BS 1920s|1925|Bollettino Salesiano Ottobre 1925

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

ANNO XLIX.   TORINO, OTTOBRE 1925   NUMERO 10.

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO (9)

SOMMARIO: Il Cinquantenario delle Missioni Salesiane. - Il programma dei festeggiamenti. - Visitando l'Esposizione Missionaria Vaticana. - Ricordando il Ven. Don Bosco: Don Bosco e il doti. Albertotti; Anche Don Bosco era un buon dottore; Com'era temperante. - Anime riconoscenti al Ven. Don Bosco. - Care notizie dal Paese di Gesù. -- Dall'India Mentre la Redenzione tarda! - Le Scuole Professionali di Shillong. - L'Orfanotrofio Salesiano di Ho-Si (Cina): VII) Le conseguenze della guerra. - Come Iddio veglia sui Missionari! --- Le Meraviglie di Maria Ausiliatrice. - A gloria del Sacro Cuore! - Udienze Pontificie. - Notizie varie. - Cooperatori defunti.

Il Cinquantenario delle Missioni Salesiane. Il programma dei festeggiamenti.

La celebrazione del Cinquantenario delle Missioni Salesiane s'inizierà a Torino il 31 ottobre con la consacrazione del nuovo Tempio ad onore di Gesù Adolescente e della Sacra Famiglia. Compirà il sacro rito Sua Ecc. Rev.ma l' Arcivescovo Mons. Giuseppe Gamba; e i festeggiamenti si protrarranno per otto gìorni, coronati da una grande adunata giovanile.

L'11 novembre, nella Basilica di Maria SS. Ausiliatrice - donde l'anno 1875, benedetti dal Ven. Don Bosco e capitanati dal Teologo Cagliero, partivano i primi dieci Missionari Salesiani - verrà festeggiata con speciali funzioni la data giubilare; e l'Eminentissimo Card. Cagliero benedirà e darà l'addio ad un'ampia schiera di nuovi Missionari.

Nello stesso giorno, alla presenza delle Autorità, avrà luogo una solenne Commemorazione civile del Cinquantenario, oratore l'Eminentissimo Cardinale Maffi, Arcivescovo di Pisa.

Quasi contemporaneamente s'inizierà la commemorazione cinquantenaria nelle altre Case.

Durante l'anno scolastico 1925-26 la funzione solita a celebrarsi il 24 d'ogni mese ad onore di Maria Ausiliatrice sarà « pro Missioni Salesiane »; e le preghiere e le Sante Comunioni che si faranno in quei giorni verranno offerte al Signore per l'incremento delle Missioni della Società Salesiana.

Anche la festa di Maria Ausiliatrice del 1926 rivestirà dappertutto un carattere spiccatamente missionario, e sarà rivolta a celebrare Maria SS. Ausiliatrice come Ispiratrice e Patrona delle Missioni Salesiane.

A Torino, poi, l'anno prossimo si terrà una grandiosa Esposizione delle Missioni Salesiane, ed ai primi di maggio si adunerà un Congresso Internazionale dei Cooperatori con programma totalmente missionario.

La chiusura delle Feste Cinquantenarie avrà luogo al termine dell'anno scolastico 1925-26, con una grande solennità ad onore del S. Cuore di Gesù in tutte le Case Salesiane.

Queste le linee del programma.

Due raccomandazioni.

Intanto richiamiamo l'attenzione dei Cooperatori sulla consacrazione del nuovo Tempio di Gesù Adolescente, e sulla prossima spedizione di nuovi missionari.

Per la Consecrazione del Tempio di Gesù Adolescente domandiamo, ai vicini, una larga partecipazione personale ai festeggiamenti dell'ottavario; ai lontani, una fervente adesione e partecipazione in ispirito. Il 1° novembre si promuova in tutti gli istituti ed oratori festivi una Comunione generale ad onore di Gesù Adolescente e di tutti i santi adolescenti, additandoli, con opportuni richiami, facili guide e protettori nell'adempimento di ogni dovere.

Per l'11 novembre osiamo chiedere a tutti l'obolo della carità per i nuovi Missionari. La spesa, cui andiamo incontro, è enorme. Il Suc cessore di Don Bosco riceverà con riconoscenza offerte anche minime in denaro e in generi. Pari allo slancio dei nuovi apostoli sia la nostra cooperazione; e la riconoscenza dei beneficati attirerà sopra di noi le più copiose benedizioni.

« È in sommo grado commovente - scrive un nostro missionario tra i Bororos - vedere l'affetto e la confidenza con cui i piccoli Indi della missione mostrano la loro riconoscenza ai loro maestri e superiori.

» Un giorno mi rivolsi al piccolo Leone. Era un povero bimbo di cinque o sei anni, che era stato allevato dalle Suore fino all'età di quattro anni, perchè il patrigno gli aveva ucciso la madre. Dall'età di quattro anni era cresciuto sotto le amorevoli cure di Don Pessina, assistente dei piccoli Indi. Gli domandai:

» - Dimmi, Leone, vuoi bene a Don Pessina?

» - Sì.

» - Quanto glie ne vuoi? Così? così? così? - e, colle mani affacciate, gli indicava distanze sempre crescenti. Il piccolo figlio della selva subito, senza esitazione, mi diede questa risposta inaspettata e mirabile, con cui dimostrava la continuità del suo affetto:

- IO LO AMO TUTTO II, GIORNO! (1) ».

E tutto il giorno e tutti i giorni i nuovi cristiani rammentano i loro benefattori e pregano per loro.

Opportuno richiamo.

Agli educatori cristiani ed ai nostri cooperatori, che con le migliori parole inviteranno i propri figli e tanta cara gioventù a pellegrinare in ispirito alle feste che si svolgeranno a Torino dal 31 ottobre all'8 novembre per la solenne consacrazione del nuovo TEMPIO AD ONORE DI GESÙ ADOLESCENTE, offriamo questi pensieri del Santo Padre Pio XI, tolti dall'affettuoso discorso che il 13 settembre Sua Santità si degnò rivolgere ai 30.000 giovani raccolti in una superba manifestazione di fede ai suoi piedi.

« Gesù andava verso una città di nome Naim. Ed ecco che portavano fuori morto il figlio di una povera vedova, che lo seguiva piangendo...

Figliuoli dilettissimi, che cosa era, che cosa è, che cosa sarà sempre nel mondo pagano la gioventù? Un perpetuo, tristissimo, lagrimevolissimo funerale. Basta leggere quello che scrissero gli autori classici, arrossendone talvolta anch'essi (è tutto dire!)... Nel mondo pagano la gioventù, l'età vostra, o dilettissimi, non era e non è che un povero fiore destinato ad essere strappato dalle mani più villane e calpestato dai più ruvidi piedi.

Ma è venuto Gesù ed ha compito l'alto prodigio, strappando alla morte la presa sì preziosa. La Sua parola, E PRIMA ANCORA L'ESEMPIO DELLA. SUA DIVINA GIOVINEZZA, richiamarono la gioventù a quella dignità e bellezza che Dio aveva così generosamente concesso all'età giovanile. Parola ed esempio avvalorati da quelle Sue difese terribili, quando per la tutela della giovinezza impegnò la Sua stessa onnipotenza contro chi scandalizzasse, contro chi facesse del male ad uno solo dei Suoi più piccoli.

Gli Apostoli e la Chiesa hanno raccolto quel divino insegnamento così esplicito, così formale. Basta leggere la storia della Chiesa per vedere quali amorose cure Essa ha sempre dedicato alla prima età, quali sollecitudini materne Essa ha preparato all'età vostra, o giovani dilettissimi, nella prima santificazione, nei primi sacramenti, nella prima Comunione, e con quanta tenerezza ha raccolto tutte le sue premure per preparare a voi una educazione che rispondesse al cuore di Dio...

E quali splendidi esempi ed attrattive la Chiesa abbia saputo far brillare allo sguardo vostro, o giovani, lo dicono i nomi di PANCRAZIO e di TARCISIO, di LUIGI GONZAGA e di STANISLAO KOSTKA, di DOMENICO SAVIO e di GABRIELE DELL'ADDOLORATA, e dei giovani MARTIRI DELL'UGANDA. Così come dall'altra parte risplende quella pura bellezza che canta i gaudii virginei di CECILIA, di AGNESE, di GIOVANNA D'ARCO, di ROSA DA LIMA, di tutta una elettissima, quasi innumerabile schiera, che va fino alla nostra piccola cara TERESA DI LISIEUX.

Ecco il miracolo, ecco la risurrezione vostra, o diletti figli. Se voi siete quello che siete, l'amore, cioè, della Chiesa, la predilezione di quanti sentono con Lei e con Gesù; se avete il grande privilegio di chiamare su di voi tutte le cure e le diligenze più tenere; se voi sentite il fascino della virtù e le dolcezze della grazia, voi lo dovete al gesto taumaturgo di Gesù. È Gesù che vi ha richiamato a vita, e che la vita vostra ha innalzata a tanto splendore di grazia e di gloria... »

E quale dev'essere la corrispondenza dei giovani? Prosegue il S. Padre

« Un accrescimento del vostro amore già così grande, già così ardente, verso Gesù. E NESSUNO Può DARSI A LUI IN UN MODO COSì SPLENDIDO, COSì GENEROSO, COSÌ CARO COME VOI POTETE, CON QUANTO LA VOSTRA ETÀ HA DI PIÙ BELLO E DI PIÙ SANTO!... »

E questo, lo speriamo intimamente, sarà il frutto prezioso che maturerà all'ombra del nuovo Tempio.

(1) Cfr. Don Antonio Colbacchini, Missionario Salesiano: I Bororos Orientali Orarimugudoge del Matto Grosso (Brasile): Torino, Società Editrice Internazionale. È il 1° volume dei « Contributi scientifici delle Missioni Salesiane del Venerabile Don Bosco ». Si vende a benefizio delle Missioni Salesiane. - Lire 100.

Visitando l' Esposizione Missionaria Vaticana.

L'Osservatore Romano del 31 agosto pubblicava un lungo articolo sul contributo delle Missioni Salesiane di America all'Esposizione Missionaria Vaticana. Riservandoci di dare un acconcio ragguaglio sulla parte presa dai nostri Missionari all'Esposizione, ci piace riportare in antecedenza l'articolo dell'Osservatore. Nel nostro principale reparto campeggia la statua del Venerabile, e molti visitatori sostano affettuosamente innanzi ad essa dichiarandosi orgogliosi di essere Cooperatori. L'accennato articolo esordisce appunto col rilevare cotesto entusiasmo.

... La grande statua, che ritrae la figura paternamente sorridente del popolarissimo apostolo della gioventù, è come un faro, il quale attira e rianima i visitatori, già stanchi forse di pellegrinare in quel mare di bellissime cose.

Don Bosco, l'infaticabile, Don Bosco, l'uomo dalle inesauribili risorse e dalle più geniali iniziative, Don Bosco, fervente e audace, insaziabile conquistatore di anime, qui, è nel suo elemento; l'armonia della vastissima sala, occupata dalla Mostra Salesiana dell'America Mesidionale, non sarebbe completa, se mancasse Colui, al quale bisogna far risalire il merito maggiore del prodigioso sviluppo preso dalle Missioni Salesiane.

La vita di Don Bosco è intessuta di fatti veramente straordinari e misteriosi. Nel maggio scorso si è fatta la commemorazione del famoso « sogno » che lo doveva spingere a farsi educatore della gioventù.

E pure da un'altra visione ha la sua prima origine l'apostolato missionario salesiano.

Siamo nel 1854. Don Bosco assiste teneramente un suo giovane, Giovanni Cagliero, che è moribondo. Ma ecco apparirgli d'un tratto una strana folla di selvaggi, i quali, con sguardi trepidanti e supplichevoli, fissano in viso l'agonizzante giovinetto, come per implorare soccorso. Don Bosco comprese allora che il prediletto Cagliero non sarebbe morto tanto presto, e previde ch'egli sarebbe divenuto l'apostolo e il salvatore di quei selvaggi.

La visione si è avverata in modo meraviglioso.

Nel novembre del 1875, benedetti dal loro Fondatore e Maestro, partivano i primi Missionari Salesiani, e alla loro testa vi era il Teologo Don Giovanni Cagliero.

L'ingrandimento fotografico, appeso ad una parete, ricorda la scena commovente del congedo; di tutti quei missionari, uno solo è superstite, Giovanni Cagliero, Cardinale di Santa Romana Chiesa.

Il ricordo del Venerabile e del suo primo missionario balza così vivo alla rasente in questa Mostra, che i due nomi venerati non si possono disgiungere.

Si riconosce a prima vista, in ogni cosa, l'impronta dello spirito grande di Don Bosco, e ogni cosa ci rimembra i lunghi anni di apostolato del missionario Cagliero.

C'è qui la povera branda con una rozza coperta che serviva ai brevi riposi delle soste dei suoi viaggi nelle « pampas » argentine; e c'è il suo faldistorio, formato di un teschio di bufalo dalle lunghe corna ricurve.

Ma quanto prezioso materiale hanno inviato questi Salesiani! Tutte le tribù indiane sono rappresentate sotto ogni punto di vista, nei loro usi e costumi, nei loro svariati ornamenti; e le molte e belle statue ci raffigurano i tipi delle diverse tribù.

Non si direbbe che nell'America Latina, dove sono Repubbliche tanto progredite nella civiltà, esistano dei popoli ancora primitivi, selvaggi e idolatri. Certo i Governi non son mai giunti fino a loro. Solo il Missionario spinto dalla sua sete ardente di portare anime a Cristo si è avventurato nelle foreste delle Ande, nel centro quasi inesplorato di queste immense regioni, e si è consacrato alla redenzione degli Indi.

Uno sguardo generale alla Mostra ci darà un'idea della loro civiltà.

Le vetrine sono ricolme di oggetti usati come ornamento della persona, le penne variopinte, delle quali soltanto gli uomini si adornano, e che, secondo i diversi gruppi di famiglie, si differenziano non solo per i colori, ma anche per la fattura e per la loro diversa disposizione.

Acutissimi punteruoli servono a bucare il labbro ad ogni figlio maschio pochi giorni dopo la nascita, il setto nasale del padre per infiggervi due lunghe penne, e il lobo auricolare dei ragazzi e ragazze, che sono adornati da spilloni larghi come padelle, da orecchini enormi e da pesanti pendagli di madreperla alle labbra.

Ecco qui la statua di un indio « Ona » dalla lunga capigliatura, vestito solo di una pelle di guanaco, in atto di lanciare una freccia di legno e spuntata per non rovinare le penne del volatile destinato a soddisfate la sua vanità.

Un altro indio tiene nelle mani il suo « lazo », una fune di cuoio crudo, forte e grosso, di circa 20 metri di lunghezza, che porta ad un'estremità un anello di ferro. Col suo «lazo », il « gaucho » e l'indio sorprendono gli animali dalla parte che vogliono, e non c'è pericolo che falliscano il colpo. I cavalli, indispensabili per attraversare le immense praterie, sono la preda preferita. In una vetrina sono esposti alcuni resti fossili del cavallo, che dimostrano la presenza di questo nelle Pampas, prima ancora della comparsa degli indiani. Quelli che oggi percorrono le praterie allo stato selvaggio, furono importati dalla Spagna in queste regioni, dove si moltiplicarono straordinariamente.

Altre cose che caratterizzano la vita primitiva degli indi sono rudimentali strumenti musicali, producenti un disordinato e assordante frastuono e tutti hanno un significato religioso. Così gli zufoli fatti con una piccola zucca ornata di penne e le « pive » che in una casa, non so come, rappresentano... l'anima del defunto! Troviamo pure stuoie usate come vagli e piatti, reti di corteccia di palma, ecc. Qui abbiamo anche le prime bottiglie di vino - ottimo, si dice - della Patagonia, dove la vite fu portata per la prima volta da Monsignor Fagnano, Prefetto Apostolico, morto nel 1916.

Una parola ancora sulla fauna e la flora del paese, che sono largamente rappresentate. Anche in questo campo i Salesiani si sono distinti in modo speciale, inviando splendide collezioni di farfalle, coccodrilli imbalsamati, superbi esemplari del serpente boa, lunghi fino a 15 metri, del « puma », il leone d'America, del Nundù (struzzo), dei più graziosi uccelli, del terribile giaguaro e del « guanaco ». Questo è una specie di cammello ed è l'animale più importante per gli « Ona » della Patagonia, che se ne servono come nutrimento e fornisce loro anche la pelle per i caratteristici mantelli nei quali si avvolgono.

La flora è ricchissima e varia; un erbario del Matto Grosso nel centro del Brasile ce ne può dare un'idea; e straordinariamente abbondanti e prelibate sono le frutta.

Nelle loro missioni, poi, i Salesiani coltivano il riso, di cui vi sono alcune spighe, tutti i cereali e la vite, che dà buoni vini.

Quest'opera che potrebbe sembrare secondaria, costituisce invece l'unico mezzo possibile di civilizzazione per gli Indi.

La difficoltà maggiore, che prima esisteva per la loro conversione, consisteva appunto nel loro metodo di vita.

Il continuo girovagare per boschi e per monti aveva quasi creato in essi una seconda natura, conferendo loro, fra l'altro, una grande vivacità e freschezza di mente, ma rendendoli assolutamente inadatti alla vita sociale.

Il missionario con la carità e la pazienza riuscì a poco a poco a far apprezzare il lavoro, a tenerli uniti in una sede stabile; e l'indio, che indomito vagava per la foresta, dedito solo alla caccia e alla pesca, ora vive nella missione, intento al lavoro dei campi e alla sua educazione...

E qui l'articolo passa ad accenni speciali sulle tribù dei Bororos e dei Kivaros.

...Sì vede alla Mostra un piccolo fac-simile di villaggio dei Bororos nel centro del Brasile.

Al centro una capanna grande, quella del capo e che serve anche per la riunione degli uomini e per le cerimonie religiose; attorno, in circolo, 14 capanne rettangolari, tutte uguali, coperte di paglia, e le cui pareti sono formate di pali confitti in terra, con uno spazio di alcuni centimetri fra l'uno e l'altro per lasciar passare l'aria. La tribù del villaggio è divisa in due gruppi: il gruppo tugarege » ha le case a sud del centro, quello detto « ecerae » sta al nord.

Un contributo scientifico di eccezionale importanza, perchè l'unico che in materia esista finora sulla tribù dei Bororos, è la ricca monografia di Don Antonio Colbacchini, il quale da 25 anni si trova nella Missione Salesiana fra gli indi del Matto Grosso.

Sotto il titolo « I Bororos Orientali Orarimugudoge », in 474 pagine splendidamente illustrate, il Colbacchini ha raccolto tutte le notizie sui costumi e sulla lingua di questa tribù indigena. Peccato che del libro esista soltanto un'edizione di lusso che costa appena cento lirette!... (1).

Volete aiutare le Missioni Salesiani; ?

1) Pregate, ogni giorno, per i Missionari e per le anime ad essi affidate;

2) Diffondete, mediante conferenze missionarie, giornate missionarie, trattenimenti missionari, la conoscenza e i particolari bisogni dei campi di Missione affidati ai Figli di Don Bosco; e procurate generose elargizioni, lasciti e legati;

3) Zelate, presso le famiglie di conoscenti e di amici, la lettura del Bollettino Salesiano, che è l'organo ufficiale delle Opere e Missioni Salesiane, e, in mezzo alla gioventù, gli abbonamenti al periodico Gioventù Missionaria, e le ascrizioni all'Associazione omonima, per educare i giovani all'apostolato missionario;

4) Favorite, aiutate nuove vocazioni missionarie; ed indirizzate nuovi aspiranti missionari all'Istituto Card. Cagliero, e agli altri Istituti recentemente aperti per preparare nuovo personale alle Missioni Estere Salesiane (ved. la 2a pagina della copertina del Bollettino);

5) Raccogliete ed inviateci stoffe indumenti per i neofiti ed i catecumeni, e sete, lini e tele per paramenti e indumenti sacri;

6) Assumetevi, individualmente o collettivamente (ad es. con altri membri di un Istituto, di un Circolo, di un Oratorio, di una Parrocchia, ecc.) il mantenimento di un alunno degli orfanotrofi di Missione, o di un catechista, o un maestro, o una Suora, o un Missionario;

7) -Educate i vostri figliuoli alla raccolta di piccole offerte, mediante il salvadanaio « Pro Missioni Salesiane »;

8) Divulgate le varie serie di cartoline illustrate dei vari centri delle Missioni Salesiane;

9) Inspirate, infondete, accendete anche in altri lo stesso spirito di carità e di zelo.

(1) Ved. il titolo preciso dell'opera interessantissima in nota a pag. 254.

Ricordando il Venerabile o Bosco.

" Se avremo un pane, lo divideremo insieme... „

Il 26 ottobre 1886, compiuto il servizio militare, per consiglio di Mons. Rota di Chiari, poi Vescovo di Lodi, mi recai a Torino per studiare da prete. Accettato tra i figli di Maria a San Giovanni Evangelista, il direttore Don Filippo Rinaldi volle che mi recassi subito all'Oratorio per avere una parola da Don Bosco.

Non appena fui in sua camera, sentii una gioia improvvisa, come di paradiso; decisi senz'altro di farmi salesiano, m'inginocchiai e gli dissi:

- Signor Don Bosco, voglio esser suo figlio per sempre, e vorrei anche studiare, ma son povero...

Il Venerabile mi guardò con immensa bontà e sorridendo mi rispose:

- Anche Don Bosco è povero; ma se avremo un pane, sta' tranquillo, lo divideremo insieme. Sei contento?...

Fuori di me per la commozione, balbettai un « grazie », e il Venerabile lentamente continuò:

- Tu sarai missionario di Don Bosco!

Son 36 anni che mi trovo in America, dove venni come coadiutore missionario nel 1889, e da 32 anni sono anche sacerdote; e ripensando alle mille difficoltà che ebbi a superare, ammiro sempre più la profetica parola di Don Bosco!

Cuiabà, 24-XI-1924.

Sac. GIOVANNI GIUs. CRIPPA.

Don Bosco e il dott. Albertotti.

Il dottor Giovanni Albertotti, nativo di Calamandrana, nel Monferrato - dove morì - dopo un po' di tempo che aveva conseguita la laurea, un giorno, andando verso la Dora, sentì l'eco di mille voci giovanili e, attratto dalla curiosità, trovando la porta aperta, entrò nel cortile dell'Oratorio, dove, tra una moltitudine di ragazzi, scorse un prete che s'intratteneva con loro familiarmente... Si fermò stupefatto ad ammirare quella scena sino al termine della ricreazione, finchè quel prete, che era Don Bosco, restò solo.

Allora con singolare rispetto gli si avvicinò, s'intrattenne con lui e nel congedarsi gli disse: - Se lei, Reverendo, venisse ad aver bisogno dell'opera mia, sarò pronto a prestargliela.

E Don Bosco ricordò la caritatevole offerta.

Non potendo più continuarci il suo servizio il Dottor Gribaudi, fece chiamare l'Albertotti, e questi, per più di trent'anni, dedicò gratuitamente e con affetto di padre l'opera sua agli alunni dell'Oratorio.

Il caro Dottore era di idee socialiste, ma le sue visite all'Oratorio fecero opera di santa penetrazione nel suo gran cuore.

Ricordo che nel 1884, durante il colera, manifestandomi il timore di cadere vittima del morbo, si lasciò sfuggire di bocca queste parole: - È tempo che vada a trovare Don Bosco! - e voleva dire: « E tempo che vada a confessarmi! »

Per dovere di riconoscenza da noi si prese ad esprimergli i più vivi sentimenti di grata ammirazione alla vigilia del suo onomastico, con un po' di festa in infermeria. Si celebrava, prima di tutto, la S. Messa - e d'ordinario era il prof. D. Francesco Cerrutti che la celebrava - ed egli vi conduceva anche la sua signora; e con suoni, canti e componimenti in prosa ed in versi, gli alunni gli dicevano il loro « grazie » e gli promettevano le loro preghiere. Ed io, durante le recite e i canti, più volte lo vidi asciugarsi le lagrime e lo udii esclamare:

- Ah! come queste cose penetrano nel fondo del mio cuore!... Grazie! grazie!

Non è facile il dire come questo buon dottore si fosse affezionato a Don Bosco e quanta ammirazione avesse per l'opera sua!...

Nel 1884, credo, mi trovavo con lui all'estremità di Piazza Maria Ausiliatrice, e gli dissi:

- Signor Dottore, lei che vuole tanto bene a Don Bosco, coi progressi che ha fatto la medicina cerchi di prolungargli la vita.

Mi rispose: - E impossibile! perchè Don Bosco è tutto frust (logoro) dalla testa ai piedi! Una ciabatta logora non si può più rattoppare, e così è l'organismo di Don Bosco. Piuttosto dica a Don Rua che qui, a sinistra, dov'è il picapere (il piccapietre) - all'estremità di Piazza Maria Ausiliatrice, presso il Corso Regina Margherita, precisamente dov'è ora la nuova casa delle Orfanelle - dica a Don Rua che faccia fare una palazzina ed un bel giardinetto e vi chiami le loro Suore per l'assistenza domestica, e Don Bosco, Don Rua e Don Lago - il santo segretario di Don Rua - tutti e tre logori pel troppo lavoro - ed era il 1884! - vengano a riposarvi e a passar tranquillamente i loro giorni...

Ma fino all'ultimo di sua vita anche il buon Dottore volle essere lui il sanitario dell'Ora torio. Nemmeno a 81 anno, vecchio e cadente, seppe dispensarsene! Anche d'inverno, quando c'era il gelo per le vie, in piazza Maria Ausiliatrice specialmente, dove una volta cadde e tutti i giorni era in pericolo di cadere, non volle lasciar mai le sue visite.

In fine gli avveniva anche, durante la visita, di patire un po' di deliquio; e, non appena tornava in sè, l'infermiere gli diceva rispettosamente:

- Oh! non venga più, signor Dottore; si usi riguardo!...

Ma il giorno dopo egli scendeva egualmente all'Oratorio, « perchè, diceva, non sto bene, se non faccio questa passeggiata! »

Quando cadde gravemente ammalato, cercò per suggerimento dell'infermiere uno dei sessanta sacerdoti salesiani dell'Oratorio, parlò a lungo con lui, poi chiamò il suo Curato, si confessò diligentemente, volle la S. Comunione, e partì per Calamandrana, dove morì!...

Dal paradiso Don Bosco non potè negare il premio migliore a tanta carità...

Anche Don Bosco era un buon dottore

Ho avuto la fortuna di vivere accanto a Don Bosco nell'Oratorio e di avvicinarlo frequentemente, e debbo confessare che era proprio un padre e un maestro impareggiabile, un santo.

Verso l'anno 1886, mancando il locale per l'accettazione di nuovi alunni artigiani, si fabbricarono tre vasti ambienti, di circa 25 metri di lunghezza e 7 di larghezza, nell'angolo del primo cortile a destra, ov'è presentemente il refettorio dei Superiori. Il nuovo locale non era ancora ben asciutto e i superiori dell'Oratorio, non sapendo più dove mettere a dormire i nuovi alunni, si azzardarono a metterli nei nuovi locali. Andando io a visitarli mattina e sera, nell'ora della levata e del riposo, mi accorsi subito che i loro letti erano pieni di umidità, la quale gocciolava fin dalle travi del soffitto, e temendo che tutti si ammalassero, mi portai dal direttore perchè facesse sgombrare il nuovo dormitorio.

Si credeva che il locale sarebbe sufficientemente asciutto, perciò si erano accettati tanti giovani; e non sapendo ove trasportare quei letti, si lasciarono al loro posto.

Per tranquillità di coscienza, alcuni giorni dopo mi portai da Don Bosco e gli esposi il caso. Il buon Padre mi domandò se non era proprio possibile trasportare i letti altrove. Gli risposi che ci si era pensato e m'era stato assicurato di no. Egli allora si raccolse un istante in silenzio, poi mi disse:

- Eh!... làsciali dove sono!...

Ed io: - Ma quest'inverno ammaleranno tutti indistintamente; anzi le dirò che l'assistente è già ammalato da tre giorni...

E il Venerabile:

- Sta' tranquillo: neppure un giovane ammalerà!...

Durante l'inverno continuai a visitare quotidianamente quel dormitorio, e dovetti constatare che neppure uno di quella cinquantina di giovani cadde indisposto, ed anche l'assistente guarì prontamente.

Bari, Istituto Salesiano, 29 - xI - 1924.

Sac. ANACLETO GHIONE.

Com'era temperante!

Mi è sempre fisso in mente quanto mi raccontava mio cugino materno, il Canonico Don Giovanni Callerio, morto di 66 anni ad Albonese il 5 giugno 1900.

Quando fu coadiutore a Breme col fratello Girolamo, Prevosto dal 1853 al 1882, venne invitato al Collegio di Borgo S. Martino in occasione della visita del nostro Venerabile Padre; e sedette a mensa con lui, con il Vescovo di Casale ed altri egregi benefattori e signori.

Ammiratore fervente di Don Bosco, si propose di osservare a puntino il diportamento di chi era ritenuto un santo, e mentre tutti mangiavano di buon gusto, vide che Don Bosco, ilare e faceto come al solito, sbocconcellò un po' di pane, mangiò la minestra, versò un mezzo bicchier di vino, e se ne stava tranquillamente conversando.

Monsignore lo guardava di tanto in tanto e gli diceva:

- Mangi, Don Bosco.

E il Venerabile:

- Ma sì, che mangio: non vede che sono sempre occupato; non si affanni per me: l'invito è rivolto ad un buon suonatore.

E Monsignore non insisteva oltre.

Mio cugino continuò sempre ad osservarlo o con sua grande edificazione constatò che oltre a qualche bocconcello di pane, che ogni tanto metteva fra i denti, non assaggiò altro della buona grazia che i superiori offrirono di tutto cuore agli invitati.

E mio cugino concludeva: « Sapevo che Don Bosco era un santo, ma lo potei vedere coi miei occhi e crebbe ancor più la mia stima per tanto spirito di temperanza ».

29 gennaio 1925

D. PIETRO MARTINETTI, Rettore di Garbana (Pavia).

Anime riconoscenti al Ven. Don Bosco.

Nel parlar del Ven. D. Bosco e di qualunque altro nostro Servo di Dio intendiamo sempre protestare, come protestiamo solennemente, di non voler contravvenire in niun modo alle pontificie disposizioni in proposito, non intendendo dare ad alcun fatto un'autorità superiore a quella che merita una semplice testimonianza umana, nè di prevenire il giudizio della Chiesa, della quale - sull'esempio di Don Bosco - ci gloriamo di essere ubbidientissimi figli.

Ricorrete sempre a Don Bosco!

Il 6 dicembre dell'anno scorso caddi gravemente infermo per malattia al fegato, con febbre altissima, cui si aggiunse una polmonite ancor più grave. Il dottore e i confratelli non tardarono a fare ben tristi pronostici, mentr'io ricorsi con fiducia al nostro Venerabile Padre, con la novena da lui raccomandata, aggiungendo un Pater, Ave e Gloria in suo onore. Fui tosto esaudito! Sull'istante cominciai a migliorare, al termine della novena potei riprendere la celebrazione della Santa Messa, e la guarigione fu sollecita e completa. Vorrei dire a tutti i Confratelli e Cooperatori: « Ricorrete in ogni necessità, in ogni grave caso della vita, al nostro Venerabile Fondatore, e toccherete con mano, al par di me, la prontezza, la potenza, e la costanza della sua intercessione! »

Rodeo del Medio (Repubblica Argentina), 18 giugno 1925.

Sac. ALESSANDRO UBERTI, Salesiano.

Guarita senza operazione.

Malata e resa pressochè immobile per una glandola suppurante all'inguine, fui visitata da medici valenti e chirurgi specialisti. La diagnosi concorde fu per un intervento operativo e sollecito, escludendo senz'altro la probabilità di ogni diversa soluzione. La degenza all'ospedale, l'idea di un'operazione m'inquietarono, e fiduciosa nella Vergine Ausiliatrice, invocata per mezzo del suo Servo il Venerabile Don Bosco, rifiutai l'opera del chirurgo, e permisi solo l'estrazione del liquido. La glandula dapprima si riacutizzò, poi... al termine delle mie invocazioni scomparve. Ora sto bene! Grazie alla Madonna e al Ven. Don Bosco sono risanata in modo prodigioso.

Mentre col cuore pieno di riconoscenza ringrazio il Venerabile, invio l'offerta promessa per la Causa della sua Beatificazione.

Novara, 27 agosto 1925.

MARIA SAccHI DELL'ORBO.

Una rara e difficilissima operazione con esito felicissimo.

Nel maggio scorso il mio occhio sinistro si ammalò di un male dapprima di lieve entità che poi per un errore di scienza divenne tanto grave che lo specialista, uno fra i primi della città, mi consigliò, temendo dovessi perdere la vista completa, di sottopormi alla enucleazione del globo oculare ammalato e sostituirlo con uno artificiale. Prima però di sottopormi all'operazione per me doppiamente dolorosa, volli conoscere il parere dello specialista primario della città, il quale, dopo avermi osservato l'occhio sub iudice, pur ammettendo la gravità del caso, mi disse che ancora non era tutto perduto e che egli non avrebbe disperato di salvarmi. E mi misi sotto le sue cure. Per essere breve, dopo nove mesi che ero in cura presso il suddetto specialista, che tutti i mezzi di scienza sia chirurgica che medica mise in campo per guarirmi, sembrava che dovessi arrendermi al lato avverso e dovessi essere mutilato. E lo specialista volle tentare l'ultimo colpo, l'estremo.

Di fronte alla gravità del mio caso, non mi ero perduto completamente d'animo. Mi ero rivolto a Maria SS. Ausiliatrice ed ero fidente che Essa avrebbe versata su di me la sua inesauribile bontà divina. Ricorsi anche al Venerabile Don Bosco e nella mia preghiera gli dissi: « A te mi rivolgo, perchè figliolo prediletto di Maria Ausiliatrice; da Lei sei ascoltato, da Lei qualunque cosa domandi, ottieni. Intercedi per me presso Maria Ausiliatrice; fa' che Essa mi sani e guarisca completamente l'occhio mio; compi, te ne supplico, quest'altro prodigio, ed io ti prometto che quando sarò guarito renderò pubblica nel tuo Bollettino Salesiano la grazia da te ricevuta ». Come io ho detto sopra, lo specialista tentò il colpo disperato; e il giorno della operazione fu il 29 gennaio scorso. Questa scelta di data fu per me una rivelazione; Don Bosco e Maria Ausiliatrice non mi avevano abbandonato: il giorno del patrono delle opere Salesiane!... Ed io alle preci a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco, aggiunsi quelle a S. Francesco di Sales. E finalmente quell'operazione audace, che, a detta dello specialista, era la prima volta che faceva in vita sua, riuscì...

Ed ora che il mio occhio è guarito, vengo a sciogliere il voto fatto a Don Bosco, augurandomi che il mio racconto invogli altri a ricorrere a Lui, perchè, moltiplicandosi le grazie e i miracoli, si affretti il giorno desideratissimo in cui Egli verrà sollevato agli onori degli altari.

Palermo, 16 agosto 1925.

LILLO GENDUSO.

Un'altra guarigione stupenda.

Il giorno 22 febbraio dell'anno scorso 1924, nella Casa del Rosario di Santa Fe' (Repubblica Argentina), sentii in me un fortissimo dolore in tutto il lato destro, dal ventre fino alle spalle, con grandi spasimi da temere di mia vita.

Chiamato il dottore, disse che era urgente un'operazione.

La rev.da Ispettrice Suor Maddalena Promis, saputo il caso, mi fece subito accompagnare a Buenos Aires, dove mi condussero all'Ospedale, e mi osservarono colla radiografia e coi raggi X. Il giorno dopo udii il pronostico del mio malore; il valente dottor Cavallero, famoso chirurgo, disse con pena che non si poteva far nulla, perchè il mio male era tutto ramificato, e fino a tanto che non si potesse riunire in un sol luogo, era un caso perduto; non mi si poteva operare.

La rev.da Ispettrice con sommo dolore mi disse che, non potendomi operare, doveva prepararmi al gran passo della morte. Anche il sig. Nicolini, dottore della Casa, ripetè: « Si potrebbe far la prova d'una operazione, ma è così incerta! E un caso disperato! »

Io mi sentivo calma e con grande desiderio d'andarmene in Paradiso. Ma la rev.da Madre Promis mi obbligò a pregare per la mia guarigione: e promisi al nostro Venerabile Padre e Fondatore, che se mi otteneva la grazia di guarire senza operazione e di poter compiere tutti i miei doveri in comune, avrei fatto pubblica la grazia sul Bollettino Salesiano. Intanto applicai una reliquia del Fondatore. Prodigio dell'intercessione del Venerabile Don Bosco! Da quel giorno, dopo due mesi che me ne stava coricata a letto con vomiti e nausee continue senza poter alimentarmi, incominciai a ritenere gli alimenti e ad alzarmi alcune ore, finchè il 17 maggio la rev.da Ispettrice mi mandò a Bahia Bianca, dove lavoro ed ho potuto rimettermi interamente alla vita comune.

La grazia l'ho ricevuta con meraviglia del medesimo dott. Nicolini, che più volte chiese se fossi morta!... ed io compio il grave dovere di pubblicarla a comprovare il valido patrocinio del Venerabile verso chi si affida alla sua protezione.

In fede,

Suor CAROLINA MANFREDI Figlia di Maria Ausiliatrice.

Domandiamo dei prodigi!

Rinnoviamo ai Cooperatori e alle Cooperatrici l'invito a pregar il Signore perchè si degni illustrare la santità del nostro Venerabile Fondatore con grazie, e anche con miracoli: affretteremo così il giorno della sua Beatificazione.

Invitiamo e sproniamo anche altri a ricorrere al Venerabile nelle più gravi contingenze con piena fiducia: e Colui, per cui visse tutta la vita, come lo glorificò tante volte quand'era in terra, non mancherà di rinnovare, a sua intercessione, le più grandi meraviglie.

Per innalzare un Servo di Dio all'onore degli altari ed ascriverlo nel catalogo dei Santi, oltre il riconoscimento dell'eroismo delle virtù, la Chiesa vuole dei miracoli.

Che cos'è il miracolo?

Ascoltiamo lo stesso Venerabile:

Che cos'è il miracolo? Si dice miracolo un fatto sensibile e stupendo, il quale, o per la sua sostanza, o pel modo con cui avviene, non può essere prodotto da causa naturale, ma si deve attribuire ad una causa soprannaturale e divina, cioè a Dio siccome causa prima, immediata ed unica. Or chi non vede che Iddio padrone assoluto della natura, e causa prima di tutte le cose, può fare un miracolo, cioè produrre da se stesso un effetto senza bisogno di cause naturali, e fuori eziandio dell'ordine consueto da lui stabilito per reggere il mondo?

» Quando stabilì le leggi ordinarie e naturali nell'universo, Iddio non si privò del diritto di sospenderle, qualora Egli voglia provare la verità della Religione o la santità di un uomo per mezzo di un fratto strepitoso. Dio non si privò della facoltà di produrre degli effetti mirabili e straordinari, come causa unica e diretta, e senza il concorso delle cause seconde, qualora così esigesse la sua maggior gloria.

» E poi mi artefice, che può e sa condurre la mano di un discepolo, e guidarla a comporre un capolavoro, è ben capace di farlo questo capolavoro anche di per sè solo; e così con molto maggior ragione si deve dire di Dio. Iddio, che come causa prima ed unica seppe e potè fare il più, operando il grande miracolo della creazione, traendo dal nulla tutto l'universo e continuando a mantenerlo e a governarlo per mezzo, delle cause seconde, ben può e ben sa come causa prima ed unica operare il meno, quali sono fatti stupendi bensì, ma isolati, che chiamiamo miracoli.

» Quantunque poi Iddio conceda talvolta a uomini santi il potere di far miracoli, questi uomini non sono già la causa produttrice dei medesimi, ma solamente gli strumenti nella mano di Dio onnipotente. La ragione adunque ci dice possibili i miracoli e degni della fede di un uomo assennato.

» La stessa verità è proclamata dalla Religione, la quale ci presenta una serie non interrotta di miracoli i più accertati.

» Notiamone alcuni.

» Un serpente che parla ad Eva nel Paradiso terrestre; un diluvio universale che copre tutta la terra; una pioggia di fuoco che incendia ed inabissa le città della Pentapoli; la moglie di Lot cangiata in una statua di sale; un Angelo che rattiene il braccio e parla ad Abramo, affinchè non dia morte al proprio figliuolo; le dieci piaghe dell'Egitto; la verga di Mosè, la quale prima è mutata in serpente e poi divide le acque del Mar Rosso; la manna che piove dal cielo per quarant'anni; l'Arca dell'Alleanza che ferma la corrente del Giordano; l'asina di Balaam che parla con voce umana; il sole che si ferma al comando di Giosuè; i corvi che portano regolarmente i pani al profeta Elia; morti risuscitati; l'olio e il pane moltiplicati; queste, dico, ed altre innumerevoli meraviglie, mentre recano grande sorpresa, appariscono ad un tempo quali fatti i più certi ed indubitati, siccome quelli che si trovano registrati nella Sacra Bibbia, che è il libro divino.

» Che diremo poi di quanto leggiamo nel Vangelo? Quivi una stella annunzia la nascita del Salvatore; una schiera di Angeli ne dà festevole annunzio ai pastori; l'acqua si cangia in vino; con poco pane si nutrono abbondantemente più mila uomini; i sordi acquistano l'udito; i ciechi la vista; i muti la parola; i lebbrosi sono mondati; malattie dall'arte umana giudicate insanabili istantaneamente guarite; uomini morti da quattro giorni e già incadaveriti e puzzolenti e che pur risorgono a nuova vita, parlano, camminano. Il Vangelo è ripieno di fatti di simil genere. Inoltre il Divin Salvatore disse che i suoi seguaci avrebbero

operato cose maggiori. Perciò non è a stupire che tali meraviglie sieno state ripetute dagli Apostoli e dai loro successori nella predicazione del Vangelo. La Religione, pertanto, proclama ancor essa la possibilità e la esistenza dei miracoli, e a niun cristiano è lecito di negarlo.

» Dobbiamo piuttosto dedurne una conseguenza importante, vale a dire che trovandoci noi in quella Religione, in cui si compiono le promesse di G. C., abbiamo un certissimo ed evidentissimo argomento, il quale ci assicura che fortunatamente ci troviamo nella via della salute.., (1) ».

(1) Dalla Vita di S. Martino Vescovo di Tours, 2a edizione, Torino 1881 - Tipografia e Libreria Salesiana.

Lasciti e legati.

Faccia il Signore, che molti e molti abbiano a ricordarsi delle Missioni Salesiane, prima di partire per l'eternità. La loro carità sarà particolarmente benedetta da Dio anche in punto di morte.

Vari zelanti Cooperatori ci domandano se possano tranquillamente, cioè senza pericolo che sia mutata la loro intenzione, lasciare un legato o far testamento a benefizio delle MISSIONI SALESIANE. Rispondiamo di sì, purchè, senza far nomi particolari, si attengano a questa indicazione generale: «ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI » null'altro. Ad esempio: « Lascio un legato di... all'Istituto Salesiano per le Missioni »; oppure: « Lascio mio erede universale l'Istituto Salesiano per le Missioni ».

Care notizie dal paese di Gesù.

Ricordano i lettori la scoperta del Sepolcro di S. Stefano nella Scuola Agricola Salesiana di Beitgemàl?

« Il dotto Gamaliele - così il periodico mensile della Custodia Francescana « LA TERRA SANTA » nel numero del 15 agosto u. s. - sepellì il primo martire nel proprio sepolcro, ch'egli aveva in una sua villa a Càfar Gàmala, villaggio distante da Gerusalemme un venti miglia. In seguito nello stesso sepolcro fu posto egli con suo figlio Abibone e l'altro dottore, Nicodemo, quegli che, insieme con Giuseppe d'Arimatea, aveva deposto il Signore dalla Croce. Col tempo il sepolcro era stato abbandonato e dimenticato, finche nel 415 fu ritrovato per divina rivelazione fatta a Luciano prete, ossia parroco di Càfar Gàmala. Le reliquie furono trasportate a Gerusalemme, e sul sepolcro fu eretta una piccola chiesa, la quale fu, come le altre, distrutta dai Persiani nel 614 in una incursione da essi fatta in Palestina, nè fu più riedificata. Passata la Palestina sotto il giogo musulmano nel 638, gli abitanti di Càfar Gàmala divennero mussulmani; della chiesa e del sepolcro, che poco per volta furono coperti di erba, si perdette la memoria; e lo stesso villaggio mutò nome.

» Per un felice caso, o meglio disposizione della Provvidenza, nel 1916 i Salesiani, che hanno a Beitgemàl (l'antica « Càfar Gàmala ») una fiorente scuola pratica di agricoltura, facendo certi scavi trovarono un sepolcro che, per varii indizii, fu riconosciuto essere quello di S. Stefano, specie perchè corrisponde mirabilmente alla descrizione del prete Luciano.

» Quest'anno, per dare maggior lustro alla festa e per vieppiù stringere i vincoli di fraterna carità che li uniscono ai Francescani, vollero che essi loro s'unissero a celebrare la doppia festa, l'antica dell'invenzione del corpo di S. Stefano e la nuova dell'invenzione del sepolcro. Il R.mo P. Custode tenue l'invito, e così i Francescani celebrarono in santa letizia il santo Diacono primo martire sul suo sepolcro ».

Fin qui il periodico francescano.

Dai nostri confratelli abbiamo avuto queste altre notizie:

Sul Sepolcro di S. Stefano.,

Quest'anno la solennità del 3 agosto ha rivestito uno splendore esterno mai avuto negli anni scorsi. La tomba del Santo e la casa si allietarono dei soliti festoni campestri di pino e di centinaia di bandierine multicolori, ed echeggiarono dei concerti dalla Banda dell'Orfanotrofio di Betlemme e dagli hurrà degli Esploratori della medesima casa. Fu un fremito di nuova vita per queste pendici isolate e silenti.

Sull'altarino eretto a padiglione sulla tomba del Santo, celebrò la Messa della Comunità il sig. Ispettore. Vi assistettero gli alunni e tutto il personale della Casa, le Figlie di M. A. ed i pochi cristiani di Beitgemàl. Numerose le Comunioni distribuite su quegli stessi mosaici ove, 15 secoli fa, traeva la folla in pii pellegrinaggi. Quanto è caro cibarsi del Dio dei Forti sulla tomba del Forte, qui, ove dei campioni di Dio i colli e le valli narran le gesta. La piena delle memorie suscita la piena d'affetti.

Era appena terminata la Messa della Comunità che giunsero pellegrini inattesi e cari, e precisamente il benemerito P. Maurizio Gisler, Benedettino, che accompagnava il rev.mo P. Cumming, Superiore dell'Istituto Internazionale Benedettino di S. Anselmo a Roma. Questi, pellegrino a Gerusalemme, volle procurarsi la consolazione di celebrare sulla tomba di S. Stefano.

Alle otto, dalla torretta dell'osservatorio viene segnalato l'arrivo di alcune automobili. Gli esploratori s'allineano pel viale che conduce alla casa e la Banda si colloca di fronte alla porta d'ingresso. Squillano le note della Marcia Reale e scendono di vettura il sig. Console Gen. d'Italia con la sua gentile signora ed il Rev.mo Padre Aurelio Marotta, Custode di Terra Santa, accompagnato dal Vicario, R.mo P. Paul D'Orléans, e da altri Francescani, tra i quali il colto P. Orfali, direttore della Scuola Biblica e Archeologica Francescana di Gerusalemme. Una salve di applausi esternò la nostra esultanza.

Il rev.mo P. Custode celebra alle 9 la Messa solenne nella Cappella della Scuola, assistito dai suoi Religiosi, mentre gli alunni eseguiscono scelta musica. Dopo la funzione gli ospiti illustri si recano a visitare gli scavi. Tutti gli occhi si volgono all'illustre P. Maurizio; e questi, guida autorevole, colla competenza che gli dànno lo studio e l'affetto alla tomba del Santo, illustra le vestigia dell'antica chiesetta e ne rileva tutte le rispondenze con la lettera di Luciano, ascoltato con quell'interesse che meritano il soggetto e la competenza del dotto Palestinologo.

Dalla visita agli scavi i visitatori salgono sul terrazzo della casa, ed il P. Maurizio li conduce per una passeggiata storica attraverso le decine di ricordi biblici che si possono evocare sui colli e sulle valli che circondano Beitgemàl.

Il R.mo P. Custode ed il sig. Console onorarono anche la nostra mensa, e nel ringraziameli l'Ispettore rievocò la bella figura del compianto P. Meistermann, il distinto palestinologo francescano, che fu il divinatore della scoperta della tomba di S. Stefano, tanti anni prima che divenisse realtà. Nel pomeriggio gli ospiti fecero un'escursione nei dintorni, spingendosi sino a Beitgebrin, l'antica Eleufteropolis, lasciando gratissimo ricordo della loro visita.

La bella giornata si chiuse con una festa scolastica, con una accademiola musico-letteraria, durante la quale vennero distribuiti premi ed attestati di studio e di lavoro ai migliori alunni e i diplomi di compiuto tirocinio agli otto giovinotti che, avendo terminato il corso, lasceranno la scuola. Dopo un anno di fatiche e di studi, ai giovani che si lanciavano nel mondo per guadagnarsi la vita, il sig. Ispettore fece rilevare l'importanza dello studio e del lavoro e dei benefizi che erano stati loro prodigati. Uno dei giovani ringraziò i superiori, specialmente il venerando Don Bianchi.

Tornando al Sepolcro di S. Stefano, diremo come a render sempre più sgombra di opposizioni la nuova scoperta, i Salesiani di Beitgemàl si recarono a Gemalla per compiervi degli scavi. Gemalla è una località che per l'assonanza del nome e per la distanza da Gerusalemme era stata avanzata da qualcuno come una possibile concorrente di Beitgemàl. Una squadra di nostri operai si recò sul posto ad esplorarla con il R.mo P. Mallon, Gesuita, rappresentante in Gerusalemme del Pontificio Istituto Biblico di Roma, e quale incaricato dal Direttore del Dipartimento delle Antichità di Gerusalemme. E gli scavi non diedero alcun risultato.

Dell'erigendo Santuario sulla tomba di S. Stefano a Beitgemàl, e precisamente sulle rovine dell'antico Martyrium, son già pronti i piani disegnati dallo stesso P. Maurizio, che è pur architetto; attendiamo solo che crescano gli aiuti per metter mano all'opera. Che la devozione all'inclito Protomartire susciti una santa gara tra i suoi divoti ad offrire ciascuno una pietra!

Anche la nostra Scuola di Beitgemàl attende la carità delle anime generose. Essa riceve orfani e li educa ed istruisce con corsi teorico-pratici all'agricoltura. Un distinto signore inglese ha inoltrato domanda alla direzione di adottare un orfano, pagando le spese di mantenimento, ed inviò la prima quota annuale di 25 sterline. Additiamo il bell'atto ai pietosi, cui stanno a cuore le sorti di miseri senza pane e senza tetto.

In omaggio ai desideri del S. Padre, la Scuola rivolge le sue attenzioni anche ai piccoli musulmani: ed ultimamente ne accolse uno, che il voto dei compagni proponeva tra i degni. Quanto bene di più si potrebbe far anche per loro, se i mezzi lo permettessero!

Dall'Orfanotrofio di Betlemme.

Nella solennità dell'Assunzione di Maria SS. nella nostra chiesa del S. Cuore S. E. Monsignor Kean, Ausiliare di S. B. Mons. Patriarca di Gerusalemme, consacrava sacerdoti due diaconi salesiani, l'uno di Nazaret e l'altro di Aleppo, entrambi cresciuti nelle nostre case di Palestina, ove vennero accolti fanciulli. Si svolse in loro onore un po' di trattenimento, durante il quale l'Ispettore parlò ai giovani del sacerdozio cattolico. Uno dei nuovi ordinati prese la parola e narrò come avesse ricevuto dal Ven. Don Bosco non solo l'alta dignità del sacerdozio, ma anche la fede, essendo egli stato accolto nelle sue case essendo ancora scismatico. Alla festa eran presenti la vecchia madre ed il fratello, divenuti anch'essi cattolici. E di tanti benefizi il novello sacerdote rendeva grazie al S. Cuore di Gesù, la Cui imagine venne esposta nella sua famiglia, ancora scismatica.

LE MISSIONI SALESIANE

Dall'Assam = Mentre la Redenzione tarda!...

(Relazione del Missionario Salesiano Don Paolo Bonardi) (Continuazione e fine: ved. Boll. di settembre u. s. ).

La danza delle vergini.

L'alba del quarto giorno « Sngi iew lyngka » invita per tempo la « S'iem-Sad » ad uscire dal capannone divino, sua abituale dimora, per consacrare col suo piede, primissimo fra tutti, il Duwan, avanti che la gloria dell'aurora apra il varco a piedi meno divini. È così che essa conduce quella danza religiosa che da lei prende il nome - « Shad noh kjat ka S'iem » - guidando in triplice giro lo stuolo dei reali e dei famigliari del re.

Le braccia stese della S'iem-Sad si allacciano alla serica cintura (panpoch) di due personaggi reali tra cui deve danzare: questi alla lor volta continuano la catena dei danzatori tenendo steso immobile lungo il corpo quel braccio al cui lato la S'iem-Sad è avvinta, agganciandosi invece con l'altro braccio alla cintura del vicino, finchè il cerchio non sia chiuso. Compiuto il terzo giro nell'interno del recinto, il campo è ufficialmente dichiarato libero per le altre fanciulle.

Ed è tutto un brusio di gente, allora, nei prati adiacenti; gente che si aggira tra le capannette posticce entro cui ha sonnecchiato la notte, tra i banchetti che spacciano thè e leccornie indigene, di tra i cestelli delle rivendugliole per fornirsi di cartoccetti di kwai da masticare per tutta la giornata; e sono le madri che dànno l'ultimo assetto all'abbigliamento delle figlie... come già faceva la buona Agnese con la sua Lucia...; e sono Myntri che dàn l'assaggio al kiad mattutino; son carri di nativi o automobili di europei, gente nostrana o forastiera, accorsa più che in altro giorno per ammirare l'originalità degli abbigliamenti e della danza Khassi.

Se il giorno avanti l'area del Duwan era riservata ai soli uomini, oggi invece è unicamente per le fanciulle che non han marito. Agli uomini sarà lecito soltanto incorniciare la scena col ripetere la loro danza, simulazione di lotta, tutto intorno al recinto, lungi dal gruppo femminile, al ritmo dei pifferi e dei tamburi.

Chiamasi questa: « Shad kynthei » (danza, delle donne); ma il nome è ben lungi dall'esprimere ciò che avviene in realtà. La danzatrice, dal momento che entra in scena, irrigidisce il corpo in una inflessibilità di acciaio: braccia stese lungo il corpo, occhi scrupolosamente inchiodati al suolo, spòstasi secondo linee laterali o di fronte, strisciando impercettibilmente i piedi l'un accanto all'altro, senza scomporre menomamente la dirittura del corpo. La maggior valentia ed eleganza è aggiudicata a quella fanciulla che sappia, per cosi dire, più immobilmente muoversi. Solo al termine della danza e all'uscita dal campo è lecito alzare gli occhi.

Se nel modo di danzare della donna Khassì null'altro resta ad ammirarsi che la perfettissima compostezza del portamento, gli abiti ed i monili attirano più facilmente lo sguardo dello spettatore. La lunga veste serica che giunge sino ai piedi nudi è semiavvolta come da un lungo scialle di seta damascata a frange, per lo più di color giallo bruno; di velluto granata è la camicetta che copre il busto e le braccia; i capelli sono annodati sulla nuca per mezzo di una catena d'argento che scende posteriormente fin quasi a terra, terminante in larga piastra triangolare a fiocchi. Ampi orecchini d'oro; anelli e braccialetti preziosi; fermagli d'oro e d'argento al collo; e sul capo un ricco diadema, terminante in un mazzetto di fiori artificiali. Ma gli ornamenti più caratteristici sono grandi collane (ki kpieng) scendenti a giri multipli sul petto, e intercalate di grossissimi grani d'oro e di corallo (ki paila ksiar e ki paila) che di per sè sole bastano a costituire vistosi patrimoni familiari.

Il Jingknia dei dodici.

Verso il tramonto la danza cede il posto al « Jingknia dei dodici », ossia ai sacrifici divinatori offerti in onore delle divinità minori protettrici dello stato ('Lei raj - 'Lei muluk) per mano dei Lyngdoh, o sacerdoti compartimentali del regno, al cospetto della Iing-Sad.

Questa novella immolazione di vittime si ripete con l'identico cerimoniale testè descritto per l' U blei Shillong, su dodici galli o dodici capri. Dinanzi al capannone divino è accuratamente tenuto sgombro un largo tratto fino all'entrata del recinto, perchè per esso, durante il sacrificio, abbia a passare la divinità: e guai al malaugurato che ardisse entrare allora per la porta o camminare per quella via! L'urlo della moltitudine scaccerebbe indietro il violatore sacrilego che, in altri tempi, sarebbe stato dichiarato figlio di morte. La S'iem-Sad, la grande sacerdotessa, cui compete il supremo incarico religioso e in cui nome i dodici sacrificano, presenzia unitamente al re, alla famiglia reale ed ai Myntri.

Al termine delle immolazioni si riprende la danza dal Re e dai Myntri in riconoscente omaggio alle divinità tutelari e per rappresentare nell'unità e nella concordia le varie suddivisioni del regno. A notte tarda, ultima vittima di rito, il maiale, prometterà al « Suid-nia long s'iem » (demone fautore della regalità) la ripetizione annua della solennità, onde averne in cambio protezione Del monarca e floridezza pel regno: felicità pei sudditi: sicurezza alle strade: incremento ai mercati e perchè, al fine, se le divinità non fossero state soddisfatte dei sacrifizi, abbiano la cortesia di rivelarlo in quella ultima scrutazione di intestini, onde poter riparare.

"Ka Sngi Dorbar sla" (il giorno dell'adunata sotto le foglie).

È questo il quinto ed ultimo giorno della festa, giorno del mercato di Nongkrem, ex capitale del reame, e detto « Sngi Dorbar sla », o della grande adunata plenaria.

A mezzodì s'uccidono maiali, le cui carni vengono imbandite a tutti i presenti, unitamente a kwai e kiad per esilararsi a volontà; tutto si profonde in copia e magari si getta, perchè è prescritto che nulla deve restare dei doni della festa, ma tutto ha da essere consumato.

Giunto il momento opportuno, tutti devono partecipare all'adunanza del Dorbar e imporsi il più rigoroso silenzio perchè comincia la preghiera alla divinità; neppure ai bimbi, neppure agli ubbriachi è perdonato interromperlo, pena crudeli percosse da appositi incaricati.

E il re incomincia: « O Dio, il mio labbro è meschino e impotente: non sa trovare parole per pregarti: deh perdona!... », e cede il posto a un anziano che lo supplisce a trovare parole e una interminabile litania d'invocazioni, preghiere e suppliche; nè cessa fino a tanto che nel silenzio sepolcrale della massa non s'oda la prima voce di gallo che dalle capanne vada salutando la sera. È quello il segnale dell'hurrà che pone termine ai riti annuali e scioglie l'adunata.

Le stelle della notte tremoleranno ancor una volta su un'accozzaglia di gente briaca, e l'alba del domani ridesterà alla monotonia del quotidiano lavoro.

Mentre la Redenzione tarda!...

E così continuano a vivere e a credere e a operare migliaia di creature umane, accanto a tanti altri milioni - per nulla dissimili - nelle tribù limitrofe!... Così gli anni passano: cosi le generazioni si sospingono alla tomba, e lo spirito maligno continua ad evocare a sè e cune e bare con diabolici riti... mentre la Redenzione ancor non giunge!

Sì, si adora da queste anime, ma non è Iddio che si adora! - s'immola, ma le vittime sono per l'U Ksuid, lo spirito malefico, onde evitarne i malefici - si prega, è vero, ma non è rapimento di amore che perfeziona, sibbene la trepidazione e lo scongiuro al male che degrada! Figli di Dio, non conoscono il Padre; e pur versando sangue e scrutando visceri, non riescono ad avere il beneficio del Sangue o a varcare i penetrali dell'Amore... perchè la Redenzione tarda a venire!

Per questi miseri fratelli affrettiamola, col sacrificio e con la preghiera, l'ora del riscatto... l'ora della luce.., l'ora dell'amplesso col Padre!

Sac. PAoLo BONARDI Missionario Salesiano.

Alle Case e Ditte Commerciali.

I nostri Missionari chiedono con quotidiana insistenza -- non solo lini e oggetti per l'esercizio del sacro ministero - ma anche, e soprattutto, tele, abiti, calzature, per vestire i piccoli alunni dei numerosi Orfanotrofi e gli altri neofiti, e medicinali e mille altre cose necessarie per assistere fraternamente ed iniziare alla vita civile i nuovi cristiani.

Additiamo, quindi, anche alle Direzioni delle singole Case, Ditte, Negozi e Stabilimenti Commerciali, la grande opera di fede e di civiltà che esse possono compiere in qualunque tempo dell'anno, inviando al Rettor Maggiore dei Salesiani sig. Don FILIPPO RINALDI, Via Cottolengo 32, TORINO (9), quanto credono di destinare alle Missioni salesiane.

Le Scuole Professionali di Shillong.

(Relazione del Prefetto Apostolico Mons. Luigi Mathias al signor Don Rinaldi). Shillong, 27 - VII - 1925.

Amatissimo Padre,

Prima ancora di inviarle il resoconto del bene spirituale che, con la grazia di Dio, abbiamo fatto quest'anno nella nostra cara Missione, mi preme farle vedere come ormai l'Opera di Don Bosco vada sviluppandosi ampiamente e le stesse autorità inglesi ne facciano i migliori elogi.

Appena la Missione di Assam ci fu interamente affidata, fu nostro particolare impegno dare un grande sviluppo alla Scuola Industriale, e, se ricorda, nel programma inviatole in principio dell'anno scorso accennavamo al proposito di voler avere in Shillong una scuola professionale modello. Non ci è stato possibile realizzare questo desiderio quanto ai locali che son piuttosto poveri, ma per il resto è cosa compiuta e le nostre scuole professionali di falegnami, compositori, stampatori, fabbri, sarti e calzolai, potrebbero figurare ovunque con sicurezza di pieno successo. Eccone le prove che son certo le torneranno gradite.

L'esecuzione accurata e precisa di molti lavori aveva già attirata la curiosità di non pochi membri del Governo della nostra Provincia di Assam, inglesi e del luogo, e molti eran rimasti colpiti non solo del progresso delle nostre scuole, ma dei lavori che in essi venivano eseguiti. Tutto questo giunse all'orecchio dello stesso signor Governatore, che espresse il desiderio di visitare la Scuola Professionale Don Bosco.

E il 4 febbraio u. s. Sua Eccellenza il Governatore dell'Assam giungeva alla Missione accompagnato dalla sua signora, dall'aiutante di campo e dal capo-ingegnere incaricato del Ministero dei lavori pubblici. Tralascio di descrivere il ricevimento e le varie sorprese provate da S. E. che protrasse la visita per circa quattro ore. La gentilissima lettera che segue le dirà tutto.

GOVERNATORE   GOVERNMENT Di ASSAM   House

Shillong, 5-II-1925.

Mio caro Monsignore,

Le scrivo per ringraziarla sinceramente per la piacevolissima ed interessantissima mattinata spesa ieri visitando i suoi laboratori e orfanotrofi. Io non avevo la minima idea che lei avesse intrapreso così varie attività. Sento con certezza che i simpatici e abilissimi giovani fratelli della famiglia Salesiana faranno presto sentire la loro influenza in tutto l'Assam per il grande beneficio, di questa Provincia, ed io auguro loro tutto il successo nel loro lavoro.

Sincerissimamente suo

J. H. KERR.

Da quel giorno Sua Eccellenza diventò il nostro migliore propagandista e personalmente raccomandò a vari ministri e membri del Consiglio di visitare la nostra Scuola, facendone gli elogi più cordiali. Fu allora che si ebbe la visita di quasi tutte le autorità, che lasciarono nel libro dei visitatori espressioni di grande simpatia e ammirazione.

Il 16 febbraio fu la volta di una Commissione di parecchi Membri del Consiglio Legislativo di Assam, parte europei e parte del luogo, che ci lasciavano il seguente attestato:

I sottoscritti, Membri del Consiglio Legislativo di Assam, visitarono le varie istituzioni. Monsignor Mathias fu tanto gentile da condurci per le varie Scuole professionali. Il lavoro compiuto qui mostra quanto potrebbe essere fatto in varie parti dell'Assam. Ci auguriamo che il Governo dell'Assam venga in soccorso a questa istituzione con sostanziali aiuti. Ci permettiamo di suggerire di studiare se non sia possibile introdurre simile istituzione con Scuole professionali nelle due vallate (del Bramaputra e Surma), che richiedono l'opera disinteressala a sacrificata di questi Missionari, sostenendole anche finanziariamente...

(Seguono le firme).

S. E. il sig. J. H. Kerr veniva trasferito qual Governatore in Calcutta, ed il suo successore, S. E. il sig. William James Reid, espresse subito il desiderio di visitare le nostre Scuole, venne e fu una delle sue prime visite ed ebbe elogi non inferiori a quelli del suo predecessore. Congratulandosi, stringendomi fortemente la mano, mi diceva: « Desidero che m'inviti nuovamente. Son contento di constatare il bene che fate, e nessuno più di noi sa apprezzarlo! »

Giorni fa avemmo una nuova sorpresa molto gradita. L'Ispettore delle Scuole per la Vallata della Surma ed i Distretti montagnosi diramò una circolare, in cui si legge anche il seguente paragrafo:

« Raccomando che venga introdotto nel Bengala la ginnastica... Sono tutto in favore del sistema educativo introdotto nella Scuola Sant'Antonio in Shillong. Uno dei nostri maestri di ginnastica e di scouts potrebbe essere ammaestrato in questo genere di ginnastica e mandato nelle varie suddivisioni per alcuni mesi ad introdurre detto sistema nelle scuole Professionali e medie. »

Ogni commento mi pare superfluo. Vede come Don Bosco si avanza trionfalmente col suo metodo educativo, e tutta l'India l'aspetta.

Con personale e mezzi, sorretti dalla grazia del Signore, quanto bene si potrebbe fare! Per il personale ci raccomandiamo a Lei; per i mezzi ai cari Cooperatori. Ci occorrono locali più ampi e macchinari, e noi avremo in mano il mezzo più efficace di apostolato. Occorre formare operai, buoni operai, anche per assicurare ai nostri cristiani il pane quotidiano; ma l'erezione e il mantenimento di una buona scuola professionale, specie nei suoi primordi, esigono più spese e sacrifizi che non collegi e università.

Ci benedica tutti, ed in particolare chi Le è

Obbed.mo e aff.mo Figlio in C. J.

L. MATHIAS Prefetto Apostolico.

CARTOLINE MISSIONARIE.

Abbiamo allestito varie serie di cartoline delle Missioni Salesiane della Patagonia, della Terra del Fuoco, della Cina, dell'Assam, del Congo, ecc., per i nostri, amici e Cooperatori.

Si vendono assortite, al prezzo di L. 1,50 alla dozzina e L. 10 al cento - franche di porto.

Una delle più belle celebrazioni del « GIUBILEO D'ORO e delle Missioni Salesiane di Don Bosco, dovrebb'essere il provvedere le singole residenze missionarie di scelto personale laico, che permetta ai Sacerdoti di attendere principalmente all'esercizio del sacro ministero ed alla predicazione, affidando ad abili e volenterosi aiutanti la cura delle varie opere sussidiarie, indispensabili per sostenere le cristianità nascenti sulla via della fede e dell'incivilimento.

Incontrando di coteste anime generose, dite loro il nostro invito cordialmente fraterno, esponete i molteplici e gravi bisogni delle Missioni nostre, fate ad esse comprendere che potrebbero spendere la vita alla maggior gloria di Dio e alla salvezza delle anime con preziosi frutti di bene, catechizzando, insegnando e lavorando negli Orfanotrofi, nelle Scuole Professionali e nelle Colonie Agricole, prestando, insomma, in cento modi, un aiuto, prezioso e desiderato, ai Missionari.

L'Orfanotrofio Salesiano di Ho=Si in Cina.

(Relazione del Missionario Don Carlo Braga al Sig. Don Rinaldi). VII (Vedi Boll. di settembre u. s.).

Le conseguenze della guerra.

Stavano recitando l'Angelus che secondo il costume della casa di Macao si dice in cortile, cadendo la ricreazione sul mezzo giorno ed al tramontare del sole, e giunge trafelato e spaventatissimo, un cristiano, che mi grida:

- Padre, vieni, corri, cento soldati sono giunti or ora, si sono messi in casa nostra occupando ogni buco, hanno ammazzato galline, rovinato gli orti. Vieni, salvaci!

Cercai di tranquillizzarlo un poco, di fargli animo, e lo condussi ai piedi di Gesù Sacramentato, perchè egli ci consigliasse, ci aiutasse in sì grave frangente; a noi si unirono quasi tutti i giovani e non mancò la nostra preghiera di ottenere l'aiuto invocato, ed in modo che ha del prodigioso.

Uscito di chiesa mi avviavo verso il cascinale occupato dalla soldataglia, per portare se non altro il conforto della mia presenza e della mia parola a quei catecumeni tanto provati, ed ecco corrermi incontro un ragazzetto, svelto come uno scoiattolo, e gridarmi tutto contento:

- Padre, non incomodarti, non venire, i soldati sono scappati impauriti, lasciando il pollame, la verdura, il riso mezzo cotto. Il sergente che guidava la truppa, appena entrato in casa aveva a lungo contemplato ed ammirato il grande quadro di San Francesco di Sales, che noi abbiano collocato al posto della tavoletta degli avi, e domandò spiegazioni e notizie sulla nostra fede. Vinto poi dalla stanchezza e dal sonno staccò una porta nuova, vi stese una stuoia e si buttò su quel letto non certo soffice, ma sufficiente alla sua bisogna e finì coll'addormentarsi profondamente. Ad un tratto si agita nel suo giaciglio, poi manda un urlo formidabile ed ordina ai soldati di partire sull'istante. Ai padroni di casa, accorsi, dice:

- Il vecchio straniero, di cui venerate l'immagine, mi ha ordinato di sloggiare, si staccò dalla parete e mi comandò di uscire di qui e di lasciare in pace i suoi protetti. Via, via dunque, si parta subito, io temo lo sguardo di quell'uomo, temo la sua voce, tremo alle sue minaccie.

In pochi minuti la casa fu libera dai poco graditi ospiti ed i catecumeni non finivano più di ringraziare il loro santo patrono e di propagare la grazia singolare ricevuta.

Il giorno 7 agosto accompagnai una ventina di giovani ai loro villaggi perchè passassero un poco di tempo in famiglia, fossero di edificazione ai propri compaesani e di aiuto nei lavori pesanti della seconda semina del riso.

Si trattava di compiere a piedi, con un discreto involto di abiti e di libri, una cinquantina di chilometri con la prospettiva di non trovar neppure dell'acqua per calmare l'arsura del cammino. Invocato l'aiuto di Maria Ausiliatrice, si partì di buon mattino sotto un cielo provvidenzialmente plumbeo ed accarezzati da un lieve venticello, che i giovani non a torto dissero mandato dal Signore a rendere meno penoso il nostro andare. Passate le fortificazioni difensive di Shiu Chow, trincee, camminamenti, reticolati, cavalli di Frisia, avemmo per tutto il giorno sott'occhio lo spettacolo desolante di fertili campagne devastate dalla guerra.

Poche ore prima di noi era passato per quello stretto e mal praticabile sentiero un esercito intiero, che aveva distrutto ogni cosa, brutalmente, bestialmente, senza scopo di tattica difensiva od offensiva, solo pel barbaro istinto di sfogare la rabbia felina per la sconfitta subita.

Scene macabre ad ogni passo: morti insepolti, cani che si disputavano gli avanzi di braccia o gambe umane, fetore di carogne di animali in decomposizione, villaggi interi completamente devastati, il riso maturato e necessariamente abbandonato a marcire nella risaia per mancanza di mietitori. Poveri, donne, vecchi, ragazzi, istupiditi dal terrore e dalle vergate, spettri umani vagolanti fra le rovine, le macerie, in cerca di documenti, di carte, di oggetti preziosi.

Verso il tocco eravamo ad un importante mercato, dove l'unico pozzo, era inquinato da un mucchio di stracci e berretti di divise soldatesche. Radunati i giovani sotto un colossale albero di canfora, recitato l'Angelus, invitai i ragazzi a riposare ed a consumare le poche provviste portate con noi; ma essi più con gli occhi che con la parola mi fecero comprendere che l'appetito, invece di essere stato attutito, si era alimentato. Non un'anima viva si scorgeva per le vie per solito rigurgitanti di avventori. Un ragazzo, salito su di un albero, vede alzarsi in lontananza da un casolare una colonna di fumo e mi dice:

- Padre, forse in un lontano casolare i contadini stanno apparecchiando la minestra, andiamo a vedere se ve n'è una scodella anche per noi!

Mando due alunni e trovano nel luogo indicato un buon uomo, che appena seppe che si trattava di Sin Fu e dei suoi giovani si diede attorno e preparò subito un calderone di poltiglia scussa scussa, ma tanto gradita ed opportuna a tacitare i latrati di un appetito aguzzato da sei ore di cammino. Mentre stavamo scodellando quella specie di minestra, ecco giungere un gruppo di portatori: buttano il carico a terra, si slanciano sul calderone, tuffano le mani sulla pignatta e con un'avidità da lupi, consumano quel poco che ancora eravi rimasto.

- Scusa, Sin Fu, da ieri sera non assaggiamo cibo!

Dividiamo volentieri tutto quanto abbiamo nelle bisaccie e quei poveretti non finivano più dì ringraziarci.

Appena partito il primo gruppo, ecco giungerne un altro, composto tutto di donne sfigurate dalla fatica, grondanti sudore sotto il peso enorme, sfinite dal cammino e dalla fame, scorate, quasi impazzite al pensiero dei bambini lattanti, lasciati negli sparsi e deserti casolari, senza latte, senza cura. Ed era un'invocazione sola:

- Sin Fu! Sin Fu! aiutaci! aiutaci!

Freno le lagrime, ma allo svolto di un sentiero una povera madre stamazza al suolo come morta. Nella via deserta riarsa dal sole, senza una goccia di acqua, senza un rimedio, il caso è così compassionevole che ci sforza al pianto. Dopo pochi minuti si riebbe, ci ringraziò delle cure apprestatele, ma non si reggeva più in piedi. Il soldato di scorta e di guida l'aveva preceduta di un buon tratto di strada. Che fare? come aiutarla? Quattro dei giovani più alti si scambiano poche parole ed un cenno del capo, e:

- Padre, il carico lo portiamo noi fino al prossimo villaggio.

Detto fatto, improvvisano due corde di bambù, accomodando il pesante fardello e via trotterellando come provetti potatori esclamando ad ogni passo: -Hi! ho! hi! ho!...

La povera donna, alleggerita da quel carico, ci segue abbastanza lesta e ci narra tutta la tristezza dei suoi casi. Dopo due ore raggiungiamo il gruppo dei primi facchini, consegniamo le casse di munizioni al soldato che ci ringrazia e provvede alla sventurata madre, lasciandola presso un suo parente a riaversi. Alle cinque eravamo alla residenza, fra le braccia di D. Fochesato. La casa era così piena di gente che noi si dovette rifugiarci in uno stabile di nostra proprietà a cento passi da quella. Il buon confratello si era trovato in mezzo alla bufera guerraiuola, vide partire i vinti e giungere come nuvoli di cavallette devastatrici i vincitori, ebbe un lavorio incredibile giorno e notte per salvare la propria casa ed assistere e confortare i cristiani, e prodigarsi in soccorsi di presenza, di medicine, di sacramenti, a molti dando la vita dell'anima, a chi spegnevasi quella del corpo. Noi ci eravamo appena appollaiati, gettati a dormire su semplici assi, ed io mi era appena coricato sul letto, preparatomi con delicatezza ed attenzione dai giovani (due tavolini così stretti e di disuguale altezza che temevo, voltandomi, dovessi cascare e schiacciare i ragazzi che dormivano saporitamente ai piedi tra zanzare e moscerini a profusione) quando giunge da Kon .Kei, una residenza distante quattro ore, un messo a chiedere l'aiuto del Missionario.

Ai primi albori Don Fochesato parte per socorrrere quella cristianità, tutta la sua numerosa famiglia, più alcuni moribondi disseminati lungo la via; ed io, celebrata la S. Messa, mi affretto a visitare i tapini e giungo al primo Cha Tin prima del levar del sole e scorgo adagiati su un mucchio di strame due uomini dall'aspetto cadaverico. Il solerte venditore di thè mi narra le dolorose vicende dei due disgraziati: presi dai militari come portatori alla bella distanza di duecento chilometri li avevano angariati ad una marcia forzata di una settimana. Giunti sfiniti dal digiuno e dalla colerina sarebbero già morti da parecchi giorni, se il Padre non li avesse curati come fratelli.

- Venne lui stesso, il Sin Fu, - narrava con accento enfatico il mio uomo, - li levò dalla belletta negra, li prese, ad uno ad uno, sulle braccia, li lavò al vicino ruscello, li rivestì dei proprii abiti, li curò come una madre cura i suoi nati; lui, mattino, mezzodì e sera, porta loro brodi, medicine, confortanti; lui a ripulirli dalle loro lordure; uno di essi ha già ricevuto il S. Battesimo; l'altro, abbrutito dall'oppio, insofferente del suo dolore, non fa che imprecare e maledire. Partito lui, oggi vieni tu e fai lo stesso! Oh! la vostra Religione è tutta di amore.

Il mattino seguente giungevo con una scodella di brodo al solito rifugio e vedo il neo cristiano dibattersi negli spasimi dell'agonia, mi riconosce, balbetta alcune giaculatorie che gli suggerisco, e, appena ebbi finito di somministrargli l'estrema unzione e di raccomandargli l'anima, spira. Lo compongo decentemente e mi do attorno per curarmi dell'altro. Raccapricciante spettacolo! penzolava ignudo stecchito e ributtante e spaventevole da una trave del cesso pubblico. Nella notte vinto dal dolore e dalla disperazione si era impiccato con l'ultimo cencio che gli era rimasto. Il medesimo raggio di carità aveva sorriso alle due anime: l'uno l'accolse a salvezza, l'altro lo rifiutò a condanna.

Appena ritornato dalle visite agli infermi, mentre stavo scodellando una tazza di riso, giunge piangendo un vecchietto:

- Padre, i soldati mi hanno fatto sparire cento anitre! l'unica mia risorsa! Vieni, aiutami, sono vecchio, non ho campi, nè risaie al sole.

Depongo scodella e stecchetti sul tavolo ed esco in aiuto di quel poveretto. Fatti pochi passi, senza saperlo, nè avvedermi nel quartiere del comandante il distaccamento di Tung Tong, mi trovo all'improvviso faccia a faccia con lui. Mi accoglie gentilmente, offre thè, un ventaglio e mi fa accomodare in una sedia a sdraio. Dopo i convenevoli il vecchio cristiano espone il caso pietoso, il bravo giovanotto prende a cuore la cosa e manda subito una ronda con l'ordine di tornare con le cento anitre. Non una di meno.

Tre giorni dopo accompagnai un gruppo di giovani a Leu Ha perchè passassero le vacanze presso Don Lareno. Durante il non breve tragitto i medesimi dolorosi spettacoli di cadaveri insepolti, di portatori sfiniti che non potendo più reggersi sulle gambe camminavano sulle mani come quadrupedi, pur di allontanarsi dalla guerra e dai soldati. Consumiamo tutte le riserve di denaro e di vitto in prò di questi sventurati, ma ci fu impossibile di soccorrere e di provvedere a tutti. Alla sera verso le nove eravamo, stanchi e sfiniti, da Don Lareno che ci accolse a festa e ci narrò di casi e di sventure pietosissime. Ripartii il giorno dopo per Lok Chong con Don Barberis.

(Continua)

Sac. CARLO BRAGA Missionario Salesiano.

Come Iddio veglia sui Missionari!

(Relazione del Missionario Salesiano Don Giovanni Balzola).

Tornato in Italia per riprendere un po' di forze perchè era prostrato dal lungo lavoro, ho la consolazione di parlare in molti luoghi ai nostri alunni ed ai cooperatori, e dappertutto mi sento ripetere:

- Lei è Don Balzola? ci conti un po' come andò salvo dalla morte, quando si recò a fondare la prima colonia tra i Bororos...

- È vero che gli indi si erano nascostamente avvicinati al luogo dove si trovava lei con gli altri missionari, e che stavano già con l'arco teso per scaricare le frecce micidiali e mandarli all'altro mondo?

- È vero che un cacico ebbe il pensiero di avvicinarsi a spiare, e che a un suo cenno tutti avrebbero scoccato le frecce in direzione dei Missionari?...

- Sicuro! e che buoni tiratori sono i Bororos! Colpiscono anche un uccello al volo, hanno una mira che non fallisce mai e dànno sempre nel segno...

- E come è andata la cosa?

- Ma se lo sapete e me lo ricordate voi, perchè devo raccontarvelo di nuovo io? Piuttosto ringraziate con me la Madonna e il Sacro Cuore di Gesù che vegliano di continuo sui Missionari di Don Bosco... Allora, un capitano, o capo dei Bororos che si era avvicinato a spiare, vide animarsi l'immagine di Maria SS. Ausiliatrice che io gli mostrava e sentì la voce della Madonna che gli disse: - Rispettateli questi bianchi; non son come gli altri; sono gli inviati del Grande Spirito, dello Spirito Buono; e son venuti per farvi del bene! - E ubbidirono. Anche lo stregone interrogò il Bope, cioè il diavolo, per sapere chi eravamo noi; ed anche il Bope si sentì costretto a rispondere che eravamo buoni! Ciò avvenne nel 1902, quando appunto s'iniziò la Colonia del Sacro Cuore; e non fu quella l'unica volta che il Signore ci volle salvi.

E, quasi dappertutto, mi faccio a narrare le molte meraviglie operate dal buon Dio per liberarci dai pericoli della vita mssionaria.

- Perchè non le scrive queste cose? perchè non le pubblica sul Bollettino? - mi dicono tutti.

A dire il vero, nelle mie narrazioni ho fatto cenno più volte della divina assistenza alla mia povera persona, ma poichè mi si fanno tante insistenze, cedo all'invito ed eccomi a riepigolare, in brevi parole, i casi più tipici e significativi della bontà del Signore a mio riguardo.

Salvi da naufragio!

Nel 19oo discendeva il Rio Paranatinga tra i feroci Cajabis, quando, nel passare una cascata di forte corrente, la mia canoa battè in una pietra e gettò in acqua uno dei rematori. Altro dei rematori si slancia per salvarlo ed indirizza la canoa, ma l'acqua vi entra a tutta forza e la barchetta va sott'acqua. Distese le braccia sopra il galleggiante baule mi appiglio alle mani di un compagno e, così appoggiati, si va galleggiando dove la corrente ci porta, mentre si grida aiuto a canoe lontane. Queste si volgono a tutta forza, ed una viene a nostra salvezza e l'altra si volge alla direzione di un compagno, che volendo salvarsi a nuoto veniva respinto dalla forza dell'acqua e stava proprio per perire, quando il valente barcaiuolo giunge a prenderlo pei capelli e a salvarlo, mentre la barca più grande arriva a noi che ci mettiamo in salvo, perdendo solo una veste, una cassetta di medicine e i pochi commestibili che avevamo. Per buona sorte riuscii a salvare l'altare portatile, ma perdei le ostie e dovetti restar quaranta giorni senza celebrare. Attribuii la salvezza alle anime del Purgatorio, per le quali quella mattina aveva applicato la S. Messa.

Nel 1907 nell'attraversare a cavallo il Rio Barreiro che, vicino alla Colonia del Sacro Cuore, è molto alto, pregai due Bororos che passando quasi a nuoto mi conducessero il cavallo pel capestro; quando, giunti al punto più pericoloso, il cavallo mise il piede in una buca e cadde, ed io con lui, con pericolo di essere avvolti e trascinati dalla corrente. Grazie a Dio, i Bororos si mantennero forti e ci condussero a salvamento. Attribuii al Sacro Cuore di Gesù la salvezza dall'imminente pericolo.

Nel 1915, di ritorno dall'esplorazione al Rio Negro per la fondazione della Prefettura Apostolica, arrivati a S. Luigi, capitale dello Stato del Maranon nel Brasile, andai col Provinciale dei Gesuiti a far visita al Vescovo; e nel ritornare a bordo la nostra barca, sforzata da impetuoso vento la vela, si capovolse, ed io andai sott'acqua, e senza saper nuotare. Ed aveva già bevuto molt'acqua salata e mi dibatteva invano, quando riesco ad appigliarmi alla gamba del compagno, che si era attaccato alla barca capovolta, e intanto arrivano dal porto vaporini e barche che ci mettono in salvo. Il pericolo più grave consisteva nell'essere divorati dai pescicani che in quel porto abbondano all'avvicinarsi della marea, come sarebbe successo quel mattino. Grazie a Dio quella sera il mare era in ritirata e andammo salvi! Benedetta la Divina Provvidenza!

Infatti il dì seguente, arrivando al porto del Ceraà, quattro pescicani circondano il vapore; e i marinai riescono a prenderne uno e a metterlo sopra coperta. Che spavento! Aveva un collo largo due palmi. A quella vista tutti si volgono a me dicendo: « Ecco il Tubaron (così si chiama in portoghese), che ieri la doveva divorare! »

Chiesi e ne ottenni il cranio dalla grande bocca e sette fila di denti, e lo portai a Torino al Museo delle Missioni di Valsalice.

Salvi da animali feroci!

Nel 1910 stava prossimo al Rio Itichira, nel Matto Grosso, e cinque miei compagni si erano fermati con i cavalli per condurli nella profonda laguna vicina a bere, mentre io, col Rosario in mano, andava avanti. Visto che non venivano, feci anch'io lo stesso. Ma il mio cavallo non volle bere, e mi rimisi per il piccolo sentiero, quando mi vedo innanzi, a pochi metri, una grossa tigre, ferma in mezzo al sentiero, cogli occhiacci fissi su me. Mi fermo subito; assicuro le redini del cavallo, perchè, spaventandosi, non mi getti a terra; mi raccomando a Dio, proprio di cuore, e la fisso anch'io. I nostri occhi si guatarono fieri per alcuni istanti, e infine la bestia svoltò e s'internò nella foresta. Arrivarono in quel momento i compagni con le armi, ma non sarebbero giunti a tempo, se la Vergine Ausiliatrice non mi avesse liberato essa stessa dal pericolo di una morte atroce!

Altra volta, passando la notte sotto le tende, si tenne il fuoco acceso di continuo, appunto per impedire l'avvicinamento di feroci animali; e al mattino, rimettendoci in cammino, restammo sbalorditi nel vedere che sino a pochi metri di distanza si erano avanzate due tigri, una grande, e l'altra piccola, cioè madre e figlia. Guai a noi, se non avevamo il fuoco acceso!

Altra volta m'incontrai con un piccolo leopardo che stava mangiando una serpe. Non appena gli fui vicino col mio cavallo, alzò la testa, mi guardò e se ne scappò via. Dappertutto la Provvidenza veglia sui Missionari!

Trovandomi nella Colonia indigena di S. Giuseppe, tra i Bororos, me ne stava, un giorno del 1912 in mezzo alle piantagioni di mandioca osservando la bella vegetazione, quando sento dietro a, me un sussultare sconosciuto. Mi volto e vedo un grosso serpente a sonaglio, attorcigliato in mezzo all'erba, che moveva la punta della coda ove ha gli ossicini che suonano, e continuava a muoversi e suonare. Ne osservo la gran testa, dritta in mezzo alle spire del corpo, e tento di dargli una bastonata. Alzò la testa come in atto di assalirmi, ma gli lasciai cadere, a tempo, una pesante bastonata sulla schiena, rompendogli la spina dorsale, finchè gli schiacciai la testa e, legatolo al bastone, lo portai a casa. Guai se non ne avessi sentito il suono e mi fossi avvicinato senza accorgermene! Sarei rimasto vittima del suo terribile veleno, che dà la morte anche ad un cavallo o ad un bue. E sempre Deo gratias!

Un'altra volta ne vidi un altro in un torrentello sotto grossi pezzi di legno secco, con un topo selvatico in bocca. Non potendo batterlo, feci passare il mio bastone in mezzo a quei legni, e glie lo puntai sul collo e lo spinsi a terra in modo da fargli emettere il topo e la lingua avvelenata. E anche questo fece la fine dell'altro.

Altre qualità di velenosi serpenti, anche maggiori del boa, riuscii sempre ad ammazzare, protetto dalla Divina Provvidenza, per andar libero da morte atroce.

Salvi da altri pericoli !

Nel 1910 fui mandato dal Governo a far il censimento dei Bororos, e percorsi per quelle foreste 1500 km. a cavallo sino all'ultimo aldeamento sul Rio Tadariman, mandando innanzi a me quattro giovinotti ad aprir la strada,. I quali, visto che tutto era secco, pensarono di dar fuoco ai cespugli per facilitar il passaggio, e il fuoco si sparse in un istante da ogni parte, finchè io e i miei compagni, coi nostri cavalli, fummo presi proprio nel mezzo. Il pericolo più prossimo era di morire senz'altro asfissiati. Infatti, circondati dal fuoco lontano e vicino, il fumo omai ci asfissiava e non sapevamo più dove passare, non essendovi alcun sentiero; ma. anche da tanto pericolo la Divina Provvidenza ci salvò, ed uscimmo illesi, quantunque arsi dalla sete, raggiungendo i nostri Bororos, che se ne stavano tranquillamente riposando. Li ripresi per averci messi in quel pericolo, e mi risposero tranquillamente che avevan creduto di pulirci la strada!

Nel 1900 m'incontrai con i feroci Cajabis del Rio Paranatinga, tutti con arco e frecce alla mano, pronti alla scarica. Usando le maniere più delicate, arrivammo al loro contatto, ma quando noi credevamo di averli guadagnati, ci presero a frecciate. Alcune frecce ci forarono la canoa; altre ci passarono sibilando accanto alle orecchie; ed una mi sfiorò il cappello. Il pericolo di morte era imminente. L'uso delle armi per difenderci sarebbe stato un rischio peggiore, perchè sarebbero fuggiti, è vero, nell'oscura foresta, ma di notte ci sarebbero piombati sopra menando strage; e dovetti faticare per persuadere i compagni a non far fuoco, ad aver pazienza e a difenderci soltanto con segni di pace. Ed anche allora la Divina Provvidenza ci salvò.

In ogni critica circostanza, in ogni pericolo, ho sempre fatto uso della preghiera e della confidenza nella protezione del cielo, e mai nelle armi. Pel Missionario ci vuole l'arma della preghiera e non della carabina!... ed è l'arma che possono - con preziosi frutti di benedizione - brandir quotidianamente a nostra difesa quanti ammirano e seguono l'Opera delle Missioni Cattoliche, bramosi di vedere dilatato il Regno di Dio su tutta la terra!

Torino, 8 settembre 1925.

Sac. Giov. BALZOLA Missionario Salesiano.

N. D. R. - Il caro don Balzola, nell'affidarci questi appunti, ci pregava di raccomandare ai Cooperatori - come abbiamo fatto - la prossima spedizione di nuovi Missionari. « Se tanti - ci diceva - sapessero il giorno preciso della funzione, vi accorrerebbero anche di lontano, e i vicini andrebbero a gara per affidarci l'obolo della carità ». Ci auguriamo di veder largamente compiuto il voto del zelante Missionario.

Le meraviglie di Maria Ausiliatrice

Volete grazie da Maria SS. Ausiliatrice?

Fate la novena consigliata dal Ven. Don Bosco.

In primo luogo abbiate fede, PREGATE! Pregate Gesù in Sacramento, che è il centro di tutte le grazie, e Maria SS., che ne è la dispensatrice.

Recitate PER NOVE GIORNI 3 PATER, AVE e GLORIA a Gesù Sacramentato, con la giaculatoria: Sia lodato e ringraziato ogni momento il santissimo e divinissimo Sacramento, e 3 SALVE REGINA alla Madonna con la giaculatoria: Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

In secondo luogo promettete di viver sempre in grazia di Dio, e nei giorni in cui fate le accennate preghiere accostatevi - una volta almeno - AI SS. SACRAMENTI DELLA CONFESSIONE E COMUNIONE.

In terzo luogo ricordate la parola del Divin Salvatore: « Date e vi sarà dato ». Voi volete una grazia? Fate anche voi un'elemosina a vantaggio delle opere suscitate da Maria Ausiliatrice per l'educazione cristiana della gioventù e per la conversione di tanti popoli idolatri, SOCCORRETE LE OPERE E LE MISSIONI SALESIANE.

GRAZIE E FAVORI (*)

Sia gloria alla Vergine Ausiliatrice.

Il giorno 12 dicembre, il giovane ragioniere Rinaldo Monchietto, studente del 3° anno della Scuola Superiore di Commercio, veniva improvvisamente oppresso da altissima febbre. Chiamati d'urgenza il dottore locale e un altro straordinario, lo dichiararono colpito da tifo, e poco dopo un'emorragia lo ridusse in condizioni allarmanti, e il 21 dello stesso mese questa si ripetè per due volte.

Scorgendo omai vane le sollecite e sapienti cure dei dottori, col cuore straziato, rivolsi un caldo appello a Colei che tutto può quanto vuole, e incominciai la novena suggerita dal Ven. Don Bosco, con promessa d'una Messa nel Santuario e di renderne pubblica la grazia.

La portentosa Ausiliatrice dei casi più disperati ascoltò benignamente la supplica. Fin dal 3° giorno, benchè tuttora immobile e costretto ai silenzio e ricoperto di ghiaccio, si constatò visibilmente nel malato un prodigioso miglioramento; al termine della novena lasciò il letto, e dopo breve convalescenza, completamente guarito, potè riprendere le sue occupazioni.

Mentre, col più vivo compiacimento, sciolgo la promessa, egli con l'animo traboccante di gioia fa un'offerta per le Missioni di Don Bosco e rende con me alla potente Ausiliatrice le più sentite azioni di grazie.

Verolengo, 10-III-1925.

Prof. D. FERDINANDO PASSERA.

Fui subito esaudita!

Appena chiesi preghiere per la guarigione di una carissima bambina, colpita da altissime e persistenti febbri infettive, mentre anche la mamma della piccina ricorreva con fede a Maria SS. Ausiliatrice, perchè si degnasse guarirla per i meriti del Ven. Don Bosco, ebbi a constatare in modo evidente l'intervento dell'aiuto celeste. Quasi istantaneamente la febbre cessò e la cara bambina entrò in convalescenza!

Con l'animo commosso, quindi, sciogliamola promessa inviando un'offerta per le Missioni Salesiane, con preghiera di render nota la grazia, perchè tutti raddoppino la fiducia nella potenza e nella bontà di Maria Ausiliatrice, e si raddoppi anche, per la Beatificazione, la corona di gloria del Ven. Don Bosco.

S. Prospero di Perugia, 22 - VIII - 1925. Famiglia PAGGINI.

GRAZIE, o MARIA! - Ai primi di aprile per indebolimento generale, causato dall'influenza, fui colpita da uno svenimento, che destò la più viva apprensione nei miei cari.

Fui subito circondata di cure affettuose, ma, tuttavia il malessere si accentuava: non avevo appetito, non potevo prendere sonno, le forze mi mancavano, e un nodo mi opprimeva di continuo la gola e mi faceva soffrire assai.

Fu allora che cominciai una novena a Maria SS. Ausiliatrice e al Ven. D. Bosco; terminata la quale, non sentendomi per nulla migliorata, ne cominciai una seconda, promettendo che avrei fatto pubblicare la grazia e mandato un'offerta per le Missioni Salesiane. Il 24 maggio, ultimo giorno della novena, mi accostai ai S. Sacramenti e pregai caldamente la Vergine a volertisi dare la primitiva salute. Fui esaudita! Da quel giorno ripresi forza, ed in breve potei ritornare alle mie occupazioni.

Grazie, o Maria Ausiliatrice!

In altre occasioni ho esperimentato la meravigliosa potenza del Tuo santo aiuto, e oggi piena di riconoscenza adempio la mia promessa, assicurandoti il mio amore e la mia devozione imperitura.

Asti, 7 agosto 1925.

E. M.

UNA TREMENDA SCIAGURA si abbatteva sulla mia famiglia. Un mio figlio, improvvisamente impazzito, fu d'urgenza ricoverato al manicomio. Non so descrivere il dolore, l'angoscia provata a quell''inattesa sciagura da tutta la famiglia! E le notizie che di là ci venivano, dapprima soddisfacenti, arrivarono a tal punto sconfortanti da, farci temere la catastrofe del poveretto. Nel frangente ricorsi con fede a Maria SS. Ausiliatrice, feci pregare anche tante anime elette, mandai una piccola offerta a Torino per le Opere Salesiane e promisi di pubblicare la grazia sul Bollettino.

Il Cuore di Maria, che sul Golgota provò gli spasimi del dolore per lo strazio del Figlio, non fu sordo alle mie suppliche e mi esaudì. Son due mesi che il poveretto è tornato in famiglia, buono, tranquillo, ed io attendo con gran fede che gli venga anche la volontà e la forza di rimettersi al lavoro.

Agosto 1925.

N. N.

CHIAMATA D'URGENZA AL CAPEzzALE del fratello gravemente infermo che non voleva assolutamente sentir parlar di confessione, mi raccomandai con un triduo di preghiere a Maria Ausiliatrice;. e a mezzodì del secondo giorno la grazia era ottenuta. O Maria, potente, grazie: continua la tua amorosa assistenza sull'inferno, ed accetta l'obolo della mia riconoscenza.

Neive, 2 agosto 1925.

RABELLINO GILDA.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il Tempio erigendo a Gesù Adolescente e alla Sacra Famiglia, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti.

A) - A. D., A. M,, Acenti Filomena, Albergoni Giuseppina, Aliprandi d. Antonio, Alliad Alessia in Cravel, Andreoni Maddalena, Asperti Battista.

B) - Badellino Aldo, Barberis Margherita in Lamorra Barberis Teresa, Baroli d. Giulio, Beltrame Gina, Bellotti Franca, Bianchini Andrea, Biazzi Luisa in Barolo, Bilardo Giuseppe, Bisogni Irma, Bisogni Maria, Blanc Clementina, Bo Maria in Buffo, Boggiatto Giovanna, Boggio Lucinda, Bonacina Maddalena, Bommo Luigia, Borello Maggiorino, Borello Leonardo, Bortoloni Adele, Box Cecilia in Peruchon, Brunello Giovanni, Brunetti. Francesco, Burini Maria.

C) - C. G., C. M., Cabano Giuseppina, Caccia Maria, Calarco ch. Giuseppe, Calzino Gaudenzio, Canonico Luigina, Carnevali Paolino, Cartasegna Maria, Casari Angiolina in Combi, Ceccarelli Enrichetta, Cellio don Donato, Chiamberlando Lorenzo, Coatti Emilia, Cocco Veronica, Colasanti Giacomina, Colussi Angela, Comai Teresa, Combi Angela, Coppo Evasio, Corazzini Maria, Cosentino Lucia, Cossetta Giuseppe e famiglia, Costabloz Maddalena, Cravero Francesco, Cristofani Nicolina, Culacciati Ida, Culotta Rina.

D) - D. M., D. R., Da Prà Lia, Barbessio M., De Cristina Maddalena, Deiana Eleonora, Dell'Oste Catte. rina, Delpiano Angela, De Meio Maria, Destefanis Quintina, Dileta C., Dosè Maria.

E) - E. M.

F) - Facco Palma, Fabre Maria, Famiglie Beisone, Poggini, Fangazzo Rosetta, Favagrossa Francesco, Ferazzi Maria, Filippini Lida, Filoccano Francesco, Fornara Caterina, Francia Gemma, Franchi Bice, Fucotti Angela, Fugazzi Emilia, Fumero Giovanna, Fumero Maria.

G) G. G., Gai A. R., Galliano Maria, Ganora Antonietta, Gaveglio Angelina, Genduso Lillo, Gianotti Antonia, Giovannini Dino, Giudice Margherita, Goutier Cesarina, Grandi Ermelinda, Grossi Maria, Grossi Teresa, Guarienti Emilia.

I) - Iandolo d. Alfonso, Invernizzi Antonietta, Istituto di S. Gaetano di Lugo.

L) - Lagostena Antonio, Lazzarini Prima, Lorice Marianna, Luchi Irma, Lupano Cristina.

M) - M. G., M. M., Malatesta Luigia, Marchis Luisa in Filippi e famiglia, Marinellì suor Gonzaga, Marini Lina, Martinengo Maria, Martinez Amelia, Martini Rosa in Spinelli, Marugo Eugenia, Marzero Maria, Masciari Giuseppe, Massinelli Francesco, Mazzoni Pasquina, Mazzucchi Maria, Meneguzzo O. e G., Meregalli Carla in Vigano, Messina Maria Teresa, Minozzi Camillo, Monasterolo Domenica, Mongardi Giovanna, Moroni Carolina, Mortarotti d. Giuseppe, Mottina Maria, Muroni Maddalena.

N) - N. F., N. N. di Cammarata, S. Paolo della Valle, Stenico e Tonengo, Nassano Carmelina, Necco Domenica in Petrazzi, Neira Agnese, Nepote Domenico, Nodari Giuliano, Nicotera B.ssa Anna, Nilla Giustina,

O) - Olcesa Elisa, Omodei Maria, Orto Giovannina in Ricciari.

P) - Panighetti Cherubina in Pelucchi, Pascut Albina, Penzo Maria, Perucca Emilia, Pesca Giovannino, Peverelli Giuseppina, Pezzotta Carla, Piazza Ugo, Piloni Angela, Pirazzi Rosa, Pisani Fiorentina, Pizzini Ermelinda, Prevedello Caterina, Previtali Geltrude, Prudenzi Jolanda, Pugliese Orsola e Agostino.

R)- Rabino Maria, Ranzini Ambrogio, Rigazio Anna, Righetti Cristina, Rigotti Natalia, Rinaldi Maria, Rinero Maddalena, Rolando Margherita, Rosica Maria Teresa, Rossi d. Giacomo, Rostano Callisto, Roveta Candido, Ruffinello Maria.

S) - Sanguinetti Teresa, Sanna Tigellia, Saracco Placida, Sardo suor Maria, Scaglia Caterina, Scarlata Giovannina, Scrimaglia Genoveffa, Serra Francesco, Sideli Rosina, Sivelli Valentina, Siviero Matilde, Solari Palmira, Solimani Mina, Sonzogno Maria in Rea, Sorelle Schilirò, Sosio Antonietta in Schema, Sossich Anna, Spallarona Caterina, Stefani Maria, Stresa Ernestina, Suine Marcello, Sunerari Angiolina.

T) - T. B., T. G., Tenneriello d. Francesco, Terribili Giuseppina, Tibone Teresa, Todde Assunta in Puddu, Toja Teresa, Tomaselli Marianna, Tommasi Gio. Battista, Tornari Maria, Turini Amalia.

U) - Uras Bonaria.

V) - Valtorta Rocco, Vaudagnotti Giuseppina, Verano Anna, Verga Amos, Viara Anna, Viasone Rosa.

E) - Zago Cecilia, Zucca Teresa.

A GLORIA DEL S. CUORE'

Ogni giorno fate vostra l'intenzione assegnata agli ascritti all'Apostolato della Preghiera e il 1° venerdì del mese, sacro al Cuore di Gesù, e il 24 sacro a Maria SS. Ausiliatrice, raccomandate anche l'intenzione speciale da noi proposta.

INTENZIONI PER IL MESE DI OTTOBRE. Intenzione quotidiana:

« LA RELIGIONE NELLE ScuoLE ».

4 Il ripristinamento dell'insegnamento religioso nelle scuole primarie - dice una lettera dell';E.mo Carri. Sbarretta all'Episcopato Italiano - ha riempito di liete speranze ognuno cui stia a cuore il bene degli individui, della famiglia e della società; giacchè il catechismo, benchè piccolo di mole ed umile in apparenza, è in realtà divinamente grande e sublime... contiene gli elementi desti nati a nutrire ed irrobustire la vita dello spirito... insegna all'uomo l'esistenza di Dio... gli fa conoscere donde viene, dove va, qual via deve tenere per giungere al suo fine... gli fa comprendere l'eccellenza dell'anima sua, riscattata al prezzo di un valore infinito, il Sangue di G. Cristo, e in conseguenza la nefandezza del peccato... gl'inculca la necessità di amare il prossimo come se stesso, di posporre l'interesse privato a quello pubblico, ed il dovere di dare anche la sua vita per il bene superiore della Religione e della Patria! »

Per il 1° venerdì e il 24 del mese.

« LA PREFETTURA APOSTOLICA DEL LUAPULA SUPERIORE NEL CONGO BELGA ».

La Missione, detta fino a ieri del Katanga e recentemente elevata a Prefettura Apostolica ed affidata ai Salesiani, dà le più liete speranze. La grazia di Dio, implorala dalle nostre preghiere, la converta presto in un vago giardino della Chiesa!

INTENZIONI PER IL MESE DI NOVEMBRE.

Intenzione quotidiana.

« LA SALVEZZA DEGLI AGONIZZANTI ».

Oh! quante anime, in ogni istante, partono per l'eternità! Preghiamo per i moribondi: è una preghiera che non dovremmo dimenticar mai, memori, anche in questo, delle parola di Gesù: « La misura che userete con gli altri, sarà usata con voi ». Ripetiamo ogni giorno la bella preghiera che fa la Chiesa nella Messa per gli infermi prossimi a morire:

« Onnipotente e misericordioso Iddio, che al genere umano hai conferito i mezzi della salvezza e i doni della vita eterna: volgi benigno lo sguardo sui tuoi servi travagliati da infermità corporali, e prènditi cura delle loro anime che Tu hai create, affinchè nel punto della loro dipartita possano, senza macchia di peccato, venir presentate, dalle mani dei santi Angeli, a Te, loro Creatore! ».

Per il 1° venerdì e il 24 del mese.

«LA MISSIONE DFLL'HEUNG-SHAN IN CINA ».

Affidato ai Salesiani nel 1911 dal Vescovo di Macao, il distretto dell'Heung-Shan ha una popolazione di circa 2.000.000 di abitanti. La sola città di Shek-ki ne conta più di 200.000. E i Missionari sono appena tre, con tre residenze e l'assistenza religiosa a due lebbrosari!

Chi la bene in vita, troverà bene in morte. Ven. GIOVANNI Bosco.

AZIONE SALESIANA

Udienze Pontificie.

Siamo lieti di registrare altre udienze pontificie, per noi particolarmente care, non tanto perchè concesse a nostri confratelli, ma perchè, come le precedenti, per sovrana bontà del Santo Padre accompagnate dal più affettuoso ricordo dei nostro Venerabile Fondatore.

Il 13 agosto Sua Santità riceveva nella Sala Ducale centocinquanta sacerdoti, chierici e coadiutori salesiani. La maggior parte avevano, nei giorni precedenti, atteso agli esercizi spirituali, e tutti compiuto le visite giubilari per l'Anno Santo.

Con grande bontà il Vicario di Gesù Cristo li ammise tutti al bacio della mano, poi disse loro che era quasi superfluo ripetere come Egli provi una particolare compiacenza tutte le volte che vede attorno a sè i figli di Don Bosco. Il nome di Don Bosco dice tante cose al Suo cuore. Tra le grazie, infatti, che il Signore gli ha concesse, il Santo Padre pone anche quella di aver avuto relazioni personali con Don Bosco, di averlo conosciuto da vicino, di aver ammirato in lui una rara intelligenza, un'anima santa, un cuore di Dio. Aggiunse che ogni volta che vede i Salesiani, ha la visione magnifica dell'immenso sviluppo di opere di santificazione apostolica che essi compiono in tutto il mondo; ed avendo dinanzi quelli dell'Ispettorato Romano Egli vede in essi una parte più specialmente cara al Suo cuore per l'opera preziosa di bene che svolgono più vicino alla casa del Padre comune dei fedeli. « Molti di voi - concluse Sua Santità - tornano dagli Esercizi Spirituali, i quali sono una grazia specialissima, un emporio di grazie; sono un punto di partenza per il cammino sempre più alto nella gloria di Dio. E Noi benediciamo tutto quello che voi tutti desiderate, le Case ove siete o dove l'ubbidienza vi manderà a svolgere lo zelo della vostra attività, benediciamo le opere vostre, le vostre persone, le vostre famiglie. Scenda la Nostra benedizione più larga su tutte le opere dalla grande Famiglia Salesiana ».

Il 25 agosto riceveva in udienza gli aspiranti alla nostra Società nell'Ispettorato Romano, recatisi da Genzano a Roma, per lucrare il S. Giubileo. Dopo aver ammesso i pii giovanetti al bacio del S. Anello, dichiarò che impartiva loro, con vivo compiacimento, la Benedizione Apostolica, a loro venuti nel nome di Don Bosco, nome venerato e caro a tutta la cristianità, « in modo particolare a Noi, che avemmo la ventura di avvicinare quel grande servo di Dio ». « Ci congratuliamo con voi, o figliuoli -continuava il S. Padre - che vi preparate alla vita salesiana, vita di fede, di pietà, di lavoro, di quella fede che in Don Bosco fu viva, incrollabile, di quella pietà che in lui fu grande e diremmo filiale, di quell'operosità che in lui fu instancabile ».

Sua Santità rilevava, quindi, come il lavoro sia una caratteristica dei figli di Don Bosco, e come, oltre tutto, non si possa essere veri salesiani, senza essere operosi; e il pensiero che raccomandava di aver sempre dinanzi alla mente, in qualsiasi stato della vita, era il pensiero della grazia ricevuta, alla quale si deve corrispondere. Di qui a dieci, a quindici anni, chi sa... il Signore soltanto lo sa, perchè è Dio e fissa ciascuno la via da seguire, e traccia la missione e assegna il compito che ciascuno dovrà svolgere nella vita, essi avranno determinato un ufficio speciale, e deve rimaner sempre profondo in loro il ricordo della grazia grande di aver ricevuto un'educazione, non semplicemente cristiana, ma squisitamente cristiana e religiosa. Ed impartiva ad essi l'Apostolica Benedizione con quest'intenzione particolare, che possano ben compiere la preparazione alla vita che li attende, Benedizione che estendeva ai loro parenti, ai Superiori che si prendono cura amorevole di loro, e a quanti avevano nella mente e nel cuore.

Come appare, dalla frequenza e dalle espressioni con cui il Vicario di Gesù Cristo ricorda il nostro Venerabile Padre, profonda e indimenticabile è l'impressione che ha riportato dalla conoscenza che ne fece e dai colloqui avuti con lui; e non è a dire qual forte stimolo sia questo per noi a calcar fedelmente le orme lasciateci dal gran Servo di Dio.

L'incisione della copertina rappresenta una parte del gruppo dei 15o Salesiani ricevuti in udienza dal S. Padre il 13 agosto.

NOTIZIE VARIE

ITALIA.

* GENZANO DI ROMA. - LA « VOCE REPUBBLICANA » quotidiano del partito repubblicane italiano, nel numero del 2 settembre u. s. ha questa magnifica e verace testimonianza:

« Si pensi quel che si vuole dell'educazione catechistica, ma indubbiamente chi ha compiuto a Genzano una grande opera educatrice sono stati i Salesiani. Tutti i ragazzi del luogo, da almeno due generazioni, frequentano l'Oratorio dei Salesiani: ci vanno anche i figli dei più arrabbiati mangiapreti. Con la pagnottella e i fichi secchi, con i giochi ginnastici, col teatro e col bel canto, e con altri mille ingegnosi espedienti, i Salesiani Sono riusciti a togliere, per lunghe ore della giornata, i ragazzi dalla strada, ove ne avrebbero fatte, robusti e svegli come sono, d'ogni colore ».

* LANZO TORINESE. - LA POPOLAZIONE di Lanzo Torinese, il 24 luglio u. s. tributava un imponente omaggio di riconoscente ammirazione all'Opera Salesiana.

Dal 1864 nel nostro collegio maschile, fondato dal Ven. Don Bosco, passarono all'eternità una decina di laici, chierici e sacerdoti salesiani, le cui saline, giacenti sino a ieri nel vecchio cimitero, vennero esumate e trasportate all'attuale camposanto.

Alla solenne cerimonia presero parte, con tutto il paese, le alunne dell'Istituto Albert, le convittrici operaie delle Suore Immacolatine, le Figlie di Maria Ausiliatrice, le Suore della Carità dell'Ospedale, e cento salesiani, di cui più di cinquanta sacerdoti, in cotta, con a capo i rev. Parroci di Germanasco, di San Pietro Coassolo, di Maria Ausiliatrice di Torino, e il zelantissimo Vicario locale, teol. cav. Don Frasca, e, dietro il carro funebre, il sindaco geom. Cordero e i dottori cav. uff. Vinardi e Gaiottino.

- I RESTI MORTALI DI DON ALASONATTI. -

Nella stessa circostanza si dissotterrarono i resti mortali del primo sacerdote che, impressionato dall'apostolato iniziato dal Ven. Don Bosco a favore della gioventù, scendeva fin dal 1854 da Avigliana, sua patria, all'Oratorio di Valdocco, ove lavorò sino al 1865, quando sfinito e pieno di acciacchi si recò a Lanzo, dove fece una santa morte il 7 ottobre.

La sua salma era stata tumulata entro una cassa di zinco, perchè la si voleva trasportare a Torino; e poi fu lasciata nel vecchio cimitero di Lanzo addossato alla Chiesa parrocchiale, presso la gran Croce, nel posto riservato al Clero. Una lapide che ne ricordava il nome e le virtù, corrosa dal tempo, era scomparsa dal tumulo, e sopra di questo, stante la ristrettezza del recinto, erano state fatte altre sepolture. Trasportato il camposanto in un luogo più adatto, il vecchio cimitero venne a poco a poco completamente abbandonato, e s'era omai perduta la memoria della sepoltura di Don Alasonatti, quando, iniziate le più diligenti ricerche nel luogo preciso, identificato da varie persone anziane, presso la vecchia Croce, rimossi altri scheletri, fortunatamente si rinvenne intatta la cassa contenente integro lo scheletro di Don Alasonatti.

Il degno collaboratore di Don Bosco era morto a soli 54 anni, per grave malore alla spina dorsale, tantoche gli ultimi giorni - volle restar in piedi sino alla fine - nel tossire toccava col mento le ginocchia.

Nè solo i medici, dall'età, dalla struttura e dalla statura del defunto constatarono con accurato esame la realtà dei suoi resti mortali, ma quanti ebbero agio di contemplarli restarono vivamente colpiti nel rilevare, a primo sguardo, l'accennata curvatura dolorosa nella pronunciatissima inclinazione della spina dorsale.

Anche questi resti, collocati in apposita cassa, col nome scolpito in una targhetta di marmo, vennero trasportati all'attuale camposanto, dove avranno un affettuoso ricordo dai venturi.

Abbiamo voluto annotare questi particolari per rammentare ai cooperatori, e sopratutto ai nostri confratelli, specie ai più giovani, il primo Prefetto Generale della nostra Società, di cui ricorre in questo mese il 60° anniversario, e la cui memoria vive in mezzo a noi in benedizione.

POLONIA.

LODZ. - UNA PROVA DELLE COSTANTI BENEDIZIONI DI DIO ALL'OPERA DI DON Bosco.

Lódz, città di oltre 600.000 abitanti, la Manchester polacca per lo sviluppo straordinario dell'industria tessile, di cui gl'innumerevoli stabilimenti col forno delle centinaia e centinaia di camini coprono perfino il sole in pien meriggio (e dire che molti non hanno ancor potuto riattivare la loro produzione dopo la guerra!) ha una casa salesiana: una fiorente scuola professionale.

Fondatore di questa fu un ricco e benefico proprietario d'uno degli stabilimenti della città, il sig. Emilio Geyer, il quale, festeggiando il 75° anniversario della sua ditta, molti anni prima della guerra offerse una vistosa somma per l'erezione di una scuola professionale, che preparasse colti operai e buoni capi-reparto in quell'importantissimo centro industriale.

Il suo buon esempio trovò presto generosi imitatori, e sorse non solo un bell'edifizio destinato a preparare teoricamente i giovani che accorsero subito numerosi alla nuova scuola, ma venne innalzata accanto e provvista di ottimo macchinario anche un'ampia scuola pratica, compredente le sezioni: tessitori, meccanici, falegnami.

A capo della scuola fu dapprima l'Associazione Cristiana di Beneficenza, la quale ne tramandò la direzione all'Associazione Resursa, che a sua volta - per iniziativa di S. Ecc. Rev.ma Mons. Vincenzo Tymieniecki, zelantissimo Vescovo diocesano e nostro grande benefattore la volle affidata ai Salesiani.

I primi figli di Don Bosco si stabilirono a Lódz nell'agosto del 1922, e tosto si misero con grande energia a provvedere il necessario per dare alla scuola sempre maggior sviluppo; ed ai loro sforzi corrispose generosamente una costante simpatia. non solo di tutte le autorità ecclesiastiche e civili, ma della stessa popolazione operaia del quartiere.

E la benevolenza crebbe ancor più coll'inaugurazione di una cappella semipubblica allo scopo di dar agio alla popolazione d'adempiere le pratiche religiose, tanto più che nell'accresciuto agglomeramento operaio le chiese son divenute insufficienti. Basti dire che una delle 10 parrocchie della città, la più piccola conta 5ooo anime, e le più grandi ne hanno 40.000, 6o.ooo e 1oo.ooo!

In vista dell'urgente bisogno i nostri s'accinsero, senza indugio allo svolgimento completo del programma di Don Bosco, pur di salvare molte anime, particolarmente della gioventù. Non tardarono, quindi, ad aprire un Oratorio festivo, il quale, malgrado i pochi mezzi, si sviluppa in modo promettente e ben presto avrà un dopo-scuola quotidiano, mentre ha già un'orchestra e un teatrino frequentato anche dalle masse operaie.

Non è, quindi, a meravigliare, se ad ampliar la cerchia del benefico influsso si sentì il bisogno di allargare la stessa casa. E l'idea incontrò subito l'efficace appoggio anche del Comune, che non solo assegnò una sovvenzione corrispondente a 50.000 lire italiane, ma cedette anche gratuitamente 7.114 m2 di terreno attiguo per la nuova fabbrica, mentre i Cooperatori e le Cooperatrici, insieme colla direzione, vanno alacremente cercando altre risorse.

Così, nella scorsa primavera, si gettaron le fondamenta pel nuovo corpo di fabbrica con vaste sale per l'Oratorio festivo; e si spera, coll'aiuto di Maria SS. Ausiliatrice, che potrà esserne ultimata una parte quanto prima.

Ecco una delle tante prove dell'aiuto costante che la Divina Provvidenza dà, ovunque, allo sviluppo del programma d'azione che ci ha lasciato il nostro Venerabile Fondatore!

PERÙ.

* LIMA. - ALLA VIGILIA DI MARIA SS. AuSILiATRICE, presente una gran folla di cittadini, S. E. Mons. Pietro Paolo Drinot y Piérola, Vescovo tit. di Basilinopoli, benedisse il nuovo armonioso concerto di campane, fuse dalla Ditta Barigozzi di Milano, destinate al tempio monumentale, sorto su disegno del comm. D. Ernesto Vespignani, in uno dei migliori punti della città, presso Piazza Bolognesi e Corso Colombo. Il grandioso campanile che le ha accolte è alto 57 metri, e domina tutti gli edifizi, visto anche dal Callao e dal mare. Attendiamo fotografie e dati particolareggiati dello splendido tempio.

EQUATORE.

* QUITO (Equatore). - IL XXV DELL'ISTITUTO « DON BOSCO ».

In occasione del XXV° anniversario della fondazione dell'odierno Istituto Salesiano di Quito, si svolsero alcuni festeggiamenti, cui presero parte varie associazioni e tutta la cittadinanza.

Il Municipio decretò all'Istituto una speciale medaglia d'oro; e gli alunni, preceduti dalla banda, di musica e accompagnati dall'Ispettore D. Comoglio, si recavano al palazzo municipale per riceverla.

Il Presidente dott. Isidoro Ayora, prima di procedere alla consegna, pronunziò queste parole:

« Il Consiglio Municipale di Quito, in occasione dell'anniversario della battaglia del Pichincha ha decretato, quest'anno il premio: « Costanza » all'Istituto « Don Bosco », compiendo un atto di stretta giustizia col premiare intelligenti attività, che hanno notevolmente cooperato al progresso cittadino.

» L'Istituto Salesiano celebra le sue nozze d'argento; 25 anni di lavoro quotidiano, metodico, progressivo nell'encomiabile opera di formare artigiani valenti ed onesti, per cui il premio « Costanza », coll'unanime plauso cittadino, gli è dovuto per stretta giustizia. Ed io, facendone la consegna a nome del Consiglio Municipale, son certo che tornerà di forte stimolo all'Istituto a continuare con sempre maggiori energie nell'attività benefica a pro' dell'operaio ».

Anche la Società Cattolica Operaia, con atto pubblico, volle assegnare all'Istituto un'altra medaglia d'oro; e la Società Artistica del Pichincha, il Club Sportivo «Sud-America », il Club « Union » resero anch'esse speciali onoranze all'Istituto.

Uno dei numeri del programma dei festeggiamenti comprendeva una grande adunata ginnicosportiva, seguita da un trattenimento drammaticomusicale in onore del Ministro d'Italia, comm. dott. Vincenzo Fileti, e del sig. Alessandro de Escudero, Incaricato d'affari del Governo Spagnuolo.

A compimento delle feste s'inaugurò, nell'istituto, un monumento a Don Bosco.

L'ORATORIO FESTIVO aperto nella capitale dell'Equatore continua ad essere frequentato da più di mille giovani e a dar frutti consolanti. Il nostro Don Carlo Izurieta, che vi spende le sue giovani energie, vi ha preparato alla la Comunione, in men. di due anni, più di trecento fanciulli per i quali ha compilato un libriccino di catechismo e di preghiere, che, umiliato a Sua Santità, gli otteneva questo prezioso attestato:

SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITÀ , No 39004.

Rev.mo Signore,

Compio il gradito incarico di porgere alla S. V. Rev.ma, i paterni ringraziamenti della Santità Sua per il filiale omaggio del Catechismo, col quale Ella ha inteso di facilitare e di rendere vieppiù fecondo di buoni frutti il grave e delicato apostolato delle prime Comunioni.

La Santità Sua vivamente si compiace di veder così la S. V. dedicata con santo entusiasmo ad una opera di tanta importanza per la formazione cristiana della gioventù; e mentre fa voti che nello spirito del loro Ven. Fondatore Ella continui ad attingeva largamente i lumi e le spirituali energie necessarie, invia di cuore alla S. V., ai suoi confratelli di Quito, a tutti i loro giovani oratoriani, come pegno di benevolenza, l'Apostolica Benedizione.

Particolarmente grato del cortese pensiero che Ella ha avuto per me personalmente, mi valgo volentieri dell'incontro per professarmi con sensi di distinta e sincera stinga,

Di V. S.

Aff.mo per servirla

P. Card. GASPARRI.

* NELLA CHIESA METROPOLITANA DI QUITO il 25 giugno si raccoglievano due mila alunni di varie scuole cattoliche per ascoltare la S. Messa ed offrire le preghiere e le Sante Comunioni per le Missioni. Celebrò il vescovo salesiano Mons. Comin, Vicario Apostolico di Mendez e Gualaquiza, che festeggiava il XXV della sua Ordinazione Sacerdotale.

Nel pomeriggio, gli stessi alunni, con tremila alunni delle Scuole Municipali, assistevano, in perfetto ordine, nel grande teatro della città genmente concesso dal Governo, alla rappresentazione del dramma del Lemoyne « La Patagonia » a cura degli alunni dell'Istituto Salesiano, i quali, con mirabile effetto, eseguirono anche l'inno a D. Bosco del M. Pagella. Presiedeva l'adunata lo stesso Mons. Comin, il quale, prima della fine del trattenimento, prese la parola per raccomandare alle preghiere e alle elemosine dell'imponente assemblea giovanile la « povera Missione dei Kivari ».

NECROLOGIO

Mons. GIUSEPPE PAGELLA. - Preposto di Valenza Po, visse tutta la vita nel bene. Fanciullo, chierico, sacerdote e pastore di anime, si distinse sempre per lo splendore di rare virtù, che lo resero amato e stimato da ogni ceto di persone, specie dei poveri e dalla gioventù, che ebbe in lui un educatore saggio, forte, operosissimo. La sua memoria vivrà in benedizione.

CATERINA RUGNI ved. SINISTRERO. - Spirò in Diano d'Alba in agosto. Per dire degnamente di questo modello di donna e madre cristiana, « bisognerebbe - scrive il suo Arciprete - trascrivere tutti gli elogi che lo Spirito Santo, nelle Sacre Scritture, fa della donna forte. Chi la conobbe sa, che le nostre parole, non hanno nulla di esagerato. Madre di sei figli, ebbe l'inenarrabile fortuna di vederne quattro consacrarsi agli istituti di Don Bosco. Quantunque assorbita dalle cure del negozio e della famiglia, trovava modo di primeggiar sempre nelle pratiche di pietà cristiana, nel sovvenire largamente a tutte le opere buone, di cui, sovente, si faceva iniziatrice ».

CANEPA CARLOTTA ved. TRAVERSO. - Si spense serenamente il 30 luglio a 7o anni, circondata dalla famiglia, educata ai più alti ideali di bontà e di fede. Modello di madre cristiana e zelante cooperatrice, compì molte opere di bene, forte nei sacrifizi e larga di conforto ai bisognosi.

FRANCESCO CHIESE. - Passò al paradiso il 21 agosto u. s. in Novara. Ex-allievo della nostra casa di Londra, mostrò qual frutto avesse ricavato dall'educazione ricevuta, sopportando i, dolori della dolorosa malattia che lo trasse alla tomba, con fortezza e pietà edificante.

Avv. NICOLA ATTOMA. - Modello di cristiano, sacrificò di continuo ogni proprio interesse al compimento di ogni opera buona: e il compianto generale per la sua morte disse quanta eredità di affetti e di esempi lasciò di sè nella nativa Bari ed in Fadano, sua patria di adozione da oltre 36 anni.

BOETTI BERNARDINO. - Cristiano fervoroso, lavoratore indefesso, ebbe per la famiglia le cure più premurose e una parola buona per tutti. Da anni ascritto tra i Cooperatori, era assai devoto di Maria Ausiliatrice e del Ven. D. Bosco e si diceva felice quando poteva recarsi a Torino per visitare il Santuario di Valdocco a Valsalice. Pace all'anima buona.

SERTORio Avv. GIOVANNI. - Ammiratore sagace e profondo dello spirito del Ven. don Bosco e delle sue iniziative, nutrì una devozione costante anche per i suoi successori, felice quando poteva mostrarci il suo affetto col parlare di don Bosco allo scopo di procurarci nuovi cooperatori. Una prece.

Preghiamo anche per i Cooperatori

BARBIERI-VIGANO Ida, † Venezia.

BARINI Adolfo, + Viano (Massa-Carrara). BELINGHERI Giovanna, + Cellere (Bergamo). CAFFARELLA P. Gaetano, † Randazzo (Catania). CAPRA Angela, † Canelli (Alessandria). CARAMORA Margherita, † Intra (Novara): CUTRI-CASERTA Caterina, + Bova Sup. (Reggio C.). CARPIGNANO Giovanna, † S. Candido (Alessandria). FERRARI Luigi, † Imperia (Terzorio). GARABELLO Luisa, † Torino. LAGUZZO Luigi, † Mazzarino (Caltanisetta). Mo Can. D. Michele, † Torino. PAPARO Antonino, + Randazzo (Catania). PASTORE Matilde, † Lerma (Alessandria). PEVERATI Elisa, † Cassine (Alessandria). QUILICO Marianna n. PREIA, † Murisengo (Aless.). RAMONI Bozzl Caterina, + Villette (Novara). RASTELLI Maria Annetta, † Lignana (Novara). RINALDI Caterina, + Viano (Svizzera). RiZzoLO D. Benedetto, † Roccaverano (Aless.). SARTORI D. Cristiano, † Conselve (Padova). SIMETTI D. Francesco, † Alcamo (Trapani). SIRI Anna TASSARI, † Lerma (Alessandria). TAM Giuseppe, + Villa di Chiavenna (Sondrio). VANDONE Battista, † Confienza (Pavia). VIOLI Caterina, † Bova Sup. (Reggio Calabria).

Ricordiamo ai Cooperatori che il Bollettino si stampa ogni mese in più lingue e si spedisce largamente - più di centoventimila copie solo in italiano - senza abbonamento fisso; mentre per noi i fissa ed ingente la spesa.

Vogliano averlo presente i buoni Cooperatori nel caritatevole invio delle loro offerte per le Opere Salesiane. Chi non può fare di più, abbia la bontà d'inviarci, annualmente potendo, almeno il necessario per le spese del periodico. Il Signore gliene renderà il centuplo!