritturale e per la disposizione ammirabile delle singole parti. Egli raggiunse lo scopo, disponendo il suo paziente lavoro non solo in ordine alfabetico, ma ancora in ordine grammaticale, di modo che torna impossibile non trovar subito le sentenze, di cui si abbisogna.

Non è nostra intenzione mostrare ora l'utilità pratica di una, tale concordanza, ma soltanto di far conoscere l'occasione unica per l'acquisto di essa a prezzo assai inferiore al valore reale, essendo tale lavoro anche solo dal lato tipografico di grandissimo costo. Il pio autore ne cedette la proprietà e tutti i pochi esemplari rimasti a benefizio dell'Opera Salesiana di Torino, ed il Successore di D. Bosco nel desiderio di cooperare alla diffusione di un'opera tanto utile al Clero tutto, volle si ponesse in vendita al modico prezzo di L. 20. Ai Seminari poi, agli Ordini religiosi ed agli Istituti d'educazione saranno fatte ancora speciali agevolezze. Non occorre aggiungere parola.

LUDOLFO di SASSONIA (Monaco Certosino ). - Vita del Nostro Signor Gesù Cristo ricavata dai Vangeli e commentata sulla scorta dei SS. Padri. - Volgarizzamento del Sac. Franc. Maria Faber -Vol.8 in 12° di circa 600 pag. ciascuno. Tip. Fiaccadori, Parma. Prezzo unico L. 8.50.

In questo mese, in cui quanto v'ha di bello e commovente nella nostra santa religione ci parla della vita del nostro divin Salvatore, torna assai opportuno un cenno intorno a questa graziosa opera sulla vita di Gesù Cristo scritta già in latino or sono più di 500 anni dal monaco certosino Ludolfo di Sassonia e volgarizzata pochi anni or sono con molta cura dal Sacerdote Francesco Maria Faber Questa vita è di grandissimo pregio per la sua rarità e per la profonda erudizione e grandissima divozione con cui è scritta. I suoi contemporanei ci dipingono l'autore uomo di grande ingegno e di pietà ancor più grande, il quale possedeva una conoscenza profonda nelle cose divine ed umane e specialmente una cognizione per quanto aver si può esatta e compiuta della vita di Gesù Cristo. Essi dicono la vita di Gesù da lui scritta esser dovuto piuttosto ad un'inspirazione divina che allo studio d'un uomo. Il dolcissimo nostro S. Francesco di Sales teneva in tal conto questa Vita che l'annoverava tra i pochi libri ascetici da lui più pregiati e caldamente raccomandavane la lettura a S. Francesca di Chantal, che faceva di questa vita del Ludolfo le sue più care delizie e l'abituale sua meditazione. Qui non si tratta d'un lavoro scientifico o critico od esegetico, o puramente storico, quali sono parecchie delle Vite di Gesù Cristo, uscite in questi ultimi tempi alla luce, ma è lavoro di meditazione più che critica; di istruzione, non di polemica. La narrazione storica non è altra da quella autentica dei Vangeli, se non che l'innesto delle popolari tradizioni cristiane che qui e colà l'infiora, ed il lettore cogli ingenui e pii racconti delle antiche leggende di tratto in tratto ricrea, le dà un non so che di semplicità attraente. Questa vita tende unicamente ad inspirare l'amore delle verità cattoliche, a fomentare la divozione del cuore, eccitando nei lettori amor figliale e commovendo nel vivo l'anima. Tutte le pagine di quest'opera veramente preziosa sono piene di calore e di vita non meno che di dottrina, sono frutto di lunghe veglie passate nel silenzio del chiostro ed esse produrranno nelle anime nostre tali frutti di pietà, di divozione, d'amore verso il divin Redentore e l'amabilissima sua Madre, quali dar non ci sanno a lunga pezza molti dei libri ascetici ch'escono alla giornata.

Per questi e più altri motivi noi la raccomandiamo vivamente a quanti desiderano una soda lettura. I Sacerdoti poi in cura d'anime troveranno in essa un vero tesoro per le spiegazioni del Vangelo domenicale, assai facile a servirsene per il copioso indice analitico compilato dal traduttore con molta cura.

Gli esemplari disponibili si richieggano presso la Tipografia già Fiaccadori -- PARMA.