BS 1920s|1925|Bollettino Salesiano Giugno 1925

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

ANNO XLIX.   TORINO, GIUGNO 1925   NUMERO 6.

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO (9)

SOMMARIO: Le nuove Beatificazioni e Canonizzazioni. - Il Beato Cafasso e il Ven. D. Bosco. - La commemorazione di un "sogno": a Roma e a Castelnuovo d'Asti. - L'Opera di D. Bosco in Romagna, nell'Umbria e nel Lazio. - II sig. Don Rinaldi ai piedi del Santo Padre. - Dalle Missioni Salesiane: L'orfanotrofio di Shangai accoglierà mille giovani! - Per la povera missione del Rio Negro. - L'Orfanotrofio di Ho-Si (Cina): IV) Un angelo di più in paradiso. - Quaranta giorni di escursioni nella regione di Indanza (Equatore). - Le splendide feste di Maria: Ausiliatrice. - Azione salesiana. - La S. Congregazione dei Seminari e i nostri libri scolastici. - Notizie varie.

Le nuove Beatificazioni e Canonizzazioni.(1)

Vari affezionati Cooperatori, ammirando le care pagine del Ven. Don Bosco da noi pubblicate in aprile su Il Culto e l'invocazione dei Santi, ci chiedono premurosamente se esiste qualche opuscolo del Venerabile in proposito. Dobbiamo rispondere di no: ma, quasi in compenso e nella certezza di far cosa gradita a tutti i lettori, possiamo offrir loro altre paginette dell'amatissimo Padre, che fanno seguito a quelle che abbiamo pubblicate e svolgono un argomento di tutta attualità nelle presenti Beatificazioni e Canonizzazioni.

Le Reliquie dei Santi.

Per reliquie dei Santi tra i cristiani s'intendono le ossa, gli abiti o qualche altra parte di un corpo santo. In ogni tempo sono sempre state in venerazione le Reliquie; e tutto quello che dissero i nemici della Chiesa contro questa pratica dei Cattolici non fece che accrescerne il rispetto e la venerazione. Tuttavia per soddisfare alla pietà dei buoni, e per far vedere in quanto grande errore sieno i Protestanti e tutti quelli che sono contrari al culto delle Reliquie, produrremo alcune delle molte meraviglie da Dio operate in virtù delle Reliquie dei suoi Santi; e ciò faremo con la Bibbia alla mano.

Apriamo il Libro IV dei Re e troveremo che Elia, mentre sopra un carro di fuoco saliva al Cielo, lasciò cadere il suo mantello. Eliseo, suo discepolo, lo colse. Non avendo alcun mezzo per traversare il fiume Giordano toccò le acque con quel mantello, e tosto queste si divisero per lasciar libero il passo ad Eliseo: Et pallio Eliae, quod ceciderat ei, percussit aquas... et divisae sunt huc atque illuc, et transiit Eliseus (IV Regum, II, 14). Qui vediamo Iddio operare un gran miracolo per mezzo di un mantello, che appartenne al Profeta Elia. Dunque Dio approva che gli abiti dei suoi Santi sieno venerati, e in pari tempo fa conoscere agli uomini che le stesse vesti dei suoi amici sono un mezzo efficace per ottenere i favori celesti.

Nel medesimo libro dei Re leggiamo che alcune persone, mentre portavano un corpo morto a seppellire, incontrarono una banda di ladri e, per timore, nascosero quel cadavere nella tomba di Eliseo. Appena quel morto toccò le reliquie di Eliseo, subito tornò in vita e si pose immediatamente a camminare: Quod cum tetigisset ossa Elisei, revixit homo et stetit super pedes suos (ib. XIII, 21.).

Le medesime cose vediamo confermate nel Nuovo Testamento. Una donna da dodici anni era travagliata da flusso di sangue. Avendo toccato l'orlo della veste del Salvatore, ne fu interamente guarita: Et ecce mulier, quae sanguinis fluxum patiebatur duodecim annis, accessit retro, et tetigit fimbriam vestimenti eius... Et salva facta est mulier ex illa hora (Matth. IX, 20, 22).

Il Salvatore, ovunque passava, facevasi conoscere con le sue prediche e coi suoi miracoli. La gente, stupefatta, veniva a Lui da tutte le parti per pregarlo a permettere che gli toccassero le vesti, e ciò bastava perchè tutti ne fossero guariti da qualsiasi infermità: Et rogabant eum, ut vel fimbriam vestimenti eius tangerent. Et quicumque tetigerunt, salvi facti sunt (Matth. XIV, 36.).

Non solamente gli oggetti appartenenti alla persona del Salvatore operavano luminosi prodigi, ma quelli eziandio che appartenevano agli Apostoli. San Paolo predicava con gran zelo il Vangelo, e confermava la sua predicazione con molti miracoli. Molti di quei prodigi erario operati dal contatto delle sue vesti, che avevano la virtù di guarire da ogni genere d'infermità: Ita ut eliam super languidos deferrentur a corpore eius sudaria, et semicinctia, et recedebant ab eis languores, et spiritus nequam egrediebantur (Act. Ap. XIX, 12.).

S. Pietro, principe degli Apostoli, aveva in ogni luogo acquistata una tale riputazione di santità, che gli infermi erano portati a lui ovunque passava; e la sola ombra di lui faceva guarire ogni sorta di malattia, e cacciava gli spiriti maligni: Ita ut in plateas ejicerent infirmos, et ponerent in lectulis, ac grabatis, ut, veniente Petro, saltem umbra illius obumbraret quemquam illorum... qui curabantur omnes (Act. Ap. V, 15, 16).

In tutti questi fatti abbiamo una serie di prodigi operati in virtù delle sante Reliquie. Il mantello di Elia divide le acque del Giordano; le ossa di Eliseo fanno risuscitare un morto; le vestimenta del Salvatore e di San Paolo operano grandi miracoli; l'ombra di San Pietro fa guarire molte malattie e caccia gli spiriti maligni. Ora, se il Signore non gradisse il culto delle Reliquie, confermerebbe egli la loro venerazione con sì splendidi miracoli e con tanti segnalati favori? Per queste ragioni la Chiesa Cattolica, fin dai primi tempi, ha sempre praticato una venerazione particolare alle Reliquie, e la Storia Ecclesiastica ci assicura tale tradizione derivare dagli Apostoli. Difatti si vede per gli Atti del martirio di sant'Ignazio, che è uno dei più illustri martiri della Chiesa, e che visse subito dopo gli Apostoli, essersi allora avuto gran rispetto per le sue Reliquie. Perciocchè appena eseguito il suo martirio, i fedeli corsero a raccogliere, con gran rispetto le sue spoglie: La divozione verso quelle di San Cipriano è confermata da tutti gli Autori di cose ecclesiastiche. Si legge il medesimo di San Policarpo (Ved. S. Eusebio, lib. 4.).

Questa venerazione fu così costante nella Chiesa, che il Concilio di Trento condanna come empi quelli che rifiutano di onorare le Reliquie dei Santi; ed insegna che noi dobbiamo onorare le loro Reliquie come oggetti appartenenti a corpi, che per la loro virtù e santità furono in particolar maniera vive membra di Gesù Cristo e templi dello Spirito Santo : Quae viva membra fuerunt Christi, et templum Spiritus Sancti.

I Protestanti, nel leggere queste verità così chiaramente professate dalla Chiesa antica, e appoggiati sopra fatti certi contenuti nella Bibbia, ricorrono ad uno spediente degno di chi segue la menzogna. Dicono che i Cattolici sono idolatri, perchè adorano i Santi e le loro Reliquie. È questa una vera calunnia, già le mille volte combattuta dai Cattolici; ma gli eretici senza farvi alcun riflesso in proposito, ripetono sempre lo stesso. Sappiano adunque i Protestanti che la Chiesa Cattolica non ha mai insegnato che si debbano adorare le Reliquie. Ecco quale ne è la dottrina su questa materia:

1° Il culto verso le Reliquie dei Santi è fondato sopra la Bibbia, e Iddio l'ha confermato con molti miracoli.

2° La Chiesa non ha mai insegnato che si debbano adorare le Reliquie dei Santi, ma solamente che si può prestare a quelle una venerazione particolare come oggetti preziosi, appartenuti ad amici di Dio, e che ora vivono beati in cielo.

Chi dice il contrario, proferisce una calunnia contro i Cattolici. Nessun Papa, nessun Concilio, nessun santo Padre ha mai insegnato che si debbano adorare le Reliquie, ma solo che i fedeli possono loro prestare una venerazione speciale, e che questo è una pratica efficace per ravvivare in noi la fede, eccitarci a seguire gli esempi dei Santi, e in pari tempo un mezzo validissimo per ottenerci da Dio celesti favori, come ci assicura la Bibbia e la Storia Ecclesiastica, dai primi tempi fino ai nostri giorni.

Sac. GIOVANNI BOSCO (2).

(1) Ved. Bollettino di aprile u. s.

(1) Dalla Vita di S. Martino Vescovo di Tours 2a edizione Torino, 1886 - Tip. -grafia e Libreria Salesiana: pag. 93-100.

ISTITUTO "CARDINAL CAGLIERO" per le Missioni Estere Salesiane.

L'Istituto « Cardinal Cagliero », fondato allo scopo di provvedere nuovo personale per le Missioni Estere Salesiane, iniziava, fin dall'anno scolastico 1922-23, appositi corsi di preparazione e di studi per giovani aspiranti allo stato ecclesiastico e missionario, o a quello di coadiutori dei sacerdoti missionari.

Le accettazioni sono gratuite.

Le domande, accompagnate da una dichiarazione del Parroco che attesti della buona condotta degli aspiranti e dell'inclinazione e capacità loro alla vita missionaria, vanno dirette al Rev.mo D. FILIPPO RINALDI, Via Cottolengo, 32 - TORINO (9).

Il Beato Cafasso e il Ven. Don Bosco (1)

Alla scuola del Beato.

Dal Beato Giuseppe Cafasso Don Bosco non ebbe nè l'ispirazione nè le linee direttive per le opere di cui Dio lo volle fondatore, ma apprese quella vita di perfetto sacerdote che lo fece degno esecutore dei grandi disegni della Provvidenza Divina.

Uscito dal Convitto Ecclesiastico, continuò a recarvisi quasi ogni giorno, perchè dal santo amico gli venne assegnata una stanza, dove poteva recarsi a qualunque ora; ed egli se ne servì, come di un ritiro preferito, per scrivere le « Letture Cattoliche » avendo agio di consultare la ricca biblioteca del Convitto, e pel disbrigo della corrispondenza; e non se ne partiva mai senza salire a salutar il Maestro.

Immancabilmente vi si recava ogni lunedì per confessarsi; e in quel giorno, per molti anni, continuò anche a frequentare le lezioni pratiche di Teologia Morale. E Don Cafasso che, nel tempo in cui lo aveva avuto alunno e ripetitore, aveva ammirato la generosità e la perizia con cui riusciva a far la sua parte, da comparire, a qualcuno, di coscienza stretta e rigorosa quando non cercava altro che mettere in maggior luce le miti e serene dottrine del Maestro, amava anche in seguito giovarsi del suo zelo e del suo cuore.

E l'Apostolo della gioventù se ne valeva per inculcare ai nuovi confratelli nel sacerdozio come si hanno a trattar i giovinetti in confessione. Invitato a fare da penitente, egli era sempre un ragazzo, ora un umile calzolaio, ora un garzone muratore, e più spesso un piccolo spazzacamino; ed esponeva i diversi casi delle varie coscienze con una naturalezza che incantava. Avveniva talvolta, che il giovane sacerdote al quale parlava si accendesse di troppo zelo e alzasse troppo la voce. Egli taceva, chinava mesto la fronte, e non diceva più una parola. Dopo un po' di silenzio interveniva il Beato, e: - Non così, non così - ammoniva il giovine sacerdote - voi togliete la confidenza a quel ragazzo; - e volgendosi a Don Bosco « calzolaio » o « muratore » o « spazzacamino: » - Fai coraggio, gli diceva, mio buon figliuolo; tu hai ancora qualche cosa che ti pesa sul cuore, non è vero? Forse t'è accaduta anche quest'altra cosa, non è vero? Parla con confidenza..

« Sì, signore! » rispondeva timidamente Don Bosco. E Don Cafasso con maggior amabilità: - O caro figliuolo, tu sei qui per levarti ogni peso dalla coscienza: su, dimmi, forse ti sarà accaduto anche questo, non è vero? - Don Bosco, allora, alzava rasserenata la fronte e fissando affettuosamente Don Cafasso: « Sì, ripeteva con slancio, sì, signore: Lei mi cava tutto dal cuore: ma quello là - e additava il sacerdote al quale aveva incominciato ad esporre lo stato di sua coscienza - mi aveva incusso tanta vergogna, che non sarei più venuto a confessarmi! »

Ben si può dire, osserva egregiamente Don Lemoyne, che tutto lo spirito, la scienza e la pratica del Venerabile Cafasso si trasfusero in lui mirabilmente: la stessa carità nell'accogliere i penitenti, la stessa precisione nelle interrogazioni, la stessa brevità nelle confessioni, sicchè in pochi minuti scioglieva coscienze intricatissime; la stessa concisione in quelle poche parole di eccitamento al dolore che passavano l'anima e vi restavano impresse: la stessa prudenza nel suggerire i rimedii. Chi ebbe la fortuna di confessarsi anche una volta da lui, ammirò certo l'unzione e la forza de' suoi consigli.

Anche per il bel modo di predicare, per l'edificante contegno che portava all'altare, per lo spirito di carità che lo mosse a sacrificare quotidianamente l'intera mattinata nel dar udienze per consigliare, confortare, illuminare chiunque si presentava a lui, Don Bosco ebbe a perfetto maestro il Beato.

Anche quella calma imperturbabile tra le più gravi opposizioni, che fu una delle sue più spiccate caratteristiche, l'apprese da Don Cafasso; come imparò da lui quei « segreti » per compiere un lavoro continuo, che egli dice proprii del Beato, ma che furono eminentemente caratteristici anche in lui.

In breve, Don Cafasso non fu solo il suo maestro di Teologia Morale, il consigliere, il confessore, il direttore di spirito, l'amico e il primo confidente, ma il modello di quella perfetta vita e di quel perfetto contegno sacerdotale, che intere popolazioni ammirarono in lui, in Italia e all'Estero.

Le due anime si erano intimamente comprese, perchè mosse dagli stessi ideali: la gloria di Dio e la salvezza delle anime!

Anche in quella parte del sacro ministero che fu la più caratteristica del Beato, l'assistenza ai condannati al patibolo, Don Bosco cercò di seguire il Maestro...

La riconoscenza di Don Bosco.

Don Cafasso fu di Don Bosco e dell'Opera Salesiana anche un insigne benefattore. Aveva ereditato dal Teol. Guala una cospicua eredità, che a sua volta lasciò, morendo, alla Piccola Casa della Divina Provvidenza; ma in vita se ne servì sapientemente e generosamente per compiere . mille opere buone. Ed anche Don Bosco ne godette nei momenti di maggiori strettezze per l'Oratorio.

Dalle piccole offerte per provvedere regalucci ai primi alunni, alla spesa del pulpito della chiesa di S. Francesco di Sales, ai sussidii per il pane dei ricoverati e per le nuove fabbriche che venivano realìzzando le illustrazioni accennate, non sappiamo dire quanto abbia elargito a Don Bosco; ma è certo che gli fece delle offerte anche generose, e che, per il tramite suo e dell'instancabile Teol. Borel, giunsero a Don Bosco le prime offerte delle nobili famiglie torinesi, che incominciarono, così, a conoscere, ad ammirare, e a sostenere l'Opera Salesiana.

Due delle rare volte che Don Cafasso fu visto scendere a Valdocco, fu mosso da questa carità.

La prima fu nel 1851, quando portò a Don Bosco l'offerta di 10.ooo lire della Contessa Casazza Riccardi, le quali con altre 20.000 date a prestito dall'Abate Antonio Rosmini, servirono per la compera di casa Pinardi, dove ebbe sede stabile il primo Oratorio Salesiano; e Don Bosco, nell'atto notarile, ne volle comproprietario, insieme col Teol. Roberto Murialdo e col Teol. Borel, Don Cafasso.

L'altra volta fu nel 186o, poco prima che morisse, per vedere i lavori di ampliamento della nuova portieria (che nel 1913 cedette il luogo alla costruzione parallela al Santuario di Maria Ausiliatrice nel 1° cortile dell'Oratorio). Egli era rimasto unico proprietario, con Don Bosco, di tutti gli stabili dell'Oratorio; e per quei nuovi lavori, di cui aveva esaminato il disegno, aveva fornito la somma occorrente. Diede uno sguardo alla costruzione e la sua benedizione all'Oratorio, e se ne partì. E fu l'ultima volta che discese a Valdocco.

Qual fosse la riconoscenza del Ven. Don Bosco per tanti favori, lo può comprendere chi conosce l'anima del Fondatore delle Opere Salesiane, che vedeva nei suoi benefattori non tanto gli angeli della Provvidenza, ma gli autori del bene che veniva operando, considerando sè un semplice manuale, che senza il loro aiuto non avrebbe potuto far nulla. « Senza la vostra carità, egli scriveva a tutti i benefattori prima di morire, io avrei potuto fare poco o nulla: con la vostra carità abbiamo invece cooperato, con la grazia di Dio, e a salvare molte anime... ».

Dolorosissima, per lo stesso motivo, fu per Don Bosco la morte del Beato.

Erano giorni tristi. Un mese prima, e precisamente il 26 maggio 186o. Don Bosco aveva subìto una perquisizione domiciliare umiliante, per la quale anche Don Cafasso sofferse assai. E il 6 giugno toccava a lui, al Cafasso; e quell'onta, frutto d'infondati sospetti e d'insinuazioni maligne, gli parve così grave per il carattere sacerdotale, che la sua fibra, affranta dalle fatiche e dalle continue penitenze, superiori alle sue forze, ne ebbe il tracollo. L'11 giugno cadde malato; e i medici dissero che la sua vita era alla fine.

Don Bosco si recava ogni giorno a visitarlo, ed avrebbe vivamente desiderato di raccoglierne l'ultimo respiro, ma non gli fu concesso. L'ultimo giorno, anzi, fu strappato dal suo letto con brutte parole: - Vada, vada via - gli dissero - lo lasci tranquillo! - E lo spinsero fuori di camera, soggiungendo: - Lei poi sarebbe capace di dire a tutti che in punto di morte Don Cafasso ha visto la Madonna! -

C'era in queste gocce di fiele tutto il riconoscimento della venerazione che Don Bosco nutriva per il Beato e dell'intima carità, non compresa da qualcuno, che univa le due anime (1).

Al Venerabile giunse la notizia della santa morte del Maestro, mentre, seduto a tavola, narrava ai suoi figli, con molte lagrime, ciò che gli era occorso (1). Tornò immediatamente al Convitto, e il pianto che si levò forte alla vista e al bacio della salma benedetta, notato e ricordato dai presenti, fu il suo.

Diciassette giorni dopo, con un solenne funerale nella Chiesa dell'Oratorio, al quale presero parte molti amici ed ammiratori del defunto, volle mostrare al compianto benefattore la sua riconoscenza, e lesse egli stesso l'orazione funebre.

Quel discorso piacque tanto che il Can. Galletti (1), succeduto al Cafasso nel governo del Convitto, volle affidare a Don Bosco anche il nuovo elogio funebre per i funerali, detti di trigesima, che si celebrarono il 3o agosto nella Chiesa di S. Francesco d'Assisi. Don Bosco annuì e, profondamente commosso, commosse tutto l'uditorio, tra cui non meno di trecento sacerdoti.

Al momento di salir sul pulpito, si accorse che non aveva in tasca un fazzoletto bianco; e il sac. Michelangelo Chiatellino di Carignano corse in sacrestia, prese un manutergio, o tovagliolo d'altare, e glielo portò. « Quando scese dal pulpito - narrava Don Chiatellino - Don Bosco mi restituì il manutergio così inzuppato di lacrime, che pensai di non restituirlo alla sacrestia e lo tenni per me, e l'ho ancora, e lo conservo prezioso come ricordo di due Santi ».

Anche Don Bosco conservò alcuni oggetti appartenuti al B. Cafasso, come care reliquie. Da anni aveva sul suo tavolo il Crocifisso che teneva sul suo scrittoio il Beato, quando nel 1878 un ottimo sacerdote, curato al Duomo di Cuneo, recatosi all'Oratorio e salito a far visita al Venerabile, vinto dalla carità che irradiava ogni sua parola, gli diede in elemosina tutti i denari che aveva con sè, tanto che dovette chiedere in prestito a Don Savio, Rettore del Rifugio, il necessario per tornar a casa; ma in fine egli pure domandò un ricordo a Don Bosco.

- Che desidera? - gli rispose il Venerabile.

E il sacerdote, prendendo in mano il Crocifisso: - Questo! - rispose. Don Bosco ebbe un lampo di dolorosa sorpresa: - È un caro ricordo di Don Cafasso! - esclamò: e ricomponendosi sull'istante: - Lo prenda, egualmente - proseguì - glielo dono volentieri! - ed obbligò il sacerdote Don Celestino Allissiardi, che si fece gesuita e fu confessore di Benedetto XV, ad accettarlo.

Il degno sacerdote, non senza rincrescimento per il grave sacrifizio che involontariamente gli aveva imposto, prese con divozione quel caro ricordo che conservò egli pure come preziosa memoria di due santi.

(1) « Don Cafasso e Don Bosco - scrive Mons. Carlo Salotti nella vita del Beato - sono due grandi santi moderni.., ben diversi tra loro nei lineamenti morali, nelle finalità che si prefissero, nei mezzi che adoperarono, e nella palestra in cui esercitarono il loro apostolato. Malgrado tanta diversità, si amarono, si stimarono e si aiutarono vicendevolmente. Pochi santi, come questi due figli di Castelnuovo, si compresero tra loro in una comprensione intima e piena ». Ma qualcuno dei contemporanei non lo capi. « Al Convitto - nota il Salotti - la presenza di quel sacerdote operoso e intraprendente (il Ven. Don Bosco) era come il fumo negli occhi per l'economo Don Begliati;... ma il Beato godeva di quella presenza (e largheggiava con lui di soccorsi), poichè non ignorava che quei denari, nelle mani di Don Bosco, erano rivoli d'oro che andavano a salvare tanta gioventù ed a preparare la restaurazione della società a traverso la educazione giovanile ». Cfr. Mons. CARLO SALOTTI: La perla del Clero Italiano; il Beato Giuseppe Cafasso, Torino-Roma, 1925, pag. 337 e 290.

(1) Il venerando prof. D. Giovanni Battista Francesia, salesiano, ha ancora dinanzi agli occhi l'aspetto di Don Bosco e le sue lacrime.

(1) Il Can. Eugenio Galletti, poi Vescovo di Alba, fu un altro grande amico di Don Bosco. Continuò, come Don Cafasso, a lasciare a sua disposizione una camera e la biblioteca del Convitto Ecclesiastico, e a volerlo ogni anno agli Esercizi Spirituali al Santuario di S. Ignazio, dove compiva un fruttuosissimo apostolato. Quando nel 1871 il Venerabile fece una malattia mortale a Varazze, Mons. Galletti fece a Dio l'olocausto della propria vita per la vita di Don Bosco. « Di Vescovi - diceva - se ne possono fare molti altri, ma di Don Bosco non ce n'è che uno!

Per la glorificazione del Maestro.

Don Bosco era così convinto della santità di Don Cafasso, che a promuoverne la fama cominciò a pubblicare i due discorsi che aveva pronunziati...

Com'ebbe iniziato la costruzione del Santuario di Maria Ausiliatrice, fece disegnare da Rollini e Daniele, allievi dell'Oratorio, un gran ritratto del Cafasso e riprodurlo in molte copie dalla Litografia Doyen, e ne restano ancora parecchie...

Nessun altro più che Don Bosco cooperò all'odierna glorificazione del Cafasso. Ne aveva sempre il nome sul labbro; con venerazione profonda ne ricordava gli esempi di virtù, specialmente la fede, la carità, la calma, l'angelico candore, l'umiltà profonda, e l'alto spirito di mortificazione e di penitenza. Lo rivide anche nei suoi « sogni », e sempre illuminato Maestro. Quali memorie edificanti sarebbero giunte a noi, se egli avesse potuto scriverne la vita!...

E non la moltiplicità o la gravità delle occupazioni lo distolsero dal santo proposito. Aveva già raccolto preziosi documenti: aveva già letto molti scritti del Beato; e da un giorno all'altro si sarebbe accinto all'opera, quando - chi lo crederebbe? - fu costretto a rinunziarvi. Ce lo confidava, di questi giorni, il venerando Can. Don Giuseppe Allamano (1).

« Don Bosco era al termine dei suoi giorni. Non teneva ancora il letto, ma era già alla fine. Fui a trovarlo, e, come sempre, mi parlò di Don Cafasso. Con quella confidenza che inspirava, gli dissi:

» - Ma intanto, lei, Don Bosco, non ha scritto la vita di Don Cafasso, come aveva promesso!...

» - Non è mia colpa! - esclamò il Venerabile. - Per me ti assicuro che se le occupazioni mi avessero impedito di farlo prima, l'avrei fatto in questi ultimi anni, e sarei pronto a farlo anche ora, se avessi i documenti. Solo sullo zelo che Don Cafasso spiegò agli Esercizi di S. Ignazio, avrei potuto scrivere un volume! Ascolta come è andata la cosa. -

» E mi narrò come pochi anni dopo la morte del Beato, gli si presentò, con altri, Don Begliati, l'economo del Convitto, il quale gli disse: - Don Bosco, noi non vogliamo che lei scriva la vita di Don Cafasso; ci dia tutti gli scritti che ha e i documenti che ha raccolti. -

» Don Bosco rispose: - L'incarico di scrivere la vita di Don Cafasso mi venne dal Rettore Don Galletti; e non da voi: quindi non posso declinare a voi l'invito, e non posso darvi nulla. E restò fermo nel diniego.

» Dopo qualche tempo si assentò da Torino, Don Begliati lo seppe e se ne approfittò. Tornò all'Oratorio e con fare deciso, come se ne avesse urgente mandato da parte del Rettore, fece aprire l'armadio, dove Don Bosco conservava gli scritti di Don Cafasso e i documenti raccolti, e li portò via.

» - Ecco, concludeva il Ven. Don Bosco, perchè non ho scritto la vita di Don Cafasso; mi portarono via tutti i documenti, e non ne seppi più nulla! Ma tu puoi rimediare: scrivi una circolare, domandando notizie della vita e delle virtù di Don Cafasso; màndala a quanti lo ricordano, o l'hanno conosciuto; e vedrai che ti arriverà tanta materia da poter scrivere un bel volume.

» Accolsi con riconoscenza il consiglio di Don Bosco, - terminava il Can. Allamano, - e lo mandai ad effetto; ed ebbi davvero tante memorie che il Can. Colombero, Curato di S. Barbara, potè scrivere la prima vita del Beato e stamparla nel 1895 ».

(1) Il Can. Allamano, nipote del Beato, Rettore del Santuario della Consolata e del Convitto Ecclesiastico, benemerito fondatore dell'Istituto delle Missioni Estere della Consolata.

Le "memorie" di Don Bosco.

Ma, l'anno stesso della morte del Beato, Don Bosco pubblicava i suoi opuscoli sul gran Servo di Dio...

Queste pagine, care allora, tornano particolarmente interessanti oggi, perchè riavvicinano mirabilmente la data della morte a quella della glorificazione del Cafasso. La prima è qui descritta « con parola così semplice, calda e patetica » - come diceva il giornale « l'Armonia, - che fin d'allora fece pensare all'esaltazione presente; e questa, anche dopo ogni altra più ampia documentazione, è anch'essa così bene illustrata nei discorsi di Don Bosco, che difficilmente verrà messa in miglior luce da qualunque panegirico.

A parer nostro queste memorie sul Beato Giuseppe Cafasso, scritte dal Ven. Don Bosco, - ricordate con amplissima lode dallo stesso S. Padre Pio XI nell'odierno Decreto di Beatificazione - si leggeranno con ammirazione anche dai posteri, come quelle di S. Bonaventura sul Poverello d'Assisi.

La commemorazione di un sogno ,,.

In Italia e all'Estero, dovunque son figli ed amici di Don Bosco, viene opportunamente ricordato il primo « sogno » che, cent'anni or sono, fece il Venerabile Fondatore dell'Opera Salesiana.

Solennissima - tra tutte - la commemorazione che se ne fece a Roma il 3o aprile.

A Roma.

« Per un sogno - scriveva il Corriere d'Italia il 2 maggio u. s. - per la bellezza ideale di un sogno - ieri nell'ampio cortile delle Opere di Don Bosco a Roma si sono ritrovate in folla migliaia di anime anelanti e plaudenti, e il Cardinale Cagliero, il venerando Missionario, e il Successore stesso di Don Bosco, Don Rinaldi, e il Ministro della P. I. Pietro Fedele, a rendere gli omaggi commossi di tutte le potenze dello spirito al Maestro incomparabile che, nell'umiltà luminosa della Fede, aveva seguito le vie raggianti di quel sogno sublime...

Una corona viva di giovani, di fanciulli e di fanciulle, gli allievi di Don Bosco; una schiera folta di uomini d'ogni ceto - professionisti, insegnanti, soldati, sacerdoti - adunati tutti nel. nome del soave Maestro e tutti, ancora, indelebilmente, figliuoli di lui - gli ex-allievi di don Bosco - come disse efficacemente l'oratore della giornata, l'avv. Felice Masera, rappresentante degnissimo di tutti coloro che furono nella Scuola mirabile - e che d'ogni paese, d'ogni razza, di ogni età, d'ogni grado sociale, d'ogni istituto salesiano, dei tanti sparsi nel mondo non sanno e non possono definirsi che così, semplicemente, gli ex-allievi di Don Bosco.

» Cent'anni fa (un altro Anno Santo, perchè dimenticare?) Don Bosco fanciullo sognava il sogno dolce e misterioso; vedeva, prima, un gruppo di ragazzi della strada che rissavano fra loro bestemmiando ed imprecando; e tentava di richiamarli all'ordine con il bastone; vedeva, poi, una Signora e un Signore che lo conducevano presso un altro gruppo, di bestie, questa volta, di cani e di gatti che rissavano anch'essi, latrando e ghignando - ma che ad un cenno arcano dei Due si tramutavano in gregge di pacifici agnelli...

» Dopo cent'anni, quel sogno è una realtà - splendida, palpitante, grandiosa; - è una storia mirifica che impegna già il destino di milioni di creature, nelle Scuole, nelle Missioni, nella vita, nella preghiera, nella speranza; tutte le creature che hanno salutato e salutano Don Bosco il più grande e il più santo maestro di vita che la Chiesa e l'Italia abbiano dato al mondo nel secolo nostro... »

La solenne cerimonia romana si svolse nel vasto piazzale dell'Ospizio del S. Cuore in via Marsala, ornato con molto gusto con piante e drappi e gremito da un pubblico eletto. Nel centro avevano preso posto i capi di istituti e numerosissimi professori delle scuole pubbliche e private di Roma, le personalità del campo scientifico e alcuni prelati.

Per le autorità era stato preparato un palco maestoso, e, alle 16,15, salutati dalla Marcia Reale - fra entusiastiche acclamazioni del pubblico - fecero il loro ingresso il Cardinale Cagliero, il ministro della P. I. on. Fedele e il Rettor Maggiore della Pia Società, don Rinaldi,

Il comma Poesio inizìò la serie dei discorsi rivolgendo un caldo e alato saluto alle autorità e presentando al folto uditorio l'oratore prof. Masera, che disse il discorso ufficiale, del quale ci è caro riportare questo tratto:

Il discorso dell'avv. Masera.

... Perche tanto popolo, minuto e colto, in ogni regione d'Italia, e oltre i confini ancora, con senso d'amore, rievoca il sogno del povero pastoreilo del Becchi di Castelnuovo?

Non è più questo popolo assetato di sole conquiste economiche, febbrile nelle lotte e negli odii, stupito solo delle affermazioni della scienza, delle vittorie della forza, che si inchina riverente al ricordo di un sacerdote, che passò sorridendo e beneficando, umilmente, nel nome di Cristo?

Ed ecco il fatto novo della storia della pedagogia: l'imponente, organizzato ritorno ai loro maestri di discepoli, fatti adulti e liberi, camminanti per il desiato e pur straziante mondo aperto e grande!

Ritornano gli ex allievi salesiani ai loro oratorii e collegi, agli indimenticabili maestri e fratelli, ritornano non per l'onda dolce e melanconica delle memorie dalla sempre più allontanantesi giovinezza, ma perche Don Bosco è affetto del loro cuore, consuetudine del loro spirito, perche è nella loro anima un po' della sua vita, un po' della sua luce...

Ogni grande figura è assieme azione e reazione del momento storico in cui sorge, e la storia di queste azioni e reazioni è la storia della civiltà.

Don Bosco nasce nel 1815: il periodo così denso di avvenimenti politici, di moti rivoluzionari, di bagliori di idee patrie e sociali che corre dal 1815 al 1845 è il periodo della sua giovinezza e prima virilità, e cioè della sua formazione.

E segno del tempo una certa preferenza per gli umili e per i deboli: Don Bosco sente questo segno e lo volge al bene cristiano: tra gli umili sceglie i più umili, i poveri; tra i deboli i più deboli, i fanciulli abbandonati, per strapparli alla miseria del pane e dello spirito; vivendo le aspirazioni del suo tempo crea istituti capaci di soddisfarle, non lancia un verbo nuovo, una parola fatidica, ma faticosamente apre una via nuova, che altri poi potranno condensare in un verbo: figlio della sua epoca, avanza provvedendo ai mali correnti e gettando semi di futuro.

Ardente, instancabile lavoratore per il bene, per Cristo, non gli occorre battagliare o pur nominare sette, partiti, uomini che lo ostacolano, sovente anzi mantiene il contatto con quelli stessi di cui non condivide i principii, occorrendogli l'aiuto loro per fare proprio quel bene che nel suo disegno deve soppiantare il male da essi fatto più o meno inconsapevolmente. Approfitta del lato buono che è in ogni uomo, pensando, che per fare il bene, il suo bene, egli può aver bisogno di tutti...

E del suo esempio informando poi l'animo dei suoi, diede loro in quest'atto stesso la norma, il metodo, il sistema secondo cui dovevano formar se stessi per diventare a loro volta esempio sul quale si formassero gli altri, e l'istituzione acquistasse così la perennità della vita. Il Divin Maestro l'aveva già detto; « Esempio diedi a Voi, perchè operiate, come io opero »...

Terminati gli applausi che salutarono la fine del discorso ufficiale, pronunciò parole d'omaggio al Ministro della P. I. un alunno dell'Istituto Salesiano, a nome di tutti i compagni.

Sorse allora il Ministro Fedele e parlò egli pure di Don Bosco, come insigne educatore, nel modo più entusiastico. « Insegnante - disse - alla R. Università di Torino, mi recava talvolta a Valsalice e mi compiaceva di posare la mia fronte sul marmo che chiude la salma di Don Bosco, per ritrarre da Lui, sommo educatore, luce e conforto nella mia modesta opera di umile maestro di scuola... ».

Chiuse l'adunanza il venerando Don Francesia, il quale, come nota il Corriere, disse « signorilmente, in un impeto di commossa poesia di intimità, tutta la letizia che non è possibile: umanamente ridire: e tutti sentimmo, palpitando, che il testimone quasi centenario di quel sogno che era divenuto realtà, recava nella storia vissuta la vita ideale di un sogno... »

A Castelnuovo d'Asti.

Accanto, alla commemorazione romana è da porsi un'altra, non meno solenne ed espressiva, che si compì il giorno dell'Ascensione, 21 maggio, da duecento insegnanti dell'« Unione D. Bosco », a Castelnuovo d'Asti, patria del Venerabile.

« Non vale misurare le opere salesiane - osservava giustamente il Corriere di Torino - se si vuol misurare in tutta la sua grandezza l'uomo che ad esse opere diè vita e ardore: bisogna partire da Maria Ausiliatrice, come hanno fatto i soci dell'Unione Insegnanti Don Bosco e arrivare sino ai Becchi di Castelnuovo. Bisogna fare almeno questo parallelo: Valdocco-Becchi. L'umilissima casa dove l'uomo nacque, e la vastità della città vera e propria dove l'uomo si spense. Poi si capirà anche il perchè delle altre mille case salesiane sparse per il mondo. Questo, confronto era palese nelle parole e nella mente di tutti i partecipanti al pellegrinaggio d'amore e d'omaggio, che l'Unione Insegnanti volle promuovere ».

Alla casetta di Don Bosco.

Da Piazza Maria Ausiliatrice, dunque, partì la lunga teoria di automobili che trasportarono i duecento aderenti a Castelnuovo, alla piccola frazione remota, dove sorge la casetta natale di Don Bosco...

Agli insegnanti di tutte le scuole - superiori, medie e primarie - si unirono vari devoti accorsi dai dintorni, cosicchè il piazzale, che, si allarga tra la casetta di Don Bosco e il graziosissimo tempio votivo che le sta di fronte - eretto in onore di Maria Ausiliatrice a ricordo del primo centenario della nascita del Venerabile, - non appena è finita la messa delle dieci, appare gremito.

E, subito, comincia la breve, semplice e austera cerimonia commemorativa. Il teol. Don Matteo Fasano, insegnante nelle Scuole Municipale di Torino e membro del Consiglio direttivo dell'Unione Insegnanti « Don Bosco », mentre un gruppo di maestre innalza un canto religioso, sale la scaletta di legno tarlato, che mette alla parte superiore dell'umile casetta del Venerabile, e dai gradini di quella scala, che a tutti sembra più suggestiva di ogni artistica tribuna, dice il significato della cerimonia, di tanti maestri d'ogni scuola, accorsi ad inchinarsi al grande Maestro, a Lui che non nomina perchè è presente, perchè Lo si sente in ispirito accanto ad ognuno dei convenuti, colla luce della sua grandezza, colla forza della dottrina.

Il rettore del Santuario Don Cottrino toglie due bandiere che coprono un tratto del muro, e si scorge una piccola lapide con queste parole:

GLI INSEGNANTI - DELL'UNIONE DON Bosco - RACCOLTI - IN DEVOTO CONVEGNO - ALLA CULLA DEL MAESTRO - OSSEQUENTI - POSERO - 21 MAGGIO 1925 ».

Un applauso scroscia, fitto e commosso, e l'oratore continua:

« Questa lapide non è e non deve essere che la prima pietra di un grande monumento che per volontà di centomila insegnanti cattolici di tutto il mondo dovrà sorgere qui a perenne memoria del Maestro dei maestri ».

E consegna il ricordo al Successore di Don Bosco, presente alla cerimonia.

Don Rinaldi parla a sua volta:

« Qui Don Bosco fanciullo fece il sogno, quel sogno che lo doveva spingere a farsi educatore della gioventù. Qui, sopra uno scanno - non aveva che dieci anni - si fece maestro dei suoi coetanei... Ma, una cosa egli non potè compiere durante la vita, e l'aveva desiderata tanto: chiamare gli insegnanti attorno a sè! Oggi anche questo suo desiderio si realizza; gl'insegnanti sono venuti a Lui, son venuti a vedere come da una umile casuccia di contadini si possa partire alla conquista del inondo in nome di Gesù Cristo! Questo giorno rimarrà memorando: e la benedizione di Don Bosco non mancherà di scendere sopra la falange di educatori cristiani convenuti alla casa del Maestro ».

Per ultimo, a nome del R. Provveditore agli studi, parla il prof. Zucchelli, ispettore scolastico di Asti; e i gitanti scendono lentamente dalla storica collinetta e tornano a Castelnuovo.

Ai piedi del Monumento.

Si giunge a Castelnuovo nell'ora in cui termina in parrocchia la messa cantata. Gli alunni dell'Istituto Salesiano muovono incontro al corteo degli insegnanti, che si avvia ai piedi del monumento di Don Bosco, dove viene deposta una corona di fiori. Anche questa commemorazione, come la precedente, è breve e austera. Parla dall'alto del basamento il commissario aggiunto, il sig. Andriano, che salutando i convenuti a nome di Castelnuovo, rievoca la figura del grande cittadino e si dice lieto di ospitare nella città natale gli insegnanti che traggono da Don Bosco lo spirito di carità e di bontà della loro nobile missione sociale.

Risponde il comm. prof. Gribaudi. Ringrazia il sig. Andriano delle lusinghiere parole ed esprime l'orgoglio suo e quello dei convenuti di aderire alla famiglia salesiana:

Gli insegnanti verranno spesso a Castelnuovo come in pellegrinaggio d'amore per averne forza e conforto nel compimento della propria missione. La casetta dei Becchi è visitata colle lacrime agli occhi, commossi di tanta fortuna, che certamente è invidiata ai presenti da migliaia e migliaia di altri educatori:

Lo spirito di Don Bosco deve aleggiare non solo nei collegi salesiani, ma in tutte le scuole, poiche in ogni ordine di studi si può applicare il metodo del Maestro cristiano, il metodo che insegna ad amare il fanciullo ed a lavorare a salvare l'anima degli allievi, senza di che l'educatore non salva la sua anima. E questo si deve fare senza paura, a testa alta, in modo da compiere interamente la propria missione. Che cos'era l'educatore per il paganesimo? e a quale altitudine di dignità venne portato dal cristianesimo? Formatore di menti, l'educatore pagano; formatore di anime, l'educatore cristiano!

Ebbene, prima di lasciare questo luogo, non-un saluto deve andare a Don Bosco, ma un giuramento solenne di voler a tutti i costi mantenerci all'altezza della missione di educatori cristiani.

Grandi applausi salutano la fine del discorso del comm. P. Gribaudi, Direttore della Scuola Superiore di Commercio; ed eseguito dagli allievi del collegio l'inno a Don Bosco del m.° Pagella, i gitanti salgono al Collegio.

E attorno a Don Rinaldi siedono i duecento commensali cori la più gioconda letizia e sul levar delle messe molti prendono la parola. Son presenti anche tutte le autorità dì Castelnuovo; ed è uno scambio di rallegramenti e di ringraziamenti i più cordiali, un plauso unanime allo spirito di Don Bosco e al suo sistema educativo, un voto concorde di altre riunioni. Anche Don Rinaldi prende la parola e legge un telegramma con cui S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione On. Fedele invia il suo saluto e i suoi rallegramenti ai convenuti.

Il convegno.

Dopo breve intervallo, tornano tutti a riunirsi, nel teatrino del Collegio, per un'intesa di generosi propositi.

Prende per il primo la parola l'ing. prof. Bianchi, Preside del R. Liceo Gioberti di Torino e Presidente dell'Unione Insegnanti « Don Bosco », il quale manda un ringraziamento speciale al Ministro della P. I. ed al Prefetto di Torino per la loro adesione, ringrazia vivamente tutti i presenti, in modo particolare i singoli rappresentanti delle autorità scolastiche e civili: e si augura che in ogni plaga sorga una rappresentanza dell'Unione Don Bosco:

Ad ottenere questo è necessaria la fede, non quella apparente, ma quella che viene dall'anima, che sorge come una forza irresistibile in noi e ci spinge a fare il bene. Come fare per ottener questa fede? Ci risponde Gesù: « Picchiate e vi sarà aperto ». Picchiare colla speranza di trovarla, non colla prevenzione del dubbio. Così bisogna cercare la fede.

E l'oratore, tra grandi applausi, assicura che parla per esperienza personale; che trovò la fede quando svestì il suo «io» da ogni superbia della ragione per esser soltanto il fanciullo che va a Gesù con anima assetata di luce.

Dall'astronomo al fisico, dal tecnico allo studioso di scienze occulte, tutte le volte che la scienza vuol dire una parola strettamente sua, si rinnova la ruina di Simon Mago. Bisogna andare a Dio, senza superbia, ma coll'umiltà che dev'essere propria della creatura che si avvicina al Creatore. Con quest'umiltà e colla bontà che viene da essa, sarà facile andare ai fanciulli, sulle orme di Don Bosco.

Ha, quindi, la parola l'oratore ufficiale prof. Rodolfo Bettazzi, del R. Liceo Cavour:

L'odierna riunione si compie nel centenario di una data specialissima della vita di Don Bosco: il centenario del sogno che a Don Bosco impose di divenire educatore. Sogno che al fanciullo dei Becchi disse chiaramente: « Impara e poi insegna ai fanciulli ». Questo non è soltanto l'imperativo che va al fanciullo di Castelnuovo, ma deve essere l'imperativo di tutti coloro che operano nel solco al fanciullo tracciato.

Prima di tutto, per entrare nello spirito di Don Bosco che cosa deve fare l'educatore? Intendere la propria missione come un apostolato. Per essere veri educatori bisognerebbe essere santi, ma se questo non è possibile, bisogna avere continuamente in noi la volontà ferma di arrivare alla perfezione.

Secondariamente, nella scuola, prima ancora del nostro sapere, bisogna portare il nostro cuore. Cuore, che vuol dire amore, un amore infinito per questo fanciullo a noi affidato. Benedetta la nostra missione e benedetti i fanciulli che Dio ci manda perchè possiamo esplicare in pieno questa nostra santa e mirabile missione. Amiamo questi fanciulli, in loro amiamo il nostro dovere, questo dovere che gli insegnanti devono sentire più di qualunque altro dovere imposto da Dio agli uomini.

Noi abbiamo di fronte alla legge il dovere di istruire, ma di fronte a Dio abbiamo il dovere di educare, e noi insegnanti cristiani non possiamo, senza peccare, dividere questi due doveri; anzi il primo deve fondersi col secondo per formare una sola armonia intesa a formare degli uomini.

Perche il nostro dovere sia completo, non basta amare i fanciulli, bisogna saper farci amare dai nostri allievi. Farsi temere? Molti insegnanti pensano soltanto a questo e non pensano che si arriva a farsi temere facendosi prima di tutto amare dai fanciulli. Inteso, così, l'insegnamento dà i frutti che ci ripromettiamo. Assentatevi dall'amore dello scolaro, e vi sarete assentati dalla vostra missione!...

Instilliamo, inoltre, nei nostri scolari l'amore al lavoro. Se la società moderna soffre, soffre prima di tutto perchè il lavoro non è inteso cristianamente... Insegnano ai fanciulli la rassegnazione cristiana del lavoro: e saremo gli insegnanti che si attengono allo spirito di Don Bosco.

L'oratore chiude lo splendido discorso facendo voti che dappertutto, presso ogni scuola primaria, media o superiore, sorga una sezione dell'Unione Insegnanti « Don Bosco ».

La segretaria M. Turco legge le adesioni.

L'adunanza è al termine. Si spediscono telegrammi di omaggio al S. Padre e al Ministro della Pubblica Istruzione: e si apre una breve discussione che si concreta in pratiche proposte.

Il sig. Don Rinaldi, commosso, si augura di vedere altri convegni d'insegnanti ammiratori di Don Bosco, decisi di calcar le sue orme, e di vederli in Castelnuovo, ove il ricordo del Maestro è così forte e suggestivo. Ringrazia gli oratori che hanno mostrato uno spirito eminentemente salesiano e ripete a tutti il consiglio di Don Bosco: « Fatevi amare; vi farete anche temere, otterrete dai vostri alunni ciò che volete, e acquisterete su loro un'influenza profonda e salutare ». Una giornata indimenticabile.

Il Successore di Don Bosco in Romagna, nell'Umbria e nel Lazio.

Nel mese di aprile il nostro rev.mo Superiore Don Rinaldi visitava le città di Rimini, S. Marino, Ancona, Porto Recanati, Gualdo Tadino, Trevi, Assisi, Cannara, Perugia, Roma, Genzano e Frascati, e dappertutto sentì elevarsi inni di lode e di riconoscenza a Don Bosco, e di ammirazione per l'Opera Salesiana

« Ovunque egli è passato - scrive l'ispettore Dott. D. Giovanni Simonetti - ebbe accoglienze cordiali, trionfali.

» A Rimini fu incontrato alla stazione da quell'Ecc mo Vescovo, che pose a sua disposizione l'automobile per tutto il tempo che si fermò in città, e fu accolto con deferenza e delicati riguardi dalle autorità, e con venerazione dal Clero, specialmente nel Seminario, ove già fu ospite Don Bosco.

» A S. Marino, per tacere di altre dimostrazioni, fu ricevuto in modo solenne nel palazzo del Governo, da uno dei Capitani Reggenti.

» Ad Ancona, a Porto Recanati e Macerata fu, direi, un crescendo. A Macerata, casa grande e che offriva maggiori comodità, celebrò la S. Pasqua, e presiedette un piccolo convegno dei Direttori diocesani e Decurioni dei cooperatori, e una solenne commemorazione di Don Bosco, tenuta da un professore del R. Liceo.

» Il lunedì dopo Pasqua si recò a Tolentino, e dovette promettere di aprirvi, appena ci sia possibile, una casa salesiana.

» A Gualdo pose la prima pietra dell'erigendo salone per l'Oratorio Festivo e a Trevi la prima pietra dei Monumento agli Ex-Allievi caduti in guerra. In ambedue i luoghi, intervento ufficiale delle autorità e dimostrazioni di venerazione.

» Da Trevi si recò al Santuario di Maria Ausiliatrice, detta della Stella, nel territorio di Spoleto, a Montefalco ove si conserva la salma incorrotta di S. Chiara, e ad Assisi, ricevuto con ossequio dalle Famiglie Religiose.

» A Cannara poi, ove hanno un istituto le Figlie di Maria Ausiliatrice, e a Perugia, le accoglienze si mutarono in vero trionfi. Era una gara di tutti per avvicinare il sig. Don Rinaldi, baciargli la mano, riceverne una buona parola, o un sorriso, e superavano tutti nelle dimostrazioni di gioia i bambini che si riversavano con affetto attorno il buon Padre, il quale allora specialmente brillava di gioia, quando era circondato dai piccoli...

» Ed il sig. Don Rinaldi fu sempre meraviglioso (e le volte furono tante!) quando rivolgeva la parola al pubblico o ai giovani... ». In breve, il viaggio del nostro Superiore fu un trionfo per l'Opera Salesiana e non mancheremo di tornarvi nel prossimo numero.

Questa volta, dopo aver detto del solenne omaggio a Don Bosco Educatore, che si svolse al suo arrivo a Roma, ci limitiamo a dire dell'affettuosa Udienza che ebbe dal S. Padre.

Il sig. Don Rinaldi ai piedi del Santo Padre.

Il Santo Padre ricevette in udienza il sig. Don Rinaldi il 5 maggio u. s.

Quel mattino aveva celebrato la Santa Messa per i pellegrini di Torino e del Piemonte, accorsi a Roma per l'Anno Santo e per assistere alla Beatificazione del Cafasso, ed aveva indirizzato loro la parola: aveva presieduto la Congregazione Generale dei Riti per ultimare le pratiche di varie Beatificazioni; e verso mezzodì iniziava le udienze private.

Accolse prima un Vescovo straniero, col quale s'intrattenne circa mezz'ora, poi S. A. R. e I. l'Arciduca Alberto d'Austria con la famiglia, e subito dopo il sig. Don Rinaldi. Quando questi apparve sulla soglia, il S. Padre scriveva e, mentre il nostro Superiore faceva le genuflessioni, senza alzar la fronte: - Venga, Don Rinaldi, esclamò, venga! - Don Rinaldi si avvicinò e il S. Padre gli porse a baciare la mano, fissandolo con bontà paterna.

Il nostro Superiore si credette in dovere di chiedere scusa a Sua Santità se aveva domandato udienza in giorni di tanto lavoro, ma confessò anche che gli sarebbe spiaciuto di lasciar Roma senza ricevere la benedizione e senza udire qualche consiglio dal Vicario di G. C.

- Già andare a Roma senza vedere il Papa!... - rispose sorridendo Sua Santità. - Ma io sto bene: lo dica a tutti che non si preoccupino. Da principio temeva anch'io per la fatica che riteneva superiore alle mie forze; ma ora, le ripeto, sto bene.

- Santo Padre, preghiamo tutti perchè il Signore doni a V. S. ottima salute.

- Lo sappiamo, e le preghiere di tante anime buone, insieme con le consolazioni che Ci vengono procurate, compensano e Ci rendono sopportabile la fatica; dica pure che sto bene.

- Deo gratias! - rispose Don Rinaldi, ammirando la serenità e la calma che risplendeva sul volto del Papa.

- In questi giorni, continuò Sua Santità, venne anche un grande pellegrinaggio da Torino e Ci fece piacere. Erano più di 300 sacerdoti, ed a ragione. Il Beato Cafasso è il modello dei Sacerdoti, e siamo contenti che i Torinesi l'abbiano compreso. Il Convitto Ecclesiastico fu una grande scuola per il Clero dei Piemonte...

» Ed è ammirabile come Torino abbia avuto contemporaneamente un nucleo di santi sacerdoti: il Cottolengo, il Cafasso, Don Bosco, Don Guala, D. Murialdo ed altri... - E continuò: - E così, in quest'anno Santo che c'invita alla santità, abbiamo gli esempi di molti Santi che ci si schierano dinanzi con le numerose Beatificazioni e Canonizzazioni... E Don Bosco?...

- Santo Padre, Vostra Santità disse già altra volta che tocca a lui farsi strada.

Il Santo Padre sorrise amabilmente, e Don Rinaldi soggiunse: - E noi pregheremo!

Quindi il discorso si portò ad altre cose; e, tra l'altro, il Papa raccomandò al nostro Rettor Maggiore di aprir molte case.

- Santo Padre, osservò Don Rinaldi, forse ne apriamo troppe...

- Oh! non vogliamo dire che ne apriate oltre il possibile, ma vi diciamo ciò che dice uno scrittore: se non possiamo fare tutto quello che vogliamo, dobbiamo fare tutto quello che possiamo. Se facessimo tutti quello che si può, quante cose di più si farebbero in questo mondo!

Don Rinaldi accennò a varie nuove fondazioni che stavano molto a cuore al S. Padre; e Sua Santità, compiacendosi che si pensi a stabilire qualche nuova opera a Taranto e in Calabria, parlò con tanto affetto di quei paesi, come se gli fossero particolarmente cari.

Sua Santità ebbe la degnazione di trattenere ancora Don Rinaldi sopra altri argomenti con bontà squisita e, venendo alla benedizione non solo si degnò di ricordare la Famiglia Salesiana in genere, ma specificò egli stesso i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori e le Cooperatrici, gli Allievi, ecc., cioè le singole categorie di persone che la compongono.

In fine ammise al bacio della mano il nostro Procuratore Generale Dott. D. Francesco Tomasetti e il venerando Don Francesia, che si era recato egli pure a Roma per assistere alla Beatificazione del Cafasso.

Fu tanta la consolazione che provò il nostro Rettor Maggiore nell'accennata udienza pontificia, che, quando ce ne fece il racconto, gli splendeva ancora il volto d'immensa dolcezza.

LE MISSIONI SALESIANE

L'Ospizio San Giuseppe di Shanghai (Cina) accoglierà mille giovani !

Da una lettera di don Garelli, direttore della nuova rasa salesiana di Shanghai:

Il giorno 16 gennaio siamo finalmente arrivati a Shanghai, dopo ben 56 giorni di navigazione.

Qualcuno di noi aveva abbastanza sofferto il mal di mare: tutti però giungevamo in buone condizioni di salute. Il signor Lo Pa Hong, presidente del Comitato degli amministratori dell'Ospizio di S. Giuseppe, venne immediatamente a prenderci colle sue automobili.

L'edificio per il nostro istituto non era ancor terminato. La guerra, o meglio dirò, la paura della guerra, ritardò i lavori: e fu provvidenziale. Se fosse stato terminato a tempo, sarebbe stato certamente requisito dalle truppe, e chi sa in quale stato, l'avrebbero ridotto.

Ci trovammo, dunque, dinanzi ad un edificio ancora scoperto, ma di tale maestosa grandezza da strapparci dal labbro una esclamazione di meraviglia. A ferro di cavallo col lato centrale della lunghezza di 18o metri, e i due lati laterali della lunghezza rispettiva di 6o e 8o metri, al centro avrà la Chiesa, che dividerà l'area libera in due grandi cortili: uno per gli studenti e l'altro per gli artigiani (1).

Una domanda mi venne spontanea:

-- Signor Lo, quanti giovani pensa Lei di raccogliere in questo edificio?

Mi fissò un istante coi suoi occhietti cinesi, attraverso due occhialoni neri, e mi rispose reciso: - Mille giovani!

Rimango sbalordito e taccio.

Presentemente siamo nel grande Ospizio di San Giuseppe, un piccolo Cottolengo. Nel padiglione dei ragazzi ivi ricoverati e che dovranno seguirci alla scuola professionale, venne preparato per noi un alloggio provvisorio. Poche stanzette per i pochi sacerdoti, un camerone per i confratelli, un altro per gli aspiranti, e una sala da pranzo.

Il giorno del nostro arrivo il sig. Lo Pa Hong volle restare a pranzo con noi, con i suoi due figli Ignazio e Francesco, che lo coadiuvano nelle numerose sue opere. Sulla fine egli parlò: ricordò la lunga attesa, ci diede il benvenuto e formulò il voto che le opere caratteristiche della Società Salesiana possano da Shanghai diffondersi per tutta la Cina.

Noi gli avevamo detto che se aveva potuto trovare il denaro necessario per un edificio così vasto, era un miracolo del suo grande protettore San Giuseppe. Ed egli ci rispondeva:

- Quando ho chiesto i Salesiani, Mons. Versiglia mi disse che al massimo avrei potuto averne quattro o cinque. Ho confidato in Don Bosco, e ho costruito per mille giovani: e Don Bosco ora me ne manda ventidue tra confratelli ed aspiranti. Questo è un miracolo di Don Bosco!

Che cosa potevamo rispondere, se non che quello era pure il nostro pensiero?

Alloggiati nel padiglione dei giovani, ne prendemmo subito cura. Proprio in quei giorni cominciava il nuovo anno cinese; e siccome al capo d'anno i cinesi fanno almeno quindici giorni ed anche un mese di vacanza, le scuole erano allora sospese.

Ciò diede a noi la possibilità di prendere nel frattempo un po' di conoscenza sia della lingua, sia delle usanze locali; poi, ispirandoci al coraggio del nostro Ven. Fondatore, ci mettemmo subito al lavoro.

Presentemente abbiamo già 102 giovani interni, più un discreto numero di esterni, che sono tali per assoluta impossibilità di trovare un posto dove collocare un letto.

Le Scuole si sono riaperte, e quindi i maestri di scuola sono tutti al lavoro: anche i capi d'arte hanno iniziato le Scuole Professionali dei sarti, calzolai e falegnami con un numero complessivo di una trentina di alunni: e in questi giorni stiamo adattando i locali, e stiamo comperando il macchinario per iniziare quanto prima le scuole professionali dei meccanici, compositori, stampatori e legatori. Il coraggio non ci manca. I nostri cari aspiranti ci sono di grande aiuto, senza trascurare se stessi. Anche qui, essi hanno quotidianamente la loro scuola teorica e pratica, come a Torino, affinchè possano completare la loro formazione professionale.

Le difficoltà degli inizi non mancano, ma in compenso ci consola la docilità degli alunni. La massima parte sono ancora pagani, ma pregano con tanta buona lena, che ci fa credere sia serio davvero il desiderio che esprimono di essere presto battezzati.

Intanto l'immenso fabbricato progredisce a vista d'occhio e noi andiamo ripetendo con un senso di sgomento: - Mille giovani interni! Come faremo ad accudirli? - Eppure la massima parte saranno pagani, e se la Provvidenza ce li manderà, noi non li respingeremo, perchè sarà segno che il buon Dio li vuol fare suoi figli.

Certo l'occhio del Signore guarda con speciale benevolenza questa grande città. Solo poche settimane fa circa ottantamila soldati, privi di un capo che li disciplinasse, convertiti perciò in veri banditi, s'erano raccolti attorno a Shanghai per metterla a sacco e a rovina, arricchendosi di bottino. La Camera di Commercio si raduna, e il nostro sig. Lo Pa Hong dice a quei signori che occorre decidere e non discutere. Il denaro aggiusta molte cose e questa volta la Camera di Commercio riveste e sfama i soldati, riempie le tasche degli ufficiali, e salva la popolazione da una sicura rovina.

Bisogna proprio dire che questi poveri pagani meritano di essere protetti dalla buona mano di Dio, perche hanno imparato a praticare la carità. Il denaro che il sig. Lo Pa Hong deve quotidianamente spendere per l'Ospizio, gli Ospedali e la nostra casa, spaventerebbe un finanziere: eppure egli lo trova, e, quel che è meraviglioso, lo trova dai cinesi pagani. Il Signore potrà essere meno generoso? e non li premierà della loro carità con la grazia della conversione? E precisamente quello che noi confidiamo di vedere.

Ancora... un'osservazione. Il personale che i Superiori ebbero la bontà di concederci era calcolato per 5oo giovani: raddoppiandosi la messe, non sarà necessario raddoppiare il numero dei mietitori, affinchè tanta messe biondeggiante non resti immietuta e beccata dagli uccelli?...

(1) Preghiamo Don Garelli a mandarci una bella fotografia dell'edificio.

Per la missione del Rio Negro (Brasile).

Togliamo da una lettera di Mons. Massa, Prefetto Apostolico del Rio Negro in Brasile, questo appello fiducioso ed urgente.

Amatissimo Sig. Don Rinaldi,

Ella sa, come i nostri sforzi vengono, grazie a Dio, coronati dai più consolanti risultati, e tra le spine di questa dura e travagliata missione comincino a spuntar rose e sorrisi a fecondare il campo del nastro apostolato. I nostri due cari confratelli coadiutori, Giacomo Cogno e Giuseppe Aigner, che nel breve spazio di una settimana Dio volle a sè, vegliano dall'alto e ci ottengono grazie, forza e salute, specialmente per la nuova Missione testè aperta: quella del Basso Rio Negro, avente la sua sede in Barcellos.

Per ora ci manca tutto, proprio tutto: è, quindi, tra tutte le Missioni quella che merita speciale aiuto: le febbri ci circondano minacciose, e la miseria è grande, immensa, tanto che mi vedo costretto a dirigere un insistente appello ai nostri buoni e generosi Cooperatori. Deve sorgere l'ospedaletto, ed è urgente; e quindi abbiamo bisogno di 36 letti colle loro zanzariere; ci sono assolutamente indispensabili, e per gli eccessivi prezzi dei lunghi trasporti, ci verranno a costare 220 lire l'uno.

Di più, abbisognamo di due harmoniums, uno per la nuova Cappella che tra poco sarà benedetta e dove, nella più squallida miseria, risiederà tra noi Gesù in Sacramento; l'altro per la Missione di Taracuà, tra gli Indi Tucani. Potremmo averli qui a 2000 lire l'uno, se qualcuno si ricordasse di noi e ci mandasse il necessario importo!

E, finalmente, voglio manifestarle un altro bisogno: un oggetto che può sembrare strano che sia necessario in una Missione, eppure ne sentono il bisogno specialmente le nostre buone Suore per le ragazze e le donne indigene: il pianoforte. Possibile? Sì, il pianoforte! Bisogna sostituire i primitivi strumenti musicali, che li affezionano a riti superstiziosi ed immorali; bisogna tenere allegre le povere figlie di questi fiumi misteriosi, affinchè non sentano la nostalgia dei loro costumi, delle loro danze, delle loro feste, ed accettino meglio la nostra fede con la nostra civiltà. E tutti conoscono il potente magico influsso della musica!

Creda, rev.mo Signor Don Rinaldi, un pianoforte sarà, qui, uno strumento di conversione, quanto una scuola!

Chi sa quante famiglie avranno nelle loro sale; forse abbandonati, antichi eppur buoni pianoforti, ricordi di care amicizie passate, di cari e indimenticabili parenti, forse una figlia, la sorella, la sposa, la madre. Venderli? Giammai, sembrerebbe un oltraggio alle memorie care, che l'ala del tempo non distrugge, ma rende più forti ancora!

Potrebbero, però, donarli alla nostra Missione, e la voce dell'antico strumento, forse spenta da anni, risuonerà di nuove armonie, di care note, sotto un piccolo tetto di paglia, poco lungi dalla foresta secolare, al lato del fiume scrosciante, mentre le garrule indiette festanti impareranno le nuove canzoni e canti più dolci e cristiani... Ci aiuti lei, amato Padre, ci trovi dei generosi oblatori per i letti, per i due armonii e per il pianoforte...

NB. - Non aggiungiamo parola alla lettera di Mons. Massa: cogliamo, però, l'occasione per ricordare ai buoni Cooperatori che qualunque dono invialo al Sig. Don Rinaldi per le Missioni Salesiane tornerà provvidenziale in questo o nell'altro Continente e metterà in grado i nostri Missionari a fare un bene maggiore.

L'Orfanotrofio Salesiano di Ho= Si in Cina.

(Relazione del Missionario Don Carlo Braga al Sig. Don Rinaldi). IV (Ved. Boll. di maggio u. s.).

Un angelo di più in Paradiso!...

Il primo passo verso la luce e la fede s'era mosso, il seme della parola di Dio si era gettato, bisognava vivificare la prima e curare la seconda, lavoro non facile, nè breve, nè di lieve momento.

Quello che più mi consolava era il constatare che la conversione di quei poveri pagani, si doveva, dopo Maria Ausiliatrice, ai nostri alunni esterni: era opera dei giovani, frutto maturato nel loro entusiasmo e dal loro fervore. Spero in seguito di addurne le prove e di far constatare ancora una volta che il metodo di Don Bosco di formare la gioventù per influire su tutti e dappertutto è anche qui sempre pieno di freschezza e di attualità.

La sera, dopo cena, sotto il sorriso delle stelle i nostri buoni orfanelli mi riserbarono una gradita conclusione della festa, con una nota di tanta, spontaneità ed opportunità da farmi lieto e commosso. Non avendo potuto, per le molteplici occupazioni ed incombenze, recitare la terza parte del S. Rosario, divisi in capannelli, chi seduto sulle sponde dello stagno, chi passeggiando gravemente, citi inginocchiato sull'erba tenera, di mutuo accordo compirono quell'atto di omaggio e di lode a Maria. Poi, tutti raccolti in crocchio, si cantarono inni e cantici, finchè si ebbe fiato in gola e forza di tenere gli occhi aperti.

Tre giorni dopo, Maria Ausiliatrice chiamava alle gioie celesti una vecchia di 73 anni, che il giorno della festa aveva voluto, nonostante la febbre altissima che la bruciava, prendere parte alla distruzione delle superstizioni e inginocchiarsi e pregare!...

La domenica 4 giugno si compì la serie delle nostre imprese antidolatriche. Dopo la benedizione, messi i giovani in divisa, la fanfara in testa, si andò a distruggere le superstizioni, a bruciare altri idoli in un cascinale, ad una mezz'ora dall'Orfanotrofio e lo si consacrò al S. Cuore. E subito Gesù metteva nel solco il primo grano, perche crescesse in ricca messe. Un bimbo di dodici anni, un pastorello selvaggio negli istinti, rude, angoloso nel volto, impetuoso e altero, indomito fiore della razza hakka, entra una sera in cortile con la mandra dei bufali e lancia le bestie a rinfrescarsi nello stagno. I nostri orfanelli subito a protestare, a dargli sulla voce, ma egli teneva testa a tutti col suo bordone in mano, che alzava spesso minaccioso, in mancanza di argomenti. La discussione durava da un quarto d'ora, quando, in fine, esclama: « Mi appello a Sin Fu! andiamo dal Padre e sentiamo cosa decide lui ».

Eccolo innanzi fiero e cupo negli occhi nerissimi, il viso bronzeo: « Padre, tu sei venuto a casa mia, hai bruciato tutti gli idoli e non ho detto nulla, vengo qui a rinfrescare quattro bestie e mi dicano sulla voce. Non sono anch'io uno dei tuoi? »

L'argomento, secondo lui, non faceva una grinza e lo lasciai contento della sua dialettica: « Sì, lascia i tuoi bufali al fresco. E voi, dissi ai giovani, giuocate una partita e date un'occhiata alle bestie che non fuggano... E tu vieni con me.

- No, non posso, debbo custodire gli animali.

- Non temere, non preoccuparti, non scapperanno. Il Padre che protegge i cristiani così lontani, non saprà salvarti le tue bestie?

Ma non voleva muoversi e alle mie dolci insistenze ripeteva i più energici rifiuti. Finalmente un suo cugino gli dice:

- Va', mi rendo garante io.

Lo condussi a visitare la casa, gli regalai una fetta di pane, spalmata di un po' di conserva, che non volle addentare, finchè io, pel primo, non gliene diedi l'esempio.

- Ed ora c'è la cosa più bella da vedere; ma metti giù il tuo bastone, tògliti l'ampio cappellone, finisci di masticare, fa' tutto quello che vedi fare da me.

Scesi nella minuscola cappella. Dall'altare sorrideva una bella tela della Sacra Famiglia. Il bimbo genuflette, prende l'acqua benedetta, si segna, s'inginocchia e scruta con gli occhi pieni di meraviglia e di curiosità, ogni angolo ed ogni cosa. Io pregavo anche, e specialmente per lui, perchè la luce della intelligenza, che gli brillava vivissima nello sguardo, gli rischiarasse il cuore. Gli suggerii suppliche e invocazioni, di cui certo non capì nè l'importanza, nè il valore, ma non furono prive di efficacia. Quando fummo innanzi all'altare, mi chiese fissando il quadro della Sacra Famiglia:

- Chi è quel bimbo?

- Gesù!

- No, non è Gesù. Il Gesù che hai messo sull'altare a casa mia ha la barba, ha il cuore in mano.

Dopo una vivace discussione davanti a Gesù Bambino dipinto ed a Gesù vivo e vero nel SS. Sacramento, si convinse che di Gesù ce n'è un solo e che morì d'amore per farci salvi.

Usciti di chiesa, si leccò le dita della mano che aveva studiatamente tenuta immobile, perchè ancora odoranti di marmellata, ascoltò le ultime raccomandazioni, e, promettendomi che sarebbe venuto ogni domenica, diede la voce alle sue bestie che alzarono il muso grottesco come a fiutare l'odore del padroncino, e si avviò a casa.

- T'aspetto domenica: non mancare, amico!

Mi urlò un « sì » gutturale e sgarbato, mentre, come il più indomito cavaliere, balzava in groppa ad un bufalo.

La domenica l'attesi invano. Uscito con tutti i ragazzi in visita ai cristiani, non lo trovai fra le tombe numerose e fredde di pietà e di fede, al pascolo. Mi intrattenni con altri pastorelli, rozzi e precocemente tristi, e seppi che era malato. Il sole declinava, nascosto dietro le alte cime del Vu Njem, e c'era tempo sufficiente, prima che le ombre della notte ci sorprendessero per via, di andarlo a trovare. Comunicai la mia risoluzione ai giovani che accelerarono il passo, e dopo un trotterellare di mezz'ora eravamo dal nostro piccolo amico. L'immancabile e ripugnante cane di guardia ci assorda col suo abbaiare e ci annunzia.

Oh! il mio povero bimbo! Lo trovai raccolto sotto le pesanti coltri a brandelli, come un mostruoso gomitolo, giallo e fetente, Non aveva conservato della sua fierezza che i grandi occhi, imbambolati e stanchi.

Mi riconobbe, abbozzò un sorriso, fece per mettersi a sedere sul suo giaciglio e lo dovetti prontamente sostenere, perchè stava per stramazzare al suolo; lo ressi tra le braccia; leggero come un bimbo in fascie. Nascosi, come mi fu possibile, la mia viva commozione, chiesi al babbo ed alla mamma, accorsi desolati, la malattia. Una specie di colera... Non c'era più speranza!... forse ancora una settimana di vita!

Confortati i parenti, promesso al poverino di pregare il piccolo Gesù della nostra chiesa, ritornammo quasi in silenzio all'orfanotrofio. Recitate le preghiere, messi a letto e addormentati i giovani, pigliai dal minuscolo dispensario alcune medicine che mi parvero utili e ritornai dal pastorello. Bussai ripetutamente all'uscio e nessuno i faceva ad aprire. Finalmente diedi la voce.

- Oh Padre, così tardi! così solo! senza lume! scomodarsi per noi! Non meritiamo tanto noi, poveri contadini!

Somministrai le cure e le medicine del caso; ma mi parve inutile ogni ripiego umano e mi adoperai per guarirgli l'anima. E lì, nell'afa di un fetore inesprimibile, nel silenzio della notte.... parlai di Dio, che è luce e gioia, che è amore e premio. Soffriva tanto il fiero hakka! e si sforzava di vincere e superare il dolore; ma le lagrime gli irrigavano le gote, e gemiti repressi gli sfuggivano dal petto.

Gli insegnai ad invocare Gesù, a guardare nei momenti di maggiore sofferenza quel Cuore che vegliava dalla parete. Lo lasciai, non so a che ora, quando parve assopirsi e prender sonno. Mi mandò a chiamare appena fu svegliato.

- Voglio il Padre, voglio il Battesimo!

Lo battezzai a sera verso il tramonto e si riposò anche lui col sole. Spense la sua piccola fiaccola, la sua timida luce, per riaccenderla luminosa, fulgida, immortale, in quella di Gesù, sole di Giustizia e nostro Dio. Il pastorello della lontana risaia cinese volava ad abbracciare il pastorello delle Alpi! Oh! come sono vicine nello spazio infinito e nel tempo eterno le vie di Dio!

(Continua)

Sac. CARLO BRAGA Missionario Salesiano.

Quaranta giorni di escursioni nella regione di Indanza (Equatore)*

(Relazione del Missionario Salesiano Don Carlo Crespi al sig. Don Rinaldi ( Ved. Boll. di maggio u. s. ).

La gran consegna.

Intanto la stanchezza si era impossessata delle mie membra, ed il sonno, rotto durante la notte da punte salienti, ci portò all'aurora del giorno seguente.

Un cielo magnificamente stellato dapprima, seguito poi da una bellissima fascia rosea, con una soavissima aria balsamica della circostante foresta, mi condusse a far preparare l'altare all'aperto con lo sfoggio dei più bei tessuti provenienti dalle fabbriche milanesi.

Tutti i selvaggi vollero mettersi in grande tenuta: le donne coi migliori ornamenti usati nei balli, il venerando Charupi con calzoni, camicia, gilè, giacca, e con un cappello da ciclista: il primogenito con un bellissimo elmo dei pompieri di Guayaquil, simile a quello dei corazzieri d'Italia, e tutti gli altri con corone, collari, schioppi.

Non sapendo essi recitare la più semplice preghiera da soli, avevo dato una semplice consegna al capo di famiglia: - Chichachu (non parlare!) - non parlare, non ridere, non scherzare e stare attenti all'altare, perchè il buon Dio non avrebbe portato le sue benedizioni agli incauti trasgressori.

Infatti il buon vecchio aveva disposto una ventina di selvaggi intorno al simpatico altarino.

Toccato il campanello, tutti drizzarono gli occhioni curiosi sulle cerimonie sacerdotali, e non ebbi a lamentare neppure la minima sgarbatezza.

Con lo strazio nel cuore terminai la S. Messa, pensando con mestizia che forse solo dopo qualche anno i Missionari avrebbero potuto ritornare a catechizzare una famiglia tanto ben disposta, e così generosamente e naturalmente cristiana.

Fui largo di regali in aghi, specchi, polvere, munizioni da caccia, vestiti; e lasciai appesa all'albero della capanna un'immagine dell'Ausiliatrice, lasciandola regina della valle incantevole.

Saporitissime frutta.

Verso le 7 già eravamo in moto, coll'animo pieno delle più soavi emozioni e coll'ardente preghiera a Dio che salvasse tanta fede ingenua.

Il viaggio ci offrì dei panorami stupendi e ci mostrò delle meravigliose posizioni deserte, che potrebbero essere la sede felice di migliaia di famiglie d'emigranti.

Il bel maggio di Maria ci offrì pure dei saporitissimi frutti silvestri, che formerebbero, se coltivati, la delizia di tanti mercati europei o americani.

Una specie di tacsonia, rampicante altissimo, produce migliaia di pomelli, contenenti un succo di una soavità paradisiaca. Un'altra pianta, della famiglia delle rosacee, ricopre il durissimo tronco di frutta giallastre, profumatissime ed eccellenti.

Un terzo albero gigantesco produce tonnellate di frutta grosse coane una mela, e di un prilibato sapor carneo come gelatina di pollo. La foresta poi non è avara di tanti altri frutti, che i selvaggi divorano con avidità.

Salvo per miracolo.

Passato il mezzogiorno, al margine di una discesa pericolosa la tranquilla marcia viene improvvisamente interrotta da un angoscioso grido d'allarme.

Un selvaggio mi strappa bruscamente la lancia che portavo, e un altro mi si getta al piede destro per esaminare le scarpe rotte.

Uno dei più velenosi serpenti delle nostre missioni, calpestato inavvertitamente, mi aveva conficcato i terribili denti a un millimetro dalla viva carne. Ucciso il serpentello che non raggiunge i 20 cm. di chiazze bianco-nere, con una testa schiacciata, larga, a punta triangolare, tutti i selvaggi mi furono addosso gridando come ossessi e predicando con le parole più ampollose il gravissimo pericolo che io avevo corso.

In tutte le escursioni i selvaggi vogliono sempre che io li preceda, ed incamminai la marcia per evitare qualsiasi sorpresa! Questa volta, poi, che la Vergine Ausiliatrice aveva operata una grazia così strepitosa, potei osservare una gratitudine che giammai avevo visto tra i miei carissimi Kibaros. Il più alto e robusto di tutti mi saltò al collo piangendo e, abbracciandomi come un bambino, mi diceva:

- Ah! Padre, tu non sai che veleno potente ha la piccola vipera testè uccisa! Se ti avesse morsicato, a quest'ora ti uscirebbe il sangue dalle narici, dalla bocca, dagli occhi, dalle braccia, dal petto; già la tua carne sarebbe gonfiata come quella del tapiro, e saresti per terra gridando come un porco morente, per poi spirare subito. E che ti avremmo potuto fare noi altri? Forse la foresta produce il rimedio contro tale serpente? Forse un Kibaro si salva? Ah! Padre, il tuo Dio ti aiuti! Se l'avessi pestato io, credi tu che ora sarei ancora vivo? No, sarei in una pozza di sangue!

Ringraziato Iddio del gravissimo pericolo scampato, ripresi il viaggio, commosso innanzi a protezione così maternamente soave e non potei fare a meno di trattenermi per alcuni minuti nella meditazione delle profetiche parole rivolte al Messia ed ai continuatori della sua opera redentrice:

« Camminerai sopra gli aspidi ed i basilischi, e non ti toccheranno ».

Mentre io recitavo il Santo Rosario, i selvaggi non cessavano di commentare con sempre nuovi argomenti il prodigio avvenuto, e la conclusione era sempre la stessa:

- Se io fossi stato al posto del Padre, forse che il serpe non mi avrebbe avvelenato? E come per questi sentieri difficili mi avrebbero trasportato alla casa paterna, e dove avrebbero trovato il rimedio infallibile?

Improvviso assalto.

Verso le tre del pomeriggio un altro allarme improvviso ci getta nel furore di una mischia sanguinosa. Emettendo urla furibonde, tutti e quattro si mettono a sparare come matti nella foresta.

- I nemici di Tzarabiza! i nemici di Tzarabiza! - era la voce comune.

Mi gettai io pure a terra mirando nella direzione degli spari, e, non scorgendo nulla, li stavo pacificando e riducendo a più miti consigli.

- Tu non sai nulla, Padre, per questo ridi! Sappi però che sono molti giorni che stanno vagando per queste foreste per ammazzarci. Tu non hai la vista buona, perciò non li hai visti: ora sono già nel profondo della valle. Se non ti fossi trovato tu in nostra compagnia, ci avrebbero assaliti e massacrati qui sui posto.

Per evitare disgrazie e non riuscendo a pacificarli mi ero cacciato dentro un grosso tronco di albero vuoto. Quando terminarono gli spari e li vidi tranquilli, uscii dal rifugio e riprendemmo il viaggio. Il mio cuore però non era tranquillo, e con tristezza pensavo alle terribili lotte intestine, che creano odii secolari tra famiglie e impediscono assolutamente la formazione del più minuscolo popolo cristiano.

Il Kibaro negli assalti è una vera belva feroce e mostra nella lotta i più crudeli istinti che mai si possano immaginare.

(Continua)

Sac. Prof. CARLO CRESPI Missionario Salesiano.

Le meraviglie di Maria Ausiliatrice

La solennità titolare nel Santuario di Torino.

Crescit eundo! è la frase che, sostanzialmente, veniamo ripetendo ogni anno, e sempre vera, perchè ogni anno cresce l'affluenza dei devoti al Santuario e la pietà e il fervore e la riconoscenza verso Maria Ausiliatrice!

Ogni giorno del mese fu grande il numero di quelli che si accostarono alla Sacra Mensa, e divotissime tutte le funzioni: al mattino con predica del salesiano Don Bernardo Savarè che svolse i punti più vitali della Dottrina Cristiana; alle ore 17 con predica del salesiano dott. Don Giov. Battista Calvi, che illustrò gli augusti Misteri del S. Rosario; e particolarmente alle ore 20, quando il Santuario si gremiva, fin oltre la soglia, di una folla avida di udire la dotta parola del genovese Don Giov. Batt. Zerollo.

Al cominciare della novena crebbe ancora l'affluenza dei devoti e crebbe insieme la frequenza ai Santi Sacramenti, non tanto per l'affluire d'interi istituti della città, quanto per l'accorrere più intenso di cittadini e di forestieri.

La domenica 17 fu un giorno indimenticabile. Più di tremila cinquecento giovani e padri di famiglia degli Oratori Salesiani di Torino convenivano in pellegrinaggio al Santuario, ascoltavano la S. Messa e si accostavano alla S. Comunione. Non si poteva desiderare di più nell'anno centenario della prima illustrazione meravigliosa che dai 9 ai 10 anni ebbe sul divenire dell'Opera Salesiana il nostro Venerabile Padre. Certo anch'egli dovette esultare dal paradiso nel vedere quelle falangi di giovani e di adulti accostarsi all'altare per ricevere Gesù Sacramentato sotto lo sguardo della Madonna, e dovette ricordare le schiere di animali cangiate in agnelli, che, nel sogno della sua fanciullezza, correvano belando come per far festa attorno a Gesù e Maria...

L'entusiasmo ebbe altre splendide affermazioni nel pomeriggio con la presenza delle numerosissime Oratoriane delle Figlie di Maria Ausiliatrice all'ora di adorazione, e si rinnovò il giorno 21, solennità dell'Ascensione, e andò ripetendosi in forme ancor più grandiose nei dì seguenti, non ostante il cattivo tempo.

Il 23 il Santuario cominciò a gremirsi di buon mattino e continuò a risuonare di preci e cantici fino a tarda ora del 24. I primi vespri, pontificati da Sua Ecc. Rev.ma Mons. Umberto Rossi, Vescovo di Susa - la Veglia Santa prolungata per tutta la notte in un continuo avvicendarsi di cantici, di fervorini e di preghiere - le Messe della Comunione generale del giorno solenne, celebrate dal rev.mo sig. Don Rinaldi e da S. Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescono - la Messa solenne pontificata da Mons. Vescovo di Susa con assistenza di S. Em. Rev.ma il sig. Card. Pietro Maffi, Arcivescovo di Pisa, durante la quale disse splendidamente di Maria Ausiliatrice e di Don Bosco l'oratore don Giovanni Battista Zerollo - e le varie funzioni religiose del pomeriggio, non furono le sole ore in cui il Santuario si vide affollato, perchè per più di quarant'ore continue rigurgitò di popolo e risuonò di canti e di preghiere.

E lo spettacolo commoventissimo delle incessanti Comunioni della mattinata ebbe degno riscontro nell'apoteosi dell'imponente processione della sera, alla quale presero parte, in cento variopinti drappelli, più di 10.000 persone con 224 stendardi, mentre altre decine di migliaia di devoti facevan doppia ala in tutto il percorso.

Simpaticamente notato ed altamente espressivo - subito dopo il sinnichio, o padiglione, e il campanello, emblemi della Basilica - lo stendardo del Santuario, recante l'immagine della Vergine in gloria sopra il tempio con le parole QUI LA MIA CASA: DI QUI LA MIA GLORIA! Poi lo sfilare di quarantadue labari, con gli stemmi delle nazioni, dove, per opera dei Salesiani, si è diffusa la divozione alla dolce Ausiliatrice, e, in fine, l'intervento delle LL. EE. RR. Mons. Pinardi, Vescovo tit. di Eudossiade, Mons. Rossi, Vescovo di Susa, e Mons. Giuseppe Gamba, Arcivescovo di Torino.

Il punto più commovente fu quando, dopo la processione, ed era già calata la notte, apparve sulla soglia del tempio, illuminato a giorno da mille e mille lampade elettriche, Gesù in Sacramento e per mano di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescovo benedisse alla moltitudine stipata nella piazza e nelle adiacenze, che scoppiò nei più entusiastico applauso.

Non si poteva riprodurre meglio nè in forma più grandiosa la sintesi del bronzeo monumento a Don Bosco che sorge davanti il Santuario e che dice com'egli, l'umile prete, per condurre tante anime al bacio della Croce, guidato dalla più ardente carità, si servì della fusione di due principali doveri d'ogni credente: «Amate la Vergine, o cristiani, e dimostrate a Lei il vostro amore amando Gesù in Sacramento.

Allo splendore delle sacre funzioni contribuì efficacemente la Schola cantorum, o meglio le varie Scholae cantorum del Santuario e degli Istituti Salesiani della Città.

Meritano una menzione specialissima le splendide esecuzioni della domenica 17 maggio, anniversario della Pontificia incoronazione della Sacra Immagine, a cura dei chierici dell'Istituto Internazionale Don Bosco sotto la direzione del M.° Don Giov. Batt. Grosso, e quelle del 23-24 maggio a cura della Schola Cantorum dell'Oratorio, sotto la direzione del M. Cav. Dogliani. La Missa Solennis a sei voci di Pier Luigi da Palestrina e gli altri pezzi del sommo Maestro, eseguiti a perfezione, riuscirono uno splendido omaggio alla centenaria ricorrenza palestriniana.

Bastano questi pochi accenni a rilevare l'importanza della meravigliosa solennità superiore, ad ogni descrizione, di cui può farsi una giusta idea soltanto chi n'è spettatore.

GRAZIE E FAVORI (*)

Il contatto di una reliquia.

Sieno grazie vivissime a Maria Ausiliatrice che per intercessione del Ven. Don Bosco volle darmi un segno della sua visibile protezione.

La mia Renata non ancora quattrenne, causa i diversi disturbi che le recavano le tonsille doveva necessariamente subire l'estrazione di esse. Dato però l'organismo tanto delicato ed impressionabile della bimba, non sapevo decidermi di sottoporla ai ferri chirurgici, ma assicurata da tre o quattro specialisti che l'operazione non sarebbe andata male, le mie apprensioni diminuirono alquanto e finalmente fissai il giorno dell'operazione. L'esito di essa, se non fu del tutto soddisfacente, non faceva prevedere almeno conseguenze terribili. Invece, al quinto giorno, la ferita prodotta dal taglio della tonsilla, quando a detta del professore operante doveva essere completamente rimarginata, si riaprì e produsse una forte emorragia che durò parecchie ore. Chiamato d'urgenza, il professore non seppe far nulla per allontanare il grave pericolo, dicendo di trovarsi davanti ad un caso inespiegabile e non mai verificato ne' suoi vent'anni di pratica.

La bimba, intanto, minacciava continuamente nuovi flussi di sangue, che certamente le sarebbero stati letali.

In quel terribile ed angosciosissimo frangente mi rivolsi con tutto l'ardore della mia fede a Maria Ausiliatrice ed a Don Bosco, del quale applicai alla gola della bimba una preziosa reliquia, gentilmente donatami da una mia sorella salesiana, Suor Maria, facendo nel contempo preghiere e promesse. Al contatto della reliquia, quasi istantaneamente, la bimba si sentì più sollevata, e col visino pallido pallido, ma dolcemente sorridente, mi chiamò dicendomi: «Mamma, vedi? son guarita ». E fu vero. Quel fiorellino delicato e gentile, che stava già per reclinarsi sul fragile stelo, per virtù del Ven. Don Bosco si rialzò, e da quell'istante cominciò a rifiorire prodigiosamente.

Con la più viva riconoscenza, quindi, adempio la promessa di far nota a tutti la grazia ricevuta, inviando un'offerta per le Missioni Salesiane.

Lu Monferrato, 12 maggio 1925.

EMILIA CAPRA Ved. ALBANESI.

GRAZIE, GRAZIE, O MARIA SS. AUSILIATRICE! -

Nella scorsa primavera, il nostro Luigi, unico sostegno della famiglia, fu colpito dall'artrite con dolori fortissimi che durarono circa due mesi. Giunto l'autunno, ecco che cade di nuovo ammalato e della medesima malattia, con incessanti dolori e con febbre altissima, che lo faceva straparlare, notte e giorno. Si chiamò il dottore d'urgenza, ma le medicine valsero a nulla; si chiamò un altro valente dottore, che dichiarò assai lunga la malattia; e il malato peggiorava sempre.

Addolorati, non sapendo più che fare, ci rivolgemmo con fiducia alla Vergine Ausiliatrice. Incominciammo una novena e la replicammo, pregando la Madonna a salvarci il figlio ad intercessione del Venerabile Don Bosco. Una persona che riceve il Bollettino Salesiano ci consigliò di metter l'immagine di Maria Ausiliatrice e del Venerabile sotto il guanciale del figlio, ad ottenere che cessasse la febbre, e, subito, la febbre cessò: ed ora Luigi è perfettamente guarito, e con meraviglia dì tutti ha ripreso il suo lavoro abituale.

Maria Ausiliatrice ce l'ha salvato ad intercessione di Don Bosco.

Retorto (Alessandria) 30 - 3 - 1925.

Coniugi SANTAMARIA.

PROMESSA È OBBLIGO, ed eccoci ad adempirla! Fu un lungo anno di ansie e di timori, l'anno trascorso, per il nostro cuore. Ci risovvenne che unico aiuto poteva venirci dal Cielo e confidammo fiduciosi nella Vergine di Valdocco e nel suo gran devoto, il Ven. Don Bosco. Parve miracolo: gli ostacoli ad uno ad uno ben presto scomparvero, e la posizione nostra fu rassicurata. Inviando la nostra offerta, ringraziamo di nuovo la Vergine Santa e il Ven. Don Bosco.

Lesmo (Milano).   PILOTTI SALvATORE.

SALvo UN MIRACOLo!... - Circa quattro anni fa, una mia piccina di circa un anno, fu colta da violentissime convulsioni, che si ripeterono a varie riprese e la misero in gravissimo pericolo di vita. Con le più autorevoli cure fu salvata dalla morte, ma le conseguenze del male furono dolorose, e la bambina uscì dalla terribile crisi quasi completamente paralizzata dal lato sinistro, e incapace d'articolare le prime parole che aveva già apprese. Offesa gravemente nei centri cerebrali, pareva totalmente istupidita, e affatto indifferente a quanto avveniva intorno a sè. A nulla giovarono i ricorsi alla scienza; i dottori scotevano il capo, dichiarando, che salvo un miracolo la povera piccina era perduta! Ma le nostre fiduciose preghiere alla Vergine Ausiliatrice ottennero subito un grande miglioramento; e la bambina riprende, lentamente sì, ma costantemente, vivacità e conoscenza delle persone - che la circondano; tanto che io sciolgo il voto fatto, e aggiungo un'offerta per le Opere di Don Bosco, con viva speranza che l'Ausiliatrice vorrà presto completare la grazia.

Savona, 23 febbraio 1925.

ASSUNTA PONGIGLIONE.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il Tempio erigendo a Gesù Adolescente e alla Sacra Famiglia, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti.

A) - Accini M., Aghina C., Agosti M., Aicardi B., Alasonatti E., Aliod A., Amasio L., Amerio G., Amodeo T., Angeloni M., Angolani U., Arena M. in Mazzullo, Armando G., Armigliato A., Arnoldi C., Arrighelli M. A., Arrighetto F. Artisi G., Avena C., Avon E.

B) - B. M., B. P., Baglioni C., Bana G. in Panseri, Bani L., Barassi C. A., Barbera F., Barcellona V., Baroffa C., Baroero Rin Bogliani Baschera E., Bassotti T., Beber d. C., Beily T., Bellotti G., Belli G., Belledonne A., Benedetti M., Bergadano A., Bertinetti R., Besnati E., Biancheri T., Bianchi A., Bianchini S. Bianco A., Biancorosso. V., Biasian P., Biglia Mons. P F., Bigotti G., Boccardi C., Bodo T., Bodrito G., Boero C. in Sottimano, Boglialo G., Boglione A., Bolito G., Bonacina E., Bonalanci A., Bonel F. in Saracco, Bonetti A., Bonini B. in Salvarani, Bonini C., Bontempi A., Bontempi F., Bontempi G., Bordat M., Borelli C., Bortolotto E., Bosticco M., Bottarelli F., Bottero C., Breda C., Brizio T., Busnardo A.

C) - C. F., Cabiddu B., in Malocci, Cabodi R., Cajocchi D ed L.. Calori L. in Botta, Camligo C., Campailla M. in Curcio, Campione M., Cantarutti I., Canteri R., Canziani P., Capettini F. in Ponti, Carbonelli I., Cardini E. in Marini, Carillo G., Carotta R., Carozzo C., Casali., C., Casu C., Cattaneo M., Cavatore A. M., Cavallotto M , Cerotto A., Cervini R., Cesca F , Chiappello M., Chiavacci Cav. Uff. R., Cirioci D., Citelli L., Cocco M.-, Colonna d. C., Coniugi Cini, Santamaria, Cooperatrici Salesiani di Milano, Vessalico, Coppi F., Cordero G., Cornago G., Corradino M., Costano M._ Crosio d. G., Cumino A.

D) - D. M., Dal Negro C., De Angelis A., Decio S., Dede M. in Ferie, Del Piazzo E., De Matteis M., Dessilani L., De Stefani L. in Tamborini, D'Onofrio C., Borselli C. in Cremonti, Dotta M.

F) - F. C., F. P.. F. T., Famiglia Orlando, Poldi, Fanelli M., Fasoli R., Fenoglietto T., Ferrero Prof., Ferretti M., Filippini S., Firso M., Fiumi F., Flora M., Fobelli G., Focacci M., Forcon suor M. R. Formenti G.

G) - G. P., Gabrielli F., Galdini V., Galleana A., Galleani E., Gallo A., Gallo E., Garetto E., Garzena G., Garzoli G., Gasparotto C. in Rossato, Gastaldi M. veda Isnardi, Gavinelli A., Ghiglione G., Ghilardi M., Ciacomuzzi M., Giansiracusa I., Giolla F. e P. Giorgetti A., Giovannini R., Giovanotto S in Peloso, Giraudo V., Goffredo A., Gratino C., Graziano F., Guaschino B., Guastavino A., Guido E.

I) - lacono C., Ignazio A. in Minola, Ingignoli R. in Tiboni, Invernizzi M.

L) - Lagani F., Lai T., Lajolo d. P., Lale M. Murix, Lamberti R., Lissandro L., Losa A., Lucca D. in Pozzi, Lurgo S.

E) - M. F., Maglietti M., Magni B., Maira A., Manca F., Marietti V., Mariotti L., Martinoli A., Martinotti d. A., Martore M. in Cibrario, Masala D., Mesturini G., Migliore D., Milani G., Milani L., Militello S., Minoli I., Mioli G., Mocci P. in Masala, Moglia A., Mondadoni Z., Mondo L., Monetti A., Montagiuno G., Montevecchi L., Morano E., Morgandi T., Mosca A. in Gaia, Mosso G., Motta C., Muller M. in Bandini, Mura Cav. R., Mussetto A., Musto ch. A., Mutti C.

N) - N. B., N. C. B., N. N. di Aquila, Atessa, Bariano al Serio, Lugano, Milano, New York, Rivalta Torinese, Sordevolo, Vernone, Necco L. in Gremo, Negri V., Nilla G., Noussan O., Novellone C.

O) - O. T., Oberti E., Occhipinti E. in Blunda, Oliveri A., Oliveri D., Olivero S., Oneto P., Ongaro G., Ottone A.

P) - P. C., P. D. F., Pace S., Pagani I., Paisan A., Palladini C.ssa A., Palladino A. in Canessa, Pallanzona G.; Panero L., Panero M , Pani M., Parenti E., Parodi E. e B., Parodi M., Parrinello P., Pasini A., Pasotti A., Pasquero M. in Macocco, Passera G., Pastorelli A., Patrucco R., Peano d. G., Pendrinelli d. L., Pellegrini A., Pellegrini M., Pelleri C., Pentrice T., Perotto V. Perrara A. in Barbona,- Perron C., Pertico E., Pesce Cav. G. B., Pezza B. in Balsanelli, Piacentini A., Piccinin E., Picollo E., Piergallini F., Pigolotti C., Pilone ved. M., Pilotti S , Pivot M., Planezio G., Poeta L., Poletti M. T., Pongiglione A., Porro G., Pozzi M., Preziotti M., Prinzivalla G., Pusceddu F., Pusceddu G.

Q) - Quaranta d. L.

R) - Raggio C., Raia R. in Candrilli, Ravetti G., Ravilla F., Ravinale S., Re V., Rebuffo A., Reforgiato C., Revelli C., Revelli M., Ricci A., Rielli d. V., Rigoletti A. in Ganna, Rinaldi T., Rinando M., Rizzo E., Robba P., Roda G., Rodrighes A., Roggero C. Rolfo, A. Roma T., Romano A. Romersa T.. Rozzano R., Rubini E., Ruggi L.

S) - Saba B., Sabidussi M. in Brollo, Sampietro C , Sangiovanni G., Santocono R., Santuz A., Sartoriggi M., Savin B., Savio C., Saragli A., Scaduto R. in Monteforte, Scandura d. R., Scavarda M., Schiaffino suor. M. V., Scotti L. in Bolla, Segre A., Selva M. in Corti, Semino F., Serra A., Serra E., Settimi conte O., Sgarbata T., Simonotti F., Smaniotto C., Sobrero L., Solari P., Solaro A., Soldano Agatina, Soldano Antonia, Sorelle Canta, Sorelle Ramus, Sorelle Rimoldi, Sottimano V., Spellanzon L. in Palù, Spezzamonti F. in Bertini, Staorengo S., Stefani d. C., Sterpi G., Stignoni-Guzzi, Storani C.

T) - Tabacco P., Tami L., Tardelli G., Tebaldi G , Terribili G., Tirello G., Tognarelli L., Tomasini G.. Tommasselli C., Tonati T. in Battaini, Torregrossa L., Tortorelle A., Tosi P., Traini B., Trannero M., Tremari L., Travaglio M., Turina Gian-Pietro.

U) - Uberti G., Ulla E., Ulla F., Uroda E.

V) - V. P., Vacchino M., Vacchino P. Comotto, Vago L., Vai N., Valle L. in Novella, Valmacchino C., Valenti M., Vallenzasca G., Valsagna G,, Valsecchi L., Vannello M., Vanni E., Vanni G., Vanotti C., Varesio L., Vaschetto G., Vassallo E., Vandagna A, in Cavallero, Veglio T., Verdasio M., Verga E., Vernetti M. in Giubasso, Vezzoli B. in Mazzotti, Vezzoli M. in Belli, Vianzoni L., Vietto G., Viglino C., Vigliocco E., Violino M., Vittorio E.

Z) - Zambelli B. in Munas, Zambelli G. B., Zanchi P., Zanetta T., Zaníni L., Zauli G., Zearo G., Zehl A., Zerbini G., Zilli M., Zola G., Zucca T., Zurletti E.

A GLORIA DEL S. CUORE!

Ogni giorno fate vostra l'intenzione assegnata agli ascritti all'Apostolato della Preghiera e il 1° venerdì del mese, sacro al Cuore di Gesù, e il 24 sacro a Maria SS. Ausiliatrice, raccomandate anche l'intenzione speciale da noi proposta.

INTENZIONI PER IL MESE DI GIUGNO.

Intenzione quotidiana:

« LA DEVOZIONE ALLO SPIRITO SANTO ».

Alla Terza Persona della SS. Trinità è attribuita più specialmente l'illuminazione e la santificazione delle anime. Quest'azione iniziata nel cenacolo sugli Apostoli, continua non solo su tutta la Chiesa, particolarmente sul Romano Pontefice e sui sacri Pastori, ma sulle singole anime dei fedeli, ispirandole, indirizzandole e attraendole al bene: e diverrà tanto più ampia ed efficace, quanto più le anime, convenientemente istruite e disposte, l'imploreranno esse stesse con fede. Preghiamo, perchè si diffonda sempre più la devozione allo Spirito Santo.

Per il 1° venerdì e il 24 del mese.

« IL VICARIATO APosToLico DEL KIMBERLEY (AUSTRALIA). »

Affidato ai Salesiani nel 1922, è una missione vasta, povera, scarsa di popolazione e, per altre ragioni, difficilissima. Ha bisogno, perciò, del miglior appoggio materiale e spirituale di quanti zelano l'incremento delle Missioni di Don Bosco.

INTENZIONI PER IL MESE DI LUGLIO.

Intenzione quotidiana.

« LA VITA PARROCCHIALE ».

La frequenza regolare alla S. Messa, alla predicazione, ai Sacramenti e alle altre manifestazioni liturgiche - dei singoli gruppi di fedeli, sparsi nel mondo, sotto la guida dei Parroci e la vigilanza dei Vescovi, che fanno capo al Papa - Vicario di Gesù Cristo e Pastore Supremo - è la vita parrocchiale che sprona e sostiene le anime nella via della grazia e della salvezza eterna. Ad intensificare cotesta vita è necessario formare gruppi scelti tra gli uomini e le donne cattoliche e tra la gioventù d'ambo i sessi, che si prefiggano col buon esempio, con la parola e con la preghiera di attirare dietro a sè la massa dei comparrocchiani. Preghiamo perchè nasca e prosperi dappertutto cotesta vitalità di propaganda cristiana.

Per il 1° venerdì e il 24 del mese.

« LA PRELATURA DI REGISTRO DO ARAGUAYA,

(BRASILE) ».

Eretta per l'evangelizzazione dei Bororos è un vastissimo campo dimissione il quale comprende, oltre le terre dei Bororos, un'ampia zona aperta all'immigrazione, dove si vanno formando centri popolati, ed un'altra ancor più vasta, piena di fiumi e di foreste, dove vivono randage altre tribù, ancora completamente selvagge, che i nostri missionari, con l'aiuta di Dio e dei Cooperatori, si preparano ad avvicinare..

AZIONE SALESIANA

il solenne triduo al Beato Cafasso nella Basilica del S. Cuore in Roma.

Prendendo l'occasione dalla presenza in Roma del numeroso Pellegrinaggio Torinese e Piemontese, accorso per la Beatificazione del Cafasso, la Postulazione volle, con ottimo pensiero, che, appena proclamata la Beatificazione, si eseguisse il primo triduo solenne.

Questo ebbe luogo nei giorni 5, 6, e 7 maggio, nella Basilica del Sacro Cuore, il cui fondatore, il Venerabile Don Bosco, tanti rapporti ebbe col Beato suo conterraneo.

La Basilica, riccamente illuminata, presentava, in un trionfo di luce, i quadri stessi che erano stati dipinti per la Beatificazione in San Pietro. Straordinario il numero delle Messe celebrate ogni giorno del Triduo, in onore del Beato. Le funzioni solenni si svolsero con grande pompa e decoro. Le Messe della comunione generale furono celebrate, successivamente, dal Canonico Giuseppe Allamano, Rettore del Convitto Ecclesiastico e del Santuario della Consolata, nipote del Beato, dal Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Filippo Rinaldi, e dal Cardinal Cagliero.

I solenni Pontificali furono celebrati da Mons. Filippello, Vescovo d'Ivrea, da Monsignor Gamba, Arcivescovo di Torino, e dal Cardinale Bonzano. I tre panegirici furono recitati dal Can. Baravalle, del Convitto Ecclesiastico Torinese, da Mons. Salotti e dal Cardinale Laurenti. Impartirono la benedizione col SS.mo i Cardinali: Galli, Sincero e Cagliero. Le funzioni furono accompagnate da musica scelta, eseguita dalla « Schola cantorum » dell'Ospizio e dai migliori professori delle Cappelle romane, sotto la direzione del maestro D. Raffaele Antolisei, che, per la circostanza, compose l'Offertorio della Messa del Beato Veritas mea, a 4 voci senza accompagnamento, e l'inno Iste Confessor, pure a 4 voci, ma concertato con soli ed organo. Interessante, e molto apprezzata per il grande effetto ottenuto, l'esecuzione delle due messe di Palestrina Lauda Sion e Brevis. Sedeva all'organo il maestro Remigio Renzi.

All'uscire dalla Basilica che nelle funzioni serali era letteralmente stipata, di grande effetto fu lo spettacolo dell'illuminazione della facciata secondo le artistiche linee architettoniche del Vespignani; mentre la banda dell'Ospizio, diretta dal maestro Bernardini, accresceva l'entusiasmo del popolo con scelto programma musicale.

Nella Basilica di Maria SS.ma Ausiliatrice.

avrà luogo un Triduo solenne in onore del Beato Cafasso, dal 28 al 30 giugno, col seguente orario:

DOMENICA 28 GIUGNO.

Ore 7 Messa di un Ecc.mo Vescovo. - Ore 10: Messa solenne con assistenza pontificale. - Ore 16,30: Vespri solenni, Panegirico e Benedizione Pontificale.

LUNEDI, FESTA DEL PAPA, 29 GIUGNO.

Ore 7: Messa dell'E.mo Card. Cagliero. - Ore 9,30. Messa Pontificale. - Ore 16,30: Vespri Pontificali, Panegirico, Benedizione Eucaristica impartita dall'E.mo Card. Cagliero.

MARTEDI, 30 GIUGNO.

Ore 7: Messa celebrata dal rev.mo Sig. Don Filippo Rinaldi. - Ore 17: Magnificat, Panegirico, Te deum, Benedizione pontificale.

La S. Congregazione dei Seminari e i nostri libri scolastici,

Il nostro Rettor Maggiore inviava all'E.mo Card. Gaetano Bisleti, Prefetto della S. Congregazione dei Seminari e delle Università, una collezione dei classici Italiani, Latini e Greci, editi, a cura dei Salesiani, dalla Tipografia della Società Editrice Internazionale di Torino, Milano, Genova, Parma e Catania; e ne riceveva questa lusinghiera risposta:

SACRA CONGREGAZIONE DEI SEMINARI E DELLE UNIVERSITÀ

N°. di Prot. 544.25.

Rev.do Signore,

Ho molto gradito la Collezione che nei ha inviato dei Classici Italiani, Latini e Greci, perchè conosco il bene che può fare un annotatore retto, anche in questi libri, raddrizzando alcune idee, confutando certi errori, specialmente filosofici, ponendo a riscontro della falsa la vera dottrina.

E mi compiaccio nel vedere come siano annotati con ottimo criterio didattico, in maniera che i giovani vi trovino quello che devono trovare in un libro scolastico, vale a dire una guida facile e sicura a superare i passi più oscuri e difficili e non un'opprimente ed arida erudizione, che, se dimostra la scienza dell'annotatore, non si addice però alla mente dei giovani. Ma mi compiaccio ancora più perchè, nella Collana degli autori latini e greci, oltre i classici pagani, trovo anche i nostri cristiani.

Si prosegua, Rev.mo Signore, ad arricchire questa Collana con altri autori, come, ad esempio, con tutte le « Liriche di Prudenzio » e con le « Poesie di San Damaso », e la sua Congregazione si renderà non solo benemerita delle Scuole dei Seminari, ma anche di tutte le altre, dove ora, provvidenzialmente, è obbligatoria la conoscenza della nostra letteratura cristiana.

Mi rallegro, adunque, con V. S. ed imploro sopra di Lei, i suoi Confratelli, i loro Alunni, i loro lavori, le Divine Benedizioni.

Con perfetta osservanza mi professo

di V. S. Rev.ma dev.mo per servirla

GAETANO Card. BISLETI, Prefetto.

Rev.mo Signore

Sig. D. FILIPPO RINALDI, Rettor Maggiore della Pia Società Salesiana.

NOTIZIE VARIE

ITALIA.

TORINO. - NUMEROSI GRUPPI DI PELLEGRINI di Europa e di America, nel recarsi o nel tornare da Roma, passano a Torino per visitare col più vivo interesse la Casa Madre dell'Opera Salesiana e salutare il Successore di Don Bosco. Alcuni gruppi, in gran parte di sacerdoti, si sono recati anche alla tomba del Venerabile in Valsalice e alcuni si sono spinti a Castelnuovo d'Asti per vedere l'umilissima casetta dove il nostro Venerabile Fondatore nacque e, fanciullo di 9 in 10 anni, ebbe la prima illustrazione meravigliosa sul divenire dell'Opera Salesiana. L'entusiasmo col quale tanti s'interessano di Don Bosco e delle sue più care memorie è una prova di più della fama di santità che gode presso ogni gente il nostro soavissimo Padre.

SPEZIA. - LA BENEFICENZA DELL'ISTITUTO S. PAOLO. - L'Istituto Salesiano della Spezia, che fu tanto caro al Ven. Don Bosco, continua alacremente la sua missione di carità e di beneficenza. Parlino le cifre. Nell'anno scolastico 1923-24 venivano ricoverati nell'Istituto 255 alunni, dei quali 128 orfani. Al mantenimento degli orfani di guerra - che sono 53 - concorrono è vero, i Comitati Provinciali: ma al rimanente e agli altri orfani - fra i quali 34 privi di entrambi i genitori - sopperisce l'Istituto; e le spese sostenute soltanto per il mantenimento degli orfani ascesero a Lire 52153.

Confidando nella Divina Provvidenza, in quest'anno 1924-25 si è portato il numero dei ricoverati a 280; e tuttavia, vari bambini bisognosi, che non dispongono di nessun mezzo, chiedono ancora di esservi ricoverati... E uno strazio non farlo, ma per il momento urgono pure altre opere, come l'arredamento della Palestra Ginnastica del fiorente Oratorio Festivo, le riparazioni del tetto dell'artistico Santuario di N. S. della Neve, la sistemazione delle Scuole Professionali, specie del laboratorio dei falegnami, e il riordinamento igienico e sanitario di tutto l'Istituto.

Che il Signore susciti nuove anime zelanti dell'educazione cristiana della gioventù povera ed abbandonata!

* UN ORATORIO MODELLO, pieno di attività e di fervore, è quello diretto dai nostri Confratelli a NAPOLI, al Vomero. Basta elencarne, oltre le opere comuni, quelle particolari in esso fiorenti. 1) Una scuola settimanale di Religione; 2) Il Circolo Giovanile « Sacro Cuore di Gesù » con sale di riunione, aperte dalle 17 alle 22, tutti i giorni;

3) La sezione Aspiranti « Tito Sicca », con sala aperta tutti i giorni, dalle 17 alle 19; 4) La Compagnia « San Luigi »;

5) Il IX Riparto «Savio Domenico » degli Esploratori Cattolici;

6) La fanfara « Card. Cagliero;

7) La Schola Cantorum « S. Cecilia »;

8) La Sezione Catechisti « Cesare Alberti »; 9) La Sezione Sportiva « Partenope »;

10) La Sezione Filodrammatica « Giov. Bosco »; 11) Un Corso premilitare, autorizzato dall'Autorità competente;

12) La Biblioteca circolante « D. Andrea Beltrami » con numerosi volumi.

13) Una Biblioteca Apologetico-catechistica per i giovani che frequentano il corso di Religione; 14) Una scuola gratuita di lingue estere.

Nè manca il periodichetto settimanale delle opere giovanili oratoriane - autolitografato - « Il Fiore dell'Oratorio ».

BELGIO.

A WOLUWÈ SAINT-PIERRE, un paese a 6 chilometri da Bruxelles, il 24 aprile u. s. l'E.mo Card. Mercier, circondato dalle autorità locali e da altri benemeriti signori e signore, inaugurava un nuovo Istituto Salesiano, intitolato a S. Giorgio e destinato ad accogliere 500 orfani di guerra.

L'ispettore D. Virion, salutando l'E.mo Primate, illustrava le finalità dell'Opera di Don Bosco, e traeva dalla sua presenza i più lieti auspici per l'avvenire dell'Istituto. «... Nel 1910, Voi, Eminenza, recaste a Don Rua morente la benedizione di Pio X: era la benedizione di un santo a un altro santo! Dopo d'allora, l'Opera di Don Bosco Vi fu sempre particolarmente cara, e lo conferma anche l'ora presente... ».

« Fede in Dio! » rispose il pio Cardinale, che ebbe una buona parola per tutti. « Fede incrollabile nella Divina Provvidenza fu l'intera vita di Don Bosco e la lezione che io appresi al letto di Don Rua morente. Ma, in questo giorno, più ancora che di fede, noi dobbiamo esser pieni di gioia. Bisogna sorridere a questa casa che s'inaugura, come, in questa stagione, sorridiamo ai fiori che tornano e ai campi pieni di promesse... ».

Quindi l'E.mo vestì il piviale e la mitra e benedisse l'edificio, le scuole, i dormitori, l'infermeria, e infine impartì la benedizione eucaristica nella cappella, dopochè le scuole di canto degli Istituti Salesiani di Ixelles e Grand-Bigard ebbero eseguito scelti pezzi di musica sacra.

La scuola di musica dell'Oratorio di Tournai salutò all'uscita l'Eminentissimo, il quale ebbe la bontà di rivolgere ancora una parola di rallegramento e d'incoraggiamento alle Dame Patronesse del «suo» Istituto, come si degnò chiamare l'Istituto di Woluwé St. Pierre, il 12° aperto dai Salesiani nel Belgio.

PALESTINA.

* PER LA RICOSTRUZIONE DI UN SANTUARIO SUL SEPOLCRO PRIMITIVO DI S. STEFANO. - L' « Osservatore Romano » con ripetute corrispondenze dalla Palestina viene illustrando la recente scoperta del Sepolcro di S. Stefano nell'Orfanotrofio Salesiano di Beitgemal.

Nel numero del 9 gennaio rilevava come il dottissimo palestinologo, il benedettino Padre Gisler, « con documentazione geometrica », « riprendendo l'argomentazione enunciata da S. Agostino in occasione della 1° scoperta - come è stato rilevato, così è stato trovato - e confrontando minutamente i dettagli del rapporto di Luciano coi dati della nuova invenzione, » sia venuto a dichiarare, in modo pressochè ineccepibile, la certezza della scoperta.

Nel numero del 16 maggio u. s. adduceva i passi più caratteristici della lettera di Luciano in confronto degli scavi recenti e a conferma della scoperta, e concludeva:

« Su questo materiale di critica archeologica è sbocciato il sogno religioso di ricostruire sull'altura di Beitgemal un grande Santuario a ricordo del Sepolcro primitivo di Santo Stefano, e destinato ad essere la sede centrale della Pia Opera per la diffusione del perdono cristiano, sorta, nel nome del grande Diacono, nel 1923.

» L'indovinatissima Associazione, che ha ottenuto la più entusiastica approvazione diocesana di Monsignor Patriarca di Gerusalemme e insigni privilegi spirituali da parte del Santo Padre, le già reclutato un buon numero di aderenti.

» E bene, però, che le sue file si dilatino in proporzioni ancor più vaste. Perchè mentre con le loro contribuzioni i buoni concorreranno ad affrettare la costruzione del nuovo tempio votivo sulla tomba del Santo Protomartire, ne abbiano nel medesimo tempo a raccogliere il supremo insegnamento della carità cristiana, che ci spinge generosamente fino al perdono delle offese, e colla cro ciata dell'amore cristiano diventino efficaci propagandisti del programma di Pio XI per il trionfo della pace di Cristo nel regno di Cristo: « Pax Christi in regno Christi ».

NAZARETH. - L'ORFANOTROFIO SALESIANO, dopo l'erezione dell'annesso Tempio in onore di Gesù Adolescente, è divenuto mèta di frequenti pellegrinaggi. I 100 orfanelli, doppiamente ne godono: per il buon esempio di fede che dànno loro i pellegrini alla visione dell'artistico tempio in onore del divino cittadino di Nazareth, e per l'obolo pio che non sanno negare ai suoi piccoli compatrioti. Ai generosi il nostro « grazie » cordiale.

STATI UNITI.

* DA S. FRANCISCO DI CALIFORNIA ci mandano ampi ragguagli di una conferenza tenuta dal nostro Don Stefano Trione (felicemente ritornato a Torino per le feste di Maria SS. Ausiliatrice).

Il facondo conferenziere illustrò sopratutto il sistema scolastico educativo di Don Bosco nei collegi, specialmente in quelli che sorgono nelle più grandi città; in cui alla gioventù studiosa delle lettere e delle scienze, viene associata la gioventù operaia con le opportunissime scuole professionali di arti e mestieri. Simpatica idea, questa, di unire fin dagli anni giovanili queste due grandi classi sociali, cioè gl'intellettuali, che saranno sempre gran parte della classe dirigente, e ì figli del lavoro.

Disse anche dei mezzi sussidiarii educativi, quali la musica, il teatro, la ginnastica, lo sport e simili, con a base l'educazione religiosa in connubio con l'educazione patriottica, e dei meravigliosi risultati così ottenuti, risultati universalmente apprezzatissimi dalla pubblica opinione e dalle autorità cittadine e governative, e spesso premiati con segnalate distinzioni di alta benemerenza.

In seguito passò a descrivere la penetrazione di quest'Opera anche tra i selvaggi della Patagonia, Terra del Fuoco, Chaco Paraguayo, tra i Bororos del Matto Grosso, tra i Jivaros dell'Equatore, ecc. ecc., opera missionaria eroica, che mise alla prova la fibra dei missionari salesiani e dimostrò l'eccellenza del sistema . educativo di Don Bosco.

In fine, richiamandosi all'opera parrocchiale svolta dai Salesiani negli Stati Uniti, ne prese lo spunto per descrivere la missione che compiono in mezzo al popolo i Salesiani in tutto il Continente Americano, anche nelle più grandi città, con le loro chiese e santuari, con le annesse istituzioni popolari, con i Segretariati d'Immigrazione.

L'oratore fece rilevare come queste istituzioni tengano alto anche il buon none d'Italia, e le raccomandò caldamente al fraterno affetto dei numerosi italiani presenti.

Quelli che desiderano grazie da Maria Ausiliatrice, aiutino le Missioni, e saranno sicuri di ottenerle...

Ven. Giovanni Bosco.

Abbonamento di favore alla " Rivista dei Giovani ".

Questa Rivista è entrata ormai nel suo sesto anno di vita, accolta con gioia dagli studenti delle Scuole superiori, pei quali è fatta, e dagli educatori cristiani, che sa coadiuvare validamente.

Duplice è lo scopo della Rivista dei Giovani: accrescere la cultura religiosa dei suoi lettori e invogliare i giovinotti a vivere la vita cristiana più intensa.

Senza dubbio è, in Italia, la Rivista più formativa.

Esce il 15 di ogni mese in eleganti fascicoli di 64 pagine, e l'abbonamento annuo è di L. 12 Per l'Italia e Colonie, e di L. 15 per l'estero. Un fascicolo separato L. 1,5o.

A aperto un abbonamento di favore da giugno a dicembre (i numeri antecedenti sono esauriti) al prezzo ridotto di L. 6 (cioè sette numeri per sole L. 6).

NECROLOGIO

DON EUGENIO REFFO.

Sabato, 9 maggio, nel Collegio degli Artigianelli di Torino, si spegneva serenamente e santamente il rev.mo P. Eugenio Reffo, Superiore della Pia Società di San Giuseppe. Con la morte di questo venerato e santo sacerdote scompare una delle più classiche ed illustri figure del Clero torinese. Uomo dotto, religioso piissimo, scrittore elegante di vasta e profonda coltura, fu confondatore, col Servo di Dio Teol. Leonardo Murialdo, della fiorente Pia Società di S. Giuseppe, alla quale per oltre cinquant'anni diede tutto il tesoro ricchissimo di una meravigliosa energia di mente e di cuore.

La vita di quest'uomo insigne, quando sarà conosciuta nei vari aspetti della sua forte, severa e nobile figura di sacerdote, di religioso, di educatore, di asceta, di scrittore e giornalista cattolico, di lavoratore insomma instancabile, perseverante sino all'ultimo istante della sua preziosa esistenza, desterà un senso di ammirazione profonda per il fulgore delle sue virtù religiose e sacerdotali e per la modestia con cui seppe santamente nascondere e per sì lungo periodo di tempo il tesoro meraviglioso di prodigiosa attività, svolta nell'intimità della vita religiosa e nella direzione del Collegio degli Artigianelli, ed anche nel campo esterno, nella stampa, nell'educazione della gioventù, nella fondazione d'istituti, nella direzione di ecclesiastici.

La morte del P. Eugenio Reffo è, quindi, un gravissimo lutto non solo per la famiglia religiosa che perde in lui il Confondatore, il Padre, intorno a cui andò crescendo come una novella generazione di apostoli e di educatori cristiani, ma anche per il Piemonte e per la Chiesa.

Ai suoi figli spirituali l'espressione vivissima delle nostre fraterne condoglianze.

Sac. CARLO CRESTA. - Cessava di vivere il Venerdì Santo, dopo brevi giorni dall'improvviso aggravarsi della malattia che da lungo tempo lo straziava. Ex-allievo dell'Ospizio San Vincenzo dei Paoli di San Pier d'Arena, fu rettore del Santuario della Madonna della Guardia presso Genova, e fondatore del periodico omonimo, entrato nel XXX anno di vita. Alle preghiere degli amici ed ammiratori, uniamo affettuosamente le nostre presso la Madonna, perche Ella in cielo doni un premio condegno a chi tanto lavorò per onorarla sulla terra.

PAOLO MARIANELLI di Perugia. - Fervoroso cristiano e buon cittadino, splendeva per scrupolosa diligenza nei proprii doveri. Pieno di ammirazione per Don Bosco e l'Opera sua, si diceva felice quando poteva zelarne in qualche modo l'incremento. Il Signore lo ricambi della sua carità.

ANNA FINOCCHIO ved. FASCIE. - Si addormentò placidamente nel Signore il 13 maggio u. s. a Finalpia, in età di 85 anni. Di profondo sentire cristiano, modello di sposa e di madre, educò esemplarmente la propria famiglia ed anche per i bisogni altrui ebbe luce soave di consiglio e conforto di carità efficace. Ne raccomandiamo l'anima benedetta ai Salesiani ed ai Cooperatori, anche a nome dei figli, particolarmente del Sac. Dott. Bartolomeo, direttore generale delle nostre scuole.

FRANCESCO PORRINI di Casorate (Milano). - Cristiano esemplarmente praticante e di carattere aperto e gioviale, lavoratore instancabile e servizievole con tutti, affettuoso con i suoi e gentile con ogni persona, ha lasciato il più vivo rimpianto. Morì, ancor in buona età, a 59 anni. Una prece.

MARTINO GABRIELE. - Dalla fede trasse fulgidi esempi di rettitudine e di bontà. Coll'assiduo lavoro allevò una numerosa famiglia, suo conforto ed orgoglio, e lasciò largo desiderio di sè. Morì in Sanfrè il 29 aprile u. s., a 7S anni.

Preghiamo anche per:

ACCORNERO Placido, † Torino.

ACERBO Rosa ved. AMERI, † Arquata Scrivia (Al.). AGHEMO Matteo, † Fossano (Cuneo).

BARBANTI Raffaele, † Livorno.

BAVARESCO Angela ved. PILLA † Altivole (Treviso). BENAGLIO Maniglia, † Temo d'Isola (Bergamo). BIASETTI Teresa, † Biella (Novara). BisII Palmira ved. GIORDANA, † Torino. BRAMBILLA Luigi, † Terno d'Isola (Bergamo). BREDA Pietro, † Monte Veneto (Brasile). BRUSCHI Agostino, † Porto Tolle (Rovigo).

CAFFA Annetta, † Cortemilia (Cuneo).

CAGLIA D. Nicola, † Parabita (Lecco). CALCAGNO Maddalena, † Arenzano (Genova). CANALE Angela, † Trensasco (Genova). CERCANO Antonio, † Tonzanico (Como). CHICCO Comm. Enrico, †Roma.

CHIERICHETTI D. Domenico, † Tribiano (Milano). CORTE Margherita, † Pinerolo (Torino). CURNILLON Letizia, † Napoli. DELL'ERA Luigia, † Dorio (Como). DIAMANTE Maria, † Cordovado (Udine). DoNINI BALDESSARI Angelica, † Molveno (Trento). ERBA Carolina, † Milano. ERCOLI Bortolo, † Malegno (Brescia). ERRERA Angela, † Kamma (Pantelleria). FALzoNI BAVARD Dott. Angelo, † Milano. FOLLACCHIO Nicola, † Musellaro (Chieti). FORNACIARi Luigi, † Masone (Reggio Emilia). GABELLONE Fortunato, † San Gregorio (Catania)! GALASSINO Dott. Adolfo, t Alessandria. GANNA D. Teodoro, † Torre Blenio (Svizzera). GARINO Can. D. Domenico, † Ivrea (Torino). GASTALDO Giacono, † Cavallermaggiore (Cuneo). GIANONI, † Tirano (Sondrio). GIORDANI NANA Teresa, † Lanzada (Sondrio). GIOVANETTI Teodosia, † Nichelino (Torino). GIULiANo Teresa, † Piverone (Torino). GROSSO Anna, † Rodallo (Torino). GUARNERIO Pietro, † Bregnano (Como). LoNGO Margherita, † Torino. MALERBA D. Antonio, † Cologna Veneta (Verona). MARTINI Luigi, † Cavour (Torino). MISCio Can. D. Antonio, + S. Giovanni Rotondo. MOLINO Lorenzo, † Torino. MUSUMECI ABATE Concettina, † Catania. NICASTRO Dott. D. Giuseppe, † Sutera (Caltan.). OMODEI Francesca, † Castello d'Agogna (Pavia). OMODEO Clementina, † Vigevano (Pavia). PAGANINI D. Ferdinando, † Tregella (Milano). PAsezERI D. Enrico, † Robbiate (Como). PELETTA di CORTANZONE cont.sa Gius. † Torino. POLGATTI Domenico, † Pandino (Cremona). POLI Francesco, † Bondo (Bergamo). PoLi Rossi Caterina, † Bondo (Bergamo), PONTONI Carlo, † Cimalmotto (Svizzera). Pozzo D. Giovanni, † Crosa (Novara). RAMARINi Geltrude, † Monterotondo (Roma). ROGGIERI avv. Giuseppe, † Revello (Cuneo). SARTORIO Maddalena, † Arsago (Milano). SATRIANI Caterina ved. SERRA, † Lanusei (Cagliari). SBERNINI Pia, † Sabbioneta ( Mantova). SOLOFRA Adelina, † Castellamare di Stabia (Nap.). SQUERI Paola, † Bedonia (Parma). STARDERO Antonio, † Vinovo (Torino). VANTORUZzo Angelo, † Cordovado (Udine). VERDESCA ZAIN Anna, † Copertino (Lecce). VEZARi Teresa, † Vicenza. VIGNA Catterina, † Collegno (Torino). ZAFFAINA Luigi, † Caldogno (Vicenza). ZAGONARA Seconda, † Faenza (Ravenna).

R. I. P.