BS 1880s|1882|Bollettino Salesiano Agosto 1882

ANNO VI. N. 8.   Esce una volta al mese   AGOSTO 1882.

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell'Oratoria Salesiano. - Via Cottolengo. N. 112, TORINO

SOMMARIO -Nel giorno onomastico di S. Santità Papa Leone XIII - Una madre ed un figlio che pregano pel Papa - Grazie ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice - Lettera Brasiliana - Notizie sugli organi in generle e collaudazione dell'organo della Chiesa di San Giovanili Evangelista in Torino - Verbale del collocamento della statua di Pio IX nella Chiesa di San Giovanni Evangelista in Torino - Notizie varie - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.

NEL GIORNO ONOMASTICO DI S. SANTITÀ PAPA LEONE XIII

È questo il V anno che andiamo lieti di esortare i nostri Cooperatori e Cooperatrici a dare prove particolari di venerazione e di amore all'attuale Vicario di Gesù Cristo, nel giorno di S. Gioachino, del quale riportò il nome al sacro fonte. In ogni volta inculcammo speciali opere buone da compiersi in quel faustissimo giorno, per ottenere a Stia Santità lume e conforto in tanta tristizia di tempi , e sappiamo che le nostre raccomandazioni vennero di buon grado accolte ed assecondate.

Ma il calice delle amarezze non si è ancora scostato dalle labbra del Santo Padre, il quale forse, come il divin Maestro, dovrà beverlo sino all' ultima feccia. Egli vede tuttora la Chiesa angustiata in varie parti del mondo ; vede i nemici della Croce crescere ogni giorno di numero e di audacia; li vede a sfidare persino Iddio e giurargli apertissima guerra , come un giorno Lucifero e i suoi angeli ribelli. « Uomini educati all'odio della religione, lamentava poc'anzi l'addolorato Pontefice, e lasciati crescere a tutto agio ad ogni baldanza e ad ogni audacia fanno le inique loro prove. Vi sono giornali che spargono largamente ed impunemente l'empietà, bestemmiano e maledicono le cose più sante, scagliano oltraggi ed offese alla stessa divinità, e, cosa orribile adirsi, inneggiano a Satana. » Così il S. Padre. Ed in vero in alcuni luoghi si sono formate già e si preparano associazioni diaboliche allo scopo di distruggere il regno di Gesù Cristo e sostituirvi quello di Satana. I membri di queste compagnie non si vergognano , si vantano anzi di portare sulla loro bandiera la figura del diavolo, gli cantano inni, lo salutano, si gloriano di mettersi nelle file dei dannati e gridano : Viva l'inferno.

S'ingaggia adunque più fiera la battaglia già combattuta in Cielo da Satanasso e dai satelliti suoi. Fulminati dall'Arcangelo san Michele al grido Chi é come Dio? eglino portarono il loro campo in sulla terra, accrebbero le loro file reclutando miseri mortali, e soffiando nei loro petti astio e livore contro del Papa credono oggimai di piantare tra noi il loro impero. Ma è d'uopo che i figli di Dio e della Chiesa con a capo il Vicario di Cristo oppongano vigorosa resistenza a questi figliuoli del demonio e li disperdano, impedendo che menino maggiori rovine e stragi di anime. A tanto ci stimola il Santo Padre con queste fervide parole: « In vista di un quadro si funesto, è impossibile per un cattolico rimanersi indifferente. E necessario anzi che quanti amano di sincero amore la Religione e il Pontificato si mostrino oramai apertamente quali sono. I fautori dell'empietà assalgono a viso aperto; conviene ai cattolici a viso aperto difendersi, facendosi intrepidi sostenitori della propria Fede, e mostrando che non si è disposti a sacrificarla per alcuna cosa. Ciò costa , è vero; ma ricordatevi, o dilettissimi, che sempre nelle epoche più infeste alla Chiesa la conservazione della Fede è stata il frutto di generosi sacrifizi e di lotte, sostenute con cristiano coraggio. » Così il nostro Duce Supremo (1).

Pertanto, onde assecondare gli sforzi del Santo Padre e lenire i suoi dolori, noi raccomandiamo nuovamente che nel giorno 20 del corrente agosto, festa del glorioso Patriarca S. Gioachino, i nostri Cooperatori e le Cooperatrici facciano calde preghiere per Lui. Essendo domenica ciascuno potendo si accosti alla Santa Comunione, o almeno ascolti una Messa di più, e assista alle sacre funzioni col nobile intento. Ma ricordiamoci che alla preghiera deve andare congiunta l'azione. I nemici non si contentano di mandare al diavolo saluti e cantici, ma lavorano e combattono per la sua causa; perciò in quel memorando giorno prendiamo ancor noi l' efficace risoluzione di schierarci apertamente nelle file dei veri figli del Papa, e di serbare intatta nei proprii cuori, come Egli ci esorta, la Fede cattolica. Non basta : Il buon soldato combatte non solo per difendere se stesso, ma ancora i suoi concittadini, sopra tutti il suo re e il padre; e tale sia pure il nostro cómpito. A questo effetto ecco un'umile proposta.

Propaghiamo nelle nostre famiglie l'idea della dolorosa posizione, in cui si trova oggidi il Romano Pontefice, affinchè e grandi e piccoli, e uomini e donne, e adulti e fanciulli, e padroni e servi, e genitori e figli, commiserando alle presenti sue afflizioni, si affezionino vie più alla veneranda sua Persona; affinchè sentano orrore e sdegno della condotta dei suoi nemici, come ogni buon cristiano ne prova tuttavia del malvagio contegno dei nemici di Gesù Cristo ; affinchè imparino a dare il dovuto valore alle grida di piazza , alle sfacciate calunnie dei settarii e degli scrittori venduti ; affinchè insomma si svegli in noi e nei nostri col coraggio un' animosa gara di difendere la Chiesa e il suo Capo visibile, presi oggidì peculiarmente di mira.

Mezzo facile ad usarsi e molto efficace per ottenere questo fine sarebbe il seguire l'esempio di religiosa pietà della contessa Mastai-Ferretti, madre dell'immortale pontefice Pio IX; e perciò come quella donna illustre al caro suo bimbo, che doveva divenire sì gran Papa, faceva recitare ogni giorno mattino e sera un Pater ed Ave pei bisogni di Pio VI, vittima in quei giorni della demagogia francese; così i padri , le madri e i capi di famiglia dei tempi nostri facciano altrettanto insieme colla propria figliuolanza e servitù, per l'angustiato Pontefice Leone XIII, sino a quel giorno, in cui Egli possa intuonare sulla tomba del primo Papa l'inno della vittoria sopra i nemici di Dio e della Religione.

Cooperatori e Cooperatrici, accogliete docilmente questa proposta, e diffondetene la pratica con tutta l'alacrità e lo zelo, di cui siete capaci. Sia questo il mazzolino di fiori, che noi presentiamo al Papa nel suo giorno onomastico in quest'anno, e possa questo nostro figliale omaggio tornare a Lui di qualche conforto, e a noi e alle famìglie nostre di celesti e copiose benedizioni.

(1) Discorso tenuto alla Federazione Piana, il 13 luglio 1882.

UNA MADRE ED UN FIGLIO CHE PREGANO PEL PAPA,

Come corona all'articolo precedente riferiamo qui un fatto assai toccante della vita di Pio IX.

Correa la fine dell'anno 1799 , ed ìl giovine Mastai-Ferretti, che fu poi Pio IX, era nell'ottavo anno dell'età sua. La contessa Mastai Ferretti, la quale, da madre cristiana, studiavasi anzi tutto d'instillare nel suo fanciullino una vera e soda pietà, non mancava di fargli recitare seco le preghiere ogni mattina e sera.. Figlia obbediente alla Chiesa Romana, sino dai primi anni ella gli avea insegnato col nome di suo padre, e quelli di Gesù e di Maria, il nome del sovrano Pontefice, che possedeva allora la gloriosa eredità dell' Apostolo Pietro. Pio VI di pia memoria sedeva sulla Sede pontificale , e in conseguenza dell' inconcussa fermezza da lui mostrata nel propugnare i privilegi del suo trono e la libertà della Chiesa, quel santo Pontefice era in preda alle più amare vessazioni per parte degli uomini empii, che a quei giorni teneano in Francia il supremo potere.

Penetrata sin dentro all'anima dai dolori, che abbeveravano il cuore del Padre comune dei fedeli, e dai pericoli che lo minacciavano , e comprendendo in pari tempo che da tutti i cuori cattolici doveano erompere preghiere verso il Cielo, la contessa Ferretti volle aggiungere alle preci di ogni mattino e sera un Pater ed Ave alle preghiere del giovinetto Giovanni-Maria. « Caro figliuol mio, gli disse la prima volta che lo invitò a questa buona opera, grandi sventure minacciano il nostro sovrano Pontefice Pio VI; egli trovasi in somma tribolazione. Tu pregherai Dio con me , affinché piacciagli di lenire i dolori del Santo Padre, e di allontanare da lui ogni pericolo. « Oh ! sì , risposele il fanciullino, io pregherò teco pel Santo Padre, e, te io prometto, la mia preghiera sarà delle buone e di cuore. » E poiché ebbe fatta questa promessa, mattina e sera il giovane Mastai ricordava sempre a sua madre il Pater ed Ave, che doveano recitare insieme pel Santo Padre.

Una sera, al momento di recitare la preghiera, che era lor d'uso, la contessa piangendo abbracciò il figliuolo e dissegli-: « Bambino mio, oh ! qual bisogno di pregare con fervore in questa sera pel Santo Padre ! Le sventure, che si temevano per lui, ecco sono omai giunte. Sgherani armati si sono impadroniti di Pio VI ; egli è prigioniero, e si vuol condurlo lontano da Roma. » A queste parole, il fanciullo, che sino allora era stato ascoltando con tenerezza sua madre, si pose a piangere insieme con lei, e, incrociando le sue manine, pregò con tutto il fervore di un angelo. Levatosi quindi, cogli occhi ancor pregni di lagrime e con una specie di titubanza : « Ma come mai, domandò alla madre, come mai il buon Dio, può permettere che il Papa, il quale è il rappresentante di Gesù Cristo Figliuol suo, sia così disgraziato , e si riduca ad essere prigioniero a guisa di un malfattore , lui che è tanto buono ? - Figlio mio , rispose la madre , appunto perché il Papa è Vicario di Gesù Cristo , Iddio permette che egli venga così trattato. Non ricordi la storia di Gesù che ti raccontai? Il divin Salvatore era la stessa bontà e nondimeno quanti nemici egli non ebbe? Un giorno gli posero le mani sopra, e dopo avergli fatti soffrire i più atroci tormenti lo condussero a morire. Ebbene , mio caro, tante volte Iddio permise che i Papi, sull'esempio di Gesù Cristo , avessero a patire lo stesso dalla ingiustizia degli uomini, e questo è ciò che interviene al Santo Pontefice Pio VI. - Ma dunque, mia buona mamma, soggiunse Giovanni-Maria, costoro che maltrattano sì barbaramente il Santo Padre sono gente perversa, non è egli vero? Dunque non val la pena di pregar Dio per loro? Non si dovrebbe anzi pregare Iddio perché li punisse? - Figliuol mio, replicò la contessa, non dobbiamo pregare Iddio pel castigo di veruno. Non ti ricordi di ciò che faceva Gesù sulla Croce ? Pregava pe' suoi nemici e domandava a Dio, affinché avesse pietà di loro, e volesse muovere il loro cuore. Ciò stesso, ne son sicura, è quel che fa nel presente Pio VI; bisogna unirci a lui e intercedere presso Dio, affinché converta tutti questi insensati, che han portata la mano sul Santo Pontefice.»

A quel dolce invito della madre sua, il giovine Mastai ritornò in ginocchio , e ripetè colla voce infantile il Pater ed Ave pei nemici di Pio VI.

Ecco, o degni Cooperatori e Cooperatrici, ecco un bell'esempio da imitare nelle nostre famiglie.

GRAZIE OTTENUTE per intercessione di Maria Ausiliatrice.

Riferiamo alcune altre prove della potenza e della bontà di Maria SS. Ausiliatrice verso di coloro, che a Lei ricorrono con fiducia, e che Le premettono riconoscenza ed amore. Valgano esse a meglio prepararci alla prossima festa di Maria Assunta in Cielo, donde da 1800 e più anni sparge sulla terra a pro dei figli suoi quei tesori di grazie, dei quali venne costituita da Dio Dispensatrice.

1.

Pietraporzia (Sicilia), 29 Giugno 1882. REVERENDO SIGNORE,

Un padre di nove figli, fra i quali il sottoscritto, fu colto da terribile malattia, e si era quasi disperati di salvarlo, quando mercè la intercessione di Maria Ausiliatrice l'ammalato cominciò a migliorare, ed ora è completamente guarito.

Per questo fatto la prego di celebrare o far celebrare una Messa ad onore di Maria nella Chiesa di Valdocco, e a tal uopo le acchiudo la limosina.

Suo servitore e figlio in Cristo STEFANO Di BLASI.

2

Torino, 15 luglio 1882.

Angela Musso da Castelnuovo d'Asti, dimorante a Sciotat in Francia, trovavasi col marito travagliato da disperato malore alla spina dorsale. Non sapendo più che fare si rivolse alla SS. Vergine Ausiliatrice, e ne chiese con tutto il cuore la benedizione. La grazia fu istantaneamente concessa ; e il malato potè tosto alzarsi di letto e ripigliare le sue ordinarie occupazioni, cui attende da sei mesi senza risentirne alcun incomodo.

3.

Voghera, il 17 luglio 1882. REVERENDISSIMO SIGNORE,

Sia sempre lodato Gesù Cristo e la sua e nostra Madre Maria, Aiuto dei Cristiani.

Come potrei io essere ingrato verso una tanta benefattrice, qual è Maria Santissima Ausiliatrice? Una lenta malattia struggeva la robusta e florida salute di mia moglie. Non sapendo più a che partito appigliarci mi fu suggerito di fare una novena a Maria SS. Aiuto dei Cristiani. Accettai tosto il consiglio, ed unitamente a mia moglie e a tutta la famiglia con viva fede incominciammo una novena. Con sommo piacere di tutti quei di famiglia e dei congiunti la malata nel secondo giorno cominciò a migliorare, e terminata la novena si trovò perfettamente guarita. Ora, volendo adempiere alla promessa fatta alla B. Vergine, se otteneva la detta guarigione, le invio la qui unita offerta, pregando la S. V. a volerne disporre secondo che meglio crede.

Suo Umilmo. Servo BAIOCCHINI MAURO

4.

Alle riferite aggiungiamo la seguente già pubblicata nel Bollettino francese del mese scorso.

REv.mo SIGNORE

Il signor De Boigne nel mese scorso raccomandò a cotesto Santuario una delle nostre figlie, la cui sanità e' incuteva serie inquietudini. La nostra Signora Ausiliatrice si degnò di esaudirci ; l'applicazione della medaglia fece fin da ieri scomparire in un subito i sintomi allarmanti. Ella è guarita, e non ci resta più alcun' apprensione a riguardo della temuta malattia. Noi ci sentiamo affatto impotenti a ringraziare la SS. Vergine. Si degni perciò di unirsi con noi ed aiutarci per farlo meno indegnamente. Voglia soprattutto supplicarla di aggiungere a questo primo favore quello ben più grande ancora, d'imprimerne cioè profondamente la memoria nel cuore di mia figlia, affinché rimanga per sempre fedele alle obbligazioni, che la stringono a Dio ed alla Vergine Santissima.

Mi permetta che le domandi che voglia associare eziandio i suoi giovinetti ai nostri ringraziamenti, e che le invii per le opere sue un'offerta, che Nostra Signora Ausiliatrice riceverà, io spero, come una debole espressione della immensa nostra riconoscenza. Oso ancora pregare la S. V. di dimandare alla Vergine SS. che ottenga a' miei sei figliuoli la grazia speciale, di cui ognuno peculiarmente abbisogna , per corrispondere maggiormente alle mire, che ha Dio sopra di loro.

Riceva, Rev.m° signore, l'assicurazione della mia gratitudine, e de' miei sentimenti più rispettosi.

20 Giugno 1882, (Chateau de Boisy par Douvaine).

Contessa OTTAVIA DE BOIGNE.

LETTERA BRASILIANA.

Il nostro missionario D. Luigi Lasagna giunse felicemente all'impero del Brasile il 14 maggio, e pochi giorni dopo scriveva a D. Bosco la lettera seguente

Rio Janeiro, 24 maggio 1882.

VENERATISSIMO PADRE,

Scrivere a D. Bosco fu sempre per me come per tutti i suoi figli un cómpito di ineffabile emozione, ma scrivergli per la prima volta dal Brasile, scrivergli dalla capitale di questo vastissimo impero, che la divina Provvidenza ci ha aperto or ora, è per se stesso un avvenimento di tanta importanza, di un significato sì grande che l'anima mia ribocca di cento e cento affetti, che non potrò mai esprimere adeguatamente.

Oggi, festa di Maria Ausiliatrice, sono passati dieci giorni appena che ho posto piede in questa città di Rio Janeiro, ed ho già sperimentato impressioni e sentimenti sì svariati e sì grandi, che non so da qual parte incominciare, per dargliene un breve e languido ragguaglio.

Anzi tutto debbo in questo giorno protestare alla Vergine Ausiliatrice la mia sincera, la mia tenerissima gratitudine, per la specialissima protezione che ci ha prestato, che fu veramente da Madre amorosissima.

La nostra navigazione sul battello Equateur da Montevideo a Rio Janeiro fu oltre ogni dire prospera e felice. Vi giungemmo il mattino del 14 del corrente. Dopo di aver celebrata la santa Messa a bordo, io col nostro caro Teodoro congedatici dai compagni di viaggio, ed in modo speciale dall' Eccell.mo Monsig. Mocenni, scendemmo in una barchetta, e via solcando le placidissime acque del porto giungemmo al molo , dove per evitare le molestie inevitabili pei religiosi nelle grandi città marittime, dove si trova ogni razza di gente, ci chiudemmo in una vetturina tirata da muli, come qui si usa, e ci facemmo condurre direttamente in Seminario nella speranza di trovare colà Monsignor Vescovo od almeno chi lo rappresentasse. Non fummo delusi. L' Eccellmo Monsig. Lacerda aveva finito il giorno innanzi gli Esercizii spirituali al suo Clero , e stanco e spossato dalle fatiche sostenute dimorava ancora nel Seminario, in mezzo ai 9 Chierici, di cui si compone, ed in compagnia degli zelantissimi ed ottimi padri Lazzaristi , che ne sono i direttori. Appena fu annunziato a Sua Eccellenza il nostro arrivo, ci venne incontro colle braccia aperte e colla gioia, che gli scintillava negli occhi. Che buono, che santo Prelato ! La sua amorevolissima e più che paternale accoglienza ci ha consolati molto, ma più ancora ci ha edificati e profondamente commossi. Ella che ben prima di me l'ha potuto conoscere ed ammirare da vicino, quando nel 1877 per tanti giorni fu suo illustre ospite nel nostro caro Oratorio di Torino, non ha d'uopo ch'io mi fermi a parlarle della umiltà, dello zelo e della gran dottrina di Mons. Pietro Maria Lacerda Vescovo di Rio Janeiro, ma non le sarà discaro che io per debito di gratitudine riferisca qui la sua squisita bontà verso di noi, e la sua gran divozione a Maria Ausiliatrice, e le sue grandissime speranze, e quasi direi incredibile fede che egli ha nella missione, che Dio affidò ai poveri Salesiani. Ho veduto che conosce a fondo ed in ogni loro particolarità le cose della Pia Società Salesiana, e per sua bontà ne parla con amore, con ammirazione, con entusiasmo. Erano le dieci del mattino quando avemmo la fortuna di essere abbracciati e benedetti da lui , e fino alle dieci della sera non permise più che ci allontanassimo un minuto dal suo fianco. Oh! se avesse udito come ringraziava Iddio del nostro arrivo ! Come si allargava il suo paterno cuore alla dolce speranza di aver un aiuto, per raccogliere ed educare nella religione nostra santissima tanti e tanti fanciulli derelitti, che a frotte vanno vagando per le vie di questa popolosa città, senza chi si curi di loro, senza chi li premunisca od almeno li avvisi dei pericoli immensi, in cui vanno a perdersi ! Oh! se avesse udito con che effusione di cuore ragionava dei progetti possibili a realizzarsi a pro della gioventù pericolante ! Nel suo zelo, nella sua pastorale abnegazione cento volte si protestò pronto a qualunque sacrifizio pecuniario e personale, pur di ottenere il tanto sospirato Ospizio pe' suoi cari orfanelli.

Noti, caro Padre, che di fanciuli abbandonati oh! ve n'è, ve n'è un numero spaventoso per ragioni, delle quali molte sono comuni ad ogni città grande, popolosa, tutta intenta ai traffichi, ai guadagni, ai godimenti materiali, epperciò profondamente immersa nella corruzione e nel libertinaggio ; ma varie di queste cause sono tutte proprie del Brasile. E fra tante io non ne accennerò che due sole : la schiavitù che vi regna, e la febbre gialla che ha fatto molte stragi nel passato, e che riapparisce di tanto in tanto a spargere la desolazione e lo spavento nelle città marittime. - Oh ! se potessi dirle l'angoscia che sentii, quando scorrendo l'occhio su di un gran giornale di commercio fra gli altri annunzi di vendita, come di case, di cavalli, di vacche, di buoi vi scorsi pure numerevolissimi quelli di questa fatta, che io trascrivo alla lettera in tutta la loro crudezza

Via N., numero N. si vende un bel moretto di 14 anni, capace a tutti i servizi di tavola ecc. - Si vende una giovane nera, atta a cucinare, a lavare e soppressare , sana, robusta di carattere allegro.... Si vende.... Oh ! mi fa male al cuore seguitare. - Gli schiavi valgono due o tre mila lire ciascuno, e costituiscono per ciò una grande ricchezza per certi signoroni, che hanno delle migliaia e migliaia di questi infelici nelle loro campagne per la coltivazione del caffè, dello zucchero, del cacao; del tabacco, della mandroca ed altri prodotti proprii di questi paesi. Quindi abolire d' un colpo la schiavitù sarebbe un gettare nella miseria ricchissime famiglie e rovinare interamente l' agricoltura , che qui fu esclusivamente finora esercitata da schiavi. Quindi è che il saggio Imperatore ha preso una via di mezzo, e da undici anni fa' promulgare una legge, la quale dichiara liberi tutti i figli, che nacquero e nascono da schiavi dopo detta legge, sebbene i loro sciagurati genitori debbano ancor rimanere per tutta la vita nel dominio degli antichi padroni. Queste creature così favorite son chiamate ingenui, e in questa sola città raggiungono già il numero di due cento e più mila in undici anni ! ! Pensi ora, caro Padre, se v'è bisogno di nuovi stabilimenti per accoglierli ed ammaestrarli e dirigerli sul sentiero del dovere e della, pietà cristiana ! !

Un'altra cagione di tremende sciagure fu ed è la febbre gialla, che ha mietuto tante e tante vittime, specialmente nella classe povera , mal nutrita, meno cauta, costretta a vivere ammucchiata in abituri sucidi, senz'aria e senza luce. E quando i fanciulli scampano al flagello chi si occupa di loro ? Quanti poveri italiani venuti qui a cercare fortuna, vi trovarono la morte ! Ed i loro figli?... Chi esce per questa città trova centinaia e migliaia di fanciulli senza tetto, senz'arte, senza genitori o parenti, senza un amico; fanciulli, che vanno vagolando per le vie, per le piazze, sulle rive del mare lottando colla fame, ed addestrandosi al furto ed alla depravazione , indotti dalla miseria e dagli scandali, che hanno sempre sotto gli occhi. La polizia ne fa alle volte una razzolata di due o trecento alla volta, e li interna nel fondo delle valli o nelle gole dei monti , distribuendoli forzatamente tra i padroni dei grandi stabilimenti agricoli, cosi detti fazendas, ma poco dopo la maggior parte costretti forse da maltrattamenti, o spinti dalla lor naturale avversione. alla fatica, disertano di soppiatto e riappariscono nella capitale a ricominciare da capo la stessa miserabilissima vita di prima, finchè o la prigione o l'ospedale o addirittura la fossa del cimitero offra loro un ultimo sciagurato asilo ! Povero Vescovo ! Al parlar di queste cose si sentiva commovere le viscere , e prorompeva in pianto ! Ed io?... - Bisognerebbe avere il cuore di sasso per non sentirne pietà ; e son sicuro che qualunque dei Salesiani si fosse trovato al mio posto non avrebbe: potuto frenare le lacrime.

Temo che questa lettera mi abbia a riuscire un libro! Ho ancor tante cose a dirle ! ! E poi sono tutto il giorno in giro per osservare una cosa e l' altra ; onde solo alla sera, tardi, posso così alla sfuggita pigliare qualche appunto delle cose più notevoli , ed ora per scrivergliele tutte mi è impossibile. Via ! sceglierò il meglio e continuerò a più riprese, anche di notte. - Monsignore, ripeto, ci ha un affetto, un riguardo superiore ad ogni dire. Riservato com' è, amante del ritiro e della solitudine, sembra che per noi abbia mutato carattere ed usi. All' indomani del nostro arrivo volle in persona accompagnarci a visitare il grandioso Ospedale della Misericordia, diretto dalle figlie di S. Vincenzo, il più splendido, il più grande, il più perfetto che io abbia visto in mia vita. - Poscia ci condusse a pranzo dai Padri Lazzaristíi, tutti raccolti in quel giorno per la festa onomastica di uno dei loro più conspicui confratelli, di nazione italiano. Al di dopo ci menò a visitare l'Ospizio dei trovatelli, dove sotto la cura delle buone Suore di S. Vincenzo ve n'ha pure di già grandicelli, cui non basta il cuore a quelle pietose di gettare sul lastrico. - Di lì passammo a visitare un altro grande stabilimento, diretto pure dalle stesse Suore. V'è un grande educatorio per le giovinette signore , vi è un vasto ritiro per fanciulle povere, v'è un grande ricovero per donne attempate, insomma è un istituto commendevolissimo e di primo ordine tra le opere di beneficenza cristiana. Fu fondato ed iniziato a costo di grandi sacrifizii dal genitore di Mons. Lacerda, già defunto da varii anni, personaggio cospicuo dell' Impero, ed un cattolico di una tempera e d'una abnegazione senza pari. - Poscia corremmo a vedere il celebre convento dei Benedettini, dove salutammo Mons. Mocenni, l'Eccellentissimo Internunzio, del quale tanto già le parlai, sì buono con noi e sì caro per tutti. Finimmo così per ritornare in casa stanchi e spossati dal molto andare e discorrere. Oh ! lo scopo del venerando Vescovo era chiaro, evidente; voleva che fin dal principio noi rimanessimo sì bene impressionati del gran bene, che si fa e si può fare in queste terre, da non iscoraggiarci poi vedendone il lato brutto e ributtante. - Mi dimenticava di dirle pure che nella gita del giorno anteriore avevamo anche visitato i bravi Cappuccini nel loro bellissimo convento, posto sulla vetta di un alto colle, dal quale dominano d'uno sguardo e il gran porto e la città tutta. Essi sono tutti di nazionalità italiana, di grande zelo e d'eccellente cuore, e ci furono subito amici e quasi fratelli. Fu l' Imperatore stesso, che avendo gran fiducia nel loro spirito di sacrifizio li fece venire a sue spese, e loro affilò l'evangelizzazione dei selvaggi di alcune provincie. Hanno fatto già e fanno del gran bene. Nella città la loro chiesa è la più frequentata e la più devota, e quasi direi l'unica, dove vi sia un po' di frequenza ai Santi Sacramenti. Ma sono pochi : molti soccombono nelle fatiche apostoliche, e dall' Italia non giunge chi possa sostituirli. Qui nella città poi la più parte sono vecchi veterani, indeboliti, carichi di acciacchi, ed alcuni prematuramente disfatti dalle privazioni, dalle male vite passate nelle selve, dove ebbero a lottare colla intemperie e colla fame ! Oh! mi sarei buttato cento volte ai loro piedi, tanto mi commosse e mi esaltò la vista di quei venerandi vegliardi, veri campioni della fede, che di loro mano han battezzato migliaia e migliaia di infedeli ! Oh ! dove sono i nuovi Missionarii, i novelli eroi, che si sentano il valore di scendere nell'arringo, dove costoro raccolsero tante anime per Gesù Cristo e tante corone per se stessi ? Oh! quam speciosi pedes evangelizantium Dona, evangelizantium pacem l...

Il mercoledì 17 di maggio di buon mattino dopo celebrata la santa Mensa uscimmo dal Seminario, ed accompagnati dai Padri Lazzaristi coi loro allievi del medesimo c' incamminammo fuori della città verso i monti. Mons. Vescovo volle che facessimo l'ascensione del monte Tijuca, e scendendo pei suo versante opposto vedessimo coi nostri occhi le sue due celebri cascate. E una passeggiata incantevole. Fino ai piedi del monte ci si arrivò coi tramwai, e poscia montando in una specie di carro omnibus, tirato da mule, si sale, si sale per una gran via lastricata, fatta a spire fino sulla vetta del monte, sempre tra ville e giardini uno più bello dell'altro. Giunti alla cima lasciammo il veicolo, e giù per sentieri di balza in balza, fra boschi fitti e scuri, seguendo il sordo rumoreggiare che facevano l'onde di un torrente, che precipitavasi di rocca in rocca. Fra burroni cupi e spaventosi arrivammo dopo un'ora e mezzo di fatica al fondo di una valletta, assordati da un fragore quale si può immaginare debba produrre una gran massa d'acqua di 20 metri di lunghezza, che si rovesciava precipitosamente da un'altezza di 50 sul vivo sasso, sollevando in alto una bianchissima spuma, e facendo balzare a gran distanza una finissima pioggia, che veniva fitta fitta a spruzzarci il viso e le mani. Io rimasi come estatico contemplando quel sublime spettacolo della natura. Il sole vi dardeggiava dentro i suoi raggi, che rifratti da quelle acque bianchissime ci abbagliavano la vista e ci offrivano ad un tempo i più vaghi e svariati colori. Tutto intorno e su per la montagna vi sono boschi densissimi ; alberi fitti di fusto altissimo e di stupenda chioma, che fanno sul capo del viaggiatore una volta quasi impenetrabile ai raggi del sole ; eppure ai piedi vi crescono cento specie di pianticelle a larghissime foglie, di erbe rigogliose e di spine, che talmente s'intrecciano e s'affollano da non lasciar fare un passo avanti, ove non vi sia sentiero aperto dalla scure o dal piccone. E fra quei fogliami, fra quelle piante, in cima di quegli alberi, quanti uccelli di colori e di forme le più varie e le più curiose ! E per dir tutto, fra quei cespugli, fra quei macchioni che rettili, che serpentacci spaventosi ! ! Più in là vi sono sciami di scimioni, che si trastullano arrampicandosi e gittandosi penzoloni dai rami degli alberi, e facendo al passeggiere i più sconci e ridicoli visacci del mondo. Più addentro ancora v'è il regno delle tigri, dei serpenti boa e di cento altri animalacci, di cui avrò occasione di parlarle a lungo in altre lettere. Qui tutto è grande, tutto è maraviglioso , tutto è nuovo per noi ! Che contrasto fra le immense pianure dei Pampas e della Patagonia e queste interminabili giogaie di monti ! Che differenza fra quei piani sconfinati senza un albero, senza un colle e le foreste vergini e gli alberi giganteschi, fittissimi, immensi del Brasile !... Ma io mi perdo e debbo ritornare in via.

Ci vollero due ore e mezzo a risalire. Colà ci aspettava una gaia ed allegra brigata di Sacerdoti della Missione e con loro altri amici, che avevano imbandito sul muriccio d'un ponte, mirabilmente ombreggiato, un'allegra merenda all'uso del paese. Seduti chi qua chi là in piccoli gruppi sulla proda della via ci rifocillammo con un appetito invidiabile, ridicendo e ricontando ognuno le impressioni avute. Non mancava qualche bell'umore, che le condiva con tali lepidezze da farci scoppiare tutti in gioconde e fragorose risate, che si perdevano echeggiando fra le gole di quei monti solitarii.

Ma è giuocoforza che io finisca per ora nella . speranza di riscriverle tra poco. Noterò solo più che i preti della Missione , figli di S. Vincenzo de' Paoli, che ci offrivano quello svago con un affetto da fratelli, sono qui in buon numero e coraggiosi e zelanti. Hanno la direzione del Seminario maggiore e minore, e v'insegnano con molta perizia; hanno la direzione spirituale delle numerosissime Figlie della Carità e di tutti gli stabilimenti loro affidati ; quindi sono tutto il di per asili, ospedali, ritiri, confessando, catechizzando, predicando con una abnegazione, che li rende ammirabili. - Avanti, sempre avanti, nei pericoli e nelle epidemie non indietreggiano mai... non conoscono che sia paura. Alcuni soccombettero ; ma altri accorsero ad occuparne il posto, agognando a gara la palma del martirio ; voglio dire del martirio della carità cristiana. Oltre ad esserci di edificazione e di esempio essi ci sono benevolissimi. Loro tarda mille anni che noi apriamo il nostro Ospizio ; perchè il bisogno è troppo grande. Il loro Superiore mi fu largo già di affetto, d'incoraggiamenti e di soccorsi d'ogni maniera. Raccomando perciò lui ed i suoi compagni alle preghiere di D. Bosco e di tutti i suoi figli. Ed ora basta !

Questa mia lettera le arriverà presso la festa di San Giovanni suo giorno onomastico. Amato D. Bosco, in quel giorno vorrei che le piovessero in seno mille benedizioni, vorrei che da ogni parte le giungessero conforti, soccorsi e consolazioni come Ella ben si merita. Vorrei esserle vicino un'altra volta, ma solo per ascoltare dal suo labbro una parola, una di quelle parole, che sono fuoco che infiamma, e luce che guida. - Oh n'avrei tanto bisogno in queste circostanze l...

Padre , addio. Il caro Teodoro , io e cento altri ci mettiamo a' suoi piedi, affinchè ci benedica sì, che la sua benedizione possa presto ritornarle in copiosi frutti di anime salvate e di gloria resa a Dio, alla Vergine SS. ed a San Francesco di Sales.

In un giorno così solenne oso pure pregarla di presentare i miei affettuosi saluti a tutti i confratelli , a tutti i Cooperatori che sono d'intorno a Lei o personalmente o col cuore per augurarle nel suo dì onomastico ogni bene del Cielo e della terra. - Dica che mi perdonino se non posso scriver loro come vorrei. - Padre, amatissimo Padre, addio.

Suo devotissimo ed aff.mo Sac. Luigi Lasagna .

NOTIZIE SUGLI ORGANI IN GENERALE e collaudazione dell'organo della Chiesa di San Giovanni Evàngelista in Torino,

Nei giorni 3, 4, 5 e 6 di luglio si fece la solenne prova o collaudazione dell'organo della nostra Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino, con uno straordinario concorso di persone della città e dei paesi vicini e lontani. E pregio dell'opera che ne facciamo parola. Prima per altro crediamo bene di premettere alcune notizie storiche sull'organo in generale, le quali non torneranno distare ai nostri lettori.

La musica vocale e strumentale fu sempre in uso nelle religiose funzioni. Questa pratica è autorizzata dai Libri Santi. Il re Davide e il popolo di Israele scioglievano cantici al Signore, modulandoli al suono di varii strumenti ; anzi il pio monarca stabiliva perfino un apposito coro di suonatori per le feste più solenni. «E Davide e tutto Israele, si legge nel Il libro dei Re, suonavano dinanzi al Signore ogni specie dì strumenti di legno e cetre e lire e timpani e sistri e cimbali. » E nel primo dei Paralipomeni si aggiunge : « E Davide ordinò ai capi dei Leviti che scegliessero tra i loro fratelli dei cantori e suonatori di musicali strumenti.... E cantavano inni di vittoria sulle cetere ad otto corde.... E suonavano le trombe dinanzi all'Arca di Dio. » Anzi di questi cantori e suonatori il reale profeta ne creava ben quattro mila (Il Reg. vi, 5 - I Paral. xv, 16, 19, 21, 21, 28: e xxiii, 5.).

La musica degli Ebrei, stabilita per l' onore dell'Altissimo, fu esercitata da Gesù Cristo stesso e dagli Apostoli, i quali esortarono i primi Cristiani ad usarla nelle sacre funzioni, per essere più facilmente eccitati alla divozione e alla pietà. Il divin Redentore nell'ultima cena, dopo l' istituzione dell'Eucaristia, cantò un inno di ringraziamento : e s. Paolo esortò i fedeli al canto dei Salmi e degli Inni nelle loro adunanze (Matt xxvi, 30.-Coloss. III. 16.). Varie sorta di eretici spacciarono per inutile e superstizioso l'uso del canto, ma furono confutati; e la Chiesa, esortata a praticarlo dal suo divin Fondatore o dagli Apostoli, lo ha introdotto fin dal principio del Cristianesimo.

Il popolo cristiano imitò adunque il popolo ebreo, e gli sottentrò nel sollevare inni di gradimento al Signore. La Vergine e martire S. Cecilia nel cantare le lodi del Signore accordava la musica istrumentale alla vocale, e per questo i musici l'hanno scelta a loro protettrice: Cantantibus organis, Caecilia Domino decantabat. I poveri Israeliti devono oggidì ripetere come i loro antenati nella schiavitù:« Sulle rive dei fiumi di Babilonia ivi sedemmo e piangemmo in ricordandoci di te, o Sionne : Ai salici appendemmo i nostri strumenti... E come mai canteremo noi un cantico del Signore in una terra straniera ? (Sal. 136).» Ed invece i seguaci di Gesù Cristo nei loro magnifici tempii, sposando migliaia di voci alle melodie ed armonie degli organi, fanno risuonare dappertutto il cantico della vittoria e della vera libertà, perpetuando su tutta la terra le feste dell'antica Sionne, che da 1800 e più anni è muta, squallida e deserta.

La parola organo anticamente esprimeva qualunque strumento musicale ; onde scriveva sant'Agostino : Organa dicuntur omnia instrumenta musícorum (Enarr. in psal. 56). In questo senso se ne riconosce inventore lubal, uno dei primi uomini del mondo, del quale appunto la Sacra Scrittura dice : « Egli fu il padre dei suonatorì di cetra e d'organo Ipse fuit pater canentium cytara et organo, cioè autore degli strumenti musicali a corda e a fiato. (Gen. iv, 21) Ma il difficile si è lo stabilire il tempo che abbia avuto origine l'organo, come si usa oggidì nelle Chiese ; questo strumento a tasti e a fiato, il più bello, il più magnifico, il più sonoro, detto per eccellenza il re degli strumenti musicali. Sembra per altro che la sua invenzione abbia avuto la sorte di quasi ogni altro : da una prima idea, trovata o per caso o per lo studio, da rozza e informe qual fu da principio, essa andò col tempo modificandosi di bene in meglio, sino a giugnere ormai alla più alta perfezione. La prima idea si perde certamente nella più remota antichità , e deve ricercarsi nel più antico degli strumenti , nel semplice zufolo. A misura che si univano insieme tanti zufoli o canne, ne usciva una specie di organo. Il numero delle canne era indeterminato : esse erano di differente lunghezza, formando una vera scala, che poteva intuonarsi ascendendo e discendendo, secondo che si muoveva la bocca in qua e in là per ispingere il fiato dentro le rispettive aperture. Varie circostanze accidentali possono aver dato motivo all'esperimento d'intuonare le canne in qualche altra maniera, e di non affaticare i polmoni. Nessun popolo può avere per lungo tempo ignorato che si può inchiudere l'aria in recipienti , lasciarla uscire a poco a poco per aperture e maggiori e minori, e condurla in certi luoghi. Onde, che mai di più naturale che siasi cercato di applicare tale esperienza alle canne unite? Da principio usavasi un otre di pelle, dal quale, comprimendo l' aria, la si spingeva nelle canne ; ma essendo in tal modo intuonate tutte ad un tempo, si trovò il mezzo di usare una canna sola , e disporla in guisa che fosse atta a produrre da sè i suoni delle altre. Ignoto non era che una canna pili lunga produce un suono più grave che non una più corta ; e si trovò che suoni più o meno gravi possono ottenersi mercè i buchi praticati in una sola canna, i quali, o chiusi colle dita o aperti, dànno tanti suoni differenti quanto è il numero dei medesimi. Quindi una tal canna con siffatti buchi mettevasi nell'otre di pelle, e, premendo l'aria col braccio, s'impiegavano le dita per aprire e chiudere i buchi. Di tal guisa s'inventò la così detta piva, stromento notissimo presso tutti i popoli antichi e moderni.

Proseguite le scoperte fino a questo punto, non era difficile l'invenzione d'uno strumento, che fosse una vera specie d'organo. Si venne a trasformare l'otre di pelle in una cassa di legno, si abbandonarono di nuovo i buchi, si tornò alla primiera disposizione delle canne, si fecero varii buchi sulla cassa per dare un posto conveniente a ciascuna canna, si applicò un chiusino o coperchio sotto a tali buchi, per aprire e chiudere l'ingresso dell'aria nelle canne, secondo il bisogno. Egli è fuor I di dubbio che molti esperimenti furono fatti nei varii tempi, e se ne trovano vestigia non solo nelle descrizioni, ma nelle incisioni di stromenti musicali delle antiche opere d'arte. Ma il successivo perfezionamento dell'organo costò molto tempo e molto studio ; si rimediarono i difetti in varie maniere ; si paragonarono insieme i differenti metodi per scegliere finalmente il migliore e più conveniente. Molti secoli trascorsero in difficili esperimenti intorno alla ricerca di un metodo per far entrare l' aria nelle canne ; si usarono cascate d'acqua, acquedotti, pompe, vapori, mantici di varie sorta ; finalmente si diede la preferenza ai mantici, messi in moto o per forza d'acqua o per forza d'uomini.

L'impiego di si differenti mezzi per far entrare il vento nelle canne indusse gli storici a distinguere due principali specie d'organi : l'idraulico e il pneumatico ; ma tale divisione non è giusta. Le canne non possono essere intuonate altrimenti fuorchè coll' aria : se quest' aria vi s' introduce mercè la forza o dell'acqua, o degli uomini, o per qualunque altro artifizio, è tutt'uno ; imperocchè tali mezzi differiscono soltanto in ciò, che uno è migliore e più comodo dell'altro.

In quanto al tempo, in cui si ebbe l'organo da più a meno come è oggidì , non si può fissare. Il certo per altro si è che Tertulliano nei terzo secolo dell' Era Volgare descrive già una macchina di tubi, formante una moltitudine di suoni, con cui si animavano i giuochi del circo. Era detta organo idraulico, del quale si fa inventore Archimede. Publio Optaziano Porfirio, che fiorì verso il 322, nel suo panegirico in versi. pubblicato dal Velsero, fa chiaramente menzione degli organi, che si suonavano con mantici, strumenti che attraggono e mandano fuori l' aria, dando fiato alle canne. Nello stesso secolo IV , di uno strumento musicale non molto dissimile dall'organo presente si trova pure una descrizione in un epigramma latino, attribuito a Giuliano l'apostata, dove appunto si parla di tubi, di mantici e di tastiera toccata da un professore (1).

In quanto poi alla introduzione dell'organo nelle Chiese, alcuni l'attribuiscono a Papa S. Damaso nell' anno 367 ; altri, come il Platina, ne fanno introduttore Papa S. Vitaliano nel 657. La sentenza più ricevuta si è che gli organi non siensi usati nelle Chiese se non nel secolo ottavo. Il segreto di fabbricarli era conosciuto dai Greci, che lo custodivano gelosamente; e si asserisce che fu l'imperatore Costantino IV Copronimo, il quale ne inviò il primo tra i Latini, siccome in dono a Pipino re di Francia, tra l'anno 757 e 766. Anche a Carlomagno venne in regalo un organo mandato dall'imperatore greco Costantino V Michele. Così pure nell'anno 826 ai tempi dell'imperatore Lodovico il Pio trovasi notizia di un organo. Un prete di nome Giorgio o Gregorio si portò da Venezia a quel principe, dicendo di saper costrurre organi. L' imperatore lo accolse benignamente e lo spedì ad Acquisgrana , dando ordine di provvedere l'artista di tutto ciò, che gli abbisognasse per la costruzione dell' istrumento. Nello stesso secolo si trovano pure organi costrutti tra i Tedeschi ; e la storia ci dà una lettera scritta dal Papa Giovanni VIII nell' 872 al Vescovo Annone di Frisinga in Germania, colla quale lo prega di spedirgli un buon organo ed un artista, che lo, sappia fabbricare e suonare.

Questo strumento appena in uso fu trovato così adatto ad accompagnare il canto religioso, che in meno di due secoli fu generalizzato e introdotto in tutte le più grandi Chiese. Veramente istru mento cristiano è questo, dice egregiamente il Cantù, ed in quel fiato solo, che muove tanti accordi, l' organo simboleggia assai bene la fede unica , la quale i voti dei credenti solleva al Cielo, quale un'armonia ben degna di Dio.

Tra i miracoli dell'arte moderna si addita con ragione l' organo di S. Sulpizio a Parigi, che è il più grande, il più potente, il più sontuoso , e pel complesso di svariatissimi suoni il più pregevole di tutti gli organi fin qui conosciuti. Ha 108 registri, 20 pedali di combinazione , cinque tastiere sottoposte l'una all'altra, e consta di sette mila canne. Dopo questo viene l'organo della badia di Weingarten, con 6666 canne ; quello della cattedrale di Siviglia cha ne ha 5300 ; quello di Harlem che ne conta 5000; poi gli organi di San Pietro a Berlino, di S. Michele a Vienna, di Baltimora in America (1).

In Italia sono celebratissimi gli organi di San Giovanni Laterano in Roma , di Montecassino, della badia di Subiaco, dei Benedettini di Catania, e più e più altri, che troppo lungo sarebbe l'enumerare.

Oggimai, a giudizio degli intelligenti, tra i migliori della penisola andrà pure annoverato l'organo della nostra Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino, lavorato dal Cav. Giuseppe Bernasconi da Varese , il quale insieme col Serassi e col Bossi da Bergamo , e col Lingiardi da Pavia, è meritamente giudicato per uno dei più celebri fabbricatori di organi di questi ultimi tempi. L'organo possiede tre tastiere, che formano tre organi distinti, i quali, sebbene affatto indipendenti l'uno dall'altro, possono nondimeno riunirsi mediante apposito pedale, e dare luogo a combinazioni di melodie e armonie soavissime , e ad un ripieno di una forza maestosa ed imponente. Cosa pure affatto singolare di quest' organo si è che può combinarsi col suono delle campane della stessa Chiesa, e produrre un effetto veramente mirabile.

Sua collaudazione.

Dopo che un organo è fabbricato e messo a posto, il committente è in diritto di farlo provare, se nella bontà corrisponde alle condizioni pattuite. Questa prova dicesi collaudazione. Ad eseguirla soglionsi interessare uno o più artisti, i quali colla loro abilità e maestria sappiano addimostrare la perfezione dello strumento , la dolcezza delle voci, le combinazioni, a cui possono dar luogo i varii registri, la maggiore insomma o minore potenza dell'organo, che deve riuscire uno dei principali ornamenti di un sacro edifizio. Generalmente la collaudazione si compie in un sol giorno.

Or bene, la collaudazione dell'organo della nostra Chiesa di S. Giovanni Evangelista durò ben 4 giorni, e per più ore mattino e sera ; e venne fatta da 5 abili artisti. La Chiesa non essendo ancora inaugurata al divin culto, la collaudazione prese la forma accademica ; e riuscì uno spettacolo gradito ed onesto, che trasse sul luogo non meno di 50 mila persone, munite di apposito biglietto d'entrata.

Al davanzale dell'orchestra un cartello a caratteri cubitali indicava il nome di chi stava all'organo in quel momento.

Nel primo giorno, all' ora stabilita , la Chiesa rimaneva per la prima volta popolata di gente , di cui la massima parte era di distinte persone, nonché di molti professori dell'arte, sì forestieri come della città.

Primo dai 5 collaudatori si fu îl Cav. Vincenzo Petrali da Bergamo, vera celebrità musicale. Dovremmo stenderci di troppo, se avessimo a dire della valentia da lui dimostrata per mezzo del nuovo organo. Egli lo collaudò per ben tre giorni. Fin da principio, al calare del cartello indicante il suo nome, succedette un rispettoso silenzio. Egli raccoltosi per un mezzo minuto sul tema, che doveva prendere a svolgere , incominciò con un grave e magnifico preludio alternato sui tre ripieni semplici dell'organo. La destrezza e maestria con cui faceva succedere le più artificiose imitazioni, la sua facilità nel giuocare colla pararmonia e colle infinite risorse del contrappunto gli attirarono fin dalla prima volta prolungati applausi.

Dopo questo preludio esegui a più riprese altri stupendi e difficilissimi pezzi. In questi ebbe di mira di far sentire tutti gli effetti, di cui è capace il mirabile strumento. Era bella l'indifferenza, con cui si adattava a qualunque registrazione, che a capriccio gli faceva chi gli stava da presso. Sovente l'abbiamo udito a chiedere il tema ed il tono a quelli, che gli facevano corona, e quindi svolgere quella frase, che gli si dava nella tonalità assegnatagli, e con tanta maestria da eccitare in tutti la più grande meraviglia.

Nelle grandi difficoltà, dove altri non potrebbe fare a meno di dimenarsi alquanto, egli se ne stava tranquillo ed immobile, e come se avesse da trattare un dolcissimo pianoforte volava sulle tastiere e sulla pedaliera con una incredibile agilità. Egli rivelò la sua straordinaria abilità, la sua vena ricchissima ed inesausta nella scienza ed arte di Euterpe. Nel genere che si chiama dell' organo moderno è impossibile immaginare una maggiore varietà di effetti, ed un gusto più elegante nel procurarne il contrasto, una maggiore prontezza ed infallibilità di mano. La quadratura delle sue ricercate fu sempre chiarissima, la condotta architettonica , l' eleganza dei passi serenamente spiccata. Nel genere severo egli fe' palese la solidità del più provetto armonista ; le parti erano proposte , sviluppate, intrecciate con sicurezza veramente mirabile ; l'invenzione sempre nuova e la risorsa delle modulazioni infinita. Non fuvvi mai la più piccola incertezza sul cammino da seguire ; lo stile sempre elevato e rigorosamente mantenuto. Alla fine di ogni suonata il celeberrimo maestro si aveva ovazioni interminabili; e l'immenso popolo dava segni di gioia, e si componeva tosto a rispettoso silenzio, non appena sulla tribuna compariva il cartello col nome del Petrali ad indicare che ei si rimetteva alla tastiera.

Il secondo tra i collaudatori fu il bravo Cavaliere Giuseppe Capitani di Torino. Sebbene da due anni abbia abbandonato lo studio e l'esercizio dell'organo, egli si diede tuttavia a vedere maestro di grande abilità. Non solo produsse le più soavi sensazioni eseguendo musica di carattere vario ma provò eziandio il suo bel talento d'improvvisatore, riscuotendo alla sua volta fragorosi applausi. I due maestri si alternavano l'un l'altro, e per tre giorni sostennero la fatica da soli. La sera del terzo giorno l' egregio Maestro Capitani fra le sue grandi suonate fece la parafrasi della lode « Lodate Maria, o lingue fedeli ecc., proponendola prima colle campane, e poscia variandola con tutte le forme dell'arte sull'organo. Alla fine una salva di applausi lo chiamò a presentarsi alla tribuna.

Il Cav. Petrali pose termine alla seduta con tre grandiosi pezzi, l' ultimo dei quali , come saluto ai Torinesi , fu trattato a pastorale colle campane, e coronato di un tal finale, che mise il colmo dell' entusiasmo agli stessi più celebri artisti, tra cui il commendatore Pedrotti, che gli stava a fianco. Finita questa ultima suonata il Cav. Petrali venne coronato dei più vivi applausi, siccome principe degli organisti italiani.

La sera del terzo giorno il Cav. Petrali ripartiva per Bergamo, e il domani sottentrarono tre nuovi collaudatori, i quali insieme col Capitani proseguirono ciascuno alla sua volta a trarre dall'organo armonie, che rapivano l'anima al bello e al dolce. Suonò l'egregio maestro della Cattedrale di Torino, il sig. Antonio Bersano, antico allievo di D. Bosco, e si ebbe vive e ben meritate lodi. L'esimio professore Carlo Galli di Milano, maestro nella Basilica di Sant' Ambrogio, diede pur saggio di essere non solo valoroso compositore, ma organista esperto. Finalmente il professore Roberto Remondi, maestro nella cattedrale di Brescia, si diede a conoscere ben provetto ed erudito nell'arte. Suonò pezzi di genere veramente di Chiesa, e mostrossi non solamente bravo nella esecuzione, ma improvvisatore ad imitazione del Petrali.

La collaudazione aveva fine alle ore 6 pomeridiane del 4° giorno, tra fragorose ovazioni di un numerosissimo uditorio, che od ogni ora si mu tava, e che avrebbe continuato ad affluire, se si fosse ben continuato per più giorni ancora. Forse non mai un organo di Chiesa dovette dar prova di sua bontà in si splendido modo. Onde merita mente il giornale L'Unità Cattolica, parlando di questa collaudazione, terminava il suo articoletto con queste parole:

« Ma se meritarono lode ed applauso i collaudatori, qual lode e quali applausi non meritossi egli mai l'autore dell'organo ? Sì, il diciamo senza timore di essere smentiti : Il Cav. Giuseppe Bernasconi di Varese, col suo organo di S. Giovanni Evangelista, si acquistò in Torino un nome che non morrà. Egli fu già premiato con diploma di onore, con medaglia d'oro e del titolo di Cavaliere alla Esposizione musicale di Milano, siccome abile artista ; ma un premio non meno lusinghiero se lo ebbe nei 4 giorni della collaudazione da una nobile schiera di sommi cultori dell'arte musicale ; se lo ebbe dall' approvazione del colto pubblico; poiché gli applausi mandati ai collaudatori si ripercossero sopra di colui, che seppe fabbricare un organo, giudicato dagli intelligenti non solo pel migliore in Torino, ma per uno dei migliori d'Italia. »

Lettera del Capitani al Petrali.

Al domani il Cav. Capitani scriveva al Cavalier Petrali una lettera graziosa e lepida, nella quale svelava il suo bell'animo, e mostrava come a grande talento può andare bellamente congiunta squisita gentilezza e soave pietà. Ne rileveremo qui alcuni tratti, lasciando a parte quelli, che riguardano le persone della nostra Casa.

Torino, 7 luglio 1882.

RIVERITISSIMO MIO GRAN MAESTRO E GENERALE IN CAPO.

Grande e generale è stato il dispiacere nel vedervi partire così presto. Più di tre giorni abbiamo passato in vostra compagnia, tanto cara e stimabile, ma ahi ! che questi bellissimi giorni troppo presto trascorsero, e noi fummo privi di una sì gradita persona. Quantunque certo che il vostro viaggio di ritorno a Bergamo sia stato felicissimo, pure permettete che vi domandi vostre preziose notizie, di cui sono oltremodo desideroso, e vi esprima i sentimenti che nutro a vostro riguardo. La memoria vostra sarà sempre scolpita nel mio cuore, ed eterna sarà la riconoscenza che io, debolissimo e indegno vostro coadiutore, conserverò verso di voi, che, quale mio caro e rispettabilissimo Generale in capo, non dimenticherò mai nelle mie preghiere. La vostra bontà è tanto grande, che voi in questa circostanza mi avete accettato a vostro compagno e coadiutore, procurandomi così non solo una preziosissima fortuna artistica fra le più grandi, che nella mia non breve carriera mi abbia avuto, ma sì ancora una stragrande e indescrivibile consolazione di aver fatto conoscenza e conversato col Rev. Don Bosco...

Al caro Cav. Bernasconi auguro di tutto cuore che possa andare a costrurre un grandiosissimo organo in Paradiso, il quale sia poi sempre suonato da voi, impareggiabile ed insigne Generale degli organisti ; ed io pure desidero di esservi poi almeno vicino a sentire le celesti vostre armonie.

Ieri , giovedì, abbiamo fatto un'appendice alla festa. Grandissimo è pure stato il concorso di gente, perché tutti speravano di sentirvi ancora ; ma furono pur troppo delusi. Hanno suonato alternativamente alla mattina ed alla sera i Maestri Remondi, Galli, Bersano ed anche il vostro coadiutore.

Per non tediarvi oltre , conoscendo già da lungo tempo non solo la vostra grandissima maestria , ma sì ancora il vostro buon cuore anche verso gli artisti debolissimi, non credo necessario ricordarvi la fattami promessa, di inviarmi cioè una vostra composizione con indirizzo autografo , il che mi procurerà sommo piacere ed onore ; mentre augurandovi tutte le più grandi felicità, che si possono desiderare, vi prego di aggredire i sensi cordiali della più alta stima ed ammirazione del vostro

Umil.mo e debol.mo servo e coadiutore

CAPITANI GIUSEPPE,

La riferita lettera s'incontrava con una del Petrali ad uno dei nostri maestri, la quale è del tenore seguente:

Bergamo, 8 luglio 1882.

CARISSIMO SIG. DOGLIANI,

Le invio una copia della mia sonata per organo-pieno, che le ho promesso, e la prego della gentilezza di volere ricapitare l'altra all'egregio sig. M° Capitani.

Sono tutt'ora stordito dalle ricevute dimostrazioni di affetto e di cortesia da parte dei signori Torinesi, e l'assicuro che il collaudo dell'organo di S. Giovanni Evangelista mi rimarrà scolpito per tutta la vita nella memoria e nel cuore.

Nel p. v. ottobre ritornando da coteste parti farò una gita a Torino, onde procurarmi il piacere di rivederli, ed in quell'incontro combineremo anche per la stampa di qualche mia composizione. - Infrattanto la prego di voler riverire da parte mia il Rev.mo Sig. D. Bosco, D. Cagliero e D. Sala; e lei aggradisca un affettuoso abbraccio dal suo

Afez.mo

V. PETRALI.

La collaudazione della Chiesa.

La collaudazione dell'organo riuscì pure indirettamente siccome una collaudazione della Chiesa stessa. Essendo in ogni sua parte terminata, il sacro edifizio si presentava agli sguardi di tutti un vero monumento. Quindi ognuno ne ammirava l'architettura, gli affreschi, le pitture, gli ornati, il pavimento, gli altari, la stupenda porta, e tutti esclamavano che nel suo genere dessa è oggimai la più bella Chiesa di Torino. I nostri Cooperatori e Cooperatrici possono adunque andare lieti che la loro carità e religione abbiano avuto una sì bella corona.

L'opera poi che di per sè sola trasse l'attenzione e l'ammirazione di tutti fu la grandiosa statua di Pio IX, considerata un vero capolavoro. Tutti si fermavano là a contemplarla come estatici, ed una era la voce : - Che finezza d'arte , che stupendo lavoro ! Questo, sì, è un monumento degno di Pio IX !

(1) Quam cerno alterius naturae est fistula, nempe Altera produxit fortasse hano aerea tellus. Horrendum stridet, nec nostris illa movetur Flatibus, at missus taurino e carcere ventus Subtas agii laeves calaotos, perque iena vagatur. Max aliquis relax digitis, insignis et arte Adstat, concordes calamis pulsatque tabellas: Ast illae subito exiliunt et carmina miscent . (MISOPOGON)..

(1) V. Enciclopedia popolare italiana: Enciclopedia dell'Ecclesiastico dell'abate Vincenzo d'Avino, e il Dizionario del Moroni ecc. alla parola Organo.

VERBALE DEL COLLOCAMENTO DELLA STATUA DI PIO IX nella Chiesa di S. Gio. Evangelista in Torino.

A servizio della storia crediamo bene di qui riprodurre il seguente verbale

« Il giorno 25 del mese di aprile dell'anno del Signore 1882, quinto del glorioso e sapiente Pontificato di Papa Leone XIII, quinto del regno di Umberto I nostro Re, undecimo dell' Episcopato di Mons. Lorenzo Gastaldi Arcivescovo di Torino, nel nuovo tempio di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista , sul corso Vittorio Emanuele II in

Torino, nelle vicinanze del tempio valdese, fu collocata sopra la sua base la statua, di marmo bianco di Carrara, rappresentante l' immortale Pio IX, di sempre cara e venerata memoria, nell'atto che approva e benedice la Pia Società di S. Francesco di Sales. il lavoro è dello scultore signor Francesco Confalonieri di Milano. La statua insieme col sacro edilizio, che sarà tra non molto dedicato a Dio in onore dell'Apostolo prediletto, del cui nome venne fregiato al sacro fonte il prelodato Pontefice , serve , come dice la iscrizione scolpita sul piedestallo, di monumento d'amore e di gratitudine dei Salesiani e dei benemeriti loro Cooperatori all' impareggiabile Pontefice , che li amò e beneficò da Padre. Nella carità della base furono collocate alcune memorie , tra cui varie medaglie e monete di poco valore , una copia del disegno della Chiesa, alcuni numeri del periodico mensile il Bollettino Salesiano , in cui si parla della medesima, e alcuni ritratti di persone ragguardevoli. Si sarebbe desiderato di onorare questo collocamento con una particolare solennità, ma ragioni di alta prudenza , che i posteri sapranno apprezzare, consigliarono in questi giorni di farne a meno. Erano tuttavia presenti varii Cooperatori Salesiani e benefattori di questa Chiesa.

Il verbale portava in calce varii nomi, tra cui i seguenti

Marchese FRaNCESCO GaRASSINI GaRBARINO, Presidente il Circolo della Gioventù Cattolica di Torino.

Ingegnere Cav. ALBERTO BUFFA, Rappresentante l' Unione Cattolica operaia di Torino, ed il Comitato Regionale Piemontese dell' Opera dei Congressi Cattolici.

Sac. GIOVANNI TRAVERSa, Curato di San Massimo.

Conte CARLO REVIGLIO della Veneria. Cavaliere ANNIBALE GIANAZZO di Pamparato. Professore D. GIOVANNI ANFOSSI. Padre GIUSEPPE GRASSI, Barnabita. FRANCESCO CONFALONIERI, Scultore.

CARLO e GIOSUÈ fratelli BUZZETTI, Impresari. Sac. ANTONIO SALA, Direttore dei lavori.

Sac. GIOVANNI BONETTI , Rappresentante Don Giovanni Bosco. »

Sottoscritto che fu, il verbale in pergamena venne cogli altri oggetti chiuso in un tubo di vetro, il quale fu poscia collocato nel cavo preparatogli. Ciò fatto, gli operai assistiti dall'autore, posero mano agli argani, e con somma precisione sollevarono la statua, che pesa 350 miriagrammi, e la deposero ove si trova, ed ove rimarrà, oggetto all' ammirazione, e forse, tra non molto, alla venerazione del popolo.

Iscrizione latina.

PIO . IX. PONTIF . MAX.

QVI . TEMPLVM . HOC . EXTRVENDVM HONORI . S. IOANNIS . AP. EVANG. CONSILIO . RE . FOVIT IPSOQVE . NOMINE . SIBI . AD . SACRVM . FONTEM . IMPOSITO VOCARI . LVBENS . ANNVIT SODALES . SALESIANI . IISQVE . ADPELLATI . COOPERATORES AVCTORITATE . ILLIVS . RITE . COMPROBATI UNA . ALTERA . LIBERALITATE .AVCTI OBSEQVII . AMORIS . GRATI . ANIMI . MONVMENTVM IN . SVAVISSIMVM . EVMDEMQVE . MVNIFICVM.. PARENTEM LAETITIA . GESTIENTES . EXSTARE . VOLVERVNT AN. M. DCCC. LXXXII.

Traduzione.

A . PIO . IX . SOMMO . PONTEFICE

CHE . LA . COSTRUZIONE . DI . QUESTO . TEMPIO

AD . ONORE . DI . S. GIOVANNI . APOSTOLO . ED . EVANGELISTA

COL . CONSIGLIO . E . COLL'OPERA . PROMOSSE

E . CON LO . STESSO . SUO . NOME . BATTESIMALE DI . BUON . GRADO . CONCESSE . FOSSE . CHIAMATO

I . SOCI . SALESIANI . E . LORO . COOPERATORI DA . LUI . CANONICAMENTE ..APPROVATI

E . LARGAMENTE . SOCCORSI

L'AMORE . L'OSSEQUIO . E . LA . RICONOSCENZA . LORO

VERSO . UN SI' . DOLCISSIMO. E . GENEROSO . PADRE VOLLERO . ETERNARE . CON . QUESTO . MONUMENTO

L' ANNO . 1882.

NOTIZIE VARIE.

Conversione di una Valdese. Una cara funzione aveva luogo il 9 del mese di giugno nel duomo di Casale Monferrato. Sua Ecc. Rev,,a Mons. Vescovo amministrava solennemente il battesimo ad una giovane della sétta Valdese , da pochi mesi sposata, solo civilmente, ad un cattolico. La catecumena, vestita di bianco, aveva ai lati per padrino il signor conte Ignazio Sacchi-Nemours e per madrina la signora contessa Adele Rogeri. Sua Eccellenza celebrò quindi la Santa Messa, nella quale porse la Santa Comunione alla novella convertita, ed impartita la benedizione le conferì il Sacramento della Cresima. Chiusa la solenne funzione con un commovente discorso dello stesso Monsignor Vescovo, la neocattolica fu tosto condotta nella cappella privata della madrina , dove dal Parroco fu unita in matrimonio col suo sposo, e fu celebrata la Messa fra la devozione e la gioia di ragguardevoli persone, che vollero assistere anche a quest'ultimo Sacramento, ed al Santo Saorifizio celebrato in benedizione a Dio per le tante grazie, che si ricevettero da Lui in quella mattina.

L' Imperatrice di Germania ad una Suora. - La R. Madre Giovanna, Superiora delle Suore della Misericordia a Frackenstein , celebrando il suo venticinquesimo anniversario del suo ingresso in quell'Ordine, ha ricevuto in regalo dall'Imperatrice di Germania un magnifico Crocifisso d'oro, accompagnato da una lettera assai lusinghiera per la egregia Religiosa, che tanti meriti ha saputo acquistarsi nell'assistenza degli infermi. La stessa Madre Superiora ha inoltre ricevuto in questa occasione dal Municipio la facoltà di poter disporre di un posto per un ammalato della stessa città.

Due bei giorni presso D. Bosco. - Il 23 e il 27 dello scorso luglio un buon numero dei primi allievi dell' Oratorio di San Francesco di Sales, Sacerdoti e laici, si raccolsero nell'antico luogo di loro educazione, per dare a D. Bosco un novello attestato di loro inalterabile riconoscenza e gratitudine pel bene da lui ricevuto nei verdi loro anni. Furono due giorni di lietissima festa pei figli e pel padre ; e non avresti saputo discernere, se fosse più intenerito questi nel rivedere quei suoi cari , fattisi ormai adulti, ma sempre tenacemente fedeli alle massime loro inspirate, o più commossi quelli nel ritornare a far corona a chi fu loro amico ed angelo della vita, e nel riudirne parole di consolazione e di conforto. Non potendo parlarne più a lungo per difetto di spazio ne diremo nel prossimo numero.

INDULGENZE SPECIALI pei Cooperatori Salesiani.

Per concessione pontificia, in data del 9 di maggio gio 1876, ogni Cooperatore ed ogni Cooperatrice può guadagnare tutte le Indulgenze dei Terziarii di S. Francesco di Assisi, tanto plenarie, quanto parziali.

Fra le altre può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.

Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.

Può altresì lucrare moltissime Indulgenze nel corso del giorno , mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze , applicabili alle anime purganti , le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo, senza bisogno di Confessione e Comunione, purché sia in grazia di Dio.

Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni Domenica, e nei giorni qui sotto notati, purchè confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche Chiesa o pubblico Oratorio, pregandovi secondo la mente del Sommo Pontefice.

Mese di Settembre.

4. S. Rosa di Viterbo.

7. Patrocinio della SS. Vergine.

8. Natività di Maria.

10. SS. Nome di Maria.

17. Festa dei dolori di Maria SS.

21. S. Matteo Apostolo ed Evangelista. 24. Beata Vergine della Mercede.