BS 1870s|1877|Bollettino Salesiano Settembre 1877

BIBLIOFILO CATTOLICO

o
BOLLETTINO SALESIANO MENSUALE

Ospizio di San Vincenzo in San Pier d' Arena

STORIA DEI COOPERATORI SALESIANI.

Dato un cenno sullo scopo dei Cooperatori Salesiani, nasce spontaneamente il desiderio di conoscerne l'origine, il progresso e l'organismo, siccome studieremo di fare nel presente numero.

Fin dal 1841 si cominciò in Torino il catechismo ai giovani più poveri ed abbandonati, a quei giovanetti che si trovano da un momento all'altro in procinto di essere condotti a popolare le prigioni (1).

La messe era assai copiosa, e vie più copiosa diveniva a vista d'occhio. Il Sac. Bosco trovavasi spesso circondato da cinque o seicento fanciulli, sì che gli tornava impossibile tener in freno e provvedere ai bisogni di quella moltitudine. Fu allora che molti zelanti sacerdoti e pii secolari a lui si associarono per coadiuvarlo nell'esercizio di quest'importante Ministero. Capi di essi ricordiamo con piacere e con gioia gli zelanti e non mai abbastanza compianti T. Giovanni Borel, D. Caffasso Giuseppe, Can. Borsarelli. Questi furono i primi Cooperatori Ecclesiastici. Ma tutti legati da altre gravi occupazioni, potevano solamente prestare aiuto in certe ore ed in certe eventualità , non regolarmente. Si ricorse allora ad alcuni signori nobili e borghesi, che si offersero di buon grado ed in numero sufficiente di fare il Catechismo, scuola, assistere in tempo delle funzioni entro e fuori di Chiesa. Guidarli nelle preghiere, nel canto, prepararli ai Santi Sacramenti e istruirli per ricevere degnamente la Cresima, era l'uffizio di quegli esemplari Cristiani.

Fuori di Chiesa poi mantenevano l'ordine, accoglievano i fanciulli quando giungevano all'Oratorio, con amorevolezza facevano parte dei loro trastulli e segnavano il sito dove potersi a piacimento divertire. Altro uffizio importante dei Cooperatori era quello detto di collocamento. Molti ragazzi venuti di lontano paese, si trovavano senza pane, senza occupazione senza chi prendesse cura di loro. Alcuni Cooperatori si davano premura di cercare coloro che non avessero lavoro, procuravano di pulirli e metterli in grado di presentarsi decentemente nelle officine, e collocarli presso a qualche onesto padrone. Lungo la settimana li visitavano e procuravano di ricondurli la Domenica seguente, affinché non si perdesse in un giorno il frutto che erasi procacciato colle sollecitudini di più settimane.

Tra questi Cooperatori parecchi durante la invernale stagione per vie disagiatissime si recavano ogni sera a fare la scuola di lettura, scrittura, canto, aritmetica ed anche lingua italiana. Altri poi venivano tutti i giorni al mezzodì per istruire nel catechismo quelli che maggiormente ne abbisognavano. Fra i Signori secolari che si segnalavano per carità e sacrifizio merita di essere menzionato un negoziante di nome Gagliardi Giuseppe. Ogni momento libero, ogni suo risparmio, tutto consacrava ai giovani dell'Oratorio, che egli solea sempre chiamare col nome di nostri figli. Sono pochi anni che nell'universale rincrescimento cessava di vivere, ma finchè sussisterà l'opera degli Oratorii si conserverà sempre grata memoria di lui, ed avrà chi innalzerà al Cielo preghiere speciali per l'anima sua.

Il Banchiere Campagna, il negoziante Fino Gioanni, il Commend. Giuseppe Cotta, il celebre Conte Vittorio di Camburzano, erano fervorosi Cooperatori che Dio già chiamò a godere il premio del loro zelo.

Tra i viventi nominiamo con piacere il Conte Carlo Cays , Commendatore Giuseppe Duprè, Marchese Domenico Fassati, Marchese Gioanni Scarampi, i Sigg. Conti Carlo, Eugenio, e Francesco fratelli De Maistre. Cav. Marco Gonella, Conte Francesco Viancino, Cav. Clemente di Villannova, Conte Casimiro di Brozzolo, Cav. Lorenzo d'Agliano, Sig. Michele Scanagatti, Barone Carlo Bianco di Barbania, ed altri molti.

Tra i sacerdoti si aggiunsero i due fratelli Ignazio e Gioanni Vola, T. Rossi che morì Direttore dell'Oratorio di S. Luigi, T. Avv. Destefanis, che furono già da Dio chiamati alla celeste patria. T. Roberto Murialdo Direttore della famiglia di S. Pietro, T. Leonardo Murialdo Direttore del collegio degli Artigianelli.

Fra i primi Cooperatori Ecclesiastici che Dio conserva tuttora in vita sono da annoverarsi: D. Trivero Giuseppe, il Teol. Cav. Carpano Giacinto, D. Chiatellino Michelangelo, D. Savio Ascanio, D. Giacomelli Gioanni, T. Prof. Chiaves, D. Bosio Antò prevosto, D. Sebastiano Pacchiotti, D. Musso Professore, Can. Musso Maestro, D. Pietro Ponti, Can. Luigi Nasi, il Prof. Can. Marengo, Onesti Francesco Maestro, il T. Emiliano Manacorda oggidì Vescovo di Fossano, il Can. Eugenio Galletti ora Vescovo di Alba, ed in modo speciale l'attuale nostro Arcivescovo di Torino, in quel tempo Can. Gastaldi. Con sollecitudine egli veniva a predicare, confessare, fare scuola, e fu di quelli che ha sempre chiamato gli Oratorii festivi opera provvidenziale, opera diretta e sostenuta dal dito del Signore.

Tutti questi Cooperatori si raccoglievano nei prati di Valdocco, che erano un quartiere di Torino in quel tempo abbandonato, ma ora tutto coperto di case. Impiegavano il tempo, le forze e le sostanze per raccogliere giovanetti pericolanti, istruirli e col mezzo della religione ridonarli alla società quali utili ed onesti cittadini.

Taluno qui dimanderà: Come era possibile tenere la disciplina e conservare l'ordine in mezzo a migliaia di giovanetti di quella fatta ? Non è tanto difficile come pare a prima vista. Avvi un Regolamento per l'Oratorio festivo , in cui sono distribuiti i vari uffizi che si riferiscono alla Chiesa ed un giardino di amena ricreazione. Un Direttore che diriga, gli altri che facciano la parte loro fissata, ogni cosa procede colla massima soddisfazione, senza mai dover ricorrere nè a minaccia, nè a castigo di sorta.

Oltre ai Cooperatori Salesiani vi furono anche le Cooperatrici. Tra nostri allievi ve n'erano alcuni così pezzenti e mal messi in arnese che niuno li voleva vicino, niun padrone li accoglieva nelle proprie officine. La pietà dei fedeli non viene mai pieno. Diverse caritatevoli Signore si diedero a cucire, pulire, rappezzare ed anche provvedere nuovi abiti e biancheria secondo la necessità. In capo delle Cooperatrici era la Signora Gastaldi Margherita, sua figlia, ambedue defunte e sua nipote Lorenzina Mazzè. La marchesa Maria Fassati, la Contessa Gabriella Corsi. La Cont. Bosco-Riccardi con sua figlia Giulietta; la Contessa Casazza Riccardi; Nobile Damigella Candida Bosco, la Cont. BoscoCantono, la Sig. Occhiena Vincenza, la Sig. Vedova Bianco Juva, e molte altre signore e molti pii Istitututi e case di educazione gareggiarono in prestar l'opera loro a sollievo dei poveri figli del popolo. Tutti palesavano una specie di entusiasmo nel nobile uffizio di carità che era veramente vestire i nudi. I giovani beneficati poi , lieti di essere così ritornati all'onore della società, si offerivano di tutto buon grado a cantare, a servire nei divini uffizi in favore dei medesimi Istituti, e innalzavano a Dio mattina e sera la preghiera della riconoscenza pei loro benefattori e per le loro benefattrici.   (Segue).

(1) Speriamo poter dare a suo tempo un ragguaglio sull'origine e progresso dell'Istituto detto: Oratorio di s. Francesco di Sales: qui parliamo solamente dei Cooperatori Salesiani. Le radunanze dei giovani nel 1841 avevano luogo nella Chiesa di S. Francesco d'Assisi in Torino ; nel 1844 si tenevano nei campi e prati di Valdocco.

BREVE BIOGRAFIA del Sac. Missionario GIO. BATTISTA BACCINO
pel Sac. G. BARBERIS

CAPO I.
D. Baccino prima della partenza per le Missioni.

Al 24 aprile 1843 nasceva Gio. Battista Baccino in Giusvalla, paesello della Diocesi d'Acqui, da Giuseppe e Margherita Scarrone entrambi pii genitori. Fatte al paese natio le prime scuole per mancanza di mezzi dovette intralasciare gli studii, e darsi ailavori campestri per aiutare i suoi poveri genitori. Un pensiero però sempre dominava la sua mente ed era quello di consacrarsi a Dio nello stato ecclesiastico ; e vedendosi dalla povertà chiusa la via, cotidianamente pregava il Signore che gli desse mezzo di eseguirlo. Dovette il povero giovane perdurare a lungo in quella preghiera. Finalmente avendo udito che in Torino si accettavano poveri giovani per fare i corsi classici, ne fece dimanda e fu accettato nell'Oratorio di S. Francesco di Sales quando egli toccava il ventiquattresimo anno di sua età.

Ci vuole una forza di volontà ben straordinaria ad uno che sia già maturo d'età, ricominciare gli studi e perseverare con lena in quelli. Ma Baccino non si lasciò sgomentare e con una costanza più unica che rara in meno di due anni compì tutti gli studi classici, ed ai Santi del. 1869 potè con indicibile sua consolazione vestire l'abito chericale. Oh sì! la gioia che provò in quel giorno è indicile! Può dirsi che compivasi in questo momento il desiderio più dominante di tutta la sua vita, e dall' età di sette anni nessuna cosa con maggior ardore aveva bramato e chiesto al Signore con più calde lagrime. Egli lasciò scritti i pensieri di quella giornata nel modo seguente: << Che farò io mai per ringraziare il Signore di tanto benefizio? Farò così: voglio che non vi abbia un istante in mia vita che non sia consacrato a Lui; voglio che il mio cuore sia tutto, tutto suo ; oh potessi un po' anche avere la fortuna di consacrargli il mio corpo e la mia vita in testimonianza dell'amore che gli porto; potessi un dì morir martire per la fede in qualche remota regione tra i selvaggi dov'io tanto bramo d' andar in missione! » Era questo come uno sguardo profetico il quale doveva seguirlo nel restante di sua vita, e doveva compiersi ahi ! troppo presto!- se non proprio con un martirio di sangue, tuttavia con un martirio di pene e di fatiche apostoliche.

Fattosi ascrivere alla Congregazione Salesiana cominciò ad aiutare a tutta possa D. Bosco affinché, diceva, come altri aiutò me a compiere i miei studii, così io possa aiutar altri col medesimo fine. Con questo intendimento, ancor chierico e studiando la Teologia, venne mandato nel collegio di Lanzo Torinese, dove per tre anni attese a quel delicato incarico quale maestro di corso elementare superiore.

La chiarezza d'idee e la facile comunicativa colla quale sapeva trasfondere la scienza nei giovani, fecero dire al Direttore di quel collegio , che in fatto di condurre avanti bene la sua numerosa scolaresca forse non conobbe altri più esperto ed atto del Ch. Baccino Giovanni.

I suoi scolari ricordano tuttora con piacere le savie ammonizioni ed i ricordi morali che sapea tanto bene intercalar alle lezioni letterarie e la premura con cui all' approssimarsi delle solennità li invitava ad accostarsi ai SS. Sacramenti. Finita la scuola tutte le sere poi immancabilmente si recava in chiesa a fare una visita al SS. Sacramento. I suoi allievi senza essere obbligati nè invitati andavano con gioia a fare corona al loro amato maestro. Ci gode il cuore al poter assicurare che non solo la sua classe allora era tenuta tra le più studiose e buone del collegio, ma che gli scolari conservarono i frutti di questa educazione , ed ora molti sono chierici e benissimo incamminati per la strada del Santuario.

Dopo tre anni di permanenza nel collegio dì Lanzo fu mandato da' suoi superiori al collegio di Varazze presso Savona, perchè colà più comodamente potesse prepararsi agli Ordini sacri. Ne' suoi più profondi studii sapeva tuttavia dar gran tempo alla preghiera, ed in ricreazione attorniato dai giovani del collegio la faceva tra loro come da amico e consigliere, da padre.

Ecco come il Direttore di quel collegio si esprime a suo riguardo a un suo amico che richiedea qualche notizia- K Fece quanto poteva per contentare i superiori e promuovere il bene negli alunni , sia con conferenze ed istruzioni sia con la scuola. Avea a cuore la conferenza del SS. Sacramento, che qui dilatò con molto frutto. Il piccolo clero per lui edificava quanti lo vedevano per il buon contegno: e gli lasciò così soave memoria che ogni volta che dall'America mi scriveva, non se ne dimenticava mai, augurandosi presto di poter ordinare colà la medesima cosa. Ciò mi scriveva tuttavia pochi giorni prima che il Signore lo riunisse a sè. Quando si parlò dell'America fu uno dei più caldi per il gran passaggio. Anzi diceva che sperava d'aver ad incontrar il martirio , e che glie ne pareva un pronostico 1' essere nato e battezzato in un dì consacrato ad un santo Martire, e portare il nome di un Martire e d'un Martire predicatore. La sua parola semplice ma espressiva lasciava ammirazione in chi l'udiva, e si facea augurare una morte lontana , dopo una vita laboriosa e benedetta. La sua morte mi colpì e mi fece piangere, e quanti lo conoscevano ancora qui divisero con me lo stesso dolore. Il Signore ci mandi ben presto altri confratelli come lui, e renda specialmente così coraggioso il tuo.

P. Amorevol.mo D. FRANCESIa.

Intanto si avvicinava il giorno in cui doveva prendere messa. I suoi studi teologici gli erano usciti bene. La tenacità della memoria, la chiarezza delle idee , la perspicacia d'ingegno e, quel che è più, la continuata applicazione, furono coronati con i pieni voti, e giunse il tempo in cui potè con sommo giubilo offerire a Dio per la prima volta l'incruento Sacrifizio. E qui nuovamente più forte che mai gli si fece sentire l'acceso desiderio di consacrare la sua vita a Dio nelle missioni, e di fatto non era più lontano il giorno in cui il Signore gli aprirebbe la via anche a questo passo. In quell' anno appunto incominciarono le trattative per una missione Salesiana nell'America del Sud, ed egli fece tante istanze presso il suo superiore che si credette bene il compiacerlo, sebbene coprisse allora 1' uffizio di Direttore spirituale nel predetto collegio di Varazze, dove s'era attirato tanto la stima dei superiori, quanto la benevolenza degli allievi.

- Si pose subito con gran lena in compagnia di altri missionarii a studiare i costumi, le abitudini e la lingua parlata là, dov'esso avrebbe dovuto recarsi, ed in pochissimi mesi si trovò in grado di partire per quelle lontane terre.

CAPO II.
Partenza per le Missioni e sue prime fatiche.

Recatosi ai piè del S. Padre Pio IX a prenderne la benedizione e la missione, accomiatossi non senza lagrime dal vecchio padre (poichè madre non aveva più) e dagli amati superiori. Pareva che nel separarsi avesse un secreto presentimento che non vedrebbe più nessun di loro su questa terra , poichè nella commovente funzione dell' addio ai compagni, che si costuma fare in chiesa nel momento della separazione , egli abbracciando ciascuno e lacrimando non seppe dir altra parola che: « a rivederci in Paradiso. » Recatosi a Genova per 1' imbarco , quivi trovò la più torte emozione, poichè se la separazione da ogni altro luogo e persona è dura per chi si allontana , oh come più dura a noi riésce la separazione dall'amato D. Bosco ! Il nostro missionario si trovava forte perchè sua fortezza era in Dio, pel cui amore aveva già più volte offerta la sua vita, tuttavia in quell' istante non potè a meno che dare un forte scoppio di pianto.

D. Bosco temendo quelle non fossero lagrime di pentimento per allontanarsi dal padre o dalla patria lo interrogò se partisse malvolentieri: ma esso: « no, noti son lacrime di pentimento queste ; anz'io son contento e contentissimo di partire e di fare questo piccolo sacrifizio al Signore, e la assicuro che se non fosse già tutta decisa la mia partenza vorrei gettarmi ai piedi di D. Bosco, supplicandolo a lasciarmi partire. Le mie lacrime sono semplicemente prodotte da un affetto naturale che nutro verso di Lei, e dalla commozione che è impossibile non sentire in questo istante nel pensare che non potrò più essere assistito da lei in punto di morte. « Maria e s. Giuseppe, gli rispose il superiore, ti assisteranno assai meglio di me. »

Separatosi adunque con tanta rassegnazione anche da D. Bosco , davano un ultimo addio a Genova i Missionarii Salesiani e salpavano per le remote regioni della Repubblica Argentina il 14 Novembre 1875.

Arrivato dopo un prospero viaggio (1) in Buenos Ayres il 14 dicembre, subito ebbe occasione di porsi a lavorare , essendovi in quella vasta capitale oltre a 30 mila Italiani sparsi per ogni luogo della città. Essi hanno sempre sospirata una chiesa che provvedesse alle necessità delle anime loro, finché coll'Ecc.mo Arcivescovo di quella città e sotto la presidenza del sig. Gazzolo Console Argentino in Savona unitisi in Commissione eressero nel bel mezzo della città una Chiesa, la quale fu intitolata alla Madre delle Misericordie, e doveva essere officiata appositamente per gli Italiani , motivo per cui venne anche chiamata la Iglesia de los Italianos.

Essendo quella affatto priva di ufficiatori, fu scelto D. Baccino a Rettore, e l'Arcivescovo gli diede tutte le facoltà opportune. Quivi la direzione della chiesa, la predicazione, confessioni, catechismi, istruzioni , prime comunioni a cui attendere; battesimi e oratrimonii da celebrare, sposi da istruire, scuole diurno e serali , furono altrettante occupazioni , che caddero quasi istantaneamente sopra di lui. D. Baccino mira la messe copiosa che se gli presenta, vede che le sue forze sono insufficienti; nulladimeno si avanza all'opera, pronto a lavorare fino all'ultimo respiro.

Ma qui per non confondere le cose e per dirle con tutta precisione e nella naturale loro semplicità credo bene di lasciar parlare il nostro missionario, estraendo dalle sue lettere quanto ci occorre pel caso nostro.

Ecco come dà nuove del suo viaggio al direttore del collegio di Varazze.

« Siamo arrivati al porto il 14 dicembre alle 6 del mattino. Alle 9 ci vennero a prendere con un vaporetto perché il Savoie si ancorò circa 12 miglia lontano. Il viaggio fu felicissimo ; tutti godiamo buone salute. Fummo accolti con carità e benevolenza. Il dottore Ceccarelli ci venne a prendere a bordo. Più di 200 Italiani saputo il nostro arrivo ci vennero incontro fino al porto. Quando ci condussero all' alloggio e tutti in vettura , ci salutarono molte persone. L'Arcivescovo non potè aspettare che andassimo da lui per salutarci, ma ci venne ad incontrare per via, e ci fece andare all' Arcivescovado. Egli stesso ci volle servire di guida e ci fece visitare tutto. Volle che D. Cagliero e Molinari suonassero l'organo e 1' Armonium e che vi cantassimo qualche lode e qualche mottetto. Si trattenne fino ad ora tarda e non voleva più che ci dipartissimo da lui. Tutti fummo alloggiati bene. I compagni con D. Fagnano alla testa partono domani per S. Nicolas de los Arroyos. D. Cagliero , il catechista Belmonte per ora si fermano qui con me alla Chiesa di Nostra Signora della Misericordia , al cui servizio io fui destinato. Qui apriamo subito oratorio festivo e comincio un po' di scuola diurna e serale. Caro Direttore , se vedesse quanta volontà vi é in questi giovani di venire a scuola e di farsi nostri alunni. Alla sera sono attorniato da una moltitudine di giovani, i quali vengono ad ascoltarci: stanno li per più ore, e non vorrebbero mai partire per non perdere una parola. Tra gli altri due giovani di 20 anni, i quali desiderano di farsi missionarii vennero da noi in segreto, e mi dimandarono se posso istruirli nella lingua latina stando tuttavia in casa loro, onde potere poi col tempo venire a dimorar con noi appena avremo posto; e questo lo dicono entusiasmati per farsi preti. Se qui fossimo 10 preti , avremmo tutti da lavorare; non sono che due giorni che son qui, e già devo confessare tutta la mattina. »

 Ad un suo compagno poi tutto famigliarmente scriveva : « Sarai già prete quando riceverai questa mia ? Faccio voti perchè presto possa offerire 1' Incruento Sacrifizio al Santo dei Santi : Sì preparati bene con una santa vita; ché quel giorno merita tutto. Ricordati che il primo dì in cui potrai tenere l'Agnello Immacolato nelle tue mani non deve essere un giorno comune ; no ; deve essere santo e santi tutti quei che verran dopo. Allora prega anche per me affinchè il Signore mi renda degno di essere suo fedele servo e ministro.

« Appena arrivato qui la gente venne subito per confessarsi. Per lo più noi dobbiamo stare in confessionale dalle 6 del mattino ad un'ora pom. di modo, che tutte le mattine vi sono molte comunioni. Abbiamo bisogno qui di personale per poter lavorare. Spero che il Signore ne manderà presto, e tu sarai nel numero.»

(1) Vedi Da Torino alla Repubblica Argentina del Sac. Chiala Cesare dove dato un cenno del cominciamento della Congr. Salesiana e degli Oratorii dl Torino si racconta il viaggio a Roma, l'addio dei Missionarii ed il viaggio da Genova a Buenos Ayres.

CAPO III.
Nuove fatiche, necessità d'altro personale.

Le cordiali accoglienze, la novità di missionari novelli fece si che da ogni parte si correva a loro e in breve il lavoro si moltiplicò talmente , che fin da questi primi giorni egli si trovò costretto a scrivere a D. Bosco che da solo non bastava: aver bisogno di aiuto.

Buenos Ayres, 27 dicembre 1815.

Caro D. Bosco ,

Gli altri miei compagni di viaggio sono partiti per la missione di S. Nicolas ed han lasciato qui solo me col catechista Belmonte. Fortuna che D. Cagliero si ferma qui per alcuni giorni per incamminare le cose. Io mi trovo molto contento. Sono in mezzo a gente di tutte specie, Argentini. Spagnuoli, Italiani, Francesi, Tedeschi, ecc. però tutti ci vogliono molto bene. D. Cagliero si pose a predicare fin dal primo dì del nostro arrivo e fa la novena del S. Natale. Io ho già anche predicato tre volte; ma povero me! mi dicono padre Missionario ed io mi scorgo affatto senza scienza e senza le virtù occorrenti. Mi aiuti lei con pregare pel povero suo figlio, il quale non sapendo fare per sé de~ già predicare e dirigere altri. Ci mandi presto dei compagni perchè qui avvi molto da lavorare. Da tutte le parti corrono a noi. I Sacramenti si frequentano moltissimo. Già confessiamo anche in Castigliano. Preghi per me. Ossequii tutti gli altri superiori. »

Poco dopo scriveva: « Il sacrificio che abbiamo fatto lasciando i parenti e la patria ci fu già dal Signore ricompensato abbondantemente con spirituali consolazioni. Tutti i giorni istruisco giovani per la prima Comunione e sono dai 15-18-20 anni, e pare si riesca a maraviglia.

Se avessimo locali per tenere giovani e far loro scuola , già 4 sarebbero con noi per studiare con volontà di farsi preti. Due hanno 20 anni circa, gli altri meno, ma più di 14. D. Cagliero è partito per S. Nicolas dopo di aver colle sue infuocate prediche suscitato un entusiasmo generale. Ed ecco che io solo mi trovo nel ballo. Ballerò. Non mi si dà tempo neppure a mangiare tra il catechismo che faccio continuo, i confratelli della compagnia, il confessionale, la predicazione; però grazie a Dio sto sempre bene. Amato D. Bosco, mandi presto aiuto, ché qui vi è da fare non solo per due ma per dieci.... Non posso neppure rubare un poco di tempo per iscrivere qualche lettera ed a lei stesso son costretto a

scrivere di questi piccoli e mal ordinati bigliettini. Il lavoro è immenso, non ci resta che a perseverare.

si vede l'anima del Padre amante verso del caro figlio lontano; ed ecco come rispondeva il nostro confratello tutto pieno di contentezza

Buenos Ayres, 3 Aprile 1876. Amatissimo D. Bosco,

Con quanto piacere ho letto il biglietto che si degni mandarmi ! Ella mi dice di avere gran cura della mia sanità. Grazie a Dio dalla mia partenza di costì ho goduto sanità perfettissima. E la assicuro che ne avea e ne ho bisogno; del resto come far con tanti lavori tra mano? Ma se presto non manda aiuto qui dovremo sicuramente soccombere. Se non ha un numero sufficiente di preti mandi pure anche qualche chierico , che ci aiuti a far il catechismo ed a far scuola, così quando siano preti avranno già fatto il tirocinio e potranno subito con profitto applicarsi alle cose del sacro ministero.

Favorisca di mandarci anche dei libri. Se vedesse quanto frutto fanno il Giovane Provveduto e la Vita di Savio Domenico ! Se li strappano di mano e li strappano di mano a me stesso, e tutti i momenti mi domandano nuovi libri che trattino dello cose nostre.

Non le mando notizie di Buenos-Ayres perchè non so come sia fatta. Sono divenuto un romito perfetto; non esco mai di casa se non in gran fretta per visitare gli infermi. - Non si scordi de'suoi figli lontani, ma ci raccomandi tanto a Maria Ausiliatrice. »

Dove in modo speciale apre il suo cuore, e si fa conoscere proprio tal quale è , fu specialmente in alcune lettere scritte ad un suo antico amico , già suo maestro, con cui continuò più che con altri la corrispondenza. Ecco una letterina che gli scriveva in data del 18 maggio.

Mio caro D. Barberis,

« Fra tanti amici e confratelli che lasciai all'Oratorio ed altrove Ella è ancor quello che più sta fitto nel mio cuore ed anche quello che più mi consola colle sue lettere. Quanto rallegra legger le nuove dell'Oratorio e dei nostri colleghi! Mi par proprio di essere costì e col cuore mi unisco loro e prendo anch' io parte alle sante conferenze, ai ricordi ed alle pratiche di pietà che fate voi. Ma questi son sogni ; io mi trovo troppo lontano. Tuttavia , coraggio , serviamo allo stesso Dio, il quale a suo tempo ci rimunererà nella santa. Gerusalemme secondo la sua infinita misericordia.

D. Cagliero mi lascia quasi continuamente solo. Ora è a Montevideo e da quanto pare conchiuderà il contratto di un Collegio da aprirsi colà per un altro anno. Anche quando è in B. A. non si ferma mai in casa, neppure per celebrare Messa. Viene a dormire; poi al mattino non lo vediamo più. Il campo in cui egli lavora è immenso ; sarebbe mestieri che ognuno di noi potesse lavorare per cento.

Io intanto devo sforzarmi per trovare un momento per mangiare. Il tempo non so come lo passi; solo so che mi alzo di buon mattino e alla sera vado a dormire molto tardi , varii giorni non trovo proprio un istante per riflettere se sono prima o dopo pranzo, se di mattina o di sera. Pure ho una sanità di ferro e finora non patisco nulla. Sian rese grazie al sommo Bene. Se sapesse ? Alle domeniche confesso fino ad un'ora pomeridiana e quindi questa buona gente fa ancora la comunione. Poveretti! vengono dal campo lontano fin 20, 30 e 60 miglia. Non andrebbero via tampoco alla sera se prima non si accostassero ai sacramenti. Alle tre comincia il Vespro , cui cantato, monto sul pulpito senza nemmeno potermi preparare. Quel che dica non saprei ; questo solo so , che la Chiesa è piena con quanti può capire ,

Ella ai piedi di Maria Ausiliatrice ci ottenga la grazia della perseveranza. »

In questo medesimo tempo il Console Gazzolo stupito del bene che si cominciava a fare in Buenos Ayres non si potè trattenere, in riguardo a D. Baccino, di 1 scrivere a D. Bosco: « fin dai primi giorni D. Baccino fece una pesca eccellente: il primo pesce era di 36 libbre, voglio dire che fu un uomo il quale da ; 36 anni non si era più confessato; il secondo era un fac simile di questo. Ma potrei io forse dire anche solo la minima parte delle cose che opera qui questo zelante sacerdote ? E impossibile ? Non sarebbe sufficiente una risma di carta ed un mese di tempo. Questa missione Dio la benedice. Ah se vedessero i confratelli e gli amici d' Italia quanto bene fanno qui i Salesiani : Oh se vedessero quanti bei trionfi, piangerebbero di consolazione. »

La carità è industriosa e sebbene il nostro missionario avesse già moltissimo da lavorare tuttavia egli cercava ancora nuovi mezzi per accrescersi il lavoro, e sentendosi in buona sanità spendeva anche grande parte della notte. Egli erasi offerto a Dio, ed avea consacrata la vita per guadagnar anime nelle missioni e trovandosi in mezzo a bisogni straordinaria non temeva nè fatica , nè sacrifizi. Ecco come al 16 marzo si esprime a questo riguardo : lo qui mì trovo circondato da una infinità di giovani, molti passano già i 20 anni e debbo pensare a prepararli a ricever la S. Cresima e fare la prima Comunione. Costoro sono in gran parte Italiani. I loro genitori vengono dal campo lontano fin IO e più leghe per udire a predicare , confessarsi , comunicarsi , ascoltare una messa, ed intanto lasciano i giovani perchè vengano da noi a farsi istruire. Pensi , caro padre ; in 8 giorni, o poco più, devo prepararli alla confessione, ammetterli alla s. Comunione e tutto!

Devo io aver coraggio a risparmiare irae stesso? Per costoro non posso aver ora fissa; ma a qualunque ora del dì o della notte vengono io fo loro una lunga istruzione. Siccome poi vi è tanta necessità tra gli stessi giovani abitanti in questa città, e d' altronde sono abbastanza buoni di venire in gran numero ad ascoltarmi, per costoro fo tutti i giorni alle 4 pom. catechismo regolare ; e noti che qui i ragazzi son tanti quante le locuste che devastarono 1' Egitto. La dottrina dura un'ora ed 114. Alla domenica poi, la Chiesa degli Italiani è stivata di gente. Se vedesse quanti vengono al vespro ed alla predica ! Alle tre comincia il vespro e già la chiesa è così piena da non poter più capire persona. Riempiono la chiesa, il coro, il presbitero e montano sino sull'altare maggiore per udir la predica. Questo cominciarono a farlo per udir a predicare D. Cagliero e continuano a farlo adesso sebbene non vi sia che un povero guastamestiere. Noi prendiamo tutto con dire « A Domino factum est istud et est mirabile in oculis nostris: è il Signore che fa tutte queste cose e noi stessi ne restiamo meravigliati: » ma subito dobbiamo soggiungere:

Messis multa, operarii autem pauci. » Dunque ne mandi, sì D. Bosco, ne mandi e presto, perchè qui il bisogno è immenso. Vi son anche delle vocazioni allo stato ecclesiastico, se fossero coltivate; già vani ci fecero dimanda di entrare come coadiutori nella Congregazione e chi sa che questi non ci possano già aiutare in qualche cosa. Dopo Pasqua comincieremo coll' aiuto di alcuni preti di qui a lavorare in altri due angoli della città, sicchè presto presto avremo tre oratori festivi. Si ricordi di me nella santa Messa e mi mandi, la prego, una sua lettera, che aspetto con gran cuore. »

Il caro D. Bosco aveva prevenuto i suoi desiderii, e pochi giorni dopo, D. Baccino fu consolato da una sua lettera tutta piena di espressioni incoraggianti in cui

nemmeno uno che fiati ; quei che arrivano dopo devono contentarsi di starsene fuori ascoltando quanto possono. La settimana dopo raccolgo il frutto della predica, poichè mi assiepano talmente in confessionale da non poterne più uscire per molte ore. Oh ! se Lei con buona schiera d' altri non viene ad aiutarmi , e presto , questa buona gente mi ammazza. Finchè posso, vado, e poi faranno altri. Ma qui non istà il tutto. La gente crede che i Salesiani siano santi che passeggiano sulla terra (pure lei sa chi sono io!   ) Ora ascolti il bel caso : Mi accadde 1' altra notte di andare a confessare un ammalato. I medici gli davano solo più qualche giorno di vita. Lo confesso e poi me ne vado lasciandogli una medaglia di Maria Ausiliatrice. Ritorno all' indomani per raccomandargli 1' anima , ma oh maraviglia ! Quella persona è salva: già è fuori di pericolo e sta seduta sul letto. Come va? dimando: Ella ieri sera mi ha data la medaglia, me l'han messa al collo e non so come ho dormito, ora non ho più che debolezza, sono guarito. Bene, sia ringraziato Iddio e Maria Ausiliatrice.

« Sapendosi che noi ci prestiamo volentieri per gli ammalati appena sanno di qualche amico o parente infermo vengono a chiamarci sia egli italiano o no, sia di giorno o di notte. Ci accompagnano e fanno quanto possono affinché nessuno muoia senza sacramenti. Altro. Quando si esce dalla camera dell' infermo nel cortile sonvi torme di ragazzi che ci aspettano. Hanno 10, 15 ed anche 18 anni: Domando a varii, sei già promosso alla comunione ? no, mi rispondono ; non sanno tampoco chi li abbia creati. Allora bisogna mettersi con santa pazienza e istruirli; ed essi anche lì nel cortile od in mezzo alla via ascoltano volentieri la parola di Dio. Quindi s'inginocchiano tutti e chiedono la benedizione, ed i genitori i quali escono sull' uscio di casa poi primi vanno esclamando: che buoni preti! Dio ce li conservi   

Le voglio ancor dir come faccia la scuola serale. I giovani che vi intervengono sono già tutti adulti. Ebbene dapprima insegno a fare il segno della santa croce e a recitare le orazioni. Finita poi la lezione racconto qualche fatterello, raccomando loro di ricordarsi che hanno un'anima da salvare, ecc. ecc. Certe volte vengono le 10 di notte e non vorrebbero andar più via. 0 se avessimo già una casa! Quanti giovani toglieremmo dalla via del male! Alcune volte prima di andarsene uno mi dice all'orecchio: Padre, potrei io ancora salvare 1' anima mia! Vorrei farmi anch'io Missionario, ma non lo dica a nessuno neh, perchè mi scherniscono i compagni se lo sanno. » Intanto si trattava di richiamare D. Cagliero dall' America per andar ad inaugurare una nuova missione nell' Australia, e D. Bosco ne fece una mezza parola coi missionarii. Come colà si seppe fu una vera desolazione. Ecco come il nostro risponde a D. Bosco.

Amatissimo Padre,

Ci chiama figli , e ci tratta tanto rigorosamente? Se già fossimo adulti , pazienza ! ma siamo bimbi. Il Signor i suoi bimbi ( o nuovi nella religione ) li pasce con latte e confetti ; le. prove le riserba ai vecchi perché si guadagnino meriti. Non sa che noi siamo bimbi ed io il primo? Se ci toglie il capo ah!   ! Che faremo ? Verumtamen: Non mea voluntas, sed tua fiat. Non cessi, caro Padre, di pregare pel povero D. Baccino, se no si perde nel gran deserto del Pampas. Cerco di essere vero figlio di S. Francesco di Sales e vero missionario, ma che? Son sempre peggio; non mi sono mai visto così miserabile. Quanto è buono il Signore nel chiamarmi a sè ed io quanto poco corrispondo a lui! Però all'ombra di Maria Ausiliatrice, di S. Francesco di Sales, coll'aiuto delle sue preghiere spero di salvarmi.»

CAPO IV.

Grande stima in cui era generalmente tenuto.


Non erano trascorsi 8 mesi dacchè i Salesiani dimoravano in Buenos-Ayres che la bontà del Signore loro aveva fatto trovare stima e rispetto d'ognuno. I parroci della città ed i buoni religiosi tutti ebbero la carità di aiutarli col consiglio e coli' opera. In modo speciale il Vicario generale Mons. Espinosa e l'Arcivescovo testimoniarono in mille modi il loro

contento e il loro buon animo inverso D. Baccino. i Ecco con quali termini scrive al solito amico.

Le voglio dare una buona notizia. L' altro giorno Monsignor Arcivescovo mi chiamò a casa sua; mi tenne con sè più di un' ora e volle un ragguaglio di tutto e di tutte le cose nostre in Europa. Mostra verso di noi una speciale affezione e mi dice ch'egli ha in noi molta confidenza. Mi lìcenzib poi con segni così evidenti di stima e di affezione che io ne fui proprio commosso e persin maravigliato.

Anch'io tengo qui due novizi senza contare i cinque che già si accettarono ed inviaronsì a S. Nicolas per non aver qui posto. Sono assai buoni e mandano tanti saluti ai loro confratelli d'Europa. »

L'Arcivescovo stesso in data 15 gennaio 1876 scrivendo a D. Bosco si esprime ìn questo modo: I suoi figli stan facendo qui un bene molto grande alla Popolazione italiana di questa capitale tanto numerosa e tanto sprovvista: » Ed in data del primo luglio: « Son sempre più soddisfatto e contento de' suoi preti. Pub dirsi che nella chiesa che officiano in questa città è una missione giornaliera, che mai non finisce, tante sono le persone che vì concorrono e la frequenza dei sacramenti sia tra gli adulti, sia tra i fanciulli, molti de' quali vengono promossi alla prima comunione. »

Il Vicario generale poi, Monsig. Espinosa, si esprime in questi termini : « D. Baccino fa un bene immenso alla città, predica, catechizza, confessa , che è una maraviglia il vederlo. Mons. Arcivescovo ne è contentissimo. »

La stima che l'Arcivescovo aveva per D. Baccino era ben meritata. Gli altri missionarii scrivendo di lui non lasciano di farne le lodi. D. Cagliero è solito nelle sue lettere a D. Bosco quando parla di lui usare queste espressioni: « Fa magnificamente bene» « m'accudisce quella chiesa molto bene » e special

niente « la fa in tutto e per tutto da vero pastor bonus verso gli Italiani di Buenos - Ayres. » Scriveva ancora: « D. Baccino nelle prediche piace moltissimo per la sua semplicità, quantunque non manchi alle volte di tuonare molto forte. » Poco dopo : « la nostra chiesa in questo mese alla Domenica si riempie due volte al dopo pranzo; dalle 3 alle 6 por gli Italiani, e dalle 7 alle 9 per gli Argentini. Questo era necessario e l'abbiamo stabilito, ma ci porta grande aumento di lavoro: le assicuro che andiamo gobbi tutti e due io e D. Baccino, il quale però non dice mai basta. » E in data del 19 agosto 1876 « Ho trovato D. Baccino in buona salute , però molto stanco e chiama aiuto aiuto dall' Italia; e bisogna mandargliene. » Come si udirono a Torino i continui e pressanti reclami sia di lui sia degli altri missionarii , e come si vide la vera necessità di mandarne si organizzarono le cose per una nuova spedizione assai più numerosa che la prima, sia per aiutare quelli che erano partiti nell' anno antecedente, sia per aprire nuove case e nuove missioni. Con gravi sacrifizi pecuniarii e personali nel novembre 1876 partirono altri 24 novelli missionarii alla volta dell'America del Sud. Si mirava specialmente di venire in aiuto a D. Baccino, il quale si temeva avesse poi a soffrire della sanità e s' inviò chi proprio lo potesse aiutare. Fu un vero giubilo pel nostro levita il vedere cotanti amici venire in suo soccorso; ma che ? in breve tempo , benedicendo il Signore le loro fatiche, tutti furono occupati non solo , ma crebbe tanto il lavoro che D. Baccino scriveva, « Inviandomi dei fratelli si sperava forse di alleggerirmi il lavoro ! Al contrario mi pare che sia accresciuto. Se prima essendo tre avevamo lavoro per sei, adesso che siamo quattro abbiamo lavoro per dieci. Grazie al Signore che tanto ci benedice. »

I nuovi fratelli arrivati in Buenos-Ayres ad aiutarlo furono meravigliati della sua condotta. D. Bodrato ci scrive nei seguenti termini « D. Baccino è sepolto nei confessionali, i quali sono il suo cibo, il suo divertimento, il suo sollievo , il suo centro e la sua vita, il suo tutto.» E Scavini soggiunge « Non posso trattenermi dal parlare di D. Baccino , in cui aiuto fui mandato, come prefetto di sacrestia. Questi è un vero pescatore di pesci grossi: ora ne ha una quindicina che vengono tutte le sere al Rosario, per potersi poi dopo intrattenere con lui. Al suo primo comparire gli fanno toste il circolo ed egli nel mezzo trova parole per tutti. E poi maraviglioso come sa prendere i giovani pel proprio verso, e tirarli ai sacramenti. Ora un numero stragrande e di buona volontà vengono alla domenica e l'assicuro che tengono un contegno in chiesa, ed una divozione nell'accostarsi ai SS. Sacramenti, che formano l'ammirazione di tutti. Quando esce D. Baccino di casa pare una Babilonia , tutti i ragazzi del vicinato corrono a lui d'attorno ; chi salta, chi corre, chi grida , chi batte le mani. Ed egli trova una parola ed una carezza per tutti, fossero ben cento. Tutti lo amano, i vecchi come figlio, i giovani come padre. Bisogna vedere...!' »

D. Daniele poi scrive: I primi Salesiani che vennero 1' anno scorso, D. Cagliero, D. Baccino, lavorarono moltissimo e lo conosciamo ora. La Chiesa degli Italiani è molto frequentata. Ci dicono che si fanno più comunioni adesso in un mese, che prima in cinque anni. »

Finalmente D. Rabbagliati, ad un prete dell'Oratorio, il quale si mostrava un po' incredulo a quanto si raccontava di lui scriveva (212 77): E proprio tutto vero ciò che si scriveva riguardo a D. Baccino ed alla Chiesa degli Italiani: anzi la devo assicurare che le notizie, che ricevevamo non solo non erano esagerate, ma erano assai inferiori al vero.

CAPO V.
Ultimi mesi di sua vita.


Così andavano le cose prosperamente con un lavoro straordinario senza che la sanità di D. Baccino deteriorasse per niente; ma pare che colla gravità e colla moltitudine del lavoro Dio lo preparasse al gran premio che tiene in cielo riserbato ai suoi servi fedeli dandogliene non oscuro presentimento.

Non passarono 3 mesi dalle lettere sovraccennate che D. Baccino stesso scriveva (chi l'avrebbe dettoti) l'ultima sua lettera a D. Bosco, la quale credo bene riprodurre qui tutta per intero.

Buenos-Ayres, 20 Aprile 77. Reverendo D. Bosco,

Col postale del 20 Marzo avrà ricevuto un mio biglietto inserito nella busta di D. Cagliero; ora bisogna che le dia le notizie più importanti che ci riguardano; anche perchè so V. S. averne molto piacere. Et ante omnia , la nostra Chiesa continua ad essere frequentatissima. Si può dire che tutti gli Italiani anche della campagna e distanti fin le 50

e 100 leghe si versano qui come ì fiumi si versano nel mare. Dio ci dà grandi consolazioni. Siamo varii a confessare tutti i giorni ed in qualunque ora della domenica, non siamo mai meno di tre , eppure abbiamo da fare fino a mezzodì e per lo più ad un' ora. E ciò che cerchiamo, che ci diano lavoro. Quando siamo giunti, l'abbiamo detto loro ch'eravamo venuti per lavorare e far loro del bene: ci han compreso, e del lavoro ce ne danno. Deo gratias.

In quanto al resto tutto va bene. D. Bodrato piace moltissimo col suo modo di predicare. Ci vuol bene a tutti, è pieno di esperienza, e di prudenza insieme.

Amato padre , fra 15 giorni avrà con lei Mons. Arciv., il Dottor. Ceccarelli ed altri molti che si portano a Roma per il Giubileo episcopale del Santo Padre. Saranno una ventina, od al più venticinque. Arriveranno a Genova sugli ultimi di maggio col Lavarello. Io dovetti andare alla riunione che convocò a tal uopo Monsignore nella vicaria. Egli stesso mi interpellò dicendo: Se i Salesiani non gli poteano dar alloggio in Roma e in Genova? Desidera visitar la casa di Torino ed altre. Io gli dissi, che si, anzi ch'era nostro desiderio di convitarlo. Parlò a lungo di noi , disse che la Congregazione Salesiana era un miracolo della Provvidenza , e tante cose , ecc. ecc. -.Ci ama moltissimo. Sarebbe bene che si trovasse alcuno allo sbarco in Genova a condurlo su apposita vettura a Sampierd'Arena.

La Confraternita della Misericordia incarica lei di rappresentarla a Roma nella faustissima occorrenza; ma di ciò le parlerà più a lungo D. Bodrato.

Il lavoro qui è immenso , eppercib ci mandi altri buoni e laboriosi preti, che ci possano aiutare, perchè la messe è molta. Io sono molto contento di essere venuto in America, vivo tranquillo, lavoro facendo ciò che posso, ma sono ignorante; qui ci vorrebbero uomini più esperti di me.

Una sola cosa mi resta a desiderare su questa terra, ed è che vorrei ancora una volta vedere il mio amato padre D. Bosco. Potrò sperarlo in questo mondo? Almeno preghi che riunitici dopo morte possa poi stare vicino a Lei per tutta l'eternità. Mi faccia pervenire un qualche suo biglietto di quelli proprio di padre?...!

Questa sia anche di augurio nel suo onomastico se non posso più scriverle. E sappia che quantunque lontano non vi è alcuno che mi superi in affezione

per lei.   L' umile suo figlio Sac. BACCINO G. B.


In questo frattempo con il lavoro così accresciuto, essendosi aperto un gran collegio a Montevideo ed una casa di artigiani in Buenos-Ayres, per supplire a questi urgenti bisogni si dovettero di nuovo togliere i fratelli mandatigli in aiuto. Si fu allora che D. Baccino per non lasciar cadere il bene già incominciato e così bene avviato sperando di giorno in giorno nuovi aiuti moltiplicò ancora se stesso e si mise nel lavoro, dirò così, disperatamente. Onde poter sempre meglio attendere a tutto, troncò ogni cosa che potesse in qualche modo essergli di sollievo e persino si limitò a scrivere rarissime e brevi lettere a' suoi compagni e superiori dell'Oratorio, tanto avea il tempo ad usura. Una sua corrispondenza si limitava quasi esclusivamente a queste parole: « del lavoro ce ne è per 10 ed aumenta sempre, e qui son ridotto di nuovo al numero singolare : io mi trovo proprio nelle pastoie. Mandino qualche valente campione se no facciam nulla. » Nello stesso tempo D. Cagliero scrivea a D. Bosco « D. Baccino lavora per 4 e riesce bene in tutto. » Altra volta tutto ammirato scriveva : « Non si capisce come possa fare tanto. Aiutandoci Dio tutte le cose vanno bene, ma andiamo già gobbi tutti e due. »

La domenica 10 Giugno 1877 diresse ancora la processione del Corpus Domini fatta dagli Italiani. Fu questa l'ultima cosa d'importanza che si abbia a raccostare di lui. Detta processione riesco quasi sempre la più splendida della Città, ma richiede una fatica grandissima per ottenere che le cose procedano interamente bene. Ecco come ce la racconta il chier. Rabbagliati.

« Sfilava la processione dalle due pom. alle cinque. Il concorso fu più che straordinario. Vi prendevano parte due musiche : Inoltre vi era uno squadrone di soldati datici dal governo i quali chiudeano i la marcia. Sul cammino si trovavano qua e là sparsi altarini eretti per l'occasione dove fermarsi il prete a prender riposo e benedir la moltitudine che assisteva. Presso ciascun altare vi era un piano od un armonium attorno a cui si radunavano i giovani nostri cantori a ciò preparati; si cantava il Tantum Ergo in musica e quindi si continuava. La moltitudine cresceva ad ogni istante ed al momento d'entrar in chiesa la folla era tanto accalcata che la maggior parte fu costretta a fermarsi sulla pubblica strada. Quando D. Cagliero esce sul pulpito e per l'immensa folla che vi assistea si limitò a pochi pensieri, cioè una meritata lode alla Colonia Italiana, che dà tante prove di religione e di' fedeltà alla Chiesa Cattolica, un'infuocata esortazione a continuare per l'avvenire, e tanto bastò per perdere la voce conchiudere e discendere. Si diede la Benedizione e così finì quest' atto di religione e di pietà data nella città di Buenos - Ayres dai nostri Italiani. »

CAPO VI.
Sua preziosa morte.

Nella sua ultima lettera D. Baccino dimostra il\\ gran desiderio di vedere D. Bosco ancora una volta su questa terra. Il Signore ne' suoi imperscrutabili disegni non giudicava bene di esaudirlo in questo: ma speriamo che gli concederà completo il secondo desiderio cioé quello di poter star vicino a lui pertutta la eternità. Dopo la processione del Corpus Domini non ebbe più a vivere che tre giorni. Il continuo lavoro proprio senza posa, accresciuto dal numero maggiore di coloro che s'accostarono ai sacramenti in questi ultimi giorni per ragione della solennità , ed i preparativi perchè affatto bene ordinatae pomposa riuscisse questa processione, tutto insieme lo prostrò di forze, e sebbene per due giorni tenesse affatto celata la sua stanchezza eccessiva, e continuasse a lavorare come prima, il terzo giorno fu dal male medesimo soppraffatto e soccombette. Crediamo necessario riportare qui per intero la lettera di D. Cagliero con la quale ci dava le particolarità più importanti della stia brevissima malattia e della sua morte.

Caro D. Bosco,

Colla più grande amarezza del mio cuore debbo con questa mia recare anche a Lei dolore e pianto. Non so "e il Signore abbia voluto regalarci o castigarci; il fatto stà che è caduto un campione, un prode d'Israello, che vigorosamente combatteva. Cadde da valoroso mentre instancabilmente lavorava, cadde colpito sulla breccia senza dimostrare debolezza alcuna.

L'amato D. Baccino ieri 13 giugno alle ore 11 antimeridiano usciva per visitare un ammalato. Ritornò alle 12 112 pom. da noi aspettato per la refezione; ma rispose che non si sentiva bene e aver bisogno di riposarsi alquanto a letto. Io, credendo che la sua non fosse altro cheun po' di stanchezza, finito il pranzo uscii per affari d'importanza. Ma poco dopo egli fu soprappreso da una colica così violenta , che lo portava in delirio. Si mandò tostamente a chiamare D. Bodrato che si trovava nella nuova casa degli artigiani distante circa 2 kil. Venne immediatamente e gli prodigò le cure possibili. Intanto giunsi io ; D. Baccino sentendosi fortemente male, volle stare da solo con me per alcun tempo. Quindi gli furon amministrati i conforti di nostra religione come egli stesso desiderava. Circa 10 altri vennero a prestargli i loro servizi, ed io sapendo andar lui soggetto tutti gli anni a tali infiammazioni di ventre non ne feci gran caso.

Poco stante pareva calmarsi e riposare un momento. Era riposo foriero di morte, e di quattro che eravamo intorno al suo letto , nessuno s'accorse di questa sua partenza pel paradiso. Egli era di grand'animo, ma umile , doti che lo fecero amare da tutta Buenos-Ayres. Ne ebbimo una potente prova. Io che conoscevo il vuoto immenso che la sua perdita lasciava a Buenos-Ayres, la difficile posizione nostra per non avere al momento uno con cui supplirlo , stetti tutto il giorno affatto ritirato in camera ; era come fuori di me e dimenticai di mandare gli annunzi di sua morte, nè pensai per la sepoltura. Tuttavia in breve lo seppero il vicinato, i confratelli Italiani della Misericordia, ed il Clero Argentino. Alle 3 pom. la chiesa era piena zeppa: vennero i parroci circostanti, il. Vicario generale dell'Arcidiocesi, Mons. Espinosa, accompagnato da' suoi segretarii e dai curialì, e gran numero del Clero e degli Ordini religiosi.

Cantarono essi stessi gli uffizii da morto, fecero la levata del cadavere e colle proprie mani portarono la cassa funebre sulla carrozza mortuaria e con immenso concorso di popolo lo accompagnarono al Campo Santo. Arrivati ripresero essi stessi la cassa e processionalmente la portarono al monumento destinato al Clero.

Prepariamo una trigesima solenne al primo Missionario Salesiano caduto sul campo dell' America Merid. vittima del lavoro e dello zelo, che lo spronava ad occuparsi più degli altri che di se stesso. Morì sulla breccia: Iddio gli donò il premio dei valorosi !

Molti fatti straordinarii accompagnarono la vita e la morte di questo nostro confratello. Io mi adoprerò i a raccoglierli, affinché siano di comune edificazione ed anche inspirino coraggio agli operai evangelici , affinché vengano con noi a divider le fatiche e prendere il posto di colui che lamentiamo morto in terra, ma che speriamo ci sia già protettore presso Dio in Cielo.   L'addolorato suo figlio in G. C.

D. CAGLIERO.


GRAZIA OTTENUTA AD INTERCESSIONE DI MARIA AUSILIATRICE.


La giovane sottoscritta, Giuseppina Longhi figlia di Teresa abitante in Torino espone quanto segue:

Fino all'età di 11 anni aveva sempre goduto ottima salute, e poté liberamente frequentare le scuole ed istruirsi nella Cristiana Religione. Compié la 2a Elementare. Allora fu assalita da convulsioni cagionate da alcune minaccie e da spavento che la resero tremante, senza parola, incapace di maneggiare la mano destra come colpita di paralisia. Dopo alcuni rimedi parve che vi succedesse qualche miglioramento, ma fu cosa apparente e il male crescendo le tolse affatto la loquela e il moto della mano.

Desolati i suoi parenti ricorsero a vari medici . medicine, ed anche a preghiere, ma senza alcun giovamento. Era già un mese che la povera fanciulla non poteva più proferire parola, ed oltre la perdita delle forze fisiche si manifestava grande turbazione delle facoltà mentali, quando la madre sua avendo udito a raccontare le maraviglie che Maria SS. operava in favore di coloro che la invocano sotto al titolo di Ajuto dei Cristiani, fece anch'essa ricorso a questo potente ajuto dei Cristiani recandosi alla Chiesa eretta in suo onore in Torino per ottenere la così detta benedizione di Maria Ausiliatrice.

Il Sacerdote ascoltò il caso doloroso dalla Madre, poi animandola ad aver fede nella misericordiosissima Vergine si inginocchiarono e fu invitata la fanciulla a fare il segno della santa Croce. Con maraviglia di tutti poté farlo colla destra, che da oltre un mese era attratta. Il sacerdote la invitò a non solo fare il segno di croce, ma di accompagnarlo colle parole. La fanciulla rifece 1' augusto segno di nostra santa Religione e lo accompagno colle parole che chiaramente poté articolare. Ma crebbe assai la maraviglia quando si pose a recitar I'Ave Maria ed altre preghiere colla stessa speditezza che nei tempi passati godeva. La fanciulla si mise a gridare: 0 mamma, la Madonna mi ha fatto guarire. La madre commossa si mise a piangere dirottamente. Erano molti che avevano osservato la fanciulla nel suo deplorabile stato ; ed Ella con un criterio che supera certamente quella età si rivolse agli astanti e disse ad alta voce; Pregate per me e ringraziate con me la santa Vergine che con un atto grande della sua misericordia mi ha fatto guarire. La commozione , le lagrime , 1' ansietà si manifestavano in tutti. La grazia era compiuta. Fra la comune maraviglia Madre e figliola si partirono col cuore pieno di gioia e di gratitudine.

Oggi 29 Maggio sei giorni dopo la grazia ottenuta la fortunata giovanetta continua nel buon essere di salute e dichiara ed approva tutto quello che è sopra esposto. Il sig. Longhi Giuseppe suo padre, qui presente, informato dello stato delle varie crisi del male conferma egli pure quanto é quivi esposto.

Erano presenti ìl sac. Gioachino Berto, il Conte Carlo Cays, il Sac. Bosco, la madre della giovanetta, ed altri molti.

Il padre asserisce che quando i suoi vicini udirono la sua figlia a parla,e ed a movere il braccio si misero ad esclamare : E questo un miracolo della Madonna. Altri andavano dicendo: A quest'ora sarebbe sicuramente morta senza una grazia straordinaria.

Torino 29 Maggio 1877.

LONGHI GIUSEPPA. LONGHI GIUSEPPE padre. LONGHI TERESA madre.


 

NB. La famiglia dimora in via Passalaqua, N. 1, Torino.

ULTERIORE DICHIARAZIONE DELLA GRAZIA PRECEDENTE.

Ad onore del vero ed a gloria di Maria SS. Ausiliatrice io, che fui in parte testimonio di questa guarigione, debbo dichiarare che ho potuto convincermi della verità del sovra esposto.

In quanto alla parte di cui fui testimonio posso con giuramento dichiarare quanto segue.

Preoccupato da una seria decisione che da me si doveva prendere, mi era recato nel dì 26 Maggio 1877 all' oratorio di Valdocco in Torino per avere una Conferenza col Sig. D. Bosco. Nella sala di aspetto vi erano come al solito molte persone che stavano attendendo il loro turno per entrarne all'udienza. Fra le altre vi era una signora con una ragazza dai 10 ai 12 anni, (1) la quale attrasse la mia attenzione per l'aspetto di sofferenza che traspariva dal suo volto, e dalle sue maniere. Già era trascorsa circa un'ora, quando osservai quella Signora asciugare con un pannolino il volto alla sua ragazza; poscia, presa una subita decisione alzarsi, prenderla pel braccio ed avviarsi alla porta d'uscita. Interrogata dal segretario di D. Bosco perchè già se ne partisse, la udii rispondere, che facendosi tardi, e temendo che sua figlia non avesse a soffrire da più lungo ritardo, doveva rinunziare alla sua visita. Essere oltremodo dolente di non poter essere così presto introdotta, tanto più che non avrebbe avuto a trattenersi gran fatto, trattandosi soltanto di chiedere una benedizione per la sua ragazza, la quale da un mese aveva perduto affatto l'uso della parola; però il gran numero di persone che la precedevano, e lo stato di sua figlia, impedirla di soffermarsi più a lungo.

Tutti ci alzammo a chiedere a quella Signora più precise informazioni sullo stato di sua figlia e quelli che la precedevano pel dritto d' anteriorità all' udienza; le offersero il primo posto, per essere la prima ammessa. Nel frattempo, fu un continuo affollarsi intorno alla ragazza, interrogare ora lei, ora la madre, insomma un interessarsi di tutti dello stato di quella informa, che si manifestava conforme a quanto diceva la madre, in assoluta impossibilità di profferire parola; non essendo che con gesti che essa rispondeva alle varie interrogazioni che le si facevano. Tutti eravamo convinti della sua disgrazia; ed io mi ricordo d'aver detto fra me stesso, che veramente ci voleva un miracolo per vederla guarita. Poco disposto ad ammettere una grazia lì su due piedi, ne commiserava lo stato, senza dar luogo a speranza sul di lei conto; ebbi però il pensiero di elevare la mia mente alla ss. Vergine Ausiliatrice, quasi a pregarla di farmi testimonio di una grazia per questa ragazza; di guisa che avverandosi tale favore, fosse a rne quasi un segno di dover eseguire esattamente e con fiducia il consiglio che m'avrebbe dato D. Bosco nell'affare per cui era venuto a consultarlo.

Dopo qualche tempo la ragazza colla madre furono introdotte nella camera di D. Bosco. Non passarono che 10 o 15 minuti, che apertasi la porta, ne uscirono la madre e la figlia accompagnate da D. Bosco. La madre piangeva di consolazione, e la figlia, non appena fu in mezzo a noi disse con voce abbastanza spiccata: « La madonna mi ha fatto la grazia » Tutti l'udimmo e la commozione di gioja della madre, si comunicò a noi tutti, che pure piangemmo, di contentezza.

Nessuno aveva pensato di chiedere alla Madre il suo nome, ed indirizzo; solo si sapeva che era di Torino. Nel mio particolare , mi trovai oltremodo commosso; e mi rincresceva di non saperne più altro, perchè avrei desiderato di conoscere l'esito finale di questo non ordinario avvenimento.

Ebbi però la consolazione di sapere, che qualche giorno dopo quella ragazza si era recata all'Oratorio accompagnata dal padre suo, per ringraziare la Madonna della grazia ricevuta. Più ancora, un mese dappoi, essendo ritornata colla Madre, le incontrai nella sacrestia, ed interrogatele entrambe, mi sono potuto persuadere, che la guarigione si era fatta perfetta.

Così nella grazia che la SS. Vergine volle accordare a quella giovane, debbo riconoscerne un'altra per me segnalatissima, d'essere stata di un segno di sicurezza, per seguire con fiducia il consiglio che in quella occasione ebbi a ricevere dal Sig. D. Bosco.

Torino 2 Agosto 1877.

Conte CARLO CAYS.

(1) Seppi dappoi che quella ragazza si chiama Giuseppina Lunghi,

COLLEGI SALESIANI


Dove si fa quanto si può per garantire agli allievi moralità, scienza e sanità, a citi i nostri cooperatori possono indirizzare quei giovanetti, che intendessero percorrere la carriera degli studi.

Oltre I' Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, 1' ospizio di S. Vincenzo di Paoli in SAmpierdArenA, e I' ospizio di S. Pietro in Nizza Marittima, vi sono i Collegi di Lanzo Torinese, di Borgo S. Martino, di VArAzze e d'Alassio.

In tutti questi collegi l'insegnamento comprende il corso Elementare e Ginnasiale, ed è impartito da maestri e professori patentati, e secondo i programmi governativi. Nel Collegio di Alassio vi è pure il corso Liceale. La pensione è la medesima in tutti. Essa ha due gradi. Alla prima si corrispondono fr. 35 mensili, e in essa avvi pane, caffè e latte A colazione; pane e minestra A volontà, due pietanze, vino A pranzo; lane A merenda ; pane, minestra, vino ed una pietanza A cena.

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Settembre.

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Storia antica, orientale e Greca ad uso delle scuole e della costumata gioventù pel sAc. teol. Giulio BArberis. Un vol. in-8° picc. di

pAg. 308; L. 1 75. Legato   L. 2 50

Vivendo in tempi, ne'quAli pubblicamente si professa di non voler dare fede se non A'fAtti, ed A questi si chiede la soluzione di tutti i problemi, non v'è chi non veggA l'importanza suprema dello studio della Storia. Testimone de'tempi, come la disse Cicerone, essa non si vuole limitare Al racconto nudo e semplice de' fatti; mA rendendo quasi A noi contemporanei i grandi personaggi de'secoli, che furono, ne chiama A disamina le virtù o le colpe, per dar loro biasimo o lode. Maestra della vita, deve mirare Altresì a far riconoscere e venerare quella divina Provvidenza, la cui benefica Azione si viene manifestando nello svolgersi de'fAtti e delle generazioni.. Ad un'opera quindi immensamente utile e vantaggiosa si Accingono que' valentuomini, i quali , consacrandosi A studi di tal fatta, si affaticano A facilitarne il corso.

Eppure una lamentanza generale si è mossa in questi ultimi tempi da' più intelligenti intorno a quella colluvie di Istituzioni, non diciamo solo di Storie, mA Ancora di Grammatiche, Geografia, Aritmetiche e via dicendo, che ci ha inondato. E' pare che abbia invaso quasi tutti una febbre di mandare fuori per le stampe qualunque siAsi scritto; il quale in fin delle fini non si riduce che A fare il Co,iipe, dio, di un Altro Compendio restringendo o ripetendo quasi colle stesse parole ciò che Altri ha detto, e forse con più ordine e con maggior chiarezza. TAlchè se dalle Istituzioni, che corrono per le scuole, volessimo noi argomentare lo stato delle scienze e delle lettere, dovremmo, con sommo dolore dell'Animo nostro, pur confessare di essere andati, più che innanzi, Addietro.

Ora tale non è l'opera del sAc. Giulio BArberis, che qui AbbiAm tolto ad Annunziare. Egli ci p. esenta un lavoro di storia orientale e greca che noi crediamo molto adatto Alle nostre Scuole, perchè sa trarre dal racconto de'fAtti Anche delle lezioni morali A vantaggio della gioventù. E questo scopo raggiunge con modo chiaro e facile, senza dar mai nel triviale o nell' o.tentAto; Anzi serba sempre quella serieta e nobiltà, che ben si convengono A sì nobile disciplina. MA ciò , he forma il pregio singolare del suo libro, si è un' Abbondanza di erudizione, che non troviamo (e ne Abbiam letto non pochi) in altri lavori di simil genere. A questo vuolsi aggiungere uno st .dio Accurato di esporre gli antichi nomi colla loro greca etimologia, A cui fa ben tosto seguire la corrispondente voce italiana per la facile intelligenza dei giovani. Dal che possiamo di leggieri argomentare, che profondi studi ha dovuto fare il valente scrittore su tale materia.

È diviso il libro in due parti. Nella prima si discorre delle quattro Antiche monarchie, l'AssirA, la Babilonese, la Meda e la Persiana; del loro succedersi, della loro potenza e caduta. Ed è questo periodo di una importanza massima; tra perchè è lungo il bacino del Tigri e quello dell'Eufrate, dove noi vediamo la culla del genere umano; e perché nel loro seno si svolse una splendida coltura, che ebbe non poca parte nell'incivilimento del mondo occidentale. Ninive e Babilonia risplendono come due fari nell'immensa notte de'tempi d'allora.

Nella seconda parte si tratta della storia greca, partita in quattro periodi. Il 1° comincia dA'primi abitatori della Grecia, e si estende fino Alla presa di Troia, percorrendo un circa mille Anni. Il 2° si estende dalla presa di Troia Alle guerre contro i Persiani; ed abbraccia un sei secoli e mezzo. Il 30, che è il più glorioso della storia greca, giunge fin alla dominazione mAcedonicA. Il 40 finalmente, pigliando le mosso dalla dominazione mAcedonicA, va sino Al tempo in cui la Grecia cadde sotto gli Artigli delle aquile romane, Addivenendo provincia dell'impero latino.

Noi per ciò in quella che ci congratuliamo con lo storico torinese, ere diamo di rendere giustizia Al merito, raccomandando A'Direttori delle scuole ed A tutti gli insegnanti nelle scuole secondarie il libro del BArberis. Nel quale l'Autore, mentre che toglie a considerare i fatti e gli uomini che vi presero parte, si studia pure d'ispirare nell'Animo della gioventù studiosa Amore Alla virtù, ed Abborrimento Al vizio, sempre funesto agli individui non meno che Agli Stati ed Alle nazioni.   P. della Corte.

Con permesso dell'Autorità Ecclesiastica.   Sampierdarena 1877. Tip. di S. Vincenzo de' Paoli.