BS 1920s|1929|Bollettino Salesiano Maggio 1929

Anno LIII.   MAGGIO 1929   Numero 5.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

SOMMARIO: Per la Beatificazione di D. Bosco. - Il magnifico discorso di Pio XI. - La Pagina d'Oro. - L'amore nel dolore. - Il Cinquantenario delle Missioni in Patagonia. - Rilievi della figura di D. Bosco. - Lettera di Don Giulivo ai Giovani. - Anime riconoscenti al Veri. D. Bosco. - Dalle nostre Missioni. - Da Giornali e Riviste: Un grande Santo e un grande Italiano. - Necrologio.

Per la Beatificazione di D. Bosco

Nel « SUPPLEMENTO » spedito ai nostri Cooperatori d'Italia abbiamo già comunicato il testo del DECRETO di approvazione dei due miracoli proposti per la causa di Beatificazione di D. Bosco, e del quale si è fatta la solenne lettura nella Sala del Concistoro il 19 marzo. Terminata la lettura del Decreto il Postulatore della causa D. Francesco Tomasetti, Procuratore Generale dei Salesiani, ha letto questo « Indirizzo di ringraziamento » al Papa:

Beatissimo Padre,

Mi gode infinitamente l'animo nel porgere oggi alla Santità Vostra, a nome del Rev.mo Rettor Maggiore e della intera Famiglia Salesiana, i più sentiti e vivi ringraziamenti per esserSi degnata di ordinare il Decreto, con cui si approvano i due miracoli proposti per la Beatificazione del Venerabile Don Giovanni Bosco, Fondatore della Pia Società di San Francesco di Sales, dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.

Questo Decreto riempie di gioia i figli del Servo di Dio, «di questo gigante propugnatore dell'educazione cristiana », come a Vostra Santità piacque chiamarlo in altra solenne circostanza (1), ma non li sorprende. Essi ben sanno, specialmente coloro che ebbero la fortuna di vivere qualche tempo vicino a lui, come la sua vita fosse talmente intessuta di fatti prodigiosi, che si poteva dire il soprannaturale intorno a Don Bosco essere diventato cosa naturale. Tanto che lo stesso

Venerabile Padre nostro, già fino dal 1867, all'epoca del sito secondo viaggio in Roma, come si legge in una sua lettera «fece speciali preghiere affinchè Dio non concedesse niuna cosa clamorosa che facesse parlare del povero Don Bosco » (1).

E come durante la sua vita, così dopo la sua morte, ha continuato ad assistere i suoi figli ed i suoi amici con soavi e mirabili ispirazioni, a beneficare con miracoli e grazie innumerevoli i fedeli che con fiducia ricorrevano a lui.

Ma la nostra gioia si fa ancora più viva quando, riflettendo alle mirabili vie della Divina Provvidenza, vediamo che questo auspicato Decreto, che preludia alla solenne Beatificazione del nostro Venerabile Padre, viene ordinato dalla Santità Vostra all'indomani del grandioso e storico avvenimento della composizione della Questione Romana, che formò l'ansia, il desiderio, e perchè non dirlo? il tormento di tante anime buone, ed alla quale il Venerabile Don Bosco cooperò non poco, con tutto l'affetto e lo zelo di sacerdote, interponendo in momenti critici, penosissimi e delicati, la sua apprezzata e felice mediazione per rendere meno tesi i rapporti tra il Governo del suo tempo e la Santa Sede. E per condurre a buon porto la sua mediazione, anch'egli saliva ed incitava a salire a più grandi altezze « per giungere ai più bei punti di vista », a guadagnare i fastigi e le sommità dove la visione diventa - sono parole recentissime della Santità Vostra --- grande e sublime (2).

« La mia politica », egli rispondeva al glorioso Predecessore della Santità Vostra Pio IX, « è quella di Vostra Santità, è quella del Pater noster. Nel Pater noster noi supplichiamo ogni giorno che venga il Regno del Padre Celeste sulla terra, che si estenda cioè sempre più potente e glorioso: adveniat regnum tuum: ed è ciò che più importa ». Ed insisteva che si anteponesse sopratutto il bene delle anime.

Godo sperare che tornerà gradito alla Santità Vostra il ricordo di questo documento, non a tutti noto, della conformità delle alte vedute e dei sentimenti superiori del nostro Venerabile Fondatore con i supremi altissimi ideali che hanno guidato e condotto così felicemente la Santità Vostra a superare le immense difficoltà che si opponevano alla grande opera, che, suonata l'ora di Dio e non invano lasciata trascorrere, finalmente si è pel bene dell'Orbe universo compiuta ridonando l'Italia a Dio, Dio all'Italia e la pace serenatrice alla coscienza di tante anime buone del mondo intero.

Oh quanto esulterà per l'avvenuta composizione e per i grandi frutti di bene che da essa scaturiranno, il nostro Venerabile Padre, che al disopra « di ogni gloria poneva quella di essere il fedele servitore di Gesù Cristo, della sua Chiesa, del suo Vicario! ».

E quanto esultano insieme con lui, e per la conseguita composizione e per la felice coincidenza dell'attuale Decreto, tutti i suoi figli e « le centinaia di migliaia, i milioni oramai di giovani, di uomini fatti in tutte le posizioni sociali, in tutte le più svariate condizioni della vita, che alle sorgenti del Ven. Don Bosco hanno attinto i tesori della cristiana educazione! ».

A nome anche di tutti questi ex-allievi, di questa più grande Famiglia Salesiana che « si gloria dell'impegno e del proposito di conservare in sè inviolati i beni della cristiana educazione e di propagarli con l'esempio della fedeltà generosa ed animosa a Gesù Cristo, e al suo Vicario in terra » (1), rinnovo alla Santità Vostra nell'entusiasmo di quest'ora tanto attesa ed auspicata i nostri più caldi, più vivi, più fervidi ringraziamenti.

(1) Discorso ai giovani dell'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma, il 26 giugno 1922.

(1) LEMOYNE: Vila di D. Bosco - Vol. II, pag. 63. (2) Discorso di Sua Santità al Corpo Diplomatico nel dì 10 marzo.

(1) Discorso di Sua Santità al giovani dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù in Roma.

Il magnifico discorso di Pio XI

All'indirizzo di Don Tomasetti il Santo Padre rispose con un mirabile discorso (che noi riferiamo colle parole stesse pubblicate da L'Osservatore Romano del 20-21 Marzo) iniziandolo con la affermazione essere la voce, la grande voce dei miracoli che scendeva ormai sul sepolcro del fedele Servo di Dio per rendere sempre più grandi e più splendidi gli splendori della sua gloria. Ed era veramente mirabile (per dire quello che balza agli occhi del cuore) come, nella sua delicatezza e, si direbbe, anche eleganza, la Divina bontà, sa così bene disporre, combinare, e far incontrare le cose.

Significative coincidenze.

Il decreto dei miracoli del Ven. Giovanni Bosco, di questo grande divoto di San Giuseppe, doveva pubblicarsi proprio nel giorno della festa di San Giuseppe, e quando questa festa è felicemente e senz'altro un giorno di festa per tutti, nel medesimo modo e nel medesimo senso, in piena unità di menti e di cuori. Si poteva pensare che San Giuseppe medesimo si sia in qualche modo incaricato di concorrere a premiare così il grande, grandissimo servo di Maria, della sua castissima Sposa, alla quale il Ven. Giovanni Bosco procurò sempre tanto tributo di pietà e di devozione in quel culto particolare di Maria Ausiliatrice, indivisibile oramai dal suo nome e dall'opera sua e dalle innumerevoli diramazioni di questa in tutte le parti del mondo.

Ed altrettanto bella, delicata, significativa appariva - continuava il Santo Padre - quell'altra coincidenza di cose che era stata così opportunamente ricordata. All'indomani di quell'avvenimento di cui oggi, e certamente, per lungo tempo ancora, tutto il mondo gode e ringrazia il Signore; all'indomani di quell'evento risuona la proclamazione dei miracoli di Don Bosco, di questo grande, fedele e veramente sensato servo della Chiesa Romana, della Santa Sede, di questa Santa Sede Romana: perchè egli tale fu sempre veramente. Il Santo Padre lo aveva potuto attingere da lui, dalle stesse sue labbra: questa composizione del deplorato dissidio stava veramente in cima ai pensieri e agli affetti del suo cuore, ma come poteva esserlo in un servo veramente sensato e fedele; non col desiderio di una conciliazione come che fosse, così come molti erano andati per molto tempo almanaccando, arruffando e confondendo le cose; ma in modo tale che innanzi tutto si assicurasse l'onore di Dio, l'onore della Chiesa, il bene delle anime.

Diceva Sua Santità di aver ciò attinto dalle stesse sue labbra perché (ed anche in questo riconosceva un'altra mirabile disposizione di Dio, un'altra delle sue delicatissime combinazioni), sono ormai quarantasei anni e Gli pare ieri, anzi oggi, di vederlo ancora così come allora lo aveva veduto e lo aveva ascoltato, passando qualche giorno della Sua vita con lui, sotto lo stesso tetto, alla stessa mensa, ed avendo più volte la gioia di poterSi trattenere lungamente con lui, pur nella ressa indescrivibile delle occupazioni del Servo di Dio; giacchè questa era una delle caratteristiche più impressionanti in Don Bosco: una calma somma, una padronanza del tempo, da fargli ascoltare tutti quelli che a lui accorrevano con tanta tranquillità, come se non avesse null' altro da fare. Era questa non ultima tra le perfezioni che fu dato di ammirare nella sua vita, alla quale non mancò neanche il dono della profezia, che però - aggiungeva sorridendo Sua Santità - non si manifestò nel prevedere quel che è oggi avvenuto. Chi avrebbe mai dato allora che dopo tanti anni, dopo un avvenimento tanto grande, come quello che or ora era sfato ricordato alla presenza del Papa, Iddio Lo avrebbe chiamato a proclamare nella solennità e nell'autorità dei Decreti della Chiesa, quei miracoli la cui luce ora risplende sul sepolcro di Don Bosco, preparando i sommi onori dell'altare?

Vita miracolosa.

E quei miracoli-- proseguiva Sua Santità - tutti sanno ormai che non sono altro che un supplemento di quelli che sotto ogni rispetto rifulgono nella figura di Don Bosco. Sono innumerevoli infatti i miracoli che già in vita sua e dopo la sua morte con la maravigliosa continuazione dell'opera sua Iddio è venuto operando nel nome del fedele suo Servo. Quelli che sono stati scelti fra i molti per essere sottoposti all'indagine più accurata e alle prove giudiziarie più rigorose, non sono che una rappresentanza, nelle forme giuridiche che non poteva mancare. Sono bellissimi, ma tanti altri ve ne sono non meno belli e splendidi, fino ad avere una cotale divina eleganza nelle circostanze. Ma vi sono ancora tante altre mirabili cose; e tutti coloro che hanno letto qualcuna delle tante vite di Don Bosco, che finora furono pubblicate, ed in tante diverse lingue, quelli che le leggeranno in appresso, possono ben rendersi conto di quanto sia stato vero - come così opportunamente poco prima era stato dello - che nella vita del Servo di Dio il soprannaturale era quasi divenuto naturale, lo straordinario era quasi divenuto l'ordinario. Gli è che questi doni soprannaturali erano come altrettante stelle scintillanti sopra un cielo tutto splendido e sereno, quasi a dare risalto sempre maggiore ad una vita che era, già per sè, tutto un miracolo.

Nella Bolla di canonizzazione di San Tommaso d'Aquino - notava l'Augusto Pontefice è detto che, seppur nessun altro miracolo vi fosse stato, ogni articolo della sua Somma era un miracolo. Ed ancora si può ben dire che ogni anno, ogni momento di questa vita furono un miracolo, una serie di miracoli. Quando si pensi alla campagna solitaria dei Becchi, dove il povero fanciullo pasceva il gregge paterno, ai primi piccoli inizi dell'opera di Santa Filomena e poi agli altri più gravi e pensosi (per quelli che sapevano pensare) di Valdocco, quando si pensi alle grandi opere a cui egli dava vita proprio dal niente, come al tempio di Maria Ausiliatrice che egli cominciò con venti centesimi in tasca; e poi si guardi allo sviluppo meraviglioso delle site imprese, a quelle tre famiglie dei Salesiani propriamente detti, delle Suore di Maria Ausiliatrice ed a quella mirabile legione di Cooperatori che egli stesso soleva chiamare la « longa manus » di Don Bosco - e veramente (il Santo Padre lo aveva sentito dalle stesse labbra sale) egli aveva le mani lunghe e le sapeva estendere ad abbracciare tutto, a penetrare tutto il mondo, a moltiplicare le cose in modo magnifico - quando si pensi alle centinaia e centinaia (e Sua Santità non risaliva con la memoria ai ricordi di quarantasei anni fa, ma ad altri più vicini che arrivavano ad una ventina di anni addietro) di chiese e cappelle salesiane delle quali ben 300 già ne erano aperte or è un ventennio; quando si pensi alle centinaia di migliaia e certamente a qualche milione di ex allievi usciti dalle diverse case di Don Bosco, da quelle della più alta istruzione, fino alle scuole professionali per i più umili mestieri; quando si ponga mente a tutto questo non si potrà che rimanere veramente attoniti come davanti ad uno dei più straordinari miracoli. E da venti anni in qua, fino a questo momento, a qual numero mai sono giunti i figli di Don Bosco, le figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori salesiani?

Magnifica fecondità.

Quando si riflette - continua Sua Santità, accennando ad una delle più caratteristiche forme di apostolato del Servo di Dio - che Don Bosco era un uomo .che sembrava avere tutt'altro da fare, tutt'altro che il tempo per lo studio propriamente dello, e che pure tanti libri uscirono dalla sua penna, perchè sono almeno settanta i libri e libretti di educazione popolare di cui egli fu l'autore; quando si pensa che la sua « Storia d'Italia » ha avuto finora ventisei edizioni e trenta o quaranta ne ha avuta la sua « Storia Sacra », e i suoi libri di pietà « Il giovane provveduto », « La figlia cristiana », venti anni la, già erano alla loro seicentesima edizione; e poi alle letture popolari, alle « Letture cattoliche» che già venti anni fa avevano raggiunto dieci milioni di esemplari, e al « Bollettino Salesiano », che vede la luce in tante lingue, ed allora era pubblicato in trecento mila esemplari, e adesso certamente molto di più; quando si osserva una così immensa messe di bene, viene da chiedersi: come mai tutto ciò è potuto avvenire? E la risposta non può essere che questa: è la grazia di Dio, è la mano di Dio Onnipotente che ha disposto tutto questo. Ma donde questo gran Servo di Dio ha attinto l'energia inesauribile per bastare a tante cose? C'è il segreto ed egli stesso lo ha continuamente rivelato in un motto che assai spesso nelle opere salesiane ricorre; è la frase dettata dal cuore del Venerabile Fondatore, Da mini animas, cetera tulle, dammi le anime e prendi tutto il resto. Ecco il segreto del suo cuore, la forza, l'ardore della sua carità, l'amore per le anime, l'amore vero, perchè era il riflesso dell'amore verso Nostro Signor Gesù Cristo e perchè le anime stesse egli vedeva nel Pensiero, nel Cuore, nel Sangue prezioso di Nostro Signore; cosicchè non v'era sacrificio o impresa che non osasse affrontare per guadagnare le anime così intensamente amate.

Questa - esclama commosso il Santo Padre - è appunto la bellissima particolarità di questa figura di grande amatore delle anime (amator animarum proprio come fu detto) che risorge oggi al mondo nella luce del miracolo e s'impone ora più che mai all'attenzione, all'ammirazione di tutti. Perchè se non tutti possono aspirare a far tanto - per quanto un grande amore, una grande sollecitudine, un grande impegno in ogni direzione e in ogni condizione sarebbe capace di fare miracoli; e quanti avessero nel cuore un po' di quella abnegazione, di quel sacrificio che sa ispirare la carità vera, potrebbero operare dei veri prodigi per il bene delle anime - se non tutti possono mirare tanto alto, chi è che non può fare qualche cosa di bene, quando si vede il male dilagare in misura così spaventosa, quando si vedono tante anime trascinate dalla sensualità, quando si vedono tante anime, specialmente giovanili, travolte da quel miraggio fascinatore della vanità che fa perdere il senso del bene? E questa è appunto quella partecipazione all'apostolato alla quale il Santo Padre continuamente chiede a tutti coloro che hanno un cuore o un sentimento, quella partecipazione all'apostolato gerarchico che è lo scopo e l'attinta dell'Azione Cattolica e che deve tutta penetrarla in ogni sua attività,

Ma il Papa voleva ancora trarre un altro pensiero dalle meraviglie di Don Giovanni Bosco altamente bello e consolante. Ed è intorno alla fedeltà di Dio verso il suo umile, fedele, generoso servo, Poichè questa è veramente tra le più belle e più consolanti promesse della bontà di Dio verso le sue creature.

Giorno di gloria e di resurrezione.

Quel servo fedele che ha risposto nella sua semplice, umile fedeltà al suo Signore, quel povero figlio, buono a nulla secondo il mondo, ecco che Iddio lo ha scelto per far risuonare la sua voce fin nelle parti più remote del mondo ed oggi lo chiama per aprire la sua tomba, rivolge la pietra che chiude quel sepolcro e chiama questo fedele servo a un giorno di gloria e di resurrezione, proprio in questi giorni che preannunziano il ricordo della stessa divina resurrezione sua.

È un pensiero che dobbiamo ricordare specialmente quando Dio ci domanda qualche lavoro, qualche abnegazione, qualche sacrificio per la gloria sua. E quello che noi dobbiamo rispondere ben lo sappiamo quando ricordiamo che il Divino Redentore ha detto. « Qui confitebitur me coram hominibus, confitebor et ego eum ante patrem meum; chi mi avrà confessato davanti agli uomini, lo confesserò anche io davanti al Padre mio ». Don Bosco con tutta la sua vita, con tutta la sua opera, con la vita e con l'opera delle istituzioni che hanno continuato l'attività sua ha realmente confessato Iddio davanti agli uomini, ed ecco che Iddio lo riconosce e lo glorifica davanti a tutto il mondo.

Il Santo Padre termina dicendo che con questi pensieri e sotto questi alti luminosi riflessi, non Gli restava che impartire la Benedizione Apostolica, innanzi tutto ai figli di Don Bosco, alle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai Cooperatori Salesiani, a tutte le loro Case e Missioni sparse per tutto il mondo. Su tutto questo insieme così vasto, fervido e fecondo di opere sante e poi ancora su tutti i presenti e su tutto quello e tutti quelli che ciascuno di loro aveva nel pensiero e nel cuore, Egli impartiva la Benedizione Apostolica.

Terminato il discorso, il Rev.mo Procuratore Generale e Postulatore della Causa si appressava al Trono e baciava il piede a Sua Santità, seguito dal Vice-Postulatore, dall'Avvocato e Procuratore della Causa.

Sua Santità quindi impartiva la Benedizione Apostolica. Poi, dopo aver ricevuto dalla Postulazione l'esemplare del decreto del quale era stata data lettura, e dopo aver salutato i Cardinali ed i personaggi presenti rientrava nelle Sue stanze.

Facciamo noto ai nostri benemeriti Cooperatori che le opere nostre hanno il conto corrente postale col N. 2-1355 (Torino) sotto la denominazione DIREZIONE GENERALE OPERE DI D. BOSCO - TORINO.

BEATIFICAZIONE DI DON BOSCO

Festeggiamenti a Roma

2 GiUGNO -- Solenne funzione della Beatificazione nella Basilica Vaticana.

» - Posa della prima pietra del Santuario di Maria Ausiliatrice, omaggio di filiale devozione dei Salesiani e dei Cooperatori a S. S. Pio XI nel suo Giubileo.

4-5-6 » - Solenne triduo del Beato Don Bosco nella Basilica del Sacro Cuore. IMPORTANTE

1) Per i pellegrinaggi a Roma rivolgersi al Comitato Centrale per il Giubileo di S. S. Pio XI (Via dei Cestari, 21 - Roma) per il tramite delle Giunte Diocesane.

2) I Direttori Diocesani, i Decurioni ed i Zelatori dei Cooperatori Salesiani invitino le Giunte Diocesane a promuovere pellegrinaggi a Roma per la Beatificazione di Don Bosco, o ottengano che il pellegrinaggio Diocesano, indetto per il Giubileo del Santo Padre, coincida colla Beatificazione; ed impegnino l'interessamento e la partecipazione dei Cooperatori e delle Cooperatrici.

3) Il pellegrinaggio piemontese a Roma per la Beatificazione di Don Bosco è affidato alla benemerita Opera dei Pellegrinaggi Diocesani - Corso Oporto, 11 -- Torino.

I Direttori Diocesani, i Decurioni e Zelatori salesiani sono pregati di parteciparvi e di promuoverne le inscrizioni.

LA PAGINA D'ORO

(II Serie)

82. Borsa D. Alessandro Garberi fondata dai lebbrosi del Lazzaretto di Contratación.

83. Borsa D. Michele Unia fondata dai lebbrosi del Lazzaretto di Agua de Dios.

84. Borsa Nuestra Señora de Guadalupe (1a)

85. Borsa Nuestra Señora de Guadalupe (2a) fondate entrambe dai Salesiani, Alunni e Cooperatori del Messico.

86. Borsa Tenente Mario Rocchi fondata dalla Mamma Sig.ra Enrichetta Vigilante.

87. Borsa D. Antonio Aime fondata dai Salesiani, Alunni e Cooperatori della Colombia.

88. Borsa D. Filippo Rinaldi (3a) fondata dai Salesiani, Alunni e Cooperatori di Medellin (Colombia).

89. Borsa S. Michele, Peveragno (Cuneo) fondata da un'anima generosa.

90. Borsa Nicolina Lachelli fondata dalla Damigella Nicolina Lachelli per favorire le vocazioni missionarie.

91. Borsa Maria Vergine Addolorata fondata da una devota dell'isola di Cuba.

BORSE DA COMPLETARE

Borsa D. Rua.

Somma precedente, L. 3979,85.

D. Giuseppe Cario, 13 - Peano Andrea, 50 - Marta M. di Martino, 10 - Topan Luigi, 10 Sao. Giuseppe Curci, 30 - Cav. Raffaele Cavalieri, 500 - Gerardi Vito, 50 - Arciprete D. Francesco Ferrara, 52 - Ciano Cesare, 73 - Bilotta Giuseppe fu Vito, 76,25 -Bancalari Angiolina Simonetti, 80-Suor Marchi Leontina, 503 - Brussettini Arcangela, 5 - Reale Margherita, 15 -- Emiliani Paolo, 20 - Callo Tilde, 25 Rosalia Guadagnino, 10 - D. Salvatoro Erasmo, 10 - Maria Belletti, 60 - Sac. Vittorio Ravelli, 32 - Mondelli Adele, 20 - Sae. Luigi Castagna, 100 - Sac. Francesco Bernacchia, 10 Gino Peri, 10 - Olla D. Luigi, 25 - Rippa Cristina, 40 - Lora Domenico, 35,50 - Canteri Rosina, 50 - D. Otturino Pettenato, 2 - D. Fara A. Giuseppe, 120 - Rina Brandes, 35 - Grazia Bannò, 28.   Totale, L. 6079,60.

Borsa Maria Ausiliatrice (10a).

Somma precedente, L. 17.676.

Rey Elda, 50 - Gobbi Giusoppe, 15 - Elvira Pamio, 5 - Ernestina Monti, 10 - Geltrude La Cola, 187 - Lorandi Maria, 100 - F. Biancucci, 100 - Doralice Ved. Mainetti, 100 - Erminia Polli, 100 - Rigotti Giocondo, 30 - Bertona Teresa, 25 - Alice Favero, 25 - Petyse Terosa, 100 - Cortese Arcangelo, 20 - Maria Balbi Caroli, 10 - Poma Celestina, 25 - Magnanini Liga, 100 - Paruzzi Angela, 200 - D. Andrea Mazzoni, 16 - Pareto Catorina, 50 - Bellotti Letizia Ved. Pozzi, 100 - Cantamessa Caterina, 10 - Irma Mercatanti, 25 - Famiglia Gallotti, 40 - Dott. Gandini Filippo, 50 - Munizzi Francesco, 25 - Domenico Mordacchini, 100 - Dott. De Magionis Eraclio, 15 - Francesco Callierotti, 25 - Bollano Adole, 50 - Annina Goffredo, 100 -- Rag. Alessandro Olivares, 200 - Adele De Vita, 10 - Troja Nunzia, 15 - Rolando Sini, 25 - Dina Veggetti, 50 - Cavatorta D. Ravanelli, 50 - De Andreis Arciprete, 50 - Sac. Antonio Casarico, 50.   Totale, L. 19.844,0 ).

Borsa S. Teresa del B. Gesù (711).

Somma precedente, L. 7860,10.

Geltrude La Cola, 187 - Desenzani Caterina, 10 - Dott. De Magionis Eraclio, 15 - Scusi Anna, 20- Luigi Grosso, 10 - O. Blasi fu Michele, 10 - Gaudenzio Savoini, 20 - Berta Luigi, 100 - Ferruccio Pergolesi, 210 - Bocchino Teresa, 50 - De Cao Domenica in Masiero, 70 - D. Pietro Foraboschi, 50 - Moscardini Annita, 100 - Amadori Egidio, 50 - N. N., 50 - Fedrigotti Oliva, 120 - Nebuloni Teresa, 15 - Lucchetti Casilde, 10 - Lovera Margherita, 80 - tazzina Tersilla, 50 - Domenico Miola, 20 - Garrone Marta, 15

Rosalia Cacioppo, 16 - Sac. Francesco Bogetti, 8 - Emma Trombettini, 1 - Morosini Aquilino, 1000 - Teresa Bruzzetti, 50 - Archieri Antonietta, 1 - Ida Buscaglione, 500 -- Sara Carbonaro, 1 - Gaja Teresa, 25 - Sac. Picco Ubaldo, 31.

Totale, L. 10.855,10.

Borsa D. Bosco (8a).

Somma precedente, L. 10.820,60.

Bertone Teresa, 25 - Parete Caterina, 50 - Munizzi Francesco, 25 - Dott. De Magionis Eraclio, 10 - Francesco Callierotti, 25 - Bellano Adele, 50 - N. N., 200 - Dioli Bruno, 50 - Capello Angiolina, 50 - Ida Buscaglione, 1000 - Ida Bertocchi, 50 - Sorelle Me lita, 100 - Gaja Teresa, 25 - Una mamma per g. ricevuta, 100 - Geremia Severina, 20 - Baudano Lucia, 20 - D. Andreis Arciprete, 50 - M. Teresa Messina, 100 - Sac. Rosario Arlotta, 200 -- Can. Giacomo Racusa, 20 - Cav. Mariano Racusa, 7 - Mangelli Giuseppe, 17 - S. Francesco Spinelli, 21 - Mantelli Gaetana, 5 - Monzeglio Clelia, 100 - Andreina Grippa, 160 - Emma Cappelli, 10 - Ines Burroni, 10 -- Toneguzzo Antonia, 250 - Rosina Guerrini, 20 - Giuseppe Galanti, 500 - Pietro Quadrelli, 50 - Aimi Maria, 10 - Una mamma p. g. ricevuta, 500 - Mocetano Giorgio, 93 - Vigna Maria, 500 - Enrico Palacios M., 200 - Scuola Agricola di Gerona, 800 - Giacomo Guaiat, 15 --- Piovano Ulrico, 6. Totale, L. 16.261,60.

Borsa D. Piscetta.

Somma precedente, L. 3077.

Cav. Leandro Francese, 100 - Sra. De Caneva Porro, 25 - Valentino Balzan, 100 - Teol. Cesario Burla, 25 - Sig.na Celestina Dominici, 50 - Sig.na N. Sara, 100 -- Sig.na Ruia Greiffemberg, 20 - Sig.na Luisa Musso, 5.   Totale, L. 3.502.

Al prossimo numero pubblicheremo le rimanenti offerte.

L'amore nel dolore

Nel regno del dolore.

Ancor non si è cancellata dalla mente - ed è viva ancora nella pupilla degli occhi - la scena pietosa, straziante dei poveri lebbrosi. Quale stretta, mio Dio, all'entrare nella casa del dolore! Si direbbe che l'atmosfera è più pesante: quasi si palpa, si respira il morbo fatale.

Sul volto dei colpiti che si reggono tuttavia in piedi è diffusa quasi una tinta funerea con tracce orribili e profonde lasciate dall'azione distruggitrice del terribile morbo.

Ma è al penetrare nelle corsie del lazzaretto e percorrere quei cimiteri viventi, respirando il tanfo sepolcrale - è all'udire gli spasimi di quelle esistenze putrefatte, al fissare lo sguardo, che rifugge inorridito, su quei volti, su quelle carni tumefatte, cadenti a brandelli - è allora sopratutto che un senso di profonda pietà, mai provata, pervade e quasi vorrei dire affascina l'anima cristiana che soffre delle sofferenze del fratello sventurato e non pensa ad altro che al modo di lenirne il dolore straziante.

È solo questo sentimento di pietà cristiana che può creare l'eroismo del Missionario e della Suora, immolantisi nel regno della morte pei fratelli, felici di gustare dolcezze che, appunto perchè soprannaturali, non soffrono il paragone con le gioie passeggiere della vita gaudente. Gloria agli eroi della carità che sanno compiere così eccelse immolazioni. Grande oltre ogni misura è il premio che Dio loro prepara e grande è pure la riconoscenza senza limiti dei poveri disgraziati, oggetti delle tenerezze della loro carità.

Ricordate, lettori carissimi del Bollettino, l'atto compiuto nel lazzaretto di Agua de Dios dall'anima profondamente cristiana dello sventurato scultore lebbroso? Il morbo aveva ridotto le sue mani a due informi moncherini. Eppure egli vuole manifestare ai Salesiani tutta la riconoscenza sua e de' suoi fratelli di sventura.

- E D. Bosco - egli dice - che vi ha mandati a lenire le nostre pene, ad essere gli angeli del conforto nella nostra prolungata agonia. Ebbene io voglio offrire a voi, figli di D. Bosco, l'immagine del Padre vostro da me scolpita.

E con valore che ha del sovrumano si accinge all'opera. Non è facile immaginare le sofferenze da lui provate: ogni colpo di martello si ripercuoteva con lacerazioni dolorose in tutto il suo corpo. Ma l'amore ebbe ragione del dolore.

Il busto di D. Bosco scolpito dal povero lebbroso è ancor là a testimoniare la grandezza di un cuore riconoscente, anche se circondato da un corpo putrefatto e cadente.

Le Borse Missionarie dei lebbrosi.

Nè si è affievolita la gratitudine dei nostri sventurati fratelli.

L'eco della Crociata Missionaria è giunta sino ad essi. Vien da piangere al leggere ciò che scrivono i confratelli dei lazzaretti di Contratación e di Agua de Dios: « I nostri cari lebbrosi vogliono essi pure manifestare a D. Bosco, nella persona del suo terzo Successore, tutta la loro riconoscenza. Vogliono perpetuare con una Borsa Missionaria i loro benefattori, i loro Padri, i sacerdoti salesiani che, vittime del loro eroismo, immolarono la loro vita in questi lazzaretti per confortare tanti poveri sventurati.

I lebbrosi di Contratación hanno già raccolto con magnifico slancio una borsa da intitolarsi a Don Alessandro Garberi, primo direttore del lebbrosario. Ad Agua de Dios è una gara commovente tra i lebbrosi per formare la borsa che deve perpetuare il nome del primo Salesiano D. Michele Unia che consacrava tutto se stesso all'assistenza dei pòveri lebbrosi ».

Cooperatori, amici tutti, che avete versato lacrime di tenerezze leggendo queste pagine, che hanno del leggendario, sorgiamo in piedi, tutti come un sol uomo, e gridiamo il nostro plauso, la nostra ammirazione profonda ai generosi fratelli, che hanno tanta nobiltà di cuore. L'esempio dei lebbrosi di Contratación e Agua de Dios sarà una delle pagine più fulgenti della Crociata Missionaria.

I fratelli del Messico.

Non sono solo le pene che straziano e dilaniano il corpo, ma anche quelle dello spirito che cercano conforto effondendosi in manifestazioni di amore.

È tutto un martirio di anime il succedersi delle dolorose vicende nel Messico. La voce di Dio, la voce del suo Vicario in terra, non è più ascoltata; eppure è voce di amore, è voce di Padre.

Anche i figli di D. Bosco sono coinvolti nella comune sventura. E tolta alle nostre case, ai nostri cari giovanetti quella che è l'anima del sistema pedagogico salesiano; la pietà, la Santissima Eucaristia. Com'è triste la vita senza la compagnia di Gesù!

Poveri figliuoli! E loro interdetta la preghiera. Quanto conforto ricevevano, come si rinnovellavano le loro energie, allorchè durante il giorno potevano recarsi a pregare Gesù, ad effondere le loro piccole pene nel cuore di Maria Ausiliatrice.

La casa salesiana senza la cappella, senza la SS. Eucaristia è una casa morta, una casa del dolore.

Anche nell'angoscie dell'abbandono e della persecuzione i nostri fratelli del Messico non si perdono di coraggio; ognuno ha fatto del suo cuore un tempio ove è adorato Gesù, ove Maria Ausiliatrice è Regina e tenera Madre. Non solo non è spenta la loro spe ranza, ma ad affrettare i loro voti di pace e di rinascita spirituale, vogliono concorrere alle opere di amore.

La Crociata Missionaria ha trovato larga eco nei loro cuori.

Ed essi con senso di fede hanno creato due Borse Missionarie da intitolarsi alla Patrona del Messico, la Madonna di Guadalupe. Oh! la Vergine santa che ha guidato i passi della cristianità messicana, nei primordi della sua chiamata alla fede, rassereni il cielo di quella nazione, ne sopisca le procelle e faccia ritrovare nella pratica della religione cristiana la pace e il verace progresso!

Altre manifestazioni di amore.

La Crociata Missionaria è eminentemente una manifestazione di amore; ora è bello vedere quante anime, spinte dal dolore, vengono a cercar conforto a questa sorgente di amore.

La Borsa fondata dalla benemerita Sig.ra Enrichetta Vigilante in memoria dell'adorato figliuolo Tenente Mario Rocchi, è una manifestazione di amore nel dolore. Era tanto buono il nostro Mario! Allo scoppio della guerra dovette abbandonare il nostro collegio di Villa Sora (Frascati) dove frequentava la 3a Normale. A guerra finita tornò in famiglia col grado di Tenente, ma minato a morte dai gas asfissianti, volle ancora rivedere il suo collegio, i suoi superiori e la sua visita lasciò in tutti un ricordo incancellabile.

La sua mamma nel fondare la Borsa volle con delicatezza squisita che la generosa offerta passasse pel Collegio tanto amato dal suo Mario, per le mani dei Superiori da lui sempre ricordati.

« Facciano risaltare - ella scriveva tutto l'attaccamento e l'affetto di Mario pei suoi Superiori e tutta la mia riconoscenza per quanto hanno fatto per lui ».

Inchiniamoci davanti a queste madri che seppero plasmare figliuoli che tanto onorano la Chiesa e la Patria.

Un'altra mamma profondamente cristiana cerca essa pure conforto al suo dolore nelle opere dell'amore. Uscirà presto, speriamo, la vita del giovane chierico salesiano, Vittorio Bini, morto prematuramente al Perù ov'erasi recato con entusiasmo di apostolo. Il buon Vittorio fin da piccino, e poi tra le file dei Giovani Cattolici, fu sempre un vero apostolo: la lettura della sua vita farà certo un gran bene.

Ora la mamma sua in unione alla famiglia destina con gentile pensiero l'importo di un suo libretto postale, a cui fu aggiunta un'altra somma, per la fondazione di una Borsa da intitolarsi a Vittorio Bini.

Mamme e famiglie che donaste a Dio, in sublime olocausto, i vostri figli, siate certe, grande, molto grande sarà la vostra ricompensa in cielo.

È sempre l'amore che spinge ancora alla fondazione di altre Borse Missionarie: un'anima generosa fonda la Borsa S. Michele, Peveragno (Cuneo) e ci si annunzia che da altri si lavora alla costituzione di una nuova borsa da intitolarsi ai SS. Angeli - e un'altra è pure fondata dalla benemerita Damigella Sig.ra Nicolina Lachelli.

Frattanto per lo slancio di benemeriti Direttori Diocesani, di Cooperatori, di exallievi ed ex-allieve si lavora alacremente a costituire nuove Borse.

L'Ill.mo Mons. Alfredo Mignini, d'accordo col Direttore Salesiano di Perugia, organizzava una Conferenza Missionaria, tenuta, nella storica Sala dei Nodari, dal Rev.mo Sig. D. Pietro Ricaldone alla presenza di tutte le Autorità e di un pubblico imponente. S. E. Mons. Giov. B. Rosa, Arcivescovo di Perugia, volle egli stesso iniziare la Borsa Istituto Penna Ricci con questo nobile appello:

Perugia 23 Marzo 1929.

La luce del Vangelo non ha peranco illuminato milioni e milioni di menti.

Popoli immensi giacciono ancora nelle tenebre dell'errore e nel più vergognoso abbrutimento, lungi da ogni benchè minimo benessere di civiltà.

Non è dunque solo opera di religione, ma di sana filantropia e di belle intesa solidarietà umana, concorrere alla redenzione di tanti infelici, i quali oggi segnano puramente la vergogna della società.

I figli di Don Bosco, il grande apostolo della carità, vanto e decoro della nostra Italia, sempre feconda di bene per le sublimi concezioni dei suoi genii, hanno pensato di celebrare nel modo più geniale e vantaggioso la Beatificazione del loro fondatore.

Intendono di intensificare quella che fu l'opera da lui sognata e voluta, da lui intrapresa e proseguita tra inaudite difficoltà e immensi successi fino al suo ultimo respiro: le missioni cattoliche.

Per tale opera eminentemente civilizzatrice, che risponde altresì al palpito più ardente del gran cuore di un altro sommo figlio d'Italia, il Pontefice Pio XI, il nome della nostra terra volerà in benedizioni ad ogni popolo anche il più remoto. Italiani non la possiamo trascurare. Perugini, dal cuore generoso e gentile, la dobbiamo aiutare.

Delle 1000 Borse Missionarie a cui i Salesiani intendono arrivare, una è per noi.

A Vercelli l'infaticabile Mons. Orsenigo, non contento di aver dato tutto l'appoggio ad una Conferenza Salesiana, dovuta sopratutto alla sua iniziativa, continua con fervore il lavoro iniziato. E noi siamo sicuri che la gloriosa città delle Medaglie d'Oro saprà rispondere generosa all'Appello.

A Malta un pio sacerdote lavora da tempo per la costituzione di unà Borsa intitolata al glorioso Pontefice Pio X, « perchè - così egli scrive - il missionario educato con essa sia tutto eucaristico, come lo fu il Ven. D. Bosco ».

E coi Direttori, Decurioni e Cooperatori gareggiano gli Ex-Allievi e le Ex-Allieve.

La Sezione Ex-Allievi di Udine, presieduta dall'esimio Avv. Annibale Botto, lavora attivamente alla fondazione di una Borsa intitolata al nome dell'Arcivescovo di Udine Mons. Giuseppe Nogara, dando un magnifico esempio di quella affettuosa venerazione che gli ex-allievi debbono nutrire per gli Eccellentissimi Presuli che in ogni diocesi tanta benevolenza hanno per le Opere di D. Bosco. Non dubitiamo che il generoso contributo degli Ex Allievi Udinesi sarà presto un fatto compiuto di cui potranno andar fieri.

Ci piace riferire le nobili parole di una benemerita ex-allieva che, mandando una seconda offerta dei suoi piccini per la Borsa da essi iniziata col titolo Piccoli amici di D. Bosco, scrive:

« Essi sono felici che la loro proposta sia stata ben accolta, e sono perciò tanto infervorati nei piccoli sacrifizi, che si propongono ogni giorno, affine di veder realizzato almeno in parte il voto del loro cuoricino ».

Sarebbe troppo lungo enumerare gli episodi gentili di queste care animucce; mi limito a riferirne uno solo. « Una bimba di pochi anni mette ogni settimana nel Salvadanaio missionario la quota anche dei due fratellini che ancora non vanno a scuola.

Non ripeto le frasi gentili della piccola perchè, da me espresse, perderebbero l'ingenua grazia della spontaneità. Voglia Iddio che i cari piccoli innocenti si conservino sempre tali ! ».

Facciamo nostro il voto della zelante educatrice che ci segnala l'episodio. Preghiamo perchè tutta la gioventù d'Italia cresca infiammata da questi nobili ideali che costituiscono la più cara speranza della Religione e della Patria.

BEATIFICAZIONE DI D. BOSCO Festeggiamenti a Torino

9 GIUGNO - Solenne Traslazione della Salma del Beato Don Bosco da Valsalice alla Basilica di Maria Ausiliatrice.

10-11-12 - Solenne Triduo nel Santuario di Maria Ausiliatrice.

13 »   Posa della prima pietra dell'Istituto Missionario CONTI REBAUDENGO, offerto munificamente da Sua Ecc. il Conte Eugenio Rebaudengo alla Società Salesiana.

IMPORTANTE: i. Pei pellegrinaggi a Torino rivolgersi al nostro Comitato Pellegrinaggi: Via Cottolengo, 32 - TORINO (109).

2. I Direttori Diocesani, Decurioni, Zelatori notifichino con sollecitudine a questo Comitato, i pellegrinaggi indetti sia per Roma, sia- per Torino dalle loro Diocesi e dalle loro città, il numero dei pellegrini. Questa notificazione è assolutamente indispensabile per poter predisporre e comunicare l'udienza del Papa, altre adunanze e manifestazioni salesiane.

Il Cinquantenario delle Missioni in Patagonia

Il primo atto della fausta ricorrenza del cinquantenario ha avuto il suo svolgimento il 27 gennaio coll'inaugurazione del collegio salesiano di Comodoro Rivadavia e colla benedizione dell'annessa chiesa di « Santa Lucia »: tre giorni di riuscitissime feste che furono un'apoteosi magnifica dell'Opera di Don Bosco, apoteosi voluta dall'Autorità civile, benedetta dalla suprema Autorità religiosa della Repubblica, ed effettuata dalle masse operaie di C. Rivadavia, rappresentanti ben 37 nazioni.

S. E. l'Arciv. di Buenos Aires, Fra Giuseppe Maria Bottaro, accompagnato dal suo Ausiliare, Mons. Giacomo Copello, si recava per la prima volta in Patagonia per benedire il grandioso collegio di Rivadavia e l'Eccellentissimo sig. Presidente della Repubblica Dott. Ippolito Irigoyen volle essere l'alto padrino per mezzo di uno speciale delegato.

Il Governo, per la circostanza, metteva a disposizione della Schola Cantorum dello Studentato di Fortín Mercedes un bastimento che salpava da Buenos Aires il 22 gennaio, precedendo di due giorni l'altro bastimento su cui viaggiava l'Arcivescovo accompagnato dal suo ausiliare, dai familiari e dall'Ispettore Salesiano.

Il 26 tutta la popolazione di Comodoro e dei dintorni diede un entusiastico benvenuto agli illustri ospiti al palazzo dell'Amministrazione della Zona Petrolifera: parlò il rappresentante del Governo, Ing. Mario Villa, e il venerando Arcivescovo ringraziò commosso della festosa accoglienza, inneggiando all'opera salesiana che preparava consolazioni così belle al suo cuore, e dicendosi felicissimo di ammirare da vicino l'opera redentrice che da cinquant'anni vanno esercitando i Salesiani nella Patagonia. Parole vibranti di caldo ringraziamento disse pure l'Ausiliare Mons. Giacomo Copello.

Le solenni funzioni religiose del giorno seguente, domenica, s'iniziarono colla benedizione della nuova chiesa parrocchiale compiuta da Mons. Copello, cui tenne dietro il solenne pontificale di S. E. Mons. Arcivescovo. Al Vangelo, in pulpito, il celeberrimo oratore francescano di Buenos Aires Fra G. Cuello con eloquenza magnifica ricordò le benemerenze dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice durante un mezzo secolo di attività nella vasta Patagonia. La Schola Cantorum eseguì oltre la solenne e Missa Pontificalis » del M° Perosi, scelti pezzi musicali a tre e a quattro voci.

Nel pomeriggio la popolazione si riversava al collegio salesiano per assistere alla solenne benedizione. S. E. Mons. Arcivescovo, vestiti i sacri paramenti, piangendo di consolazione, benedisse i vasti locali del grandioso edificio (che accoglierà ben presto 25o interni, e 200 alunni esterni) e l'Osservatorio Meteorologico nazionale installato nei locali del collegio.

Dopo un canto prendeva la parola l'Ispettore Salesiano Sac. Dott. Gaudenzio Manachino per ringraziare anzitutto il venerando Arcivescovo del grande onore che faceva alla missione della Patagonia visitandola nel suo glorioso cinquantenario, e benedicendo una chiesa e un collegio destinati per i figli del popolo. Esponeva quindi il programma salesiano in C. Rivadavia, ringraziava i generosi cooperatori, e conchiudeva dirigendosi alle famiglie operaie: « ... Che i vostri figli possano sentirsi attratti a questo istituto di D. Bosco dai purissimi piaceri del dovere compiuto e del bene praticato; possano sentirsi attratti da tutto ciò che di nobile e generoso svilupperà in essi l'educazione impartita, perchè siano costanti nell'amore a Dio, nel rispetto alla Chiesa, nella fedeltà alle leggi, e al servizio della patria ».

Entusiastiche parole di ringraziamento disse pure il delegato dell'Ecc.mo Sig. Presidente della Repubblica, il Sig. Umberto Beghin, ricordando che il 13 dicembre del 1907, nel pozzo benedetto da un missionario salesiano, pieno di fede in Dio, scopriva il petrolio di Comodoro Rivadavia.

Al termine della solenne cerimonia veniva distribuita ai presenti un'elegante medaglia commemorativa, e Mons. Arcivescovo volle scrivere nella prima pagina dell'album dei visitatori belle parole di ammirazione e di voto all'opera dei Figli di D. Bosco:

« Operai dell'ultima ora, sono ammirati » dovunque per la loro intelligente attività, » per il loro zelo instancabile, per la loro co» stante laboriosità.

» Con una forza d'espansione che non co» nosce confini, svolgono opera ampia e fe» conda in tutti quei rami delle iniziative » umane in cui possono concorrere a beneficio » delle classi più bisognose.

» In tutte le imprese a cui dedicano le loro » energie, ed in ciascuno dei rami che queste » abbracciano, sono guidati dallo spirito e » dall'ideale del venerabile Don Bosco, il cui » sublime programma è sintetizzato in queste » brevi parole: Da mihi animas, caetera tolle.

» Che il Signore benedica l'opera vostra, » o Salesiani benedetti, e vedrete coronati i » vostri sforzi da un successo ammirabile ».

Comodoro Rivadavia, 27 Gennaio 1929.

Fra GIUSEPPE MARIA Arcivescovo di Buenos Aires.

La giornata si chiudeva con un solenne Te Deum cantato nella chiesa di S Lucia, presenti autorità e popolo.

Il giorno 28, Mons. Arcivescovo distribuiva con gioia il Pane Eucaristico a centodieci bambini, che s'accostavano per la prima volta al banchetto eucaristico. La santa Messa fu celebrata da Mons. Arcivescovo, e colle devote preci s'intercalarono vari mottetti polifonici.

Accompagnato dalle autorità locali e dalla Schola Cantorum di Fortín Mercedes in una lunga teoria di automobili, visitava quindi la ricca zona mineraria, applauditissimo dappertutto e ricevuto a festa da tutte le famiglie che gli presentavano i bambini perchè fossero benedetti.

Monsignore osservava commosso tanta religiosità in quelle masse operaie, rilevando con compiacenza lo zelo dei nostri missionari che ottenevano tali trionfi alla religione in terre così lontane.

L'illustre presule portò pure la sua parola di pace e la sua benedizione agli operai riuniti nei refettori comuni, e a quelli che si trovavano sul lavoro.

Alla sera S. E. Mons. Copello amministrava il santo sacramento della Cresima a più centinaia di bambini.

Alle diciotto Mons. Arcivescovo si recava al pozzo dove venne scoperto il petrolio per benedire una lapide ricordo.

Più migliaia di operai ricevevano entusiasmati il venerando prelato, e dopo l'esecuzione dell'inno nazionale uno di loro prese la parola. Fu un momento suggestivo: dopo le parole di ringraziamento a Mons. Arcivescovo « che si degnava di benedire la croce bianca che i Salesiani avevano piantato davanti alle nere torri del petrolio » udire da quelle labbra questa affermazione: « ... Così colla chiesa di Santa Lucia dove ci riuniremo alla sera dopo il nostro lavoro, e col collegio salesiano Comodoro Rivadavia entrerà in un'epoca di gloria e di progresso, progresso e gloria che già prediceva Don Bosco dalla lontana Torino alla sua prediletta Patagonia ».

Nel terzo giorno di permanenza a Comodoro Rivadavia Mons. Arcivescovo volle celebrare nella chiesina del collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Anche in questa Messa oltre le comunioni dei fedeli S. E. distribuiva per la prima volta il Pane degli Angeli a più di sessanta bambini dell'incipiente cittadina.

Commoventissimo fu l'addio che si tributò al venerando presule. Tutti i bambini della località si trovavano nelle vicinanze del porto recanti nelle loro mani mazzi di fiori. Apparve Mons. Arcivescovo seguito da centinaia di automobili, e appena disceso una pioggia di fiori gli tracciò il cammino, mentre echeggiavano gli evviva di mille cuori innocenti. Monsignore li benedisse commosso, e riverito dalle autorità e dal popolo si recava a bordo del « Ministro Frers », bastimento su cui per suo espresso desiderio viaggiava pure la Schola Cantorum di Fortín Mercedes.

Tanto i chierici come i piccoli aspiranti per ben quattro giorni furono l'oggetto delle compiacenze del venerando arcivescovo che si diceva ringiovanito dopo aver assistito all'imponente spettacolo di fede e di affetto che i figli di Don Bosco gli avevano preparato nella lontana Patagonia.

L'intera famiglia salesiana s'unisce ben di cuore ai confratelli della Patagonia per ringraziare il venerando figlio di San Francesco della sua grande bontà per l'Opera salesiana.

Pellegrinaggio Piemontese a Roma per la Beatificazione di Don Bosco

30 Maggio - Partenza da Torino con 4 treni speciali alle ore 14,15 - 14,45 - 15,10 - 15,40.

31 Maggio - Arrivo a Roma alle ore 5,15 - 5.45 - 6,10 - 6,35.

Permanenza di cinque giorni a Roma con vitto e alloggio, secondo le classi:

1a classe: L. 685;

2a classe: L. 500;

3a classe: L. 350 (in alberghi);

3a classe: L. 280 (a S. Marta); più L. 2o tassa d'iscrizione.

NB. - In dette quote si comprende: Viaggio in ferrovia - alloggio e vitto in alberghi di primo ordine (per la 1a classe), in buoni alberghi (per la 2a e 3a) e in Istituti - concorso alle spese - vetture e tram - mancie - distintivo - carta del pellegrino, ecc.

Le iscrizioni si chiudono il 15 maggio.

Rivolgere le domande al Comitato Pellegrinaggi: Corso Oporto, 11 - Torino.

Rilievi della figura di Don Bosco

Don Bosco e Padre Ludovico da Casoria.

P. CLEMENTE PERNICIARO pubblica sul Corriere d'Italia del 28 marzo questi cari ricordi su D. Bosco e il P. Ludovico da Casoria, fondatore dei Frati Bigi della Carità.

Don Bosco e Padre Lodovico si incontrarono un giorno in Roma: si guardarono negli occhi, si intesero, si amarono; furono amici secondo Gesù e il Vangelo, uniti di mente e di cuore, per le anime, il Papa e la Chiesa.

Pareva che la Divina Provvidenza volesse assegnare in Ronca, ai due Apostoli lo stesso campo, per il loro lavoro quasi identico: il nuovo quartiere del Macao, che andava allora sorgendo.

Il Ven. P. Lodovico aveva posto il primo seme delle sue opere romane al Macao, in via Milazzo alla Villa Capranica: una scoletta per poveri fanciulli. Don Bosco in quei pressi apriva poco dopo una cappellina, anche essa picciol seme di grandi opere.

Ed erano qui venuti tutti e due per amor grande alla Chiesa di Gesù Cristo e al Papa. Tutti e due erano venuti con pensieri umili, con programma da principio modesto; sebbene avessero nell'animo grandi desideri di consumare se stessi e i loro ancora nascenti Istituti per la grande Roma di Pietro, in cui i protestanti con le scuole che vi andavano aprendo e una istruzione miscredente tendevano a disseminare quelle divisioni religiose che ferivano il cuore dell'allora regnante Leone XIII.

Questo grande Pontefice iniziava il suo Pontificato, si può dire, col rivolgere le sue cure prima alla scuola, ai fanciulli, speranza del domani per la Chiesa e la Patria. E la sua amarezza per il lavoro di scristianizzazione dei fanciulli e dei giovani, aveva espressa in una grave lettera al suo Cardinal Vicario, nel marzo del 1879; e invocava l'aiuto dei Romani, per fondare le scuole cattoliche.

Il Ven. P. Lodovico, come scrive il Capecelatro, prese quella lettera come se fosse scritta per sè, e corse a Roma; e il 5 ottobre dello stesso 1879 aprì la sua scuola al Macao, in via Milazzo. Nulla chiese al Papa, nè ad altre autorità per questo: a tutto volle provvedere da sè, col concorso dei buoni, e principalmente delle sue opere di Napoli. Egli veniva a Roma, non per avere, ma per dare al Papa; per aiutarlo da buono e fedele figliuolo, come poteva, adoperando tutte le sue forze, tutto il suo ingegno.

Lo stesso era di D. Bosco: chè egli viene al Macao nel 188o, e vi apre una piccola cappella, che è il germe della parrocchia: in quel quartiere che era allora il più bisognoso di Ronca, per la vita cristiana e spirituale, sorgendovi case e palazzi senza una chiesa. La cappellina di D. Bosco funzionò da succursale alla parrocchia di S. Bernardo alle Terme: e ivi si videro per alcun tempo il Salesiano di D. Bosco e il « Bigio» del P. Lodovico, con santa ed esemplare fratellanza, uniti insieme la domenica a catechizzare i piccoli.

Un giorno al P. Lodovico in Napoli giunge notizia che il Santo Padre Leone XIII consegnerebbe il terreno ove ora sorge la bella e monumentale Basilica del S. Cuore al Castro Pretorio, iniziata da Papa Pio IX, con le sue fondazioni già compiute, a una Congregazione o Istituto religioso, che si assumesse il compito di far sorgere e menare a termine la chiesa e accanto un istituto scolastico. Il Ven. Padre nostro Lodovico senza preoccuparsi se la notizia sia vera o no, pensa non forse voglia la Provvidenza affidare a lui questo grave incarico, arduo assai per lui che non ha un soldo, ma molta fede nella Divina Provvidenza. E preso con sè il suo fedele P. Bonaventura, corre a Roma; vi arriva di sera.

La mattina appresso va alla Banca Tiberina, per trattare l'acquisto del terreno che confina con le fondazioni della chiesa del S. Cuore: poi passerebbe dal Card. Vicario La Valletta a offrire la sua opera e la sua fede nella Provvidenza. Nel salire le scale del palazzo della Banca, al primo ripiano delle scale incontra Don Dalmazzo, Salesiano, che discende. Giacchè si conoscevano, si fermano, si salutano, e il P. Lodovico domandando, con affettuosa premura, di D. Bosco e delle sante intraprese di lui invece di continuare a salire le scale, discende col Salesiano; e prosegue sempre conversando con lui, sin presso alla chiesa del Gesù. Quivi si congeda da Don Dalmazzo pregandolo instantemente di mandare i suoi più cari e devoti saluti al carissimo D. Bosco; e prosegue il suo cammino per tornarsene al Macao!

Ma il Padre Bonaventura allora: « Padre, e che siamo venuti a fare a Roma? E la Tiberina? ».

E il P. Lodovico: «Bonaventura, ma non vedi? c'è D. Bosco... i Padri Salesiani! ».

Il giorno dopo i due nostri venerati Padri erano in treno per Napoli. Il figlio del Santo Patriarca d'Assisi - santo della rinuncia e del distacco - che non amava mai far concor renza a nessuno, tanto meno ai santi, nelle scale della Tiberina dovette intuire quel che D. Dalmazzo era andato a trattare; e, con delicatezza squisita, con devota venerazione al santo suo emulo nella carità, si distacca dalla sua idea, rinunzia a un suo ardente amore; e cede e sente di aver, così, bene studiata la Divina Provvidenza, come egli soleva dire.

Il Padre Lodovico da parte sua cede il passo a D. Bosco; e la Provvidenza dà a lui altro campo. Fu lo stesso anno 188o, nell'ottobre, che il Padre Nostro si incontrò a Schio col senatore Alessandro Rossi: ed ecco l'Esquilino per i Bigi, il nuovo orto da coltivare, ecco la loro nuova casa. E il Padre Lodovico potè dire: « A Firenze ho sfogato col S. Cuore» - aveva eretto il primo tempio dedicato al Sacro Cuore in Italia - « a Roma voglio sfogare con l'Immacolata».

Il 14 agosto 1882 Sua Ecc. Monsignor Lenti, Vice-gerente di Roma, presiedette alla Villa Capranica, presente il Rev.do D. Dalmazzo, la solenne premiazione per gli alunni dei Bigi, i quali furono consegnati così ai figli di Don Bosco, che, come risulta anche dai processi per la sua Beatificazione, era stato espressamente chiamato a Roma dal Papa Leone XIII, e ne aveva avuto l'invito di assumersi la costruzione della chiesa del S. Cuore e coronarla di sue opere. L'ottobre seguente i Bigi aprivano la loro nuova casa al Viale Manzoni, dove, benedetti da Dio, lavorano sino ad oggi in fertile campo.

Quando D. Bosco e Padre Lodovico si incontrarono in Roma (l'unico incontro della loro vita), il Padre Lodovico gli domandò: -Ouanti anni avete? - Son del '15, gli disse D. Bosco tutto serio e meditativo. E Padre Lodovico di rimando: - E io del '14. - Vuol dire, aggiunse D. Bosco, che lei porterà un anno più di me all'eternità.

Fu certo un pio scherzo, che nelle parole dei Servi di Dio non si ha da cercare sempre e a ogni costo la profezia. Il fatto è che Don Bosco ne portò due di più del P. Lodovico nell'eternità, dei suoi anni preziosissimi e ricchissimi. Il Padre Lodovico morì tre anni prima, il 30 marzo 1885: D. Bosco il 31 gennaio 1888. E perciò i Processi di Beatificazione del Ven. Padre Lodovico si iniziarono prima, l'agosto 1885, presso la Curia più ricca di processi di Beatificazioni e di Canonizzazioni. Presentemente ne ha in corso 35, e tutte Cause napoletane. Bellissimo primato!

E ora la Causa del Ven. Giovanni Bosco è arrivata al termine: proclamate le sue virtù in grado eroico, approvati i miracoli, imminente la Beatificazione: e, abbiam fede, non tarderà poi la Canonizzazione.

E il Ven. Padre Lodovico? E per arrivare pure lui, ma un po' più tardi. I Processi Apostolici sono alla Congregazione dei Riti dal febbraio 1928; e si prepara il lavoro per ottenere il riconoscimento e la dichiarazione delle Virtù in grado eroico.

Ma non è bello pensare che egli si sia tirato anche questa volta indietro, e abbia ceduto il passo al suo amico del 188o, al suo emulo nella carità? Egli, bella e grande figura di Santo, che nella sua sentita umiltà si firmava sempre piccolo frate: egli umile figlio di San Francesco, con gioia dell'anima sua santa, serafica, come era uso in vita, vogliam pensare che lasci correre avanti chi volle nascondersi dietro la colossale figura di S. Francesco di Sales, divenendo anche esso figura gigante nella Chiesa di Dio.

E per i Figli del Ven. Padre Lodovico, i Frati Bigi della Carità, e le Suore Elisabettine, all'amoroso lamento rivolto da loro al Padre: « E voi, Padre? », è dolce e caro sentire che egli risponda come nel 188o: « Eh, non vedete? c'è D. Bosco!... I Padri Salesiani!... ».

E noi ne godiamo aspettando con fede.

P. CLEMENTE PERNICIARO

Sup. Gen. dei Frati Bigi.

Il distintivo per la Beatificazione di Don Bosco

Reca la figura di Don Bosco.

Deve essere il distintivo dei figli di Don Bosco, dei loro alunni, dei Cooperatori Salesiani e delle Cooperatrici e di tutti i devoti del Beato.

Deve essere il distintivo nostro nelle feste della Beatificazione e in tutte le manifestazioni interne ed esterne.

Si raccomanda particolarmente ai pellegrini e quanti dei nostri parteciperanno ai festeggiamenti di Roma e di Torino.

Prezzo L. 1.

Chiederlo al Comitato Pellegrinaggi Salesiani: Via Cottolengo, 32 - Torino.

I Capi di Istituti, i Direttori Diocesani e Decurioni Salesiani, i Direttori di Pellegrinaggi mandino sollecite ordinazioni col relativo importo.

Lettera di Don Giulivo ai Giovani.

Carissimi,

Vi presento una fotoincisione che vi riproduce una graziosa scena, avvenuta nella Missione Salesiana di Taracuà nel Rio Negro del Brasile.

Vi scorgete in essa due fanciulli indii che si presentano al Missionario. Il più grandicello è l'indietto Lorenzo, già istruito, civilizzato, fatto cristiano che ritorna come in trionfo alla Missione, conducendo seco il fratellino, piccolo selvaggetto con il modesto suo fardello. Lorenzino lo andò a rintracciare nella natìa capanna tra le selve e ottenne dalla famiglia di condurlo al collegio della Missione. Bella ed edificante scena che riempe di gioia il Missionario e fa lieti i due piccoli indietti.

Il Ven. D. Bosco soleva dire al Signore: « Datemi anime e tenetevi il resto ». Nei primi lustri del suo Oratorio frequentemente percorreva il Piemonte per predicazioni e ritornava sempre con accettazioni di nuovi alunni. Predicando un giorno a Castelnuovo d'Asti, ammirò la vivacità del giovanetto che l'accompagnò sul pulpito. Ritornato in sacrestia l'interrogò: Come ti chiami? - Giovanni Cagliero. - Verresti volentieri con me a Torino? - Sì! Sì! - Ebbene dirai a tua mamma che venga da me, e combineremo.

Così condusse con sè il futuro Missionario e Cardinale Cagliero.

Amici miei, raddoppiate il vostro zelo per salvare anime. Imitate l'indietto Lorenzo, conducete fanciulli e giovani agli Oratori, ai circoli cattolici, ai collegi religiosi; animateli a pregare, a lavorare anch'essi per le Missioni e specialmente per la nostra Crociata; fate loro leggere il Bollettino Salesiano, Gioventù Missionaria e altre consimili stampe.

Dopo ciò mi è caro informarvi che è ora veramente prossima la Beatificazione del Venerabile D. Bosco, il grande apostolo e amico dei giovani. Se tutti ne esulteranno, dovrete esultarne specialmente voi, o giovani, che siete suoi amici. Leggetene la vita, mettetene in pratica gl'insegnamenti e pregatelo con gran fede e amore. Pregatelo per i vostri studi e lavori, per la vostra vocazione e futura carriera, per la vostra famiglia, per la Chiesa e per la Patria, per la salvezza della gioventù e specialmente per le Missioni.

Il nuovo Beato ascolterà la vostra preghiera e per mezzo di Maria Ausiliatrice la presenterà al trono di Dio e vi otterrà le più copiose grazie e benedizioni.

Addio.

Aff,mo Don Giulivo.

Anime riconoscenti al Ven. Don Bosco

Domenica io febbraio essendo andati dal nostro Direttore per chiedere se abbisognasse di qualche cosa, avendo avuto la sera precedente una leggera indisposizione, con grande spavento lo trovammo irrigidito come un cadavere: solo il polso che batteva, ci rivelò trovarsi ancora in vita.

Gli si apprestarono i primi soccorsi del caso; accorsero due dottori, tra cui il primario dell'Ospedale, nostro ottimo amico e vicino di casa, e constatarono trattarsi di emorragia cerebrale.

La nostra costernazione al pensiero delle possibili conseguenze ci portò con viva confidenza ai piedi di D. Bosco: e lo pregammo con vero fervore a voler scongiurare una sciagura. E D. Bosco esaudì la nostra preghiera.

Il Direttore che per tutta la giornata era stato incosciente e senza parola, al mattino seguente si trovava fuori pericolo, parlava e usava bene tutte le sue membra.

Il prodigio doveva ampliarsi nei giorni seguenti, perchè, manifestatasi nel Direttore la polmonite, D. Bosco lo liberava anche da questa in tre giorni.

Alunni e superiori esprimono vivissima riconoscenza a D. Bosco per tanto favore.

Convitto Salesiano, Grosseto.

D. GAINO.

Causa un grave indebolimento fisico accompagnato da grande prostrazione morale, mia moglie era nell'assoluta impossibilità di attendere alle faccende di casa.

Su consiglio di un antico, sacerdote salesiano, ricorsi con una novena a D. Bosco. L'ammalata fin dal secondo giorno cominciò a migliorare e, scongiurando una forse lunga degenza all'ospedale prevista dal medico, potè presto riprendere le sue occupazioni. La moglie, i due figli si uniscono a me nell'esprimere a D. Bosco la più viva riconoscenza.

Torino.

GIOVANNI PRINA, ex-allievo.

Per intercessione di D. Bosco sono guarita in quindici giorni di una paralisi facciale per la quale sarebbero ordinariamente occorse cure di due o tre mesi almeno.

Torino.   EMILIA PERCIVALLE.

Il 27 gennaio dell'anno scorso fui ricoverata d'urgenza in una clinica di Torino, per ciste vescicale, la quale rendeva difficile assai e addirittura pericoloso il prossimo parto. L'operazione, prima di questo era impossibile. Nella seria preoccupazione di quei giorni, rivolsi il mio pensiero al Venerabile Don Bosco, mentre persone amiche incominciavano a Lui una novena, al medesimo scopo.

E il parto si compì felicemente. Non solo; ma quando - alcuni giorni dopo - subii la visita medica per fissare la data dell'operazione, con vivissima sorpresa di tutti la ciste era completamente scomparsa, e io mi sentivo guarita. E in giornata potei ritornarmene in famiglia, dove ora godo ottima salute insieme alla mia piccola Giovanna il cui nome abbiamo voluto ricordasse il nostro Benefattore e ci fosse pegno della sua protezione avvenire.

Torino.

FRANCESCA MIGLIAVACCA.

Poche settimane or sono, la mia bimba maggiore di 11 anni, che aveva già avuto lunghe e ripetute influenze, fu ripresa da febbre accusando dolore a un orecchio. Poichè essa ha già sofferto tre volte di otite, ne fummo molto spaventati dubitando che questa si manifestasse per la quarta volta. Con vera fede le consegnai una memoria di Don Bosco e promettemmo entrambi un'offerta per le Opere Salesiane e iniziammo preghiere per la guarigione.

Il giorno seguente tanto la febbre che il dolore erano scomparsi.

Bologna, 31 Gennaio 1929.

GUIDO FRANCHI.

Esprimono riconoscenza a D. Bosco

Sr. Carolina Manfredi, che invocando Don Bosco fu libera in breve da un'enfiagione al ginocchio destro, riportata per una caduta.

Famiglia Peretti (Casanova) per l'ottenuta guarigione ai figli.

M. B. (Rio Gallegos) per aver scongiurato il pericolo di un'appendicite.

P. F. (Torino) anticipa grazie per un favore desiderato.

Maria S. Blois (Spezzano Albanese) per ottenuta guarigione al marito da una sciatica atroce.

Sac. Pietro Manis (Guasila) per essere stato liberato dopo semplice preghiera improvvisamente dall'influenza e da una grave tonsilite.

Matilde Perruchon (Torino) pregò D. Bosco di guarirla risparmiandole un'operazione e fu esaudita.

A. A. (Saluzzo) per la guarigione della bambina.

DALLO NOSTRE MISSIONI

Dalla reggia alla stalla

(Relazione di D. Sante Garelli).

Shanghai, 12 Febbraio 1929.

Amatissimo Signor D. Rinaldi,

Suppongo che Lei si chiederà: « Che ne è dei miei Salesiani di Shanghai? ». - Quello che fu del povero Giobbe: dalla reggia alla stalla: ecco riassunta la storia.

Era una reggia la Casa che avevamo a Nantao. Un ampio edificio capace di più di 70o allievi. Dopo un solo anno dall'apertura, vi erano ricoverati ben 200 orfanelli, che lavoravano in 7 diversi laboratori, con macchinario che si avvicinava alla perfezione.

Giunse il mattino del 26 marzo 1927. La notizia corse come un baleno: « A Nankino gli Europei assaltati: due missionari uccisi: domani altrettanto a Shanghai ». Fui dal Console: « In quanto posso le do ordine, egli mi disse, di ritirarsi immediatamente in Concessione coi suoi confratelli ».

- Commendatore, risposi, trasmetterò l'ordine a tutti i miei dipendenti: quanto a me, il mio dovere è troppo chiaro: o salvo insieme con gli orfani, o morto in mezzo a loro: io non posso abbandonarli.

- E perchè non li conduce con sè?

- Non mi basta il denaro per nutrirli tutti nel territorio della Concessione: mi occorrerebbero almeno 3o dollari al giorno (300 lire).

Riflettè un istante e soggiunse:

- Salvi tutti, e io le assicuro che nessuno morirà di fame.

La deliberazione era ben degna di un Console d'Italia. Volai di ritorno: la parola d'ordine risuonò tosto in tutti gli angoli della Casa:

- Ciascuno faccia il proprio fagotto: fra un'ora tutti si parte.

La prima partenza.

Ora di trambusto indicibile. Alle quattro si era alla riva del fiume: tre grossi barconi, carichi di noi e delle nostre cose, muovevano verso la Concessione Internazionale. Era sereno ed una brezza fredda, vespertina, faceva battere i denti. Intonammo il rosario: la Stella del mare ci avrebbe guidati. Calava la notte: le barche procedevano lentamente, incerte del cammino.

« Libia!... Italia!... », gridavano i nostri Cinesini passando accanto a barconi, transatlantici, corazzate: nessuna risposta.

« Libia!... Italia!... », finalmente una voce rispose, e risuonò di lontano, sulle acque dell'ampio Wongpoo, a traverso le semitenebre.

« Viva l'Italia! », fu la controrisposta da tutte le nostre barche. Ci eravamo imbattuti nella nave da guerra italiana, la « Libia ». Il Comandante, l'Amm. Miraglia, diede ordine d'illuminarci col riflettore la via, di aiutarci nello sbarco, e di porre a nostra disposizione i camions della Caserma Italiana per portare noi e le nostre cose a destinazione.

Alle dieci di notte eravamo in salvo in uno dei padiglioni dell'Ospedale del S. Cuore.

Ma in casa avevo dovuto lasciare ancora 3o dei più piccoli, vigilati da un chierico cinese. Andavo sovente a visitarli: qualche volta con loro passavo la notte, ma non senza aver legato una serie di lenzuola alla finestra della camera per essere pronto ad una fuga. Una mattina, avanti l'alba, cannone, fucileria e mitraglia mi destano di soprassalto:

« Ci siamo... È il fuoco attorno a noi ».

Comunisti e soldati regolari avevano ingaggiato fra loro la lotta a due passi dalla nostra casa. Due ore di fuoco arrabbiato che ci tenne tutti in trepidazione. Finalmente i comunisti scapparono. Automobili, cannoncini, fucili e munizioni, tutto il bottino di guerra fu portato dai soldati in un'ala del nostro edificio, ancora incompleta, ma trasformata per l'occasione in avamposto militare.

Un dopopranzo vado ancora a visitare i miei orfanelli: « Padre, Padre, presto, corra: Selva Eterna muore abbruciato ».

Il piccino, neocristiano, aveva trovato dei fiammiferi, e, giuocando, si era appiccato il fuoco agli abiti che aveva indosso. Spaventato, prese la corsa: le fiamme crebbero, e il poverino cadde a terra spossato dagli spasimi dell'essere bruciato vivo. I piccoli compagni corsero atterriti gli uni a chiamare il Cinese deputato alla loro custodia, gli altri a prendere acqua da gettargli addosso. In quel momento io arrivavo. Era troppo tardi per salvarlo: le parti interne erano già intaccate.

Lo confessai, gli amministrai l'Estrema Unzione. Tra gli spasimi indicibili sorrideva, pronunziando con fede ed amore i nomi di Gesù e di Maria. Poche ore dopo il piccolo Selva Eterna sbocciava qual fiore di sacrificio nel giardino del Cielo.

La casa sembrava dovesse rimanere intatta dall'occupazione militare. Tutti i giovani e parte dei Superiori ritornarono dunque all'Istituto la mattina del lunedì santo.

L'invasione dei soldati.

Il mercoledì ero andato a confessare i bravi marinai della Libia, che preparavansi a fare la loro Pasqua. Una telefonata mi chiamava d'urgenza: « Corra: i soldati hanno invasa la casa ». Alle tre del pomeriggio sono di ritorno. Laboratori, scuole, uffici, dormitori, tutto era già stato occupato: una caserma in piena regola. Neppure la cappella era rimasta libera. I giovani della casa sbandati qua e là senza sapere dove rifugiarsi. « Ma non c'è un ufficiale? », fu la prima domanda che io feci.

Dopo cinque ore di occupazione, nessuno della casa era ancora riuscito ad incontrare un ufficiale. Dentro la cella di un assistente di dormitorio al terzo piano scovo finalmente un individuo in borghese, che scriveva su dei registri.

Ufficiale o no, se scriveva, rappresentava l'autorità.

« Comandante, gli dissi, mi permetto di farle notare che ho cento orfani in casa, privi affatto di famiglia cui rimandarli. Debbo gettarli sulla strada? La pregherei di lasciare per gli orfani almeno il terzo piano: i due piani sottostanti potrebbero pei soldati essere sufficienti ». L'individuo in borghese fu ragionevole. Spiccò ordine : « Sgombrare il terzo piano ». I soldati, più ubbidienti di quello che avrei creduto, ripresero le loro cose, comprese però quelle della casa che loro vennero tra mano, e che giudicarono utili a sè, e discesero ai piani sottostanti. Noi, e tutto quello che si potè salvare delle cose nostre, ci ritirammo al piano superiore. Ma il giorno dopo un'altra fiumana di soldati invase la casa: centinaia, migliaia, impossibile contarli. I vetri furono infranti, le serrature spezzate, le porte fracassate: sedie, tavoli, armadi, letti, coperte, quanto di utile venne alla mano fu strappato con la forza. A mezzanotte i nostri ragazzi si disputavano ancora cogli invasori le proprie cose. Ormai nulla più v'era da sperare. Mandai d'urgenza una lettera al Segretario della Municipalità Internazionale, chiedendo un qualsiasi luogo di rifugio per me e pei giovani che avevo meco. A volta di corriere, sulla stessa busta scrisse di suo pugno: « Domani, un alloggio senza mobilio e senza luce, sarà a sua disposizione: io stesso manderò le lanterne e pagherò il fitto per due mesi ». Benedissi la bontà di Dio, e la carità squisita di chi ne era la mano visibile. Purtroppo però l'alloggio era insufficiente per tutti. Raccolti dunque i più piccoli in un sol dormitorio, li affidai ai loro Angeli Custodi e ad un maestro cinese che li sorvegliasse, e disposi tutti gli altri ad una seconda, più o meno, gloriosa, ritirata.

La seconda partenza.

Non fu cosa facile trafugare ciascuno il proprio fardello: la porta era guardata dai soldati che non permettevano di portar via nulla per... non restare senza nulla.

Fummo di nuovo alle barche del fiume. Era Venerdì Santo: l'ora della Via Crucis e della passione del Signore. Con in cuore il ricordo dei dolori dell'Uomo-Dio prendevamo sulle acque la via dolorosa della fuga. Ancora una volta i bravi marinai della Libia fecero da Angeli consolatori: aiutarono lo sbarco, trasportarono il bagaglio, e fecero sentire agli orfanelli cinesi come la carità di Cristo sia superiore alle differenze di razza.

Tre mesi stemmo fuori della nostra casa. Nel frattempo l'edificio era stato diviso in due parti. L'ala destra, destinata a caserma, alloggiava più di mille soldati cinesi di truppa: l'ala sinistra, adibita ad ospedale militare, ricoverava più di 50o tra malati e feriti.

In una camera, al terzo piano dell'Ospedale, stavano raccolti i 30 orfanelli lasciati all'Istituto. Fu volontà di Dio che in quella camera ritornassero di nuovo anche quelli rifugiati temporaneamente in Concessione. Non era però possibile farvi rientrare il personale europeo. Il 24 luglio 1927 riunivo là dentro tutti gli alunni, grandi e piccoli (più di 6o), ed io, solo, mi rinchiudevo con loro.

Sessanta ragazzi, dai 10 ai 16 anni, in una sola camera, che doveva servire da dormitorio, scuola, refettorio, laboratorio per sarti, calzolai, falegnami, lavanderia e cappella; non un palmo di cortile per la ricreazione dei giovani: neppure la cucina propria,

Diciotto mesi di prigionia,

I soldati, sporchi, rissosi, indisciplinati, che venivano a coricarsi fin davanti alla porta della camera.

Coi calori estivi scoppiò il colera, e l'Ospedale fu trasformato per la massima parte in lazzaretto per colerosi.

I gemiti dei morenti, e i colpi di martello per chiudere le casse dei già morti, si succedevano e si alternavano giorno e notte, giacchè giorno e notte morivano a decine.

E i nostri giovani, per andare alle funzioni di chiesa o a confessarsi, dovevano passare attraverso i giacigli dei pazienti; e non sempre riuscivano a non imbrattarsi nelle feci o nei vomiti dei poveri colerosi. Eppure la mano di Dio li protesse tutti e sempre; mai nè il morbo, nè la morte, osarono valicare la soglia di quella stanza, dove gli orfanelli non cessavano di invocare la protezione della Madre Celeste.

I gemiti dei sofferenti e i colpi di martello dei becchini erano sovente sorpassati dalle urla dei rissanti: qualche momento sembrava il finimondo. 1 ragazzi correvano alle vetrate, ed avevavo gratis un impressionante spettacolo da cinematografo. Scope, randelli, travi, mattoni erano le armi di quei valorosi, che, sbucando da ogni porta, e gridando da selvaggi, ingaggiavano fra loro la lotta. Occhi pesti, teste fracassate, braccia e schiene aggiustate per le feste, erano la conclusione di quella gazzarra.

Padre, verranno a rissare fino quassù? ». « Pregate, ragazzi miei, e si accontenteranno di accopparsi laggiù ».

A buon conto, tenevo sempre la scala a piuoli applicata all'apertura del soffitto. Mi sembrava una precauzione opportuna, tanto più quando vidi lo stesso primo ufficiale venir preso e legato ad un palo come un malfattore dai soldati rivoltosi. E là rimase, a capo nudo, ai raggi di un sole cocente, finchè, ritiratisi ai loro letti gli autori di quell'eroismo, vennero gli infermieri a sciogliere il loro superiore.

In quell'ambiente, prudenza voleva che mi lasciassi vedere il meno possibile: così i diciotto mesi che passai in quel camerone furono per me una vera prigionia. Ma qualche volta era pur necessario uscire per affari che non si potevano commettere ad altri. « Maledetto! », mi sentivo salutare dagli uni: ed io ripensavo che prima di me era stato maledetto il Signore.

« Porco ! », mi gridavano gli altri. Ed io, guardando le sporcizie innominabili di cui era pieno ogni angolo della casa, riflettevo che nessun titolo meglio si competeva a chi viveva là dentro; dunque, non avevo motivo di offendermi. Ma per me si offendevano i giovani più grandicelli: per evitare che si attaccassero risse a cagion mia, e sorgessero spiacevoli incidenti, i quali, in pratica, avrebbero annoiati gli ufficiali e verosimilmente avrebbero causato il mio allontanamento, dovevo rendere sempre più rigorosa la mia volontaria prigionia, e non lasciare mai intravedere la mia barba europea; la quale però, poco mancò che dovesse là dentro cessare di crescere una volta per sempre.

- Padre, oggi non mangi, mi disse un giorno il bambino che andava a prendermi il vitto in cucina.

- E perchè, mio caro, tu vuoi che il Direttore oggi faccia digiuno? Non siamo in quaresima.

- Perchè c'è il veleno.

- Oh!...

Di fatti mi fece vedere, mescolati nei cibi, dei medicinali velenosi.

- Hai ragione, caro, quest'oggi il Direttore fa digiuno.

La naturale curiosità del bambino permise così alla mia povera barba di continuare, più o meno indisturbata, a crescere ancora per parecchi mesi. Non mancò però qualche variante.

Una bella mattina d'un bel cielo sereno, il rumor caratteristico dell'areoplano fa precipitare d'un tratto ragazzi e soldati alle finestre. Un veloce areoplano passava infatti sopra di noi, quasi sfiorando i tetti della casa. Quel giorno i dintorni erano in festa. Automobili fiorate, ornate di bandiere nazionali, correvano per tutte le vie.

Una nuova società automobilistica cinese si inaugurava quel giorno, e tutti aspettavano di vedere lanciati da quell'areoplano fogliettini volanti di augurio e di festa. E l'areoplano difatti qualcosa lanciò; ma lanciò bombe, una dopo l'altra, sulla nostra casa e sulla vicina stazione ferroviaria, con fracasso spaventevole. Era un areoplano nordista, che aveva ben adocchiato il nostro fabbricato, divenuto il più vasto concentramento militare della città. Il buon Dio ci salvò; ma per noi pagarono i vicini con case distrutte e vittime uccise.

Così, tra la vita e la morte, arrivammo all'ottobre. La casa, specialmente nella parte occupata dalla truppa, era tanto mal tenuta che minacciava in qualche punto di rovinare.

Sloggiati definitivamente.

Visto che non c'era verso di cacciar fuori i soldati, il Sig. Loh-Pah-Hong, padrone dell'edificio, offrì la casa al Governo per una esposizione di prodotti nazionali; e il Governo di Nankino, per la prosperità dell'industria nazionale, ritirò i soldati armati e mandò picchetti scelti, equipaggiati all'ultima foggia, a cacciare con la forza malati e feriti, medici ed infermieri, non meno renitenti per quanto disarmati. E noi? Non eravamo merce nazionale; dunque, bisognava uscire. Ai nostri bambini rincresceva un po'. Il nostro cortile era diventato qualcosa di simile, per chi la conosce, a piazza Vittorio di Torino durante il carnevale.

Niente di meglio per ragazzi, se fossero stati però senza un'anima redenta col Sangue di Nostro Signore.

Quel carnevale era roba pagana, ed il Signore, che amava le loro anime, ci obbligò a partire.

Anche il nostro camerone fu invaso: e gli invasori civili, una squadra di operai, erano armati di randelli.

- Avanti, presto, sbrigate l'ultima camera, gridava un vocione.

- Ma c'è l'Europeo.

- Cacciate via l'Europeo.

E l'Europeo, D. Fontana, arrivato provvidenzialmente qualche mese prima ad aiutarmi, alto e grosso, sente l'antifona, e si avanza imperterrito. I valorosi nascondono immediatamente dietro le spalle i loro randelli. D. Fontana fa ora la farsa : « Bravi, presto, venite ad aiutarmi a sgombrare la camera di tutte le cose nostre; avanti, coraggio ».

I conquistatori ridiventano servi, prendono su fagotti e mobilio: tutto si trasporta su carri: e via per la terza volta in cerca della terra promessa.

Ma purtroppo di terra non c'era un palmo. Tutto quel che trovammo fu un alloggio di stanzette, sovrapposte in cinque piani: un buco dal basso in alto, umido, scuro, pieno di fumo e di puzzo di tabacco dei magazzini di fronte. Come tenervi dei ragazzi? Se non volevamo presto ammalarci tutti, bisognava continuare le stazioni della nostra Via Crucis.

Un buon Padre cinese ci venne a dire che c'era nei dintorni una casa vuota, con un piccolo giardino: nessuno l'abitava da un anno: il popolino la chiamava la casa del diavolo, perchè un diavolo alto, dicevano, l'aveva chiusa da un anno e più, e nessuno l'aveva più voluto abitare.

« Bene... un diavolo caccia l'altro: andremo dunque a ca' del diavolo ». Domandiamo informazioni: la sorpresa è maravigliosa. Nè più nè meno che la casa dove ci rifugiammo un anno e più fa, e chiusa da D Fontana.

Il quale conchiudeva : Vox Popoli, vox Dei: sono un autentico povero diavolo in carne ed ossa.

In una stalla.

Indietro non si ritorna più: e non vi si potè ritornare. Cercammo ancora, e fummo proprio come S. Giuseppe in cerca di un ricovero: e come lui, quia non erat locus in diversorio, nulla trovammo di meglio pei nostri bambini che la stalla di Betlemme. Una vera ed autentica stalla di buoi: via le bestie e la mangiatoia, vi furono disposti i letti: D. Fontana, da povero diavolo diventato povero mandriano, vi ha preso alloggio coi giovani. Una baracca in via di costruzione sarà la sala di studio e di lavoro; mentre la piccola casetta in mattoni alberga Gesù Eucaristico, e raccoglie ciò che non può contenersi nella capanna di Betlemme. In compenso i giovani hanno un poco di prato in cui saltare, e così siamo alla imitazione perfetta del Ven. D. Bosco e del nostro Divin Redentore. Però Gesù non rimase molto tempo nella stalla; presto giunsero i Magi con l'incenso, la mirra e l'oro; e, dopo il breve soggiorno di Betlemme, passò al laboratorio di Egitto e poi di Nazaret.

E noi speriamo che anche alla nostra stalla un astro del cielo guidi qualche buon imitatore dei Re Magi, che ci stenda quel tanto di oro che ci permetta di passare da Betlemme a Nazaret, con la costruzione di una Scuola Professionale, dove i nostri orfanelli possano imitare Gesù Adolescente, pregando, lavorando e sudando per guadagnarsi onestamente la vita, dopo di aver imitato Gesù Bambino, giacendo come lui in una stalla, al freddo, al gelo.

Chi volesse aiutare il Bambino Gesù, nella persona di questi nostri orfanelli, a passare da Betlemme a Nazaret, farebbe opera religiosa ed umanitaria ben a proposito.

Un'opera buona.

La Cina d'oggi è ben diversa da quella di ieri. Si credeva che in Cina il bolscevismo non sarebbe mai allignato, ed invece l'ondata bolscevica minacciò di travolgere insieme Cinesi ed Europei: il pericolo non è ancora del tutto sparito. Il governo cerca di porvi un argine con la forza; ma la forza non forma gli animi. Qui bisogna quanto prima mettersi all'opera di evangelizzazione e di educazione cristiana della massa operaia ed agricola, che è la gran massa cinese. La via migliore è quella di raccogliere la gioventù del popolo operaio in scuole professionali quali seppe ideare D. Bosco: formarne non soltanto delle mani che lavorino, ma delle teste che s'impongano, e diano così una intonazione cristiana a tutto il movimento operaio. La forza frena il disordine, ma solo l'educazione che forma gli animi è capace di creare un nuovo ordine di cose.

Voglia il buon Dio ispirare i benemeriti lettori del Bollettino, che hanno l'animo già formato agli ideali della carità cristiana, a venirci in soccorso. A Shanghai, porto principale dell'Estremo Oriente, terreni e fabbricati sono di un costo straordinario. Qua occorrono milioni per fare qualche cosa. Senza la carità dei Cooperatori Salesiani di tutto il mondo, noi non potremo attuare i disegni della Provvidenza, che vuole chiamare anche questo popolo immenso di lavoratori ai benefici della civiltà cristiana. A quanti ci vorranno venire in aiuto sorrida dal Cielo D. Bosco, che, sollevando la gioventù del popolo lavoratore, aveva la piena coscienza di fare una delle opere più efficaci al sollevamento di tutta l'umanità.

Voglia raccomandarci, amatissimo signor D. Rinaldi, sia alla generosità dei Cooperatori Salesiani, sia alla bontà materna di Maria Ausiliatrice.

Ed ella paternamente ci benedica tutti, mentre a nome di tutti mi professo

aff.mo figlio in C. I.

D. S. GARELLI.

Dalla Patagonia Meridionale e Terra del Fuoco.

Riportiamo alcune notizie dal Resoconto Annuale che l'Ispettore Salesiano D. Aliberti ha inviato all'Arcivescovo di Buenos Aires sullo stato della Missione della Patagonia Meridionale e Terra del Fuoco.

Un solo l'ideale.

Un solo fu l'ideale che guidò i missionari nel lavoro dell'anno decorso: salvare anime! Comune il metodo di azione, quello suggerito da D. Bosco, che si rivela sempre efficace nonostante l'asprezza della lotta. Qui il nemico delle anime, disgraziatamente, si oppone a ogni nostra attività, seminando per ogni luogo la zizzania dell'empietà e del vizio, non risparmiando i villaggi e le regioni più remote; il paganesimo moderno erompendo dai grandi centri dilaga con la diffusione della stampa licenziosa, con le oscenità del cinematografo, e conquide facilmente questa povera gente già predisposta dall'indifferentismo in materia religiosa.

Alla gioventù specialmente, per proteggerla, noi apriamo le porte delle nostre case che andiamo di anno in anno ampliando e aumentando di numero: anche alla popolazione abbiamo offerto comodità spirituali con due esplorazioni missionarie, compiute una nella Patagonia e l'altra nella l'erra del Fuoco. Anche i delinquenti delle carceri di Ushuaia hanno avuto un ciclo di conferenze religiose con risultato consolante.

Opere nuove.

Coll'apertura del nuovo braccio del Collegio S. Giuseppe in Porto Deseado si è potuto soddisfare una impellente necessità di quella popolazione: in Rio Gallegos si sta già coprendo un nuovo edificio in muratura dotato di ampi locali per accogliere alunni di scuole professionali.

In S. Julian fu benedetta la prima pietra di un nuovo collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e in Rio Grande (nella Terra del Fuoco) si potè acquistare un discreto terreno per costruire una cappella di urgente necessità per quella popolazione in continuo aumento.

Un buon aiuto hanno dato ai missionari le fondazioni dell'Unione dei padri di famiglia e delle Madri Cristiane, come pure lo stabilimento delle pie pratiche del primo venerdì del mese, della commemorazione del 24 in onore di Maria Ausiliatrice, e la predicazione di tridui, novene e mesi in preparazione alle principali solennità.

Per combattere la cattiva stampa, oltre ai foglietti religiosi che facciamo venire dalle grandi città della Repubblica, abbiamo dato mano alla pubblicazione dei settimanali : Acción social, Don Bosco e La Buena Semilla, rispettivamente a S. Julian, a Porto Deseado e a S. Croce.

Si è data poi la massima importanza all'Oratorio Festivo e Quotidiano, colla coltura delle varie compagnie religiose, che promettono di essere in un tempo prossimo ottimi semenzai di vocazioni sacerdotali e religiose. In Rio Gallegos e a P. Deseado si è potuto istituire battaglioni di esploratori e bande di musica strumentale.

Le difficoltà più forti allo svolgimento rapido dell'opera nostra sono specialmente nell'estensione sterminata del Territorio (264.946 kmq.), nella crudezza del clima, nel pessimo stato delle vie di comunicazione, nella povertà della missione e nella scarsità di missionari.

Voglia il Signore moltiplicare gli operai e i benefattori che cooperino con noi: il numero di anime strappate al vizio andrà crescendo per la gloria di Dio e della Chiesa.

15 gennaio 1929.

Sac. G. ALIBERTI

Ispettore Salesiano.

Feste nel Giappone.

Miyazaki, 1° gennaio '29.

Amatissimo Padre,

La fine dell'anno e l'inizio del nuovo furono segnati per la nostra missione da manifestazioni caratteristiche che in breve le riassumo.

L'Immacolata e il Natale.

Dopo le feste di Oita al grande Apostolo del Giappone S. Francesco Saverio, fervore di attività per preparare la festa della Madonna Immacolata. Dirle quanto si è fatto dai suoi figli per ricordare meno indegnamente la data d'inizio dell'opera salesiana è ripetere quanto lei può già prevedere.

Due caratteristiche voglio presentarle:

1) La novena sotto forma di conferenze (in cui si è tentato per la prima volta anche la forma dialogata o di piccola discussione) riassumenti la teoria e la pratica della vita cristiana.

Era una promessa fatta l'anno scorso nel Congresso Mariano, di rafforzare cioè nel periodo invernale in cui la massima parte dei fedeli sono più liberi dai lavori, lo studio della religione. Le conferenze fatte dai missionari, dai catechisti e da cristiani furono gradite, e la novità della forma dialogata o di discussione suscitò attenzione ed un certo interessamento - cosa rara pel carattere giapponese -: molte teste si alzarono a guardare, il volto si atteggiava a ricerca e questioni non indifferenti vennero suscitate e risolte.

2) La festa sociale delle Figlie di Maria, che dopo un anno di lavoro hanno già a loro attivo e la conferenza mensile e le conferenze di religione e prestano valido aiuto per la preparazione delle feste e per l'assistenza delle fanciulle. Saranno certo di grande conforto alle Figlie di Maria Ausiliatrice quando avremo la fortuna di averle in Giappone.

Ed eccoci al Natale, la festa del cuore, che fu celebrata davvero con amore nelle varie residenze a cui convennero per l'occasione anche molti cristiani residenti lontani dai centri. Il Signore volle anche in questa circostanza consolare il cuore dei missionari con vari battesimi.

Fu quest'anno che per la prima volta comparvero all'ammirazione dei fedeli i Presepi che pur non potendo gareggiare con quelli d'Italia, vollero dire ai Giapponesi qualche cosa di questa sacra rappresentazione, che ben preparata ha tanta influenza salutare specie sull'animo dei fanciulli. E accorsero ad ammirare, a domandare spiegazioni, a pregare, a fare i loro omaggi e piccole offerte a Gesù. Dall'Italia cuori gentili avevano donato e mani d'artisti avevano dipinto e scolpito il materiale per il presepio di Miyazaki. Gioite, anime buone; per mezzo vostro Gesù fu meglio conosciuto ed amato!

Più ampio lavoro.

Ci siam proposti in quest'anno, oltrechè di continuare il lavoro già iniziato e consolidare le posizioni acquisite, anche di estendere l'azione in altri punti della provincia. Dopo la manifestazione di Usuki (altre sono allo studio) è notevole il lavoro iniziato nella sotto prefettura di Takanabè, affidata alle cure del nostro carissimo D. Antonio Cavoli. In casa d'affitto si è dato principio all'Oratorio, al quale coi pochi fanciulli cristiani accorrono numerosi fanciulli pagani. Per premiare le frequenze e per una più vasta reclame il bravo D. Antonio organizzò una caratteristica e ben riuscita lotteria di Natale. Cristiani e pagani di Takanabè avevano preparato belle declamazioni, cantate e suonate sul Natale. In unione fraterna si unì un gruppo di ragazzi e giovani di Miyazaki che portò il contributo della sua gioconda allegria, e si passò una serata indimenticabile. Non mancò la Befana che regalò un dono speciale ai frequentatori assidui dell'oratorio e per tutti gli intervenuti il regalo di Natale.

Takanabè sarà un centro d'avvenire e i risultati finora ottenuti in città e nei dintorni ci fanno sperare assai per la salvezza di tante anime e specialmente di tanta gioventù. Il missionario non lascia intentato nessun mezzo (predicazione, buona stampa, divertimenti, conferenze con proiezioni, musica, ecc.); ma questi mezzi bisogna non manchino, bisogna siano rinnovati, migliorati, moltiplicati.

Lo gridi, amato Padre, con tutta l'anima sua ai nostri benefattori, ai nostri giovani: guai se si stancano nella loro attività di azione benefica...

In tutte le Residenze si festeggiò nel miglior modo il Natale e l'Epifania, e si distribuirono regalucci, che innestarono sempre più nell'animo dei beneficati l'affetto, la preghiera riconoscente per gli sconosciuti, lontani benefattori.

D. VINCENZO CIMATTI.

Da Giornali e Riviste

Con questa rubrica portiamo a conoscenza dei nostri ottimi Cooperatori il giudizio che GIORNALI e RIVISTE vanno pubblicando su DON BOSCO E L'OPERA SUA. Saremo riconoscentissimi a quanti vorranno segnalarci articoli pubblicati dalla stampa italiana ed estera, o saranno compiacenti di inviarci i relativi giornali e riviste.

Don Bosco e la chiesa di S. Franc. d'Assisi in Torino.

G. C. in una corrispondenza al Corriere d'Italia del io marzo riferisce sul programma dei festeggiamenti che Torino prepara per la beatificazione di D. Bosco ed ha un richiamo suggestivo alla chiesa di S. Francesco d'Assisi, che ebbe tanta influenza nello sviluppo dell'azione sacerdotale di D. Bosco

Nella sacrestia di questa chiesa Don Bosco iniziò quei catechismi domenicali, che dovevamo svilupparsi e dar vita all'opera degli Oratori festivi ed a tutto il complesso delle opere salesiane. Lui, l'Apostolo della gioventù ebbe in consegna dal suo santo Maestro, il beato Cafasso, una prima schiera di garzoni muratori da istruire nelle cose della religione, qui maturò il suo grandioso programma d'assistenza alla gioventù, qui sognò le glorie e i sacrifici dell'apostolato missionario dal quale il Cafasso lo distolse con un netto rifiuto perchè, più tardi potesse mandare in sua vece migliaia dei suoi figli spirituali ad evangelizzare i popoli più lontani. San Francesco d'Assisi, mirabile monumento di pietà e di zelo sacerdotale, culla di santi, fiero baluardo di fede cattolica contro la montante marea delle eresie ultramontane! S. Francesco d'Assisi, tempio sacro alle più splendide memorie religiose del secolo scorso!

Pare di vederlo, Don Bosco, la sera, quando usciva dai lunghi colloqui col Beato Cafasso, incamminarsi per via Dora Grossa e guadagnare sorridente e sereno i prati di Valdocco in mezzo ai quali sorgeva la Casa Pinardi, prima sede stabile di quell'Oratorio che gli era costato tante lacrime e la derisione dei più. Poco lungi, era un'osteria malfamata dove ogni tanto correvano le coltellate. Paesaggio triste, sul quale il Rondò della forca guardava sinistro e pieno di ombre cupe. Pure, D. Bosco, sorrideva. Sulle sterpaglie delle basse di Valdocco umide di nebbia, vedeva la sua casa farsi grande come una città, e sopra la città dominavano le snelle cupole di una basilica, e, ancora, lassù, sulla guglia più alta, nell'azzurro oltre la nebbia del fiume, una Madonna benedicente: Auxilium Christianorum, ora pro nobis!

E il sogno divenne realtà. Pietra su pietra, grani d'un infinito rosario, sorse la Città di Don Bosco e la basilica tagliò il cielo col profilo delle sue cupole, e la Madonna sorrise per davvero ad una moltitudine di giovani, ad un popolo intero, alle genti di tutti i continenti.

Ora, Don Bosco, rifarà la strada di allora non più solo, ma tra gli osanna della moltitudine inneggiante alla sua gloria sempiterna. E attorno a lui i giovani saranno a decine di migliaia, miracolosamente moltiplicati dalla linfa vivificatrice dell'Idea Salesiana. Infatti, oltre tutta la gioventù salesiana, la celebrazione di Don Bosco vedrà riunite in Torino le falangi della gioventù cattolica, che verranno a glorificare il grande Apostolo della Gioventù.

E tutto questo avverrà, se il Signore lo vuole, prima ancora che la generazione di Don Bosco sia del tutto scomparsa. Uno dei suoi primi collaboratori rimane ancora laggiù a Valdocco ad attendere fidente. e sereno le grandi giornate torinesi del prossimo giugno: Don Francesia. Colle mani tremanti, ma con saldo cuore giovanile, il venerando Salesiano aspetterà la fine d'una fraterna agape per alzarsi a leggere la sua ennesima poesia.

La musa faceta e birichina canterà una gioia pura e bella, la riconoscenza del primogenito in nonne di tutti gli altri figli sparsi per il mondo a diffonderne l'idea salesiana.

Un grande Santo e un grande Italiano.

È il titolo di uno scritto di PAOLO ANGELLA in onore di D. Bosco comparso su La Tribuna del 20 marzo.

Più di venti anni fa, commemorando il grande educatore Don Giovanni Bosco nell'Oratorio salesiano di Torino, l'arcivescovo di Pisa, cardinal Maffi così si esprimeva:

« Ieri ancora, intorno al suo cadavere, con mesti riti e voci di pianto, domandavamo per lui il riposo; ma cessi il pianto, via le gramaglie, non in gemiti di sepolcro, ma rompano negli squilli festosi di vittoria le trombe; guardate, o figli, il padre vostro: è nella gloria! Oh, venga presto la pienezza del giorno, del quale si annunziò l'aurora, venga, venga e l'affretti il Signore! Ed allora non soltanto Torino, per un ritorno che sarà apoteosi che nessuno potrà descrivere, e nella quale tutti piangeranno di gioia, non soltanto nelle case salesiane, ma su tutta la terra, ma nella terra e in cielo, uomini ed angeli tripudianti inneggeranno al Santo! Era deserto, ma crebbe la palma; la sua fronda, le sue chiome, eccole nella luce, nella gloria, negli splendori di Dio ».

Questo fausto giorno, ne siano rese grazie al Signore, sta per giungere e la solenne cerimonia nella quale, dopo compiuto il lungo ed accurato processo di canonizzazione, è stato letto, dinanzi al Pontefice, il decreto sui miracoli compiuti dal Servo di Dio Giovanni Bosco, non è che il preludio all'altra ancor più solenne del prossimo 2 giugno, nella quale nella basilica vaticana con tutto il fasto romano dell'apoteosi, fra gli ori e gli incensi, sarà assurto all'onore degli altari e annoverato fra i beati l'umile contadino di Castelnuovo d'Asti.

E in tutti i cuori della folla infinita che attraverso le opere salesiane ha conosciuto Don Bosco, è una dolce commozione, una esultanza che non può contenersi.

Ampliamente e in modo ben più degno sarà detto di Don Bosco; a me preme qui mettere in evidenza specialmente un particolare aspetto del grande, cioè lo spirito suo altamente patriottico ed italiano.

Nato e cresciuto nel vecchio Piemonte in quella prima metà dell'ottocento in cui quella regione tanto legata all'antica e gloriosa dinastia Sabauda, si veniva preparando ad essere la cellula di attrazione della unità ed indipendenza italiana, Don Bosco, pur astenendosi dal fare qualsiasi politica, conservò sempre nell'attuazione dell'opera sua, religiosamente mirabile, un grande, infiammato amore per l'Italia, uno spiccatissimo senso nazionale. Ed i suoi figli i Salesiani, che ne continuano l'opera provvidenziale nell'educazione della gioventù, sempre, anche negli anni peggiori del dualismo finalmente e sapientemente ora composto, fra Fede e Patria, infusero alle infinite schiere di giovani alle loro cure affidate nei collegi, negli artigianati, negli oratori, ad un tempo il timor di Dio e l'affetto vivissimo all'Italia.

E dopo accennato all'opera di civiltà italiana svolta all'estero dai missionari salesiani, l'egregio scrittore conclude con queste constatazioni

Don Bosco e i suoi figli con lo spirito infiammato di carità cristiana, con l'assoluto disinteresse di ogni cosa terrena per rivolgere ogni cura ai beni spirituali ed alle anime, col sistema educativo compendiato nelle parole: non reprimere, ma prevenire, hanno esercitato ed esercitano non solo nel campo religioso, ma anche in quello sociale e patrio una influenza delle più importanti ed utili. Per la stessa attuale rinascita spirituale del nostro popolo un notevole contributo è stato dato dall'opera e dallo spirito salesiano, che sapientemente si è esercitato in tutti gli strati sociali dal più elevato al più modesto, ed ha permeato tante e tante famiglie.

Non solo infatti la borghesia nei collegi, gli artigianati nelle scuole professionali, i contadini nelle colonie agricole, ma anche le giovinette, le future mamme, destinate a divenire tante cellule della vita materiale e spirituale della famiglia, hanno amato ed amano Don Bosco, attraverso l'educazione impartita dalle pure, dalle sapienti Suore di Maria Ausiliatrice.

E tutto un mondo che dalle officine, dai campi, dagli uffici, dalle famiglie oggi esulta per la glorificazione di Don Bosco ed io vorrei essere un po' l'interprete di tutto questo mondo e col fervore d'un tempo, quando nel licet di Alassio fuggivo al mattino a contemplare dalle alte terrazze il tremolare della marina, là verso la piccola isola, e « arcani mondi e arcana felicità fingevo al viver mio », vorrei, con la purezza d'allora, dire forte ed appassionata la parola della gioia e del ringraziamento.

PAOLO ANGELLA.

Don Bosco e la Conciliazione.

FILIPPO CRISPOLTI su il Momento del 19 marzo, dopo aver ricordato la visita fatta da S. S. Pio XI all'Oratorio di D. Bosco, 46 anni, or sono, scrive:

Poichè la coincidenza fra gli atti preparatori della beatificazione di Don Bosco, e la Pace Laterana ci fa pensare che il Servo di Dio avviato agli altari sia stato in qualche modo lo spirito tutelare del grande avvenimento - tanto egli da vivo, e con efficacia non pareggiata allora da nessun altro, si adoprò a risolvere particolari punti del dissidio tra la Chiesa e lo Stato - ci torna in mente quella sua « serena imperturbabilità » come un ammaestramento che Don Achille giovane ne trasse per farne tesoro fin sulla Cattedra di Pietro, onde acquistare equilibrio e fortezza anche nello scioglimento della questione romana, e non lasciarsi frastornare nè dall'illusione che un tal compito fosse divenuto facile, nè da scoraggiamenti a scoprirne ora per ora le difficoltà.

Ma Don Bosco ci ritorna presente anche in qualche più specifica particolarità di quella sua azione conciliatrice che in qualche modo s'avvicina all'odierna conciliazione, seppur questa è ben altrimenti lata e completa.

Don Bosco, interrogato da Pio IX sul miglior metodo da tenere, rispose: «La mia politica è quella di Vostra Santità, quella del Pater noster. Nel Pater noi supplichiamo ogni giorno che il regno del padre Celeste sulla terra venga, e si estenda, sempre più vivo, più potente, più glorioso: adveniat regnum tuum! Ecco ciò che importa ».

Con questo criterio sacro Pio IX e lui riuscirono nell'ardua impresa e le diocesi incominciarono ad essere riprovvedute. E non è lo stesso criterio seguito, in una congiuntura tanto più vasta, dal Pontefice regnante? Non sembra di riudire il Pater illustrato da Don Bosco, in quelle parole di Pio XI che nel ridare « Dio all'Italia e l'Italia a Dio» ne faceva parte di quel programma universale ispirantesi dall'orazione domenicale: « la pace di Cristo nel Regno di Cristo? ».

Certamente, tutte le industrie dell'umana prudenza, si chiamino anche diplomazia, furono da Pio XI chiamate a soccorso del gran negozio spirituale, come a suo tempo le chiamò Don Bosco; sarebbe una strana pretensione il fare umanamente male gli affari di Dio! Ma quanto per necessità vi fu di politico, tutto il Papa coordinò e subordinò sempre a quel che vi doveva essere di sacerdotale. Anche qui, in più alta ma consentanea sfera, sembrò rinnovare le parole che Don Bosco nell'accettare quella missione da un governo civile, disse a Ricasoli per ammonirlo dell'indelebile carattere proprio e per significargli le norme a cui si sarebbe attenuto: «Eccellenza! Lei saprà che Don Bosco è prete all'altare, prete in confessionale, prete in mezzo ai suoi giovani, e coree lo è a Torino, così a Firenze; come in casa del povero, così nel palazzo del Re e dei ministri ».   FILIPPO CRISPOLTI.

Vi sono individui che vanno in giro di casa in casa vendendo cartoline delle Missioni Salesiane a una lira caduna e dicono che tale vendita è a favore delle Missioni di Don Bosco.

Avvertiamo che si tratta di scrocconi. Noi non abbiamo dato questo incarico a nessuno.

IL MESE DI MARIA AUSILIATRICE

nel Santuario di Torino comincia il 23 aprile

Tre Oratori sacri esaltano quotidianamente la Madonna di Don Bosco: il Sacerdote Giuseppe Osenga, salesiano, al mattino - il Teol. Don Domenico Franchetti alle ore 17 - e il Sac. Prof. Tommaso Regattieri alle ore 20.

NECROLOGIO

Mons. Michele Cavallo

Arciprete della Matrice di San Pietro e Vicario F. di Modica.

Spirava il 15 gennaio dopo lunga malattia sofferta con esemplare rassegnazione cristiana. La sua operosità che tanto lustro recò alla Chiesa Madre di S. Pietro, lo zelo nell'esercizio del ministero, la carità verso i poveri, le virtù del suo animo eletto, circondano di un ricordo incancellabile la figura dell'estinto, che ebbe per l'opera di D. Bosco venerazione e affetto.

Mons. Giovanni Gamberoni

Arcivescovo di Vercelli.

Rendeva serenamente l'anima a Dio il 17 febbraio. Zelante pastore governò con paterna sollecitudine le Diocesi di Chiavari e Vercelli, amato da tutti per le fulgide virtù che adornavano il suo cuore. Ex allievo del Collegio Salesiano di Lanzo nutrì sempre per quell'istituto e per l'Opera di D. Bosco il più tenero affetto.

Vincenzo Sergi.

A 83 anni spirava in Reggio Calabria, serenamente.

Affezionato cooperatore da oltre 3o anni era lieto di testimoniare in tutte le occasioni il suo amore a D. Bosco; anche nell'estremo momento a lui volgeva lo slancio del cuore, propiziandosi la sua assistenza in quel punto supremo.

Orsola Masolini-Archi.

Conobbe l'eterna luce il 21 febbraio. Pietà, modestia, semplicità l'accompagnarono nella lunga vita, e pervasero di soave tenerezza la sua sollecitudine verso Dio, verso la famiglia, e verso il prossimo. Dopo un colloquio con D. Bosco, lo stimò ed invocò come santo in ogni domestica necessità e favorì in tutti i modi l'Opera sua, da zelante Dama di Maria Ausiliatrice, in Faenza.

Chiara Rua Piumatti.

Nipote del compianto D. Rua e madre esemplarissima per virtù religiose e civili, consacrò la sua vita all'educazione della famiglia, irradiando sulle anime dei suoi cari il dolce riflesso della sua fervida fede e del suo nobile esempio.

Spirò serenamente in Pinerolo il 20 marzo.

Adele Ferreri.

Moriva in Torino il 20 dicembre u. s. Affezionatissima all'Opera Salesiana fu tra le prime a rivolgere la sua attività apro delle Missioni di D. Bosco, da zelante Dama di Maria Ausiliatrice.

Contessa Luisa Camerana

dei Marchesi Pilo Boyl di Putifigari.

Spirava a Torino dopo lunga malattia sopportata con esemplare serenità cristiana. Mamma venerata in famiglia, fu fino all'ultimo giorno di sua vita la regina della casa, amata dalle ottime figlie, cui pareva leggiero ogni sacrifizio per compiacerla; sulla famiglia,, oggetto delle sue sollecitudini più vive, esercitò sempre il fascino che la pietà e la nobiltà di animo le conferivano : per l'opera di D. Bosco ebbe un sacro affetto.

Comm. Cav. Uff. Dott. Annibale Nota.

Valente nell'arte sua, di carattere affabile, per ben 44 anni prestò la sua opera intelligente e caritatevole al nostro Oratorio Salesiano di Torino. Il 29 gennaio aveva partecipato alla festa di S. Francesco di Sales ed era stato a pranzo da noi. Ritornato a casa, verso sera si sentì indisposto: una broncopolmonite lo ridusse in breve agli estremi. Morì cristiananiente confortato dai Sacramenti, da lui ricevuti con sentimento di grande umiltà e fede.

Cav. Carlo Borgogno.

Ex-Allievo e Cooperatore affezionato, questo valente scultore amò rivolgere la sua arte al decoro delle chiese, in 85 delle quali (prima tra tutte la nostra di « Maria Ausiliatrice ») lavorò con genialità. Chiuse cristianamente la vita a 72 anni, il 12 marzo.

Cav. Uff. Giuseppe Gallo

Colonnello di Amminislrazione.

L'intelligenza, lo zelo e la rettitudine gli meritarono il conferimento del più alto grado nel corpo di amministrazione, e gli conciliarono la stima generale. Profondo e aperto credente, edificò santamente la famiglia e gli amici colle sue elette virtù; e fu benefico sostenitore di tutte le istituzioni che con la religione diffondono la civiltà e il lustro della Patria.

Vergano Giulia-Maggiora

(Villastellone).

Sublimi virtù cristiane rifusero in questa donna che consacrò gli 89 anni di sua esistenza all'educazione cristiana della sua numerosa famiglia ed ebbe la gioia di consacrare al Signore ben sette dei suoi figli. Quattro figlie sono oggi nella Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che essa tanto amò e di cui fu devotissima in tutta la sua vita.

Preghiamo anche per:

Albertini D. Giuseppe, Cisone (Novara). Andenna D. Federico, Pisnengo (Novara). Arena Salvatore, Barra franca (Enna). Asaresi Giuseppe, Barrafranca (Enna). Asselle Angela, Cherasco (Cuneo).

Astuto D. Nicolò, Barra franca (Erma). Audisio Maria, Beinetto (Cuneo).

Avian Ferdinando, Gorizia.

Baraldi Giovanni, Sorbara (Modena). Barbanti Rosa, Frascati (Roma).

Barberis Lieto, Chieri (Torino).

Barbero Antonio, Perfetto (Cuneo).

Barco D. Antonio, Stazzano (Alossandria). Barmasse Virginia, Chatillon (Aosta).

Baronchelli Bresciani Maddalena, Barco (Brescia.). Barro D. Bartolomeo, Baio Dora (Torino). Battaglieri Avv. Augusto, Casale (Alessandria). Bazzoni Cesare, Verona.

Bedaglia Andreone Carolina, Godiasco (Pavia). Benvenuti Gaetano, Fratta (Rovigo). Bertola Maria, Rubiana (Torino).

Bevilacqua Libano, Barrafranca (Enna). Bolla Livio, Borgio (Genova).

Bordiga Domenica, Valfenera (Alessandria). Bruno Giovannina, Valera (Cuneo). Cabianea Pia, Verona.

Cabutti D. Luigi, Alba (Cuneo).

Cadario Teol. D. Pietro, Costiglione d'Asti (Alessandria). Callo Domenico, Vernazza (Spezia). Canepa Paolina, Varzi (Pavia).

Cantarella D. Pietro, Prevosto, Castagnole Lenze (Cuneo) Carotta Rag. Giuseppo, Cremona.

Casati Luigia Maria, Borgio (Genova). Casereto Clara, Borgio (Genova).

Ciampi Giulia, Roma.

Coletti Irene n. Galeazzi, Conegliano (Treviso). Compans de Brichanteau M.sa Albertina, Torino. Conti Angelina Ved. Cacciamali, Ardesio (Bergamo). Corradini Nino, Boretto (Reggio Em.). Cozzani Pontremoli Ersilia, Spezia. Cristino Pasquale, Cairo Montenotte (Savona.). Croce Biagio e Anna, Padova.

Cucuzza Francesco, Montelepre (Palermo). Cuttica Primo, Alessandria.

Dalle Pezze Angelo, Prun (Verona).

Danesi Carlo, Ospitaletto (Brescia).

Danna Martina Bertolino, Monastero di Vasco (Cuneo). De Cao Domenico Masiero, S. Pietro Viminario (Padova) Delponte Marina, Bubbio (Alessandria). De Maria Maria, Paspardo (Brescia). Depan Moncosu Rosa, Lanusei (Cagliari). De Rege C.ssa Camilla, Torino.

Derocchi Elisabetta, Paspardo (Brescia).

De Santis Vittoria, Toffia (Roma). Destreri Amalia, Cannobio (Novara).

Di Bella Giovanni, S. Giovanni Giarre (Catania).

Di Capua Giuseppina, Castellammare Stabia (Napoli). Franchino Tommaso, Rubiana (Torino). Frola Conte Comm. Avv. Secondo, Torino.

Frontini Giuseppina Gamberini, Livergnano (Bologna). Falciola D. Giuseppe, Vedasco (Novara). Ferrero Antonio, Rivoli (Torino).

Ferrero Margherita Schimadore, Benevagienna (Cuneo). Gamba Reggiato Irma, Padova.

Garavano Arcangela, Fontanetto Po (Vercelli). Garavelli-Rocchi Eraclea, Cremona.

Gasparetti D. Emilio, Parroco, Pilzone (Brescia).

Giaume Can. D. Carlo, l'orino.

Girodo Tersilla, Rubiana (Torino).

Giovenzana Maria B., S. Felice sul Panaro (Modena). Graziani Geltrude, Ravenna. Grondona Luigia, Savona. Guadagnini G. B., Cogno.

Ippolito Gaetano, Barrafranca (Enna). Ippolito Paternò Teresa, Barrafranca (Enna). Lago Marco, Cittadella (Padova). Laguzzi Giuseppe, Vigevano (Pavia). Lazzeri Costante, Capriana (Trento). Loddo Francesca, Lanusei (Cagliari). Lotto Rosa, Lanusei (Cagliari). Mafezzini Giovanni, Caiolo (Sondrio). Manassero Rosalia, Torino. Manini Vincenza, Calcinatello (Brescia). Mariani Clelia in Montanari, Ravenna. Marra Giuseppe, Casino (Catanzaro). Martini Maria Fortunato, Verona.

Masera Amalia Ved. Conti, Vigevano (Pavia). Mellano Francesco, Torino. Menghini Fiorenta, Brez (Trento). Menghini Can. D. Giov. Batt., Roma.

Migliore Mons. Tommaso, Bottigliera Alta (Torino). Monni Cari. D. Serafino, Orcene (Sassari). Monti Enrico, Roncaglio (Reggio Emilia). Mossotto Can. D. Michele, Torino. Musso Anna Roati, Conzano (Alessandria). Musso Maria, Conzano (Alessandria). Negro Francesco, Rivoli (Torino). Orsucci Can. D. Francesco, Manciano (Grosseto). Paoletto Silvia, Alvisopoli (Venezia). Papa Maddalena, Frazzanò (Messina). Parenti Marfisa, Filecchio (Lucca). Patrone Bianca, Borgio (Genova). Pedroni-Verdelli Adele, Cremona. Pellegrino Giuseppina, Canicatti (Agrigento). Percaccini Giulio, Verona. Percivalle Giovanni, Casteldelfino (Cuneo). Piccirilli Prof. Antonio, Cantalupo (Campobasso). Piroddi Melis Agostina, Lanusei (Cagliari). Prato Avv. Tommaso, Saluzzo (Cuneo). Prosdocimo Pinatti Santina, Paia (Udine). Quaini Giacomo, Motella (Brescia). Raimondo Maddalena, Benevagienna (Cuneo). Ravasio Bolis Maria, S. Antonio d'Adda (Bergamo). Rettori Guido, Torino.

Ripa di Meana Emilio, Torino. Riva Andrea, Torino.

Rondolino Avv. Ferdinando, Torino. Salvadore Giovanni, allenta (Cuneo). Serlupi March. Francesco, Roma. Soffietto Giuseppe, Rubiana (Torino). Sperino Maria, Torino.

Squadrilli Maria Luisa, Andria (Bari). Stuardi D. Silvestro, Carmagnola (Torino). Suppo Lorenzo, Rubiana (Torino). Tacchini Serafino, Scaldasole (Pavia). Torelli Maria, Torino. Tortorici Lodovico, Barrafranca (Enna). Tremontani Maria, Valeggio (Como). Truzzi Domenico, Desenzano (Brescia). Zanera Cornaglia Carolina, Trino (Vercelli). Zeppa Delfino, Mirabello (Alessandria). Zuech Anna, Brez-Riva (Trento).