BS 1920s|1925|Bollettino Salesiano Agosto 1925

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

ANNO XLIX.   TORINO, AGOSTO 1925   NUMERO 8.

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO (9)

SOMMARIO: Una visita all'Oratorio Salesiano di Torino vivente ancora Don Bosco. - Ricordando Don Bosco. - Il Venerabile ridona la vita ad un Missionario. - Nuova Prefettura Ap. affidata ai Salesiani. - All'Esposizione Missionaria Vaticana. - Contrasti e speranze. - Conversando con un Kivaro. - Un'escursione nel distretto di Raliang (Assam). - I trionfi di Maria Ausiliatrice. Ad onore del Beato Cafasso. - Convegni di azione salesiana. - Le Patronesse Torinesi e le Missioni Salesiane. - VI Congresso del S. Cuore. - S. A. R. il Principe del Piemonte alla Scuola Agraria del Mandrione. - Nuove costruzioni a Borgomanero e a Sampierdarena. - Notizie varie.

Una visita all'Oratorio Salesiano di Torino vivente ancora Don Bosco.

Traduciamo letteralmente dal " Supplément de la Gazette de Liége" del 5 - 1 -1888 un interessante articolo del signor Giuseppe Bégasse, uno dei più cari amici dei Salesiani del Belgio, vissuto fino a questi ultimi anni.

Auspice il gran vescovo Mons. Doutreloux, il signor Bégasse, insieme con il deputato Giulio Dallemagne, il senatore Max d'Oreye, il sig. Giuseppe Demarteau, redattore-capo della « Gazette de Liége », il barone del Marmol e Mons. Lucas. ha intimamente legato il suo nome al sorgere e alla storia dell'Orfanotrofio Salesiano di Giovanni Berchmans di Liegi. La visita che egli fece a Don Bosco gli lasciò un solco profondo nell'anima: « Ho trattato con i più grandi sovrani - diceva confidenzialmente all'ispettore salesiano Don Virión - e non son mai rimasto in soggezione alla loro presenza; davanti a Don Bosco mi son sentito piccolo »: e divenne uno dei più grandi ammiratori dell'Opera Salesiana.

La visita del signor Bégasse a Don Bosco avveniva dopo quella che fece al Venerabile Mons. Doutreloux, verso la festa dell'Immacolata di quell'anno medesimo 1887. Il gran Vescovo era venuto all'Oratorio per ottenere una fondazione salesiana; e « Don Bosco stesso, scrive Don Lemoyne (1), pareva di non voler annuire [scarseggiando di personale]; ma l'8 dicembre rispose affermativamente. Cos'era accaduto? Al mattino aveva dettato al segretario [Don Carlo Viglietti] queste parole:

« Parole letterali che la Vergine Immacolata, apparsami questa notte, mi disse: Piace a Dio e alla Beata Vergine Maria, che i figli di S. Francesco di Sales vadano ad aprire una casa a Liegi in onore del SS. Sacramento. Qui incominciarono le glorie di Gesù pubblicamente, e di qui dovranno dilatare le medesime sue glorie in tutte le loro famiglie e segnatamente tra i molti giovanetti che nelle varie parti del mondo sono e saranno affidati alle loro cure - Il giorno dell'Immacolato Concepimento di Maria, 1887. »

(1) Vita del Venerabile Giovanni Bosco, volume II, pagina 694.

Una delle tante meraviglie!...

Ma ecco il racconto del Bégasse, cui, ad illustrazione, aggiungiamo varie postille.

ECONOMIA SOCIALE Una visita a Don Bosco.

Un industriale, amico della Gazzetta di Liegi, perfetto conoscitore di questioni professionali come di istituzioni operaie, ci manda dall'Italia questi ragguagli su di una visita latta a Don Bosco e alla sua Casa principale di Torino, proprio alla vigilia del giorno in cui la salute del fondatore dei Salesiani subì la scossa più profonda.

Firenze, 25 dicembre 1887.

Caro Signore,

Sapendo che molti dei suoi lettori s'interessano vivamente degli istituti operai, non voglio rinunciare al piacere di narrarle la visita che ho fatta or ora al celebre Istituto di Don Bosco a Torino.

I.

Confesso che varcando la soglia dell'istituto, aveva qualche prevenzione. Mi ero immaginato, non saprei bene perchè - forse perchè avevo sentito spesso ripetere che Don Bosco era un gran santo - che avrei visto un convento molto pio e molto tranquillo, una specie di oasi cristiana, i cui fortunati abitanti, gelosamente preservati dai venti devastatori del mondo, dovessero uscirne mal preparati alle aspre lotte della vita.

Fui ricevuto con la più affabile cortesia e mi fu dato per cicerone un giovane sacerdote francese, l'ottimo Don Roussin, che mi fece gli onori di casa in modo interessante e amabilissimo.

Fin dai primi passi nei laboratori, dovetti riconoscere che m'ero assolutamente ingannato. Mi trovavo, infatti, in una scuola industriale organizzata in un modo praticissimo e geniale. Nulla che ricordasse quegli stabilimenti modello, che spesso non son altro che uno sfruttamento del pubblico denaro. Mancava l'indispensabile facciata monumentale; mancava l'uniforme dai bottoni lucenti e i berretti gallonati: nulla che ricordasse la caserma. Credo anzi che, a un attento esame, si potessero notare dei calzoncini troppo ampi e degli altri troppo stretti, per poterli dire fatti su misura.

Ma la tenuta generale era decentissima.

Quanto alle sale di lavoro si vedeva che non si era potuto profondere il denaro dei contribuenti o degli azionisti in grandiose costruzioni; ma l'insieme presentava quel carattere pratico delle officine ben amministrate, che si sono sviluppate gradualmente e con vantaggio (1).

Vi erano le scuole professionali dei calzolai, dei sarti, dei falegnami, dei fabbri e dei tipografi, questi ultimi al completo, con la fondita dei caratteri, la rilegatura ecc. A Mathi l'istituto ha pure una grande cartiera per far fronte anche ai bisogni delle altre case. Tre macchine a gaz, di dieci cavalli ciascuna, forniscono la forza motrice alla stamperia e alle innumerevoli macchine-utensili. E tutto è perfettamente ordinato. Ad es. vari fornelli a gaz sono disposti ovunque occorra del fuoco; la panetteria ha una madia meccanica e l'immenso forno di cottura del pane serve pure da calorifero, giacche il calore che andrebbe perduto è utilizzato per scaldare la chiesa. Mi spiacque che il tempo limitato di cui potevo disporre non mi permettesse di esaminare meglio tutti gl impianti.

Visitando quei vasti e numerosi laboratori, non potei fare a meno di manifestare al cortese cicerone la mia meraviglia di trovarmi in un vero stabilimento e non soltanto in un pio asilo. Egli si mise a ridere di cuore e mi rispose: « Lo scopo del nostro istituto non è quello di formare dei cenobiti, ma dei bravi e saldi cristiani ed operai capaci e contenti della loro sorte. Non v'ha dubbio, noi cerchiamo prima di tutto la salute delle anime di questi giovinetti, ma ci proponiamo in pari tempo un intento sociale ».

Pregai lui e il suo compatriota, Don Michele Volain che s'era unito a noi, di darmi qualche ragguaglio sui mezzi usati per raggiungere quei meravigliosi risultati che mi stavano innanzi. Seppi, così, che il principio fondamentale dell'opera di Don Bosco era l'assenza di ogni costrizione. Ad esempio, benchè il regolamento consigli ai giovani d'accostarsi ogni mese ai Sacramenti, essi vengono lasciati affatto liberi di osservare o no questa raccomandazione (1). Possono anche abbandonare l'istituto, se non vi si trovano bene, ma le diserzioni sono rarissime.

La disciplina, che mi pareva difficilissima ad ottenersi in un ambiente in cui abbondano gli elementi d'insubordinazione, vi è mantenuta mirabilmente senza alcun mezzo di rigore, unicamente con l'influenza religiosa e con l'autorità morale.

Gli apprendisti sono circa 350. Vengono accettati dagli 11 agli 11 anni e mezzo, e generalmente finiscono le scuole verso i 17 (2). Lasciano allora l'istituto per occuparsi come operai nelle officine e, generalmente, conservano ottime relazioni coi loro primi maestri. Molti vi rimangono invece fino alla chiamata alle armi o al matrimonio. Altri non vogliono allontanarsene più, e vi formano una specie di terz'ordine (3).

(1) Conviene aver presente che « tra i primi e dei più grandi innovatori la storia non può e non deve dimentirare il Sacerdote Giovanni Bosco, il quale, compreso della necessità di migliorare le condizioni generali delle masse operaie apriva nel 1853 le prime scuole professiouali che furono, si può dire, la pedana da cui presero lo slancio tulle le successive istituzioni affini ». Cosi, nell'anno scolastico testè passato, il prof. dott. Turina del R. Istituto Industriale di Torino, nelle sue lezioni di legislazione sociale.

(1) Il Regolamento delle Case Salesiane dice: « ogni otto o quindici giorni od almeno una volta al mese, siccome dice il Catechismo Romano; una volta al mese si farà da tutti l'esercizio della buona morte». Ma neppure in queste circostanze non si fa alcuna pressione agli alunni per mandarli alla S. Comunione; non si permette nemmeno che vadano all'altare ordinatamente banco per banco, ma si vuole che escano contemporaneamente da qualsiasi banco, perchè non siano tentati dal rispetto umano, come purtroppo avviene ancora in vari istituti, ad accostarvisi senza le dovute disposizioni.

(2) Presentemente la legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli prescrive che questi abbiano superato i 12 anni; perciò per l'accettazione degli alunni artigiani nell'Oratorio di Torino e nelle altre case salesiane si esige che abbiano compiuto i 12 anni, ed anche che non abbiano superato i 14.

(3) I laici salesiani, capi d'arte, aiutanti missionari, ecc. non sono una specie di terz'ordine, ma fanno parte anch'essi della Società Salesiana ed hanno gli stessi doveri e gli stessi diritti dei chierici e dei sacerdoti, tranne quelli propri del carattere sacerdotale.

*

Il prezzo della pensione non oltrepassa il massimo di 15 lire al mese, ma diminuisce man mano che il lavoro diventa più proficuo. Del resto, appena la quarta parte degli allievi corrisponde questa modica retribuzione; gli altri sono orfani o abbandonati dai genitori, o ricoverati in seguito a domanda dei genitori stessi. Chiesi se i giovani destinati ad essere chiusi in una casa di correzione fossero ammessi nell'istituto. Mi risposero di no, poichè sarebbe stata cosa contraria allo spirito di libertà che regge l'istituzione (1).

I giovani ricevono quattro soldi per domenica; ma all'uscita dall'istituto vien dato loro come peculio il terzo dei loro salari, cioè 150 lire circa per anno. Ecco realizzato, nella forma più pratica, il sogno, tanto accarezzato dai nostri economisti moderni, della compartecipazione dell'operaio agli utili dell'azienda (2)!

La durata del lavoro è al massimo di nove ore al giorno: e insieme con l'insegnamento professionale i giovani ricevono ogni giorno lezioni di religione, di disegno, di commercio e di francese ed una soda istruzione primaria (3). L'insegnamento tecnico è dato generalmente da antichi allievi chiamati: « capi d'arte (4) ». Gli ecclesiastici, ognuno dei quali ha la sorveglianza di un laboratorio, non intervengono per nulla in tale insegnamento.

Dimenticavo di dire che a lato della scuola industriale vi è un ospizio con circa 40o alunni, che seguono un corso completo di studi classici.

(1) Il Ven. Don Bosco, scrive Don Lemoyne (Vita del Venerabile, vol. II, pag. 358) « era così convinto dell'efficacia del metodo preventivo, che invitato a aprire case di correzione, propriamente dette, non le volle mai accettare, per non essere costretto ad allontanarsi d'un iota dal suo sistema, che aveva molte volte trovato capace della riabilitazione anche dei discoli. Per questi - diceva - lo stimolo più efficace a cangiar vita è il buon esempio dei compagni. Solo quando s'incontra uno scandaloso incorreggibile, bisogna essere inesorabili, e allontanarlo ».

(2) Ai tempi di Don Bosco gli alunni artigiani non solo ricevevano quattro soldi alla settimana per comperarsi della frutta al mattino e nel pomeriggio dei giorni festivi, e mettevano insieme un gruzzolo di 300, 400, 500 lire, che ritiravano uscendo dall'istituto a tirocinio compiuto; ma godevano anche altri vantaggi. Quelli che pagavano un po' di pensione, il terz'anno di tirocinio l'avevano ridotta notevolmente e al cominciare del quart'anno completamente annullata; e insieme venivano gradatamente promossi ad un trattamento migliore in refettorio. Il sistema educativo di Don Bosco è ammirabile nel coltivare con ogni mezzo il sentimento del dovere e nel destare tra gli alunni la più nobile emulazione.

(3) Presentemente nelle Scuole Professionali Salesiane sono 3 le ore di coltura letteraria e professionale, 2 di teoria e 5 d'insegnamento pratico.

(4) Che i «capi d'arte» delle Scuole Professionali Salesiane siano tutti salesiani era un vivo desiderio di Don Bosco, ma, per scarsità di salesiani laici, non è ancora pienamente realizzato. Suppliscono egregiamente ottimi ex-allievi, la cui collaborazione sarà indispensabile, anche quando i capi sieno tutti salesiani. Il Signore ci mandi molti buoni coadiutori !

*

È una specie di piccolo seminario, poichè circa un quarto di questi giovani entrano nella Pia Società Salesiana o in Seminario (1). La retta del pensionato è di sole venti lire mensili, ma i tre quarti degli alunni non pagano niente. In complesso la casa conta, dunque, un migliaio di persone. Si comprende, quindi, e facilmente, a quali enormi spese si trovi di fronte l'istituto e si domanda come possa sostenersi. Certo la carità vi provvede in parte, ma, grazie all'organizzazione così intelligente e all'amministrazione così accurata, si può dire che in buona parte l'opera vive delle risorse proprie. Infatti i laboratori sono largamente provvisti di lavoro, e specie la tipografia ed i suoi annessi hanno sempre - mi si dice - lavoro assicurato per più di 15 mesi.

Ho visitato stabilimenti industriali d'ogni genere e d'ogni paese, ma devo confessare che non ho mai incontrato operai che m'abbiano fatto migliore impressione dei giovani di Don Bosco. Essi lavorano con l'ardore tutto proprio della loro età e della loro razza, e nel tempo stesso con calma gioiosa e con molta destrezza. Si vede che mettono tutta l'anima nel lavoro. Ho notato specialmente, nel laboratorio dei fabbri, un giovinetto che maneggiava il martello con tanta grazia da farmi rimpiangere di non essere artista; non avrei cercato un miglior modello per un «Vulcano fanciullo ».

Mi son fermato sopratutto nel laboratorio tipografico. Dio mi guardi dal criticare i tipografi di certi giornali del Belgio; ma non ho potuto fare a meno di pensare che sotto alcuni aspetti i loro giovani colleghi di Torino potrebbero dar loro dei punti.

E, terminato il lavoro, quali gioconde ricreazioni facevano quei cari giovinetti! Che vivaci partite alla palla, che corse animate! I buoni sacerdoti, rialzando le sottane, vi prendevano parte con tal entusiasmo, che si sarebbero detti i fratelli maggiori dei loro allievi. E in mezzo a tanta libertà e a tanta disinvoltura, non un disordine. Quei figli del popolo non avrebbero sfigurato in qualsiasi collegio signorile. Ogni tanto qualcuno si appartava dai giuochi chiassosi per recarsi in chiesa a dire una breve preghiera, ed era veramente commovente vedere con quanto fervore veniva compiuto quest'atto di spontanea devozione.

(1) Nelle scuole ginnasiali dell'Oratorio Salesiano di Torino vengon accolti di preferenza i giovinetti aspiranti al sacerdozio. Chi conosce qualche povero fanciullo che ha già compiuto le classi elementari, almeno la quarta, e vagheggia cotesto santo ideale, lo raccomandi al Direttore dell'Oratorio di San Francesco di Sales, via Cottolengo, n. 32, Torino (9), e farà cosa gradita.

*

È davvero ammirabile l'educazione che gli eccellenti Salesiani hanno saputo dare a questi ragazzi, raccolti un po' dappertutto (1). Sono riusciti perfino a togliere loro quella tendenza innata negli italiani per la « mancia ». Particolare caratteristico: dopo aver fatta qualche compera nella libreria, tenuta con molta serietà e con molto zelo da tre giovinetti sui quindici anni, dovetti faticare non poco per ottenere che accettassero per la loro cassetta domenicale qualche soldo che ad ogni costo volevano restituirmi.

E non so darle un'idea adeguata del rispetto, della confidenza e della cordialità che regna tra maestri e allievi; è qualche cosa che sa veramente di paterno. Del resto i ragazzi sono fieri dei loro eccellenti Superiori. Entrando, chiesi al monello che m'imtroduceva (e che tien luogo dell'indispensabile usciere gallonato) se il Superiore parlasse anche francese: e mi rispose, con un po' d'orgoglio ma con molto garbo: « Io credo! parla tutte le lingue! »

Guardando quei giovani così felici, ben avviati a diventare utili membri della grande famiglia umana, mi chiedevo quanti di loro, senza una così mirabile istituzione, sarebbero divenuti preda del vizio e del delitto, e quanti sarebbero andati a ingrossare le file, già tanto numerose, di quei ribelli che giudicano la propria sorte ingiusta e vogliono mutarla a qualunque costo.

Il mondo stupido e annoiato non ha per gli umili religiosi, che si dedicano corpo e anima a questa sublime opera di rigenerazione, che indifferenza, disprezzo e ingiustizia, e copre d'oro e di applausi quei letterati che corrompono intelligenze e cuori, scandagliando i bassi fondi sociali per svelarne cinicamente ogni turpitudine nei loro scritti immondi. E il mio pensiero riandava a quei monaci che, tredici secoli fa, salvarono l'umanità in un'epoca in cui ogni traccia di coltura stava per esser sommersa nei flutti sanguinosi delle invasioni barbariche.

Le abbazie della Gallia e della Germania incivilirono i nostri avi con la preghiera e con il lavoro, come fa Don Bosco per questi selvaggi delle nostre grandi città moderne, dei quali conosciamo i feroci istinti attraverso gli orrori della Comune di Parigi. Ed è permesso di chiedersi se i rudi figli delle foreste sono meno refrattari alle influenze civilizzatrici dei pallidi monelli delle nostre capitali.

« Ora et labora » fu, dappertutto e sempre, la divisa della fede e della carità cristiana. Si, la Chiesa è una madre sempre giovane e sempre feconda, specialmente per i diseredati del secolo.

(1) Chi vuol conoscere il metodo educativo di Don Bosco può consultare:
1) La vita del Venerabile Giovanni Bosco scritta dal LEMOYNE, due grossi volumi illustrati di circa 15oo pagine, in vendita presso le Librerie della Società Editrice Internazionale di Torino, Corso Regina Margherita, 174, (L. 20); o i tre capitoli estratti dalla medesima e pubblicati in opuscolo a parte col titolo: Sac. G. B. LEMOYNE: Il metodo educativo di Don Bosco », L. 2,50.
2) Don Bosco Educatore, del Sac. Dott. VINCENZO CIMATTI, salesiano. Contributo alla storia del pensiero e delle istituzioni pedagogiche, L. 7.
3) Il metodo educativo del Ven. Giovanni Bosco, di A. AUFFRAY, traduzione dal francese del Sac. Prof. Ernesto Carletti, L. 4
4) Sac. A. CoJAZZI: Don Bosco diceva così... Brevi parole sull'educazione. L. 0,75.
Gli opuscoli del Lemoyne e del Cojazzi li raccomandiamo a tutti; il lavoro del Cimatti a quelli che desiderano vedere il sistema di Don Bosco esposto con criterio didattico; quello di A. Auffray a quanti lo preferiscono illustrato in quadretti dal vero.

II.

Si può facilmente immaginare quanto fossi desideroso di essere ammesso all'onore di vedere Don Bosco; ed egli, grazie un'alta e benevola raccomandazione, ebbe la bontà di ricevermi (1).

Per giungere fino a lui dovetti salire parecchie rampe di scale e lassù, sotto i tetti, entrai in una modesta camera. Vi notai, però, due magnifici disegni a penna che bastavano a dimostrare che, se l'istituto si propone di formare sopratutto degli artigiani, sa formare anche degli artisti. Mi trovai di fronte ai principali collaboratori del Fondatore: il rev. Don Rua, suo vicario generale, e il rev. Don Durando, suo assistente. Il primo, giovane ancora, si rivela a prima vista l'uomo d'azione, il secondo ha un viso ascetico che ricorda assai i lineamenti di San Vincenzo de' Paoli.

Poichè nell'anticamera si accalcava una folla d'ogni classe sociale, Don Durando ebbe la bontà di farmi passare nella sua cella. Entrando, fui vivamente colpito da tanta povertà. Molti poveri son meglio alloggiati di quell'eminente religioso e dissi tra me e me che lo stato maggiore salesiano si accontenta d'abitare in un corpo di guardia. L'espressione è poco rispettosa, forse, ma subito mi venne spontanea alla mente. Ecco dunque come vivono i capi di quelle comunità religiose, le cui favolose ricchezze e la leggendaria avidità formano un tema inesauribile di vibrati discorsi ai declamatori dei parlamenti e dei caffè! Più laboriosi degli operai, più poveri degli stessi poveri, essi possono ripetere la parola dell'Apostolo: « Oro e argento non ne ho, ma ti dò quanto ho: Alzati e cammina! »

Finalmente stavo per conoscere Don Bosco! Il cuore mi batteva un po', più che non usasse quando avvicinavo i potenti del mondo; pensavo che stavo per trovarmi alla presenza di uno di quegli uomini, che Dio si compiace di suscitare in date epoche per mostrare che cosa sono e che cosa possono i santi.

La santità! - quante persone sapienti sorridono a questa parola! Eppure, anche dal solo lato umano, che parte immensa hanno avuto i santi nella vita dei popoli! Chi potrebbe negare, ad esempio, che l'influenza sociale d'un San Vincenzo de' Paoli non sia stata tanto profonda, tanto duratura, tanto efficace, quanto quella di Richelieu o di Mazzarino? Chi oserebbe dire che l'iniziativa provvidenziale di Don Bosco nella spinosa questione operaia non potrà apportare soluzioni insperate, se verrà ampliata e diffusa?

Mentre facevo queste riflessioni, venne il mio turno d'entrare. Diedi un rapido sguardo alla camera ammobigliata nel modo più povero e miserabile che si può dire, e seduto su di un logoro divano vidi un vecchio venerando, incurvato dall'età e dalle fatiche del lungo apostolato. Le poche forze rimastegli non gli permettevano più di reggersi in piedi, ma alzò la testa, che teneva reclinata, e potei vedere i suoi occhi, un po' velati, ma pieni ancora di bontà e di intelligenza. Don Bosco parla perfettamente francese; la sua voce era lenta e dinotava un leggero sforzo, ma s'esprimeva con notevole chiarezza.

fui accolto con semplicità cristiana, dignitosa e insieme cordiale. E ciò che sopratutto mi commosse si fu il vedere in un vecchio, quasi moribondo, assediato senza tregua dai visitatori, tanto interessamento e tanta simpatia per chiunque l'avvicinasse. Con quali termini commossi mi parla del Vescovo di Liegi e del suo zelo ardente per le opere operaie! E il caso di dire che in Don Bosco la spada ha consumato il fodero, ma quale forza d'animo resta ancora in quel corpo indebolito! Con quali accenti d'intimo dolore rimpiange che la debolezza non gli permetta più di dedicarsi attivamente alla direzione delle sue innumerevoli opere! Eppure chi più di lui ha diritto d'intonare con fiducia il cantico del vecchio Simeone: « Nunc dimittis servum tuum... in Pace »?

Purtroppo la discrezione mi obbligava ad abbreviare assai, più di quanto avrei desiderato, quella commovente intervista con un uomo che Dio ha visibilmente segnato col suo suggello e che forse tra pochi giorni andrà a rivecere le magnifiche ricompense promesse a coloro che hanno combattuto la buona battaglia.

Mi permetta di raccomandare vivamente agli affezionati lettori, che si recano in Italia, di visitare l'Istituto di Via Cottolengo. Ne usciranno commossi, rapiti e pensierosi, e ripeteranno a se stessi con intima convinzione: « Ecco la verità e la vita; ecco la soluzione dei formidabili problemi sociali che la sfinge del Secolo XIX pone agli uomini di Stato e ai pensatori, perché sta scritto: - Cercate prima il regno di Dio, il resto vi sarà dato per giunta! »

(1) Don Bosco, benchè sfinito e logoro dalle fatiche, continuò fino al 2o dicembre 1887, come aveva fatto per quarant'anni, a ricevere, ascoltare, consigliare, confortare, e benedire quanti lo desideravano; e la mattina del 24, per mano di Mons. Cagliero, ricevette il Santo Viatico. L'udienza, quindi, del signor Bégasse fu una delle ultime che diede il Venerabile.

Ricordando il Venerabile Don Bosco.

Si compie in questo mese di agosto il 110° Natalizio del nostro Venerabile Fondatore, e ci è caro intrattenerci ancora su lui pubblicando alcune grazie ascritte alla sua intercessione.

Il 30 giugno u. s. si tenne a Roma la CONGREGAZIoNE ANTIPREPARATORIA dei Sacri Riti sulle virtù del Venerabile, ed abbiamo ferma fiducia che mercè la grazia di Dio e l'assistenza della Vergine Ausiliatrice possano aver luogo quanto prima le altre due Congregazioni, la Preparatoria e la Generale. Continuiamo, o cari Cooperatori e pie Cooperatrici, a pregare.

E preghiamo anche il Signore ad operare, ad intercessione del Venerabile, dei miracoli.

Noi siamo intimamente convinti che il Signore non tarderà a glorificare il Suo Servo.

La glorificazione di Don Bosco contribuirà ad accrescere anche su questa terra la gloria di Dio, salvando un maggior numero di anime; ed è questo anche il fine unico delle nostre preghiere e delle nostre speranze.

Preghiamo, adunque, e in pari tempo consigliamo, incoraggiamo tutti a ricorrere al Ven. Don Bosco nelle contingenze più gravi, e con fiducia. Iddio, per cui Don Bosco visse tutta la vita, come lo volle glorificare tante volte quaggiù, rinnoverà, ad intercessione sua, le più grandi meraviglie.

Nel parlar del Ven. D. Bosco e di qualunque altro nostro Servo di Dio intendiamo sempre protestare, come protestiamo solennemente, di non voler contravvenire in niun modo alle pontificie disposizioni in proposito, non intendendo dare ad alcun fatto un'autorità superiore a quella che menta una semplice testimonianza umana, nè di prevenire il giudizio della Chiesa, della quale - sull'esempio di Don Bosco - ci gloriamo di essere ubbidientissimi figli.

Don Bosco ridona la vita ad un Missionario.

Il 5 ottobre 1924, in onore della Madonna del S. Rosario, si ebbe una riunione di molti cristiani, protestanti e pagani in una borgata distante circa 15 Km. da Shillong. Vi parteciparono gli aspiranti missionari, venuti per cantare ed impratichirsi dell'apostolato, e il carissimo D. Bonardi pensò venirvi anche, in bicicletta. Tutto riuscì mirabilmente; dopo la Messa cantata, con predica e Comunioni, si ebbe un pranzetto all'apostolica, ed alle due pomeridiane ebbe luogo la vera riunione, dove molti dei nostri bravi cristiani parlarono con tanta fede! Si era al colmo della gioia.

Alle ore 4 si ripartiva per Shillong. Quattro dei nostri venivano con me, mentre D. Bonardi, salito in bicicletta, partiva col confratello Ferraris qualche minuto prima. Giunto ad un certo punto, dove principia una ripida discesa, non si sa che cosa gli sia capitato, sembra abbia avuto uno svenimento o ricevuto un'insolazione, mentre andava a tutta velocità il carissimo Don Bonardi precipitò dalla bicicletta, cadendo di punta sulla testa.

Arrivammo provvidenzialmente noi, dopo pochi secondi: e trovammo il povero confratello senza conoscenza, in uno stato miserando! Lo credetti cadavere, gli diedi l'assoluzione, e lo mettemmo subito nell'auto per condurlo a Shillong. Temeva ad ogni istante di ricondurre un cadavere. Il poveretto, senza conoscenza, gli occhi stravolti, sembrava soffocare. Chiamato d'urgenza il dottore, si mostrò molto ansioso, tornò parecchie volte nella notte e ci confessò che non sapeva spiegarsi come il caro Don Bonardi non fosse rimasto sul colpo.

Ad accrecsere le nostre preoccupazioni vi furono ripetute ed abbondanti emoraggie che ci sembravano dovessero dissanguare il povero sofferente.

La notte fu penosissima, ma la mattina sembrò foriera di dolce speranza; e per alcuni giorni continuò una specie di calma alquanto rassicurante. I dolori erano atroci tuttavia. Si era constatata una rottura interna nella massa cerebrale e le complicazioni previste dal dottore erano numerose e terribili. Ma nella notte del 9, giovedì, il povero infermo non poteva più reggere ed i dolori andavano crescendo in tal modo che cominciavamo a temere grandemente. Un occhio sembrava perduto, tutta la parte sinistra della faccia era orribilmente gonfiata e nera, nascondendo completamente l'occhio, anch'esso rosso-nerastro. Tutto andò peggiorando rapidissimamente, e sembrava che il povero infermo non ragionasse più normalmente. La notte dal 10 all'11 fu terribile; si era veramente alla fine: le estremità erano già fredde e il cuore mancava: e il povero paziente si vedeva soffocare. Mi affrettai a dargli tutti i Sacramenti e il caro infermo seguì tutte le cerimonie con nostra meraviglia, rispondendo egli stesso. Il medico, venuto verso le tre del mattino mi disse che il momento era criticissimo e che poteva andarsene da un istante all'altro, ma che sarebbe tornato per un consulto con un'altra notabilità medica di Calcutta, che trovavasi di passaggio a Shillong.

Ritornato infatti, trovarono il caso gravissimo e decisero si dovesse tentare la trapanazione del cranio; o, meglio, data la debolezza dell'infermo, di estrarre a mezzo di siringa il midollo dalla spina dorsale affine di ridurre la pressione del sangue.

Il momento era penosissimo. Mi ricordai allora d'una reliquia speciale di Don Bosco dataci dal sig. D. Ricaldone la mattina della nostra partenza per l'India; la presi subito e con tutta la fede che mi suggerivano il momento e la mia responsabilità, l'applicai sulla testa dell'infermo affidando tutto a Don Bosco; mi ritirai, quindi, dinanzi alla statua di Maria SS. Ausiliatrice, e con le lacrime agli occhi le dissi che se voleva glorificare il suo Servo non vi era miglior occasione.

Il caro D. Bars, che dalla mattina teneva quasi continuamente il polso molto lento dell'infermo, (meno di 5o pulsazioni irregolari ed alle volte interrotte di uno o due) sentì, appena messa la reliquia, il polso farsi subito più forte ed agitato, mentre l'infermo si assopì immediatamente. Gli aspiranti si alternavano in cappella.

Tre quarti d'ora dopo, D. Bonardi si svegliò guarito: non più dolori di capo, parlava e ragionava, ed appena entrai in stanza: - Monsignore, mi disse, sento che non è ancora la volta di morire; appena mi avvicinò la Reliquia, notai qualche cosa di strano in me, la vita mi ritornò, ed una voce interna ad assicurarmi che non sarei morto. Mi sento bene.

Il dottore non credette ai suoi occhi, quando, venendo dopo poco per l'operazione, disse che ogni pericolo era scomparso.

Il dottore mi diceva chiaramente quando il pericolo era cessato: - Don Bonardi deve stare a letto ancora tre settimane, un mese almeno, non sarà più capace di stare in India, di sopportare il sole indiano, nè di intraprendere un lavoro mentale serio. Dovrà mandarlo in Europa, preferibilmente al nord in paesi freddi. - Poveretto! non conosceva Don Bosco! Tre giorni dopo Don Bonardi era in piedi. Sei giorni dopo metteva in regola tutti i suoi registri, e quindici giorni dopo l'accidente aveva già riprese tutte le sue occupazioni regolarmente, aumentandole anzi di non poche, a causa della scarsità del personale. Non gli rimase che una leggera debolezza all'occhio sinistro con uno spostamento del nervo ottico, per cui vide doppio per qualche tempo, ma ora non più.

Io certifico che tutto quanto ho riferito è la pura verità, e sono pronto a ripeterlo e ad affermarlo con giuramento.

In fede

L. MATHIAS, Prefetto Apostolico di Assam.

Io D. Paolo Bonardi certifico che tutto quanto viene riferito da Mons. L. Mathias è sacrosanta verità. Mi sono reso conto di tutto, fuorchè della caduta e di quello che la seguì immediatamente.

Ho sentito realmente in me una vita e una forza nuove non appena mi fu messa sul capo la reliquia del nostro Ven. Padre Don Bosco e nello stesso tempo sentii, in tutto il mio essere, come una convinzione profonda, senz'ombra di dubbio, e come una voce che mi assicurava che non sarei morto per quella caduta; una convinzione così ferma che, per così dire, mi faceva parere ridicolo o assurdo che allora dovessi morire.

Attribuisco la grazia meravigliosa al nostro Ven. Don Bosco; e con che cuore lo ringrazio, non comprendendo come abbia fatto un tale prodigioso favore ad una così miserabile creatura!

In fede,

Shillong, 3 marzo 1925.

Sac. PAOLO BONARDI, Missionario Salesiano in Assam.

Anche tutti i nostri che presero parte all'angoscia per la morte imminente di Don Bonardi dichiarano a loro volta:

Noi sottoscritti, dopo aver letta la relazione di Mons. L. Mathias sull'accidente e miracolosa guarigione del signor Don Bonardi, essendo stati presenti alla maggior parte degli avvenimenti e specialmente avendo assistito quando l'infermo riceveva il S. Viatico ed alla sua improvvisa, totale guarigione poco tempo dopo, certifichiamo che tutto è conforme a verità e siamo disposti ad affermare tutto quanto con giuramento.

(Seguono le firme).

Al contatto di una reliquia.

Ridotta dalla più grave forma influenzale in fin di vita, sento il dovere di dichiarare come la grazia del miglioramento e della guarigione cominciai ad ottenerla non appena volli mettermi sul petto la reliquia del Venerabile Don Bosco, e lo pregai brevemente con fervore.

Mentre prima parlavo a stento, potei confessarmi e ricevere il Santo Viatico e l'Estrema Unzione, sentendo in me una grande tranquillità. Poi, a poco a poco le cose migliorarono sensibilmente e la malattia guarì con rapidità insperata, data la mia abituale debolezza.

Con anima riconoscente ringrazio il Venerabile Don Bosco, nel quale tanta fiducia avevo e ne avrò anche di più in avvenire, lieta se per il poco che mi è possibile potrò lavorare per la sua Santa Opera, particolarmente per le Missioni, a vantaggio delle quali, nei tristi giorni, mamma ed io promettemmo un'offerta.

Genova, 25 marzo 1924

MARIA MAZZINI.

LE MISSIONI SALESIANE

Nuova Prefettura Apostolica affidata ai Salesiani.

Con Breve del 13 maggio u. s. il Santo Padre Pio XI ha eretto in Prefettura Apostolica la Missione alla quale attendevano i nostri Confratelli del Belgio nel Katanga inferiore (Congo Belga), col nome di « Prefettura Apostolica del LUAPULA SUPERIORE ».

Lieti dell'augusta disposizione pontificia, che tornerà di prezioso incoraggiamento ai cari confratelli addetti alla missione del Luapula Superiore, eleviamo al cielo fervidi voti perchè le speranze del S. Padre abbiano a realizzarsi ampiamente a gloria di Dio e a salvezza delle anime.

All'Esposizione Missionaria Vaticana.

Togliamo dall'Osservatore Romano del 10 luglio u. s. queste impressioni sul contributo dei nostri Missionari dell'Assam.

« L'anima apostolica, lo spirito inventivo e la genialità delle iniziative di Don Bosco, rivivono e risplendono nella attività molteplice della grande Famiglia Salesiana, con un crescendo di opere e di successi, che ha del prodigioso.

» In un prossimo viaggio nel... padiglione dell'America del Sud, avrò occasione di parlare più distesamente dei Salesiani, che nel Nuovo Mondo hanno le loro più vaste e più fiorenti Missioni.

» Ma anche la Missione dell'Assam, nella vallata del Bramaputra, si è fatta viva, e ben viva in questo « stand » dell'Indocina. Le numerose scuole industriali hanno considerato l'Esposizione Missionaria come un magazzino-deposito dei loro prodotti, per la quantità che è stata inviata. Ma il loro pregio, la finezza e l'originalità della lavorazione, li rende più che degni di questa Mostra non solo, ma potrebbero stare in prima linea anche nella più importante esposizione industriale.

» Così vediamo ottimi lavori d'ebanisteria, ricchi ed eleganti mobili, artistiche produzioni di decoratori, scultori e fabbri meccanici; e, accanto, una bella raccolta di delicati lavori femminili delle Figlie di Don Bosco, le Suore di Maria Ausiliatrice, che dirigono pure le migliori scuole professionali dell'Assam ».

Non mancheremo di dare un ampio cenno dei contributo recato dai Missionari Salesiani alla Esposizione Missionaria Vaticana.

Preghiamo per i Missionari.

Scrive don Marchesi, direttore dalla nuova residenza Taracuà tra gli Indii Tucani:

Andiamo avanti come possiamo. Il lavoro aumenta sempre, come aumentano le difficoltà di ogni genere.

Ci troviamo in una posizione molto delicata e difficile; gli indi vengono alla Missione, dalla quale ricevono grandi benefizi e questo movimento non è visto di buon occhio da qualche civilizzato. La presenza e l'influenza nostra impedisce le sevizie e le ingiustizie che si commettono contro questi poveri indi: qualche volta possiamo intervenire e gridare alto il non licet, e tutto questo è pericoloso e ci costa sacrifici.

Contrasti...

Ecco un episodio recente.

Un giorno mi si presentano due poveri indi, addolorati e piangenti per dirmi che un commerciante entrò nella loro casa e prese loro un figlio ed una figlia e se li portò via. Supplicarono e scongiurarono, ma nulla ottennero: anzi quel disgraziato, con la rivoltella alla gola li minacciò di morte, se avessero fatto parola a chiunque dell'accaduto. Essi, però, vennero da noi, e mi informarono di tutto.

Che fare? Correre in cerca del disgraziato. Ed ecco che l'incontro in uno svolto del fiume. Riconobbi la barca di quell'infelice che era stato in casa nostra, alla nostra mensa, quando discendeva dal calotal.

Non c'era tempo da perdere e bisognava impedire quella pirateria. Presi una piccola canoa e l'inseguimmo.

L'atto che stava compiendo era molto audace. Questi infelici sono armati di revolver e generalmente in preda all'ubbriachezza. Mi raccomandai a Don Bosco ed all'Ausiliatrice.

Mi vide e si diede ad una marcia vertiginosa; i rematori erano molti; ma noi pure facemmo ogni sforzo ed in breve lo raggiunsi. Era proprio quell'infelice, ed ubbriaco fradicio. Cominciai una lunga discussione, calma e rispettosa; ma non approdai a nulla; contava diritti su quei poveri disgraziati; gli dovevano non so che cosa, e perciò se n'era impossessato. Ma quando gli chiesi il nome e cognome, minacciandolo di deferire il fatto all'autorità, si arrese: e i due prigionieri balzati fuori dalla barca, saltarono nella nostra.

Quel disgraziato si rannuvolò tutto in faccia: io notava ogni movimento e temeva di qualche brutto tiro, ma in breve fummo lontani, grati a Don Bosco e a Maria SS. Ausiliatrice dell'assistenza visibile che ci prestarono.

Questi episodi non sono rari, purtroppo.

Cogli Indi pure non mancano enormi difficoltà. Sono perduti nelle loro feste, vere orgie continue, che non si possono tollerarre; e l'impedirle è molto difficile; bisogna che operi a poco a poco la nostra S. Religione.

Anche la lingua è una tortura, non abbiamo ancora una grammatica, e dobbiamo apprendere parola per parola e ci vuol altro a stendere un vocabolario, pochi come siamo e sovraccarichi di lavoro!...

Un'altra occupazione che ci assorbe è la cura degli ammalati; le malattie sono molte e spesso fatali.

Gli Indi ricorrono con grande frequenza alla Missione, e talvolta trasportano i loro ammalati presso di noi, per avere più comodità di vederli curati. Ne avemmo in casa più di 17 contemporaneamente, ed anche di gravi; ogni angolo era occupato da una branda; la cucina stessa si cangiò più volte in infermeria, e le barche stesse nel porto servirono più volte a ricoverare i più gravi.

E con l'indio ammalato si deve usare una pazienza eroica. Solo dopo molte insistenze si riduce a prendere le medicine, e nello stesso tempo non lascia il suo pagè (il medico indigeno). Non rare volte, di notte, sorprendemmo costoro a compiere le loro cure, che terminano quasi sempre col farli morire.

Solo il pagè sa cavare dal loro corpo le spine, le pietre, le ossa e i noccioli di frutta, che causarono la loro malattia; solo le doccie ripetute coll'acqua più fredda possono far passare la febbre che li divora...

Se il povero paziente morrà, la causa sarà delle nostre medicine che lo avvelenarono; se guarirà, sarà effetto dell'opera prestata dal pagè!...

... e speranze.

Ma, grazie al Signore, anche con tante difficoltà l'opera missionaria continua consolante e ci riempie l'anima di speranze.

La nostra scuola è sempre in aumento di piccoli indietti che allietano la residenza... e stiamo ultimando la loro casa, adatta e sana.

La chiesa è bene avanzata; e la nostra futura casa di residenza e quella delle Suore saranno cominciate tra breve, perchè buona parte del materiale è già pronto...

Dal Vicariato di Mendez e Gaualaquiza.

Conversando con un Kivaro.

(Corrispondenza del Missionario Salesiano Don Salvatore Duroni).

Stavo scrivendo quando un Kivaro si affaccia alla porta.

- Padre, - dice, - son venuto a vederti. - Di dove vieni?

- Dal Miriumi.

- Sièditi.

- Bene! Sono stanco!

- Hai fatto una giornata lunga?

- No, ma sull'altra sponda del fiume ho aiutato i cristiani a inseguire un cervo: mi han fatto correre come un cane; e tutto inutilmente; perchè l'animale si burlò di noi, riuscendo a buttarsi all'acqua. Sicuramente in quel cervo c'è l'anima di uno stregone kivaro.

- Forse del povero Tzuíra che hai ucciso poco tempo fa?

- No! - protesta con vivacità, - io non l'ho ucciso.

- Non sei Ciuinda tu?

Si, ma ripeto che non c'entro in quella morte. Senti come andò la cosa. Tibiruma e altri cinque mi obbligarono a seguirlo per uccidere Tzuira. L'incontrarono che tornava solo a casa, senza sospetto alcuno; e mentre parlavano amichevolmente, lo trapassarono a tradimento con le lancie. Tibiruma gli fu addosso e gli tagliò la testa; quindi ordinò a me che la mettessi nella mia cesta per portarla via e farne la tzanza. Sai tu che successe? Appena avevo sollevata la testa pei capelli, quando la vedo aprire e chiudere gli occhi e la bocca, e gridare per due volte: « Canaglia! canaglia! » Buttai la testa e fuggii. Ci ho qualche colpa io? Perchè mi credi assassino?

- Povero innocente! e tua sorella Amigna chi la uccise?

- Non io solo: tutti i fratelli la uccidemmo, per salvarci dalla vendetta dei Uisuma. Devi sapere che Amigna aveva fatto uccidere suo marito.

- Era battezzata?

- No.

- E la sua anima dove sarà andata?

- Noi kivari diciamo che l'anima delle donne « Iguanci » (il diavolo) se la porta via. Alcune se le portò via in anima e corpo. Conosco una che la portò lontano, lontano, abbandonandola su di un alto monte; solamente dopo molti giorni potè tornare a casa: era ischeletrita pel disagio e per la fame.

- Com'è l'iguanci?

- Bruttissimo, peloso, colle corna, molto rabbioso e cattivo.

- Ne ha paura il kivaro?

- Ah no! Una volta un kivaro s'accorse che gli aveva rubato la moglie: lo inseguì e gliela tolse. Noi uomini non abbiamo paura di lui.

- E terribile, sai... è più forte che tutti i kivari insieme. Solo Dio è più forte. Sai chi è Dio? Che dicono i kivari?

- Niente: non sanno chi è...

- Ma chi ha fatto tutte queste cose che vediamo ?

L'interlocutore mi guarda attonito e risponde:

- Non so: il kivaro non lo sa.

- Quei monti di fronte chi credi li abbia fatti?

- Noi diciamo che si son fatti da sè: son rotolate giù pietre e terra, e terra e pietre...

- E di dove? da altri monti più alti? e quelli chi li ha fatti?

- Non so; non so! - risponde impazientito Ciuinda.

- I cristiani lo sanno: li ha fatti Iddio. Dio, che è onnipotente (tuchíncaciu.) Al principio non c'era il sole, nè la luna, nè le stelle: non c'erano uomini, ne animali, nè piante: nulla; c'era solo Dio. Dio ha creato tutto: gli astri, le piante, gli animali...

- Anche il giaguaro ha creato? e le vipere?

- Sì, anche il giaguaro e le vipere; ma erano amici dell'uomo e non lo uccidevano. Quando l'uomo diventò cattivo, allora il tigre e la vipera si fecero suoi nemici. Finchè fu obbediente, tutti gli animali gli obbedivano: così voleva Dio, che è il padrone di tutto; è lui che ci ha data la vita e la conserva, che fa crescere il banano e la mandioca nei campi.

- Noi, kivari, questo lo attribuiamo alla nàndara.

- Come vuoi che una pietruzza qualunque abbia tanta virtù?

- No, Padre, non credere che sia una pietra come le altre: forsechè la troviamo nei fiumi? Mentre la kivara dorme, le appare una visione amica che le dice: « Va' nel tuo orto; là, in un buco del tal albero c'è una pietra rossa: prendila e custodiscila gelosamente: avrai così abbondante raccolto ». Al mattino, presto, la Kivara, digiuna, va e trova la pietra; la nasconde in luogo sicuro e il campo produce in abbondanza banano e mandioca.

- Guarda un po': i cristiani non hanno la nàndara; eppure i loro campi producono più dei vostri. Di' a tua moglie che butti via quella pietra, e vedrai che non diminuirà la produzione dei tuoi campi. Solamente devi essere buono ed imparare a conoscere Dio: è il nostro Creatore. Al principio non c'era nessun uomo: Dio ne creò uno, e creò una donna. Ebbero dei figli, ed uno di essi, cattivo, uccise suo fratello.

- Tunaru! (birbante) - esclama Ciuinda.

- Certo fu un birbante. Dio dice: « Non ammazzare, non far male a nessuno »; e lui disobbedì e uccise suo fratello, così buono.

Gli faccio vedere il quadro della morte di Abele: e vedendo Caino, vestito come lui, domanda:

- Era kivaro?

- Sì, kivaro cattivo, per questo tutti gli dicono « birbante! ».

- Padre, i kivari non ammazzano i buoni, solo i cattivi che han commesso delitti, e devono ucciderli: è un dovere. Tutte le mattine, mentre le donne preparano la colazione, i vecchi ricordano ai giovani le ingiurie e le offese ricevute dalla famiglia, i parenti maltrattati e uccisi, e finiscono animando e spronando i giovani alla vendetta. Persino i morti vogliono che li vendichiamo. Quando uccisero Casenda, tutte le notti lo sentivano battere il tunduli (tronco d'albero vuoto) nel bosco. Per un kivaro l'ammazzare un nemico è una gloria, è la più grande soddisfazione.

- Sai dove vanno gli assassini? guarda qui! E gli presento un quadro dell'inferno, pieno ... di kivari.

- Chi disobbedisce a Dio cade lì dentro. Dite che dopo morte vi cambiate in tigri, in cervi, in uccelli... Menzogna! gli amici di Dio vanno al cielo: i disobbedienti all'inferno.

Restò impressionato, e non rispose più alle mie domande: guardava le figure dei dannati, le toccava col dito una per una, ripetendo:

- Un kivaro, un altro kivaro, un altro!...

Dopo pochi istanti prese la lancia ed uscì dicendo:

- Padre, stammi bene: domani tornerò!

Infatti tornò, ma per licenziarsi. Mi disse che l'aspettavano a casa di un parente, dove s'era preparata la festa del tabacco. È la vera festa nuziale dei kivari, che si celebra, come tutte le altre, cori grandi scorpacciate di carne di maiale e sbornie di ciccia. Apre la festa la giovane sposa, a cui fanno trangugiare una forte infusione di tabacco. Se ìl suo stomaco non si ribella, è buon augurio; avrà vita lunga e prospera, rallegrata da numerosi e forti discendenti.

Insistetti perchè Ciuinda si fermasse qualche giorno ancora, promettendogli alcuni regalucci: - No, no, - rispondeva, - me ne vado subito: non posso più star qui. Ti dirò la verità, Padre: ho paura, viene qui Canusa. è uno stregone; non voglio vederlo. Addio, addio, tornerò presto.

Pare incredibile che sia così profondamente radicata questa superstizione. La parola « stregone » fa tremare il kivaro più coraggioso.

Poco tempo fa, due cristiani di Macas giunsero ad una kivaria e chiesero un po' di viveri. I padroni di casa, di malumore, non vollero dar nulla, neppure a pagamento. Visti inutili tutti gli argomenti e consigliati dalla fame, uno dei viaggiatori toglie un pezzo di carta dalla cesta, si fa avanti fino al mezzo della casa e con tono solenne esclama:

- Trattate così male? Ce la pagherete: io sono stregone! - e straccia la carta in minutissimi pezzi e soffiando li fa svolazzare per l'aria. Non rimase un kivaro in casa: uomini e donne fuggirono spaventati. I due amici si presero un bel pezzo di carne affumicata e un grappolo di banane e continuarono il viaggio ridendo. Gli infelici selvaggi per vari giorni non osavano entrare e per buona fortuna passarono presto altri cristiani che raccolsero i temuti pezzetti di carta.

Poveri disgraziati! Sepolti in tanta ignoranza e superstizione, non c'è da meravigliarsi che si lascino trasportare, così facilmente, dai più deplorevoli eccessi.

Sac. SALVATORE DURONI Missionario Salesiano.

Un'escursione nel distretto di Raliang (Assam).

(Lettera del Missionario Salesiano Don Giovanni Fergnani).

Raliang, 8 maggio 1925. Rev.mo Signor Don Rinaldi,

Ella, nella sua bontà, mi chiede qualche informazione intorno al mio distretto di Raliang. Torno giusto da un'escursioncella missionaria, di cui posso inviarle qualche appunto.

Il viaggio è durato nove giorni, sette dei quali tutti occupati nel lavoro molto attivo delle proprie gambe: disgraziatamente due soltanto!

La natura dei luoghi trascorsi in generale è deserta, pietrosa, spesso affatto decalcata. Non mancano tuttavia aspetti e panorami attraenti. Un saliscendi continuo e faticoso fra monti e risaie; non pochi corsi d'acqua rumoreggiano incassati in burroni profondi; foreste fiorite da grappoli d'orchidee, imponenti, sicuro domicilio di quadrupedi dalla pelle fine e ricercata, ma non facile ad acquistare.

La Messa celebrata durante uno strepitoso funerale pagano.

Dopo tre giornate di cammino raggiungevo il villaggio di Lamin, dove abbiamo una comunità di circa duecento cristiani che disposi a compiere il precetto pasquale.

E una gran festa l'arrivo del Missionario, che quest'anno, rara eccezione, hanno avuto per la seconda volta.

La chiesa si potrebbe facilmente scambiare per un misero fondaco, col tetto e pareti di rozza lamiera. Non le dico come si trova l'altare; le pagode, al confronto, sono in uno stato migliore.

La stessa domenica, in una casa di benestanti, accanto alla povera Casa del Signore, si celebrava un solenne funerale alle vittime dei coléra. Furono parecchi e tutti pagani; non un morto fra i cristiani, sebbene visitati anch'essi dal morbo fatale.

Dopo alcuni mesi, estratte le ossa dalle sepolture, si preparavano a cremarle con la massima pompa. Le basse finestre della chiesa, senza vetri, si gremiscono di facce d'ogni età e condizione incorniciate da lunghe e scarmigliate zazzere: cento occhi guardano dentro. I sacri paramenti, la mia barba, ogni mossa del missionario sono oggetto di curiosità vivissima. Mi faccio un coraggio da leone, e principio la messa tra un frastuono tale, come se celebrassi nel mezzo d'una piazza in tumulto.

Il piagnisteo funerario, non mai interrotto, aumenta gradatamente d'intensità finchè culmina in un urlo simultaneo, terribile, bestiale, disperato, come di una masnada, che sentisse il coltello affondarsi nella gola. Io non poteva schermirmi da un invincibile brivido di sgomento, o piuttosto ribrezzo. Lo scoppio dei mortaretti, al momento del massimo orgasmo, rinforzava l'impressione ferale. E perchè il corrotto dei piagnoni sia più sincero, si bagnano l'ugola con forti dosi di libagioni alcooliche.

I miei cristiani non si sgomentano, e dànno subito principio a canti sacri di tale dolcezza che minacciano di sopraffare la stessa gazzarra paganesca. Mi raccontando con tutto il cuore a nostro Signore benedetto che mi salvi i timpani auricolari e mi assista. Il peggiore tormento era lo schianto delle bombe, le quali scoppiate d'improvviso, a due passi, m'imprimevano dei sussulti repentini da obbligarmi a correre, istintivamente, con le mani al Calice.

Si figuri qual sorta di predica fu la mia: per farmi capire, più che alle parole dovetti abbandonarmi a una mimica straordinariamente drammatica. A me bastava che comprendessero che essi, i cristiani, erano stati salvi dal contagio in grazia d'una speciale protezione dell'alto; e che i pagani, se fossero cristiani, consolati da una speranza immortale, non avrebbero bisogno di un funerale così disperatamente assordante.

Amato Padre, i poveri cristiani di Lamin sono al tutto meritevoli della carità dei fratelli d'oltreoceano, con una chiesa di tal fatta, senza edificio scolastico e neppure una misera capanna dove alloggiare il Missionario...

- Ci venga in soccorso! - mi supplicò al momento della partenza il rangbah (capo) Joseph - siamo pecore senza pastore!

Ardua e pericolosa discesa nella via del diavolo.

Il quinto giorno doveva essere impiegato interamente nel recarmi alla seconda visita: l'importante villaggio di Syndai: tragitto affatto ignoto, e da quanto aveva inteso dire di difficoltà non comuni.

Gli ultimi khublei (saluti), sempre bene accetti, mi erano stati ripetuti da una frotta di fanciulli che mi accompagnarono un buon tratto dentro un sentiero boschivo, cantando canzoni sacre e inni in onore del Missionario. All'ordine di fermarsi s'inginocchiarono sull'erba, ed io li benedissi con effusione di cuore.

Poi fui tutto assorto nei grandiosi spettacoli che la natura offriva allo sguardo con generosa e terribile magnificenza.

Il viottolo si arresta di colpo davanti a un abisso che fa paura. Fu detta, questa, la via del diavolo; ma propriamente via non è: si tratta di una rovina quanto mai orrida e ronchiosa, la quale cade a strapiombo. Qua è prudenza raccogliere a consiglio tutte le potenze dell'animo, che la minima distrazione potrebbe costare la pelle.

Fatto il santo segno della croce, scendiamo tra masso e masso, viscidi di muschio, con la trepidazione di chi si avventura in un mare in burrasca, sopra una fragile barca. Non mancarono slittamenti, sfiancate, ma fortunatamente senza serie conseguenze. La foresta ci chiude ai fianchi come un gran muro di difesa. Uno scrosciare fragoroso preannunzia un grosso torrente, che precipita da altezze misteriose, sotto l'impenetrabile mantello d'una vegetazione tropicale.

Poco dopo sono attratto da una curiosità interessante. Nella selva vicina, tra albero e albero, si distendeva tutta una fitta condottura di canne di bambù che versavano i loro zampilli in una successione di altre canne più basse, fino a tanto che una minima, collocata con arte molto ingegnosa nelle piccole correnti, lascia cadere l'acqua a goccia a goccia sulle radici di un verde rampicante che frondeggia vigoroso intorno al tronco di grosse piante. E il rinomato tempéu, le cui foglie aromatiche, masticate insieme a una noce spaccata di bètel e una presa di calce, formano la cicca preferita di questi montanari. Si scioglie in una rossa saliva, ripugnante a vedersi, ed è un vero disastro per la dentatura. Ecco perche s'incontrano spesso i sentieri segnati da sputi, che a prima vista si scambierebbero per macchie di sangue.

Il sonoro torrente scompare nella selva; e noi, incuneati di nuovo fra pietra e pietra, si continua l'ardua giostra dello scendere a quattro gambe.

D'improvviso, a una svoltata, scoppiamo in forti clamòri. Dal supremo ciglione della montagnosa diga appare, scintillante al sole, il meraviglioso ventaglio di una stupenda cascata, la quale da una roccia livida e bruna come la lava, a diverse gradinate, salta nel mistero della foresta. Il film straordinario si ripete più d'una volta, sempre acclamato da grida di gioia.

Alla fine un placido e limpido fiumicello segna il termine della drammatica e pericolosa discesa.

Nel tristissimo regno della morte. - Panorama incantevole.

Già la sconfinata pianura dello Sylhet ci accoglie frettolosi nel suo tristissimo regno delle paludi senza numero, delle boscaglie tetre e paurose, la patria dei bufali, delle tigri bengalesi, dell'ippopotamo, del serpente boa; sopratutto ricettacolo perniciosissimo della malaria.

A larghi intervalli stupivamo all'incontro di qualche capanna, come di una cosa inverosimile, non riuscendo a capacitarci come mai quella grama gente possa strappar la vita per l'appunto nel regno della morte. Appartiene alla forte e selvaggia tribù dei Bhoi.

Trascorso un campo di lak, oppresso dall'afa e dalla sete, si fece sosta al bungalow di un teaplanter, un caro galantuomo, in quel giorno assente. Poi si proseguì come un armento senza guida, assillati dalla continua incertezza sulla direzione da prendere, costretti spesso a rifare il medesimo cammino.

Inaspettatamente arriviamo davanti a un quadro macabro: sopra una specie di alto palco, fatto di canne, accosto a una capanna, un po' più grossa del solito, si trovavano accatastati una dozzina di corpi nudi, giallastri, di proporzioni più che ordinarie, in un abbandono assoluto, come se fossero cadaveri in attesa del coltello anatomico. L'abbaiare rabbioso di un cane fece uscire una donna con un bambino a cavalluccio sul fianco; ma non scosse i dormienti, che parevano morti davvero. Il calore era soffocante.

L'alta diga dei monti, seguitava boscosa, terribile, alla nostra sinistra. Noi stiamo errando sempre in un paesaggio d'anime condannate ai supplizi dell'inferno; cespugli pungenti, inestricabili, acquitrini in fermento, pieni di vegetali putrefatti, pantani insidiosi, malodoranti. Quante volte affondati nel folto di erbacce che ci seppellivano fino al collo, si trepidava al pensiero di mettere il piede sopra qualche rettile velenoso; quante volte al minimo frusciare nell'ombra sinistra delle selve oscure, si temeva la comparsa di animali feroci. Non mancava la preoccupazione noiosa di liberarci dalle sanguisughe, numerosissime in queste lande selvagge; le quali, se si appiccicano alle vene, producono ferite pericolose. Non c'è quindi da meravigliarsi, se dopo molte ore di un girovagare di quel genere, arrivati al largo stradale di Syndai, si ebbe il senso di vera liberazione.

Il morale tornò subito a livello altissimo. Non ostante l'accasciante attraversata, s'intonano canti di allegria, a cui tenne dietro ben presto il più assoluto silenzio. Da principio si ebbe la lieta impressione di procedere in mezzo ad un parco principesco; molta letizia di uccelli di varii colori, palmizi eleganti di betel, e ai fianchi della via una sfilata di alberi grandiosi.

Ma rapidamente la via si drizza come una scalata appoggiata a un muro. Il sole coi suoi raggi obliqui ci strazia in pieno atrocemente le reni. I miei nongkit (portatori) così bravi, così coraggiosi, ora sbuffano sotto i loro fardelli, schiumanti di sudore da far pietà.

« Alt! » io grido. Si prende fiato in un largo ripiano, le cui attrattive sono così straordinarie da suggerire spontaneamente l'idea della divinità.

Panorama incantevole! Lo sguardo spazia nella vastità dello Sylhet, come in un mare senza confini. Ci pareva toccare con le mani il grosso mercato di Jaintiapur.

La nostra attenzione è quindi assorbita dalla maestà di un albero colossale, dai molteplici fusti, che si raggruppano molto in alto in un sol arco grandioso: e, più in su, sussurrante, nell'azzurro del cielo, una ramaglia imponente, che ricorda in qualche modo, senza esagerare, la torre Eiffel. È un albero sacro, l'albero che in Cina chiamano della « pagoda »; all'ombra dei quale sta appunto come accovacciato un tempietto hindù, che ha resistito agli urti dei terremoti, perche avvinghiato da cento braccia di una vegetazione tenace. Sopra, il suo tetto sono cresciute delle piante di grossezza normale.

A pochi passi, protetto da una tettoia, si vede un vaso aperto, il vaso dei profumi, vicino a cui, in mancanza di meglio, una pietra informe, segnata di rosso per comprendere che ha il capo, fa le parti di idolo.

A metà della salita, s'ebbe un sollievo assai maggiore. Faceva un caldo da scoppiare; e da molto sospiravamo il ristoro di acqua refrigerante. Ed ecco che si raggiunge il ponte di un torrente, che sparge, sonando una sinfonia graditissima, sopra larghi strati di pietra le sue fresche correnti. Chi non ha sofferto il supplizio della sete non può farsi un'idea della gioia che il viandante prova a tali incontri: è come passare dalla morte alla vita!

Nuovo sistema per attrarre i fanciulli. - Una dote preziosa.

Nella quiete del sereno tramonto respirava finalmente, seduto sopra il balconcino d'una povera abitazione ceduta dai cristiani a mia dimora. Dopo una giornata cosifatta, godeva un momento di pace invidiabile. Sotto lo sguardo, sia pure con un po' di disordine, si spiegavano, disposte ad anfiteatro le molte capanne dell'importante villaggio.

La mia bianca figura non restò a lungo inosservata. I fanciulli furono i primi ad avvistarmi; e, passata la voce, corsero in frotte a godersi la novità del giorno. Guardavano con viva curiosità la barba del saheb (europeo), si ammiccavano tra di loro, sorridevano contenti. Mi compiacqui assai della loro comparsa e pensai subito di fare la conoscenza coi piccoli amici. Ma, non appena feci cenno che si accostassero, fuggirono tutti a precipizio. Restai male. A poco a poco si riavvicinavano; ma al minimo indizio di aprir bocca, era di nuovo un fuggi fuggi, come se fossi stato l'orco, pronto a ingoiarli.

Confesso che mi sentii mortificato di rappresentar Gesù in un modo così poco allettevole. Anche parecchie donne sopravvenute si contentavano di squadrarmi coi loro marmocchi in braccio, a rispettosa distanza.

E più mi sforzava di invitarli e più era peggio. Qualche volta il panico era tale che, cadendo rovescioni l'uno sull'altro, andavano a rischio di farsi del male. Come realmente capitò a una bambinuccia, la quale, mentre scappava, inciampò, dando di picchio col petto sopra una grossa pietra, con grande terrore della madre.

Poichè la commedia minacciava di prendere una cattiva piega, mi rammentai in buon punto d'un mio segreto, d'infallibile successo.

Come se non m'importasse più affatto di quei coniglioli ostinati, senza mai levare gli occhi, cominciai adagio, adagio, a trar fuori da un lucido astuccio tre corti pezzi cilindrici, armati di alucce metalliche, che incastrai l'uno nell'altro con molto riguardo. Appena il flauto, mio indivisibile compagno, fu pronto, l'accostai alla bocca e ne uscirono trilli giocondi.

La gioia de' miei spettatori arrivò al colmo, che manifestarono in risate irrefrenabili. La curiosità vinse la paura. E, così, a poco a poco, diventarono gli amici più cari del mondo, fin troppo amici, perchè, in seguito, non c'era più verso di liberarmene un minuto. Erano un centinaio almeno; fanciulli, bambini, grandicelli, piccoli, con abiti, senz'abiti; una varietà interessante.

Forniti di orecchio squisito, vanno matti per la musica, e pigliano a volo qualunque motivo, e col motivo anche le parole. Ne approfittai per insegnare un canto pastorale, che più tardi qua e là si sentiva ripetere nel segreto dei loro tuguri. « Gloria in excelsis Deo!... » Io godeva che il Signore in quella notte fosse lodato dalle bocche infantili dei poveri pagani.

Il giorno dopo non poterono tutti capire nella meschinissima capanna destinata a scuola e a cappella insieme. Molti si assieparono alle pareti esterne, e, dalle fessure degli angoli specialmente, occhieggiava una fiorita di pupille scintillanti, maravigliose, corone tante piccole stelle.

Nessun pittore è mai riuscito ad ornare meglio i più sontuosi templi di questo mondo. E certo una corrente di simpatia doveva essere stabilita tra Gesù, disceso allora dal Cielo, e i suoi teneri amici.

- In Syndai, mi ripeteva Mathias, rangbak (capo) di questi cristiani, tre o quattro famiglie in tutto, la propensione verso la religione cattolica è grandissima. Se avessimo un maestro catechista c'invierebbero alla scuola tutti i loro figliuoli; e senza grave difficoltà sarebbero conquistati alla fede.

Io constatava infatti de visu come le madri gioissero nel vedere i bambini stringersi intorno al Padre, come fosse Gesù in persona: e pensava in quel momento: nessun'anima buona, nessuna famiglia, nessun istituto vorrà acquistarsi un tal merito al cospetto di Dio!

Grazioso omaggio alla Vergine. - « Quando potremo dare a Syndai un catechista? »

Alla benedizione delle case la mia scorta di onore era costituita dalla solita falange di fanciulli, che andò sempre ingrossando. Decisamente il figlio di Don Bosco è la calamita dei giovani.

Sul tardi del pomeriggio ci fu al mio balcone l'ultimo convegno di suoni e di canti. Fra la turba dei curiosi s'era confuso anche il lingdoch, o sacerdote dei pagani, il quale incoraggiava i ragazzi a dar retta al Missionario.

In un breve intervallo, appena mi videro distribuire un'immaginetta dell'Ausiliatrice ai fanciulli cristiani, tutti i fanciulli pagani, la chiesero anch'essi con insistenza e senza appressarla di troppo alle labbra, facevano l'atto di baciarla con un caratteristico schiocco della lingua contro il palato, come si usa da noi nel guidare i cavalli.

E sotto i miei occhi si svolse la scena più graziosa. Mentre sparsi nel prato sottostante, in varii gruppetti pittoreschi guardavano l'effigie della Madonna con interesse e i più simpatici commenti, sommessamente dapprima, dalla bocca della piccola Carolina, una bambinuccia cristiana, uscì lene, lene, un canto sull'aria di Mira il tuo popolo, e a quella voce, a poco a poco, ugualmente timide e sommesse, si unirono le voci di tutti gli altri, in modo da formare un coro sommesso di una dolcezza inesprimibile.

Cantavano, e cantando, quasi fossero attratti da una forza misteriosa, non staccavano lo sguardo dall'immagine sacra. Oh! la Madre di Dio, quanto dev'essersi compiaciuta di quel tributo d'affetto che le rendevano quelle anime semplici, sebbene non ancor monde dal lavacro battesimale! Non potei trattenere le lagrime e piansi di consolazione, ma insieme provai una forte stretta al cuore, al pensiero, che, per mancanza di mezzi pecuniarii, non era in grado d'inviare un catechista in un terreno così disposto. Con duecento lire mensili si potrebbe compiere quest'opera santa!

Il viaggio volgeva al termine, quando si alzò una bufera improvvisa. Bisognava presto presto traghettare il fiume Myntang, prima che il cammino fosse interdetto. Nella fretta di spiccare un salto discreto, un piede mi scivolò e battei in malomodo colla tibia su di un masso scabroso: avvertii subito il tepore del sangue filare giù nella gamba. Ma non c'era più tempo di darvi retta.

In quel momento la maestà di Dio passeggiava sulle nubi. Gli elementi in furia avevano già intonato solennemente il salmo ventottesimo: Vox

Domini super aquas, Deus maiestatis intonuit... Vox Domini in virtute, in magnificentia... confringentis cedros... intercidentis flammam ignis...

Tra lampi, vento e fulmini si rovesciò un diluvio, e i miei nongkit, sebbene carichi dei loro fardelli, si diedero a precipitosa fuga...

Son passate due settimane; ed oso appena, appoggiato a un bastone, affacciarmi all'uscio di casa, a contemplare il cielo tenebroso. Ogni giorno si combatte una fiera battaglia. E rifletto che se il maltempo mi avesse colto nella paludosa pianura dello Sylhet, la quale al sopravvenire dei monsoni, non è più un mare semplicemente metaforico, forse il mio ritorno si sarebbe dovuto attendere... invano.

Sopratutto però il mio pensiero, e più che il pensiero, il cuore rivola nostalgicamente ai cari e abbandonati figliuoli di Syndai! Quando potremo dar loro un catechista? Se Ella ci assiste anche in questa spesa, potremo, in poco tempo, assicurare la conversione di tutto l'importante villaggio.

Ci benedica amato Padre, e mi abbia sempre

Suo aff.mo figlio nel Signore Sac. GIOVANNI FERGNANI.

Padri e madri , non illudiamoci! Voi dovete rendere a Dio un conto rigorosissimo dell'educazione dei vostri figli. E certo che molti figli si dannano per essere stati malamente educati; ed è ugualmente certa che molti padri e molte madri vanno all'eterna dannazione per la mala educazione data ai loro figliuoli.

I giovanetti sono la delizia di Gesù e Maria.

In questi ultimi tempi, facendosi molto sentire la mancanza dei mezzi materiali per educare e fare educare nella fede e nel buon costume i giovanetti più poveri e abbadonati, la Santa Vergine si costituì Essa medesima loro protettrice, e perciò ottiene ai loro Benefattori e alle loro Benefattrici molte grazie spirituali e anche temporali straordinarie.

Ven. GIOVANNI BosCo.

Le meraviglie di Maria Ausiliatrice

Echi della Festa Titolare.

Sono superiori ad ogni descrizione. Gli appunti che ci vennero inviati da ogni parte d'Italia sui festeggiamenti locali, ai quali presero parte intere popolazioni, hanno comuni tre caratteristiche:

1) Grande affluenza ai SS. Sacramenti, nelle grandi città e nei piccoli centri;

2) Imponenza di sacri riti per l'intervento di dignitari ecclesiastici, Vescovi, Arcivescovi e Cardinali;

3) Religioso entusiasmo al passaggio della S. Immagine nelle processioni che si tennero quasi in ogni luogo.

Così a Cuorgnè, Casalmonferrato, Nizza, Savona, Vercelli, Milano, Treviglio, Sondrio, Schio, Cornedo, Langhirano, Pordenone, Venezia, Trieste, Rovigno, Rimini, Ancona, Gualdo Tadino, Trevi, Perugia, Sampierdarena, Spezia, Roma, Napoli, Caserta, Catania, Trapani, Palermo, Acireale, ecc. ecc.

Soltanto dalla Sicilia ci son giunte più di quaranta relazioni.

A VENEZIA l'E.mo Cardinal Patriarca incoronò solennemente una statua di Maria Ausiliatrice, nella Basilica di S. Pietro di Castello.

A TRAPANI, la festa e il mese di preparazione furono preceduti dalla solenne consacrazione di una nuova chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice. Il rito venne compiuto da S. E. Mons: Francesco M. Raiti, assistito dai Canonici della Cattedrale, da numeroso Clero, da vari Direttori Salesiani, alla presenza di numeroso pubblico devoto, pieno di entusiasmo per la Madonna di Don Bosco. Dopo la consacrazione seguì la messa solenne, con assistenza pontificale dello stesso Vescovo, il quale, al Vangelo, volle esternare con parole commosse il suo gaudio per il compimento di un antico voto del suo cuore.

I trionfi di Maria Ausiliatrice all'Estero.

Anche dall'Estero ci è giunta l'eco di solennissime feste, ed è incredibile, oseremmo dire, l'entusiasmo con cui è accolta presso ogni popolo la divozione alla « Madonna di Don Bosco ».

« Son già sette mesi - ci scriveva Don Trione - che sono in viaggio d'azione salesiana in queste Repubbliche Americane, e di città in città veggo sempre nuovi trionfi di Maria Ausiliatrice.

» Si resta profondamente commossi in questo Cinquantenario (1875 - 1925) dall'espansione dell'Opera di Don Bosco fuori d'Italia e specialmente oltre mare, nel vedere tanta fioritura di opere e una così immensa diffusione della divozione a Maria Ausiliatrice. La gloria di Maria Ausiliatrice, secondo la nota parola profetica della Madonna di Don Bosco, si è davvero diffusa da Valdocco in tutte le parti del mondo.

» I Santuari di Maria Ausiliatrice s'incontrano ormai in tutte le capitali e nelle altre più importanti città di queste generose Repubbliche, dagli Stati Uniti fino alla Terra del Fuoco, incominciando da Buenos Aires.

» E tutti, per merito d'arte, degni delle grandi città in cui sorgono, sontuosamente ufficiali da numeroso clero e con esecuzioni musicali attraentissime, circondati da fiorenti istituzioni educative, rigurgitanti di gioventù. E proprio Maria Ausiliatrice che in mezzo a sì vaste città moderne o ammodernate sorge con un gran programma di urgente apostolato e grida alle turbe: - Salvate la gioventù! salvate la gioventù!

» Le sue statue monumentali sorgono dorate sulle cupole e sui campanili, ogni notte illuminate a festa, e chiamano al suo programma le traenti e i cuori, anche dei più profani.

» Le sue statue, preziosi lavori d'arte scultoria e smaglianti per decorazione delle ormai celeberrime Scuole Salesiane di Sarrià di Spagna e del Collegio Pio IX. di Buenos Aires, sono portate fuori dei templi in solenni e trionfali processioni, in. mezzo a turbe infinite di gioventù che cantano le glorie di Maria con le loro voci argentine e con il candore fulgente della loro virtù, con il lungo corteo delle Associazioni parrocchiali, dei Cooperatori, dei Padri e delle Madri di Famiglia, tra immense folle di popolo ammirante e plaudente.

» È la gloria di Maria Ausiliatrice che procede conquistatrice del mondo: gloria di grazie, di conversioni, di oratori festivi, scuole, collegi, seminari, tipografie, officine, e missioni tra popoli selvaggi ed infedeli, in breve tutto un programma fattivo, diretto da Maria Ausiliatrice. Ecco nella vera luce la Madonna di Don Bosco e la gloria della Basilica di Valdocco estesa nel mondo.

» E, dappertutto, va introducendosi l'uso dei così detti « Tempietti di Maria Ausiliatrice ». Sono cassette a guisa di nicchie, che contengono una graziosa statuetta di Maria Ausiliatrice, alta da 3o a 40 centimetri.

» Ogni Tempietto o Tabernacolo viene portato di casa in casa, giorno per giorno, nel giro di 30 famiglie ogni mese, e divien argomento di speciali preghiere e manifestazioni religiose nella famiglia che l'ospita e pei vicini di casa. In alcuni luoghi ciò si fa soltanto nel mese mariano; in altri, invece, questo giro si rinnova ogni mese dell'anno nelle 3o famiglie.

» In breve ogni Santuario di Maria Ausiliatrice è come una gran Missione, feconda di molteplici frutti religiosi, educativi, morali, sociali. C'è davvero da ringraziare e benedire il Signore! »

Cari Confratelli sacerdoti, diffondiamo la divozione a Maria SS. Ausiliatrice, e vedremo anche noi rifiorire la pietà, la frequenza ai Sacramenti, e la vita cristiana presso tutte le popolazioni!

N. d. R. - Chi desidera norme e foglietti di propaganda, non ha che da farne richiesta.

GRAZIE E FAVORI (*)

La Medaglia di Maria Ausiliatrice.

Dopo un anno e mezzo da una terribile caduta, mia figlia cominciò a sentire dei dolori al ginocchio. Il medico non riusci a constatare nulla, ma dopo qualche tempo il piede le si spostò, e necessariamente venne trasportata all'ospedale, dove, sottoposta ai raggi Róngten, le si riscontrò la scheggiatura del ginocchio, meravigliandosi i dottori, che la rotella di esso non avesse, dopo tanto tempo, preso una piega peggiore.

Ricorremmo con gran fede a Maria SS. Ausiliatrice interponendo l'intercessione di Don Bosco, con la novena suggerita dal Venerabile; e la malata si sottopose ad una operazione difficilissima, la quale non poteva avere esito migliore. I dottori - erano cinque - tenevano per certo che il piede le si sarebbe accorciato alquanto, e con vivo stupore non ebbero a riscontrare alcun rattrappimento, ed esclusero qualsiasi ulteriore disturbo.

Com è buona Maria Ausiliatrice, e come è efficace presso di Lei l'intercessione del Venerabile Don Bosco!

Fiume d'Italia, 2o maggio 1925.

SAUL CHIUzzELIN, Coop. Salesiano.

MI HA RIDONATO IL FIGLIO. - Ascritto al reggimento di artiglieria pesante a Piacenza, per gravi strapazzi di servizio straordinario a Fiorenzuola d'Arda, mio figlio verme colto l'anno scorso da grave pleurite essudativa destra, che per le condizioni cardiache assai disastrose lo ridusse agli estremi. Corsi al suo fianco e, vedendo il suo stato gravissimo, mi votai con tutta la mia fede a Maria SS. Ausiliatrice. Dapprima parve che la Madonna non si piegasse alle mie preghiere; raddoppiai allora le mie suppliche, raddoppiai la fiducia, e la grazia mi fu interamente concessa. Dopo pochi giorni aveva la consolazione di accompagnarlo io stesso a casa in convalescenza: ed oggi è sano e robusto senza alcuna conseguenza della grave malattia patita. Avrei caro che una grazia così segnalata fosse registrata negli annali di Maria SS. Ausiliatrice:

Colle Umberto (Treviso), luglio 1925. DELLA GIUSTINA GIOVANNI.

« NON AVREI POTUTO SOPRAVVIVERE PIÙ DI DUE MESI!... ». - Da mesi soffrivo forti dolori allo stomaco, e mi era tanto indebolita che non potevo più digerire cibo, nè bevanda alcuna. Il dottore m'aveva ordinate varie cure, quando il 3 gennaio 1922 mi trovò un indurimento al piloro: e disse che per guarirne si richiedeva un'operazione chirurgica. Il pensiero dell'operazione mi agitò tremendamente. Non essendovi altro rimedio, il 19 dello stesso mese mi recai a Torino, all'ospedale di San Giovanni, dove i dottori lui diedero poca speranza; anzi, ai figli che m'accompagnarono, dissero che anche tentando l'operazione, data l'età e l'estrema debolezza mia, non avrei potuto sopravvivere più di due mesi. Nel giorno stesso m'accompagnarono al Santuario di Maria Ausiliatrice, ove giunsi proprio al momento della Benedizione Eucaristica. Mi prostrai a riceverla, e fissai lo sguardo nell'immagine della Vergine, esclamando: «O Maria Ausiliatrice, mostra che mi sei veramente Madre! ». Parvemi di vederla sorridere in segno d'approvazione, ed io feci promessa di pubblicare la grazia e di mandare un'offerta. Passai subito in sacrestia, e ordinai un triduo di benedizioni e di preghiere.

Il 3 febbraio, al mio paese e in Torino si celebrò una S. Messa per me, che doveva subire in quel giorno l'operazione. Tre ore rimasi sotto i ferri dei dottori, i quali mi estrassero un tumore di 350 grammi! Per vari giorni il mio stato fu assai grave, ma la viva fiducia in Maria Ausiliatrice trionfò, ed eccomi perfettamente guarita.

Diano d'Alba, 8 dicembre 1923.

Una Cooperatrice.

UNA VOCE MI DISSE CHE LA BUONA MADRE MI AVREBBE ESAUDITA! - Sul principio dello scorso gennaio un mio fratellino si ammalò improvvisamente di febbre di Malta, che lo tormentò per varii mesi, sempre altissima. Il poveretto, di costituzione assai gracile, fu ridotto ad uno scheletro: il medico non dava più speranze di guarigione.

Feci ricorso alla Vergine Ausiliatrice ad intercessione del Ven. Don Bosco, ed una voce interna lui disse che la buona Madre m'avrebbe presto esaudita. Infatti, dopo alcuni giorni, il fratellino cominciò a migliorare, la febbre gradatamente diminuì, ed egli, dopo breve convalescenza, riacquistò le forze di prima.

Riconoscente, ringrazio la Vergine Ausiliatrice ed il Ven. Don Bosco che esaudirono le mie suppliche, fiducioso di ottenere anche la mia guarigione da un male terribile che m'obbliga a continua immobilità.

Catania, 24-7-1924.

CONCETTINA JUDICA.

SENTO IL, DOVERE DI GRIDARE: DEO GRATIAS ET MARIAE! - Più di un anno addietro, quando alcuni affari non mi andavano bene, lessi in un numero del Bollettino Salesiano queste dichiarazioni: « In un momento di forte esasperazione per importantissimi affari, quando il cuore era spezzato, le lagrime venivan giù copiose, e nessun mezzo umano era valido, ricorsi alla Madre Celeste, che, da vera madre, non mi negò il suo valido aiuto, e tosto gli affari cambiarono aspetto e andarono così delicatamente bene, che sento il dovere di gridare: « Deo gratias et Mariae! ».

Rileggo ora questa dichiarazione di una buona cooperatrice, ed a me pare fatta per me, allora e adesso, e non ci aggiungo altro che una tenue offerta. Quanto sono deboli le anime forti, che credono poter aggiustare tutto da sè, senza l'aiuto divino!

Tivoli.

Dott. STEFANO STEFANI.

GUARITO PERFETTAMENTE. - Sul finire del novembre scorso cadeva gravemente ammalato mio fratello di malattia, che, sebben non fosse allarmante, temevo dovesse lasciargli tracce per tutta la vita.

Convinto che la scienza chirurgica non riuscisse a restituirlo allo stato di salute normale, mi rivolsi fiducioso a Maria SS. Ausiliatrice, affinchè, per intercessione del Venerabile Don Giovanni Bosco, volesse accordargli la grazia, promettendo tenue offerta a favore delle Missioni Salesiane, e di rendere pubblico il fatto.

Trascorsi quindici giorni, contro l'aspettativa di tutti, egli tornava a casa completamente guarito. Torino, 7 gennaio 1924.

FIORINDO CERRATO.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il Tempio erigendo a Gesù Adolescente e alla Sacra Famiglia, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti.

A) - A. S., Agagliate A., Agosti M., Airo C. in Fanella, Alasonatti E., Aiberti V. e F., Alcorano A., Alessandri M., Allais C., Allemand O. in Pellerin, Alliod A. In Cravel, Altina M., Anessi E., Angeloni M., Angelotti T., Angolani U., Anselmi L., Antoniolo D., Arena M. in Marzullo, Armando G., Armigliato A., Arnerio C., Arnoldi C., Arrighetti F., Artisi G., Asteggiano T., Alterno C., Audisio M., Avesani S. in Zampieri.

B) - B. P., Babina A., Bacci V., Bacis., L., Bagliani C., Balbi M., Bana G.. Banchini L., Bani L., Barassi O- A., Bassi T., Bauso M., Bellagamba G., Bellazzi C., Belli A., Belloi G., Beretta M., Bergni d. G., Bernasconi G., Berta C., Bertini F., Bertocchi L.. Bertone A., Bertone M., Bertoso A., Berzacola M., Besozzi, Bezza G., Biancheri Dorotea, Bianchi A., Bianco T., Biancorosso V., Biaslan P., Bidoli L. in Menegon, Biffi A , Bigotti A., Bilardo G., Bione T., Bocchi M., Bonetali E., Bonomo R., Bontempi C., Bortolottto E., Bosc B., Bosio C. in Itortolan, Bosio D., Bosio M., Braida M. in Bruno, Bruni A., Bruno A., Brusa C., Buccò E., Buffati M., Businelli d. A., Bussi L., Bussi M., Busso E., Bussone C., Buzzato-Pegoraro.

C) - Calatroni P., Calcagnoli d. F., Calzone M. in Altavilla, Cametti T., Canali R., Caneparo F., Cani C., Canini E., Capella A., Capitolo L., Capra M., Caputo G., Carderi C., Carignano M., Casanova A., Caselle ch. A., Cassinis L. in Rocca, Castagna E., Castagnero M. in Ghigo, Castino M. in Oldano, Cavaliere E., Cavaliere G., Cebba F., Ceccato A., Cena R., Cerrato G., Cerutti G., Cevrero M., in Vota, Chiabotti C. in Bellotti, Chiappero L., Chiari A., Chiarla V., Chiodi R. in Buscaglia, Chiuzzelin S., Ciccardini M. in Sala, Colombero C., Colombis F., Colombo M., Comitini M., Coniugi L. ed M. Pellegrinelli, Coniugi Sanmartino, Contessa B. di Seyssel, Conti B., Conti G., Contu Avv. P., Coppa M. in Viglino, Corbellini G., Cordier F. B. Corno C. in Sandrone, Corradini M., Cortese M., Cortesi C., Cortesi C., Cortesi G. B., Cortesi V., Cossu G., Cravino C. ved. Allisia, Cremonesi-Cristina A., Cristina d. G., Cunico N., Curaba eh. V., Cutruselli S.

D) - Da Calto G., Dal Bon A., Degli Esposti C., Del Pio V., Derillandi P., De Rosas A., D'Orazio P., Dialley P., Diottalevi-Zedurì, Doria M., Drocco S., Du, roux M.

E) - E. G., E. L.

F) - Famiglie Balbo, Gramelli, Fasolo G. B., Ferrari A., Ferrari M., Ferrario G., Ferraro I. in Garrone, Ferrero M., Fiorentini M., Fissore M., in Lusso, Florit L— in Saravito, Floridia O., Fossi T., Franceschetti M. Franchini M., Frigeri G., Fugazza G. e G.

0) - G. L., G. S., Gagliano A., Gaino G., Gallizioli d. F., Gallo A., Gamaleri T., Gandelli G., Gangeni A. in Torrisi, Garattini-Satinizza, Garbarino S., Garbarino T., Gardelli M. in Lazzarini, Garelli L., Gavotti T , Gazzetti M. in Casolari, Gianforchetti A., Giani C., Giannoni coram. G., Giannuzzi G., Giobbe T., Giorda D., Gissara M., Giudice M., in Zampatti, Giussani M., Gramegna A., Grande A., Graziani M., Guadagno A.

I) - Ingrassotta Carmela, Invernizzi M.

L) - Lagostena A., Lanzarotta B., Liotta C. in Satullo, Lombardi D., Loreti P., Luzzi C.

M) - Macchi M., Maffei G. B., Maiolatesi A., Mairo C., Malugani M., Mambriani I., Marelli G., Martin L., Martina A., Maspero G., Mazzoli E., Mazzucchi F., Mez zano D., Miegge E., Milanese A., Mirandola I., Mo I., Monchis L., Monti C., Mora M., Mortara suor G., Mazzoni M., Mura E. M.

N) - N. N. di Barletta, Casale Monferrato, Cherasco, Claro (Ticino), Livorno Vercellese, Nuoro, Nervo F., Niglio M., Noussan d. F., Novaresa T., Novelli U.

O) - Oberivasserloetiner Alois, Ogino P., Olivero M., Olino G., Orlandi B., Ossola F.

P) - Paciello A., Padre Speranza Redentorista, Pagliaroli A., Papa C. ed A., Pappalardo G., Parisi C., Pasini A., Padrini G. in Solari, Pellanda A., Pelizzoni G., Peluffo M., Pena M., Pentenero F., Peri A. in Imballi, Perez G., Perotti I., Perria P., Pinton T., Piras C., Piroddi F., Pittavino R., Pozza-Bortolo, Pradetto B., Predelli G., Pronello T., Puinati A.

R) - Robino M., Rapetti M., Razzoli D., Renzi A. in Lana, Revelli I., Rizzo C., Rolandi F., Rosa L., Rossatto M., Rossi T., Rosso G., Rosso G., Rota P., Rolit M., Roveri R., Rumbolo G.

S) - S. I., Sandrone A., Sanna M. in Bonaria, Santa G., Scanarini R., Scarrone A. in Ferraris, Sciortino M., Serra I., Settimi E., Signori M., Silombria G. in Cordier, Simeoni C., Silvetti I., Solari P., Sorelle Braga, Clerici, Filotti, Marenco, Spanò doti. I., Spellanzon L. in Palù, Stradella M., Suor Maria dos Santos Rosas.

T) - T. T. Tabacchi M., Telch M., Territo P., Terzi L., Terzi T. in Corna, Togliatti S. ved. Marino, Togneri P., Tomasoni A., Torregrossa S., Tortosella A.

W) - Weis I.

V) Vaia d. G., Valaguzza C , Yalsagna G., Valleise C., Valsecchi B., Valsecchi L., Vaschetto G., Veglio T , Vercesi A., Verra C., Verrua A., Vezzetti G., Vezzani M., Viale d. A., Vianzone L., Viassone R., Vigano d. G. a nome di varie famiglie che ringraziano ed implorano benedizioni da Maria SS. Ausillatrice; Vigliocco E., Vinci M., Violino G., Visconti G., Vocaturo I., Vola G.,

Z) - Z. L., Zambelli B. in Munnas, Zambelli G. B., Zamboni M., Zanchi P., Sandrino F., Zanetta T., Zanini L., Zanocchi G , Zatta P., Zearo G., Zehl A., Zerbini G., Zilli M., Zola G., Zucca T.

A GLORIA DEL S. CUORE!

Ogni giorno fate vostra l'intenzione assegnata agli ascritti all'Apostolato della Preghiera e il 1° venerdì del mese, sacro al Cuore di Gesù, e il 24 sacro a Maria SS. Ausiliatrice, raccomandate anche l'intenzione speciale da noi proposta.

INTENZIONI PER IL MESE DI AGOSTO. Intenzione quotidiana: « LA CAMPAGNA CONTRO LA BESTEMMIA ».

La bestemmia - sono parole del S. Padre - quando è pienamente consapevole e deliberata, per la sua intrinseca malizia di insulto diretto a Dio, autore di ogni legge, e di implicita negazione della Fede, costituisce il più grave dei peccati, anche se per gli effetti estrinseci del danno non appaia... Non solo dunque fa opera la più benefica alla santità della religione, ma alla dignità pure della convivenza civile ed alla prosperità dei popoli, chiunque si adopera a sradicare di mezzo alla società l'enorme delitto. L'Anno Santo, anno di grazia e di perdono, segnerà opportunamente il generale infervorarsi di una lotta che può ben dirsi una crociata santa, la più cara e benedetta da Dio, per la religione e per la civiltà.

Per il 1° venerdì e il 24 del mese.

« LA PREFETTURA APOSTOLICA DEL RIO NEGRO ».

È un territorio immenso che si estende per una superficie lunga oltre mille chilometri, con molte popolazioni indigene, disseminate lungo le sponde dei fiumi e nell'interno delle foreste.

Quando nel 1915 il S. Padre Pio X affidò questa Prefettura alla nostra Pia Società: « È un campo assai difficile, disse, che vi costerà del sangue e vi imporrà dei sacrifici ». E ci ha già costato la vita del primo Prefetto Apostolico, morto in un'escursione missionaria, per le privazioni e i disagi.

INTENZIONI PER IL MESE DI SETTEMBRE.

Intenzione quotidiana.

« IL RITORNO DELLE CHIESE SEPARATE ALL'UNITÀ ».

La Chiesa è cattolica, cioè universale, perchè si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi della terra: ed è unica o una, perchè non divisibile nè moltiplicabile, perchè vi si professa da tutti una stessa dottrina , si pratica lo stesso culto, si riconosce un solo ed unico capo. È quindi chiaro l'errore in cui giacciono tante anime, particolarmente nell'Oriente, le quali credono in Gesù Cristo, e non credono al Papa. Preghiamo perchè tornino all'unità della Fede: ne verrà gloria a Dio e alla Chiesa.

Per il 1° venerdì e il 24 del mese.

LA PREFETTURA APOSTOLICA DELL'ASSAM ».

Conta sette milioni di abitanti che parlano più di centosessanta lingue diverse. E un campo vastissimo, dove i Salesiani entrarono nel 1921 e dove occorrono altri rinforzi di missionari e di Figlie di Maria Ausiliatrice, perchè è troppo piccolo, immensamente piccolo, il numero degli inviati dal Signore di fronte al numero delle anime ad essi affidate e al loro felice movimento verso il cattolicismo.

Preghiamo Iddio a suscitare anche tra quegli indigeni nuove vocazioni.

AZIONE SALESIANA

Ad onore del Beato Giuseppe Cafasso.

Il triduo celebratosi ad onore del Beato Cafasso nella Basilica di Maria Ausiliatrice dal 28 al 30 giugno è riuscito solennissimo.

Il tempio era tutto parato a festa; sull'altar maggiore campeggiava la figura del Beato in gloria, e dal cornicione della cupola pendevano le tele raffiguratiti i due miracoli approvati per la sua Beatificazione.

Numerosa l'affluenza dei divoti alla S. Comunione e numerosissime le visite al Santuario. Queste, il giorno 3o, in cui a Roma si teneva la Congregazione Antipreparatoria dei Sacri Riti sulle virtù del Ven. Don Bosco, si protrassero tutto il giorno.

Le sacre funzioni furono rese più solenni dalla partecipazione delle LL. EE. RR. Mons. Malan, Salesiano, Vescovo di Petrolina nel Brasile, Mons. Bartolomasi, Vescovo di Pinerolo, Mons. Gamba, veneratissimo Arcivescovo di Torino, e dall'E.mo Card. Cagliero. La Schola Cantorum, diretta dal M.° cav. Giuseppe Dogliani, eseguì scelta musica liturgica, compresa la Messa solenne a sei voci di Pier Luigi da Palestrina.

I panegirici furono detti dal nostro Don Stefano Trione, dal can. Baravalle del Convitto Ecclesiastico di Torino, e da Mons. Vescovo di Pinerolo.

Mons. Bartolomasi illustrò l'intima comunicazione spirituale, per cui il Cafasso informò con la santità sua la santità di Don Bosco; e l'E.mo Card. Cagliero, dopo il canto del Te Deum, impartì la Benedizione Eucaristica. La Basilica era gremita.

La riconoscenza dei Salesiani per la parte specialissima che ebbe il Cafasso nella formazione spirituale del loro Fondatore vivrà eterna. Come col rapido diffondersi della fama di santità di Don Bosco suonò venerato in tutto il mondo anche il nome del suo Direttore di spirito, perchè la gloria più bella del Cafasso è quella di aver inoltrato nella via della santità il nostro Ven. Fondatore, così anche il suo culto avrà per opera dei figli di Don Bosco devote manifestazioni in tutta la terra, avendo essi già ottenuto dalla Sacra Congregazione dei Riti di celebrare in tutte le loro case e in quelle dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice la sua festa annuale al 23 giugno, giorno del beato suo passaggio all'eternità e vigilia di S. Giovanni Battista, cioè del giorno sacro nell'Oratorio di Valdocco alla festa della riconoscenza.

E qui ci è caro annotare alcune circostanze che accompagnarono la glorificazione del santo Direttore di spirito del nostro Venerabile Fondatore.

Abbiamo accennato alle relazioni che passarono tra lui e il Beato; abbiano detto della riconoscenza vivissima che il Venerabile nutrì per il suo Maestro, e della divozione che i Salesiani avranno sempre per Chi tanto amò il loro Padre, ed ora ci è caro aggiungere alcune circostanze.

Ultimo Postulatore generale della Causa di Beatificazione del Cafasso fu un figlio di D. Bosco, anzi lo stesso Postulatore e Procuratore generale della Società Salesiana, il Dott. Don Francesco Tommasetti.

Presenti alla solenne cerimonia della Beatificazione furono due altri figli di Don Bosco, l'E.mo Card. Giovanni Cagliero e il venerando Don Francesia, gli unici superstiti che conobbero il Cafasso. Don Francesia ebbe anche l'onore di comporre le lezioni per l'Officio del nuovo Beato, e in esse la stessa Sacra Congregazione dei Riti volle introdurre una splendida menzione del Ven. Don Bosco e dell'Opera Salesiana (1).

Crediamo pure di far cosa gradita ai revv. Sacerdoti che amassero conoscere l'orazione propria dell'Officio e della Messa del B Cafasso, anzi tutte e tre le orazioni proprie della sua Messa (=Os justi » de communi Conf non Pont.) facendo notare che, mutato nomine, sono eguali la prima orazione a quella di S. Giovanni Francesco Regis d. C. d. G.. 16 giugno), la secreta a quella di S. Giovanni Battista de' Rossi, l'apostolo di Roma (23 maggio); e il post-communio a quello di S. Lorenzo da Brindisi (7 luglio); avendo la S. Congregazione dei Riti, con espressivo richiamo, applicato al santo prete torinese le orazioni già approvate per questi tre grandi modelli di apostolato sacerdotale

Alla cerimonia della Beatificazione si fece un dovere di assistere anche il terzo Successore di Don Bosco.

Le Lettere Apostoliche con le quali il Santo Padre Pio XI, in data 3 maggio u. s., dichiarava Beato « il Venerabile Servo di Dio Giuseppe Cafasso, Prete secolare e Rettore del Collegio Ecclesiastico di Torino », accennando alla sua vita interiore ed esteriore, veramente degna del carattere sacerdotale, aggiungono « quale venne attestata splendidamente nei suoi scritti anche dal Fondatore della Pia Società di San Francesco di Sales ».

Il primo triduo solenne, poi, celebratosi in Roma ad onore del Beato si svolse, come abbiam già detto, nella Basilica del Sacro Cuore di Gesù, eretta dal Ven. Don Bosco.

Similmente al solennissimo triduo (21-23 giugno) celebratosi in Torino nella Basilica della Consolata, prese parte con vero entusiasmo la Schola Cantorum dell'Oratorio Salesiano; e il devoto corteo con cui vennero trasferite nella stessa Basilica le sue venerate reliquie ed al quale presero parte oltre duecentocinquanta Religiosi, Sacerdoti, Parroci, Canonici, Prelati, 14 Vescovi del Piemonte e il veneratissimo Arcivescovo di Torino Mons. Gamba, era presieduto dal nostro Card. Cagliero.

Così pure la settimana dopo, come abbiam detto poc'anzi, veniva celebrato ad onore del Beato un altro solennissimo triduo, ad iniziativa del III° Successore di Don Bosco, nella Basilica di Maria SS. Ausiliatrice.

In breve, come il Beato Cafasso, per usare una metafora dell'E.mo Card. Laurenti, fu il nido sacro dal quale spiccò sublime il suo volo di aquila il Ven. Giovanni Bosco, così le Case Salesiane di tutto il mondo diverranno altrettanti fari di gloria del nuovo Beato.

Come è mirabile Iddio nei suoi santi! L'umile sacerdote torinese pregava Iddio a far perire sulla terra la sua memoria sicchè mai più nessuno avesse a pensare a lui... e Dio volle, come diceva Don Bosco fin dal 186o, che la sua grande umiltà fosse esaltata, e la sua memoria durasse particolarmente presso i sacerdoti, come loro modello nella santità della vita e maestro nella scienza del Signore (1).

La Civiltà Cattolica nel fascicolo del 4 luglio u. s. dice queste memorie di Don Bosco: . un esempio di gratitudine ed insieme un documento di pietà e santità sacerdotale del lodato non meno che del lodatore. Ma sono più ancora un documento storico di primo ordine, ricco di testimonianze e di fatti, il quale fa tanto più deplorare che siasi impedito al Venerabile di stendere una più ampia vita del Cafasso

Raccomandiamo ai nostri lettori anche la Vita del Beato Gluseppe Cafasso del Sac. Abbondio M. Anzini, Salesiano. Un vol. di circa 250 pagine, L. 6.

È una candida presentazione del Beato, gemma fulgida del Sacerdozio, ricca di pensieri, detti, fatti ed aneddoti, in modo da riprodurne egregiamente la fisonomia, quale la fissò per primo Don Bosco e quale venne illustrata più tardi dalle deposizioni processuali.

(1) Cfr. Il Beato Giuseppe Cafasso. Memorie pubblicate nel 186o dal Sac. Giovanni Bosco; Torino, Soc. Editrice Internazionale, 1925. L. 4.

Convegni di Azione Salesiana.

Un grazie di cuore ai Revv. Direttori Diocesani, Decurioni, Zelatori e Zelatrici, che ebbero la bontà di prender parte ai Convegni di azione salesiana, tenutisi nei mesi scorsi ad Aosta, Ivrea, Casale, Pinerolo, Fossano, Torino, Nizza Monf., Vercelli, Novara, Alessandria ed Asti. Complessivamente furono 6oo decurioni e zelatori che s'interessarono del nostro movimento.

Un grazie specialissimo ai Rev.mi Arcivescovi e Vescovi che ebbero la bontà di presiedere le adunanze.

A comune edificazione diamo un cenno particolare del Convegno che si svolse a Torino per i decurioni delle Diocesi di Torino e Susa il 30 giugno u, s., con intervento delle LL. EE. Rev.me Monsignor Bartolomasi, Vescovo di Pinerolo, Mons. Arcivescovo di Torino e dell'E.mo Card. Cagliero.

Il Convegno di Torino.

L'adunanza fu aperta dal rev.mo sig. Don Rinaldi. Il venerato Rettor Maggiore, ascoltatissimo, fece un breve richiamo a quello che è lo spirito della famiglia salesiana, proprio non solo di coloro che vivono in comune nelle case di Don Bosco, ma di quanti, pur vivendo nel mondo nelle proprie case, nella propria famiglia, lo sentono, lo seguono, lo fanno norma del loro operare.

Tra questi noi sentiamo più vicini a noi i direttori, i condirettori, i decurioni, i zelatori, le zelatrici: in una parola i capi-gruppo, i capi-pattuglia: quelli, per l'appunto, che son presenti al convegno. « Anche voi, notava Don Rinaldi, siete salesiani, salesiani in mezzo al mondo; così diceva Don Bosco. Ma per questo noi invitandovi qui per trattar dei bisogni e dello sviluppo delle opere e delle Missioni Salesiane, non intendiamo di reclutare la vostra attività a nostro esclusivo vantaggio, ma piuttosto di accenderla, se fosse necessario, e di spronarla all'azione secondo lo spirito di Don Bosco a vantaggio delle vostre città, dei vostri paesi e delle vostre parrocchie. Cerchiamo tutti una cosa sola: di lavorare e cooperare con Dio alla salvezza delle anime secondo i bisogni dei vari paesi, con lo spirito di Don Bosco; e noi faremo ciò che Don Bosco voleva e ciò che egli stesso ci avrebbe detto in quest'adunanza. In una parola, diamoci da buoni fratelli la mano per lavorare insieme alla maggior gloria di Dio e alla salvezza delle anime ».

Quindi prende la parola il nostro propagandista Don Fasulo, il quale reca ai decurioni del Centro il saluto di 3000 e più decurioni, ai quali egli ha parlato nelle sue visite alle principali città d'Italia: « Il clero di ogni parte, dice, guarda con simpatia al clero del Centro, da cui uscirono Don Bosco, il B. Cafasso, e i primi e più attivi zelatori salesiani ».

E brevemente si rifà alle deliberazioni del primo convegno, tenutosi l'anno scorso, durante il quale furono tracciate le linee programmatiche alle quali devono attenersi i Decurioni. Si ferma particolarmente sul dovere di tenere le due conferenze prescritte dal Regolamento a San Francesco di Sales e a Maria Ausiliatrice. Raccomanda inoltre di promuovere il culto di Maria Ausiliatrice, celebrandone la festa il 24 maggio, introducendo la pia pratica del 24 di ogni mese, erigendo l'Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice.

Il prefetto generale dei Salesiani Don Pietro Ricaldone ricorda quale immane lavoro e quale somma di bene si è compiuto nel campo delle Missioni Cattoliche dal giorno che i primi Missionari Salesiani, guidati dal Teol. Giovanni Cagliero, partivano per la Repubblica Argentina. Si era nel 1875. Altre spedizioni apostoliche tennero dietro a quella nell'America del Sud e poi, via via, in tutti i continenti. Cosicchè oggi son 25 le Missioni Salesiane con 1169 missionari. Ma ben altro si dovrà fare, perche da più parti si chiede ai Salesiani di voler mandare nuovi missionari. Come rispondere affermativamente a queste domande? Il Santo Padre ci ha chiesto di accettare altri campi di missione. In novembre partirà un nuovo manipolo di missionari salesiani per il Giappone: ma non sempre si può rispondere come si vorrebbe. Ecco perche noi diciamo ai decurioni, agli zelatori, ai sacerdoti: Mandateci delle vocazioni! Il Signore premierà il loro sacrificio a favore delle povere genti selvagge, e ripagherà anche voi e le vostre terre col moltiplicare dappettutto le più generose vocazioni.

A sua volta prende la parola Don Trione che ebbe occasione di assistere a quanto si è fatto ultimamente a Buenos Aires e. nell'Argentina tutta a favore delle missioni salesiane: e traccia norme e modalità che per la riuscita del Cinquantenario delle Missioni potrebbero essere seguite dai decurioni per la preparazione che dovrà essere intensa per dar ottimi risultati; cioè conferenze, giornate missionarie, diffusione di stampe, raccolta di oggetti; trattenimenti, recite, saggi ginnastici e musicali; lotterie e pesche di beneficenza, ecc., ecc., lasciando libera iniziativa a coloro che intendono provvedere in maniera più acconcia alla raccolta di aiuti d'ogni genere.

L'E.mo Card. Cagliero, giunto al termine dell'adunanza, augura ai decurioni di diventare tutti centurioni, di moltiplicare cioè attorno a sè il numero di Cooperatori Salesiani, per raddoppiare ogni santa attività in questi tempi che abbisognano del fervore di molte anime apostoliche. Con frasi incisive, dette col sorriso sul labbro, rievoca il lavoro compiuto dal Ven. D. Bosco e dai suoi figli, specie missionari, con la grazia di Dio e l'aiuto dei Cooperatori; e dopo aver rilevato come nessuna nuova forma di attività religioso-sociale manchi nel programma che Don Bosco dava ai Cooperatori, conchiude amabilmente:

« Lavorate e fate lavorare i Cooperatori Salesiani, e avrete un giorno la più grande mercede.

Quando vi presenterete alla soglia del Paradiso e S. Pietro vi domanderà « Chi siete? », se potrete rispondere in coscienza « Cooperatore Salesiano », state certi, che vi spalancherà la porta!... ».

All'adunanza tenne dietro un'agape fratena, nella quale ancor altri presero la parola per raffermare il proposito di far proprio lo spirito informatore dell'Opera di Don Bosco, e parlò anche il nostro caro missionario Don Balzola, l'apostolo dei Bororos e degli indi del Rio Negro, interessando tutti col nostalgico ricordo delle mille difficoltà incontrate nei suoi trent'anni di laborioso apostolato e dei mille pegni di assistenza divina.

Ci siamo dilungati alquanto, e terminiamo benedicendo il Signore. Noi vediamo, realmente, come da questi Convegni i buoni direttori dei nostri Cooperatori partano entusiasmati e sempre meglio disposti a favorire un'opera, la quale, come diceva a Nizza S. E. Mons. Delponte, vescovo ausiliare di Acqui, « ebbe ed ha a suoi cooperatori precipui i Romani Pontefici, Maria Ausiliatrice e Dio stesso. Ci auguriamo di più. I sacerdoti siano non solo cooperatori salesiani, ma salesiani essi stessi, irradianti lo spirito salesiano nelle loro parrocchie, lavorando con lo zelo e lo spirito del Ven. D. Bosco, dedicandosi con cura particolare alla formazione cristiana della gioventù. Se così avverrà, i frutti di questi convegni saranno preziosi e larghi, non solo per la Società Salesiana, ma per le popolazioni delle singole diocesi ».

Ancora una parola.

Lo stesso veneratissimo Presule osservava: « Mentre si costruiva la Basilica di Maria SS. Ausiliatrice, un povero rivenditore di frutta, avendo, saputo che il tempio sorgeva col privato concorso dei fedeli, chiamò il direttore dei lavori, con generoso sacrificio gli donò tutta la frutta che aveva perchè la dividesse tra i muratori, e volendo compiere, secondo la sua espressione, l'opera incominciata,, si fece aiutare a mettersi sulle spalle una grossa pietra e s'incamminò su per i ponti. Tremava tutto il buon vecchio, ma salì fino in cima, ove deponendo il carico, sorridente esclamò: - Ora muoio contento!

» Cari confratelli, l'Opera di Don Bosco è un tempio, dove s'istruisce, si prega, e si compie il sacrifizio di oscuri, pazienti educatori, e di eroici missionari. Ma è un tempio sempre in costruzione! Carichiamoci anche noi la nostra pietra e portiamola su in alto, cooperando con tutta l'anima all'apostolato dei figli di Don Bosco. Quando al termine della nostra giornata ci mancheranno le forze, potrà dire anche ciascuno di noi: « Ora muoio contento ! ».

L'opera delle Patronesse Torinesi per le Missioni Salesiane.

Più splendido assai dei precedenti è riuscito quest'anno il contributo del nobile Comitato delle signore Patronesse Torinesi a vantaggio delle Missioni Salesiane. La costatazione magnifica si svolse il 26 giugno, quando, alla presenza di S. A. I. e R. la Principessa Laetitia di Savoia- Bonaparte e di Sua Eminenza il Cardinal Cagliero, ebbe luogo, nell'Oratorio Salesiano, la presentazione al signor Don Rinaldi degli oggetti confezionati e raccolti.

Tutt'intorno una vasta sala erano disposte in bell'ordine 19 cassette di altari portatili, pienamente arredate, 8o pianete ed altri oggetti e arredi sacri.

La presentazione venne fatta dalla contessina Camerana, infaticabile e benemerita segretaria del Comitato, la quale disse della viva gioia comune a tutte le Patronesse, specie a quelle addette al laboratorio di arredi sacri, diretto dalla signora Musso-Croce, nel cooperare allo sviluppo sempre più ampio e fecondo delle Missioni Salesiane. Fece una menzione speciale delle cassette degli altari portatili, delle quali una venne offerta da S. M. la Regina Elena; un'altra da S. M. la Regina Madre; le altre dalle LL. AA. RR. il Duca e la Duchessa d'Aosta in memoria di S. A. R. il conte di Salemi; dalla baronessa Ricci des Ferres; dalla contessa di Pamparato; dalla contessa Gromis di Sambuy; dalla signora Bellia Abate; dalla contessa Marenetta di Robilant; dalla contessa Camerana di Boyl; dalla signora Carpano, dalla baronessa Mazzonis Asello, dalle signore Malticino, Garbaccio, Rondolino; dal comm. Marangoni, in memoria della signora Camerana Alfazio; dal Circolo Don Bosco, e da un devoto del Beato Cafasso.

Il sig. Don Rinaldi espresse cordialmente la sua riconoscenza per così bella ed opportuna cooperazione, e umiliò a S. A. I. e R. una medaglia d'oro, coniata in Argentina a ricordo della visita fatta da S. A. R. il Principe del Piemonte a quegli istituti Salesiani.

In seguito prese la parola Don Trione per una breve relazione del viaggio da lui recentemente compiuto nell'Argentina e in altri stati delle tre Americhe, illustrando la meravigliosa espansione che vi ha preso l'Opera Salesiana, la venerazione che riscuote presso ogni popolo la santa memoria del Ven. Fondatore, e il bene che vi compiono, con la grazia di Dio e l'aiuto dei Cooperatori, i suoi figli.

In ultimo parlò l'E.mo Card. Cagliero, rievocando, con voce commossa, toccanti episodi della prima spedizione dei nostri missionari, alcune scene dell'arrivo in Patagonia, i primi 1700 battezzati, e altre cose che oggi, pur a così breve distanza, sanno di miracolosa epopea.

In fine S. A. I. e R. passò, con le Dame presenti, alla visita degli oggetti, che saranno accolti con mille benedizioni da tanti nostri missionari, privi non solo delle comodità materiali, ma molte volte, anche, dell'indispensabile per compiere convenientemente le continue escursioni di fede e di civiltà.

VI° Congresso del S. Cuore.

Nel prossimo settembre, presso il Santuario Salesiano del S. Cuore di Gesù in Vignaud della Diocesi di Cordoba nell'Argentina, si terrà il VI Congresso Salesiano del S. Cuore.

I cinque precedenti congressi si tennero: il primo nel 1922 a Casale Monferrato (Italia), all'inaugurazione del nuovo Santuario del S. Cuore di Gesù, eretto colà dai Salesiani; nel 1923 il secondo a Bahia Blanca (Argentina) e il terzo a S. Paolo del Brasile; nel 1924 il quarto a Pernambuco (Brasile) e il quinto a Santiago del Chilì.

Questi Congressi continueranno a succedersi per turno presso le quaranta e più Chiese del S. Cuore di Gesù erette dai Salesiani, con programma che rispecchia l'azione di dette Chiese e Istituti Salesiani annessi, in conformità ai sospiri del S. Cuore di Gesù.

Eccone i punti principali:

1. « Lasciate che i pargoli vengano a me... ».

L'infanzia e la gioventù a Gesù.

2. « Siate perfetti » « La messe è molta, ma gli operai sono pochi... ». Vocazioni religiose, sacerdotali e missionarie. Soccorrere le Missioni Cattoliche.

3. « Venite a me tutti... Misereor super turbam... ». Le sacre funzioni in chiesa pel popolo, Associazioni e Pie Pratiche del S. Cuore di Gesù (Apostolato della Preghiera, Primo Venerdì del mese, ecc.).

Le Pie Associazioni che volessero inviare voti e adesioni al VI Congresso, si possono rivolgere al Comitato Centrale Salesiano, Via Cottolengo n. 32. Torino.

L'Emo Card. La Fontaine, Patriarca di Venezia, inviava questa cara adesione:

Venezia, 10 luglio 1925.

« Tutte le estremità della Terra han visto la salvezza del Dio nostro ». Queste parole del Salmo 97 mi tornarono alla mente, quando lessi che il VI Congresso Salesiano del Cuore amantissimo di Gesù avrà luogo nella sempre cara Argentina. Mi parve di vedere quel Cuore divino, che a guisa di sole facesse piovere i suoi raggi dolcissimi su tutte le plaghe della Terra, e un fascio più vivido ne proiettava su quella terra benedetta. Che quel vago giardino s'infiori sotto i raggi del Cuor di Gesù. Fiori eletti poi siano i fanciulli e i giovinetti coltivati da quelli abili giardinieri, che sono i Figli di D. Bosco. Dai fiori germineranno i frutti. Oh! che messe di opere buone si viene così maturando. Per me benedico dal fondo dell'animo al Congresso, che tanto bene ripromette.

+ PIETRO Card. LA FONTAINE, Patriarca di Venezia.

NOTIZIE VARIE

ITALIA.

* ROMA. - S. A. R. IL PRINCIPE DEL PIEMONTE ALLA SCUOLA SALESIANA DEL MANDRIONE. - La nostra Scuola Pratica di Agricoltura, dove sono educati, alle porte di Roma, gli orfani dei contadini morti in guerra, la mattina del 4 luglio u. S. ebbe l'onore di una visita di S. A. R il Principe del Piemonte.

Era desiderio di Sua Altezza che la visita si svolgesse quasi in famiglia e venne soddifsatto. Nel piazzale della scuola, insieme con gli orfani e i cinquecento alunni dell'Ospizio del Sacro Cuore schierati in attesa, erano le rappresentanze dei giovani Esploratori e dell'Oratorio Festivo, pochi Ex-Allievi ed intimi collaboratori ed amici, con i superiori dei vari Istituti Salesiani di Roma, il Comm. Cherici, rappresentante il Direttore Generale del Ministero di Agricoltura Comm. Brizi, e il Comm. Stringher capo-ufficio delle Scuole Agrarie.

L'arrivo di Sua Altezza è salutato dalle note della Marcia Reale. Il Direttore rivolge all'augusto Ospite un caldo saluto; seguono vari alunni, che gli offrono un mazzo di rose bianche e rosse, l'albo d'oro degli Ex-Allievi caduti in guerra, i due volumi della vita di Don Bosco del Lemoyne artisticamente rilegati, ed uno splendido album con i principali fasti del Venerabile nelle artistiche riproduzioni del Mastrojanni.

Sua Altezza Reale si congratulò vivamente col Direttore, fu largo di sorrisi e di amabilità coi ragazzi, e passò a visitare l'Istituto.

In fine, ossequiato da tutti i presenti, tra gli entusiastici evviva dei seicento giovinetti lasciava la Scuola Agricola, ove rimarrà dell'augusta visita incancellabile ricordo.

* BORGOMANERO. - POSA DELLA PRIMA PIETRA DEI, NUOVO ISTITUTO SALESIANO. - Il 28 giugno u. s. ebbe luogo la posa della prima pietra del nuovo Istituto Salesiano, che a cominciare dall'anno scolastico 1926-27 sostituirà il Collegio Manzoni, dove i Salesiani ebbero finora ospitalità. La cerimonia venne compiuta da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giuseppe Castelli, Vescovo di Novara, circondato da tutte le autorità religiose, civili e militari.

Terminato il sacro rito, Sua Eccellenza ne illustrò il significato, esaltando l'opera educativa del Venerabile Don Bosco.

Il Commissario Prefettizio Cav. Uff. Dott. Zibetti rivolse a Sua Eccellenza l'omaggio della popolazione e ne assicurò il' cordiale consenso all'Opera Salesiana.

L'Ispettore Dott. Don Alessandro Luchelli espresse la gratitudine dei Salesiani, che mercè l'aiuto delle Autorità e del popolo vedranno presto attuato il loro desiderio di svolgere più efficacemente l'opera loro a Borgomanero.

Una gran folla di popolo prese parte alla cerimonia, dopo la quale tutte le autorità, con a capo Mons. Castelli, passarono al palazzo delle Scuole Municipali, ove dalla cooperatrice signora Viganotti venne offerto un signorile rinfresco.

Faccia Iddio che continui l'appoggio di. tutti all'importante iniziativa.

* SAMPIERDARENA (Genova). - BENEDIZIONE DELLA PRIMA PIETRA PER L'AMPLIAMENTO DELL'ISTITUTO SALESIANO. - Nel pomeriggio della domenica 21 giugno Sua Ecc. Rev.ma Mons. Dalmazio Minoretti, Arcivescovo di Genova, impartiva solennemente la benedizione di rito alla prima pietra per l'ampliamento dell'Istituto Salesiano in Sampierdarena. Cinquant'anni fa l'Arcivescovo Mons. Salvatore Magnasco di s. m., benediceva la prima pietra dei nuovi fabbricati che sorsero attorno alla Chiesa di S. Gaetano, dove ebbero annualmente educazione cristiana duecentocinquanta giovani. I nuovi locali ne accoglieranno altri duecentocinquanta: « ma quanti e quanti altri giovani, diceva il nuovo Arcivescovo, tra la grande popolazione di circa 8o.ooo abitanti che ha oggidì Sampierdarena, non hanno le cure e l'educazione cristiana di questi giovinetti collegiali! La messe è molta, e gli operai sono pochi: gratitudine quindi si deve a coloro che della gioventù si prendono cura ». E il zelante Pastore dichiarava d'essersi recato alla festa con sensi di quasi venerazione e di gratitudine, poichè ben conosce l'efficacia dell'Opera di Don Bosco nella educazione della gioventù; e dava la sua benedizione non solo alla materia della fabbrica, ma a tutti coloro che favoriranno pel bene della religione e della patria l'iniziato ampliamento dell'istituto.

Erano presenti alla sacra cerimonia molti benemeriti signori, tutte le associazioni parrocchiali con bandiera, e l'avv. Napoli in rappresentanza del Sindaco.

Il grandioso edificio, che si sta costruendo in San Pier d'Arena, è destinato ad accogliere un numero maggiore di giovinetti, poveri ed orfani; ma le spese sono ingenti.

Quei Confratelli, sull'esempio del Ven. Padre, confidano che la Divina Provvidenza susciterà le persone caritatevoli che avranno il loro nome scritto nel Libro d'Oro dell'Istituto e parteciperanno ai frutti e delle preghiere e opere buone dei Salesiani e dei giovanetti alle loro cure affidati.

TREVI. - UN MONUMENTO AGLI EX-ALLIEVI DEL COLLEGIO LUCARINI, CADUTI IN GUERRA. - La domenica 5 luglio s'inaugurò a Trevi un monumento agli ex-allievi del Collegio Lucarini, dal 1893 affidato ai Salesiani. Per festeggiare il 5° Giubileo d'oro della fondazione dell'Istituto s'era pensato di erigere per la circostanza una semplice lapide. Ma l'entusiasmo con cui fu accolta l'idea e il concorso dello scultore prof. Renato Mancia, ex-allievo del Collegio ed autore del monumento, che gratuitamente offerse e prestò l'opera sua, cambiarono la lapide in una bell'opera d'arte.

La cerimonia inaugurale si svolse in modo solenne. Inviarono la loro adesione molti autorevoli personaggi, e vi presero parte, insieme con tutte le autorità locali e provinciali vari Deputati, S. E. l'On. Mattei-Gentili, sottosegretario alla Giustizia e S. E. Rev.ma Mons. Panizzardi, Vescovo Castrense. Quando cadde la tela, unanime fu l'applauso alla vista del monumento, che rappresenta, sul davanti, la bella figura di un ufficiale che muove all'assalto difendendo la patria bandiera, e, sul fondo dell'alta piramide di rocce granitiche, in largo bassorilievo Don Bosco circondato da. un ampio gruppo di fanciulli, ai quali sorride paternamente e addita i simboli della Religione e della Patria; mentre segnacolo di forza e di arditezza dominano la mole due maestose aquile romane.

Dopo che S. E. Mons. Panizzardi lo ebbe benedetto, il presidente del Comitato promotore dott. Carlo Zappelli consegnò il monumento al sindaco, dott. Dominici, che rivolse ai, presenti brevi parole di saluto.

Il discorso ufficiale fu detto dal comm. avv. Felice Masera, Presidente dell'Associazione Nazionale degli Ex-Allievi di Don Bosco.

* SOMMA LOMBARDO. - Il rev.mo Mons. Angelo Rigoli, prevosto di Somma Lombardo, ha celebrato, tra l'esultanza dei suoi figli spirituali, le Nozze d'Oro sacerdotali.

Entrato giovinetto nell'Oratorio di Torino in quei tempi che ormai chiamiamo eroici, Mons. Rigoli compì sotto la guida paterna dello stesso Ven. Don Bosco il corso ginnasiale, avendo a compagni nella pietà e nello studio Mons. Morganti, D. Luigi Rocca che fu Economo generale, D. Carlo Farina, già Ispettore del Lombardo-Veneto, Don Michele Vota, D. Matteo Ottonello ed altri salesini.

Dire delle sue benemerenze nel campo dell'apostolato, dire del suo attaccamento al Ven. D. Bosco e all'Opera Salesiana non è facile. Nei suoi cinquant'anni di ministero mandò alle case salesiane centinaia di giovani, molti dei quali sono ora sacerdoti, alcuni salesiani, e uno è l'attuale Arcivescovo di Vercelli; così pure inviò un gran numero di giovinette all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e parecchie sono adesso missionarie, altre professoresse o maestre nei collegi. Inviò anche numerose vocazioni alle Cannossiane, alle Figlie della Carità, alle Suore di S. Vincenzo, alle Piccole Suore dei Poveri, alle Suore di Maria Consolatrice; a Somma poi vi sono le sue Orsoline in numero di 24. Zelantissimo Cooperatore Salesiano, Mons. Rigoli aiutò sempre in tutti i modi l'Opera di D. Bosco.

A Lui le nostre felicitazioni e il nostro fervido augurio in multos annos!

* ROMA. - TRA LE FESTE SCOLASTICHE che si svolsero in questi giorni nei nostri istituti a chiusura dell'anno scolastico, merita un cenno quella che ebbe luogo l' 11 luglio all'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma, alla presenza di sei Cardinali, gli Em.mi Gasparri, Cagliero, Sbarretti, Bonzano, Galli e Lucidi, e di molti altri illustri personaggi del Clero e del laicato romano. Il trattenimento si svolse ad illustrazione del Cinquantenario delle Missioni Salesiane, e la commemorazione fu detta dal Sac. Prof. Carmelo Scalia, libero docente all'Università di Roma, già allievo dei Salesiani. Chiuse l'adunanza una specialissima benedizione impartita dall'E.mo Card. Gsparrì, a none del S. Padre.

A TORINO. - NELLA BASILICA DI MARIA SS. AUSILIATRICE, la domenica 12 luglio S. Ecc. Rev.ma Mons. Giuseppe Gamba, Arcivescovo di Torino, conferiva le sacre ordinazioni a 137 chierici dell'Istituto Internazionale Don Bosco. Trenta di essi venivano promossi al sacerdozio, e quanto prima faranno ritorno ai loro paesi, portandovi col vivo entusiasmo dei giovani anni una diligentissima preparazione al sacro ministero e una più ampia conoscenza della vita e dello spirito del nostro Venerabile Fondatore. A loro l'augurio di fecondo apostolato, specie tra la gioventù, col metodo educativo di Don Bosco.

BARI. - LA COLONIA PUGLIESE DI NEW YORK ALL'ISTITUTO SALESIANO. - Il Comitato costituitosi a New York per venire in soccorso agli orfani di guerra ricoverati nell'Orfanotrofio Salesiano del Redentore, ha inviato al Regio Prefetto di Bari una cospicua somma, quale incasso di una serata di beneficenza data nel febbraio u. s. a beneficio degli orfani di guerra del Redentore. « Nel rimettere alla S. V. - dice la lettera di accompagnamento - il frutto dei nostri sacrifici e di quelli della nostra Colonia, che vuole la Patria nostra e le sue benefiche istituzioni in grandezza e prosperità, ci permettiamo inviare un paterno saluto a quei buoni bimbi che la bufera della guerra rese orfani, augurandoci che nelle mura dell'Istituto del Redentore, da Lei tanto lodato, possano crescere sani e virtuosi e degni dell'eroismo dei loro Padri... »

Ai bravi emigrati, memori dei piccoli orfani di Bari, l'assicurazione della nostra riconoscenza e di particolari preghiere.

PALESTINA.

* BEITGEMAL (Palestina). - IN oMAGGIO AL DESIDERIO ESPRESSO DAL S. PADRE di estendere a tutti le opere di beneficenza e carità, nella Scuola Agricola Salesiana di Beitgemal si è intensificata l'azione del dispensario chirurgo-farmaceutico, che funziona da molti anni, per i musulmani della località e dei dintorni. « Il dispensario - ci scrivono - è a carico di un confratello nativo di Nazaret, chiamato Simone Srugi. Egli venne all'età di 8 anni, nel 1888, a Beitgemal, e non ne è mai uscito, ed è divenuto un provetto farmacista ed infermiere, che da circa 3o anni esercita il pietoso ufficio fra i musulmani. Sommano a parecchie migliaia le persone che hanno ricevuto da lui i rimedi per il corpo, sempre uniti a qualche buona parola per l'anima, specialmente di devozione e di amore a Maria Ausiliatrice. Non vi è in tutto il distretto persona più conosciuta e venerata di Srugi. Donne, uomini, bambini, vecchi si affollano fin dal mattino alla porta del dispensario, ed egli arrivando sempre calmo e col sorriso sembra portare in mezzo a quella povera gente, con la sola presenza, un soffio di speranza e di vita. Pubblichiamo un'istantanea, presa in un giorno di affluenza normale.

STATI UNITI N. A.

* NEW ROCHELLE. - UN LUSINGHIERO RICONOSCIMENTO. - Ci scrivono: L'Istituto Salesiano è stato ufficialmente ammesso all'Università dello Stato di New York come un'Accademia di Scuola, detta d'Alto Grado.

Con ciò l'Istituto Salesiano segna un passo importante in avanti di un veloce e meraviglioso progresso durante i pochi anni della sua esistenza, poiche fu aperto solamente cinque anni fa. Da umili principii si è rapidamente portato avanti, finche si organizzò in una Scuola Secondaria, completamente dotata di una Biblioteca e di un modernissimo Laboratorio scientifico, cose tutte che trassero parole di altissima lode da parte dell'Ispettore mandato dal « Board of Regents » a visitare la Scuola.

L'Istituto Salesiano consiste di una Sezione elementare con le tre ultime classi superiori, 6a, 7a e 8a, di una Sezione « Scuola Secondaria » e di un « Seminario » per i membri della Società Salesiana. La Scuola Secondaria ha due Corsi regolari di quattro anni ciascuno: il Corso « Generale », e il Corso « Classico », i quali dànno ottima preparazione per quegli allievi che vogliano ottenere certificati (Diplomi) in scienze e in letteratura. Benchè l'Istituto sia specialmente un Convitto, accetta anche semi-convittori.

L'Istituto, diretto dai Salesiani, ha come scopo d'impartire una sana e salda educazione cattolica, applicando il sistema preventivo del Ven. Don Bosco.

URUGUAY.

* VILLA COLON (Montevideo). - RIuscITISSIMA « GIORNATA MISSIONARIA » INTERCOLLEGIALE. - Il 18 maggio u. s. larghe rappresentanze d'allievi dei sei Istituti nostri in quella Capitale convennero al Collegio « Pio IX » di Villa Colon, incantevole sito dei dintorni, per celebrarvi la prima « Giornata Missionaria ».

Opportunissima la scelta del luogo, pieno delle memorie di Mons. Luigi Lasagna, che vi fondò il primo Collegio Salesiano dell'Uruguay or sono quasi cinquant'anni, donde irradiò sulle prossime repubbliche del Brasile e del Paraguay la sua inesauribile attività apostolica.

Nel Santuario nazionale di Maria Ausiliatrice, annesso al Collegio, i piccoli pellegrini ascoltarono la santa Messa celebrata dall'ispettore Don Pittini, che in brevi parole spiegò loro il significato e l'importanza del convegno. Subito dopo nell'ampio teatrino ebbe luogo l'adunanza dei consigli delle varie Compagnie per deliberare sui mezzi più atti a raggiungere le finalità di «Gioventù Missionaria. ».

Nel pomeriggio, dopo qualche ora di svago favorito da una splendida giornata autunnale, convennero tutti nuovamente nel Santuario, donde mos sero in devota Processione Eucaristica per l'ampio cortile del Collegio: e da un altarino, ivi disposto per la circostanza, Gesù benedisse a quel migliaio di suoi prediletti.

La giornata si chiuse con un assemblea di tutti i convenuti nel teatrino, dove si lessero i migliori componimenti riguardanti le missioni e si animarono alla pratica delle deliberazioni prese nell'adunanza mattutina.

Vera « Giornata Missionaria » intercollegiale, secondo il cuore di Don Bosco. Noi la segnaliamo all'imitazione dei nostri Istituti.

NECROLOGIO

TOMASO MoCENIGO Conte SORANZO. - Di fede incrollabile e di carità esemplare, visse i suoi g6 anni nel bene, nella meditazione della verità, nel fervido ed operoso amore alla virtù, nell'ossequio devoto e profondo al Romano Pontificato. Stretto in devota amicizia col Ven. Don Bosco e col Servo di Dio Don Rua, amò anche l'Opera Salesiana da vero Cooperatore. Il suo nome vivrà presso di noi in benedizione. Il Signore doni al venerando patrizio il premio dei santi e alla sua famiglia il conforto che viene dalla speranza cristiana.

Marchesa ALFONSINA SCOPPA vedova Di FRANCIA. - Unica superstite di nobilissima famiglia calabrese, guidata dalla Fede condivise con le sorelle, la Baronessa Enrichetta e la Marchesa Caterina Cassibile, l'ardore vero per la salvezza delle anime, costrusse in S. Caterina del Jonio un grandioso edifizio da affidare a religiosi e volle anche i Salesiani per l'educazione dei suoi giovani compatrioti dal cuore pronto a ricevere un consiglio e un indirizzo paterno. Cessò di vivere il 28 maggio u. s. Non la dimenticheremo mai nelle nostre preghiere.

Don GiusEPPE RAVAZZANO. - Questo pio e caritatevole sacerdote, fondatore dell'Istituto San Giuseppe di Tortona, fin dal 1911 chiamò le Figlie di Maria Ausiliatrice a dirigerlo e volle che loro rimanesse affidato anche dopo la sua morte. Moltiplichi il Signore il bene che si compie nella pia opera, a sua gloria e del zelante sacerdote.

ZUCCA IGNAZio di Moriondo Torinese. - Con lui scompare una delle più spiccate figure di cristiano e di padre. Fermo nei suoi principi religiosi, franco nel praticarli, coltivava patriarcali tradizioni di vita cristiana nella sua famiglia come attestano tre delle sue figliuole, oggi figlie di Maria SS. Ausiliatrice.

ELENA GNIsci di Soverato Marina. - Zelante cooperatrice, rapita da morbo fatale a 26 anni, lascia la più santa memoria di sè. Visse due anni appena in Soverato Marina, e vi fondò l'Apostolato della Preghiera e la Crociata dei Fanciulli, e vi promosse con splendidi frutti il catechismo festivo delle fanciulle. Iddio le doni il premio di tanta carità.

BARLA Gio. BATTISTA. - Visse una vita tutta di pietà e di bene: coperse con onore varie cariche nel municipio, nella fabbriceria; fu giudice conciliatore: e si spense con la serenità del giusto. I funerali con l'intervento della popolazione di Cesio e dei paesi vicini dissero quanta eredità di stima e di affetto egli lasciò di sè.

D. ANGELO MARIA MARASCO. - Parroco di S. Bernardo (Catanzaro), di forte ingegno e di rare virtù, prevedendo prossima la sua fine il 22 marzo volle celebrare l'ultima S. Messa, accomiatandosi dal suo popolo con parole che strapparono le lacrime. Si spense, infatti, il 28 stesso mese, fra il compianto generale.

Preghiamo anche per

BARUCCHI Prof. Luigi Teofilo, † Torino.

BELLETTI Palmira, † Commessaggio (Mantova). BERGAMINI Luigi, † S. Stefano Cadore. BORELLI Carolina, † Avigliana. Bossi Angelina, † Galliate (Novara). BoTTERO Cristina, † Strevi (Alessandria). CAMANDONA Maddalena, † Cigliano (Novara). CAMPANARI Mons. Lodovico, † Tuscania (Roma). CASATA BELLO Carolina, † Cinte (Trento). CASELLI Massimiliano, † Torre Maina (Modena). Circo Brigida Fortuna, † Castelgomberto (Vicenza). CONFORTINI D. Confortino, † Volterra (Pisa). CROCE Andrea, † Torino. DE AMEZAGA Elvira, † Novara. DE-BENEDETTO Silvia, † S. Nicolò di Comelico. DE CAMPO D. Giorgio, † Udine. Di COLA Angelo, † Casoli (Chieti). FINELLI Annunziata, † Marcianise (Caserta). FOGLIA Ermina, † Biasca (C. Ticino). GUIDA Giuseppe, † Borgo Lavezzara (Novara). JAMAZzo Filippo, † Bisacquino (Palermo). MULINACCI Elena, † Firenze.

PARDINI Mons. Albino Angelo, Vescovo, † Roma. PAVONI Luigina, † Gazzaniga (Bergamo). PERNIGO Gaetano, † Stallavena (Verona). POLO Teresina, + Codognè (Treviso). PRATO D. Enrichetto, † Torino. RAIGHI D. Giuseppe, † Laterina (Arezzo). RONDOLETTO Giuseppe, † Vinchio d'Asti. TECCHIo Anna, † Bessica di Loria (Treviso). VICIGLIONE Cav. Gerolamo, † Marcianise (Caserta). ZoCCO Caterina, † Barolo. ZORATTINI Maria, † Comacchio.

R. I. P.