BS 1910s|1912|Bollettino Salesiano Settembre 1912

ANNO XXXVI - N. 9   Torino, Via Cottolengo, 32   SETTEMBRE 1912

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI Dl D. BOSCO

SOMMARIO: Un saggio di educazione cristiana dei fanciulli - II) L'avviamento    257

Tesoro spirituale    261

A difesa e protezione degli Indi    262 La VIa adunanza dei Direttori diocesani . . 264 Alcuni fatti ascritti all'intercessione di D. Bosco . 265 Chiese e monumenti in onore di Maria Ausiliatrice - La morte di quattro missionari - Altre notizie    268

DALLE MISSIONI : Brasile: Tra i Bororos del Matto Grosso    270

IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Nel Messico - A Malta - Pel 24 corrente - Grazie e graziati    277

NOTE E CORRISPONDENZE: Ringraziamenti-Conferenze - A Valdocco - Tra i figli del popolo - Notizie varie: In Italia - all'Estero . . . . 282

Necrologio    287

Un saggio di educazìone cristiana deì fanciulli.

RICHIAMIAMO l'attenzione dei benemeriti Cooperatori su vari punti importantissimi di queste nuove pagine, tradotte dalla « Biografie du jeune Louis Fleury Antoìne Colle » pubblicata nel 1882 dal nostro caro Don Bosco (1).

Tre passi soprattutto meritano d'esser letti e meditati : - la dottrina sul merito che possono rivestire le nostre minime azioni,- - la bontà di Dio nell'innalzarci ad una vita sopranaturale; - le qualità che deve avere la preghiera cristiana.

L'intima gioia ed il bene che n'è derivato a noi nel tradurre queste pagine così care, non mancheranno di scendere abbondanti anche nell'animo dei nostri lettori.

II. L'AVVIAMENTO.

I PRIMI FRUTTI.

La generosa influenza di un'educazione interamente cristiana, sviluppò ben presto i preziosi germi di tutte le virtù, che lo Spirìto Santo aveva collocato in quest'anima, ponendovi la sua dimora per innalzarla e donarla interamente a Nostro Signor Gesù Cristo.

La pietà più tenera brillava in special modo nel giovane Luigi e ne faceva l'edificazione di tutti quelli che lo vedevano in chiesa. Non potevano saziarsi di ammirare questo fanciulletto a fianco della madre, starsene immobìle, colle mani giunte e gli occhi fissi all'altare, con un'espressione dì amore e di rispetto, impossibile ad esprimersi. Evidentemente quest'anima immacolata, splendente ancora delle acque battesimali, sussultava al tocco armonioso dello Spirito Santo ; la Fede, semplice e forte, ne infiammava tutte le potenze e le teneva concentrate e rapite nell'unità di un puro sguardo di amore ; come i Serafini egli contemplava cogli occhi dell'anima il Dio nascosto, di cui ancora non conosceva altro che l'augusta presenza e la bontà sovrana.

I fortunati testimoni di una scena così cara ne benedicevano il Dio di ogni santità. Dal fondo dei loro cuori commossi salivano alle loro labbra le parole che già salutarono la nascita del Santo Precursore : « Che cosa diverrà mai questo fanciullo...? » E richiamavano alla mente le meraviglìe di questa nascita attesa per oltre dodici anni e alla fine, contro ogni speranza umana, ottenuta dalla Bontà di Dio con un gran numero di preghiere e di opere buone Tutti si accordavano a presagire un novello Samuele, un eletto del Santuario.

L'infanzia di Luigi parve giustificare questa previsione.

La dolcezza dell'anima sua, la saggezza della sua condotta, le sue inclinazioni spontaneamente religiose, manifestate nei discorsi e in tutte le sue azionì, perfino nei trastullì; tutto in lui palesava chiaramente l'attrattiva più singolare verso i Tabernacoli del Dio di ogni purezza.

« Dolcemente sorpreso io stesso - scrive il buon curato Rouvier - di questa fede profonda in un fanciullo di quell'età, gli promisi di ammetterlo alla prima comunione fin dall'età di dieci anni, cioè due anni prima dell'epoca fissata dagli statuti della diocesi (1).

Da quell'ora studiò il catechismo con più ardore. All'avvicinarsi del gran giorno, io andava più frequentemente da lui per dargli qualche spiegazione sul Sacramento che doveva ricevere. Ma l'ottima madre già l'aveva preparato, ed egli rispondeva sempre alle mie domande con la giustezza e la precisione di un teologo.

» Ma eccolo al giorno tanto sospirato! Lo vedo ancora, presso il presbiterio, inginocchiato a fianco di colei che gli diè la vita. Il suo raccoglimento, la sua modestia e tutto il suo contegno esteriore, che esprimevano l'angelica purezza dell'anima sua , erano per tutti i presenti un gran soggetto di edificazione. Una dolce pìetà aveva dipinta sul viso, e dopo aver ricevuto il suo Dio, egli rimase inabissato nell'adorazione e nell'amore.

» Il ricordo di questo giorno non si cancellò mai dalla sua memoria, e il piccolo comunicato impresse nel suo cuore, per osservarli costantemente, i sacri propositi fatti ai piedi dei Santi Tabernacoli. »

E non ebbe a cambiar nulla nella sua condotta, già sì regolare; ma si applicò senza debolezza, senza violenza e con dolce e tranquìllo fervore, a fare ancor più perfettamente le più piccole azioni.

Egli conosceva tutto il valore che il nostro Padre Celeste dà alla nostra fedeltà nelle piccole cose.

LA FEDELTÀ NELLE PICCOLE COSE.

Che cosa possono essere per il Padre di infinita maestà, per il Dio di ogni santità, la azioni dell'uomo prese in se stesse, per quanto grandi sembrino a noi ? Solo l'infinita bontà di Dio può renderle a Sè accette.

Questo Dio, la cui sapìenza scherza nel mondo, con un miracolo dell'amor suo ha saputo sollevare le azioni dell'uomo dalla loro estrema bassezza e innalzarle fino al trono della sua grandezza infinita.

Unite ai meriti infiniti del Verbo Incarnato, le più piccole delle nostre azioni divengono degne di Dio, perchè realmente, innanzi a Lui, sono le azioni di Dìo stesso, sono le opere di Nostro Signor Gesù Cristo, compiute da lui nelle sue membra viventi e sotto l'impulso del suo spirito.

Questi atti divini in sè portano, è vero, i limiti che hanno loro imposto la natura e le disposìzionì accidentali dell'organìsmo agente, cioè la debolezza delle nostre anime ; ma hanno il loro compimento nell'insieme delle opere dell'Uomo-Dio, sia in sè stesso e nella sua umanità ; sìa nel suo corpo mistico, la Chiesa e ciascuno de' suoi figli.

Quest'insieme, di una pienezza armonìca, forma una sola vita, che è contemporaneamente umana e divina, la vita di Gesù Cristo.

Ne seguita un sol cumolo di meriti infiniti, nel quale ciascun atto particolare vìene a prenderne una parte in proporzione del suo valore relativo.

Questo valore, è facile comprenderlo, è regolato unicamente dal grado dell'azione divina nell'atto particolare e dall'intensità della carità, messa in opera per compierlo.

Luigi conosceva i prìncipi di quest'aritmetica celeste. Sapeva che il cuore soltanto dona valore alle opere nostre e che Dio si contenta della nostra buona volontà. Perciò, pieno di lìeto ardore si abbandonava alla guida dì Gesù Cristo, divenuto anima delta sua anima, e senza cercare di far attì straordinari, metteva ogni studio a compiere, a tempo debito e con le convenienti disposizioni, tutti i suoi piccoli doveri.

La sua pietà, nello svilupparsi, sì era fortìficata ; il suo oggetto era stato precisato dallo studio dei sacrì misteri della nostra Santa Religione.

Egli ora comprendeva quello che gli aveva insegnato la sua pia genitrice. Il suo intelletto, rischiarato della viva luce della fede cristiana, vedeva come Dio non aveva alcun bisogno di crearci per farsi una compagnia nel seno della quale potesse, gustando la felicità di donare se stesso, godere la. dolce reciprocanza di un amore vicendevole.

I PRODIGI DELL'AMOR DI DIO.

Il Catechismo, questo libro d'oro dèll'inl'infanzia, troppo trascurato dall'età matura, aveva insegnato al nostro giovane amico, che Dio non è solitario.

Nel seno dell'unità del suo Essere, questo gran Dìo gusta nella società delle tre divine Persone della sua adorabile Trinità l'inalterabile felicìtà dell'eterno scambio di un amore infinito, frutto della più feconda e della più intera comunicazione della sua divina sostanza in una distinzione che moltìplica le persone senza distrurre l'unità.

Oh ! prodigio d'amore ! Dio non si contenta di essere felice in Se stesso, ma vuole anche altri felici come Se stesso ; la sua bontà Lo spinge, per così dire, a spandere fuori della sua Essenza divina la sovrabbondanza della sua vita.

Non potendo più comunicare la pienezza del suo Essere, stabilisce vari gradi secondo i quali ne farà tuttavia partecipi alcune creature, che trae dal nulla e fa vivere sotto il suo occhio paterno.

Povere fiacche creature, per se stesse non aggìungeranno nulla all'infinita felicità del loro Dio i ma Dio mette la sua gioia nel renderle felicì. Comunicherà ad esse tutti i suoi beni : un giorno le innalzerà anche alla comunìone della sua Natura divina : e per questo non esige altro che il loro amore e l'omaggio della loro assoluta dipendenza.

Questa confessìone del loro nulla Dio non poteva non esigerla. E il Dio della verità: tutte le sue opere debbono portare questo divino carattere. La creatura ragionevole sarebbe falsa e insopportabile agli occhi suoi, se attribuisse a se stessa ciò che non possiede e non conserva, che per unico effetto della sua Bontà infinita.

Quanto all'amore, potrebbe Iddio permettere alle sue creature di rifiutarglielo ? Non le ha egli create unicamente per Se stesso ed allo scopo di realizzare tra loro e Sè ìl felice commercio di un amore reciproco, debole ma viva immagine di quell'amore che regna immutabile nel seno della adorabile sua Trinità ? D'altra parte, dove potrebbe la creatura intelligente trovare la perfezione del suo essere fuori del seno paterno, che le ha dato quest'essere, e che, solo, può conservarlo ed arricchirlo ancora?

Dio ci ha creati a sua immagine e perciò stesso ha scavato nella nostr'anima un vuoto che Egli solo può riempire.

Esseri imperfetti, ma perfettibili, noi aspiriamo senza posa ad. un essere più completo. In questa marcia ascendente, i nostri desideri non si arresteranno mai finchè non si riposino nel possesso di un bene, oltre il quale non possano più desiderare, e questo bene non è altro che l'essere che trova in Se stesso ogni pienezza, e nel quale noi aderiamo il nostro Dio.

La nostra natura non reclamerebbe questo possedimento dì Dio che in modo imperfetto ; le basterebbe riposarsi nella conoscenza e nell'amore razionale del suo Dio.

Essa giammai avrebbe potuto pretendere di unirsi alla Natura Divina, di penetrare nel seno medesimo del suo Creatore per vederlo a faccia a faccia e vivere in Lui, con Lui e per Lui, nell'intimità delle sue tre Divine Persone.

Luigi sapeva per qual prodigio di amore un Dio, fatto uomo, malgrado la caduta dei nostri primi parenti, aveva realizzato quello che la nostra natura non poteva sperare. Richiamava alla sua memoria gli adorabili misteri dell'Incarnazione, della Redenzione, dell'Unione Eucaristica, della Missione dello Spirito Santo; gradi sublimi pei quali Dio discende fino a noi per sollevarci fino a Lui.

Il suo spirito s'inabissava estatico nella contemplazione dì queste ammirabili invenzioni della sua Carità infinita.

L'amore è più forte dell'odio!

L'invidia di Satana si lusingò di perdere irreparabilmente tutto il genere umano, coll'assicurare ai nostri primi genitori che sarebbero diventati simili a Dio.

La carità di Gesù Cristo, non soddisfatta di distruggere l'opera infernale e di affiggere alla croce il titolo della nostra condanna, ha voluto compiere, a nostro vantaggio, quello che Satana ci aveva insidiosamente promesso.

Luigi applaudiva al trionfo della Divina Carità. Il suo cuore si dilatava ed abbracciava con tutti i suoi affetti queste prove ineffabili della santa follia di un Dio onnipotente, geloso di acquistare l'amore della sua miserabile creatura e di renderla degna di Sè.

Chi ama di vero amore, è sempre preoccupato di colui che ama e trova la sua felicità a trattenersi con Lui.

Il nostro giovane amico non si stancava di pensare a Dio, di udire raccontare le sue grandezze e la storia del suo amore per noi.

Un santo religioso, che gli fu dato a precettore tre anni dopo la sua prima comunione, ci svela questa pia avidità

« Questo Serafino bruciava d'amore per Dio. Non è quindi a stupire se il desiderio di conoscerlo ardeva nella sua anima. Per questo pregavami sovente, con una grazia incantevole, di fargli conoscere questo Dio, le sue sublimi perfezioni, l'eccellenza, la sublimità e tutta la bellezza della nostra santa religione, dei misteri che contiene, delle leggi che impone, dei sacrifizi che domanda, dei soccorsi che procura, delle ricompense che promette ai suoi veri figliuoli... E man mano che io, come meglio poteva, gli dava questi schiarimenti, questi lumi sì inebrianti per l'animo, vedeva di tanto in tanto cadere dagli occhi del giovane Luigi una lacrima furtiva, che la gioia faceva sgorgare dal suo tenero cuore...»

Il pio fanciullo non si contentava d'una sterile ammirazione dei misteri di nostra Santa Religione. Non solamente ne traeva novelli ardori al suo amore per Dio, ma sforzavasi altresì di compenetrarsi del loro spirito e di farli passare nelle sue pratiche quotidiane.

Dal tempo, per sempre benedetto della sua prima comunione, il Catechismo svelando al suo cuore intenerito gli annientamenti dell'Unigenito di Dio, per la potente influenza e la divina unzione di un tale esempio, l'aveva determinato a disprezzare tutto ciò che le seduzioni mondane possono offrire ai nostri desideri e a seguir Gesù nell'umile e penosa via della paziente abnegazione e della devozione generosa.

Gesù s'era sacrificato per lui; egli voleva sacrificarsi completamente a Gesù. Gesù si era donato tutto a lui ; egli si donava interamente e per sempre a Gesù.

Per non venir meno in ciò e compiere questo dono assoluto di se stesso, Luigi non contava nelle proprie forze, ma nella protezione di Maria e nell'azione onnipotente di Gesù e del suo Divino Spirito. Ricorreva con santa premura ai due grandi mezzi che Chiesa ci offre per ottenere e ricevere la Grazia Divina, la preghiera e la frequenza dei Sacramenti

COME SI DEVE PREGARE.

La preghiera cristiana non è solamente un atto di adorazione, ma soprattutto è il trattenimento di un figlio amante e rispettoso con un padre pieno di amore, di condiscendenza e di generosità.

In quest'amorosa conversazione dell'anima con Dio, divenuto suo amico, il cuore deve avere una parte maggiore che le labbra. Prima che noi apriamo la bocca, Dio sa già tutto quello che abbiamo a dirgli ed il suo cuore è già commosso ; la sua misericordia si è già disposta ad esaudirci o a consolarci. Egli stesso ha compiuto la preparazione del nostro cuore; e se vuole che gli esponiamo i nostri bisogni, è per chiamar meglio la nostra attenzione su questi bisogni medesimi e sulla sua bontà infinita, ed anzi tutto per stabilire più facilmente tra noi e Lui questa felice famigliarità, che l'espansione dei cuori produce ed assoda.

Lungi adunque dalla preghiera cristiana quell'atteggiamento imbarazzante, quel timore esagerato che non permette all'uomo di comparire dinanzi a Dio se non come uno schiavo tremante al cospetto di un padrone irritato. L'amor di Dio vive di confidenza e di semplicità ; lo sforzo e l'imbarazzo lo raffreddano e rattristano lo Spirito Santo.

Vogliamo noi piacere a Dio ? presentiamoci a Lui, proprio come un figliuolino che va a dire alla mamma tutto quello che ha nel suo piccolo cuore. Effondiamo affettuosamente il nostro cuore nel seno del Padre Celeste ; egli non si offenderà della nostra libertà ; tutt'al contrario spanderà sopra di noi con abbondanza i tesori della sua misericordia ; e il suo Spirito Divino risponderà secretamente al nostro cuore, facendoci conoscere ciò che esso deve fare o evitare, consolandolo, rallegrandolo, e penetrandolo della dolce certezza che i suoi sospiri sono stati favorevolmente accolti.

Nulla eguagliava la santa confidenza di Luigi e la sua affettuosa semplicità allorché parlava a Dio.

L'ottimo suo padre ci fa questo racconto

« Avendogli detto la madre che tutto quello che si chiede in nome di Nostro Signor Gesù Cristo è accordato, egli compose senz'indugio una preghiera nella quale domandava, in virtù di questo santo Nome, ogni grazia di santificazione per sè e per la famiglia e ringraziava Iddio di tutti i suoi benefizi : d'avergli dato un padre sì buono, una madre così buona, una così bella dimora di campagna, mentre altri giovani non hanno nulla di tutto questo, e col cuore commosso al pensiero di tanti orfanelli e di tanti ragazzi abbandonati aggiungeva: --Abbiate pietà di loro, mio Dio ! per Nostro Signor Gesù Cristo, fate ad essi da padre ; voi, buona Madre, fate loro da madre, proteggeteli contro le tristi insidie del demonio, e deh ! fate che entrino dopo la loro morte nel vostro santo paradiso.

» Finiva la sua preghiera esprimendo il desiderio che l'anima sua, all'ora della morte fosse lavata di tutte le sue macchie e divenisse candida come il giorno del Battesimo; e Dio l'esaudì, perchè, sull'affermazione del Padre Spirituale, che ricevette le sue confidenze dall'età di sei anni, egli conservò immacolata la sua innocenza battesimale...»

(Continua).

(1) Con decreto 7 agosto 1910 il S. Padre Pio X, ad ottenere « che i fanciulli si uniscano fin dai teneri anni a Gesù Cristo, vivano della sua vita, ed abbiano così un preservativo contro i pericoli di corruzione » sanciva che fossero ammessi alla prima comunione fin dall'età della discrezione, cioè verso i sette anni, abrogando qualunque disposizione in proposito.

TESORO SPIRITUALE

Indulgenza plenaria-dal 10 settembre al 10 ottobre:

1) il 12 settembre, festa del Nome SS.mo di Maria. 2) il 14 settembre, Esaltazione della S. Croce ; 3) il 15 settembre, festa di Maria SS. Addolorata; 4) il 29 settembre, Dedicazione di San Michele Arcangelo ;

5) il 6 ottobre, solennità del SS. Rosario.

A difesa e protezione degli Indi

SENTIAMO il dovere di presentare ai nostri Cooperatori ed alle nostre zelanti Cooperatrici la commovente Lettera Enciclica «Lacrimabili statu Indorum» indirizzata dal S. Padre all'Episcopato dell'America Latina in data 7 giugno u. s.

Questo grido di amore e d'interessamento paterno, che dall'alto del soglio pontificio ha levato il cuore di Papa Pio X, mentre è una splendida prova delle pastorali sollecitudini di tanto Pontefice, è pure un inno sublime all'influenza della Religione su tutti i popoli ed in particolare alle benemerenze delle Missioni Cattoliche.

Lettera Enciclica

DI S. S. PAPA PIO X AGLI ARCIVESCOVI E VESCOVI DELL'AMERICA LATINA SULLA CONDIZIONE DEGLI INDII

PIUS PP. X.

Venerabili Fratelli salute ed apostolica benedizione,

Profondamente commosso per lo stato lagrimevole degli Indi dell'America del Sud, il Nostro illustre predecessore, Benedetto XIV, prese, come vi è noto, seriamente a cuore la loro causa colle sue Lettere: Immensa Pastorum, in data 22 Decembre dell'anno 1741; e poichè quasi le cose istesse, deplorate in esse da Lui, abbiamo a deplorarle tuttora anche Noi in molti luoghi, Ci affrettiamo perciò a richiamare al vostro pensiero la memoria di quelle Lettere. Ivi infatti, insieme ad altre cose, di questo pure Benedetto si duole, che cioè sebbene da lungo tempo la Sede Apostolica molto si fosse adoperata per sollevare la loro misera sorte, vi fossero tuttavia anche allora uomini professanti la vera Fede, i quali quasi del tutto dimentichi dei sensi di carità infusi nei nostri cuori dallo Spirito Santo, si credono lecito verso i miseri Indi, non sola mente se privi della luce della Fede, ma ben anco se bagnati del santo lavacro della rigenerazione, o di ridurli in servitù o di venderli ad altri, siccome schiavi, o di privarli dei loro beni, e diportarsi con essi con tale inumanità da distoglierli sopra tutto dall'abbracciare la fede di Cristo e raffermarli sempre più nell'odio contro di essa ».

La peggiore fra siffatte indegnità, cioè la schiavità propriamente detta, poco appresso, per grazia di Dio misericordioso, venne tolta di mezzo; e ad abolirla pubblicamente nel Brasile e in altre regioni molto contribuì la materna insistenza della Chiesa, presso gli uomini egregi che governavano quegli Stati. E di buon grado riconosciamo che se non vi si fossero opposti numerosi ostacoli di luoghi e di circostanze, i loro, propositi avrebbero ottenuto risultati molto migliori. Sebbene dunque qualche cosa sia stata già fatta per gli Indi, molto di più è tuttavia quello che ancora rimane a farsi. E in verità, quando Ci facciamo a considerare le sevizie e i delitti che soglionsi ancora commettere coni o di essi, abbiamo davvero di che inorridire, e sentiamo nell'animo una profonda commiserazione per quella razza infelice. Che cosa può esservi, infatti, di più barbaro e più crudele dell'uccidere, spesso per cause lievissime, e non di rado per mera libidine di torturare, degli uomini a colpi di sferza o con ferri roventi; o con improvvisa violenza farne strage, uccidendoli insieme a centinaia e a migliaia; o saccheggiare borghi e villaggi, massacrando gli indigeni, dei quali talune tribù abbiamo appreso essere state in questi pochi anni quasi distrutte? A rendere gli animi tanto feroci certo grandemente influisce la cupidigia del lucro, ma non poco altresì vi contribuisce la natura stessa del clima e la posizione di quelle regioni. Perocchè essendo quei luoghi soggetti ad un'atmosfera torrida, che inoculando nelle vene un certo languore, viene quasi ad affievolire la forza degli animi, e trovandosi essi lontani da ogni pratica della religione, dalla vigilanza dello Stato, e quasi dallo stesso consorzio civile, facilmente accade che se taluni di costumi non pervertiti, si rechino colà, in breve tratto di tempo comincino a depravarsi, e man mano, rotti tutti i ritegni del dovere e delle leggi, precipitino in tutti gli eccessi del vizio. Nè da costoro si perdona alla debolezza del sesso e dell'età, che anzi fa vergogna il riferire le loro scelleraggini e malvagità, nel fare incetta e mercato di donne e fanciulli, talchè si direbbero per essi, con tutta verità, sorpassati gli esempi più estremi della turpitudine pagana.

Noi in vero, per qualche tempo, quando Ci venivano riportate siffatte voci, dubitavamo di aggiustar fede a simili atrocità, tanto incredibili Ci sembravano esse. Ma dopo che da amplissime testimonianze, cioè dalla maggior parte di voi, Venerabili Fratelli, dai Delegati della Sede Apostolica, dai Missionari, e da altre persone al tutto degne di fede, ne siamo stati fatti pienamente consapevoli, non Ci è più lecito di conservare alcun dubbio sulla verità delle cose.

Fissi pertanto, da lunga pezza, nel pensiero di sforzarci per quanto è da Noi, a riparare a tanti mali, chiediamo a Dio, con umili e supplichevoli istanze, che voglia benignamente additarci qualche mezzo opportuno a curarli; ed Egli, che è il Creatore e Redentore amorosissimo di tutti gli uomini, avendo ispirato alla Nostra mente Ci lavorare per la salute degli Indi, Ci darà certamente i mezzi per conseguire l'intento. Frattanto però Ci è di somma consolazione il sapere che coloro i quali reggono quelle Repubbliche, si sforzano, con ogni mezzo, di cancellare questa macchia e questa ignominia dai loro Stati: della quale sollecitudine loro, in verità, non possiamo mai abbastanza approvarli e lodarli; quantunque in quelle regioni, lontane come sono dalle sedi dei Governi, remote e per la maggior parte inaccessibili, questi sforzi così umani dei poteri civili, sia per la scaltrezza dei malvagi, che varcano in tempo i confini, sia per l'inerzia e perfidia dei funzionari, spesso a nulla giovano e non di rado cadono nel vuoto. Che se all'opera dello Stato si aggiungesse quella della Chiesa, allora sì che molto più ubertosi sarebbero i frutti desiderati.

A Voi pertanto, Venerabili Fratelli, prima che ad ogni altro, facciamo appello, affinchè rivolgiate particolari dire e sollecitudini a questa causa, degnissima del vostro pastorale ufficio e ministero. E lasciando il rimanente alla vostra sollecitudine e al vostro zelo, prima di ogni altra cosa e maggiormente vi esortiamo a promuovere con ogni studio, tutte quelle istituzioni che nelle vostre diocesi siano dirette al bene degli Indi, e a procurare di istituirne delle altre che appariscano utili allo stesso scopo. Porrete poi ogni diligenza nell'avvertire i vostri fedeli del sacro loro dovere di aiutare le Sacre Missioni fra gli Indigeni, che primi abitarono questo suolo americano. Sappiano dunque che in doppio modo debbono essi concorrere a questo intento, con la raccolta cioè delle offerte e col sussidio delle preghiere, e che questo a loro domanda non soltanto la Religione, ma anche la Patria istessa. Voi, poi, dovunque si attende alla buona educa zione dei costumi, negli istituti giovanili, e negli educandati delle fanciulle, e soprattutto nei sacri templi, fate sì che non abbia mai a venir meno la raccomandazione e predicazione della, carità cristiana, che considera tutti gli uomini come fratelli, senza alcuna diversità di nazione e di colore, e che, non tanto a parole, quanto coi fatti vuole essere dimostrata. Parimenti non devesi lasciar passare veruna occasione che si presenti, per dimostrare quanto disonore spargano sul nome cristiano queste indegnità, che abbiamo qui denunziato.

Per ciò che a Noi si appartiene, avendo, non senza ragione, buona speranza dell'assenso e del favore dei pubblici poteri, avremo cura principalmente di estendere, in quelle così vaste regioni, il campo dell'azione apostolica, coll'istituire altre stazioni di Missionari, nelle quali trovino gli Indi un rifugio e un salutare presidio. Imperocchè la Chiesa Cattolica non fu mai sterile di uomini apostolici, che, spinti dalla carità di Gesù Cristo, non fossero pronti e disposti a dare la vita stessa per i loro fratelli. Ed oggi ancora, mentre tanti aborrono dalla Fede o ad essa vengono meno, l'ardore di diffondere il Vangelo presso i barbari, non pure non affievolisce fra le persone dell'uno e dell'altro Clero e fra le Sacre Vergini, ma aumenta ancora e si diffonde più largamente per virtù dello Spirito Santo, che, secondo le necessità dei tempi, soccorre alla sua sposa, la Chiesa. Laonde crediamo di dovere adoperare , in tanto maggior copia, di quei presidi, che per divina grazia, sono in nostra mano, per liberare gli Indi dal servaggio di Satana e da quello di uomini perversi, quanto maggiore è il bisogno che li stringe. D'altra parte, poichè quelle terre furono dai banditori del Vangelo bagnate non solo dei loro sudori, ma anche del loro sangue, nutriamo fiducia che da tante fatiche abbia finalmente a germogliare una larga messe ed ottimi frutti di civiltà cristiana. ,

Intanto affinché a quello che voi, di vostra spontanea iniziativa, o per esortazione Nostra, sarete per fare a vantaggio degli Indi si aggiunga per la Nostra autorità apostolica la maggiore efficacia possibile, Noi, seguendo l'esempio del ricordato Nostro predecessore, condanniamo e dichiariamo rei d'immane delitto tutti coloro, com'Esso dice, che osino o presumano di ridurre i predetti Indi in servitù, di venderli, comprarli, commutarli o donarli, di separarli dalle mogli e dai figli, di spogliarli delle loro cose e dei loro beni, di condurli o trasportarli altrove o in qualunque modo privarli della libertà e tenerli schiavi, nonchè di prestare a coloro che ciò fanno, consiglio, aiuto, favore, sotto qualunque pretesto e colore, o di insegnare e proclamare essere tutto ciò lecito, o in qualsiasi altra maniera prestare a quanto è detto di sopra la loro cooperazione ». Vogliamo pertanto riservata agli Ordinari dei luoghi la potestà di assolvere da siffatti delitti i penitenti, nel sacro tribunale della confessione.

Queste cose abbiamo creduto di scrivervi, Venerabili Fratelli, nell'interesse degli Indi, sia per ubbidire agli impulsi dell'animo Nostro paterno, sia per seguire le orme di molti fra i Nostri Predecessori, tra i quali va pure particolarmente ricordato Leone XIII, di felice memoria. A Voi poi si apparterrà di gareggiare con tutte le forze, affinché i Nostri voti vengano appieno soddisfatti. Avrete certo favoreggiatori in questa opera coloro che governano coteste Repubbliche; non mancheranno sicuramente di assistervi coll'opera e col consiglio i sacerdoti e in prima linea gli addetti alle Sacre Missioni. Vi aiuteranno infine, senza dubbio, tutti i buoni e sia col denaro, coloro che possono, sia con altre industrie della carità favoriranno un'impresa nella quale sono insieme impegnate le ragioni della Religione e quelle della dignità umana. Ma ciò che è di capitale importanza, vi assisterà la grazia di Dio Onnipotente, in auspicio della quale, e altresì come attestato della Nostra paterna benevolenza, impartiamo di tutto cuore a voi, Venerabili Fratelli, e alle vostre greggi, l'apostolica benedizione.

Dato a Roma, presso S. Pietro, nel giorno 7 del mese di Giugno del 1912, del Nostro Pontificato anno nono.

PIUS PP. X.

LA VIa ADUNANZA DEI DIRETTORI DIOCESANI

Si tenne a Valsalice presso la tomba di D. Bosco e di D. Rua il 27 agosto u. S., sotto la presidenza onoraria dell'Em.mo Card. Richelmy e quella effettiva del rev.mo D. Albera.

Numerosi furono gl'intervenuti, e tutti ardenti del più vivo desiderio di lavorare a sostegno ed incremento delle Opere Salesiane ed alla diffusione dello spirito di D. Bosco in mezzo alla Società.

Il S. Padre con preziosissimo autografo, diretto al sig. D. Albera, ricordava i precipui doveri dei Cooperatori ed inviava ad essi e a tutta la Famiglia Salesiana una speciale benedizione. Ne daremo il fac-simile col resoconto dell'adunanza.

Alcuni fatti ascritti all'intercessione di D. Bosco

PROTESTA. - Quantunque debitamente autorizzati alla pubblicazione di queste pagine, vogliamo egualmente dichiarare - in omaggio ai Decreti di Papa Urbano VIII e di altri Sommi Pontefici - di non volere attribuire ad esse altra autorità da quella in fuori che meritano semplici testimonianze umane.

Suor Costantina Vorbe,

Figlia della Carità, affetta di ulceri allo stomaco, l'8° giorno di una novena a D. Bosco guarisce istantaneamente (1).

« A Vesoul, in Francia, Diocesi di Besançon, dimorava, l'anno 1888, nell'Orfanotrofio di Bourdault certa Suora Maria Costantina Vorbe, delle Suore di Carità di Besançon; la quale da circa nove anni era inferma, e malgrado le molte cure e cambiamenti di clima era sempre andata peggiorando. Il 17 marzo di quell'anno era ritornata dopo l'assenza di parecchi. mesi all'Orfanotrofio in un stato di debolezza estrema, col fiato oltremodo fetente e dolori fortissimi al lato sinistro in guisa da dover tenere immobile il braccio, cagionandole atroci dolori per qualunque menomo movimento.

» Certo sig. Roussin che aveva già ottenute grazie da D. Bosco, le suggerì di fare una novena al Servo di Dio. Tutta la Comunità si unì nella preghiera. Invece di migliorare andava ancora peggiorando. Il mattino del settimo giorno della novena ella era sì male da non poter fare alcun movimento. La malattia era una lenta tisi accompagnata da frequenti vomiti di sangue. Quel mattino ne aveva vomitato in più grande abbondanza che mai, il suo occhio era semispento, il suo volto pareva andare in decomposizione. Si credette allora doverla preparare a morire, quantunque essa avesse sempre la ferma fiducia che D. Bosco l'avrebbe guarita. Venne il Dottore, ed esaminando il fianco sinistro, trovò un'immagine colla firma di D. Bosco, che l'inferma vi aveva collocato. L'inferma tosto disse: - -- Io sarò guarita, mi leverò domani e mangerò del pane. - Il Dottore sorridendo riprese: - Sì, levatevi, se potete; ma non pensate a mangiare del pane. - La giornata fu passata dall'inferma, come annichilita, vomitando di tratto in tratto sangue; non potè prendere che un po' d'acqua, che vomitò ben tosto col sangue. La notte fu quanto mai penosa, e senza sonno. Solo al mattino dell'ottavo giorno, si assopì per lo spazio di una mezz'ora. Alle quattro e mezzo del mattino essa si svegliò e si sentì guarita. Si rivolgeva nel suo letto senza pena, più nessun dolore al fianco sinistro, solo le rimaneva gran debolezza nelle gambe. Chiama la sorvegliante manifestandole il felice cambiamento. Si spande per la casa la lieta notizia ed, avuto il permesso dalla Superiora, la Suor Costantina si alza, si veste da sè, discende al refettorio, dove con meraviglia di tutta la Comunità fece la colazione.

» Tutte le persone presenti riconobbero un vero miracolo in questo fatto, piangevano di gioia e resero vive grazie a Maria Ausiliatrice ed a D. Bosco. Dopo la colazione Suor Costantina andò alla Cappella, ove senza alcun incommodo assistette alla messa solenne. Tutto il giorno essa andava ripetendo: - Io sono guarita, non ho più alcun male! infatti ella moveva ambo le braccia liberamente in ogni senso, si appoggiava al fianco sinistro senza provarne dolore, cessò il fetore del suo fiato; era perfettaniente sana. All'indomani la Comunità determinò di fare un pellegrinaggio ad un Santuario sopra la vicina collina. Essa vi prese parte, e a dimostrazione del suo perfetto ristabilimento nel ritornare si mise perfino a correre.

» Il Dottore curante, di cui non so il nome, pregato di voler rilasciare una dichiarazione intorno a questa prodigiosa sanazione, disse: Che sebbene non potesse spiegare tale fenomeno, voleva aspettare a vedere che cosa sarebbe avvenuto di lei di lì a cinque anni. Io, che seppi tutto il fatto dal Cappellano dell'Orfanotrofio, di nome Isidore Mathieu, e professore di filosofia del Seminario di Vesoul, e dalla Superiora del suddetto Istituto, ed intesi pure dai medesimi questa risposta del medico, dovendo far da testimonio in questo processo, scrissi alla Superiora Suor Fulgenzia, per aver notizie, se ancor vivesse la Suor Costantina Vorbe. Essa in data 12 giugno del corrente anno 1895, cioè oltre sette anni dopo la guarigione, rispose: - Suor Costantina, la privilegiata del buon padre D. Bosco, è ancora qui (Vesoul) dove ella continua ad occuparsi degli Orfanelli, godendo ottima salute. Dopo la sua guarigione, cioè, dopo il 1888, ella non ha più sofferto alcun attacco del suo male, e la salute sua, sì debole e meschina dapprima, è adesso forte e fiorente. -

So che di questo fatto se ne fece relazione alla Curia Diocesana di Besançon, da cui furono riconosciute veridiche tutte le particolarità... » (1).

Un'altra guarigione prodigiosa.

Era omai un anno che mi sentiva poco bene, - e di giorno in giorno cresceva il malessere che mi toglieva l'appetito, mi dava un po' di febbre e mi prostrava di forze. Gli ultimi mesi mi trovai tanto esausta, che stentava a disimpegnare il mio ufficio.

Lo stomaco non riceveva più nè cibo, nè bevanda. Allorchè mi sforzavano a bere, qualunque cosa bevessi, mi pareva che fosse essenza di aceto, tanto bruciore mi produceva e non poteva ritenerla.

Il dottore mi ordinò gran moto, e per nutrimento legumi con pane integrante e per bevanda acqua con corteccia d'arancio. Ma anche con questa cura, invece di migliorare, mi aggravava sempre più; e talvolta era costretta a fare le scale, tenendomi con una mano la persona e servendomi dell'altra come fanno i bambini di un anno.

In quei giorni giunse una Superiora, la quale vedendomi in tale stato, presa da compassione, nella sua bontà mi condusse a Torino da un dottore, che identificò la mia malattia, e senza tanti complimenti dichiarò che io era bella e spacciata, se non mi prendeva un riposo assoluto e non mi usava ogni riguardo!

Tornata alla casa dov'era, non potei eseguire appuntino le prescrizioni del medico per difetto di personale, e il male progrediva ogni giorno. Di nuovo venne il medico a visitarmi, ed io gli dissi:

- Scusi, Dottore, mi visiti i polmoni e alla bocca dello stomaco, ove mi fa tanto male.

Il dottore mi visitò accuratamente e con sua meraviglia mi trovò egli pure un'ulcere aperta alla bocca dello stomaco.

Dopo alcune settimane fui ricondotta a Torino, e venni proibita di inghiottire qualsiasi cosa anche liquida.

Dopo quindici giorni venne a visitarmi il compianto D. Rocca, il quale, pieno di compassione, disse all'infermiera che mi desse almeno da bere. Aveva la lingua ed il palato come un pezzo di legno secco; però, fra tanti dolori, il Signore mi riempiva di pace e di consolazione.

La cura durava da due mesi: e mi trovava nell'assoluta impossibilità di fare il minimo movimento, e non poteva articolare parola con chi veniva a visitarmi, senza che ne risentissi acerbi dolori.

Anche quando doveva aprire la mano per deporre qualsiasi benchè piccola cosa, o fare il più piccolo gesto, sentiva dolore.

In quel frattempo venne la nostra Superiora Generale, che dopo avermi molto consolata, nell'allontanarsi mi disse:

- Guarda, al mio ritorno, io voglio che tu sii migliorata!

Io le risposi di sì tacitamente, ma il male, invece di diminuire, prendeva sempre maggiori proporzioni.

Intanto si andava avvicinando il giorno della mia promessa ed era grandemente accorata per non poterla mantenere.

Che cosa doveva fare? Aveva promesso alla Superiora che sarei guarita e diceva fra me: - « Non voglio mancare a quest'obbedienza » e pensava come riuscirvi.

La domenica 29 luglio 19o6 mi sentiva più male del solito. Vennero a trovarmi alcune consorelle, che mi animarono a soffrire con pazienza e mi esortarono pure a ricorrere a Don Bosco. Afferrai subito il pio suggerimento e bramava di trovarmi sola per pensare a ciò che avrei dovuto fare. Il momento venne: pensai alla promessa fatta alla Madre e sentiva che il reale si faceva più violento. Ma in buon punto mi ricordai che un'altra delle nostre Superiore un giorno ci aveva detto che D. Bosco non era contento delle sue Figlie perchè lo lasciavano stare ozioso in paradiso, e mi sovvenni anche di una grazia che aveva ricevuta da lui nel Noviziato.

Che cosa devo fare? Prendo alle strette Don Bosco. Aveva una sua immagine in mano, e con filiale libertà e fiducia gli dissi:

- Oh! Padre, voi vedete, in che condizioni mi trovo. Ho promesso alla Superiora di guarire presto, ed ella fra poco tornerà e mi troverà ancora al medesimo punto. Come volete che io possa fare da me? Sapete bene che nulla posso!... Siete voi che avete messo l'obbedienza nelle regole, dunque pensateci voi! Vi sarò forse un poco importuna; ma voi vi lamentate che noi, vostre figlie, non vi diamo abbastanza lavoro; ed io ora vi metto alla prova; se mi fate la grazia, bene; altrimenti vi accuso!... Vi chiedo perdono, l'ho detto solo colla bocca, e non col cuore! Vorrei farvi una novena, ma non ho più tempo; e poi, perchè darvi nove giorni di tempo? Mi pare che mancherei di fede e vi farei torto. Se potete farmela in nove giorni, potete farmela anche subito. So per prova, che se volete, potete. Voi direte che io non merito tanto. Io so. Forse non avrò abbastanza fede, ma metto tutta quella che ho. Mi direte che non è volontà di Dio. Ebbene, se è così, datemene un segno sensibile, perchè mi ci sottometta, del resto posso perdermi d'animo. Dunque, fate che domani mattina io sia guarita; del resto farò quello che già vi ho detto. Dirò nove Pater Ave e Gloria al S. Cuore di Gesù, una Salve Regina alla vostra Madonna e un Deprofundis per le Anime Sante del Purgatorio. Vi prometto pure di osservare esattamente le Regole, di fare una visita alla vostra Tomba in Valsalice, oppure alla vostra camera, se me lo permetteranno. Cercherò sempre di farvi conoscere e di fare altre cose che mi saranno possibili per la vostra gloria.

Recitai le preghiere promesse, quindi fatta una pallottolina dell'immagine di D. Bosco che aveva tra le mani, stava per inghiottirla. Ma subito mi venne un dubbio e dissi fra me:

- E se poi mi facesse male?... Mi hanno proibito di inghiottire qualunque cosa! Se accadesse qualche disgrazia?.... Coraggio!.... Fede!... - Due minuti di raccoglimento... e poi... e poi l'inghiottii.

Oh! prodigio veramente grande! Sentii un fremito di vita invadermi da capo a piedi, e: Sono guarita! gridai fuori di me dalla gioia, sono guarita! Sono guarita!... e non potei esprimermi altrimenti, tanta era la mia commozione. Piangeva di consolazione, volgendomi ora da una parte ora dall'altra nel letto, senza sentir più alcun male.

Nella notte mi alzai più volte per provare se poteva camminare e camminava liberamente. La mattina mi levai all'ora della comunità. Assettai il letto e le mie cose; e voleva andare a messa colle mie consorelle, ma non aveva il permesso e dovetti aspettare quella che si celebra nell'infermeria. Incontrata la Suora infermiera, le dico:

- Suor Maria!.... suor Maria, io sono guarita! e, se mi permette, vado alla S. Messa.

- Che cosa ti frulla? mi rispose; va' va' a letto subito e non perdere la testa

Ed io: - Sì, vado.... vado a letto, perchè l'obbedienza lo vuole, ma sappia che sono guarìta! Per l'obbedienza sono guarita e per l'obbedienza torno a coricarmi.

Desiderava tanto di andar subito con la comunità in chiesa, ma l'ordine dell'infermiera mi trattenne. Però da quel giorno in poi non sentii più il minimo male; dove aveva la piaga, sentii nel primo giorno un po' di prurito come quando si è rimarginata una ferita e nulla più.

La mia guarigione avveniva istantaneamente e completa il 29 luglio 19o6, dalle ore 19 e mezzo alle venti, e dopo d'allora non ho più avuto alcun male.

In questa grazia io ravviso l'umiltà grande di D. Bosco, nostro Venerabile Padre, perchè se l'avesse concessa ad un'altra persona più fervorosa di me, certo egli ne avrebbe ricevuto maggior gloria!

Torino, 16 agosto 1912, 97° anniversario della nascita del Venerabile.

Suor PROVINA NEGRO, Figlia di Maria Ausiliatrice.

Mi ha salvato il figlio!

È con la letizia nel cuore che sciolgo un voto. Nel mese di novembre del 1911 mio figlio Mario, di anni 20, trovandosi un po' deperito in salute fu visitato dal nostro medico curante e fu dichiarato affetto da nefrite con relativa albuminaria abbastanza pronunciata. Si può solo immaginare ciò che io provai a questa dichiarazione del medico, giacchè nell'aprile del 1909 avevo perduto un altro figlio, Ugo, di 19 anni con lo stesso male; e nel giugno del 1911 la mia adorata consorte Anna, pure con una nefrite ribelle a tutte le cure dell'arte medica mi fu rapita nella fresca età di anni 49. Era desolato, perchè già prevedevo che il mio caro Mario avrebbe seguito nella tomba la mamma ed il fratello!

Leggendo però il Bollettino Salesiano, sentii nel cuore una voce che mi diceva di rivolgermi con fiducia alla Potente Ausiliatrice, affinché per i meriti del Ven. D. Bosco mi concedesse la guarigione del mio figliuolo. Senz'altro cominciai la novena, secondo la consigliava il Venerabile, di più recitavo altre preghiere che si trovano nel Manuale del Divoto di Maria Ausiliatrice. Per tutto il mese di maggio ho seguitato con fede a dire queste preghiere e nello stesso tempo posi in dosso al mio Mario una medaglia della Vergine Ausiliatrice. Verso la fine del mese voleva far visitare dal medico il mio caro infermo, ma il povero figlio mi rispose: E inutile, Papà mio, tanto la risposta sarà sempre la solita, che cioè il male non accenna a desistere e orinai sono persuaso di fare la medesima fine della povera Mamma e del nostro Ugo.

Io però, avendo vivissima fede in Maria e nel Ven. Bosco, insistei e Mario tanto per fare l'obbedienza tornò a farsi visitare, e quale non fu la nostra meraviglia nel sentire, che la nefrite più non esisteva, l'albuminaria era cessata del tutto? La commozione provata fu immensa, perchè erano sei mesi che mai si era trovata traccia di miglioramento!

Cominciammo subito a recitare le preghiere di ringraziamento alla nostra cara Maria Ausiliatrice ed al Venerabile D. Bosco, ed ora mando la presente perchè se ne faccia cenno nel Bollettino, ed accludo L. 5o per le Opere Salesiane, in adempimento della promessa.

Roma, 2 agosto 1912.

PIETRO FLORIDI.

(1) Dalle deposizioni del Sac. Michele Rua, 1° successore di D. Bosco. - Cfr. il Sommario del Processo ordinario, pag. 1007-1009.

(1) Lo stesso fatto fu deposto anche dal Sac. Gioachino Berto, che asserisce : « Maria Costantina Vorbe, d'anni 36, era gravemente ammalata da otto mesi per una e píù ulceri allo stomaco che le cagionavano vomiti di sangue...» Cfr. il Sommario citato, pag. 989.

Chiese e monumenti in onore di Maria Ausiliatrice.

LA MORTE DI QUATTRO MISSIONARII - ALTRE NOTIZIE

UN TEMPIO A MARIA AUSILIATRICE

NEL MATTO GROSSO.

L'omaggio dei Bororos.

A Cuiabà, presso il Collegio di S. Gonzalo, si sta innalzando un gran Santuario in onore di Maria Ausiliatrice, quale omaggio delle Missioni salesiane del Matto Grosso alla Celeste Patrona delle Opere di D. Bosco.

I primi lavori di sterro e di livellamento dell'area pel tempio erigendo furono compiuti da 24 indii Bororos, scelti fra le Colonie dell'Immacolata, del S. Cuore e di S. Giuseppe, i quali, capitanati dal Missionario D. Balzola, giunsero a tal fine a Cuiabà il 21 aprile u. s.

All'indomani i 24 robusti figli delle selve, attraversando le vie di Cuiabà fra l'ammirazione e il plauso di tutti i cittadini, si recarono a far visita a S. E. Rev.ma Mons. Arcivescovo, che li accolse paternamente, con vera esultanza. In bell'ordine si accostarono ad uno ad uno al venerando Pastore per baciargli l'anello, e raccoltisi nella cappella del Palazzo pregarono nella loro lingua secondo le intenzioni del venerande Metropolita.

Quindi si portarono al Palazzo del Presidente dello Stato. Ricevuti nel salone di onore, il giovane Giacomo Aipobureu Marques lesse all'indirizzo di S. E. il Dott. Gioachino Augusto da Costa Marques un breve saluto.

Ecc.mo Sig. Presidente,

Ho l'onore di presentarle i miei fratelli delle care sponde del Garças, del Barreiro e del Sangradouro, che La ossequiano rispettosamente.

Essi son venuti a prestare la prima mano per la costruzione del Santuario, che in breve sorgerà sopra il colle del Liceo Salesiano di questa capitale, quale omaggio a Nostra Signora Ausiliatrice, la celeste Patrona dei nostri Missionari.

Ma prima volevano porgere la protesta del loro attacamento e della loro fedeltà al primo capo dello Stato. L'Eccellenza Vostra si degni riceverla.

L'ecc.mo Presidente fu sensibile al delicato omaggio e fe' servire ai cari ospiti un sontuoso caffè.

In ultimo la comitiva si recò all'Ispettoria della Protezione degli Indi.

Il giorno 24 si cominciarono solennemente i lavori. Erano presenti gli alunni del Collegio e con molti invitati le primarie autorità, tra cui i Rappresentanti dell'Ecc.mo sig. Presidente dello Stato, dell'Ecc.mo sig. Tenente Colonnello Intendente Municipale, e dell'Ispettore del Servizio di Protezione degli indi e Collocamento dei lavoratori nazionali.

La cerimonia cominciò con la celebrazione di una messa, alla quale assistettero anche i 24 indii in uniforme, recitando a voce alta con tenero sentimento di divozione le preghiere del buon cristiano nella loro lingua. Quindi si passò al luogo dei lavori, ove, dopo un brillante discorso del dott. D. Francesco d'Aquino Corrèa, i 24 figli della foresta, deposte le loro tuniche e strette ai fianchi le lunghe camicie a grandi linee di colore, diedero mano ai picconi e, sotto la direzione degli ingegneri dott. Washington de Aguiar e dott. Michele Carmo d'Oliveira Mella, intrapresero i lavori al suono di una marcia trionfale.

Semplice ma commovente cerimonia! Che la Vergine Ausiliatrice accolga il figliale omaggio e lo ricambi con l'abbondanza delle più elette benedizioni a tutti i figli delle selve brasiliane!

Un monumento a Maria Ausiliatrice

A PUNTARENAS.

Il 2 giugno u. s. venne collocata la prima pietra del Monumento che i Cattolici e i figli di D. Bosco di Puntarenas innalzeranno ad onore di Maria SS. Ausiliatrice sulla piazzetta del tempio Parrocchiale, a ricordo del XXV° Anniversario delle Missioni Salesiane nel Territorio, in omaggio di profonda gratitudine e venerazione filiale a Colei che è l'Aiuto del popolo cristiano e la Patrona delle Opere di D. Bosco.

Presenziava la cerimonia un'enorme moltitudine. Prestarono servizio d'onore le musiche del Battaglione Magellano e del Collegio S. Giuseppe.

Un eletto stuolo di signori e di signore firmarono in qualità padrini e di madrine il verbale che si collocò nell'interno della pietra. Ricordiamo il sig. Governatore Civile e la sua sposa, rappresentanti il Presidente della Repubblica e la sua consorte; Mons. Giuseppe Fagnano, rappresentante S. E. R. Mons. Sibilia, Internunzio Apostolico ; S. E. Rev.ma il Vescovo Mons. Pietro Valenzuela, rappresentato dal Governatore Ecclesiastico; S. E. R. Mons. Angelo Jara, ecc. ecc.

La nuova Chiesa di Marina di Pisa.

Marina di Pisa, l'incantevole stazione balneare che si stende poco lungi dalla foce dell'Arno, difetta ancora di una chiesa che degnamente risponda ai voti della comune pietà. A innalzarla si è accinto S. E. l'Arcivescovo di Pisa, Card. Pietro Maffi, su progetto dell'Architetto Arpesani, e la vuole dedicata a Maria SS.ma Ausiliatrice.

Essa avrà tre ampie navate divise da colonnati e chiuse in fondo da tre absidi, che conterranno i tre unici altari, come porta lo stile.

La facciata, di marmo policromo, divisa in due ripiani sovrapposti, svolge nel superiore un largo motivo ornamentale; l'inferiore si presenta diviso in tre grandi quadri, limitati in alto da una cornice simile a, quella del frontone e lateralmente da quattro robusti pilastri. Degno di nota speciale il portale di mezzo, che ricorderà quello del Duomo di Pisa: In fine un'elegante base attica ornerà il piede dell'imponente facciata, a cui si accederà per mezzo di una gradinata a quattro ordini.

La posa della prima pietra avvenne la domenica 28 luglio, con cerimonia solenne.

L'Em.mo che la compì; ne dava notizia a Don Albera, Rettor Maggiore dei Salesiani, a Torino, con questo telegramma:

« Benedetta prima pietra nuova Chiesa Marina, presento affettuoso ossequio mio Clero, popolo, invocando preghiere all'Ausiliatrice, perchè presto anche su questo lido stabilisca suo regno, compia suo altare. - CARDINALE MAFFI.

La morte di quattro missionari.

Dall' Equatore ci è giunta la triste notizia della perdita, quasi contemporanea, di quattro amati confratelli, Don Antonio Fusarini, Don Luigi Giaccardi, Don Michele Allioni, e Leopoldo Marelli, tutti italiani, morti di febbre gialla a Guayaquil, ove ebbero solenni suffragi il 25 giugno u. s. nella Chiesa di S. Francesco.

La santa causa che avevano sposato, lo zelo con cui lavorarono fino all'ultimo momento per la dilatazione del Regno di Gesù Cristo, e il generoso sacrifizio della loro vita ci fanno dolcemente sperare che sieno già al possesso della gloria celeste! Uno di essi il giorno prima di morire dettava una commoventissima lettera ai genitori lontani, nella quale, ricordando il sacrifizio che avevano fatto di lui e quello che egli aveva fatto della sua vita, esortavali a sopportare cristianamente il dolore della sua morte, il cui annunzio non avrebbero tardato a ricevere. E fu così : il giovane che l'assisteva attese un sol giorno a spedire la lettera, e dovette aggiungervi queste parole: - « Spirò serenamente, oggi 23 maggio 1912: vigilia di Maria SS. Ausiliatrice! »

Il primo di essi, Don Antonio Fusarini, nato a Paderno d'Asolo l'11 gennaio 1848, fece parte dell'ultima spedizione di Missionari compiuta da D. Bosco, che fu la prima diretta all'Equatore, nel dicembre del 1887. Colà lo seguivano nel 1891 il coadiutore Leopoldo Marelli, nel 1892 il Sac. Luigi Giaccardi, e nel 19o8 D. Michele Allioni. Erano tutti degni figli di D. Bosco. Don Fusarini fu per vari anni ispettore delle Case Salesiane in quella repubblica; Don Giaccardi l'apostolo della divozione a Maria Ausiliatrice in moltissime chiese dell'Azuay ; Don Allioni ardeva del più vivo desiderio di veder accolti tutti i Jivaros all'ombra della Croce; e il buon catechista Marelli, che per umiltà non volle salire al sacerdozio, aveva nel prestare l'opera sua ai Missionari il fervore di un apostolo.

Queste perdite, umanamente parlando, costituiscono una delle tante contrarietà che si avvicendano senza tregua a danno della povera Missione dei Jivaros, per la quale non si sono risparmiati i più gravosi sacrifizii. Dalla morte di D. Savio sull'erta del Chimborazo alla scacciata dei nostri dalla Repubblica, e giù giù fino alla terribile malattia (la lebbra) che incolse chi da poco preposto a quella Missione ne aveva alacremente intrapreso la cura più sollecita e laboriosa, ed ora a queste quattro gravissime perdite.... quante difficoltà non si frapposero all'opera generosa dei Missionari!

Preghino i buoni Cooperatori per gl'indimenticabili caduti sulla breccia e per i bisogni sempre nuovi di quella Missione.

Una medaglia d'oro.

L' «Accademia di Storia Internazionale » di Parigi ha nominato suo membro onorario il Salesiano Don Antonio Malan, Ispettore delle Missioni del Matto Grosso, accompagnando la nomina con una medaglia d'oro per i suoi studi, da noi pubblicati, sugli Indi Bororos.

Al zelantissimo ed intraprendente Missionario i più vivi rallegramenti.

Il Gìubìleo sacerdotale dì Mons. Caglìero.

Ci arrivano finalmente le più liete notizie delle feste entusiastiche celebratesi al Salvador, a Costarica, ed in altre Repubbliche del Centro America pel Giubileo di Mons. Cagliero.

Ad esse fanno eco altre solennissime feste, che si svolsero nell'Argentina, specialmente nei Territori della Patagonia che inviò in dono al suo Vicario Apostolico una ricchissima croce pettorale di oro massiccio

DALLE MISSIONI

BRASILE

Tra i Bororos del Matto Grosso

UNA VISITA ALLE COLONIE

UN'ESCURSIONE AL "RIO DAS MORTES"

BATTESIMI E MATRIMONI

(Relazione del ch. Giuseppe Pessina).

Coxipó da Ponte, 25 marzo 1912. REV.MO SIG. DON ALBERA,

CoMPIo finalmente la promessa che le feci d'inviarle questa seconda relazione.

L'amatissimo nostro sig. Ispettore, che nel 19o8 col presentare un gruppo di indigeni Bororos all'Esposizione Nazionale di Rio de Janeiro, aveva dimostrato eloquentemente quanto fossero bene impiegati i sussidi dati dal Governo a prò di queste Missioni, desiderava che qualche autorevole persona vedesse di presenza lo stato fiorente delle Colonie e le difficoltà quotidiane della Evangelizzazione.

Ed ecco un telegramma ufficiale dar l'annunzio del passaggio del sig. Tenente Colonnello Candido Mariano Rondon, Direttore Generale del Servizio di Protezione agli indii e Collocamento di lavoratori nazionali, già capo del Presidio militare, quando la Colonia Teresa Cristina era diretta da noi. Attivissimo e intraprendente, aveva presentato al Governo Federale il progetto di una linea telegrafica da Cuiabà all'Acre, ed ora, di ritorno in patria, aveva stabilito di passare per le Colonie.

Alla Colonia dell'immacolata - Festosa accoglienza - Civiltà che si svolge !

L'Ispettore andò ad incontrarlo alla stazione telegrafica General Carneiro, e lo invitò a visitare la Colonia dell'Immacolata, che sorge a qualche chilometro di distanza, tra le sponde del fiume Garças e del torrente Aracy, che è pure il nome di una figlia dell'illustre personaggio. Il Tenente Colonnello gradì l'invito e, sceso il Barreiro che là presso si getta nel Garças, attraversò questo per uscirne all'altra sponda, la quale era gremita dell'elemento indigeno della Colonia, accompagnato dal personale dirigente la medesima. Non appena si scorse la barca che lo conduceva, un grido di gioia si sollevò da ogni petto; e al saluto si associarono i segni della più viva allegrezza. Il Direttore D. Salvetto gli diede il benvenuto, e due figli di quegli indii, che pochi anni fa erano un pericolo per i viandanti, l'uno in portoghese, l'altro in bororo, gli porsero anch'essi i più gentili ossequi.

A notte la Gazzetta Ufficiale, di cui dissi nell'ultima mia (1), descriveva l'uomo e tutte le impressioni che il suo arrivo aveva suscitate.

All'indomani, dopo la visita alla residenza dei Missionari, l'Ispettore procurò con gentil pensiero che l'ospite illustre compisse la distribuzione dei viveri, carne, farina, canna da zuccaro ecc. ecc. a tutti gli indi che, vestiti a festa, si presentarono allegri a prendere la loro parte.

Compiuta la distribuzione, si visitarono ad una ad una le singole casupole, lasciando a tutti un pezzo di dolce o rapadura, con qualche allegra parola.

Nel pomeriggio si passò nelle dipendenze delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ove destò grande ammirazione il laboratorio delle indiette, alcune delle quali erano intente a scardassare il cotone, altre a filarlo, altre a tesserlo con mano sicura.

Il sig. Rondon visitò pure con piacere i nostri campi coltivati, e in fine scrisse nell'Album dei visitatori della Colonia una pagina riboccante di lodi e di ammirazione.

Prima di partire, volle regalare gli indii di qualche gingillo che aveva portato con sè, ma questi non si tennero dal chiedere a cosa potevano servire, dal punto che quelle cosette non eran buone nè a mangiare nè a bere. Effetto della civiltà che si svolge !

Alla Colonia del S. Cuore - Una parlata del Cacico Maggiore - « Che ci dài ora in paga? » -- Inaugurazione del nuovo osservatorio Meteorologico.

Dall'Immacolata in poche ore di buona cavalcatura si giunse alla Colonia del S. Cuore. Allo spuntar della comitiva gli abitanti dell'aldea si mossero; e in bell'ordine, prima la banda musicale, poi tutti i ragazzi, quindi gli adulti, in fine le indiette e le indie accompagnate dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, andarono incontro al Tenente Colonnello. Al suo giungere la banda intonò l'inno nazionale, quindi il direttore D. Colbacchini gli porse il saluto, dicendosi felice di presentare agli indi non solo un ammiratore ma un caldo amico della loro razza. Gli applausi scrosciarono prolungati !

A nome degli indi parlò il giovane Modesto, ottimo sonatore di bombardino e diligente applicato all'Osservatorio Meteorologico, che l'ospite strinse affettuosamente al cuore,

L'Ispettore colse l'occasione per ringraziare il nobile Governo Brasiliano per la protezione e i sussidi generosamente accordati.

In fine prese la parola il buon Cacico Maggiore, che in atteggiamento calmo e tranquillo, alla famigliare, come chi è vecchio dell'arte, espresse in lingua nativa questi sentimenti

« Non è la prima, volta che io ed alcuni della mia gente ti vediamo, poichè or sono molte secche ti abbiamo veduto lavorare nel fil di ferro che passa qui (e indicava la linea telegrafica). Allora noi non stavamo qui, ma vagando qua e là vivevamo di preferenza sulle sponde dell'Acqua grande (il Rio das Mortes). Poco dopo vennero qui i Missionari ed anch'io venni qui colla mia gente, e non rimanemmo colle mani ferme, ma tutte le armature di legno che vedi, e delle case nostre e di quelle dei Padri, passasarono, vedi, su queste spalle. È la mia gente, guidata da questi Padri che ti circondano, che ha raddrizzato il cammino per cui sei passato, che ha seminato non solo il bel campo che avrai veduto all'arrivo, ma altri ancora nascosti qua e là nel bosco, che ci dànno in abbondanza l'alimento necessario. Quindi è che siamo contenti di star qui, perchè abbiamo di che vivere e perchè i Padri ci vogliono bene e rimunerano il nostro lavoro con giustizia. La mia gente voleva andare a caccia in questi giorni, ma sapendo dal Padre che tu dovevi arrivare non li ho mandati, quindi è che rimasero qui al tuo incontro. Il Padre ci disse che tu sei buono, quindi la mia gente mi ha detto di chiederti accette, scuri, falci, calze, camicie, coperte ecc. ecc. » e la filastrocca continuò a lungo per finire così: « Io poi ed il mio aiutante ti domanderemmo anche un fucile ; altre cose te le domanderò in seguito! »

Il ricevimento finì coll'annunzio che all'indomani si sarebbe fatto festa, quindi si tenessero puliti ed assettassero le capanne in attesa della visita. E la visita si compì a tutte le capanne, alla nostra residenza, ed a quella delle Figlie di Maria Ausiliatrice, con ammirazione ad ogni passo crescente. Nel pomeriggio si passò alle scuole per ammirare il lento ma consolante profitto degli alunni.

Dico il lento, perchè il povero ragazzo indio, a differenza del civilizzato, si trova in un ambiente del tutto nuovo, senza nessuna preparazione di sorta, con desideri ed ideali diametralmente opposti. Non gli arride alcuna utilità presente o futura, e considera come ingiusta e quasi prepotente l'obligazione che lo circoscrive, ancorchè per brev'ora, fra quattro pareti e gli vieta di godere libero, come l'uccello, l'aria balsamica del bosco. Tuttavia, ancorchè i più avanzati fossero già passati -- come in premio - al Collegio di Cuiabà ed alla Scuola Agricola di Coxipó da Ponte, si esaminarono con piacere numerose prove di calligrafia, di aritmetica, di dettato ecc. ecc. e alcuni lessero correttamente.

Mancò il tempo per vedere la fabbrica dei mattoni e delle tegole per le costruzioni della Colonia, nonchè il locale ove le indie attendono alla preparazione della farina di mandioca.

Il vecchio Capitano era uscito nel discorso con una lunga serie di domande; quindi il Tenente Colonnello lo doveva contentare almeno in parte per non sentirsi dire : « Che capitano sei tu, se nulla ci porti? io son generoso colla mia gente ». Fece quindi la distribuzione di vari oggetti, coltelli, fazzoletti ed altri utili coserelle, che la Direzione offerse al fine suddetto.

Curiosissima la scena, che si svolse allorchè il fotografo che accompagnava il Ten. Colonnello si accinse a fotografarli in gruppo. « Qui, si radunino qui! tutti qui! » andava gridando ed il gruppo era già raccolto, quando al vedere quel treppiedi colla testa nera e un sol occhio, tutti, chi di qua, chi di là, si sbandarono. Finalmente, all'invito del Missionario: « Fermi, fermi un momento, ragazzi! »: - « Nub' aromodde cei? e che ci vuoi fare? vuoi forse maleficiarci? a modde ce magu kanna? » mormoravano alcuni.

- Pronti; uno, due e tre! - E il gruppo fu preso.

- Cia! kabà a modde maku cenn'ai moricce? E che dài ora in paga? - ripresero l'un dopo l'altro, respirando.

Poca fortuna in verità farebbe un fotografo fra questa gente.

Alla sera vi fu un breve trattenimento colla lanterna magica in cui, oltre vari quadri di bellezze naturali, contemplaronsi con interesse ed ilarità alcuni tipi dei Parecis, tribù indigena stanziata al nord del Matto-Grosso, che si vivide in quattro gruppi, uno dei quali pare estinto. Degli altri tre, detti nella loro denominazione Tiaritì, Frànces e Cozàrini, l'ultimo è il più numeroso e dato al lavoro. Interessarono pure alcuni capannoni de' terribili Nhambiquàroes, che si trovano anch'essi al Nord del Matto-Grosso, incontrati nell'ardua impresa dell'impianto della linea telegrafica da Cuiabà all'Acre. Fuggiti dalla loro stanza, avevano attaccato a varie riprese e colpito alcuni del personale della Commissione.

All'indomani si compì l'inaugurazione del nuovo « Osservatorio Metereologico Colonia Sacro Cuore », traslocato su d'una ridente collinetta prospettante la Colonia. Varii presero la parola, rilevando il contributo scientifico che avrebbe offerto alla scienza meteorologica ; e terminata la cerimonia tutti si accomiatavano dal Colonnello e dall'ottima sua comitiva, che avrebbe all'indomani continuato il viaggio alla volta di Cuiabà, verso cui li precedette l'Ispettore D. Malan, per assicurare alla Colonia S. Giuseppe al Sangrodouro la presenza degli indii al prossimo passaggio.

Al Sangradouro -- Un abbraccio commovente - Visita alla Colonia - Il Capitano « Perigo ».

Infatti quegli indii erano in lutto, e tuttavia non uno mancò al ricevimento. D. Malan e Don Balzola, insieme collo stato maggiore dell'elemento indigeno, mossero incontro al Ten. Colonnello fino alla vicina stazione telegrafica : e giunti ove l'attendevano tutti gli indii, Don Balzola gli diè il ben venuto. Rispose l'onorevole, salutandolo qual glorioso veterano instancabile nell'Opera di civilizzazione, e tributando i più incondizionati encomi alla provvida e solerte direzione di D. Malan, sempre ammirabile nel suo apostolato.

Anche un ragazzino tra la vergogna e il timore reverenziale riuscì a dirigergli affettuose parole nell'offrirgli un mazzo di fiori. L'onorevole che ben seppe apprezzare lo sforzo del fanciullo gli diede un affettuoso abbraccio, ed incoraggiandolo si diceva felice di abbracciare in lui tutti i suoi fratelli presenti. Ai segni ed alle parole che non intendeva, il piccino sorrideva arrossendo.

Terminata la dimostrazione con entusiastici evviva, i cari indi ricevettero la razione un po' più abbondante del solito, in segno di festa, e se ne ritornarono alle loro case.

Essendo in lutto per la morte di una ragazza, alcuni non aspettarono ciò che loro spettava, ma dritti dritti corsero ad incominciare il canto colle rispettive ceremonie funebri. Il Segretario del Tenente Colonnello recò loro egualmente la razione che loro spettava, ed essi la ricevettero immobili, senza far motto, concentrati nell'atto che stavano compiendo.

Qui pure si visitarono le dipendenze della casa, compresi i campi adiacenti, nei quali l'occhio resta deliziosamente sorpreso nel vedervi prosperare gli alimenti più necessari alla vita, fra vigneti dai bei pergolati e canne da zuccaro, e varie qualità di piante fruttifere, che rendono questa Colonia (davvero favorita di ottimo terreno per l'agricoltura, in posizione soavemente proclive e sorridente) un ampio giardino, una vera oasi in mezzo al monotono deserto. Fu ammirata assai la fornace delle tegole e dei mattoni, dove prestavano l'opera loro anche gli indi, i quali vi continuano a preparare il materiale per le crescenti costruzioni, il cui piano si vedeva già tracciato, anzi incominciato.

Si passò quindi a visitare le capanne provvisorie, le quali, essendo giunti gl'indi quasi all'improvvìso alla vigilia della partenza di Don Balzola per l'escursione straordinaria alle aldee centrali della tribù, avevano molto del primitivo, essendo mancata l'assistenza del Missionario ed urgendone la costruzione. Infieriva in quel tempo una specie di vaiuolo; non pochi ne erano infetti ed avevano il viso tutto macchiettato di nero. Eran le pustole che, giunte a maturità, essi avevano aperte, affinchè, come dicevano, coll'andarsene del morbo, non restasse loro il viso tutto bucherellato.

Entrati nella capanna del famoso capitano Perigo, fummo ricevuti in piedi, cosa insolita per un indio, che, di natura indolente ed indifferente, d'ordinario riceve l'ospite senza muoversi dalla posizione in cui si trova.

Alto e ben tarchiato, agile e rapido nel gesto, Perigo non lasciava ferma una sola parte del corpo nel parlare. Oratore di natura, la sua parola un tempo trascinava terrorizzando, temuto ma non stimato dal nucleo che con lui viveva. Dio sa le morti che gli pesano sulla coscienza ! Uomo bilingue e falso, rare volte sfiorava sul suo labbro la verità; nemico del bene, cercava quasi per istinto diabolico di impedirlo coll'esempio e colla parola. In breve egli era il rovescio della medaglia, paragonato al buono, sincero e provvidenziale Maggiore Michele, il cui figlio alcune famiglie dell'aristocrazia europea e americana si compiacquero di avere a commensale.

Ebbene, due anni or sono, dopo d'aver fatto d'ogni erba fascio, lasciava le sponde del San Lorenzo e giungeva alla Colonia del Sacro Cuore con una ottantina di indigeni. Perché? Colpito da un reuma cronico, si accorse di non aver più tutto il prestigio acquistatosi colla forza, ed aprendo gli occhi dell'anima, restò vinto dalla carità dei Missionari. Prima ancora di averne formale invito, egli giungeva con la sua gente al Sangradouro per fermarsi con noi.

All'indomani il signor Rondon era di partenza grandemente soddisfatto ed altamente ammirato e commosso per quanto aveva veduto. Tale egli si era mostrato e dichiarato con noi ripetutamente, ne più lusinghieri potevano essere gli elogi da lui scritti negli Albums delle Colonie.

In attesa di un viaggio di esplorazione tra i Caiamos - Preghiere per implorare l'assistenza divina --- Tristi ricordi -- Sulle sponde dei Rio das Mortes - Non un'orma umana.

Dopo questa visita il zelantissimo nostro Ispettore tornava senza indugio alla Colonia del Sacro Cuore, deciso di fare un'escursione ai terribili Indi che vagano nella regione Nord della Colonia, e che, nemici acerbi dei nostri, di tempo in tempo ne ammazzano sempre qualcuno. Son questi i Caiamos, come li denominano i Bororos, conosciuti dai civilizzati col nome di Chavantes.

I nostri, venuti a cognizione della partenza, andavano ripetendo:

Cegoddu, tagoddu modde kannà Caiamo dogh'ewogai: andremo forse anche noi in cerca dei Caiamos?

- Il Padre attende ancora la parola del fil di ferro! (il telegramma); indi si partirà.

Nei giorni di attesa il Maggiore e l'inseparabile Gioachino venivano di sera a godere il fresco in casa nostra, intrattenendosi famigliarniente coll'Ispettore. Si discorreva di quanto aveva portato o stava per arrivare a Cuiabà, dono di anime generose, ed essi prendevano la palla al balzo e: - Ja boe modde kanna cennocce? vi sarà qualche cosa per noi?

- Sì! sì! - soggiungeva Don Malan --- ma è ancora in Cuiabà, e per ora accontentatevi di aspettare.

Alle volte il discorso cadeva sui Caiamos e sul fine della visita a loro: e il vecchio Maggiore:

- Padre! - interrompeva - attu kaba naugh'e pegàre e modd'aviddo.- Padre, non andare, quelli son cattivi, ti ammazzeranno.

- Se non andassi, essi non cesseranno di molestare e d'uccidere la tua gente. - E ricordava come un missionario lombardo, che poi fu vittima del Marchese di Pombal, trovandosi alle strette con una tribù di indi che lo cercava a morte, ne aveva abbagliata la vista coll'alzare il Crocifisso e s'era salvato; come il Venerabile Anchieta non era stato affatto leso dalle frecce che i selvaggi gli avevano dirette e conchiudeva con calma e rassegnazione.

- Vedi: se Gesù vuole, essi non ci faranno nulla! ma ascolteranno docili la nostra parola.

- Sì! sì! rispondeva il buon cacico come se dicesse: « Siamo d'accordo, ma non posso persuadermi ».

Il poveretto non aveva tutto il torto, se nella sua ignoranza, quasi invincibile, rimaneva alquanto dubbioso e veniva ad una seconda prova: - E via pàga moddrà ta wàddarùgi bia pagare boe waddarugiboe kareganna; pega kungoddu rebbóe maghi ià, e modde tu viadda ciar'ekiddo modde tai. Taddu kaba, tag'aregoddu moddu karemato pughegge; non porgeranno orecchio alla vostra parola, non sono gente che diano ascolto;: essi son molto cattivi, si nasconderanno e poscia vi frecceranno. Non andate, non ritornerete più!

- Non abbiam paura della morte; se il Signore ci vuol prendere in questo modo, eccoci pronti e andremo tosto in Paradiso, lasciando questa terra molto cattiva; se no, ritorneremo con voi. Quando stavamo per venire in cerca di voi, molti ci dicevano: « Non andate, son gente cattiva, vi ammazzeranno! » ma non avemmo paura, venimmo nel nome del Signore e c'incontrammo con voi che non foste cattivi! Ed. ora avete avute ed imparate tante belle cose ed altre ne avrete e ne impararete, finchè piacerà al Signore di separarci.

Ed un altro: - Sì sì, Padre! - quasi a dire:. « Son quasi persuaso ». Dopo questi e simili colloqui, ricevendo gli ordini pel giorno, seguente,. andavano a continuare la conversazione serale,, ripetendo a tutti le nostre e le loro parole.

Si era determinato che ci avrebbe accompagnato qualche indio, sia per la praticità della selva, sia per la maggior conoscenza dei luoghi abitati dai suddetti Caiamos. Stante però l'odio. inveterato e l'ancor poca energia morale dei nostri e la sete istintiva e brutale di sangue di quelli, ancorchè i nostri vi andassero mascherati essendo facile ad un riconoscimento un triste conflitto, parve più prudente il dispensarli e partire con una comitiva più omogenea.

Difatti il 26 luglio, festa dell'Apostolo S.. Giacomo, non mancando neppur un indio alla funzione religiosa, cantate le preci dell'itinerario, l'Ispettore impartiva la benedizione col SS. Sacramento, e in parola breve ma tenera e commovente diceva come nella compiuta funzione si era dimandata l'assistenza di Dio in un'impresa tutta sua e perciò santa. E raccomandando sè e la comitiva alle preghiere dei confratelli, ricordava come moltissime pie persone in quei giorni stessero pregando Dio e la Vergine Ausiliatrice allo stesso fine. E proseguiva: - Se poi là ci attende l'ultimo giorno di vita, sarebbe questa la maggior grazia che il Signore ci possa fare!...

Il dire grave e commosso del buon Padre, il suo atteggiamento, reso più maestoso dai sacri paramenti, fecero grande impressione negl'indi, i quali agglomerati davanti la porta della cappelluccia udivano la parola soave e misteriosa percuotere il loro orecchio, senza troppo intenderla.. Qualcuno però mormorava tra la turba: - Mataddu rebboe taghiià, siete gente pazza, voi altri!:

Terminata la funzione, si venne alla separa zione. L'amatissimo Ispettore, D. Colbacchini, direttore della Colonia, i cari confratelli Gabet e Bussi, una guida, alcune bestie da soma ed il povero scribaccino di queste linee, formavano la comitiva. Fraterni gli abbracci in silenzio reciproco; poi gli uni a contemplare silenziosi la piccola carovana a partire, questa a scomparire lenta nel bosco.

Si andava in cerca dei Caiamos, ed era naturale parlar di loro.

- Veda, sig. Ispettore, diceva Don Colbacchini, veda fin dove arrivarono, or sono ornai cinque anni, allorchè ci frecciavano un giumento! - E al piè d'una collinetta, a un due chilometri dalla casa, riprendeva: - Da questa altura, di notte tempo, tra le fessure di improvvisate siepi di foglie di palma spiavano poco dopo la Colonia. Se del primo fatto si poteva dubitare, attesa l'infingardaggine degl'indi, di questo non si poteva, avendo noi constatate vestigia ben diverse da quelle dei nostri che eravam certi non essere fuori di casa.

» Più triste fu un altro fatto a tre leghe di qui, quando uccisero due donne uscite in cerca di frutta. Che scena dolorosa! che quadro! Due cadaveri già irriconoscibili, putridi, fetenti, col cranio spaccato, la bocca orribilmente spalancata, barbaramente maltrattati; e ai lati e sotto i medesimi i nerboruti bastoni che i bruti avevano usato per consumare il delitto ».

Straziante fu pure l'ultimo eccidio del novembre 1910.

Il cerrado (bosco) si alternava alla selva fitta e noi, lasciando quello, stavamo all'entrata di questa, in un punto alto donde stendevasi a basso, lontano lontano, il panorama della Colonia:

- Qui si erano appiattati, diceva D. Colbacchini, i terribili nomadi e massacravano una cara famiglia cristiana. Qui, a lato di questo sentiero, giaceva il caro Vicente, e là in quel fosso cadeva la sua consorte, intenta forse alla fuga. Quando venni cogl'indi a constatare il fatto, vagavano già qua e là gli uccelli di rapina.

Un sudor freddo ci serpeggiava per le ossa nel rappresentarci alla fantasia l'orribile quadro, e silenziosi si continuava il cammino. La lotta, in vero, doveva essere stata tremenda.

Frattanto si giunse al punto ove dovevamo passare la notte.

Altre terre ostentano le loro selve, ma la brasiliana primeggia per migliori qualità di legname, per la ricchezza d'innumere piante medicinali, per le tante curiose e rare varietà di parassite e micromiceti, che lo studioso esploratore ancor poco conosce. Qua non si arresta la linfa vificatrice pel mutar delle stagioni, ma circola irresistibile pei vigorosi tessuti, che maestosi e gravi offrono all'occhio una svariata e lussureggiante vegetazione.

Si dice che il mare fa pregare, e non è men vero questo detto, riferito al mare prodigioso di vegetazione quale è la selva, perchè quantunque amendue destino impressioni diverse, pure ambedue elevano l'anima all'infinito. La misteriosa luce penombrale infonde continuamente nell'animo un sentimento religioso e di terrore ad un tempo. Si cammina e, come nelle catacombe, pare che tutta quella cappa estesa pesi ed opprima misteriosamente e si prega. Intanto è un echeggiare ininterrotto di suoni, di voci, or lontane or vicine. Ora è un gorgheggio soave, ora un gracidare sgarbato; all'allegro squittio risponde un sibilo triste; tubano da vicino le tortorelle, urlano e fremono in lontananza il lupo ed il giaguaro; ora è un duetto, ora un terzetto variato, che s'alternano e s'intrecciano mirabilmente in un complesso indefinito di armonie che ti fanno estatico. Così pure, se qui ti ferisce l'odorato un odore sgradevole di materie acide in decomposizione, là ti blandiscono profumati aromi rinfrancanti l'animo melanconico.

Si dice che la selva brasiliana sia meno pericolosa di quella delle Indie per l'assenza relativa di animali feroci; pure chi vi pernotta si sente senza volerlo pieno della paura di qualche pericolo; senonchè il missionario chiude l'occhio al sonno, fiducioso nella paterna assistenza del buon Dio.

L'indomani, attraversati monotonamente boschi e selve estesissime, giungemmo alle sponde del Rio das Mortes.

Alzate le tende, di là si fecero varie escursioni lungo e su pel fiume per mezzo d'una barchetta di tela incerata che l'Ispettore aveva recato di Francia a tal fine, e che servì mirabilmente. Ma il fiume era largo un 300 metri, e il letto in parte era irto di pietre taglienti, e parte era profondo canale, dove l'onda fuggiva impetuosa e forte. Gli animali avrebbero corso pericolo di rompersi o la testa o le zampe o di esser trascinati dall'impetuosa corrente, e fu provvidenza se nulla accadde a noi che fummo prossimi ad avere la peggior sorte.

Vedendo impossibile coi mezzi di cui disponevamo, il guado degli animali e delle provvigioni, procurammo di esplorare l'altra sponda nella direzione additataci dagli indi, ma non ci fu dato di trovare che boschi e selve vieppiù fitte ed impraticabili senza verun vestigio, fuorchè di belve che vagavano colla massima libertà. Non un'orma umana, e ciò per lo scorrer delle pioggie torrenziali e per la vegetazione che, non arrestandosi punto, tutto invade con rapidità prodigiosa.

Dopo lunghe esplorazioni in sali-scendi di colli, per scorgere se fosse possibile qualche fuoco in lontananza, si ritornava all'accampamento per non essere sorpresi dalla notte.

Ma le provvigioni finirono e a malincuore si dovette pensare al ritorno. Tuttavia questa prima ricognizione ci servirà molto per una prossima che speriamo di un esito migliore.

Lasciammo pertanto le sponde del Rio das Mortes, o fiume delle morti, così chiamato non perchè bagni una zona infetta di putridi miasmi o di malaria, ma per aver sepolto nel suo seno un'imbarcazione intera e vari membri di altre che cercarono esplorarlo. Il termometro esposto, di buon mattino dava una minima di 9,5 gradi centigradi positivi, raggiungeva la massima di 46.5 alle due pom. e discendeva ai 19.5 alla sera, con una media di 27.5. La colonna barometrica lenta oscillava tra i 73o e 732 gradi, con un'altezza approssimativa di 385 metri. Coll'abbondanza dell'acqua, la fertilità del terreno e la bontà del clima si hanno i principali ed indispensabili requisiti perchè tal luogo venga popolato, qualora vi si aprano vie commerciali.

Rifacendo d'un passo meno lento, che nell'andata, il cammino aperto nella selva a colpi di accetta, ci parve d'incontrare un terreno sedentario nel sali-scendi del cerrado pietroso, e un gran largo circondato da folta selva ci fe' nascere l'ipotesi di un lago antico. Che bel luogo coloniale, si ripeteva da tutti!

Rientrati nella Colonia, fummo oppressi dalle domande:

- Che cosa c'è? che non c'è per di là? il fiume è grande? l'avete guadato? avete visti i Caiamos?

Anche gli indi che avevan veduto da lungi giungere la carovana, avevano in parte lasciato il lavoro e venivano a baciare la mano all'Ispettore salutandole coi loro: i kiarigoddo, ce ghiarigoddu a wogai! Il ricevimento fu tanto più cordiale e fraterno, quanto desiderato. Ringraziaziammo di cuore Gesù in Sacramento!

Cinque coppie di sposi - Il corteo -- Otto battesimi -- La cerimonia e il banchetto nuziale.

Un'altra cerimonia - non del tutto nuova, perché erasi già celebrata due volte - ci attendeva in quei giorni alla Colonia: la celebrazione di alcuni matrimoni. Cinque erano le coppie fortunate. Eccone i nomi:

Arthur Giaikaddo, un nuovo capitano della famiglia dei Baaddag'eba, che presta un buon servigio alla Colonia aiutando nell'allevamento del bestiame e nel trasporto degli oggetti necessarii alla manutenzione della medesima, doveva legittimare l'unione con Ignacia Kuddughiroddo, abbastanza tenace se si vuole nelle sue tradizioni superstiziose succhiate col latte materno, ma non priva di buoni sentimenti. Un giorno le si ammalò un figlio; temeva di perderlo e corse tosto in cerca del Padre acciò gli versasse l'acqua - Perchè - diceva - non voglio che mio figlio muoia senza che tu lo battezzi. - Ed il Missionario, lieto per tali sentimenti, si affrettò ad accontentarla.

Ambrosio Keakar'epa, di media età, e possiamo dire senz'errare il migliore della Colonia per posatezza e serietà, fratello maggiore del povero Vincenzo ucciso dai Chavantes, si doveva unire legittimamente con Anna Kidd'ekureudda, anch'essa delle migliori tra le indie venute dal Rio das Mortes nel tempo in cui imperversavano le febbri. In pericolo di morte aveva ricevuto il battesimo e da buona mammina aveva allevato ed allevava bene (cosa rara)! tutti i suoi figli, senz'averne ucciso uno.

Il terzo sposo, un orfano, Manuel Eibagiuri, un giovanotto sul fior degli anni, abile conducente di carri e bestie da soma, che accompagnò D. Balzola nel 19o8 ad incontrare i piccoli musici bororos a S. Paulo, dove veniva solennemente battezzato, voleva sposare Florisbella Okugaru, pur cristiana, battezzata in articulo mortis dal suddetto D. Balzola, alla quale il buon Dio aveva donato colla salute dell'anima pur quella del corpo, ed ora è una forte lavoratrice.

Biaggio, un giovanotto di buona pasta, arrivato da più d'un anno alla Colonia, ma molto apatico ed indifferente, voleva unirsi con un'ottima ragazza che aveva avuto un'eccellente educazione dalle Figlie di Maria Ausiliatrice ed aveva frequentato e frequentava pur ora i SS. Sacramenti. Visto che due cuori, di educazione diametralmente opposta, s'erano incontrati, si sperava che la bontà di Susanna avrebbe meglio aperto il cuore di Biaggio Cerae toghiare alla Grazia divina.

Finalmente, Vito Gioku meriri, secondo clarinetto della nostra piccola banda, e capace a trattar bene la scure, la sega e la pialla, che era stato battezzato in occasione dell'andata della banda a Rio de Janeiro, si sarebbe unito coll'ottima ragazza Angelina Meiokighi anch'essa cristiana e come la suddetta Susanna egregiamente educata. Questa pareva la coppia più felice.

Tutti i membri già cristiani fecero alla vigilia la loro confessione, ed alla fine spuntò il bel giorno rievocando alla nostra mente una storia di omai due lustri trascorsi fra dure prove ed improbi sacrifici, alternati (perchè negarlo ?) dalle più sincere consolazioni spirituali.

Gli uomini vennero da noi, le spose si presentarono alle Suore, e tutti furono vestiti colla maggior gala possibile. Qui non preoccupa il timore della critica modista indigena, anzi si è certi degli huh! ammirativi unanimi; quindi colla massima libertà, come in famiglia, chi all'uno ravviava i cappelli, chi ad un secondo tagliava le unghie, mentre altri attaccavano un bottone, o aggiustavano una cravatta.

Le Suore poi, da vere mamme, diedero mano ai pettini, poi a spilloni e spille per pieghe più eleganti, e non risparmiarono veli e semplici collane.

All'apparire delle cinque coppie che si recavano alla chiesuccia udivansi gli spettatori, sparsi sul piazzale, alternare con gli huh! ammirativi le frasi:

- Jeriboepugugu, aroia motto ku reu ia! ainna re bo rà boère! hok! la moddu kurereh! hoh! i kaddou ia, la magogo iagi i kuddaucce; i vige m.odde giameddu i kuddeu móttu kuwo!

Tutto questo liberamente suona così: - Che bellezza! oh che bei vestiti! proprio così dev'essere la gente! oh come siete belli; oh il mio vestito! chiedetene uno per me; vo' ammogliarmi anch'io per avere un bel vestito!

In vero è così; date all'indio ignorante un oggetto di cui siasi invaghito e si lascierà battezzare, cresimare, e che so io. E l'obligazione che contrarrebbe? Da questa lo salverebbe presso i superstiziosi coindigeni la parola:

- Io non sono civilizzato!

Si avviavano adunque alla chiesuccia adorna a festa, a suon di banda. La cappella fu tosto zeppa da quanti vi potevano entrare, e gli altri restarono affollati alla porta.

La funzione cominciò col battesimo di cinque adulti e tre bambini.

Gli indi, ancorché avessero assistito altre volte all'amministrazione di questo sacramento, pure accompagnavano con segni d'attenzione ed ammirazione le diverse ceremonie. E un fatto che i segni sensibili della grazia sopranaturale esercitano la loro benefica azione misteriosa su queste povere anime, avvolte nelle tenebre del vizio e della superstizione. Qual'eco dell'allegria celeste, allo scorrere dell'acqua lustrale, risuonarono per l'aria le note melodiose della banda!

Seguivano le cerimonie del Sacramento del Matrimonio, che doveva far nascere anche nei cuori degli adulti testé rigenerati alla Grazia ed al Santo timor di Dio i desideri del più puro amor reciproco. Dopo la Messa e la relativa benedizione nuziale, D. Colbacchini, in lingua bororo e con energica parola, spiegando il perché dei suddetti atti invitava i fortunati a ringraziare il buon Dio, li ammoniva ad invocare nei pericoli l'aiuto del Signore, e faceva un caldo invito agli astanti, che ancor non avevano partecipato a tanta fortuna, di seguire le orme di quelli che vedevano prostrati ai piedi dell'altare, per ottenere egual grazia.

Usciti all'aperto, si fece la distribuzione dei donativi di nozze: non orologi, nè braccialetti, nè orecchini, nè altri oggetti di valore, ma coperte, cappelli, calzoni, camicie, scuri, zappe, falci, coltelli, in breve, capi di vestiti e tutti gli attrezzi principali pel lavoro.

Ciò fatto, seguiti da numeroso corteo ed all'allegro suon della banda l'amatissimo Ispettore ed il Direttore accompagnarono i coniugi alle loro nuove abitazioni, che sotto la direzione del Missionario erano state preparate.

Quindi, essendo l'ora del pranzo, sotto un frondoso pergolato si raccolsero a modesta agape tutti i nuovi coniugi, nonché i capitani Maggior Michele e Gioacchino.

« Quando fu festa per te e pei tuoi compagni di Battesimo - diceva D. Malan al Maggiore - eravate pochi, oggi sono in numero più grande, un'altra volta saranno assai più, non è vero?

- Sì! sì! rispondeva il buon vecchio con viva soddisfazione; tanti da occupare, non solo questo ed altri, ma tutti i nostri pergolati.

-- Huh ! risposero in coro tutti i lieti commensali.

Dopo pranzo, era già cosa intesa, si presentarono alla Residenza delle Figlie dì Maria Ausiliatrice: e:

- Fateci vedere, dissero, gli strumenti che fanno la stoffa!

Sono introdotti e con bastante disinvoltura visitano il laboratorio ed osservano funzionare il macchinario con segni e voci di approvazione: Sta bene! è Proprio così!

Interessante e noti fuor di proposito fu questa visita, poiché dando essi i primi passi nella vita civilizzata devono prendere amore al progresso ed alla società. In vero, da quel giorno si aperse per loro un migliore avvenire, perché la Direzione della Colonia apriva nel registro amministrativo una pagina per ciascuna famiglia, assegnando a ciascuna il denaro reale, venendo i diversi membri impiegati in lavori casalinghi secondo l'abilità di ciascuno, mentre il missionario prosegue a completarne l'istruzione religiosa, per farli partecipi degli altri mezzi di salute eterna.

Ch. GIUSEPPE PESSINA.

(Continua).

Colla vostra carità abbiamo stabilito le Missioni fino agli ultimi confini della terra, nella Patagonia e nella Terra del Fuoco, e inviato centinaia di operai evangelici ad estendere e coltivare la vigna del Signore.

SAC. GIoV. BOSCO.

IL CULTO di Maria Ausiliatrice

LE MERAVIGLIE del Culto di Maria Ausiliatrice

NEL MESSICO

Il Sac. Paolo Montaldo, in data 5 giugno u. s., c'invia questi appunti.

I Cooperatori di Messico si distinguono per la loro attività; non contenti di sostenere i nostri Collegi ed Oratori, divulgano con ogni mezzo il Culto di Maria Ausiliatrice, erigono Templi in suo onore, promuovono feste religiose brillantissime, e si fanno apostoli della santa causa, sacrificando persino i loro interessi per diffondere lo spirito di Don Bosco dove non si conosce ancora.

Pochi mesi fa, il signor Wilfrido Romàn, coadiuvato da varie signore Cooperatrici e dal signor Parroco di Memax, inaugurava una bella chiesetta dedicata a Maria Ausiliatrice, che divenne subito il centro di un importante ed edificantissimo movimento religioso.

A Jerez, si sta costruendo un bel Tempio in onore di Maria Ausiliatrice, e già il 24 maggio di quest'anno s'inaugurò l'altar maggiore, con messa solenne e straordinario concorso di devoti e Cooperatori. Anima di questa costruzione è la la signora Diaz de Orozco, infaticabile zelatrice della Diocesi di Zacatecas, che suscita vocazioni salesiane fra parenti, amici e sconosciuti, che percorre tutte le parrocchie dello Stato per accrescere il numero dei Cooperatori, che promuove continui pellegrinaggi al nostro Santuario di Messico Capitale, ecc. ecc. Pochi giorni fa mi scriveva queste precise parole: « Ho una terribile oftalmia che, secondo il pronostico di vari medici, mi condurrà fra pochi mesi alla cecità insoluta.. Deo gratias! Son rassegnata al mie destano, ma voglio che gli ultimi barlumi di luce che mi restano siano messi a servizio della nostra celeste Ausiliatrice ». E, mezzo cieca com'è, continua a percorrere i paesi zacatecani seminando per ogni dove l'entusiasmo e la devozione alla Vergine di D. Bosco.

A Merida, capitale di Yucatàn, il parroco della nuova chiesa di Sant'Anna, volle dedicare a Maria Ausiliatrice uno dei principali altari, e quell'Ecc.mo Arcivescovo, Mons. Trischler, benedisse di cuore la pietosa iniziatìva.

Lascio di parlare degli innumerevoli quadri e statue di Maria Ausiliatrice che si venerano in moltissime chiese e Santuari della Republica, perchè mi troverei nell'impossibilità di nominarle tutti. Basti il dire che si è costretti a pubblicare un supplemento al Bollettino, di 16 pagine, per le innumerevoli grazie che Maria SS. Ausiliatrice concede ai Cooperatori messicani; se ne stampano quasi diecimila copie ed è letto con sommo interesse.

Poco tempo fa, in occasione di un numero unico che si pubblicò in onore di Maria Ausiliatrice, l'Episcopato Messicano diede una prova di adesione alle nostre opere, inviandoci lettere assai lusinghiere e benedicendo le nostre fatiche: e quasi tutti approfittarono di quell'occasione per chiedere, con frasi commoventissime, varie fondazioni salesiane nelle loro diocesi.

Qui, a Messico, la passata festa di Maria Ausiliatrice, malgrado i disturbi politici, fu celebrata con molta pompa. Le funzioni furono compiute dall'Ecc.mo Sig. Delegato Apostolico Mons. Dr. Tommaso Boggiani, e riuscirono splendide.

A Morelia, nell'incantevole tempio salesiano si celebrarono feste che lasciarono ricordo imperituro nell'animo di quei buoni Cooperatori: la popolazione della Capitale michoacana con corse alla solennità affollando la spaziosa chiesa durante le sacre funzioni ed illuminando per varie notti le vie che conducono al Santuario.

In altre città e paesi si festeggiò con grande solennità la stessa data e ci giungono le più entusiastiche relazioni.

Davvero che la devozione a Maria Ausiliatrice in questa Repubblica ha qualcosa di sorprendente! Ci scrivono da Morelia che durante il mese di maggio giungevano a quel Santuario numerosi pellegrinaggi da paesi anche lontanissimi, fatti a piedi per monti scabrosi e poco sicuri.

A Monterrey il soavissimo culto fe' sorgere un Circolo di giovani cattolici, che prese il nome di D. Bosco, allo scopo d'istruire ed educare la gioventù. Son più di cento giovani di buone famiglie, studenti e commercianti, pieni di zelo e di fede, che lavorano attivamente, come altrettanti Salesiani. Il bene che fanno con catechismi domenicali, conferenze scientifiche e sociali, con un giornale settimanale assai diffuso, e più ancora con l'esempio, perchè tra essi non ha luogo il rispetto umano ma si professa francamente la religione, è immenso.

Il loro primo presidente si è fatto salesiano. Il cassiere, pochi mesi fa, si rinchiuse in un seminario, e l'attuale presidente sembra che voglia imitare l'esempio di tali colleghi.

Nei loro registri la prima cifra delle Entrate è quella del numero... delle Comunioni!

Gioventù, come questa, qua in Messico abbonda in tutte le classi della Società: e di questo stampo sono i Coopreatori.

In un nostro collegio giacevano gravemente ammalati di tifo tre alunni artigiani. Si attedeva da un momento all'altro la catastrofe. Il medico di casa, uomo di fede e di scienza, lottava con tenacia ammìrabile per strappare alla morte quelle umili esistenze. Egli ama i nostri artigianelli come se fossero suoi figli, e voleva ad ogni costo salvare quelle tre tenere vite che la terribile epidemia stava per mietere. Lottò, lottò con costanza, sacrificando interessi, riposo, tutto; ma vinse e potè ridonare al Collegio i tre piccoli orfanelli.

L'ultima visita che fece ai convalescenti, fu visita d'amore; chiamò il Direttore della casa e, condottolo in disparte, gli consegnò sorridendo un piccolo involto e: - Prenda, gli disse, son cento scudi che promisi a Maria Ausiliatrice se mi otteneva la guarigione dei tre ammalati! Ora è tempo di compiere la promessa.

Il Direttore rimase intenerito... voleva parlare, ma non potè; aveva un nodo alla gola... e non potè ringraziare che con le lagrime.

DALL'ISOLA DI MALTA.

Ci scrivono

Preceduta dal Mese Mariano con predicazione quotidiana e da un triduo solenne, la Festa di Maria SS. Ausiliatrice a Sliema (Malta) ebbe quest'anno un'impronta di grandi. solennità.

Già il 24 maggio si era tenuta la conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane da Monsignor Can. Luigi Prof. Farrugia, Direttore Diocesano, che rievocò la missione del Ven. D. Bosco specialmente con la diffusione della buona stampa.

Il 2 giugno ebbe luogo la festa alla quale parteciparono varii esimi ecclesiastici fra cui Mons. Can. A. Vella, Rettore del Seminario, che con molto frutto predicò il triduo e celebrò la Messa della comunione generale; il rev.mo P. L. Tonna-Barthet, Provinciale dei MM. CC. che celebrò la Messa solenne, il rev.mo P. J. Sammut S. I. Rettore del Collegio S. Luigi, che tessè una splendida orazione panegirica, e Mons. Can. Prof. E. Vassallo che tenne un bel discorso nel pomeriggio, prima della processione e impartì la Benedizione Eucaristica. Alla messa solenne intervennero anche molti' marinai inglesi delle navi da guerra. Fu eseguita scelta musica con piena orchestra e numeroso coro.

Ma quello che più commosse fu lo slancio con cui la soave immagine di Maria Ausiliatrice fu portata in trionfo per le vie adiacenti all'Istituto S. Patrizio. Vi presero parte l'Oratorio salesiano di Sliema coi suoi vari Circoli e bandiere, l'Istituto S. Patrizio con Banda, i Soci della « Iuventutis Domus, numeroso Clero, una lunga schiera di fanciulli e bimbe di distinte famiglie spargenti fiori dinanzi alla Vergine, mentre intorno alla statua, portata a spalla dai Soci della « Domus » facevano ala d'onore i giovanetti della e Salesian Boys' Brigade » e un gruppo di eminenti amici e benefattori dell'Opera Salesiana. Seguivano in fila lunghissima le Dame dell'Associazione di Maria Ausiliatrice con medaglia, cantando lodi e recitando preghiere, e dietro veniva una gran folla di popolo devoto. Dai balconi era un continuo cader di fiori e di cartelli policromi con motti e versi inneggianti a Maria. Prima che la processione avesse termine, tutti i giovani dell'Oratorio, schierati dinanzi alla Chiesa, cantarono in coro proderoso un inno alla Vergine accompagnato dalla Banda.

A sera illuminazione, fuochi e concerti musicali e il dì seguente solenne Messa di Requiem per i soci defunti dell'Associazione di Maria SS. Ausiliatrice.

Nella stessa domenica, a Birchircaca (Malta), celebrò la messa della Comunione nella Chiesa dell'Oratorio Salesiano il rev.mo sig. Decano del Capitolo, e circa 300 giovanetti si accostarono alla Sacra Mensa. Alla Messa solenne celebrata dal rev. sig. Can. Schembri della Valletta, tessè i trionfi di Maria sull'eresia il sac. Ceraulo. La schola cantorum, oltre la Messa, eseguì mirabilmente l'Ave Maria del Cuoconato con accompagnamento di orchestra.

La sera un popolo immenso si riversò nell'ampio cortile dell'oratorio, sfarzosamente addobbato, per la processione. Ufficiava il rev.mo Prevosto, che alla fine impartì la Benedizione col Santissimo. La festa fu allietata dalla banda dell'Isituto San Giuseppe di Hamrum gentilmente offerta dal direttore D. Giorgio Bugea e dall'orchestra di Birchircara. Fantastici giuochi pirotecnici posero fine alla bella festa, che lasciò profonda impressione nel cuore dei fedeli, divoti di Maria SS. Ausiliatrice.

Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente.

Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario-Basilica di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno nel Santuario avremo questa intenzione generale:

Ricorrendo la festa di Maria SS. della Mercede, o della redenzione degli schiavi, supplicheremo fervidamente la nostra piissima Madre ad affrettare la redenzione di tutti i Popoli ancor sepolti snelle tenebre della superstizione e delle barbarie.

GRAZIE E FAVORI

« Come posso ringraziarti, o Maria? » (*)

Oggi compiesi un mese che a Milano mi facevano un'operazione all'occhio destro ammalato per lento, pericoloso glaucoma, prodottosi da parecchio tempo, senza dolori e con pochi sintomi esterni. Si credeva fosse effetto nervoso, e pel debole mìo fisico e pel maggior indebolimento dopo forti emicranie periodiche. Ma nel gennaio u. s., più frequenti e più gravi apparvero i disturbi, sicchè impressionatesi le sorelle al par di me, si ricorse all'arte medica sul serio. Però io energicamente mi rifiutai alla parola di assoggettarmi ad un'operazione; e piuttosto mi dissi pronta a rinunciare al dono della vista!... Raccapriccio nel fare tal confessione; ma in quei giorni non potevo capacitarmi altrimenti. In fine le insistenze de' miei cari, e di altri che vivamente m'incoraggiavano, mi determinarono a fare una novena alla cara Madonna Ausiliatrice, che terminai proprio nel mattino temuto tanto. Ricevetti con gran fede la SS. Eucaristia... ed oh! pro digio! mi trovai così serenamente calma, da meravigliarne; e contenta obbedii! Grazie alla cara Madonna, riuscì tutto bene, quando si scoperse anche all'occhio sinistro un attacco, per cui mi si disse necessario operare anche questo. Non mi opposi, però volli attendere qualche giorno prima di subire la nuova operazione ed ecco che la Vergine Ausiliatrice, la cui immagine tenevo sempre con me, mi guarì perfettamente. Con sorpresa dei professori, il mio occhio sinistro, da sè, tornò come per incanto in stato normale.

Sesto Calende, 27 marzo 1912.

TERESA Zocchi.

Brescia. - La nostra mamma è guarita prodigiosamente per grazia di Maria SS. I medici che la curavano, sempre dichiaravano il suo caso grave, per l'età un po' avanzata e per l'esaurimento estremo d'ogni sua fibra vitale. Ora sta bene, proprio bene, è guarita, mangia e digerisce benissimo, meutre prima non digeriva neppure un cucchiaio di brodo. È stata sofferente a letto più di tre mesi, e per altri tre mesi sempre ammalata, quantunque rimanesse alzata qualche poco. Le nostre angoscie furono infinite, ed ora, per bontà di Maria Ausiliatrice, innalziamo un inno di viva riconoscenza.

Gennaio 1912.

Famiglia Ghio.

Torino. - Il 18 luglio u. s. mi ammalai gravemente di tifo e dopo pochi giorni fui minacciata di meningite. La scienza era impotente a salvarmi ed io mi trovava ornai in punto di morte, allorché fu donata alla mia famiglia l'immagine di Maria Ausiliatrice. Subito si incominciò una novena colla promessa della pubblicazione della grazia sul Bollettino Salesiano.

Adempio ora alla promessa, e con tutto cuore ringrazio la Vergine di D. Bosco della grazia ricevuta.

marzo 1912.

CATERINA CORDERO.

Cremeno. - Un grazie di cuore a Maria SS.ma Ausiliatrice. Da circa 4 anni ero molestata da un male alla gola che mi recava non poco disturbo nel mio ufficio d'insegnante: e l'incomodo si aggravava e mi angustiava sommamente. Ricorsi con fiducia alla Vergine Ausiliatrice implorando la guarigione: ed ecco che il male si è arrestato, per cui in rendimento di grazie, fiduciosa di ottenere l'intera guarigione, mando un'offerta al Santuario di Valdocco e prego di far noto il favore da me ottenuto.

7 febbraio 1912.

Maestra GIUSEPPINA CAMBI.

Sirone (Brianza). - Il 24 febbraio del corrente anno cadde gravemente ammalato il mio unico figlio Giuseppe, diciottenne, colpito da una polmonite doppia complicata col tifo. In due giorni fu ridotto in fin di vita; i due medici che l'assistevano scrupolosamente mi avevano tolto ogni speranza della sua guarigione. Disperata, mi rivolsi a Maria Ausiliatrice scongiurandola di salvarmi il figlio. Confidando in Lei sola, m'inginocchiai con Mio marito, le figlie e tutti i presenti, incominciai la novena con fervore; e Maria SS. mi ascoltò; il giorno dopo il caro Giuseppe cominciò e poi continuò a migliorare ed ora è fuori di pericolo.

Ti ringrazio, o Maria, tu sei il conforto dei tribolati, l'aiuto nostro in ogni bisogno della vita.

24 marzo 1912.

La Coop. RADAELLI SPREAFICO STELLA.

Catania. - Da molti anni ero afflitta da una malattia che diveniva sempre più pericolosa. I medici da me consultati erano tutti d'un parere e mi dicevano la stessa frase: « È assolutamente necessaria un'operazione ». Or s'immagini quale effetto producevano queste parole in me che sono madre di sei figli quasi tutti fanciulli, e che avevo la certezza di non superarla. Col cuore angosciato, ma pieno di fede, ricorsi alla pietosissima Madre Maria Ausiliatrice. Scrissi all'Oratorio di Torino per incominciare secondo la mia intenzione una novena ed io mi diedi a pregare la Madonna con quanto più fervore potevo.

Ed ecco che la dolcissima Madre non permise che io restassi delusa e volle esaudirmi, sebbefie povera peccatrice, indegna di grazie. I medici non mi dicono più che ci vuole l'operazione, ed io col cuore traboccante di riconoscenza grido al mondo intero che a Maria Ausiliatrice non si ricorre invano.

Gennaio 1912.

ROSARIA LA ROSA.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti

A*) Acireale : Superiora Coll. B. P., io - Acqui : Guido Caratti, 25 - Adro : Teresa Della Torre, 7 - id.. N. N., 3- Alba : Rosa Appendino -id.: Borgno Giovanni, 5 -Alessandria : Chiarina Collo, 5 - Alfiano Natta: Teresa Scagliotti, 3 -id. :-Teresa Sereno n. Imarisio, 3 - Alice Castello Francesca Massaro, so. id.: Giuseppe Ocleppo, 2. - id.: Angela Ravetto. 2 - Arcore :Luigia Lovati -Arezzo : Ardina Brunetti Albergotti-Avigliana Leonilda Castagno - id. : M. M. F., 8 - Avigliano: M. F.

B) - Bagnara di Romagna : F. M., 3 - Bassano Matilde Sciviero, i - Bastida Pancarana : Sac. Giov. Massone, 5 - Benevagienna: D. G. B., 5 -Bibbiana: Ramello Maria, 2,50 - Biella: Erniene Marchetti - Bollano : Carlo Santini, 4 - Bologna Fernanda Manzini, 5 - id.: T. T. Stoppani, io - Bolzaneto : Angela Rossi, 5 - Bompietro : D. Calogero Pepe, io - Borgomanero: N. N., 5-id.: G. V. - id.: Cristina Ruga, 2 - Borgomasino : Stefano Bosco, 15 - Borgotaro: Giulia Conti e Margherita, io - id.: Luisa Gasparini - Boves : Margherita Allasia, 5 - Breno : Antonia Duoli m. Gelfi, io - Brescia : N. N., 50 - Bricherasio : Silvino Galeri, 5 - Bronte : Vincenzo Rizzo fu Luigi, 25 - Brusasco : Maria Bruno, i - Brusson : Giuseppe Favre, 2 - Bussoleno : Ernesto Bertone, 5.

C) - Cagliari : Vincenzo Viale Zedda e figlia, 3 - Cagnola : B. O. L., 5o - Calasca : Rachele Ghisole, zo - Calciavacca : Carlo Danielli e consorte, 5 - Calizzano : Luigi Canonero e Serafina Patrono, coniugi, io - Caltanisetta: Paolino Garubba, 5 - Caltavuturo : Mariannina Micciancio Castellana, 2

*) L'ordine alfabetico è quello delle città e dei paesi cui ap partengono i graziati.

-- Campomolino : Marco Santusi, i - id.: Antonio Santuz,-3 id. :Maria Setten-Peri, 2-Cantavenna Giovanni Sciotto, 2 -- Capodimonte : Maria Gerosa ved. Ceresetti, 5 - Capriata d'Orba: N. N., 2 -Caresana : R. G., io - Caramagna : Agostina Giuganino - Carnale Inferiore : Carlo Beretta, 5 - Carpenedolo : Cavalli Maria, 5 - Carpi : Can. Ferdinando Righi, 2 - Casa bianca : G. L. 6,50 - Casacastalda: Ginesio Beassi, 2 -Casale Monf.: G. B. - - Caspoggio : Adolfo Marucchi, 2 - Castel San Pietro : Giuseppina Spinoglio, 5 - Catania : Giuseppe Fichera Torresi - Cavedine : Lucia Travaglia ved. fu Rinaldo, 5 - Cento : D. L. G., 2,50 - Chiari : Teresina Olmi, 5 - Chieri : Giustina Musso, 5 - Chiesina Uzzanese : Bice G., - Chivasso Coniugi Cena, io - Chiusa di Pesio : Caterina Peluttiero, 5 - Cittadella : Anna Rossi Ziliotto, 3 - Coggiola : Mariannina Ubertalli, 5 - Colle : Silvia, 5 - Como: Camilla Gario, 3 - Corciago : D. Carlo -Bonelli - Cortenova Valsassina : Ch. Lazzaro Acquistapace- id. : G. T., 5 -Costigliole : M. L. 5.

D) - Demonte : Margherita Verra, io - Desio Sartina Arienti, 5 - Dogliani : Rosa Smeriglio, 35 - Domodossola : Defendente Pellanda, io.

E) -- Emarèse : D. P., io.

F) - Ferrara : A. C., 5 - Fobello : Severino Falcione, 30 - Foglizzo : Antonio Zanolo e Consorte, 16 - Fonteno : Amodio Bertoletti, 2 - Frossasco : A. G., 5.

G) - Gaiarine : Maria Santuz, 4 - Gaiole in Chianti : M. S., 5 - Gallico : Rosa Bacchetta, 2,50 -- id.: Carolina Cristina, 2,50 - Genova : Emilio Ruggeri, 5 - id.: Maria Gemma Pedemonte - Gerenzano : N. N., io - Giaveno : Francesca Cariatore - Gioiella : A. C., i - Glaris : D. Gaetano Giacomini, 4 - Gressan : D. Luigi Decaroli, 5 - Gubbio: Veronica Bebi, 5.

I) - Isili : Efisia Fatta, 2 - Ivrea : Luigia Levrio.

L) - Lanusei : Marianna Lai Stocchino, 5 - Leontica : Maria Beretta e Vincenzo Tochini coniugi --- Lesignana: C. B., io - Locana: Maria Pianetti, 5 - Lodivecchio : Pietro Acquistapace, 5 --- Longastrino : Teresa Barroncini, 5 - Lugaggia Prof. P. Antonini, io - Lugano : Giuseppe Gilardi, 5 - Lusernetta : Angelo Oddino, 15,5 - Lusia : D. Luigi Mioglio, 3.

M) -- Madonna di Campagna (Torino): Maria Trivero - Madonna dell'Olmo (Cuneo) : Maria Ferrero, 2 -- Mantova : Giovanni Gabrielli, io - Marano (Ticino) : Lena Schietti, 1,5o - Marano Vicentino : Angela Fioretti, 5 - Mede : N. N., 25 -Milano : Sofia Fumagalli, 2 - id. : Angioletta Torre ved. Sabbiano, io - Modena : Maria Botti, i - Modica : Serafino Vanella di Dr. Francesco, 2 - Mombello : Giovanna Cerutti - Mombercelli Francesca Barbero , 3 - Montale Celli : Adele Boveri -- Montorso: Luigia Burin, 12 -- Morello Rosa Giaccone, 5 - Morgex : Zaccaria Chàtel, 5 - Mortara : Sorelle Pagani, 5.

N) -Napoli : Sebastiano Piccione, 2 -Negarine Lorenzo Vantini, 2 --Negrar : Fortunato Donatoni, 2 - id.: Jone Fedriga, 3 - Nicastro : Baronessa Anna Nicotera, io-Nizza Monf.: N. N. 3.

O) - Oleggio : Rosa Lepori, io.

P) -- Padova : Sirio tacchi, 2 - id. : Virginia Furlan Piazzi, 2 - Palestro : Francesco Calvi, io -Palmanova : Ferruccia Dentesano M. Ciatti, 2 - Parigi : Maria Boffa, io - Paysandú (America): Suor Serafina Ballostro, 5 - Parona Lomellina Giovannina Collidasone, 5 - Pisa : N. N. - PoiTino: Domenica Serra, 4 - Pollegio : Giovannina Imperatori, io - Pontecasale : Bettino Turri, io - Ponte Chiasso : N: N., 2,50 - Pozzengo : Cawilla Guazzotti, io.

R) - Recoaro: Maria Cirello Malesani, io - Regalbuto : Fichera Marianna, 16 - id. : Carmelina Olinda, io - Rivoli : N. N., 5 - Roccasecca : P. Filippo Corona, 5 - Roccaverano : Silvina Amighetti, 3 - Roma : Vittoria Baldi - Ronsecco : I. C.

S) - Saluggia: Lucia Bosio, io - Sampierdarena : Rita Guassardo, io - S. Daniele del Friuli Ch. Emilio Patriarca, io - S. Germano Monf.: Maria Caprioglio - S. Lorenzo di Parabiago : D. Giacomo Bianchi, 18 - S. Martino di Venezze Suor Maria Serafina Bonvento, i - S. Rocco (San Sebastiano Po): Domenico Viano, 2 - S. Salvatore Monf.: Carolina Camerati, 2 - id.: Pietro Tizzani, io - S. Sebastiano Curone : L. N. io - S. Severino Marche: D. Giuseppe Splendori, 5 - Sant'Anna Pelago : Emilio Bernardi, 5 - S. Lucia di Piave : Maria Barozzi, 5 - Saint-Christophe Adele Roullet, 15 - Satini-Vincent: N. N., 5 - Sarrano : Calcagnoli Carlo Maria - Sassorosso Albina Lenone, 5 - Savona : Giuseppe Damonte - Scaldasole : Lena Drisaldi, 3 - Scarnafigi : Francesca Gallo - Sedrina : Rosa Sonzogni, 2 - Serravalle Scrivia : Filotea Aragone - Spigno Monf. Damasina Becchino, 2 - Strona : Anselmina Boero, 5.

T) - Thiene : Pellegrino Dal Prà, 2 - Tonengo Angela Grua - Torino: N. N., 5 - id.: N. N., 2 - id.: N. N., 40 - id.: A. M. R. - C. A., io id.: C. B. - id.: G. L., 5 - id.: Emilia Biglino - id.: Celestino Calvi, 5 - id.: Felicina Vittorie- id. Maddalena Palmero, 3 -id.: Margherita Albesiano Vola, 50 - id.: Maria Luino - id.: Giovanni Tessiero 5 - id.: Rosa Pasquino - id.: Luigia Marchisio n. Rattoia, io - id.: Ludovico Parena, 5 - id.: Aldo Ivaldi, 2 - id. Ferrari Cesarina - id.: Carolina Clot, io - id. Giuseppe Farina - id.: Giulio Vercello, io - id.: Francesca Torre - id.: Sorelle Gilardi - id.: Gilio Luigia - id.: Vittoria Ferrando, 5 - id.: Lovazzano Eugenio, 3 - id.: Cristina Albano - Torre S. Giorgio : Giovanni e Pietro Marchisio, 8 - Tortona : Luigi e Carmela Legè, 5 - Trivero : M. C., 3 - Troina : Marietta Maccarone m. Russo, io.

V) - Valdinizza: Maria Pochintesta, 3 - Valle Inferiore Mosso : Mario Perrone, 5 - Varazze Maria Del Ponte Fazio, 5 - id. : Bianca Fazio, 5 - id.: Colomba Berrino, 5 - Verrès : N. N. - Vertova : Sorelle Paganesi, 3 - Vezza d'Alba: Secondo Pasquero, 1o - id.: Teresa Cavallotti - Vicenza : Emilia Corrado, i - Vicoforte : Pietro Pallavicini, 5 -- Vittoria (Malta): L. C., 25-Villadossola A. B., 2 - Villanova (Mondovì) : Ambrogio Andrea. 10.

NOTE E CORRISPONDENZE

Ringraziamenti.

Seguendo le tradizioni paterne, i Direttori dei nostri Oratori ed Istituti, sul finir dell'anno scolastico, guidarono le lunghe schiere dei loro alunni ad amenissime gite, a titolo di premio e di svago.

Ad esempio, gli alunni dell'Oratorio di Valdocco-Torino, interni ed esterni, furono condotti in due giorni distinti, alla città di Pinerolo; - quelli del Collegio S. Carlo di Borgo S. Martino, per Casale, Vercelli, Santhià e Biella, si recarono in pellegrinaggio al Santuario di Oropa ; quelli dell'Istituto S. Ambrogio di Milano pellegrinavano al S. Monte di Varese; gli alunni dell'Ospizio di S. Vincezo de' Paoli a S. Pier d'Arena, giunti in tram a Pontedecimo, per S. Cipriano e Serra, toccavano il passo dei Giovi; - i 140 giovani dell'Istituto S. Giuseppe di Modena si recavano a Sassuolo e di là alle Terme della Salvarola, donde si sparsero per le erte cime di Montegibbio, Montegigatto, Nirano, ed alcuni più arditi si spinsero fino a Montebaranzone; - quelli dell'Istituto S. Apollinare di Ravenna andavano a Cesena; - e finalmente (tronchiamo per non fare l'elenco dei collegi) i 25o alunni del Convitto Salesiano di Caserta, si portavano a Napoli, ospiti della Pia Casa Arcivescovile dei Sordo-Muti.

La carità però e le gentilezze con cui tutti vennero accolti da egregi Cooperatori, Cooperatrici e da altre esimie persone, tra cui andrebbero ricordate in prima linea molte Autorità Ecclesiastiche e Civili, esigono che noi, con cuore memore e grato, ripetiamo ad esse pubblicamente l'espressione della più viva riconoscenza.

CONFERENZE.

A Como, la mattina della domenica 21 luglio, nell'insigne prepositurale di S. Fedele, si raccolsero, oltre i divoti parrocchiani, buon numero di Cooperatori e Cooperatrici, dietro invito di quel Direttore diocesano « per udire - scriveva l'Ordine - dal labbro di uno dei generosi figli del Ven. D. Bosco le glorie del grande riformatore e restauratore sociale che consacrò tutta la sua vita per guadagnare anime a Cristo ». Il Conferenziere fu il sac. Lorenzo Saluzzo, direttore dell'Istituto S. Ambrogio di Milano, il quale dopo aver detto delle benemerenze dell'Opera di D. Bosco « dimostrò come facilmente si debba divenire Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, per poter godere di immensi benefici spirituali, e cooperare al bene che si compie su così vasta scala non solo in Italia, ma in tutto il mondo ».

Si tennero pure conferenze salesiane in più centri della Calabria, e precisamente a Gioiosa Marina, Roccella, Caulonia, e Gioiosa Superiore, - a Gerace Superiore con intervento dell'Ecc.mo Vescovo Mons. D. Giorgio Delrio, del rev.mo Capitolo e del Seminario; a Palizzi Marina; e a Bova Superiore alla presenza dell'Ecc.mo Mons. Pugliatti e del rev.mo Capitolo. Vivi ringraziamenti ai rev.di Parroci, decurioni e Direttori, che si adoperarono per queste iniziative.

A Va!docco.

La domenica 4 agosto, IX° anniversario dell'Elezione di S. S. Papa Pio X, si celebrò nel Santuario di Maria SS. Ausiliatrice una solenne funzione di ringraziamento con supplici preghiere secondo le intenzioni del S. Padre.

Assisteva alla cerimonia, insieme con tutti i giovani dell'Oratorio, la nuova associazione delle Madri cristiane, inauguratasi in quel medesimo giorno nel Santuario. Le inscritte, che già oltrepassano il centinaio, avevano ricevuto poco prima dalle mani del rev.mo Curato la splendida medaglia-distintivo, coniata appositamente.

Era pur presente uno stuolo della nuova Sezione Operaia Cattolica di Maria Ausiliatrice, che vanta anch'essa numerosi Soci.

Il Santuario era gremito.

Dopo il canto dell'inno del ringraziamento impartiva la benedizione il rev.mo nostro Rettor Maggiore D. Albera.

Tra i figli del popolo.

TORINO - L'Oratorio di S. Giuseppe, a Borgo S. Salvario, è il caro asilo di più centinaia di giovanetti, che visi vanno felicemente educando alla virtù, alla pietà, ed al sentimento religioso.

I vari circoli e compagnie che vi fioriscono, esercitano infatti un semplice ma costante ed attivo apostolato. Degno di speciale encomio il Circolo XV Maggio.

Per la generosità di alcune anime buone e zelanti più di ioo giovani la domenica 7 luglio, preceduti da un'armoniosa fanfara, erano condotti ad una splendida gita di premio all'amenissima città di Rivoli.

TREVIGLIO - Pellegrinaggio giovanile. - Accolti da molta popolazione e dalle bande di Stozzano e di Grumello al Piano circa 400 giovani dell'Oratorio S. Carlo di Treviglio giungevano il 7 luglio al Santuario di Stezzano. Erano partiti di buon mattino in tram speciale fatti segno alla più viva ammirazione. Al Santuario la schola cantorum eseguì una messa in musica e vari motteti con fine interpretazione.

Alle 12 una lieta refezione riunì tutti i gitanti sui prati erbosi circostanti il Santuario; ed alle 15.30 sulla piazza maggiore di Stezzano, la squadra ginnastica « Trivilium » dava ottimo saggio, applaudita con entusiasmo dalla popolazione. La Banda di Castel Cerreto, che faceva parte della comitiva eseguì anch'essa applauditissima pezzi scelti di musica.

Il ritorno si effettuò sui convogli tramviari e quindi percorrendo in corteo le vie principali di Treviglio.

SAVONA. - La la domenica di luglio i giovani dell'Oratorio Salesiano festeggiavano San Luigi Gonzaga. Al mattino in numero di circa 250 si accostarono alla S. Comunione: ed alle 10 gli ascritti al Circolo S. Luigi si radunavano nuovamente in chiesa per l'offerta dei fiori al loro Patrono dopo il canto dell'inno ed un fervorino detto dal Direttore.

Nelle ore vespertine - dopo corse podistiche e diversi giuochi - si compì la solenne processione alla quale presero parte il Circolo S. Giovanni Berchmans, il Circolo Operaio S. Giuseppe ed il Circolo Studenti S. Luigi; seguiva il Clero con la reliquia e la statua del Santo, portata per turno dai giovani studenti e dagli operai; quindi le bandiere dei due Circoli e numerose e devote persone tra cui alcune benemerite cooperatrici dell'Oratorio.

Rientrata la processione disse il panegirico il dott. D. Alessandro Luchelli, Direttore del Collegio Municipale di Alassio, e seguì la benedizione. A notte rappresentazione drammatica, indi fuochi ed illuminazione.

- La domenica seguente alle ore 6.15 tutti i giovani partivano alla volta di Ferrania, ospiti del senatore Marchese De Mari, che mise a loro disposizione il grandioso parco e i foltissimi boschi. Accolti festosamente dal suono delle campane e dal clero locale, entrarono subito in chiesa, dove ascoltarono la Messa e si accostarono numerosi alla S. Comunione. Il Direttore rivolse loro una viva esortazione a fuggire i cattivi compagni e a tener alto sempre e dovunque il vessillo della Religione.

Seguì la colazione, poi corse podistiche.

A mezzogiorno fu servito un eccellente pranzo; indi tutti si sparsero a riposare all'ombra amena dei faggi e delle quercie.

Alle funzioni religiose della sera tenne dietro, dopo un'animatissima gara al foot-ball una buona merenda, finchè rientravano ordinatamente ed allegramente in città alle 20.30.

NOVARA. - La « Voluntas » dell'Oratorio festivo salesiano, invitata dallo zelantissimo Vicario di Biandrate, prese parte al convegno giovanile cattolico che colà si celebrava e lo rallegrò con saggi ginnastici.

S. E. Rev.ma Mons. Valfrè di Bonzo, Arcivescovo di Vercelli, che presiedeva il Convegno, volle intrattenersi con i baldi giovani ed ebbe per loro parole di lode e di incoraggiamento, mentre il rev.mo sig. Vicario fregiando la bandiera della società con medaglia vermeil, spronava i soci a tener sempre alto il prestigio della società loro.

Riuniti in agape fraterna, rallegrata dalla banda locale, i giovani inneggiarono calorosamente a S. E. Mons. Arcivescovo e al sig. Vicario ed ai buoni Biandratesi per la gentile e festosa accoglienza.

PISA. - La mattina della domenica 23 giugno una quarantina di giovani della Turris nella loro elegante montura sportiva partivano per una gita in bicicletta alla volta di Lucca. Giunti alle Molina di Quosa e ricevuti con molta festa dalla nobil Contessa Maria Pozzo di Borgo e dal Parroco Paoli e gran folla di popolo, ascoltarono con edificante contegno la S. Messa e fatta colazione servita dallo stesso Parroco e dalla signora Contessa, proseguirono per Lucca. Visitata la città, facevano ritorno alle Molina, ove li attendeva un buon desinare,

Il Parroco e tutta la nobile famiglia Pozzo di Borgo andarono a gara nel servire la mensa agli allegri giovani. Tra i canti e gli evviva brindarono il signor Curato, il conte Matteo e il Direttore dell'Oratorio Salesiano: un giovanetto lesse una poesia d'auguri alla Contessa Jenny della quale ricorreva l'onomastico. Levate le mense, i giovani poterono scorrazzare nell'ampio bellissimo parco ed alle 16 partirono alla volta di Pugnano, ove li attendeva alla sua villa il nobile sig. Manfredo Roncioni colla sua famiglia.

Visitando l'incantevole parco giunsero al laghetto ed una barchetta li trasportò ad un isolotto, ove tra la folta boscaglia... insidiosamente li attendeva un servo in elegante livrea, che a tutti servì un abbondante rinfresco.

Ritornati alla villa Pozzo di Borgo i giovani filodrammatici rappresentarono alla presenza della nobile famiglia e numerosi invitati una bella commedia in 3 atti.

Pieni di ammirazione e di riconoscenza per il cordiale nobile trattamento ricevuto, sull'imbrunire, in perfetto ordine i bravi giovani fecero ritorno all'Oratorio e quindi alle loro famiglie.

NAPOLI. - All'Oratorio Salesiano al Vomero si celebrò la festa di S. Luigi Gonzaga, la domenica 23 giugno.

Accrebbe lustro la presenza di Mons. Carlo Pietropaoli, vescovo di Trivento, il quale, ricevuto dal direttore , dai giovanetti e dalla banda dell'Istituto, volle celebrare la S. Messa alle 9 1/2, tenne un commovente fervorino ed amministrò la santa Comunione.

Terminata la S. Messa i giovanetti si ritirarono in cortile dove ebbe luogo la colazione, e a due a due si presentarono a baciare l'anello a Mons. Vescovo, il quale con amorevolezza corrispondeva all'ossequio con immagini e biscotti.

Nelle ore pomeridiane ebbe luogo la processione, bella per l'ordine, l'elegante semplicità e le armonie dei cori accompagnati dalla banda. Quando si fu di ritorno in Chiesa, il sullodato Mons. Pietropaoli tessè un dotto e piano panegirico, e la funzione si chiuse con la Benedizione.

Per i giovanetti vi fu ancora una commediola in due atti e la distribuzione di dolci.

LUGANO. - L'Oratorio festivo maschile di Lugano ha voluto commemorare il suo 1° decennio di fondazione con un'Accademia, un Concorso ginnastico internazionale, una grande Lotteria di Beneficenza con Festa dei fiori, e Gare di tiro al Flobert.

Le feste s'inaugurarono il 23 giugno, solennità di S. Luigi. Dopo di aver benedetta una nuova statua del Santo, cantò messa il rev.mo Can. Mons. Giuseppe Antognini. Nel pomeriggio vi fu processione solenne e quindi accademia Commemorativa, nella quale canti, suoni, declamazioni, e un breve saggio di gara catechistica si fusero in una gentilissima corona alla stupenda conferenza sugli Oratori detta con splendore di forma e squisita genialità di concetto dal chino Cav. Avv. Carlo Bianchetti, conferenza che speriamo di pubblicare.

Piacque assai anche il resoconto morale del 1° decennio dell'Oratorio, letto dal direttore D. A. Redaelli. Dopo averne ricordato la fondazione, a cui sono legati, fra altri, i nomi del Vescovo Mons. Molo e del Can. Primavesi, disse delle trasformazioni avvenute per adattarsi alle esigenze ed allo spirito dei tempi. Accenna ai mezzi di cui si vale l'Oratorio per attirare a sè l'amore dei giovani; la musica che ha tanta parte nel culto esteriore; il cinematografo che tanto ferisce l'immaginazione dei giovani; il teatro che educa gli animi nel mentre diverte; la buona stampa e la biblioteca circolante che invogliano i giovani allo studio; la ginnastica che fortifica il corpo; la Cassa di Previdenza che educa l'animo al risparmio, distogliendolo così dall'accontentamento di capricci inutili e talvolta pericolosi; i quali mezzi sono tanto necessari al giorno d'oggi in cui il cinematografo, la stampa, il teatro soli troppo spesso cause di corruzione pei giovani. Conchiude con vivi ringraziamenti ai benefattori e parole d'incoraggiamento agli alunni.

Nei giorni 28-29-30, con esito felicissimo si svolsero le altre parti del grandioso programma dei festeggiamenti. La domenica 30 giugno Mons. Antognini celebrò messa campale per le 54 società ginnastiche intervenute al Concorso. Ben trenta bandiere circondavano l'altare eretto nel piazzale dell'Oratorio. Fu un sol fremito di commozione quando nella dolce armonia di fede e di patria si rinnovarono le grandi note dell'inno elvetico, suonato con maestria dalla brava fanfara dell'Oratorio, e dopo l'elevazione la musica intonò il salmo svizzero sempre bello nella sua patetica solennità!

Nel pomeriggio, imponentissimo il corteo di tutte le società, nei loro costumi smaglianti, seguite da parecchi corpi musicali, con a capo la Civica Filarmonica.

Notizie varie.

In Italia.

ROMA. - I Parrocchiani di S. Maria liberatrice, in numero di 6oo, ebbero l'onore di prostrarsi la domenica 30 giugno ai piedi del Papa.

Per la prima volta, - leggiamo nel Corriere d'Italia del il luglio - le rappresentanze delle Associazioni cattoliche del Testaccio hanno attraversato a bandiere spiegate e al suono di allegre marcie le vie del quartiere.

Il fatto nuovissimo ha riempito di giubilo i cattolici del Testaccio.

A piazza S. Marta attendevano le associazioni femminili e il comitato parrocchiale composto di più di rio padri di famiglia. Formatosi il corteo, per la via delle Fondamenta giunse al cortile di S. Damaso e poi alla sala del Concistoro, appena sufficiente per contenere quella folla di popolo. Alle 11,40 il S. Padre, accompagnato dalla sua nobile anticamera e salutato da entusiastici applausi, fece ingresso nella sala.

Appena il Sommo Pontefice si assise sul trono, il parroco D. Olivares lesse il seguente indirizzo:

« Beatissimo Padre, con cuore commosso e fidente, come le turbe s'accalcavano intorno a Gesù, così questo popolo si stringe oggi intorno a Voi, Vicario di Lui.

» Sono le Associazioni cattoliche della Parrocchia di S. Maria Liberatrice al Testaccio: il Comitato parrocchiale, il Circolo della gioventù cattolica, il concerto di S. Maria Liberatrice, la squadra ginnastica Excelsior, la rappresentanza delle Scuole e dell'Oratorio dei Salesiani, la Congregazione del Sacro Cuore colle Madri cristiane, le Figlie di Maria, il Circolo femminile S. Maria Liberatrice, la Pia Unione della Divina Provvidenza, la rappresentanza delle Scuole e dell'Oratorio delle Suore della Divina Provvidenza, la rappresentanza del Giardinetto di Maria, del Dopo-scuola e dell'Oratorio delle Suore di Maria Ausiliatrice e infine parecchi membri della Conferenza di S. Vincenzo e della Compagnia delle Dame di Carità.

» Siamo venuti, Beatissimo Padre, a ringraziarvi dell'augusta benevolenza colla quale, lo sappiamo, Vi degnate confortarci nel quotidiano lavoro a tutela della nostra fede e a conquista di fratelli al regno di Dio, e insieme a protestarvi filiale, sincero, profondo affetto, congiunto ad illimitata, cordiale ubbidienza.

» Le gioie e i dolori Vostri sono pure nostri: ogni Vostro desiderio è comando per noi. Sopratutto nella preghiera ai piedi dell'Altare, e sotto gli sguardi pietosi di Maria Liberatrice, Regina del Testaccio, noi sentiamo d'amarvi e Vi invochiamo le grazie più belle che figlio possa desiderare al padre.

» E voi, Padre Santo, ci benedite: e sia robustezza di fede, celeste profluvio di speranza, alito divino che ci implorate da Dio, a noi, alle nostre famiglie, a tutto il Testaccio ».

Il S. Padre si degnò rispondere compiacendosi innanzi tutto col Parroco. per il gran numero di rigogliose istituzioni sorte nella parrocchia; si congratulò poi con tutti i presenti e li spronò ad assecondare l'opera dei Salesiani ed a mostrarsi in tutte le occasioni cattolici ferventi e praticanti.

Ad udienza terminata il Parroco presentò le Dame della Conferenza di S. Vincenzo, con la loro presidente Marchesa Maria Antonietta Spinola, e i presidenti del Comitato parrocchiale sig. A. Pace e del Circolo giovanile sig. A. Ciriaci. Quest'ultimo umiliò al S. Padre alcune copie di Vita Nova, periodico mensile di propaganda edito dal Circolo e che è gratuitamente diffuso con ottimi frutti nel popoloso quartiere.

Frenetici applausi scoppiarono nuovamente, allorquando il S. Padre rientrò nei suoi appartamenti.

Era presente anche il cav. Romeo Santini, che fu uno dei primi a portare la buona semente nel quartiere Testaccio, che ha luminosamente dimostrato d'essersi messo con generosissimo slancio pel sentiero della vita cristiana.

VARAZZE. - La festa della distribuzione dei premi agli alunni del Collegio Civico, svoltasi il 15 luglio u. s., fu allietata dall'intervento della parte più eletta della cittadinanza e da numeroso stuolo di famiglie forestieri, presenti nella gaia cittadina per la stagione balneare. Dopo il canto di un inno, prese la parola l'on. Longinotti, il quale - scrive Il Secolo XIX di Genova - « seppe tenere, per circa un'ora, l'intelligente uditorio incatenato in una ascoltazione severamente religiosa!.... Premette di aver aderito di portare la sua modesta parola in questa annuale solennità. - altre volte onorata dall'elegante periodare di F. Crispolti e dall'argomentare serrato dell'on. Meda - per rendere omaggio alla venerata memoria del Salesiano Carlo Maria Baratta, che, dopo la madre, gli prodigò le affettuose cure migliori. L'oratore che, a questa commovente rievocazione, si accalora gradatamente, passa a trattare del cristianesimo e della benefica influenza di questo sul movimento sociale, esplicantesi ìn due importanti fenomeni storici, dei quali l'uno esorbita dai confini della patria, e l'altro ci appassiona in quest'ora di trepidanza per l'esito delle nostre armi. Con lucida sintesi espone la irrimediabile rovina delle teorie economiche, in guerra dichiarata a tutto quanto sa di religione, a base di violenze e di agitazioni incomposte, mentre esalta l'efficacia pratica di una sana morale, infervorata al Cristianesimo che, attraverso i secoli, ha sempre alimentato la face della ragione e che, anche ai nostri giorni, deve esplicare la sua azione incomparabilmente benefica per intervenire a regolare quel divin moto degli uomini che si chiama il lavoro.

» Continuando di questo tono, a traverso ad una smagliante varietà di concetti, che non è possibile riassumere in brevi ed affrettate note di cronaca, il simpatico conferenziere viene a concludere il suo dire inneggiando ancora al Cristianesimo, che chiama il lievito d'ogni opera buona ed il sale di ogni migliore progresso.

» Applausi fragorosissimi coronano la chiusa del felice discorso, detto con ammirevole accento di convinzione: e quindi il prof. Viglietti, direttore del Collegio, fa la relazione dell'anno scolastico, mettendo in chiara luce i crescenti progressi dell'Istituto e gli ottimi risultati ottenuti anche in quest'anno tanto negli esami di licenza tecnica quanto in quelli di licenza ginnasiale. E l'attraentissimo saggio si chiude colla distribuzione dei premi ».

All'Estero.

ALESSANDRIA D'EGITTO. - La domenica 21 luglio inauguravasi nell'Istituto Don Bosco un'esposizione didattico-professionale. Compì la cerimonia il cav. G. Dolfini, reggente il Consolato generale; ed alla cara festa assistevano, col fior fiore della colonia italiana, il comm. dott. Valensin bey, il comm. dott. A. Torella, il comm. G. Dégiardé, il dott. C. Canaveri, il dott. Tozzi-Condivi, il prof. Balboni, il prof. Fichera, i sigg. A. Mafera, A. Piattoli, S. Scocimara, G. Muscianise, ecc., ecc.

Gl'intervenuti, colpiti dal bell'insieme dei lavori esposti, ne ammirarono la perfetta esecuzione ed ebbero parole di elogio per loro e per il personale insegnante.

Destò speciale interesse la mostra dei lavori scolastici e di disegno eseguiti dalle due sezioni, studenti e artigiani.

« Mentre la banda suonava scelti pezzi di musica - scrive il Messaggere Egiziano - terminò la visita dei lavori...

» Al vermouth d'onore, il direttore dott. D. Argeo Mancini spiegò, con brevi parole, lo scopo della piccola esposizione...

« Il cav. Dolfini a nome proprio e della colonia, espresse il suo compiacimento, la sua soddisfazione e fece i più caldi e sinceri auguri per l'avvenire dell'istituto.

- La domenica appresso, 28 luglio, si tenne l'accademia di chiusura dell'anno scolastico. L'ampio cortile, prescelto per la cerimonia, era affollato di autorità, signore e signori.

La marcia reale e l'inno kediviale salutarono l'ingresso del cav. Dolfini e del vice-Governatore di Alessandria; quindi un coro a 4 voci riempì l'aria di dolci armonie.

Esordì il direttore dell'Istituto con un discorso di circostanza, ed a lui tennero dietro i giovani alunni, con canti, suoni e declamazioni di prose e poesie e dialoghi, ben portati e applauditissimi, intrammezzati dalla distribuzione dei premi, medaglie e libri, offerti dal R. Governo d'Italia, dal Console, e da varie Società ed egregi benefattori.

SARRIA-BARCELLONA. - Le Figlie di Maria Ausíliatrice celebrarono nel giugno u. s. il XXV° del loro Collegio di Sarrià. Le feste durarono tre giorni, e furono allietate dalla presenza della rev.ma Suor Caterina Daghero, Superiora Generale dell'Istituto.

Il S. Padre inviava all'Ispettrice Suor Chiarina Giustiniani una speciale benedizione con suo venerato autografo; e il nostro Superiore sig. D. Albera delegava il Prefetto Generale D. Filippo Rinaldi a rappresentarlo. Le solennità cominciarono il 1 giugno; ebbero il loro culmine il giorno 2 con intervento delle ex-allieve, solenni funzioni religiose e grande accademia musico letteraria; e si conchiusero il giorno 3, nella cripta del S. Cuor di Gesù sul Tibi Dabo, presenti tutte le suore ed alunne del Collegio, la Superiora Generale e le direttrici di tutte le Case di Spagna.

NECROLOGIO

S. E. Mons. Pietro Balestra.

Nato in Molini di Triora nel 1841, ricco di forte ingegno e di rara virtù, entrò giovanissimo nell'Ordine dei Minori Conventuali, ove coprì importantissime cariche. Parroco per molti anni a S. Francesco d'Albaro in Genova, Vescovo di Acqui nel 189o, poi Arcivescovo di Cagliari, ovunque lasciò il più vivo desiderio di sé. Modello di padre e pastore, era stimato ed amato da tutti; e la sua morte piombò molti cuori nel pianto.

Memori dell'altissima benevolenza che l'eminente Prelato ebbe sempre per tutte le Opere di D. Bosco, noi gl'invochiamo da Dio la gloria ed il premio delle anime sante!

S. E. Mons. Gioachino Cantagalli.

Si addormentò placidamente nel Signore il 13 agosto u. s. in età di 87 anni. Era il decano dei Vescovi dell'Emilia.

Nato a Faenza il 18 agosto 1825, nel 1876 era eletto Vescovo di Cagli e Pergola della s. m. di Pio IX, e nel 1884 veniva traslato da Papa Leone XIII alla sede vescovile della sua patria.

Dotato di singolare attività, di larghe vedute, di tempra adamantina, di zelo instancabile per il Divin Culto, per l'esaltazione della Chiesa e per la salvezza delle anime, visse la vita più laboriosa raccogliendo ampi manipoli di opere sante. Noi abbiamo perduto nel venerando Prelato, un Padre, un protettore!

Iddio misericordioso e la Vergine Ausiliatrice donino all'anima sua la più pronta, la più ampia, la più bella mercede!

Teol. D. Giov. Battista Banchio.

Canonico onorario del Capitolo Metropolino, moriva repentinamente nel Seminario di Torino la mattina dell'8 luglio u. s., dopo una vita intieramente consecrata all'istruzione degli alunni del Santuario ed al bene spirituale di varii istituti religiosi. Dotto, pio, caritatevole, mai si rifiutava di predicare, ammaestrare, consigliare, e di fare del bene.

Per noi e per l'Oratorio di Valdocco nutriva, un affetto vivissimo. Il Signore gli doni la meritata mercede.