BS 1920s|1925|Bollettino Salesiano Dicembre 1925

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

ANNO XLIX.   TORINO, DICEMBRE 1925   NUMERO 12.

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO (9)

SOMMARIO: Il Sac. Filippo Rinaldi ai Cooperatori Salesiani. - Le nostre celebrazioni cinquantenarie. - Il Tempio di Gesù Adolescente. - La consacrazione. - Il titolo del nuovo Tempio. - La partenza di 224 Muovi Missionari. - Il discorso del Card. Cagliero. - La commemorazione solenne. - Il discorso dell'E.mo Card. Maffi per il Cinquantenario delle Missioni Salesiane. - Le adesioni. - Il nostro Rettor Maggiore in Polonia. - Dalla Baviera. - Il Sac. prof. D. Luigi Piscetta. -- Solenne Commemorazione della Serva di Dio Maria Mazzarello. - Indice dell'annata.

Il Sac. Filippo Rinaldi,

Successore dei Ven. Don Bosco, profondamente grato per le costanti prove di cordiale e fraterno appoggio alle Opere e Missioni Salesiane, mentre ne invoca una nuova generosa affermazione in quest'ora di particolari strettezze per le recenti spedizioni di 224 Missionari, è lieto di porgere ai benemeriti Cooperatori, alle benemerite Cooperatrici, e alle loro Famiglie, i più fervidi auguri per le prossime

FESTE DI NATALE E DI CAPO D'ANNO.

Nelle Case Salesiane di tutto il mondo si faranno speciali preghiere per i nostri Benefattori ; in modo speciale s'innalzeranno fervidissimi voti secondo le loro intenzioni ai piedi di Maria SS. Ausiliatrice, sulla Tomba del Venerabile Fondatore, nel nuovo Tempio di Gesù Adolescente, negli Istituti di formazione di nuovo personale, e in tutti i Centri di Missione e negli Ospizi di carità rigurgitanti di orfanelli.

Dal primo giorno della novena di Natale fino all'Epifania ogni sera gli alunni dell'Orfanotrofio Cattolico di Gesù Bambino in Betlemme, accompagnati dai Superiori, si recheranno a visitare il Santo Presepio, e deponendo il Libro dei benefattori nel luogo dove nacque N. S. Gesù Cristo, pregheranno secondo le loro intenzioni. Nell'Album d'oro dell'Orfanotrofio di Betlemme sono iscritti « collettivamente » tutti i Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane.

Voglia il Divin Salvatore, ad intercessione di Colei che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani, accogliere benignamente le umili preghiere, colmando i nostri Benefattori e le nostre Benefattrici delle più elette benedizioni, ora e sempre, in modo particolare nell'anno che dedichiamo alla celebrazione del Cinquantenario delle Missioni Salesiane.

Le nostre celebrazioni Cinquantenarie.

La commemorazione del Cinquantenario delle Missioni Salesiane ha avuto in Torino la prima solenne affermazione nel giorno preciso in cui si compiva la data giubilare.

Era naturale che le celebrazioni dovessero aver luogo dal novembre del 1924 al novembre del 1925; ma per non distrarre menomamente l'attenzione dei Cooperatori dall'Anno Santo, tanto più che Sua Santità Papa Pio XI lo volle opportunamente associato a una provvidenziale propaganda a favore delle Missioni cattoliche, il nostro Rettor Maggiore stabiliva che la celebrazione del Cinquantenario delle Missioni Salesiane venisse anticipata nella terra alla quale approdarono i primi Missionari, e che altrove fosse rinviala all'anno scolastico 1925-1926.

Per questo nell'autunno del 1924 si ebbero le grandi manifestazioni salesiane nella Repubblica Argentina, le quali culminarono nel IX° Congresso Internazionale di Cooperazione Salesiana e nella riuscitissima Esposizione professionale-didattica degli istituti salesiani, compresi quelli della Patagonia; e nella prossima primavera avranno luogo a Torino altre solenni dimostrazioni con un'Esposizione Generale delle Missioni Salesiane e col X° Congresso Internazionale di Cooperazione Salesiana, che si atterrà allo studio dei più importanti temi di azione missionaria. Così, in tutte le Case, si è già iniziata la celebrazione del 24 del mese come Giornata di speciali preghiere per i nostri Missionari; nel maggio venturo le feste di Maria SS. Ausiliatrice diranno alla celeste Ispiratrice e alla Patrona benigna delle Missioni Salesiane tutto l'ardore della nostra riconoscenza; e sul finire dell'anno scolastico in ogni istituto salesiano - a chiusura dei festeggiamenti - si tributeranno speciali onoranze al Cuore Sacratissimo di Gesù. Non vide il Venerabile nostro Fondatore - quando fanciullo di nove in dieci anni ebbe la prima illustrazione sulla missione che l'attendeva - Maria e Gesù che gli tracciarono la via - diciamo meglio il metodo basato sulla religione e sulla carità preveniente - che avrebbe assicurato al suo apostolato il più ampio successo? E, quindi, giusto e doveroso che l'inno del ringraziamento salga da tutti gli Istituti Salesiani e dalle famiglie degli amici e benefattori nostri a Gesù e a Maria.

Per questo motivo ci è parsa provvidenziale la coincidenza con la data giubilare, del compiersi dei lavori del nuovo artistico Tempio ad onore di Gesù Adolescente e della S. Famiglia, che venne eretto a cura della Società Salesiana in Torino. Come ad esso quind'innanzi volgeranno ogni giorno lo sguardo Salesiani ed allievi da ogni parte del mondo, quando ogni giorno voleranno in ispirito alla tomba di Don Bosco e al Santuario di Maria Ausiliatrice certi di soddisfare un voto che il Venerabile Fondatore avrebbe concepito nell'intimo del cuore, così fu provvidenziale che la celebrazione del Cinquantenario delle Missioni Salesiane s'iniziasse in Torino con la solenne dedicazione del nuovo Tempio di Gesù Adolescente e della Sacra Famiglia. Questo - nonostante le mille difficoltà per i lavori ancora arretrati - volle il sig. Don Rinaldi, e così avvenne il 31 ottobre u. s., e in forma solenne.

Noi, pertanto, nell'offrire ai lettori l'atteso ragguaglio delle prime e più solenni celebrazioni cinquantenarie, prendiamo le mosse dall'accennata consacrazione, volendo ripetere anche con questa precedenza tutta la riconoscenza che sentiamo nell'intimo del cuore per l'assistenza del Signore.

E, subito dopo, diciamo della duplice indimenticabile cerimonia compiutasi nel Santuario e all'ombra del Santuario di Maria Ausiliatrice, l'11 e il 12 novembre, con l'addio a uno straordinario drappello di Missionari e con la commemorazione civile tenuta dall'E.mo Card. Arcivescovo di Pisa. Per il fervore di pieta con cui la prima si svolse, per la solennità insuperabile che rivestì la seconda, per il coro imponente di adesioni che l'una e l'altra riscossero dai due continenti - a Genova, ad es., a cura dei nipote del Comm. Gazzolo di cui Dio si servi per facilitare la Ia spedizione dei nostri Missionari si celebrò un triduo solennissimo nella chiesa di S. Donato - a Buenos Aires fu un'immensa festa di famiglia - nell'India si aperse, proprio l'11 novembre, una nuova casa salesiana a Calcutta - le due cerimonie passeranno ai posteri come solennità indimenticabili.

Faccia Iddio che il fuoco sacro che han suscitato in quanti ebbero la fortuna di presenziarle, si accenda anche nel cuore dei nostri lettori, perchè sorgano molte anime generose ad ingrossare le file dei Missionari di Don Bosco e a promuovere e sostenere entusiasticamente con la propaganda e con l'opera lo sviluppo delle Missioni Salesiane.

Nel prossimo numero daremo lo schema dei temi che si svolgeranno nel prossimo CONGRESSO INTERNAZIONALE di Cooperazione Missionaria Salesiana, per avere preventivamente lumi e consigli per il suo migliore successo.

Il Tempio di Gesù Adolescente.

Un giorno di maggio del 1918, Don Rinaldi, allora Prefetto, ora Superiore Generale della Società Salesiana, con Don Pietro Ricaldone, presentemente Prefetto Generale della medesima Società, si erano portati, ragionando, in Borgo S. Paolo, e si trovavano in via Fréjus, nei pressi del Corso Racconigi, allora appena tracciato, dov'è ora la Fabbrica Italiana di Pianoforti F.I.P. Il discorso era intorno agli Oratori festivi e al bene ch'essi fanno, e a Don Rinaldi venne detto:

- Oh! se ci fosse qui un Oratorio!

In quel momento, mentre stavano i due sacerdoti guardando il sito intorno, ecco che una frotta di monellucci grida il « qua! qua! » solito a lanciarsi contro i preti per dispregio. E Don Rinaldi, senza scomporsi e sorridendo:

Si, sì, QUA: ci verremo presto QUA; ci verremo!

Pochi giorni dopo si presenta a lui la Contessa Teresa Rebaudengo-Ceriana, grande benefattrice e zelatrice di tutte le opere buone, e particolarmente di quelle rivolte al bene delle classi operaie e povere, alla quale già Don Rinaldi aveva affidata la cura e la direzione del Comitato per le Amiche delle Lavoratrici presso il vicino Oratorio femminile di Maria Ausiliatrice. La generosa Donna, profondamente commossa al pensiero che nella Borgata S. Paolo il male trionfasse così largamente, e che la gioventù dovesse crescere senza alcun avviamento cristiano, anzi fosse esposta alla corruzione dei costumi, abbandonata com'era durante le intere giornate a se stessa per le strade, a causa dell'assenza dei parenti occupati ad orario continuo nelle fabbriche, proponeva a Don Rinaldi la fondazione d'un Oratorio in quei paraggi, dicendosi pronta a cooperare alla santa impresa.

Don Rinaldi, fatto esaminare il luogo da tecnici competenti, ne ebbe in risposta che là presso era in vendita una vecchia cascina con terreno adiacente di ben 17.000 m.° Era appunto quella casa presso la quale aveva esclamato quel giorno di maggio: - Se ci fosse qui un Oratorio!

La somma occorrente era, come si può capire, abbastanza forte. La Provvidenza non mancò. E così fu acquistato un corpo di caseggiato rustico con fienile e tettoia per carri, e un tratto di abitazione civile con portico; una casetta rustica di fronte, tra il cortile e il giardino alberato, e vi si aperse l'Oratorio S. Paolo.

In quei primi momenti nessuno pensava alla miracolosa trasformazione che in brevissimo tempo l'Oratorio avrebbe operato nella regione dove aveva a sorgere; e chiunque conoscesse un po' lo stato degli animi in quei luoghi e in quei giorni, non poteva nascondersi quali gravi sacrifizi avrebbe costato l'attuare anche il programma minimo, ch'era di potervisi stabilire e raccogliere :a gioventù per avviarla a vita cristiana.

I sacrifizi vi furono; ma l'opera si stabilì più presto del credibile, ed ebbe raggiunto in breve l'incredibile. Narra un teste oculare: (1)

Una casa rustica, un vasto cortile: ecco il campo d'azione...

Alcuni piccini innocenti cominciarono a far capolino dalla porta, sempre aperta a tutti, dell'Oratorio; si fecero coraggio ed entrarono...

I piccoli neofiti attirarono altri amici; l'allegro cicalìo dei bimbi festanti cresce ed è come un dolce richiamo per tutti. I genitori stessi si sentono attratti e la povera ed angusta cappella risuonò di lievi canti, la campanella chiama incessantemente e la chiesetta umile si gremì di popolo assetato di tranquillità e di pace...

I genitori degli oratoriani, entusiasti del rapido progresso e del nuovo fervore di vita, rinvigorirono la fiorente « Unione dei Padri di famiglia »; i genitori stessi incominciarono ad associarsi ai geniali educatori prestando l'opera loro nell'assistenza dei loro stessi figliuoli.

Le mamme buone, alla loro volta, ingrossarono le file della « Unione del Sacro Cuore » e così tutta la famiglia venne plasmata religiosamente nell'ambiente salesiano.

Il maestoso albero del bene, pochi anni prima tenero arbusto, si rinvigorì meravigliosamente e gettò rami robusti. Fra i giovani vennero formati i circoli, focolai di vita intima e gioiosa; l'orchestra, la compagnia drammatica, la banda musicale, ecc...

E così l'albero ingigantì rapidamente e le sue propaggini furono numerose e rigogliose. Attualmente nell'Oratorio S. Paolo si contano venti gruppi che sono altrettanti baluardi per arginare il male, tanti sbocchi benefici nel gran mare del bene...

E si affrettò la costruzione di un tempio.

Il nuovo Tempio.

É una grande e bella chiesa, pensata dall'architetto cav. Giulio Vallotti, salesiano, il quale l'ha voluta bella di fuori e splendida all'interno.

Una chiesa a tre navate, delle quali le campatelle laterali sono disposte a cappelle sobriamente illuminate d'alabastri inserti nelle transenne; con un altare maggiore tutto marmi e bronzi e mosaici, ricco di colore e sobrio di linee, dietro il quale un imponente sovraornato a cornice marmorea a tocchi d'oro inquadra l'icona della Sacra Famiglia.

Il comm. Cisterna di Roma e il prof. Guglielmino hanno iniziata sulle vele delle campate e per le pareti una decorazione ornamentale e figurativa sapiente, che asseconda le linee e s'intona alle bellissime vetrate a colori della ditta Macario.

C'è posto per molti in una chiesa lunga quasi 6o metri e larga 18; e i molti l'hanno già gremita attorno all'altare grande e nelle cappelle che fiancheggiano la navata.

Certo ha costato e costa... e costa e costerà ancora, perchè non è ancora ultimata: restano molti lavori nell'interno e nell'esterno; è da terminarsi il campanile; ma si è mai fermato Don Bosco davanti alle difficoltà del denaro, quando si trattò di chiese o di fanciulli poveri?

La consacrazione.

È il 31 ottobre 1925.

Il rito della consacrazione del nuovo tempio ad onore di Gesù Adolescente e della S. Famiglia comincia alle ore 7 precise, presente il sig. Don Rinaldi e il Consiglio Superiore della Pia Società. Pontifica S. E. R.ma Mons. Giuseppe Gamba, Arcivescovo di Torino, assistito dall'Arcivescovo di Marianna Mons. Elvezio Gomes de Oliveira e Mons. Caron di Versailles,. indefesso promotore della divozione a Gesù Adolescente. I chierici dello Studentato Internazionale Don Bosco assolvono con edificante accuratezza la rituale teoria delle sacre cerimonie e i canti liturgici.

La sacra funzione procede maestosa.

S. E. R.ma Mons. Arcivescovo celebrante, deposte sull'altare le reliquie dei Santi Martiri che poi suggella nella pietra consacrata, tiene una breve allocuzione sui rispetto e sul culto che si deve al Tempio consacrato al Signore.

Terminato il rito della consacrazione, sala all'altare a celebrarvi la prima Messa il sig, Don Rinaldi, e nel frattempo l'Arcivescovo Mons. Gamba ascende in pulpito, rivolgendo ai fedeli che avevano gremito la chiesa un accalorato discorso sulla grandezza e bellezza della cerimonia compiuta. « Non ho il tempo -esclamava - di spiegarvi tutta la sublimità della cerimonia, ma vi posso assicurare che questa funzione mi ha riempito il cuore di profonda commozione ».

E con commossa parola l'indefesso Pastore ricorda il fatto della Divina Incarnazione, l'istituzione del Santo Sacrifizio, e le benedizioni perenni di cui esso è sorgente: « Ricordate, insisteva, che una sola Messa fa discender sulla terra tutte le benedizioni del cielo! »

La cerimonia terminava alle 12.30, e il nostro Rettor Maggiore ebbe la consolazione di dispensare a quell'ora più di 300 Comunioni.

A notte, quando le campane del nuovo tempio - le stesse che per più di 5o anni suonarono in Voldocco dal Santuario di Maria Ausiliatrice - cominciarono ad invitare i fedeli alla prima Benedizione Eucaristica, tutte le case del Borgo s'illuminarono in segno di esultanza, il tempio si gremì, e S. E. R. Mons. Giov. Battista Pinardi, Vescovo Ausiliare, sali in pulpito per rallegrarsi con i Salesiani e col popolo della cerimonia compiuta.

L'Ottavario.

La domenica, i' novembre, festa di Tutti i Santi, cominciò l'Ottavario della consacrazione.

La Messa della Comunione Generale dei giovani oratoriani fu celebrata dal sig. Don Rinaldi, che, accennando al dipinto del prof. Thermignon, collocato sull'altar maggiore - rappresentante Gesù Adolescente tra S. Giuseppe e Maria, in atto di preghiera nell'officina di Nazareth - ne illustrò il significato, invitendo tutti, specialmente i giovani, a santificare il lavoro quotidiano, offrendolo al Signore.

L'affluenza dei fedeli alle Sante Messe e alla sacra Mensa fu continua: basti dire che si dispensarono nella mattinata tremila e cinquecento Comunioni!

Alla Messa solenne, pontificata da S. E. Mons. Elvezio de Oliveira, con assistenza dell'E.mo Card. Cagliero, intervennero anche, in corteo, il Comitato d'onore, il Comitato promotore e i Comitati d'azione del nuovo tempio, e i rappresentanti delle autorità cittadine. Il rappresentante del Commissario straordinario della città di Torino, prima che si avviasse il corteo, innanzi a S. A. R. e I. la Principessa Laetitia espresse la più entusiastica adesione alla cerimonia, rilevando il bene compiuto nel Borgo dall'opera salesiana.

La locale Schola cantorum, mancando ancora l'organo, eseguì la I° Missa Pontificalis del M° Don Lorenzo Perosi, con accompagnamento a grande orchestra.

Alle 3 pomeridiane salì in pulpito S. E. R. Mons. Angelo Bartolomasi, Vescovo di Pinerolo; e l'E.mo Card. Cagliero impartì la Benedizione Eucaristica.

A notte, il facondo Don Trione, ascoltato da un'immensa moltitudine, cominciò l'Ottavario dei Defunti.

Durante la settimana si succedettero nei riti pontificali della Messa solenne e della Benedizione Eucaristica, con le LL. EE. RR. Mons. Gamba e Mons. Elvezio de Oliveira, le LL. EE. RR. Mons. Guerra, Arcivescovo tit. di Larissa, Mons. Filipello, Vescovo d'Ivrea, Mons. Rossi, Vescovo di Susa, e Mons. Pinardi; e si prestarono per il canto le Scholae cantorum dei nostri Istituti di Valdocco, di Valsalice, della Crocetta, e quelle dell'Opera Pia Barolo e dell'Istituto Maria Mazzarello.

Il 2 novembre si dispensarono ancora più di duemila Comunioni.

Il 4 novembre schiere di alunni delle Scuole Comunali si consacrarono a Gesù Adolescente: e la stessa consacrazione venne compiuta, per turno, da tutte le associazioni nell'Oratorio.

Il 5 novembre il nuovo Tempio si riempì di bimbi in braccio alle loro mamme, ed anche ad essi fu impartita la benedizione di rito.

La domenica, 8 novembre, ultimo giorno dell'Ottavario della Dedicazione, le funzioni furono ancor più suggestive, perchè al mattino più di duemila giovani cattolici si prostrarono innanzi a Gesù Adolescente; ed 8oo di essi, dopo la funzione, si radunarono a convegno nei locali dell'Oratorio per animarsi alla cooperazione missionaria. Nel pomeriggio, poi, fitte schiere di giovani cattoliche accorsero al nuovo tempio per consacrarsi a Gesù Adolescente e passarono in corteo al nuovo Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, intitolato a Maria Mazzarello, per la solenne commemorazione della Serva di Dio.

Più di 6oo esploratori cattolici, tutto il giorno, fecero servizio d'onore e bivaccarono nell'ampio cortile presso la chiesa.

A notte, dopo la funzione dell'Ottavario dei defunti, ad iniziativa del Circolo Giovanile dell'Oratorio, si formò un corteo, più di mille palloncini si accesero in un istante, e colla banda alla testa percorsero le vie del Borgo. Si calcolano a diecimila le persone che lungo il percorso si associarono alla spontanea dimostrazione, alla quale si unì tutta la popolazione, affacciandosi alle finestre, inneggiando al Ven. Don Bosco e ai Salesiani.

Andate al popolo, andate alla gioventù per guadagnare le loro anime a Dio, e troverete, sempre e dappertutto, la più entusiastica corrispondenza.

Il titolo del nuovo Tempio.

« Magnifica l'idea - scrive Mons. Guglielmo Pia, salesiano, Delegato Apost. delle Isole Filippine - di consacrare a ricordo perenne dell'anno cinquantenario delle Missioni Salesiane il Santuario eretto a Gesù Adolescente in Borgo S. Paolo a Torino!

» Fu Lui - Gesù Adolescente - che lasciò sfuggire dalle sue labbra divine quegli accenti: « Nesciebatis quia in iis quae Patris mei sunt oportet me esse? »; accenti che ripetono incessantemente i missionari allorchè, abbandonando con slancio generoso casa, genitori, parenti, patria, fratelli ed amici, recansi in lontani lidi per occuparsi solo in opere di zelo e per estendere il regno di Cristo.

» E non son dessi i Missionari Salesiani, che al Signore non domandano altro che anime « Da mihi animas, coetera tolle », ed ossequenti al primo avviso dato da Don Bosco ai figli che or son cinquant'anni partivano per le missioni: « Cercate anime, ma non denari, nè dignità, nè onori », non altri tesori bramano fuor che le anime da Cristo redente?

» E quali anime essi prediligono e con più vivo affanno cercano, se non quelle che tanto stavano a cuore di Gesù Adolescente, cioè le anime degli adolescenti, dei fanciulli?

» E che altro mai cercano con instancabile zelo se non formare e far crescere in essi Gesù Adolescente, stampandone nei cuori l'immagine benedetta?... »

« Come godo del bel titolo della nuova Chiesa - aggiunge Mons. Klond, -salesiano, Amministratore Apostolico dell'Alta Silesia - come godo del bel titolo della nuova chiesa, che senza dubbio è destinata a divenire la predilezione dei giovani torinesi, i quali vi troveranno sull'altare un Dio a loro coetaneo. Negli anni, in cui i giovani non vogliono essere più ragazzi e non amano ancora di essere adulti, forse essi non comprenderanno tutto il fascino di Gesù Bambino, nè sentiranno a pieno le potenti attrattive di Cristo adulto, Maestro di verità: ma certamente comprenderanno ed ameranno un Cristo dell'età loro, la cui mente accarezza luminose visioni, come le accarezzano essi, visioni di un'età nuova e felice, perchè redenta. Comprenderanno ed ameranno un Cristo diciottenne, il cui cuore, al par del loro, vive di amore grande e puro, dell'infinito amore all'uomo povero e peccatore. Comprenderanno ed ameranno un Cristo adolescente, che sogna, come lo sognano essi, grandezze ed eroismi, sogna una morte eroica e vittrice. Lo guardino i giovani torinesi, questo loro Dio coetaneo, lo studino, e compresa la sua niente amica e divina, Gli facciano balda e fedele corona ».

« Quali preziosissimi insegnamenti - insiste S. E. R. Mons. Giuseppe Gamba, Arcivescovo di Torino - quali preziosissimi insegnamenti ed esempi di ogni virtù domestica e sociale avranno i buoni Fedeli del Borgo nel Divino Patrono, e particolarmente la gioventù che più ne abbisogna ed a cui Gesù si presenta Maestro così amoroso e sapiente!

» L'Adolescente Gesù insegnerà a tutti i proprii doveri, e ai giovani sopratutto come debbano avviare e regolare la propria vita, acciò essa torna a loro veramente felice e nel contempo utile alla famiglia e alla società ».

Anche il S. Padre nel prezioso autografo che si degnò inviare per la consacrazione del tempio esprime le stesse speranze:

Affinchè a tutti e specialmente alla cara gioventù il nuovo tempio votivo a Gesù Adolescente in Borgo San Paolo in Torino sia ,fonte perenne di grazia e scuola di saviezza cristiana, di tutta cuore lo benediciamo con quanti hanno concorso e concorreranno alla sua erezione ed al suo decoro, con quanti ancora vi eserciteranno o promuoveranno le opere del divin culto e della santificazione delle anime.

Pius PP. XI.

(1) Cfr. il Ricordo della consacrazione del Tempio dl Gesù Adolescente in Torino, pag. 72: « I figli di Don Bosco a Borgo S. Paolo - dell'insegnante Giov. Maestri.

La partenza di 224 nuovi Missionari.

Giorno per noi memorando l'11 novembre, per lo splendore assunto dalla celebrazione cinquantenaria nella Casa Madre. La data solenne, scriveva il Momento, « non fu che una tappa verso nuove e più alte conquiste in nome di Cristo e delle sua Chiesa, ma segna già una gloriosa vittoria, una affermazione edificante di quello che è la potenza della parola di Cristo ».

La mattinata venne dedicata a speciali funzioni religiose.

Alle 6,30 salì all'altare S. E. Mons. Antonio Malan, Salesiano, Vescovo di Petrolina.

Alle 7,30 il sig. D. Rinaldi celebrò per i nuovi Missionari e i numerosi Cooperatori accorsi fin dalle prime ore al Santuario per dire insieme con i figli di D. Bosco il « grazie » più fervido alla celeste Ispiratrice delle Missioni Salesiane.

Terminata la S. Messa, il sig. D. Rinaldi salì di nuovo all'altare per vestire dell'abito ecclesiastico un forte drappello di aspiranti missionari, circondati da parenti ed amici; e il buon Padre ebbe care e commosse parole per infervorare i primi e renderne pratici i generosi propositi, e per ringraziare i secondi, invocando su tutti ogni benedizione.

Alle 10.30 cominciò la Messa solenne. Pontificò S. E. Rma. Mons. Elvezio Gomez de Oliveira, Salesiano, Arcivescovo di Marianna nel Brasile, con assistenza dell'E.mo Card. Cagliero; ed infra Missam solemnia l'Arcivescovo Mons. Felice Ambrogio Guerra, pure salesiano, in una commossa allocuzione rievocò gli umili inizi delle Missioni del Ven. Don Bosco e il loro progressivo sviluppo, mediante l'assistenza del Signore e la carità dei Cooperatori.

Ma più solenne e suggestiva di ogni altra fu la funzione della sera.

Migliaia di persone affollarono i cortili dell'Oratorio fin dalle prime ore del pomeriggio, desiderose di assistere alla cerimonia di addio allo straordinario drappello di Missionari e Missionarie, Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, destinati alle varie Missioni fiorenti, e alcuni alla nuova Missione nel Giappone, verso la quale salperanno alla fine di questo mese.

Conviene precisare i numeri. I nuovi Missionari Salesiani che si recarono in questa fine d'anno alle Missioni Estere sommano a 172- e le nuove Missionarie, Figlie di Maria Ausiliatrice, a 52. - Totale: 224 nuovi Missionari.- 74 già partiti nelle settimane precedenti; 150 presenti alla cerimonia.

La cerimonia era stata fissata per le 18.30, ma la Basilica di Maria Ausiliatrice, parata e illuminata a festa, accolse di continuo folte schiere di fedeli prostrati in preghiera.

Giunta l'ora, il tempio si gremì, salvo lo spazio destinato ai nuovi Missionari, che, fin dal loro apparire furono oggetto degli sguardi e delle preghiere di tutti.

Contemporaneamente, preceduto da numeroso clero e in abiti pontificali, si avanzò all'altare l'E.mo Card. Cagliero, seguito dall'E.mo Card. Maffi, dal nostro Rettor Maggiore D. Rinaldi, dagli Arcivescovi Mons. de Oliveira e Mons. Guerra, e dai Vescovi Mons. Malan e Mons. Rossi.

Esposto il SS. Sacramento, la Schola Cantorum dell'Oratorio, diretta dal M. Cav. Dogliani, intonò il Te Deum, musicato dal Card. Cagliero, il Tantum Ergo, e l'E.mo impartì la Benedizione Eucaristica.

Riposto il SS. Sacramento, cominciò la cerimonia di addio. Recitate le preghiere dei pellegrinanti, l'E.mo Card. Cagliero benedisse e distribuì a ciascuno dei nuovi Missionari il S. Crocifisso e rivolse loro, con grande affetto, una cara allocuzione. Vorremmo poterla dare integra, invece di un breve riassunto; aggiungiamo soltanto che l'E.mo Card. Maffi l'ascoltò piangendo di commozione.

Il discorso del Card. Cagliero.

Figliuoli e fratelli, e voi specialmente, o cari Missionari prostrati ai piedi di Maria Ausiliatrice ad implorare la sua benedizione sul vostro Apostolato, e voi, zelanti benefattori e cooperatori delle Opere Salesiane, unitevi, e uniamoci tutti, nel ringraziare il Signore in questa solenne celebrazione del Giubileo delle Missioni Salesiane.

« Di qui la mia gloria » disse la Vergine al Ven. Don Bosco, quando gli preannunziò l'avvenire di questo Santuario. « Di qui la mia gloria,.. » in tutto il mondo, col promuovere in tutto il mondo la salvezza delle anime.

Abbiamo ragione, davvero, di giubilare e di ringraziare il Signore in questo dì memorando, per tanto splendore di opere sante accumulate in cinquant'anni dai primi Missionari di Don Bosco, e dai 100, dai 200, dai 300, dai 500, dai 1000, e dai 1500 che generosamente li seguirono, e da quasi altrettante Figlie di Maria Ausiliatrice, in ogni parte della terra.

Nel 1862 mi trovavo a fianco del Ven. Don Bosco, qui accanto, in cortile. Si parlava, come tante volte, dell'opera salesiana, ancor sul nascere, quando, a un tratto, il Padre Venerabile fissa lo sguardo, e, come colpito da una visione meravigliosa, mi domanda:

- Non vedi nulla?

- Nulla.

- Là... là... non vedi nulla? - e volgeva lo sguardo in lungo... e in alto.

- Nuvole non ve ne sono...

- Non vedi un gran tempio?

- Io vedo nulla!

- Ma guarda!... - e mi indicava il prato dove sorse il Santuario di Maria SS. Ausiliatrice. - Guarda, quel gran tempio! vedi che cupola maestosa, e, in alto, la Madonna benedicente!...

Dopo pochi anni il tempio sorse; con memorabile festività venne consacrato al Signore nel 1868; e di qui, cinquant'anni fa, nel 1875, precisamente com'oggi, benedetti da Don Bosco partivano i primi Missionari.

Oh! Don Bosco vide e -predisse tutte le meraviglie, che il Signore avrebbe operato per mezzo dell'opera salesiana: mirabilis Deus in Sanctis suis!

Lasciate, quindi, che oggi io, primo dei primi Missionari ed unico superstite, ripeta a voi, ciò che egli disse a noi con tutto l'ardore dell'anima:

« Cercate soltanto la gloria di Dio e la salvezza delle anime! ».

Son passati cinquant'anni, ma in me è come di ieri il ricordo!

Cinquant'anni fa, con i miei nove compagni io ascoltava, come ascoltate voi; e Don Bosco occupava il mio posto... Ed ora?

« Soli Deo omnis honor et gloria!

Tutti a noi si uniscono nel celebrare la data solenne. Alla Benedizione Apostolica, amplissima, che ci ha mandato il Vicario di Gesù Cristo, uniscono la loro dal cielo il nostro Venerabile Padre Don Bosco e la nostra Madre Maria SS. Ausiliatrice! E a noi si uniscono tutti i Salesiani, e le Figlie di Maria Ausiliatrice, tutte le schiere giovanili loro affidate, e gli ex-allievi e le ex-allieve, nel ringraziare il Signore per ciò che si è potuto compiere in questi 5o anni, col voto che abbia a moltiplicarsi in avvenire.

E ci esaudirà il Signore! Ci è di lieto auspicio il numero grande dei nuovi Missionari. Cinquant'anni fa eravamo dieci; quest'anno 224! Oh! ripetiamo tutti dall'intimo del cuore: « Soli Deo omnis honor et gloria! » Gloria a Dio e a Maria SS. Ausiliatrice, l'Ispiratrice del nostro Venerabile Padre, la quale compie le meraviglie che aveva preannunziato

E voi andate, o fratelli, con illimitata fiducia negli aiuti del cielo. Ite, docete omnes gentes...

Oh! quanti ancor non hanno mai sentito parlare di Dio! Più di mille milioni di uomini attendono la luce della tede; e tutti i Missionari, tra sacerdoti, laici e suore, non giungono a 70.000! Occorre arrivare al milione di nuovi apostoli, se si vuole esteso il regno di Dio a tutta la terra!

Il Giubileo delle Missioni Salesiane coincide con l'Anno Santo, con il periodo aureo della Propagazione della Fede! Quest'anno sarà ricordato nella storia della Chiesa anche come Anno Missionario. I fedeli, pronti all'appello dei Romani Pontefici, specialmente del regnante Pio XI, hanno inaugurato un'era nuova, l'era Missionaria; e sieno benedetti dal Signore quanti cooperano e coopereranno a questo movimento, che affretterà alla Chiesa le più strepitose conquiste!

Voi, dunque, partite! Scendete generosamente sul campo dell'apostolato. Andate, ite, col fermo proposito di meritarvi le più ampie benedizioni conservando lo spirito di Don Bosco: manete in qua vocatione votati estis!

Cari fratelli, cinquant'anni d'esperienza mi permettono alcune raccomandazioni.

E in primo luogo: PREGHIERA: pregate: orate!

Tenetevi stretti al Crocifisso benedetto che avete ricevuto, ed abbiatelo sul cuore e nella mente ogni giorno, ogni istante della vita. Ed insieme portate ed alzate la corona del S. Rosario; siate devoti di Maria Ausiliatrice, e che tutti lo vedano; come Don Bosco vide in sogno i suoi missionari.

In secondo luogo: prudenza, TEMPERANZA; tu vero vigilai Don Bosco con l'esempio e con pratici ammaestramenti santamente educò i suoi figli alla temperanza. Non deviate, neppur un passo, dalle orme di Don Bosco, ma vegliate perchè in voi perennemente viva ed operi il suo spirito.

In terzo luogo: LAVORO; lavorate; in omnibus labora. E il nostro programma speciale. Ma ricordate che la stessa parola di Dio, più che col lavoro, si predica con la virtù, con la santità della vita. Lavorate, ma sempre uniti a Dio. Il vostro lavoro sarà benedetto da Dio, se fatto con retta intenzione, se accompagnato dalla santità della vita. Qui sta tutta l'efficacia dell'uomo apostolico, del Missionario. E la santità della vita che attira sul lavoro le benedizioni di Dio. Lavorate, adunque, da buoni Salesiani, sempre uniti al Signore e per il Signore.

In ultimo: Opus fac evangelistae. Siate apostoli ed evangelisti. Come S. Paolo, il modello dei missionarii, come S. Francesco Saverio, il patrono dei missionari, proponetevi una cosa sola: « far conoscere ed amare N. S. Gesù Cristo ». Predicate Gesù Cristo nei catechismi, ai giovani, agli adulti, e in tutte le vostre prediche ed istruzioni religiose. Inculcate e propagate, come voleva Don Bosco, la divozione a Gesù Sacramentato ed a Maria SS. Ausiliatrice; e voi pure vedrete che cosa sono i miracoli.

Se s'è potuto far tanto in cinquant'anni, quale spettacolo offriranno agli uomini e agli angeli le Missioni di Don Bosco di qui ad altri cinquant'anni, cioè nel loro 1° Centenario, se i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice si manterranno fedeli agli esempi ed agli insegnamenti del Fondatore...

Con quest'augurio e con questa speranza, ricevete la benedizione... E buon viaggio!... Il Signore sia con voi e l'Angelo suo vi accompagni!

Com'ebbe il I° Missionario Salesiano terminata l'allocuzione, un fremito di commozione pervase l'uditorio, mentre i nuovi apostoli sfilavano innanzi a Don Rinaldi e agli altri Superiori per ricevere l'addio e un ultimo ricordo.

Certo in quei momenti il nostro Venerabile Padre sorrideva dal Cielo e lo sguardo di Maria Ausiliatrice si posava con materna compiacenza sui generosi, mentre gli Angeli delle povere genti alle quali si avviavano, pregavan per loro ogni benedizione.

La Commemorazione solenne.

La commemorazione ufficiale si tenne il 12 novembre. Mai, forse, l'Oratorio di Valdocco aveva visto una cerimonia così imponente e per il numero e la dignità dei personaggi che v'intervennero e per lo splendore con cui si svolse. Anche S. A. R. Umberto di Savoia, Principe di Piemonte, aveva avuto la squisita gentilezza di promettere il suo intervento, e la notizia si sparse ed una folla di signori e di popolo, con tutte le classi della scuola municipale « Edmondo De Amicis » e gli alunni delle case ed oratori salesiani di Torino, compresi gli orfani di guerra di Sassi e le orfane di guerra ricoverate nell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, un'ora avanti che cominciasse la cerimonia si schieravano in doppia ala nei cortili dell'Oratorio, imbandierati e ornati a festa, in attesa dell'arrivo di S. A. R. il Principe Ereditario, degli altri Principi e delle Autorità.

Il Governo d'Italia inviò espressamente da Roma S. E. l'On. Mattei-Gentili a rappresentarlo; ed anche tutto il Corpo Consolare, residente in Torino, si tenne onorato d'intervenirvi.

Prima a giungere fu S. A. R. e I. la Principessa Laetitia; poco prima delle 15 giungeva S. A. R. il Principe Ereditario, e dopo qualche istante arrivavano le LL. AA. RR. il Principe Tommaso, duca di Genova, con i figli, il Duca di Pistoia e la Principessa Adelaide.

Il passaggio dei Principe Ereditario tra gli alunni che agitano mille bandierine tricolori è un continuo applauso, e anche quando entra in teatro è un entusiasmo indescrivibile.

La sala era stata preparata decorosamente con ricchi drappeggi di velluto rosso tutt'intorno le ringhiere delle varie gallerie e con gli stendardi-bandiere di tutte le nazioni, alle quali si è estesa l'Opera di Don Bosco. Sullo sfondo del palco, si levava lo stendardo della Basilica di Maria SS. Ausiliatrice colla scritta: « Hic domus mea, inde gloria mea », le parole che D. Bosco ha visto in uno dei suoi sogni profetici. A destra spiccava, un grande ritratto di S. S. Papa Pio XI; a sinistra un altro gran ritratto di S. M. il Re; e sul proscenio, a sinistra, il busto del Ven. Don Bosco, opera del Cellini.

Le LL. AA. RR. e le Autorità si disposero nei posti loro assegnati e, precisamente in prima fila, al centro S. A. R. il Principe Ereditario, e alla destra S. A. R. la Principessa Laetizia, Don Rinaldi, Sua Emin. il Card. Maffi, S. E. Mattei Gentili e il Commissario straordinario del Comune S. E. il gen. Etna; alla sinistra S. A. la Principessa Adelaide, S. A. R. il Duca di Genova, S. A. R. il Duca di Pistoia, Sua Emin. il Card. Cagliero, S. E. il generale Tiscornia, comandante il corpo di Armata, e il Prefetto cav. di gr. cr. D'Adamo. Ai lati, ancor in prima fila, gli Ecc.mi Mons. Gamba, Arcivescovo di Torino, Mons. E. Oliveira, Arcivescovo di Marianna (Brasile); Mons. Guerra, Arcivescovo tit. di Verissa; Mons. Bartolomasi, Vescovo di Pinerolo; Mons. Rossi, Vescovo di Susa; Mons. Pinardi, Vicario generale; Mons. Perlo, Superiore dei Missionari della Consolata.

Nelle altre file, tra una fitta ed eletta moltitudine di autorità e personalità cittadine, sedevano le case civili e militari delle LL. AA. RR., le dame di palazzo di S. M. la Regina, contessa di Trinità, contessa Rignon-Robilant, M.sa Pallavicino-Mossi; il generale Clerici, aiutante di campo del Principe Ereditario, i sen. Di Saluzzo, Di Cambiano e Orsi; i deputati on. Di Mirafióri, Fino, Gianotti e Pedrazzi; il gen. Martinengo, il 1° Pres. della Corte d'Appello, Martinengo; il gr. uff. Saillace, presidente del Corpo Consolare, e i consoli di Francia, Belgio, Argentina, Paraguay, Brasile, Perù, ecc. ecc., il generale Pérol della Milizia Nazionale e il maggiore Puel.

Prestavano servizio d'onore il conte Olivieri, il marchese Morelli di Ticineto e Popolo, il conte Bianco di S. Secondo, il nob. comm. avv. Rassaval Crema, il conte di Rosignano, il conte Umberto Piovana di Collegno, l'avv. comrn. Felice Masera, l'avv. Vincenzo Battù, e il sig. Don Ricaldone, nostro Prefetto Generale. Le guardie municipali, in alta tenuta, prestavano il servizio d'ordine. Sul palco assiste la folta schiera dei nuovi missionari.

Prima che il Cardinale Maffi incominci a parlare, da un missionario vengono offerti al Principe Ereditario, alle altre AA. RR. e al Rappresentante del Governo, il ricco volume del Colbacchini sui Bororos del Matto Brosso, un piccolo ricordo commemorativo della cerimonia e un foglio, recante i ritratti del Ven. Don Bosco e di S. A. R. il Principe Ereditario e queste parole: - A S. A. R. Umberto di Savoia, Principe di Piemonte, nelle feste cinquantenarie delle Missioni Salesiane, dalla, sua augusta presenza rese più solenni, i Figli di Don Bosco, devotamente grati.

I chierici dell'Istituto Internazionale Don Bosco cantano un mottetto del seicento a quattro voci, e la Schola cantorum dell'Oratorio un'invocazione a Maria Ausiliatrice Un alunno legge un saluto al Principe e l'E.mo Cardinal Maffi comincia il discorso.

Il discorso dell'E.mo Cardinal Maffi. (1)

Altezze Reali,

Eminenza, Eccellenza,

Eccellenze, Signori, Signore,

Non sono che goccioline esili e leggere: non sono che veli tenui di pioggia, che il vento vaporizza ancora e dissipa innanzi che l'erba tocchino e i fiori e i virgulti umili del suolo, e tuttavia bastano al sole, per dispiegarvi un'iride che innamora, ed incurvarvi l'arco immenso che il mondo benedice e saluta messaggero di pace. Le grandezze vere non hanno bisogno di basamenti per dominare. Dante, Raffaello, Michelangelo, anche da un emistichio, da un tratto di pennello, anche solo da una prima scalfittura del marmo, traspaiono e si rivelano; chè, più che di aiuto, è d'ingombro la materia grossa e inerte al genio, il quale, dov'alltri non vede o vede solo debolezza, esiguità e quasi il nulla , interpreta invece e divina le armonie più grandi e le creazioni sublimi.

Pensieri ben naturali e spontanei, questi, o signori, per chi si affaccia alla contemplazione delle opere del Venerabile Don Bosco, il mistico visionario, il profetico sognatore. Non vero che noi qui, più che il cinquantenario del rito che in S. Maria Ausiliatrice esternamente concretava l'opera delle missioni, celebriamo il centenario di un sogno, del sogno che a Don Bosco, fanciullo di nove in dieci anni, segnalava gli infiniti agnelli che la Provvidenza gli preparava da salvare colle più fervide e multiformi attività, delle quali, sopra le altre eroica e commovente, quella appunto delle missioni? E non poi attraverso ad altri sogni che le diverse opere si venivano delineando, fino a quello che, poco innanzi al 1875, precisava le prime terre, i primi selvaggi da visitare e illuminare? Le vie di Dio son molte; ed è bello vedere come nella stessa piccola casa di Nazareth, alle due sole creature che vi stanno, diversamente parli e si manifesti il Signore, a Maria con un angelo, a Giuseppe con sogni. In Don Bosco frequente questa forma del sogno, del sogno che, d'ordinario, per un istante, nelle tenebre palpita e si colora, e poi si dissipa e non è Più. Non però di questa evanescenza e di una tale vanità i sogni di Don Bosco; e che non siano tali ce lo dice D. Costamagna nella lettera del 27 aprile 1879, nella quale da Carrhuè a Don Bosco scriveva: « I Salesiani sono già arrivati in mezzo agli abitatori del deserto, agli Indi Pampas, e fra breve saremo in Patagonia... Non è sogno, ma realtà! ». Parole che impongono una riflessione, e l'esame di un contrasto: sono sogni e più che sogni, e più che nebbia al sole si dissipano le realtà del mondo; e sono invece vere e solide realtà, che il tempo consolida e ingigantisce, i sogni di Don Bosco: là vacuità di parvenze e fugacità di menzogne; qui, nei suoi santi, le eterne e infinite realtà di Dio.

Narrar le opere, le principali almeno, nelle quali, lungo questi ultimi cinquant'anni, si sono fatti realtà i sogni del Venerabile, è il compito che a me è stato affidalo, e che prima con trepidazione, poi con tranquillità, ho accettato. Audacia la mia? No, ed invece è soltanto ossequio e ammirazione e riconoscenza per quelli che tanto hanno fatto, e fiducia e assegnamento sulla materia vasta e sublime, da supplire a qualunque povertà dell'oratore; tanto che non dubito che, a discorso finito io mi troverò ad aver ricopiato quel sacrestano, il quale ad un sommo oratore, che discendeva acclamatissimo dal pulpito, diceva con ingenua compiacenza: -- La bella predica che abbiamo fatto!. - e questo perchè egli aveva suonato le campane. - Eminentissimo Cardinale Cagliero, la bella predica l'avete fatta voi, e l'hanno fatta con voi i confratelli vostri; e tra le infinite vostre bontà, anche questa adunque usate, di permettere ad un malpratico, ma devoto vostro sacrestano, per una mezz'ora di suonare qui, in qualche modo, le grandi campane.

Sogno rivelatore.

Sacerdote il 5 giugno del 1841, l'8 dicembre dello stesso anno, con un episodio nella sacrestia di S. Francesco in Torino, Don Bosco iniziava l'opera sua, la quale, dopo le indispensabili e caratteristiche prove dei sospetti, delle contraddizioni e delle persecuzioni, e dopo gli ondeggiamenti che la facevano sobbalzare e tramutarsi dalla piazza e dal cortile della chiesa di S. Francesco al Rifugio, ai Molassi, a Casa Moretta, qui, finalmente, in Valdocco, nel 1846, trovava la sua sede stabile e definitiva. D'allora il rapidissimo svolgersi e salire, con una schiera propria di chierici, che, il 6 giugno 1857, gli daranno il suo primo sacerdote in Don Reviglio; coll'ospizio e cale scuole professionali nel 1853, arricchite dalle tipografie nel 1862, coi moltiplicati Oratorii ai quali si aggiungeranno i collegi di Mirabello nel 1863, di Lanzo nel 1864, e poi altri, ed altri ancora, infiniti; colla Basilica monumentale di Maria SS. Ausiliatrice, che nel 1868 si compie e si consacra; finalmente col riconoscimento della Società Salesiana, che la S. Sede nel 1874 approva e benedice.

Ed ora? Eccolo Don Bosco, nell'ardore del suo zelo, dalla vetta, a cui le opere avevanlo sollevato, spingere lo sguardo negli orizzonti lontani, e scrutare e interrogare a chi, altrove, correre in soccorso e salute. Non dimentichiamo che il primo giovane al quale, nella sacrestia di S. Francesco, Don Bosco si prodigava, era un orfano, senza padre, senza madre, da nessuno assistito, da molti maltrattato, da tutti abbandonato. E allora tra quali strette si sarà sentito angustiato il suo cuore, ripensando laggiù, laggiù, sotto l'orizzonte, quanti orfani, abbandonati, ignari di una madre, la Chiesa; ignari di un padre, Dio; selvaggi in terra più selvaggia ancora; senza luci, senza speranze, senza conforti di cielo? E l'antico proposito di correre alle missioni si ridestò, e in cuore gli ripalpitò potente; e benedetto il Cafasso, che, trattenutolo dal partir, da solo, missionario, sulla via della Provvidenza, gli aveva dato modo così di suscitare schiere e schiere di figli, che, numerosi e infaticabili nell'opera, si sarebbero succeduti nei secoli, al Signore si prostrò, e sul nuovo campo, che gli apriva, lo invocò guida e sostegno. E subito il Signore rispose. In che modo? Alla-Madre Cabrini di Codogno, incerta se uscir da Suez per le Indie o da Gibilterra per le Americhe, era per bocca di Leone XIII che il Signore diceva: -- Ad Occidente! - e su quella parola la mirabil donna partiva agli ospedali, alle scuole, agli istituti che, sui lidi dell'Atlantico e del Pacifico, dovevano fare così benedetto il nome della terra e della gente nostra. E a Don Bosco? Secondo il solito, un sogno, che altri precedenti rievocava, commentava e compiva; che però, diciamolo pure, geograficamente ed etnograficamente gli precisava il dove e a chi, le regioni e le persone, alle quali avrebbe egli distesa la nuova carità. E in una plaga gli parve dunque di essere, selvaggia, sconosciuta, incolta, tutta pianure, con solo all'estremo il profilo di aspre montagne. E lì turbe d'uomini alti, feroci, nerastri, ignudi o malcoperti di pelli di animali, armati di lance e di fionde, che usavano o per uccidere o per uccidersi fra di loro o per dar caccia alle fiere, e, più, per assalire, scannare, squartare i missionari, che diversi Ordini religiosi mandavano loro, sulle picche portandone poi in alto, a trofeo, le membra dolenti, sanguinanti, e sante. - Ma come convertirli, se così feroci? - si domandava allora il Venerabile. E, continuando il sogno, una schiera di giovinetti vide, dietro i quali i suoi salesiani venivano, che, inginocchiati, un càntico intonavano all'Ausiliatrice, al quale, gettate le armi, a mani giunte, le turbe, dianzi così tristi, rispondevano commosse, compunte, tenere di pietà. E fu a quel canto che Don Bosco si svegliò, col quesito: - Chi, dove quei selvaggi? - È notevole, che non erano nuovi per lui quei volti, quelle pelli, quelle armi. Venticinque anni innanzi non li aveva forse già incontrati, in un'altra visione, al letto di un giovane agonizzante, che fiorente di vita, trent'anni dopo, oltre l'Oceano avrebbe guidato i Salesiani alla grande impresa? Intanto però ecco Don Bosco alla ricerca. All'Etiopia, in seguito ad un colloquio con Mons. Comboni? Ad Hong-Kong, dopo un invito dèttogli da un missionario, venuto in cerca di operai del Vangelo? O invece nelle Indie O piuttosto nell'Australia?...

Sul campo dell'apostolato.

Ma luoghi e persone non rispondevano: mentre riconobbe che rispondevano quei della Patagonia, alla quale, nel dicembre del 1874, con insistenza lo invitavano Mons. Aneyros, arcivescovo di Buenos Aires, e Mons. Ceccarelli, parroco laggiù, a San Nicolas de los Arroyos. Più tardi, anche per altre terre delle Americhe e per terre dell'Africa e dell'Asia, e d'altri continenti ancora - dell'Europa non cattolica e dell'Australia - si susciteranno apostolati: in quel dì uno solo il sospiro, uno solo il nome: «Patagonia! », e quel dì, fervidi, esultanti, invidiati gli eletti a prepararsi alle vie e alle opere del Signore, finchè la sera dell'11 novembre 1875 - cinquant'anni fa, ieri, in quest'ora - nella chiesa dell'Ausiliatrice Don Bosco benediceva la partenza, tra una commozione che a molti di voi, o signori, che ne foste testimoni, rinnova oggi le lagrime, - come ieri a tutti noi le rinnovò il rinnovato, ingigantito spettacolo - mentre in alto cantavano i cori:

« Sit Nomen Domini benedictum »: Benedetto il Signore!... Il Signore benedetto!... Alla sera, a Sampierdarena; il 14 a bordo, con un ultimo abbraccio e una raccomandazione per i connazionali e una benedizione ancora da Don Bosco, che, fermo sul molo, col cuore, colle preghiere, coi voti, più ancora che colle pupille, segue ed accompagna il piroscafo che si allontana; - e un mese dopo, d 14 dicembre, eccoli gli italiani di Buenos Aires, al loro porto, dire il saluto e baciare la mano di Don Cagliero, che, coi nove compagni, vi scende ad iniziare il grande apostolato. Non là però la terra, il loro campo da dissodare. Dove?

Seducentissimo, certo uno dei più eleganti e vari che la storia delle scoperte geografiche presenti, il còmpito di rispondere a questa domanda, per la quantità, l'interesse, la varietà delle notizie che si dovrebbero dire: io non lo posso però assumere, o signori; e non lo toccherò che nei contatti del sogno di Don Bosco. Poco? Nessuno lo dirà, che sappia come, proprio per una sua conferenza sulla Patagonia, la Società Geografica di Lione nel 1883 conferiva al Venerabile una grande medaglia d'oro.

La Patagonia.

Più famosa che conosciuta e precisata, dicevasi Patagonia la terra che, oscillando in alto sul Rio Negro, giù giù discendeva fino allo stretto di Magellano; più ancora che nei confini, vaga e misteriosa nelle sue condizioni e nei suoi abitanti, dai piedi larghi, dalla statura alta, ma confusamente giudicati squallidi e desolati, soprattutto feroci. - È un'America - diceva il nostro popolo, di un paese di risorse. - Ha trovato la sua California - diceva di un fortunato, a cui copiose sorgevano le ricchezze. Ma dovevasi dire d'una casa, d'un paese di stenti, di miserie, di squallori? E si esclamava: - Che Patagonia! - Eco forse delle prime notizie di Pigafetta e poi d'altri esploratori ancora, più o meno felici, che le indagini posteriori però alquanto mitigheranno. Esaminando intanto la zona che in alto termina al 40° di latitudine sud e in basso muore allo stretto di Magellano, da rilevarsi, e notevole, che ad ovest le sieno termine le Ande superbamente sorgenti dal Pacifico, ad est digradanti subito in terrazzi e pianori e valli e barranchi, cui succedono le pianure immense, che, con un margine a punte e a seni, a golfi e a promontori, fermano l'Atlantico; pianure dalle leggiere ondulazioni, ove i venti folleggiano colle dune che creano e trasportano; sulle quali si alternano il deserto sterile e nudo colle distese dalle vegetazioni basse, spinose, intristite; con i pascoli verdi, specie nei dintorni dei laghi e sulle rive dei fiumi; coi fiumi numerosi e interessanti, alcuni per qualche tratto anche navigabili, vogliosi tra di loro d'esser paralleli e col corso da ONO declinante a SSE. Verso le Ande una vegetazione di alto fusto: in giù (uso la frase di Darwin, per quanto un po' eccessiva) l'anatema della infecondità. Ebbene, non è questa la terra veduta in sogno da Don Bosco, la terra infinita, pianeggiante e povera, con là in fondo, in fondo, sul rosso del tramonto i profili del Burney, dello Stokes, del Chalten?

Alla conquista.

E gli abitanti? Se simili a sè gli abitator produce, da quella terra quali popoli! Ormai sono un ricordo appena; ripensiamole però le tribù oscure di pelle, oscure di anima; .aggruppate sotto diversi cacichi, ora amici, ora nemici; varie di statura, alquanto anche di linguaggio; ozianti nell'inerzia o in esercizi di lotta tra di loro od in caccia a difesa contro il puma e il giaguaro o, per le pelli del vestito e della tenda, contro il guanaco; in una cosa concordi, nella ribellione ai popoli civili e alla civiltà, fuorchè a quel veleno della civiltà che sono i liquori inebbrianti. Lo so: nessun quadro è tutto nero, e di qualche sprazzo di luce s'irradiava talvolta anche la vecchia Patagonia; ma basta forse a far sereno qualche raggio che attraverso a due nubi vi arrivi, a una stella che per un istante tra qualche nube occhieggi? Aggiungete alla Patagonia vera, più su, identica e infinita la Pampa, e poi ditemi se, discesi a Buenos Aires, i nostri missionari non avrebbero, secondo ogni buon calcolo di superfice e di prudenza, di misure geografiche e di probabilità umane, dovuto risalire il piroscafo e ritornare. Al che quanto li dovevano consigliare le prove precedenti! Francescani, Domenicani, Mercedari, dopo audacie sante e tenaci, non s'erano pur dall'orlo di quelle terre trovati inesorabilmente respinti? Per vent'anni era riuscito íl P. Falkner di vivere tra i Patagoni, e quanto maravigliosi i PP. Gesuiti, i quali, se così possiamo dire, con abilissima tattica avevano tentato di prendere il nemico alle spalle, discendendo al Nahuel Huapí dal Cile, varcate da ponente le Cordigliere! Lungo il corso di un secolo non avevano avuto però che incendi, devastazioni e massacri, col martirio per quei grandi eroi ch'erano stati il P. Mascardi, il P. Laguna, il P. Guillermos, il P. Elguea; - sorte questa che, in una delle prime domeniche del 1829 toccava anche alla missione della colonia a nord della foce del Chubut, alle 10 del mattino, mentre i fedeli erano alla messa, assalita, distrutta, assassinata, di sangue bagnate le pareti, di sangue l'altare. Nè da dimenticarsi che nel porto, dove gettavan l'ancora, i nostri missionari vedevan giungere le acque del Paranà tristi ancora e cupe per la ingratitudine insipiente e vergognosa che nel Paraguay aveva un dí estinto il Cristianesimo che vi era stato felice; e, benchè di lontano, potevano non sentir l'eco ancora delle estreme parole di Garcia Moreno, pochi mesi innanzi, proprio il 6 agosto di quel 1875, colpito nella capitale dell'Equatore? Ed invece che abbattere, erano le parole estreme di Garcia Moreno che, al di là dell'Atlantico, s'aggiungevano appunto a quelle di Don Bosco da Torino, a rincuorare gli apostoli nostri all'ardita impresa: Avanti! Dio non muore! In una terra entrerete, che già di troppo sangue fuma e rosseggia, di precursori immolati? Oh questo,. che al mondo direbbe terrore e fuga, è questo che a voi, ardimentosi novelli, crescerà lena e fiducia: venite, venite; gettate, gettatelo abbondante il seme: il terreno l'ha già, e copioso, sangue, che insieme al sudore, alle lagrime ed anche al sangue dei vostri olocausti, lo farà germogliare. Avanti!

Avanti! Ma non alla cieca, e invece ad occhi aperti, e con quelle tattiche e prudenze che, per quanto è da noi, evitando gli inutili sperperi, portino al trionfo la grazia di Dio.

Con quali armi ?

Armi degl'Indi le aste e le lance, sulle punte delle quali, purtroppo in episodi ancor recenti, si sarebbero vedute povere membra umane dilacerate grondar sangue; armi degl'Indi il laccio, che avvinghia e trascina, e la boleadora che irretisce ed atterra ed annienta. Le vedete quelle due pietre, alle estremità di una corda, che, sibilando,, arrivano la vittima e l'aggirano e la stringono e la fanno stramazzare in un groviglio, del quale approfitta il cacciatore (ricordiamo gli antichi retiarii) per dar morte? Impenetrabili, tanto da non permettere mai di venir contati, con queste loro armi i selvaggi a nessuno avevano concesso mai di avvicinarli; ed allora il missionario che farà? Richiamiamo che Don Bosco li aveva visti quei feroci, vestiti di pelli, armati di lance e di lacci, far massacro orrendo di quanti a loro erano andati apostoli, e che un'ecatombe anche per i suoi aveva temuta, che si affacciavano alla scena, sulla quale invece con sorpresa somma riuscivano tosto vincitori e trionfanti. Con quali armi? Con quale tattica? Miei signori, non l'avvilisca il troppo semplice e volgare paragone, e lasciate ch'io dica subito: colle armi, colla tattica dell'ago da cucire. Impressionante il maglio, che batte e schiaccia, e assorda e scuole e al bronzo impone il suo comando e le sue forme; potente l'esplosivo, che d'improvviso avvampa e i fianchi delle granitiche montagne squarcia e inabissa. Ma le quante violenze! e, di solito, le quante rovine! E a con le seppero queste forme di conquiste le Americhe prime, colorate in rosso dagli inumani conquistatori, contro i quali un grido di indignazione aveva dovuto mandare il Las Casas? Conquiste della spada, non conquiste della croce; conquiste del bruto, non conquiste di Dio. E non penetra invece l'ago, insensibilmente, con una punta esile, fine, nulla: non troncando, ma leggerissimamente e gradatamente divaricando due fili; non lacerando, e invece unendo? una punta, inavvertita; ma dietro di essa una cruna, e dietro la cruna quanto filo, quanto filo, quanto filo! E anche qua, come in mille altre opere e conquiste salesiane, sapientemente l'ago, i bambini: non li vedete nel sogno di Don Bosco, a schiere, interposti tra i selvaggi e i missionari? Vietate, interdette le terre pur tanto sospirate? Ebbene, ai confini, sui margini! e lì coi piccoli doni, e lì colle musiche e coi divertimenti, e li cogli istituti e coi collegi richiamateli, allietateli, educateli i bambini, innocenti ancora e ancora dalle mani ignare della lancia e del laccio, e ditela a loro la buona parola; rientrando nella triste terra, ripeteranno, e la piccola punta porterà e riporterà il filo, che cucirà e cucirà, e di due tele farà una tela, di due terre farà una terra, di due case una casa, di mille voci una voce sola a dir gloria a Dio!

Le vie del Signore.

Ma infinita la lunghezza dei margini, sulla quale non si sarebbero potuto distribuire che a distanze enormi case e stazioni piccole ed isolate, quanto sarebbe stata tenue e lenta la penetrazione; e l'ago quindi dove e quando avrebbe potuto presentare la vittoria d'una prima e un po' consolante cucitura? L'uomo si agita e Dio lo conduce, ha detto un savio che di avvenimenti se ne intendeva; e le quante volte il caso - non il caso cieco e fatale, ma quello che è pietosa maternità e provvidenza divina - si serve della carrozza dell'innominato per strappare Lucia al Nibbio e a Don Rodrigo, e riportarla libera e salva alla mamma Agnese! La prima spedizione Missionaria del 1875, a preghiera dell'Arcivescovo di Buenos Aires s'era divisa in due, e portatasi una metà, con Don Fagnano, a fondare il primo collegio salesiano delle Americhe a S. Nicolas de los Arrojos, l'altra era rimasta alla chiesa degli Italiani con Don Cagliero nella capitale a procurarsi le prime pratiche e a studiare gli approcci, intanto, secondo la speciale raccomandazione di Don Bosco, lavorando alacremente per il bene dei fratelli incontrati sul nuovo lido. Giunte altre schiere di missionari, con primi drappelli di Figlie dell'Ausiliatrice, ansiose di dilatare il regno di Gesù,

Don Cagliero subito, nel 1877, disponeva per una sua discesa, lungo la costa, fino a S. Cruz, di dove, a cavallo, si sarebbe spinto nell'interno. Disponeva; altro però disponeva il Signore, che con un richiamo lo riportava invece in Europa. Generosamente arditi, tentavano di incarnare il programma l'anno dopo Don Costamagna e Don Rabagliati, che l'8 maggio s'imbarcavano sul S. Rosa per spingersi almeno a Bahia Blanca. Ed ecco una tempesta furiosa, che, rotte antenne e timone, per cinque giorni tiene tutti tra la vita e la morte, e miracolosamente salvi, li risospinge a Buenos Ayres. Il Dio che aveva parlato nei sogni, era anche il Dio che a' suoi disegni asserviva e guidava le tempeste. Se quello il metodo, non il solo però; e se quella una via, non la sola però e non la prima, mentre altre ne preparava Dio, di più varie e più larghe penetrazioni, di un rapido e maggior bene su opposte rive; e questo con un esercito e con una guerra. Paradossi della Provvidenza? Ditelo pure: ma quanto però da adorare e da benedire!

Ed ecco il governo Argentino - risoluto di non tollerare più a lungo l'onta dello scacco, nel quale fino allora l'avevano tenuto i selvaggi, - e dello scempio che soldati ed esploratori troppe volte avevano patito - proporre, deliberare, compiere quella, che fu chiamata la conquista del deserto, colla quale il generale Giulio Roca apriva alla civiltà tutte le terre dell'Argentina, anche le più interne, nonchè le più australi; raccoglieva nella società civile, colle loro tribù anche i cacichi fino a ieri ribelli, fatti più cauti, i pochi ritrosi, che per qualche tempo ancora si sarebbero mantenuti a sè nelle gole delle Cordigliere; - il 1° giugno del 1882 sui margini del Nahuel Huapì sciogliendo l'inno del ringraziamento, definita insieme tra l'Argentina e il Cile la linea dei confini, affidata da custodire e far sacra al Cuore di Gesù, solennemente collocato con una magnifica statua a regnare sulle vette andine. Qui però coll'esercito e per l'assistenza dell'esercito, i Salesiani, D. Costamagna, invitato, pregato. Provvidenza! Oh la Provvidenza della tempesta di Bahia Blanca che dall'Atlantico vietato sospingeva i Salesiani qui ad impedire e a sedar tempeste tra le lance e le spade! Oh la Provvidenza che tra le lance e le spade interponeva la croce! Oh la Provvidenza che ai conquistatori faceva così comandare la moderazione e ai conquistati faceva annunziare che non cadevano schiavi, ma che si alzavano fratelli! Oh la Provvidenza che le cento volte risolveva una battaglia in un idillio; che, gettate le armi, faceva stringere amiche le mani brune e le bianche, al mormorio di voci non comprese, che però egualmente tutti i cuori sentivano e benedicevano voci di amore e di pace! Oh la Provvidenza, che alla civiltà, assistita dalla fede concedeva di essere civiltà e non, come troppe volte era avvenuto, barbarie peggiore d'ogni più orrida barbarie! Oh la Provvidenza che non paga di adoperare i figli tra i genitori e i missionari, qui adoperava i missionari tra schiere avverse! Oh le mirabili disposizioni della Provvidenza che così usando dei Salesiani a far meno aspri ed anche buoni i vincitori, ai selvaggi i Salesiani rendeva pienamente accetti come gli uomini della carità e loro apriva così larghe, moltiplicate le vie, sulle quali con impreviste, neppur sognate rapidità, diffondersi, pervadere la immensurabile terra. In un'ora Dio lavora, dicesi in Toscana; e quanto vera la frase qui pure, per quanto non di ore si tratti, ma di anni, tenuto conto della vastità dell'opera e dell'immensità della conquista!

L'apostolato missionario.

Ed ora come fervido e commovente, in corrispondenza delle disposizioni della Provvidenza, l'apostolato degli uomini! Oh Eminentissimo Cardinal Cagliero, io lo so bene che, interrompendo gli applausi più fragorosi che un oratore suscitava narrando di voi, e ieri sera ancora, voi umilmente diceste: Soli Deo honor et gloria! Lo so, lo conosciamo il vostro cuore rigurgitante di fede, traboccante di carità; ma non ce lo consentirete un istante per unirci a voi, e nelle estasi del vostro zelo e negli ardori dei vostri apostolati, con voi, in alto, in un'atmosfera, che non è terrena, sentirci pervasi, assorbiti, trasformati nella contemplazione dei miracoli, nei quali così paradisiacamente risplende il Signore? A mille e mille metri altissimo sulle Ande altissime, voi l'avete visto il Condor smarrirsi, scomparire nel cielo! La lieve immagine di un'anima, che voi conoscete, alla quale furono e sono facili e famigliari questi voli e smarrimenti nella divinità. Lasciate che noi pure, 'per un istante, benediciamo il Signore con voi e per voi! La Patagonia non è più la Patagonia; non più la Patagonia del mistero, non più la Patagonia del terrore, non più la Patagonia della sterilità. La corrono ora le ferrovie, vi s'inseguono le automobili, vi spaziano gli aeroplani, e dovunque sorgono case e paesi e città, che su quella terra addensano le genti nuove o rinnovate. Dissodate le pianure, incise le rocce, lacerate le montagne, l'oro del sogno di Don Bosco vi è apparso, col rame, col ferro, col carbon fossile, mentre qui il petrolio zampilla, e là, tra pascoli abbondanti, mandre e greggi si moltiplicano, che sui mercati del mondo mandano copiosi i prodotti più varii e ricercati. Ora; ma quaranta, ma cinquant'anni fa? Quando gli animi erano da sedare ancora? quando tutto era sterpi e gramigna il terreno, che da nessun sentiero era segnato? quando per venire dall'alto Cile ai lidi alti dell'Atlantico non si pensava neppure di attraversare il continente, ma si discendeva a rifare le vie di Magellano?... La discernete però, là nelle gole di Malal Cawaller, la piccola carovana che avanza, avanza... che s'arresta perchè una mula ha gettato il suo peso, il suo cavaliere, che a terra sanguina, contuso, ferito, persino incerto della vita? Voi quel ferito, Eminenza, che non per questo fermaste le fatiche vostre, mentre appena vi fu dato di lasciare il letto, continuaste le esplorazioni, in Italia rivenendo per dire a Don Bosco, per dire al Santo Padre i piani studiati e sui quali si condurrà la grande conquista. Risultati? Al termine del 1924, per merito dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, la creazione di 16 Parrocchie, di più di 40 chiese, di 15 collegi maschili e 13 femminili, di 40 residenze, con scuole, laboratorii, colonie agricole, oratori festivi, farmacie, ospedali, tipografie e ogni altra carità ed attività; con più di 300 persone consacrate a un tanto trionfo della grazia e del regno di Gesù.

La Patagonia non è più la Patagonia; ma si è calcolato quanta la parte della trasformazione che si deve alla croce, al missionario, a Don Cagliero? S'altri non crede, o poco vide, vide però la grand'opera, che così saliva, vide e l'ammirò il Pontefice, che laggiù creava prima un Vicariato, poi suddiviso in cinque vicarie; vide e l'ammirò il Pontefice, che a riconoscimento e a premio, come un dì dall'Africa il venerando Massaia, dalle Americhe estreme, Voi, Eminenza, chiamò, ed io non dimenticherò mai la commozione e il gaudio che ho provato e in tutti ho veduto, allorchè il 6 dicembre 1915 salivate alla porpora romana. Passavate per andare al Papa che vi attendeva al santo amplesso, mentre io mi smarriva tentando i segreti dell'animo vostro, e pensando che, pur in mezzo a grandiose maestà di riti e sublimità di cerimonie, voi eravate tuttavia col cuore ai vostri selvaggi, ai cacichi che vi avevano chiamato maestro e padre, e ai deserti, nella sabbia dei quali le quante notti avevate dormito e vegliato, protetto dalle stelle della Croce del Sud!

Immensurabile panorama.

Perchè quasi tutto il discorso io l'ho consacrato alla prima Missione, e di questa pure quasi tutto ho taciuto, di ciò che poteva prestarsi a descrizioni affascinanti per la storia e per le scienze ? Per questo: che io desideravo radicar bene nelle menti l'opera di Don Bosco e le sue comunica zioni con Dio, e far sentire, ammaestramento grave e profondo alle anime, che anche nella tenuità dei sogni dei suoi prediletti, è sempre

Dio che passa, novi soli a librar per l'infinito: alle creature l'abbandonarsi a Lui!

(ZANELLA)

Fatto conoscere però il seme, maraviglierà la pianta? E conosciuta la pianta, meraviglieranno i rami? Ed allora dilatate, dilatate le, pupille, e contemplate: il sorprendente, l'indicibile, l'immensurabile panorama!

Al di là del canale di Magellano, la Terra del Fuoco, più veramente la Terra dei fuochi, la più vasta isola dell'Arcipelago che in giù termina al capo Hoorn e sembra o una terra frantumata o il sopranuotare delle punte di una vasta terra sommersa. Segnalata con raccapriccio, Darwin la descrive come l'angolo abitato dalle creature più abbiette e miserabili, coll'uomo nello stato più basso che non in qualunque altra parte del mondo, e di chissà quale progenie! E curioso il problema, che il naturalista inglese si pone, che gli fa vedere lontano, lontano assai, un qualunque bagliore incivilimento per quell'infima razza... Oh no, professore: quanto errato l'oroscopo vostro! Voi eravate là dal 17 dicembre del 1832 al marzo del 33; ma passino cinquant'anni appena, ed eccovi il 21 novembre 1886, Don Fagnano, discendervi nella baia di San Sebastiano, e, colla croce, iniziarvi il regno della fede, con quello insieme della civiltà. Lo disse a Don Bosco la piccola fueghina, che, il 9 dicembre del 1887, esprimeva grazie per la nuova luce fatta sorgere su quelle terre estreme; lo dicono con voce infantile e parola angelica i bambini, che, fiori silvestri magellanici, Don Borgatello ha, illustrato in una tanto cara pubblicazione. Dolorosissima però un'altra cosa, che per quanto faccia arrossire essa di raccapriccio, pure non si può tacere e la si deve dire, questa che gli ostacoli alla civilizzazione, anche laggiù, vennero, forse più che dai selvaggi, invece da certi sfruttatori arrivativi dai paesi civili, che tra mille altre iniquità, anche con questa fecero inorridire: della caccia agli indigeni, innocenti e tranquilli, come alle belve feroci! E peggio, e peggio ancora! chè, pro sino nel cuore dell'Europa civile, a Parigi, in quell'apoteosi del progresso che fu l'esposizione del 1889, undici fueghini ardirono presentare, in gabbia di ferro quasi fiere indomabili, costringendoli a non mangiare che carne cruda, per farla da cannibali. Empietà e sarcasmo! Sei ne morirono, e cinque riebbero la vita per la carità dei Salesiani; ma su questi due risultati, o Signori, non caratterizzati e scolpiti i frutti dei sistemi, coi quali si crede di portare, o si porta realmente la civiltà?

Ma, discesi alle ultime regioni, da Punta Arenas al Capo Hoorn, dalle isole Malvine all'isola degli Stati, non potevano poi i Salesiani non risalire collo sguardo e col cuore ad altri paesi, presso e sotto il tropico e l'equatore, ai quali un maggior sole ancora non aveva portato nè una maggior luce nè una maggiore carità. Ed eccoli adunque fra gli Jivaros dell'Equatore nel 1893; nelle foreste dei Bororos, di Matto Grosso del Brasile, nel 1900; a far sorgere la Prefettura, ora Prelatura Apostolica del Rio Negro, pure nel Brasile, nel 1915; e ad aprire la missione del Ciaco-Paraguayo, nel 1920. Estensioni immense, difficoltà enormi; eppure non in queste quattro regioni nuove già quasi una trentina di case dei Missionari, con una quindicina all'incirca di altre delle Figlie dell'Ausiliatrice?

Dall'America del Sud all'Africa, che con tanta simmetria la fronteggia. E qui, iniziata, nel 1911 una missione a Katanga, nel Congo Belga, nella. Prefettura dei PP. Benedettini; e in alto, uno nell'Algeria e Tunisia, e un'altra nell'Egitto,, con una quarta all'estremità australe, al Capo di Buona Speranza. Donde, all'Australia, a Melbourne, e, prima, a Kimberley-Goldfield, due missioni, e, in quest'ultima anzi un Vicariato, del quale è titolare quel venerando ed espertissimo Monsignor Coppo, che a Pisa mi rallegrava di un'indimenticabile visita, innanzi di salpare. E finalmente, in Asia, fiorenti le opere nella Turchia e nell'Asia Minore, e le molteplici della Palestina, alle quali il protomartire S. Stefano tanto sorride; e poi, nell'India e nella Cina, nel prossimo dicembre anche nel Giappone: la Prefettura Apostolica dell'Assam, il Vicariato di Shiu Chow, fondato nel 192o, e i centri dai quali tanta carità s'irradia, da quello di Tanjore del 19o6, agli altri più recenti di Heung-Shan, di Macau, di Sciangai; presto anche da un centro a Nagasaki. E non missioni, poi, tant'altre case dell'America del Nord e dei paesi d'Europa non cattolici, dove il salesiano fatica e prega per la tutela e l'integrità della fede? Ed anzi, non veramente missionaria, tutta l'opera salesiana - con mille istituti in 48 nazioni, 247 dei quali in 23 nazioni delle tre Americhe, con 296612 allievi e 1354 missionari; e quasi altrettante suore - diretta a salvare candide le menti nel candore dei cuori, non di rado insidiate in mezzo ai popoli, che han nome di civili, più che tra i Caffri e gli Ottentotti? Comunque, fermandoci alle pure Missioni, questi i numeri che s'impongono da pesare: 1169 le persone, sacerdoti e suore, che oggi sono divisi sulla terra in 1077 Opere, con nelle mani 112.819 catecumeni ed allievi da formare. Pensiamo ai missionari morti nei cinquant'anni: pensiamo ai conquistati e ai convertiti; pensiamo agli edifici eretti, ai viaggi compiuti, alle influenze esercitate: non lo si direbbe che stiamo tutti sognando?...

E tutto questo, da ieri sera, non più conforme, ma inferiore a verità, dopo la visione commovente, che, nel Santuario, sotto gli occhi dell'Ausiliatrice, offrivano i nuovi altri 224 missionari, che abbiamo veduto ricevere la croce, baciare i fratelli, disposti a partire. Parlò il superstite dei dieci che nel 1875 avevano sentito parlar loro Don Bosco; il richiamo, i confronti, i numeri corte s'imponevano all'esame e alla meditazione!... Oh, i sogni dei Santi, sui quali così maestose innalza le sue costruzioni Dio!

Avrei finito, o, meglio, devo finire. Ma come non rivolgere prima, colla più profonda e tenera commozione, i cuori riconoscenti agli emuli di P. Damiano e di P. Daniele, a D. Unia e agli altri, sacerdote e suore, che gli si sono aggiunti collaboratori presto eredi, nella pietà verso i lebbrosi? Il martirologio creato da queste speciali carità è già assai copioso, ed innumerevoli le sue pagine, che da tutto il mondo, anche dal più egoista, al più apatico e superbo, hanno strappato applausi per i mirabili eroi. E per Lui, che tra i Salesiani si offrì e cadde, prima vittima, sul campo desolato, non la Columbia, con decreto 10 dicembre 1896, faceva dipingere il ritratto per la sala delle adunanze della Società di S. Lazzaro, e sulla piazza di Agua de Dios collocava la statua in marmo, colla sintetica ed efficace iscrizione: A Don Unia - Apostolo dei lebbrosi in Columbia - la gratitudine nazionale?

Contributi alle scienze.

Con un contributo, poi, anche alle scienze, che in nessun modo si può trascurare. E questo, non per la diffusione del sapere e della storia e delle glorie e dell'amore della terra nostra coi collegi, colle scuole, cogli istituti; non per la lingua italiana, portata ad essere parlata dove voci di Dante e di Manzoni giammai non eran state dette e ripetute; ma proprio per i contributi diretti, immediati, positivi ad una più larga e profonda cognizione del mondo che ci ospita, e del quale siam parte.

Dell'uomo, dei suo caratteri fisici e morali, quante e - quel che più importa - quanto sicure le notizie che le Missioni Salesiane hanno procurato, da obbligare a non poche rettifiche l'etnografia in affermazioni fondamentali e che pareano assunte a dogmi! In particolar modo si vedano le ultime conclusioni sui sentimenti religiosi dei Patagoni e dei Fueghini; s'eran detti senza religione: quanto falsa l'asserzione, come i riti, dei quali i Missionari hanno avuto notizie, e le preghiere che hanno potuto raccogliere hanno dimostrato. Conclusione questa dei Salesiani, alla quale, dietro proprie esplorazioni arriva il valentissimo Padre Gusinde, che, alla quarta giornata della settimana di Etnologia del settembre scorso a Milano, esposte le osservazioni fatte a proposito dei Fueghini, rimproverava: - Ecco il popolo che cinquant'anni fa si presentava come dedito al cannibalismo e sprovvisto di ogni religione! - Poveretti! oltrechè miseri, anche alcunniati e disonorati! « I poveri, ci vuol poco a farli comparir birboni ». Non se ne lamentava anche Agnese?... E prima di lasciare la Terra del Fuoco, come non ricordare il volume che le dedica Don Borgatello, descrivendola nelle sue tribù e nei suoi costumi ed anche nella sua fauna caratteristica, così bene rappresentata anche a quell'Esposizione Missionaria, che tanto genialmente è stata ideata e voluta dal Santo Padre nei giardini vaticani? Come non dire del Dizionario Fueghino-Ona raccolto da D. Beauvoir? Come non raccomandare la lettura di quelle pagine varie e interessanti che sono i Contributi di D. Cojazi al Folk-lore Fueghino e l'opera di Don Alberto De Agostini I miei yiaggi nella Terra del Fuoco, mirabile negli ardimenti che la prepararono e nella eleganza della edizione sotto la, quale si presenta? Da notarsi che è al nome di Mons. Fagnano che quest'opera è intitolata, al quale è pure intitolato un lago di quella terra estrema; e quanto è bello, nei grandi recenti atlanti di Baratta e Visintin, di Andrèes e di Stieler leggervelo, quel nome del grande apostolo della carità e della civiltà, sulla distesa limpida e tranquilla delle acque, nelle quali si specchiano le piante contorte dei turbini sul dorso delle prossime montagne; quadro anche questo e contrasto espressivo tra i padri buoni che amavano, ed altri che invadevano, desolando col vitupero, colla violenza, coll'assassinio.

Dalla Terra del Fuoco alla Patagonia. E non forse questa rivelata, dai quattro poderosi volumi di Don Carbajal? Saliamo. E non intorno ai Bororos orientali del Matto Grosso, nel Brasile, conquiste dello zelo ed anche del sangue di Mons. Lasagna, il volume di Don Colbacchini, primo di una serie rigorosamente scientifica, salutato colle più ampie lodi da quanti amano le indagini serie, per l'esauriente trattazione su dati copiosi e di precisato valore? Apritelo quel volume attraente, anche per la veste così signorile, e che i Tedeschi già leggono tradotto nella loro lingua, e vedetelo, se non sia tale da formar la compiacenza da chiunque si occupi di geografia, di etnografa, di linguistica. Dirò degli altri volumi, alcuni già intravisti, e che stanno per sorgere dietro una sì bella aurora? Dirò delle tredici monografie in corso, e delle cento altre più varie pubblicazioni, che delle Missioni salesiane illustrano le terre, i popoli, le condizioni, il dizionario, la grammatica? del Bollettino Salesiano, che, senza parere, è un vero periodico che gareggia con non pochi specializzati per la geografia nei suoi più varii rami? degli Osservatori, che, determinate, dove fa bisogno, le altitudini, nei luoghi più lontani e difficili, raccolgono i dati e scandagliano i fenomeni dell'atmosfera, che i vari governi con risultato apprezzano e diffondono, a cognizione e studio delle loro regioni? dei Musei e delle collezioni che custodiscono e tesoreggiano gli esemplari delle faune, che si vanno facendo sempre più scarse, e i monumenti e i documenti di antropologia, che, come le selci preistoriche, presso i posteri testimonieranno di razze umane, di tribù, di forme di vita che presto saranno per sempre scomparse?

Sogno... che ora è realtà...

O Signori, non più parole da me, che stancherebbero senza vantaggio; ed invece una visita alla sezione salesiana di quell'apoteosi della carità e delle immolazioni supreme, della civiltà e della fede, che è la Esposizione missionaria vaticana, che, con ben altra eloquenza vi dirà. Dove, passando di meraviglia in meraviglia, di miracolo in miracolo, allorchè giungerete ove Don Bosco sull'opera dei suoi figli e cooperatori s'alza, si compiace e regna, da Lui sentirete ripetervi, colla iscrizione della base, un ringraziamento commosso e insieme il compimento del sogno: Colla vostra carità abbiamo potuto estendere il Regno di Dio sino agli ultimi confini della terra! Sogno di un bambino di cent'anni fa; e sogno che ora è una realtà di opere, di luce e di bontà proprio agli ultimi confini della terra, al Capo Hoorn e al Capo di Buona Speranza, alla Cina e al Giappone, che hanno il primo sole, ed all'Australia estrema. Ma per questo? Perchè il sogno diventasse realtà?... Signori, le ricordate le goccioline di acqua che cadono abbandonate al vento e nelle quali spiega il sole i suoi colori? Oh anime generose, che, dimentiche di voi, alla mano di Dio vi abbandonate che vi guiderà, stille di ristoro alle corolle riarse, a coscienze che vi sospirano; o anime limpide e pure, nelle quali senza contrasti manifesta le sue meraviglie il Signore; oh uomini che vi stimate un nulla, e siete i giganti e gli eroi, voi, gli eletti, dei quali si serve Dio per far di un'ombra e di un sogno le invidiabili sue realtà!... Ed è per questo, Eminenza, che da Voi che in tal modo vi offriste alla mano e ai prodigi di Dio, che noi, benedicendo il Signore, domandiamo, attendiamo una preghiera e una benedizione; per noi, per Torino, per la Patria, per le Nazioni tutte. Ieri, questa l'avete detta la benedizione di Don Bosco: rinnovatela, benedizione vostra: l'accoglieremo, la sentiremo, tenerezza di padre e soavissima carità.

Il discorso tutto permeato di una commozione intensa, pronunciato con una voce a volte velata di lacrime non sempre rattenute, venne sottolineato nei punti più salienti da scrosci di applausi, e coronato da un duplice plebi scito di affettuosa simpatia agli Eminentissimi Principi di S. Chiesa, all'oratore, il Card. Maffi, e al glorioso superstite della piccola schiera partita cinquant'anni fa, il Card. Cagliero.

E reiterati entusiastici applausi accompagnarono la partenza del Principe e delle altre AA. RR., del Rappresentante del Governo, di S. E. Mons. Arcivescovo e di tutte le Autorità.

» Cento anni fa, un sogno di un contadinello - notava il Corriere di Torino - cinquant'anni addietro una cerimonia semplice, passata quasi inosservata, ignota certamente al mondo ufficiale; ed oggi quel contadinello aduna attorno a sè Principi di sangue reale e di S. Chiesa, rappresentanti ufficiali di Nazioni e di Governi, in una cerimonia che ha risonanza in tutto il mondo civile.

» Cent'anni fa un seme, ed oggi una pianta, i cui rami si estendono nei cinque continenti; cinquant'anni fa la partenza di io semplici, poverissimi, inermi missionari, ed oggi... un vero impero coloniale!

» È la storia dei primi rozzi Pescatori che si rinnova. E pensare che ci sono ancora quelli che non credono ai miracoli! »

(1) Preferiamo dar integro il discorso e tralasciare le copiose note che l'accompagnano, dove l'Eminentissimo indica le fonti alle quali attinse, e trascrive vari documenti, tra cui i Ricordi dati dal Venerabile ai primi Missionari, che abbiamo già pubblicato nel fascicolo di novembre.

Affettuoso tributo.

Il 13 novembre tutta la comunità si raccoglieva di nuovo ai piedi di Maria SS. Ausiliatrice per pregare la pace eterna ai Missionari ed alle Missionarie, morti nei cinquant'anni decorsi. Nel doveroso tributo vennero associate le anime dei Benefattori passati all'eternità.

Celebrò messa solenne il rev.mo Don Rinaldi. Assistevano tutti i nuovi Missionari: e ai nostri alunni si univano molti fedeli nelle preghiere e nell'accostarsi alla Santa Comunione in suffragio di quei carissimi tra tutti i nostri cari defunti. Una cerimonia commovente.

Nei dì seguenti i nostri allievi compivano il doveroso tributo di affettuosa ammirazione offrendo al Signore tutte le loro preghiere e sante Comunioni e la stessa diligenza nel più esatto adempimento dei loro doveri ad implorare le benedizioni più elette sui Missionari Salesiani, sulle Figlie di Maria Ausiliatrice Missionarie e su tutti i Benefattori.

Le adesioni.

Un coro imponente di plauso e di ammirazione all'azione svolta dai Missionari di Don Bosco fu quello delle adesioni con lettere e con telegrammi giunti da ogni parte d'Italia e dall'Estero. Con rammarico, per mancanza di spazio dobbiamo limitarci a riprodurne solamente alcune.

La Benedizione del S. Padre.

ROMA. - CARD. CAGLIERO - Oratorio Salesiano, Via Cottolengo 32 - Torino. - Fausta ricorrenza Cinquantenario Missioni Salesiane,. Santo Padre, vivamente felicitandosi con Vostra: Eminenza che aperse solco copiosissima messe evangelica e con Società Salesiana, invoca particolare Divina Assistenza fiorenti Missioni, benedice con efusione di cuore Vostra Eminenza, Superiori, Missionari tutti e fedeli affidati loro cure.

CARD. GASPARRI.

La Regina Madre.

BORDIGHERA. - Rev. Don RINALDI, Rettor Maggiore dei Salesiani - Via Cottolengo 32 - Torino. - Oggi che con rito solenne codesto Istituto celebra la Commemorazione Cinquantenaria delle Missioni di Don Bosco, Sua Maestà la Regina Madre, alta Ammiratrice delle Opere Salesiane, grandiosa affermazione di fede e di patriottismo, presente col cuore e col pensiero costi alla commovente cerimonia, rinnova i suoi voti che migliori e più alti non potrebbe auspicare per un avvenire sempre più fulgido dell'Opera meravigliosa del Grande Apostolo.

La Dama di Corte di S. M. CONTESSA PES.

Echi dell'azione missionaria.

GENOVA: - Card. GIOVANNI CAGLIERO - Via Cottolengo, 32 Torino. - Ricorrendo domani Cinquantenario inizio sue missioni nella Patagonia, noi che per tanti anni ammirammo laggiù nella affascinante sorella Argentina le mirabili opere di carità cristiana e di civiltà italiana compiute da Vostra Eminenza e benemeriti suoi cooperatori, ci associamo festeggiamenti onore Salesiani, dei quali Ella è il più alto esponente, augurandole che la Provvidenza ce la conservi a lungo.

Senatore LUIGI LUIGGI, Famiglia GIAC. PINASCO e famiglia RAFFo, ZOLEZZI LUIGI, Amaro SANGUINETTI, tutti italiani, di Liguria, ammiratori dell'Argentina.

Da PADOVA, durante il Congresso Missionario:

Card. CAGLIERO, Salesiani, Torino: - Vescovo, Clero, Seminaristi Padovani, tra assidui lavori Congresso Missionario ricordano Vostra Eminenza e Commissioni Salesiane celebranti Cinquantenario feconda vita, presentano ossequi augurali, invocano Venerabile Bosco verace spirito apostolato cristiano. - ELIA, Vescovo.

CREMONA: - Con la visione immenso bene compiuto vostre Missioni America unisco mio plauso commosso al plauso d'Italia pei Figli Don Bosco. - MONSIGNOR LOMBARDI.

Il nostro Rettor Maggiore in Polonia.

Nell'ottobre u. s. il nostro Rettor Maggiore fu a visitare i principali istituti salesiani della Polonia. Dopo brevi soste a Venezia e a Vienna, dove tutte le Case Salesiane poterono godere per brev'ora della sua presenza, entrò in Polonia.

La prima casa salesiana ove scese il sig. Don Rinaldi in Polonia fu quella di Oswieçim, nota anche ai lettori del « Bollettino », la quale conta presentemente 400 alunni tra studenti ed artigiani, ed ha accanto una bella chiesa gotica, sotto il titolo di Maria Ausiliatrice. Il collegio e la chiesa vennero iniziati nel 1898: quindi son più di cinque lustri che i figli di Don Bosco svolgono la loro azione a prò della gioventù polacca in quella città, che prima della guerra si trovava ai confini dei tre imperi, russo, tedesco ed austro-ungarico.

Da Oswieçim il Sig. Don Rinaldi passò subito a Lòdz, ov'è la scuola professionale di meccanici, di cui abbian parlato recentemente.

Festose accoglienze.

« Ieri, 1° ottobre, spigoliamo dal giornale di quella grande città manifatturiera, «Kurjer Lòdzki » (N. 269), arrivò a Lodz il Generale dei Salesiani per visitare i fiorenti istituti salesiani. Il Governo Polacco ha concesso gentilmente il percorso gratuito in 1a classe al Successore del Ven. Don Bosco, per tutte le reti dello Stato. Alla stazione di Varsavia egli fu ricevuto dal direttore dott. Don Latka., dal pro-Sindaco della città, dall'Ispettore di Polizia, dai rappresentanti del Club Artigiano e di altre società operaie e associazioni religiose...

» Il sig. Don Rinaldi con la sua bontà paterna si guadagna il cuore di quanti hanno la fortuna di avvicinarlo.

» All'entrata dell'istituto salesiano era stato eretto un grandioso arco trionfale, con fiori e ghirlande. Numerosi cooperatori erano accorsi anche da lontani paesi per dare il benvenuto al Successore di Don Bosco, che, indossate le sacre paramenta, impartì la Benedizione col Venerabile. Quindi si svolse una solenne accademia.

» Diedero il benvenuto al Superiore Generale il Direttore dell'istituto in italiano, un chierico in lingua latina, ed un Consigliere Municipale che lo ringraziò, a nome delle numerose famiglie degli allievi delle Scuole Professionali, della cultura religiosa e professionale che i Salesiani dànno ai loro alunni. In fine una commissione di Cooperatrici Salesiane offriva al festeggiato un mazzo di rose bianche ed un giovane del III corso lo ringraziava a nome dei compagni di tutto il bene che ricevono dai figli di Don Bosco.

» Il sig. Don Rinaldi visibilmente commosso con belle e paterne parole ringraziò la cittadinanza di Lòdz per la simpatia che ha e l'aiuto che dà alla Società Salesiana; e a sera tutto l'Istituto apparve illuminato a festa e la popolazione sino a tarda notte godette il magnifico spettacolo ».

Da Lòdz passò a Varsavia, ove pure ebbe un'accoglienza solennissima, e attorno a lui sedettero a mensa al i personaggi della città, della stampa, dei Clero e del Governo, che esaltarono l'opera dei figli di Don Bosco: e don Rinaldi, ringraziando tutti delle solenne accoglienza ricevuta nella Capitale della rinata Polonia, affermava la sua decisione di far ogni sacrifizio per aprire in Polonia il maggior numero di istituti d'educazione.

Quindi prese la parola, e a lungo, S. E. il Cardinal Kakowski. L'Eminentissimo Oratore rilevò, prima di tutto, come la Polonia deve a Roma ed all'Italia non solo la Religione cattolica, ma la cultura e la civilizzazione cristiana. « Questi inestimabili tesori spirituali, diceva, hanno assicurato alla nostra Patria la gloria e la potenza politica al tempo dell'indipendenza, la forza e la stabilità nei duri momenti della schiavitù, e il trionfo della risurrezione e della rinascenza nell'ora presente. Dall'Italia vennero a noi anche le idee nuove circa l'educazione della gioventù e di queste idee l'espressione più bella è la Società Salesiana. Lo sviluppo delle scuole professionali, ispirate al migliore programma e all'amore soprannaturale di Dio e del prossimo, ecco la sublime vocazione della Società del Ven. Don Bosco nelle nostre terre » .

Sua Eminenza terminò con un grazie speciale a Don Rinaldi per le opere da lui iniziate nell'archidiocesi di Varsavia.

A nome dei salesiani di Varsavia salutò Don Rinaldi l'ispettore Don Antonio Klond, e in seguito presero la parola anche i rappresentanti del Governo e del Municipio, e lo stesso Nunzio Apostolico S. E. Mons. Lauri.

A. sera, ad onore di Don Rinaldi si tenne una conferenza con proiezioni, e tra le scene proiettate sullo scherno destò vivo interesse nel numeroso stuolo dei Cooperatori la vista della casa di Varsavia nel suo progressivo sviluppo.

Questa casa venne fondata sotto il regime russo dal benemerito Mons. Siemiec di s. m.; e i Salesiani vi aggiunsero quattro scuole professionali, e da due anni una legatoria di libri e una grande tipografia che di recente si è arricchita di una macchina della più perfetta costruzione per fondere i caratteri, l'« intertype », che pubblica un periodico archidiocesano, il supplemento provvisorio del « Bollettino Salesiano », un'edizione di « Gioventù Missionaria », ed altri periodici di circoli giovanili, ad es. della « Croce Rossa », una collana drammatica per istituti educativi, ed opere di tecnologia delle principali arti e mestieri.

Importanti Istituti.

Da Varsavia il sig. Doli Rinaldi si recò a Wilno, un complesso di edifizi, fondati nel 19o7 dal Canonico Lubianiec, uomo di grande iniziativa, stimato da tutti quale insigne benefattore. Il suo era un istituto misto, che durante la guerra ospitò fino ad 840 ragazzi e ragazze, tutti orfani o derelitti.

I Salesiani vi entrarono nell'agosto del 1921: si fece subito la separazione dei ricoverati, e le fanciulle vennero affidate alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Al presente 200 son le ragazze affidate alle Suore e 200 i ragazzi sotto la cura dei Salesiani. Gli orfanelli frequentano le scuole elementari e professionali e prestano l'opera loro in un molino e in fiorenti colonie agricole nelle vicinanze: e tutte queste scuole son approvate dal Governo.

Il sig. Don Rinaldi fu ricevuto alla stazione dalla banda degli artigiani, visitò la Casa delle Suore e quella dei Salesiani, sotto il titolo del S. Cuore; e ricevette l'omaggio delle autorità ecclesiastiche, militari, e governative, a cui restituì le visite.

A Rozanystok, poco distante da Grodno, sorge una magnifica chiesa uffiziata un tempo dai PP. Domenicani, dove si venera una miracolosa immagine della Madonna. Sotto l'impero russo la chiesa e il chiostro passarono agli scismatici, divenendo un forte centro dello scisma. Caduto l'impero russo, le monache ivi residenti rifugiarono a Kiew, ed asportarono la taumaturga immagine della Vergine, lasciandovene solo una copia. Dal 1919 presero possesso della chiesa e dei numerosi circostanti edifizi i Salesiani, dietro l'invito del Vescovo di Wilno, appoggiato dal Nunzio Apostolico Mons. Achille Ratti, oggi Papa Pio XI.

Il collegio ospita un ginnasio pareggiato con 15o allievi e le scuole professionali dei falegnami, ivi trasferiti da Varsavia, e dei sarti e calzolai.

Il collegio è fiorentissimo; ha un battaglione di preparazione premilitare, una Sezione della Croce Rossa e un Circolo di e Gioventù Missionaria ».

La parrocchia, affidata anch'essa ai Salesiani, conta 4000 anime.

Rozanystok ha pure le Figlie di Maria Ausiliatrice che attendono ad un asilo di 150 bambini e bambine e ai laboratori di ricamo e di cucito.

Le accoglienze che vi ebbe il sig. Don Rinaldi furono assai festose, e il buon Padre alla vista della grandiosità e della bellezza di quel complesso di edifizii che formano Rózanystok, non potè far a meno di chiamarlo un paese salesiano.

Nuove reclute.

La domenica 11 ottobre a Czerwinsk più di cento nuovi ascritti salesiani ricevevano l'abito ecclesiastico dal nostro Rettor Maggiore.

La nostra casa di Czerwinsk è un antico chiostro di Canonici Lateranensi con annesso uno splendido tempio nove volte secolare, in puro stile romano, su un'incantevole collina presso la Vistola.

Alla cerimonia della vestizione volle esser presente anche S. E. Mons. Vescovo di Ptock, nelle cui diocesi sorge l'istituto, con altri Prelati ed un'onda di popolo. Il coro parrocchiale eseguì egregiamente musica liturgica. Il sig. Don Rinaldi parlò commosso; e le sue parole vennero letteralmente tradotte dall'ispettore Don Klond. Disse tutta la sua gioia nel veder tante nuove vocazioni alla Società Salesiana, tanto affetto e tanta stima per l'opera nostra e tanta venerazione per il grande Apostolo della gioventù. E questa fu l'impressione più profonda che riportò Don Rinaldi nel suo viaggio: la venerazione universale che riscuote il nostro Venerabile Fondatore.

Ad Alexandrow.

Anche ad Alexandrow il sig. Don Rinaldi ammirò il fiorire dell'Opera Salesiana in un bel collegio, aperto fin dal 1919, con scuole ginnassaili e liceali, pareggiate, con 170 allievi, in un convitto in costruzione per 200 allievi della regione Kujamy; e in una bella chiesa parrocchiale, affidata anch'essa ai Salesiani, che insegnano la religione nelle scuole comunali della città e dintorni. La parrocchia conta 8ooo anime.

Ossequiato dalle autorità, dalla gioventù e cittadinanza, proseguì a Lad, un tempo celebre Abbadia Cisterciense, situata sulle rive del fiume Warta, con un tempio, forse il più bello di tutta la Polonia. Il chiostro, la chiesa, la parrocchia, furono accettati dai salesiani nel 192o, che vi apersero un istituto per l'Opera dei Figli di Maria, o per i giovani adulti desiderosi di abbracciare lo stato ecclesiastico. Il numero degli alunni che vi accorrono da tutte le parti della Polonia sale già a 15o; ed il nostro Rettor Maggiore si compiacque di quell'ampia fioritura di vocazioni.

A Przemysl.

Tornato a Varsavia, ossequiò S. E. Rev.ma il Nunzio Apostolico Mons. Lauri, e congedatosi dai confratelli e dagli alunni, cui raccomandò vivamente la divozione a Maria Ausiliatrice, partì il 15 ottobre per Przemysl, di cui si parlò tanto durante la guerra.

Le accoglienze che vi ebbe il III Successore di Don Bosco furono solennissime: Anche la stazione venne decorata con l'effigie di Don Bosco.

La casa salesiana di Przemysl fu iniziata nel 1907 con un grande Oratorio festivo: poi vide sorgere una bellissima chiesa in onore di S. Giuseppe sii disegno dell'architetto cav. Ing. Ceradini, che è omai ultimata ed è sede di una parrocchia di 15.000 anime che popolano un intiero quartiere sulle rive del San. La casa Salesiana di Przemysl ha un'opera caratteristica, una fiorente Scuola per organisti - con un centinaio di alunni - i quali, mentre svolgono un ampio programma musicale (contrappunto, istrumentazione, canto, ecc.) apprendono anche il mestiere di sarto o di calzolaio, o attendono al giardinaggio ed all'agricoltura.

All'Oratorio festivo sono iscritti più di 300 alunni. Anche il numero dei Cooperatori è grande; supera i 300, con due Comitati intenti enti ai lavori di costruzione della nuova chiesa.

Oltre questa casa principale, Przemysl ha pure un ospizio salesiano per orfani e derelitti, detto del Patrocinio di S. Giuseppe, che ospita 15o ragazzi dagli 8 ai 17 anni, i quali frequentano le scuole comunali e vari laboratori nella città. Una benefica associazione provvede loro il necessario. S. E. Mons. Nowak, vescovo di Przemysl, è il grande amico e benefattore di quelle opere.

A Cracovia.

Il 17 ottobre Don Rinaldi passò a Cracovia per prender parte alla riapertura del Collegio Lubomirski, che dal tempo della guerra venne adibito ad altri scopi. L'istituto s'inaugurò con 1o8 giovani artigiani, che frequentano varie scuole professionali della città; ed annesso al collegio è un Oratorio festivo con varii Circoli giovanili.

All'omaggio reso a Don Rinaldi nella gran sala dell'Istituto, presero parte S. E. Mons. Sapiecha, Principe Arcivescovo, il Prefetto della Provincia Kowalikowski ed altre cospicue personalità. Don Rinaldi si disse commosso nel veder tanta stima per l'Opera Salesiana.

Il giorno seguente restituì la visita a Mons. Arcivescovo e visitò anche la Chiesa Mariana, splendida e grandiosa, ed il celebre Wawel, castello reale con la Cattedrale di Cracovia. Celebrò anche nella chiesa parrocchiale annessa ad una seconda casa salesiana in Cracovia.

In altre case.

Vide anche La Levsa, cioè la casa-studentato pei chierici studenti di filosofia, che viene alzata di due piani, e si recò a Klecza Dolna, un paese di montagna, dove provvisoriamente albergano i chierici, che fecero una festa affettuosissima al III° Successore di Don Bosco.

Per ultimo tornò e si soffermò due giorni ad Oswieçim, dove ebbe agio d'intrattenersi con tutti i Direttori Salesiani della Polonia, e ricevette gli omaggi di tutta la cittadinanza, con a capo il Sindaco.

Lasciando la Polonia il sig. Don Rinaldi si portò in Ungheria, e precisamente a Budapest, donde mosse a fare una breve visita agli altri Istituti Salesiani; poi tornò a Vienna, e di là si spinse in Baviera per visitare le case di Passavia, Ratisbona, Ensdorf e Monaco.

Nel tonfare in Italia, alla stazione d'Innsbruck venne ossequiato dagli alunni dell'Istituto Salesiano di Fulpmes.

Similmente alla stazione di Trento ebbe il piacere di salutare quei confratelli e i loro alunni: e da Trento, dopo breve sosta a Verona, felicemente era di ritorno tra noi il 28 ottobre.

DALLA BAVIERA.

Ci duole di non aver particolari notizie dall' Ungheria e dalla Baviera, ad eccezione di questa, giuntaci da Ensdorf:

Il 24 ottobre 1925 rimarrà indimenticabile nella cronaca del noviziato di Ensdorf in Baviera. Alla sera verso le 10, giungeva tra noi il rev.mo sig. Don Rinaldi, accompagnato dagli Ispettori della Polonia e della Germania. Gli ascritti, impazienti di vederlo e di baciargli la mano, dopo aver addobbato ed illuminato tutta la casa, lo attendevano all'ingresso presso un arco trionfale.

Al suo arrivo la banda intonò una marcia ed uno degli alunni rivolse al caro Padre un affettuoso saluto.

Il giorno dopo, nella Chiesa parrocchiale, ebbe luogo la vestizione chiericale di 63 ascritti in presenza dei parenti accorsi da tutte le provincie dell'Austria e della Germania, e di una folla immensa.

Fatta la vestizione, il sig. Don Rinaldi rievocò le parole che Mamma Margherita disse a Giovanni Bosco, il futuro apostolo della gioventù, quando vestì l'abito ecclesiastico: « Giovanni mio, tu hai vestito l'abito ecclesiastico;, io ne provo tutta la consolazione che una madre può provare per la fortuna di suo figlio; ma ricòrdati che non è l'abito che onora il tuo stato, è la pratica della virtù »: e inculcava loro la divozione a Maria Ausiliatrice. E ricordando le parole che avevano ripetuto poc'anzi di rinunziare al inondo svestendo l'uomo vecchio e vestendo l'uomo nuovo nel consacrarsi a Dio nella Società Salesiana: « I vostri parenti, diceva, hanno fatto il sacrifizio di darvi a Dio e grande sarà il loro premio in cielo, e voi e noi pregheremo sempre su loro le benedizioni di Dio; ma voi non dimenticate, mai il fine che vi siete proposti... ».

Finita la cerimonia, seguì la Messa solenne; e a sera, dopo i vespri si raccolsero tutti attorno al sig. Don Rinaldi per rendergli omaggio; e il buon Padre dopo cena ricordò loro un sogno di Don Bosco in cui il Venerabile aveva visto... dei lontani paesi, coperti di neve, tanti e tanti giovani correre a lui, vestiti di pellicce e con alti gambali ai piedi...

« Ora vedo, esclamava D. Rinaldi, che Don Bosco anche in quel momento lesse nel futuro, poichè io stesso ho dato in questi giorni l'abito clericale a circa 200 futuri salesiani, tra Polacchi, Ungheresi e Tedeschi, e per questo mi sento, in certo qual modo più felice del nostro Venerabile Padre, perché: ciò che egli vide solo «in sogno », io lo vedo co' miei occhi! Ringraziate Iddio e la Vergine Ausiliatrice della grazia insigne della vostra vocazione, e per esserne sempre degni tenete fisso lo sguardo in Don Bosco, il vostro esemplare, per far vostro il suo spirito, studiandovi di calcar le sue orme e di viverne gli insegnamenti ».

Come appare da questi brevi appunti dobbiamo ringraziare il Signore per la visibile assistenza che presta in ogni luogo all'Opera di Don Bosco mercè l'appoggio di tanti benefattori, e ciò facciamo, dal profondo del cuore implorando loro le più elette benedizioni!

Il Sac. Prof. Don Luigi Piscetta

Quando l'Arcivescovo di Torino, il Card. Gaetano Alimonda, presentò un pellegrinaggio del Clero Piemontese a Papa Leone XIII, anche il compianto Don Piscetta era nel numero dei pellegrini; e l'Alimonda, che tanto l'apprezzava, gli usò l'attenzione di fargli portare una sedia, sopra la quale volle che montasse, perchè, piccolo di statura, a miglior agio potesse vedere il Pontefice. E quando Leone XIII gli fu d'accanto e stava per dargli a baciare la mano, l'Arcivescovo fece tale elogio della dòttrina e della pietà del « Salesiano di Don Bosco, dottore collegiato, professore del Seminario arcivescovile di Torino », che il Pontefice si fermò a guardarlo per alcuni istanti, e poi, vòlto all'Alimonda, esclamò di scatto: - Tantillus et tantus?... (così piccolo e così grande?).

In vero, il compianto Don Piscetta nulla aveva di esterno che lo rendesse notevole: non prestanza di corpo, che era assai povero e malfermo; non vivacità di sguardo, che aveva debole e malato; non vigoria di gesto, che timido era invece ed impacciato, anche pel basso concetto di sè; non imponenza di voce, che aveva poca e stanca; non ricchezza d'eloquio, che era sobrio e misurato; ma tanta era la luce intellettuale che irradiava da sè, che, senz'altro, illuminava e avvinceva.

Nato a Comignago (Novara) il 12 febbraio 1858 - il giorno dopo la prima apparizione della Vergine a Lourdes - il 2 ottobre 1870 venne all'Oratorio e da tutti fu notato a dito per le piccole e meschine forme esteriori, ma non tardò a mostrarsi ricco d'immensa bontà, di raro ingegno e di singolare memoria; doti delle quali infiorò tutta la vita.

Compì il ginnasio in tre anni, e sempre il primo della classe. Studente di quinta ginnasiale, ogni sera, nell'ultima mezz'ora di studio, mandava a memoria un canto intero di Dante, o lunghi passi di Omero e di Virgilio e di altri autori: e ne diede splendido saggio all'esame di licenza. Nel 1873 dava il nome alla Società e vestì l'abito per mano di Don Bosco. Nel 188o fu ordinato sacerdote, e si laureò in teologia. Nel 1885 ottenne l'aggregazione alla Pontificia Facoltà Teologica, e cominciò ad insegnare nel Seminario Arcivescovile di Torino.

Contemporaneamente percorse la più brillante carriera in Società. Non appena ordinato sacerdote, il Ven. Fondatore l'inviò maestro e direttore spirituale allo studentato filosofico di S. Benigno Canavese; poi successivamente fu vicedirettore e direttore dello Studentato di

Valsalice; e, dopo la morte di Don Durando, il venerato Don Rua lo chiamò a far parte del Consiglio Superiore della Società, ove, confermato dalla stima unanime dei confratelli, rimase sino alla morte.

Pieno di ammirazione per l'Opera Salesiana e per il suo Fondatore, non è facile rilevare in un breve necrologio i segnalati servizi che rese all'intero istituto, col prestigio della venerazione e della stima che godeva universalmente, con la scrupolosa premura con la quale cooperava, col consiglio e coll'opera, alla conservazione dello spirito salesiano nella sua più genuina espressione, e col mettere a profitto tutto l'acume della sua mente e della sua illuminata esperienza, sia come regolatore esperto e prudente in vari Capitoli Generali, sia nella compilazione dei regolamenti, o nelle direttive in casi dubbiosi e nel consigliare e nel confortare.

Fu uomo superiore, e degli uomini grandi ebbe tutta la bontà che lo rendeva affabile e premuroso con tutti, a tutti rivolgendo un affettuoso saluto e una buona parola. Le ore della ricreazione era delizioso passarle con lui, che, dotato di prodigiosa memoria, aveva sempre pronto l'aneddoto grazioso ed ameno. La memoria era veramente tale in lui da richiamare l'attenzione di chi appena lo avvicinasse e da restarne fortemente colpiti. Pronta, precisa, tenace, riteneva con serena disinvoltura quanto le si presentava: tratti di Sacra Scrittura, canoni, rubriche, brani di autori in poesia o in prosa, antichi, moderni, latini, italiani, dialettali; aneddoti, arguzie, proverbi; e tutto riteneva con tranquillo possesso, e opportunamente se ne giovava in scuola e ne infiorava la conversazione, anche nell'età matura e avanzata.

Particolarmente versato nella Teologia, era meritamente stimato uno dei migliori teologi contemporanei. Le sue lezioni eran piene di profondità di dottrina e di meravigliosa chiarezza, e il suo criterio, largo ed aperto nel mezzo dell'ortodossia più pura a tutte le nobili manifestazioni del pensiero.

Con tanta ricchezza di memoria e d'ingegno avrebbe potuto dar bella prova di sè in varii generi di sapere e lasciò un'impronta propria nello studio e all'insegnamento della Teologia Morale.

Formatosi alla scuola dell'indimenticabile Mons. Bertagna, ne ereditò lo spirito e ne raccolse e sviluppò la dottrina, che per quasi quarant'anni, senza trascurare alcuno dei suoi do veri di religioso e di superiore, espose ed insegnò con meraviglioso acume e risultato nella Pontificia Facoltà Teologica del Seminario di Torino, lasciando del suo insegnamento, oltre il frutto diretto e personale nell'animo di tanti allievi che, con unanime divozione filiale, rimpiangono il maestro dotto e buono, un documento prezioso nel testo di Teologia Morale da lui pubblicato, di contenuto solido e sicuro, dove tuttò, financo la lingua latina, com'è da lui usata, risente del carattere personale del suo ingegno riflessivo e maturo.

Ed era di una pietà profonda e di una bontà commovente.

Ogni giorno, dopo aver celebrato ordinariamente nell'infermeria, scendeva nel Santuario di Maria Ausiliatrice, e v'indugiava a lungo, assorto in preghiera, ascoltando una, due, tre messe. E bisognava vedere con quanta fede, fissi i poveri occhi sul celebrante, lo seguiva immobile, pregando! Nutriva anche una speciale venerazione per la parola di Dio, e, pur così illuminato e còlto, non mancava a nessuna forma di predicazione, chiunque fosse il predicatore.

La sua bontà si faceva più vivamente sentire quanto più cercava di dissimularla, e lo sanno quanti, e sono senza numero, ne gustarono i frutti... Che dire della delicatezza del suo animo, grato anche verso tratti di riguardo così insignificanti, che non erano avvertiti nemmeno da chi ne era l'autore? e dell'umile sentire di sè, che lo faceva schivo e quasi pauroso di ogni segno di distinzione, nemico dichiarato di ogni parola di lode o di deferenza, e restio anche alle intime e modeste attestazioni di doverosa riconoscenza? e della pazienza serena colla quale sopportava i molti incomodi e malori che da tanti anni affliggevano il suo povero corpo già così malfermo e stentato, specialmente il mal di occhi che da tempo gli proibiva l'occupazione più fatta per lui - il leggere e lo scrivere - dalla quale tanto conforto poteva ricavare per sè e tanto frutto per gli altri? e della pazienza ancor più notevole con la quale sapeva in modo così accetto sopportare e sollevare le anime afflitte o sviate, di giovani e di anziani, di confratelli e di estranei, che a lui si confidavano? Chi volesse trovar un'espressione sola che lo compendi tutto, non potrebbe forse esprimersi meglio che chiamandolo l'uomo della bontà: bontà sovrana, affabile, cordiale, esuberante, e mai smentita verso tutti.

Il caro Don Piscetta, l'uomo della bontà, si è presentato al trono del Signore ricco di meriti. Ma ci ha lasciati nel pianto, e il nostro dolore troverà conforto soltanto nella sua memoria e nelle preghiere per lui, e queste chiediamo anche ai nostri Cooperatori.

Solenne Commemorazione della Serva di Dio M. Mazzarello.

L'8 novembre segnerà una data luminosa per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che vide accolta negli ampi e nuovi locali della loro Casa Internazionale « Maria Mazzarello » a Borgo S. Paolo in Torino, il fiore della cittadinanza per un'imponente dimostrazione d'omaggio alla 1a Superiora Generale.

Alle 16 la banda musicale dell'Oratorio Salesiano di Valdocco intonò la Marcia Reale a salutare l'ingresso di Sua Em. il Cardinal Cagliero, accompagnato dal Rettor Maggiore Don Rinaldi, da Mons. De Oliveira, Mons. Guerra, Mons. Malan, Vescovi Salesiani, dal Presidente Nazionale degli Ex-allievi di Don Bosco, dalla Rev. Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice con altre Superiore del Consiglio Generalizio e dal Consiglio Internazionale delle Ex-allieve.

Prese subito la parola la prof. Serapia Cotto, illustrando in Maria Mazzarello la « Donna Forte » ed allietandosi che la solenne commemorazione, destinata a proiettare nuova luce sulla Serva di Dio, coincidesse colla data gloriosa del Cinquantenario delle Missioni Salesiane, perchè la Mazzarello ebbe non solo cuore di apostola, ma fu la pietra angolare di un Istituto che omai popola di missionarie la terra.

In seguito sale alla tribuna l'oratore ufficiale, Mons. Rossi, Vescovo di Susa, il quale esordisce col dire che la commemorazione ha il significato di una « dedicazione » volendosi con essa illustrare anche l'introduzione della Causa di Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio.

« Oggi, esclamava l'eloquente Prelato, noi commemoriamo in questa sala la 1a Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che, fra non molto, giova sperarlo, noi venereremo sopra un altare ».

E con tocchi maestri e parola eletta S. E. tratteggia la figura morale della Serva di Dio delineando lo svolgersi di quella vita così semplice, e pur così grande, con tant'evidenza, che la venerata figura ne balzò viva e palpitante. Efficacisssima l'esposizione dei principali episodii della sua vita, ed eloquenti gli accenni alla sua attività instancabile, al suo zelo operoso, alla sua sete di sacrificio, alla sua unione con Dio... « Maria Mazzarello fu grande, diceva Mons. Rossi, perchè fu santa! »

Ripetuti applausi coronarono le parole dell'Oratore, che accrebbero in tutti l'intima persuasione della santità della Serva di Dio e il desiderio di averne la protezione efficace.

Indìce dell'Anno 1925.

Notificazioni e documenti.

Il Sac. Filippo Rinaldi ai Cooperatori e alle, Cooperatrici Salesiane (1° gennaio 1925), pag. 1, 309.

CINQUANTENARIO DELLE MISSIONI SALESIANE (1875-1925). - La celebrazione nell'Argentina (Don G. Vespignani), 29, - Il programma dei festeggiamenti, 253. 3o6.

- NUMERO di novembre, 281. - La prima spedizione; 11 novembre 1875; 283. - L'addio e i ricordi di Don Bosco, 288. - Don Bosco e le Missioni Estere, 293. - Il Ven. Don Bosco e i Missionari, 296. - Dopo cinquant'anni di lavoro, 298. - Appello del Comitato promotore, 306. - Mezzi di propaganda missionaria, ivi. - « Gioventù Missionaria », 307.

-- NUMERO di dicembre: Il Cinquantenario, 310 - Il tempio ad onore di Gesù Adolescente e della S. Famiglia, 311. - 11 novembre: la spedizione di 224 Missionari, 316. - 12 novembre: Commemorazione civile, detta dal Card. Maffi alla presenza di S. A. R. il Principe Ereditario, 318.

Esposizione Missionaria Vaticana, 39, 63, 176* (1).

- Visitando l'Esposizione Missionaria, 255. L'Opera di Don Bosco pro immigrati nell'Argentina (Sac. Stefano Trione), 9.

Alla mostra «Orfani di guerra », 34

« Unione Don Bosco » tra insegnanti, 35. Istituto per aspiranti missionarie, 39. Istituto per aspiranti missionari, 44. Un insigne cooperatore cinese, 57. Le visite di una santa a Torino, 59.

Nel 680 anniversario di Domenico Savio: - Gli

« amici » di Domenico Savio, 61.

Le nuove Beatificazioni e Canonizzazioni, 85, 141il Culto e l'invocazione dei Santi (Ven. D. Bosco), 86. - Le reliquie dei Santi (id.), 141.

Il Beato Giuseppe Cafasso nelle memorie del Ven. D. Bosco, 88. - La missione del Ven. Don Bosco e il B. Cafasso, 113. - Il Beato Cafasso e il Ven. Don Bosco, 143.

I trionfi della Cooperazione Salesiana (D. Stefano Trione), 119.

La commemorazione di un « sogno », a Roma e a Castelnuovo d'Asti, 147.

Il Successore di Don Bosco in Romagna, nelle Marche, nell'Umbria e nel Lazio, 152, 191. L'introduzione della Causa di Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio Maria Domenica Mazzarello, 169. - Il decreto, 170. - Solenne commemorazione, 334.

La festa della riconoscenza all'Oratorio, 174. Care notizie del Paese di Gesù, 262.

Come Iddio veglia sui Missionari (D. Balzola), 270. Il nostro Rettor Maggiore in Polonia, 330.

(1) Siccome le pagine dei fascicoli di luglio e agosto hanno avuto la stessa numerazione, per distinguerle, qui nell'indice ai numeri delle pagine di agosto aggiungiamo un asterisco.

Ricordando il Ven. D. Bosco„

Adesso siamo amici, 7.

La sua calma, 36. Com'era stimato, ivi.

Nel 1887, a S. Siro in Genova, 62.

Il pilonetto di Maria Ausiliatrice sulla strada di Valsalice, ivi.

Il Ven. Don Bosco alla mente di un ex-allievo, 187. Una visita all'Oratorio Salesiano di Torino vivente ancora Don Bosco, 169*.

Don Bosco ridona la vita ad un missionario, 174*. «Allegria, studio e pietà » nel sistema educativo del Ven. Don Bosco, 205.

Il Ven. Don Bosco a Mondragone, 211.

Il B. Giuseppe Benedetto Cottolengo e il Ven. Don Bosco, ivi.

« Se avremo un pane, lo divideremo insieme, 257, Don Bosco e il Dott. Albertotti, ivi. Anche Don Bosco era un buon dottore, 258. Com'era temperante, ivi.

Al rev. Clero.

Atti della S. Sede, 75

Le Missioni Salesiane.

AsSAM: Le Figlie di Maria Ausiliatrice nell'Assam (Mons. L. Mathias), 1g. - Fervore di vita cristiana (id.), 44. - Per i restauri della chiesa di Gahauti (D. G. Gil ), 92. - La Missione del Bramaputra (id.), 92. - Per i poveri assamesi (D. Prasechi), 176. - 50 orfanelle e Zoo orfanelli a Shillong, 178. - Un'escursione nel di. stretto di Raliang (D. G. Fergnani), 18o*. --• Mentre la Redenzione tarda (D. P. Bonardi), 215, 264. - Le Scuole Professionali di Shillong (Mons. Mathias), 266.

CINA: L'Orfanotrofio Salesiano di Ho-Si (D. C. Braga): I) Cento nuovi ospiti, 45. - II) Più di cento catecumeni, 97. - III) La festa di Maria Ausiliatrice, 129. - iv) Un angelo di più in paradiso, 156. - v) Mamma, tu non hai studiato, 183.-- VI) Mietitori improvvisati, 221. - vu) Le conseguenze della guerra, 268. - Resoconto del Vicariato di Shiu-Chow nel 1924, 7o. - Le feste di Natale nel Cuantung, 95. - L'ospizio S. Giuseppe di Shanghai accoglierà mille giovani (D. S. Garelli), 154.

CONGO BELGA: La Missione Salesiana di Kiniama nel Katanga (D. Van Heusden), 42. - Nuovi centri di evangelizzazione (D. E. Bufkens), 73.

EQUATORE: Aiutate la povera Missione dei Kivari (Mons. D. Comin), 14, 40. Quaranta giorni di escursioni nella regione di Indanza (D. C. Crespi), 68, 100, 124, 158, 18o. - Conversando con un Kivaro (D. S. Duroni), 178*. - Dalle residenze tra i Kivari (Mons. D. Comin), 213.

INDIA (Distretto di Tanjore): L'opera della S. Infanzia, 91. - Le Figlie di Maria Ausiliatrice nell'India, 122. - I bisogni dei nostri (D. G. Tomatis), 176.

KIMBERLEY: Come si viaggia nel Kimberley, 38.

MATTO GROSSO (Brasile): Gravi notizie, 13. - L'ultima Pasqua tra i Bororos (D. F. Congiu), 16. - Un grido di soccorso (D. A. Colbacchini), 120. - La santa morte di un Bororo, 178.

PATAGONIA: Attraverso i territori della Patagonia Settentrionale (D. T. Cencio), 64.

Rio NEGRO: Sulle sponde del Rio Negro, 127. - Appello di Mons. Massa, 155.

DALL'ORIENTE E DALL'OCCIDENTE: I Missionari partiti per Shanghai, 11, 37. - Da Genova a Shillong; Il regalo di Natale, 12. - Passeggiate apostoliche, 38.

Altre notizie missionarie.

Indulto Apostolico a favore delle Missioni Salesiane, 66. - Un appello degli orfanelli di Shillong, 63. - Una cassetta per le Missioni presso ogni fonte battesimale, 91. - Ai Cooperatori Torinesi, 107. - Per i poveri lebbrosi, 118. - - Nuova Prefettura del Luapula Superiore, 176*, 227. - Preghiamo per i Missionari, 176*. - Gioventù Missionaria, 219. - Come Iddio veglia sui Missionari (D. G. Balzola), 270. - Per le vocazioni missionarie (voti e deliberati), 308.

Bibliografia missionaria.

Alberto M. de Agostini: I miei viaggi nella Terra del Fuoco, 43, 219. - Un'interessante monografia: I Bororos orientali « Orarimugodoge » del Matto Grosso, 185.

Le meraviglie di Maria Ausiliatrice.

Grazie e favori, 21, 48, 76, 104, 132, 161, 188, 185*, 223, 273, 303.

Nuovi centri di culto, 21, 76.

La solennità titolare nel Santuario di Torino, 16o. - In Italia e all'Estero, 184*. Maria SS. Ausiliatrice a Shanghai, 213.

Anime riconoscenti al Ven. D. Bosco.

Ved. pag. 172*, 259. Domandiamo dei prodigi, 260.

Azione Salesiana.

Nuovi Istituti: Istituto Internazionale Don Bosco; Orfanotrofio Sporti a Belluno; Collegio Don Bosco a Pordenone; Oratorio Maria Ausiliatrice a Milano, 24.

Cooperazione missionaria, 51, 8o, 81, 136.

Opera delle Patronesse Torinesi, 191*.

Il S. Padre e la « Rivista dei Giovani », 61. CONVEGNI di decurioni, 52. - Convegni di azione

Salesiana, 136, 190*.

Il Tempio di Gesù Adolescente, 58.

La festa di S. Francesco di Sales, 8o.

Ad onore del B. Cafasso: a Roma, 164. - Torino, 188*.

La S. Congregazione dei Seminari e i nostri libri scolastici, 164.

Concorso filodrammatico in omaggio alle Missioni Salesiane, 192.

VI Congresso del S. Cuore, 192*.

Memorande udienze pontificie, 226, 227, 276. Nuovo Vescovo Salesiano (Mons. Mourao), 227. Nuovo Prefetto Apostolico (Mons. Sak), ivi.

Notizie varie.

DALL'ITALIA, 25, 52, 81, 107, 136, 165, 192. 193*, 227, 277.

DALL'ESTERO. Argentina, 53, 82, 108, 139, 192, 228. - Belgio, 165. - Brasile, 26, io8, 139. California, 139. - Centro America, 192. - CecoSlovacchia, 54. - Cile, 27. - Egitto, 53, 81. - Equatore, 278. - Honduras, 27. - Inghilterra,, 108. - Isole Filippine, 53, 138. - Jugoslavia, 1o8. - Palestina, 1o6, 165, 195*, 228. - Perù,, 27, 278. - Polonia, 278. - Spagna, 107, 192. - Stati Uniti N. A., 167, 195*. -Uruguay, 82, 195*.

Necrologio.

Sac. Prof. Luigi Piscetta, 308, 333. Salesiani defunti, 230.

Figlie di Maria Ausiliatrice, 55, 11o. Ved. le ultime pagine di ogni numero.

Facciamo tutti quel poco che possiamo... Non ricusiamo la nostra cooperazione. Ciascuno rifletta un momento sul precetto del Salvatore quando disse: DATE E VI SARÀ RICAMBIATO CON ABBONDANTE MISURA. E altrove: DATE IL SUPERFLUO IN ELEMOSINA. Del superfluo ne hanno tutti e parecchi vi sono che ne hanno molto....

... So bene che taluno dice che questo è consiglio e non precetto. Non badiamo a questa interpretazione. 0 consiglio, o precetto, il fatto sta ed è che Gesù Cristo minaccia le pene eterne a chi non dà il superfluo in elemosina. Non lasciamoci illudere. Facciamo piuttosto tesoro delle preziose parole dette dall'Arcangelo Raffaele al santo vecchio Tobia: « LA LIMOSINA È QUELLA CHE LIBERA DALIA MORTE E PURGA I PECCATI, E FA TROVARE LA MISERICORDIA E LA VITA ETERNA ».

Sac. GIOVANNI BOSCO.

In questi giorni, in cui si fanno o si rinnovano gli abbonamenti a giornali e periodici, raccomandiamo ai Cooperatori

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