BS 1910s|1912|Bollettino Salesiano Maggio 1912

ANNO XXXVI - N. 5   Torino, Via Cottolengo, 32   MAGGIO 1912

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO

SOMMARIO: Il Santuario di Maria Ausiliatrice . 129 Per il monumento di D. Bosco 131 GIOIE DI FAMIGLIA: Nozze d'oro Sacerdotali di Mons. Cagliero e di due altri figli di D. Bosco . 132 In memoria di D. Beltrami    136 Tesoro spirituale . . 137 Alcuni fatti ascritti all'intercessione di D. Bosco . 138 DALLE MISSIONI : Terre Magellaniche: Folk-lore fueghino: gli indi Hauss: gli indi Yagan - In fascio   . . .   . .   142

IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Pel 24 corrente - Avvisi e raccomandazioni - La novena consigliata da D. Bosco - Grazie e graziati . . 149

NOTE E CORRISPONDENZE: Reverenti omaggi - A Valdocco - Tra i figli del popolo - Notizie varie: in Italia, all' Estero    154

Il Santuario di Maria Ausiliatrice (1)

LE più gloriose reminiscenze e le più dolci speranze gli fanno corona. Esso si eleva nella valle, che i nostri padri intitolarono « degli uccisi », (vallis occisorum), perchè quivi è tradizione, che i Santi Martiri Avventore ed Ottavio sul finire del secolo III° versassero il sangue per la S. Fede Cattolica. Questo è perciò un terreno cosperso del sangue dei martiri, e quindi favorito dal cielo di speciali benedizioni, come attestano i molti e veramente ammirabili istituti di carità che lo circondano, fra i quali il colosso della piccola Casa della Provvidenza, e come ci fa fede l'Oratorio qui attiguo, ove sono da 700 giovani che vi ricevono educazione cristiana ed i quali salveranno almeno una parte della crescente generazione dal naufragio della incredulità e della scostumatezza.

» Questa nuova chiesa inoltre porterà il titolo glorioso di Maria Auxilium Christianorum. E chi è di noi, fratelli cari, che non si senta il cuore rallegrato dalle più dolci speranze in pensare che quivi sarà uno dei luoghi, dove Maria apre i tesori delle sue misericordie ? I discepoli di Gesù Cristo hanno sempre riposte le loro speranze nella protezione della Madre del loro divino Maestro, e da Lei si aspettarono e ricevettero mai sempre ogni aiuto che loro fosse necessario : e Maria mostrò sempre mai d'essere l'ajuto dei cristiani, Auxilium Christianorum.

» A Maria infatti ricorreva il Pontefice S. Gregorio M. e in grazia di Lei Roma era liberata dal flagello di orribile pestilenza. A Maria si rivolgevano i cristiani di Costantinopoli tutte le volte che ebbero a combattere coi Turchi, e sempre vinsero, finchè essi stessi non consumarono la loro ribellione contro del Vicario di G. C. A Maria pregarono i cristiani della Linguadoca, guidati dal valoroso e pio Monfort, contro i feroci Albigesi, e riportarono una piena vittoria. A Maria fece appello il Pontefice S. Pio V, quando i Maomettani con una flotta immensa si avanzavano furibondi contro la nostra Italia, e la vittoria delle navi cristiane fu così piena, che gran numero di bandiere turche furono offerte a Maria nella sua chiesa del Campidoglio; e d'allora in poi per decreto della S. Sede Maria venne sempre salutata Auxiliumn Christianorum. A Maria supplicarono i nostri padri in quei tre mesi di angoscie che durò l'assedio dì Torino nel 1706, e che portentoso ajuto ne ottenessero ce lo dice la stupenda basilica di Superga, che incorona i nostri colli e la processione generale che facciamo nella Natività della B. V. A Maria presentammo anche noi le nostre suppliche, or son quasi ;o anni, quando il morbo asiatico mietendo a centinaja e migliaja le vittime nelle città vicine, già cominciava a darci dei colpi della sua falce; e la colonna, che si ammira innanzi al Santuario della Consolazione, dice a tutti che assistenza prodigìosa ci sia stata fornita.

» Però fra gli innumerevoli e soavissimi ricordi, che abbiamo dell'aiuto dato da Maria ai cristiani, ve n'è uno che sempre ci riempie di meraviglia tutte le volte che lo richiamiamo alla mente, ed è quando il Pontefice Pio VII contro ogni aspettazione se ne ritornò a Roma a sedere sul trono di S. Pietro dopo una lunga ingiustissima prigionia. Deh che giorni di prova e dolore furono mai quelli per i cristiani! Il Padre comune, strappato violentemente dalla sua Sede, gemeva da cinque anni sotto la tirannia di un imperatore scaltro e potente, il quale voleva costringerlo a tradire la Chiesa. Tutti pregavano la gran Donna che ha schiacciato il capo al serpente infernale di assistere il Sommo Pontefice in una lotta così terribile: e il buon Pio VII non cessava di abbandonarsi nelle mani della Regina de' Cieli, onorandola specialmente nella sua marmorea immagine del Santuario di Savona. E Maria diede nuove prove di essere il nostro ajuto. Imperocchè tutto ad un tratto cadde la potenza colossale di Napoleone I, fondata come era su l'orgoglìo ed una politica di sangue, e il Vicario di G. C. in mezzo all'esultanza universale ritornò alla sua Roma: ove, in rendimento di grazie alla sua celeste protettrice, decretò che ogni anno il dì 24 maggio, anniversario di quel suo ìnaspettato ritorno, fosse consacrato a Maria sotto il titolo di Auxilium Christianorum.

» Ma, e non sono anche giorni di prova e di prova terribile i giorni presenti? Ah ! purtroppo Satana, mentre adopera tutte le sue arti per distruggere la Chiesa e con essa sovvertire ogni ordine, e riuscito ad ingannare sì gran numero di gente, che dai più non si vede l' abisso, in cui stiamo per rovinare. Si fa guerra a Dio, al suo divin Figliuolo Gesù, alla sua Chiesa, ed al suo Vicario. Dirò meglio, si fa guerra a qualunque virtù, alla giustizia, all'umiltà, all'obbedienza, al pudore: si fa guerra a qualunque sia dìritto e dovere di marito e sposa, di genitori e figli, di proprietarii ed operaj, si vuole rinnegare ogni massima, ogni principio, ogni verità. Sì desidera il caos, e si vorrebbe con sacrilega ed empia baldanza disfare tutto ciò che fece il sommo Iddio per rifare ogni cosa secondo i capricci dell'orgoglio e della libidine.

» Chi ci salverà? Maria, fratelli miei, la quale è sempre il nostro ajuto. Maria, che ha salvato il nostro caro ed immortale Pio IX, Maria che in questi tempi a Roma, a Parigi, alla Salette, a Vicovaro, a Rimini, ed ora a Spoleto con nuovi portenti, ci invita a pregarla, essa ci salverà.

» Apriamo dunque il cuore alla speranza, fratelli miei, Maria è con noi, se noi mettiamo ogni fiducia nel suo ajuto : e se Maria è con noi, noi siamo certi, che la Religione, la Chiesa, il Pontefice, e con loro l'ordine pubblico e la civile società, hanno da trionfare » .

(1) È un regalo che nel mese di Maria SS. Ausiliatrice facciamo quest'anno ai lettori.
La sera del 27 aprile 1865, compiutasi la cerimonia della benedizione della pietra angolare del gran tempio che D. Bosco aveva stabilito di erigere in Valdocco ad onore della Beata Vergine - cerimonia che si svolse in forma solenne, con intervento di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia, duca d'Aosta, circondato da molti ragguardevoli personaggi - il zelantissimo Canonico LORENZO GASTALDI, poi Arcivescovo di Torino, teneva un eloquente discorso nella Chiesa di S. Francesco di Sales, prima del canto dell'inno del ringraziamento. Per gentile attenzione di un illustre ecclesiastico, si conserva nei nostri archivi il manoscritto autografo del discorso, e di questo offriamo ai lettori la conclusione.

Per il Monumento a D. Bosco.

La proposta dell'On. Micheli, accolta con unanime applauso dal 1° Congresso Internazionale degli Ex-Allievi degli Istituti Salesiani - di erigere in Torino sulla Piazza Maria Ausiliatrice un Monumento a D. Bosco, da inaugurarsi nel 1° Centenario della sua nascita, 16 agosto 1915 - come va raccogliendo le più calde simpatie in ogni parte del mondo, così ha destato il più sincero entusiasmo in molti nobili personaggi Torinesi, sempre pronti a farsi promotori di ogni buona iniziativa ad onore del grande Apostolo della Gioventù o a vantaggio delle sue Opere.

Infatti la sera della domenica in Albis, 15 aprile u. s., sotto la presidenza di S. E. Paolo Boselli, 1° Segretario di Sua Maestà il Re nel Gran Magistero dell'Ordine Mauriziano, e del Senatore barone Manno, si riunirono nell'Oratorio parecchi illustri signori, fra i quali notavansi Mons. Condio, il comm. Molli, l'architetto prof. Mario Ceradini e il prof. ing. Caselli della Real Accademia Albertina di Belle Arti, i consiglieri comunali March. Corsi e prof. Gribaudi, l'ing. Bairati del R. Politecnico di Torino, ecc. ecc., per costituire il Comitato Esecutivo dell'ideato Monumento.

Erano pur presenti all'adunanza il Prefetto generale dei Salesiani D. Filippo Rinaldi, l'avv. Mazzotti di Faenza, ed altri membri del Consiglio direttivo della Federazione degli Ex-allievi di D. Bosco.

L'on. Micheli, il conte Tornielli di Crestvolant, il conte Olivieri di Vernier, l'ing. Migliore, l'avv. Fino, ed altri inviarono la loro adesione.

Dopo breve relazione del presidente cav. prof. Gribaudi sui lavori del Comitato Promotore, seguì una interessante discussione intorno ai criteri e le modalità del concorso pel monumento e l'appello per la sottoscrizione.

S. E. l'on. Boselli, dopo aver rievocato con affettuose parole la memoria di Don Bosco, si dichiarò spiacente - per le sue molteplici occupazioni - di non poter accettare cariche che importassero lavoro effettivo, pur dichiarandosi lieto di porsi a disposizione del Comitato per tutto quell'appoggio morale di cui poteva disporre. In seguito a questa dichiarazione, all'unanimità, vennero eletti a presidente del Comitato Esecutivo il senatore Manno, ed a vice-presidenti mons. Condio, il marchese Corsi e il conte Celestino Tornielli di Crestvolant; ed alla Presidenza venne affidato il mandato di completare con nuovi membri il Comitato stesso.

Il Comitato poi, mentre procederà quanto prima alla formazione del Comitato Internazionale d'onore e del Comitato italiano, ha già compiuto ogni pratica per la pubblicazione del Concorso Internazionale pel progetto del Monumento, ed ha approvato l'Appello che verrà pubblicata nelle lingue principali, redatto dall'illustre Marchese Crispolti.

I nostri alunni improvvisavano a S. E. Paolo Boselli un'ossequiosa dimostrazione di riconoscenza al suo uscire dall'Oratorio; e l'illustre uomo, rispondendo ad un breve saluto che gli diresse il cav. prof. Gribaudi, fattosi interprete delle acclamazioni dei giovani, rivolse a questi nobili e cristiane parole d'incoraggiamento ad approfittarsi degnamente della fortuna di crescere alla scuola di D. Bosco.

GIOIE DI FAMIGLIA

Le Nozze d'Oro Sacerdotali di Mons. Giovanni Cagliero E DI DUE ALTRI FIGLI DI DON BOSCO

IL 14 giugno 1862, sabato delle Quattro Tempora, da Mons. Balma, Vescovo titolare di Tolemaide, erano ordinai Sacerdoti i diaconi D. GIOVANNI CAGLIERO e D. GIOVANNI BATT. FRANCESIA, che all'indomani celebravano la prima messa nell'Oratorio di S. Francesco dì Sales in Valdocco, il primo per la Comunione generale, il secondo solennemente. Nel pomerìggio vi fu accademia sotto i portici in loro onore. Musiche, canti, componimenti in poesia ed in prosa, applausi frenetici resero testimonianza dell'affetto e della stima degli alunni per i neo-sacerdoti. Il Chierico Berrutì, ora Vescovo di Vigevano, incomincìò un suo complimento a D. Cagliero col testo: Dedi te in lucem gentium ut portes nomen meum usque ad fines terrae : e fu un vero presagio del futuro, benchè inspirato dallo zelo del festeggiato, e della preminenza che egli aveva sempre avuto fra i compagni.

Nel medesimo giorno, ordinato dall'Arcivescovo Mons. Charvaz in Genova, saliva per la prima volta all'altare un altro levita, che Iddio riserbava all'umile Società Salesiana, il sacerdote D. GIOVANNI BATTISTA LEMOYNE.

Tre adunque sono i figli di Don Bosco, che il 14 giugno p. v. celebreranno le Nozze d'oro sacerdotali; tre figli illustri che efficacemente concorsero, cìascuno con impronta propria, ad accrescere le glorie del Padre.

Giovanni Cagliero, conterraneo del Venerabile, da cui attinse l'amore fervido per la gioventù, che rapita dal suo franco carattere, dall'innata sua giovialità, dalla sua destrezza in tutto, ne beveva avidamente i consigli e ne seguiva con slancio gli efficaci incoraggiamenti, divenuto Dottore e maestro di Teologia, Maestro e Compositore di musica, Oratore facondo, Direttore spirituale della Pia Società e dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nel 1875 quando D. Bosco gli propose di guidare all'Argentina il primo drappello di Missionari Salesiani, era legato da tanti impegni, che sembrava non potesse assolutamente accettare. Invece non oppose alcuna difficoltà, e partì.

Fu provvidenza. Compiute parecchie fondazioni in America, egli tornava a Torino nel 1877 portando con sè una così giusta conoscenza di quelle terre, che divenne il fido consigliere di D. Bosco nella direzione e nello sviluppo delle iniziate Missioni; finchè elevato nel 1884 da Papa Leone XIII alla dignità vescovile, egli tornava in persona a dirigere l'espansione salesiana nel Nuovo Continente e sopratutto l'opera ardimentosa dell'evangelizzazione della Patagonia, che nel breve giro di cinque lustri divenne una splendida realtà. E questa fu l'impresa più gloriosa di Mons. Cagliero.

Noi vorremmo ricordare le date più memorabili di una tanta conquista, e - in questa circostanza - pur tacendo le fatiche sostenute dagli eroici missionari che lo coadiuvarono, ripetere le tappe più gloriose della vita pastorale di Monsignore. Vorremmo cominciare dall'apostolico viaggio da lui compiuto nel 1887 lungo le sponde del Rio Negro e su su fino alle Cordigliere, ove cadde disgraziatamente di sella in un passo pericolosissimo rompendosi dolorosamente due coste, ma rimanendo mirabile esempio di coraggio e di fede; quindi enumerare una ad una tutte le altre escursioni tra quelle infelici tribù, i cui fieri Cacichi curvarono anch'essi la testa non doma dalla spada sotto la sua mano pastorale, versante su di essi, al cospetto dell'argentee cime delle Cordigliere, le acque rigeneratrici del S. Battesimo... Ma basta osservare il risultato finale.

O Patagonia, terra un dì sì triste esclameremo noi pure con un nostro poeta;

Car.mo D. Cagliero,

Fate quello che potete: Dio farà quello che non possiamo noi. Confidate ogni cosa in Gesù C. Sacramentalo e in Maria Ausiliatrice, e vedrete che cosa sono i miracoli.

13 novembre 1875. Sac. Giovanni Bosco.

Dalla lettera consegnata dal Venerabile a Don Cagliero al porto di Genova, nel momento della partenza dei primi Missionari Salesiani.

L'Apostolo della Patagonia.

chi ti menò sì presto a civiltade ?

Il poeta è il vecchio poeta di sessant'anni fa - il caro Don Francesia - il quale volendo far omaggio all'antico Condiscepolo, celebrante il suo Giubileo d'oro di Sacerdozio tra la comune letizia dell'Antico e Nuovo Continente, ricordando i meriti del valoroso Apostolo della Patagonia, non seppe far meglio che pubblicare un poemetto in sei canti dal titolo: La Patagonia Cristiana ; egregio lavoro, da cui traspare un'alta ammirazione per Don Bosco che iniziò e promosse l'impresa, per Mons. Cagliero che la diresse e per tutti i generosi che ne sostennero le eroiche fatiche (1).

E la terra del Fuoco, e il Magellano

han veduto i miracoli d'amore,

che un popolo selvaggio torna umano adora come noi Gesù Signore!

Abbandonato l'arco, egli lavora

con l'aratro la terra e col piccone tra suoi campi posò dolce dimora nè vive sol di caccia o pescagione: cucisce, sega, batte ferro e legno, anche qui ferve lavorio d'ingegno.

Dal mar alle nevose Cordigliere,

dal Rio Negro allo stretto Magellano, della Terra del Fuoco alle riviere, al ciel volteggia il labaro cristiano!

La Patagonia è libera, e sicura pensa ai trionfi dell'età ventura!

Io vi saluto col più santo affetto

o CAGLIERO, Fagnano, Costamagna, che con coraggio e col più forte petto trascorreste quell'arida campagna!

chè quella Terra ricondotta a Cristo

è di Don Bosco il più glorioso acquisto.

E Mons. Cagliero non si ritirò dal lavoro, dopo aver acquistato alla Chiesa ed alla civiltà gli immensi Territori della Patagonia.

Promosso alla Dignità Arcivescovile, Egli fu Visitatore Apostolico delle Diocesi di Bobbio, Savona, Tortona e Piacenza, e quindi eletto Delegato Apostolico ed Inviato Straordinario della S. Sede alle Repubbliche del Centro America, delicato ufficio che ricopre tuttora con sempre maggior prestigio del nome di D. Bosco.

E Don Bosco, lo spirito di D. Bosco, la missione di D. Bosco, la gloria di D. Bosco, fu ed è in ogni istante il pensiero e la vita di Don Giovanni Battista Francesia.

Dotato di forte ingegno, egli percorse brillantemente la carriera degli studi e fu il primo

dei salesiani che si laureò in lettere alla R. Università di Torino.

Della sua cultura parlano le molte composizioni drammatiche in versi latini (1), e la lunga serie di scritti, agiografici la maggior parte,

pubblicati a vantaggio della gioventù e del popolo cristiano..

Del suo zelo dicono le tante Missioni ed Esercizi spirituali dettati, e le continue predicazioni sostenute.

Il 21 gennaio 1892 egli teneva in presenza del Card. Parocchi una conferenza salesiana ai Cooperatori di Roma, e poichè dopo la funzione l'Em.mo Principe gli diceva in tono di congratulazione e di domanda: - Bravo Professore! Ella è anche oratore! - Eh! son quasi cento prediche (rispondeva) che ho già fatte di quest'anno!

- Come, di quest'anno?

- Sì, Eminenza.

- È forse Missionario Apostolico?!

- Oh! no, Eminenza, ma sono figlio di Don Bosco!

- Eppure, se non è Lei Missionario Apostolico, chi può meglio di Lei portarne il nome?...

E dire del suo amore alla gioventù non è facile! Direttore fin dal 1869 a Cherasco, poi a Varazze, quindi al Collegio Valsalice, e in fine all'Oratorio di Valdocco in Torino, Ispettore delle Case Salesiane del Piemonte e della Lombardia, come ebbe ed ha sempre sul labbro il nome e gli esempi di Colui che fin da giovanetto riconobbe per un uomo straordinario, un inviato dal Signore, così egli sa di Don Bosco ricopiare il grande amore alla gioventù, e sa farsi da essa sinceramente amare. In qual modo? Facendosi tra i giovani piccolo come D. Bosco.

Oh! il fascino che esercita sul cuore di D. Francesia il nome e il ricordo di D. Bosco! Il lettore potrebbe capirlo, venendo a conoscere quale idea egli abbia ed abbia sempre avuto di quel nostro buon Padre. Ecco un accenno. Nel 1867 Don Francesia fu compagno al Venerabile in un suo viaggio a Roma, e in quei giorni scrisse molte lettere dall'eterna città, tutte riboccanti di squisito affetto, che si conservano come preziose memorie nei nostri archivi. Ebbene in una lettera, indirizzata a D. Rua, egli scriveva:

Stamane (domenica 10 febbraio 1867) a San Pietro vi è una magnifica funzione per la beatificazione del Ven. Benedetto da Urbino, cappuccino. Io vi andrò. Non so se D. Bosco potrà venire. Ad ogni modo andrò a vedere quello che avranno forse a vedere i nostri nipoti di una persona che noi conosciamo benissimo. Ancorchè desideri di vederla io stesso, non invidio però tale consolazione ai posteri. A loro la festa, a noi la persona! a loro la storia, a noi le sue stesse azioni e parole! Sono questi ed altrettanti i pensieri che mi nascono a tal proposito in mente, mentre ti scrivo e mi sento proprio tutto il cuore in movimento. Iddio ci esaudisca!...

*

Il terzo che celebrerà le sue Nozze d'Oro è il sacerdote D. Giovanni Battista Lemoyne, il biografo di D. Bosco.

Son otto grossi volumi di Memorie paterne

- l'ultimo apparve di questi giorni e conta più di mille e cento pagine! - che egli ha già pubblicato in edizione extracommerciale, cioè riservata alle Case Salesiane. Se non questi, i lettori conoscono il suo primo volume della Vita di D. Bosco, edita per il pubblico, anzi vivamente ne reclamano il secondo, che insieme col IX ° volume delle accennate Memorie è in preparazione e verrà quanto prima alla luce. A D. Lemoyne toccò adunque in sorte l'onore di accrescere cogli scritti la gloria del nome paterno.

La sua ascrizione alla nostra Pia Società, ebbe qualcosa di singolare.

« Io - attesta egli nel Processo Ordinario per la Causa di Beatificazione di D. Bosco - nel 1864 era sacerdote secolare da due anni e sentiva una propensione ad aggregarmi a qualche ordine religioso. Ma non sentiva inclinazione per nessuno di quelli che io conosceva. Mi era stato intanto descritto D. Bosco, come un santo, ma non sapeva che si fosse accinto all'istituzione di una Pia Società! Venni a Torino per trovarlo nel mese di luglio; ma egli era assente dalla città; e quindi ritornai a casa mia a Genova. Nel settembre, l'ultima domenica, trovandomi a Belforte, paesello presso Ovada, pregai nella Cappella della Madonna, per conoscere la volontà di Dio a mio riguardo. Sul destarmi al mattino seguente, sentii una voce chiara all'orecchio che mi diceva: Va a Lerma! (paesello distante un'ora di cammino da Belforte) e troverai D. Bosco! Si noti, che io non aveva mai udito che D. Bosco dovesse venire in quella regione. Celebrai quindi la S. Messa, pieno di questo pensiero; ma temendo che fosse effetto di fantasia, partecipai la cosa ad un caro ed intimo amico, il quale mi disse: O sogno o non sogno, andiamo a Lerma, interroghiamo il Parroco. Colà portatici, con nostra grande meraviglia veniamo a sapere che realmente D. Bosco era aspettato fra pochi giorni. Infatti D. Bosco arrivò, conferii con lui...»

E singolare fu quell'incontro. Don Bosco, fissatolo con sguardo amorevole, lo richiese del nome e della patria, quindi gli disse:

- Ebbene... venga con me a Torino.

- E perchè no? - rispose D. Lemoyne, affascinato dalla bontà del Servo di Dio.

D. Bosco per allora non gli disse di più.

Senonchè l'Arciprete di Lerma lo volle a mensa a lato di Don Bosco, che lo intrattenne a lungo sull'Oratorio di Torino e sui mezzi da usarsi per salvare la gioventù da tanti pericoli. Il giovane sacerdote era tutto assorto nell'ascoltare, e ad un tratto disse al Venerabile:

- Io verrei tanto volentieri con lei a Torino, se mi accetta.

- Ma con quale intenzione verrebbe?

- Con quella di aiutarlo in quel poco che posso.

- No! - lo ammoniva D. Bosco - le opere di Dio non han bisogno dell'aiuto degli uomini!

- Ebbene io verrò, e Lei mi dirà ciò che dovrò fare.

- Venga unicamente per far del bene all'anima sua!

- Ed io farò così!

E mantenne la promessa. Dopo D. Alasonatti, D. Lemoyne fu il primo sacerdote che entrò nella Pia Società Salesiana, della quale non tardò ad intuire l'ampiezza di missione che le destinava la Divina Provvidenza.

Da pochi giorni egli era all'Oratorio e Don Bosco - la sera del 22 ottobre 1864 - raccontava uno dei suoi tanti « sogni » profetici a tutta la comunità, dopo le orazioni.

Ritiratisi i giovani, rimasero col Servo di Dio due sacerdoti, tra cui Don Lemoyne.

- Ebbene! - esclama Don Bosco con bontà e semplicità paterna - sentiamo che cosa dice Don Lemoyne di quello che ha udito?!

- Son d'avviso - questi risponde - che la Pia Società Salesiana ha da diffondersi in ogni parte del mondo!

- Che cosa dici?! - lo interrompe l'altro sacerdote, che pure era cresciuto nell'Oratorio. - Un tempo Don Bosco non aveva nulla, ed ora... abbiamo un Istituto così fiorente a Torino, un Collegio a Mirabello, un altro Collegio a Lanzo... una gran Chiesa in costruzione.... Che possiamo aspettarci di più?

Se io non fossi certo, - rispondevagli D. Lemoyne -che l'avvenire della Pia Società Salesiana è quale io penso, me ne tornerei subito a casa mia!

E rimase fermo nel suo proposito, sempre coll'occhio fisso a D. Bosco, di cui prese a registrare giornalmente ogni fatto ed ogni detto degno di memoria.

Nè da ciò desistette gli anni in cui fu Direttore del Collegio di Lanzo, poi delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Mornese e a Nizza Monferrato, anni in cui diede alla luce pur tanti ameni volumi e numerosi drammi e commedie ad istruzione e diletto della gioventù. Sempre, quale ape industriosa, egli proseguì nella raccolta incominciata, restando sorpreso molte volte di trovarsi eventualmente all'Oratorio o presso D. Bosco, quando questi diceva o faceva qualche cosa di straordinario. Che meraviglia, se eletto nel 1883 Segretario Generale della Pia Società, e tornato a Valdocco, ove assunse e ritenne per circa dieci anni la redazione del Bollettino Salesiano, divenisse il più intimo col Venerabile, e potesse poi esporne con tanta competenza e con tanta ricchezza di documenti la Vita e le Memorie?

*

Questi sono i tre figli di Don Bosco, ai quali la divina Provvidenza concederà di gustare per i primi quelle intime gioie, che - nonostante tanti voti e tante preghiere! - non ebbero la fortuna di godere nè Don Bosco, nè Don Rua.

Insieme coi voti e gli auguri nostri, li accompagnino i voti fervidi di tutti i Cooperatori, mentre noi ripetiamo loro con gìoia l'augurio che D. Francesia fa a Monsignor Cagliero

Il Sìgnore Vi conservi ancora in multos annos alla nostra venerazione e al nostro esempio, e vi faccia vedere molti e molti vostri confratelli, che ammirando le vostre imprese, sentano nel loro cuore il desiderio di seguirle, di uguagliarle almeno, giacchè sarebbe difficile arrivare a superarle. »

(1) Scuola Tip. D. Bosco S. Benigno Canavese, 1912; un elegante fascicolo di 120 pagine.

(1) É uscito or ora un nuovo dramma: Euplius, in tre atti ; dettato con freschezza di colorito ed eleganza di frase meravigliosa.

In memoria di D. BELTRAMI

IL Servo di Dio D. Andrea Beltrami, della nostra Pia Società, del quale si sta ultimando nella Curia Vescovile di Novara il Processo Ordinario per la Causa di Beatificazione ebbe il 24 marzo u. s. in Omegna, sua patria, una degna commemorazione. Promossa dal Clero locale - particolarmente da quel zelante Prevosto - quasi a corona della Visita Pastorale e della Sacra Missione predicatasi con gran frutto nella Chiesa Parrocchiale, essa riuscì un commovente omaggio alle virtù dell'illustre cittadino di Omegna.

Nel teatro dei PP. Missionari del S. Cuore - leggevasi nel Momento di Torino - con l'intervento di Mons. Giuseppe Gamba, Vescovo di Novara, di D. Paolo Albera Superiore generale dei Salesiani di D. Bosco, del Teol. D. Giulio Barberis del Consiglio Superiore della Pia Società Salesiana, di Mons. Callerio della Cattedrale di Novara, dei fratelli del commemorato, capitano Giulio, ing. Luigi, industriali Giuseppe e Giovanni, sorella sig.a Ilda e di molti parenti; della rappresentanza dei frati minori di S. Francesco di Ornavasso, del Clero e del Vicariato omegnese, degli Istituti delle figlie di Maria Ausiliatrice di Omegna e di Crusinallo, di parecchi consiglieri comunali e di uno stuolo di cittadini, ebbe luogo la solenne commemorazione tenuta dal Sac. prof. Stefano Trione. Il quale, con brillante e facile parola, presentò a grandi tratti le linee caratteristiche della santità del commemorato, mettendone sopratutto in rilievo l'eroismo nelle lunghe sofferenze, le chiare doti di scrittore educativo, e l'amore intenso per la sua patria e per la Società Salesiana, cui apparteneva.

» La commemorazione fu coronata da fragorosi applausi.

» Ottenne pure un vivissimo successo un'eletta composizione poetica, detta dal prevosto teologo Roberto Geri come introduzione.

» Il Salesiano Don Felice Giulio Cane diede poi comunicazione di parecchie adesioni, fra le quali applauditissime quelle dei superiori ed alunni dei collegi di Lanzo Torinese, Foglizzo Canavese e Valsalice, dove il Beltrami passò gran parte della sua vita. Rievocati quindi alcuni ricordi personali, D. Cane aggiunse che la popolazione di Omegna che si mostra così grata alla memoria di D. Beltrami ne sarà compensata dall'onore che le verrà da tutto il mondo per la fama del suo santo cittadino. Le commosse e patriottiche parole ottennero un largo compenso di applausi.

» Don Albera ringraziò quindi a nome della Società Salesiana la famiglia Beltrami di averle fatto un regalo così prezioso: fa rilevare agli omegnesi quale tesoro di virtù civili e cristiane abbiano posseduto nel loro concittadino: si augura che esse abbiano un riconoscimento solenne e possano essere proposte autorevolmente alla imitazione. Le parole del venerando Successore di D. Bosco sono accolte con profonda simpatia manifestatasi in un applauso calorosissimo.

» Infine Mons. Gamba, riassumendo il pensiero dei precedenti oratori e il voto comune degli omegnesi e di tutta la diocesi, plaude alla memoria del santo figlio di D. Bosco che propone a modello dei giovanetti dell'Oratorio festivo e si augura che quanti presenziano alla Commemorazione possano un giorno assistere ad un'altra e più solenne celebrazione delle virtù del Commemorato, sancita dalla sapienza della Chiesa ».

Il sig. Don Albera, nel giungere ad Omegna, fu alla casa dei Beltrami-Manèra per riverire i venerandi genitori e visitare la camera dove il Servo di Dio celebrò più volte la S. Messa e sofferse una malattia mortale; nella qual visita era stato poco prima preceduto da S. E. Rev.ma Mons. Vescovo di Novara.

Nè mancò il nostro Venerando Superiore di recarsi al Camposanto ove, numerosa, lo seguì spontaneamente la popolazione.

Detto un De Profundis sulla tomba di D. Andrea, D. Albera prese la parola per ricordare agli astanti come su quella tomba si fosse prostrato anche D. Rua; ricordò le virtù del loro pio concittadino; disse com'essi avessero in custodia un sacro deposito, invidiato da tutti i figli di D. Bosco, e in fine li esortò a recarsi sovente su quella tomba per inspirarsi dagli esempi dei pio sacerdote a vivere da buoni cristiani, e specialmente per imparare da lui la rassegnazione in ogni grave difficoltà della vita.

Per la circostanza, a cura del Clero di Omegna, fu pubblicato un bel Numero Unico, ricco di notizie edificanti.

A S. E. Mons. Gamba, al sig. Prevosto e a tutto il Clero di Omegna, ai RR. PP. Missionari ed ai giovanetti dell'Oratorio, che eseguirono scelta musica, a quanti cooperarono alla riuscita della bella Commemorazione, i nostri sentiti ringraziamenti.

TESORO SPIRITUALE

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'Indulgenza Plenaria:

ogni mese:

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza; dal 10 maggio al 10 giugno:

1) il 16 maggio, solennità dell'Ascensione;

2) il 24 maggio, solennità di Maria SS. Ausiliatrice (visitando però, ove esiste, una chiesa salesiana e in mancanza di questa la parrocchiale, ad eccezione delle persone viventi in comunità per le quali la visita è permessa come sopra) ;

3) il 26 maggio, solennità di Pentecoste;

4) il 2 giugno, festa della SS. Trinità;

5) il 6 giugno, festa del Corpus Domini.

Inoltre : ogni volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche chiesa) reciteranno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità ed un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.

Tutte le indulgenze concesse ai Cooperatori sono applicabili alle Anime Sante del Purgatorio; ma pel loro acquisto è richiesta la recita quotidiana di un Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice coll'invocazione: Sancte Francisce Salesi, ora pro nobis.

Alcuni fatti ascritti all'intercessione di D. Bosco

IL compianto DON RUA, di s. c. m., nel Processo Ordinario intorno la vita, virtù, fama di santità e miracoli dell'indimenticabile Don Bosco, rendeva e confermava con gìuramento questa testimonianza

« ... Il popolo aveva già grande divozione verso il Servo di Dio durante la sua vita, come sì può facilmente scorgere da quanto deposì intorno al concorso numerosissìmo che si faceva intorno alla sua persona dovunque andasse, ed alle dimostrazioni di venerazione che gli si davano da ogni ceto dì persone ; come pure si può scorgere dalla quantità innumerevole di lettere, con cui si rìcorreva a lui da ogni parte per avere l'assistenza delle sue preghiere. Questa devozione continuò dopo la sua morte ed andò accentuandosi colla continua richiesta dì preghiere per ottenere la sua intercessione, come nel continuo concorso che si fa alla sua tomba... In questa devozione niente scorgo di fanatìco o superstizioso, anzi son piuttosto le persone istruite e costituite in dignità, specialmente ecclesiastiche, quelle che dìmostrano special fiducia nella sua intercessione. Sono Vescovi, Arcivescovi, anche Cardinali, sono Sacerdoti, Canonici, professori, medici, avvocati, laici di ogni condizione, che accorrono a quella venerata tomba e con ciò dimostrano la loro profonda devozione verso il Servo di Dio, non ricusando di frammischiarsi colà alle persone di mezzana e bassa condizione, che pur vi accorrono in gran numero.

» Nè questa devozione è solo patrimonio del popolo torinese, bensì d'ogni parte d'Italia, della Francia, della Spagna, dell'Austria, Polonia, Belgio, Svizzera, Inghilterra, Stati Uniti, Canadà, Messico, ed in generale di tutte le Repubbliche dell'America Meridionale, donde arrivano contìnuamente lettere a me per implorare preghiere a D. Bosco, per le varie necessità degli individui, delle famiglie, delle comunità religiose; come pure vengono pellegrini inn gran numero da quasi tutti i precitati luoghi. Posso con sicurezza accertare, che sono a centinaia le lettere, che mi arrivano settimanalmente per implorare le nostre preghiere presso il Servo di Dio Don Bosco... »

E conchiudeva : « ... A mìo giudizio la devozione verso il Servo di Dio, oltre all'essere generale, è molto radicata nei popoli, è molto gradita al Signore, che si compiace mostrare anche per mezzo di lui la magnìficenza della sua bontà verso gli uomini...»

Simile a questa è la deposizione giurata di altri testimoni, e tale è pure l'asserzione quotidiana di molte persone.

Noi, nonostante le continue ed insistenti istanze, ci siamo sempre astenuti da ogni pubblicazione in proposito, per ragioni di prudenza facili a comprendersi. Ma poichè la fiducia nelle preghiere del nostro Venerabile Maestro e Padre diviene di giorno in giorno più larga e pìù profonda, e ognor continue sono le grazie che si ascrivono alla sua intercessione, crediamo sia giunto il tempo di doverne dare, almeno a quando a quando, un ragguaglio a conforto e consolazione dei nostri lettori.

« Mentre la peste del Modernismo con bugiarda veste scientìfica astutamente serpeggia, ed istillando nelle menti il veleno del naturalismo, raffredda, inaridisce i cuori (1) » a noi sembra opportuno il render più viva nell'animo dei nostri Cooperatori la fede nel sopranaturale, non già con ragionamenti ma col fascino irresistibile dei fatti. Di fronte ad un fenomeno nuovo e singolare, chiunque resta sopra pensiero, medìta e riflette. Chi non ha pìù fede, forse verrà a bestemmiare spesse volte ciò che ignora ; ma chi crede realmente, non potrà non benedirne il Divin Salvatore Gesù, che « può in perpetuo salvare coloro che per mezzo suo si accostano a Dio, vivendo sempre affine di supplicare per noi » (1). Da Lui solo emana in larga sorgente la grazia che arricchisce i Santi; e a Lui, con parì corrispondenza, va a riferirsi la gloria che sorge perenne nella Chiesa Cattolica al ricordo delle eroiche virtù e per l'efficace intercessìone deì Servi di Dio.

Prima di por mano a questa rassegna, noì protestiamo solennemente che non intendiamo contravvenìre in niun modo alle Disposizioni Pontificie in proposito, non volendo dare a nessun fatto un'autorità superiore a quella che merita qualsiasi veridica testimonianza umana, nè prevenire il giudizio della Chiesa, della quale - sull'esempio dì D. Bosco - ci gloriamo di essere ubbidientissimi figli.

Marina della Valle, di Torino, da più anni affetta di un cancro, spedita dai medici, dopo una novena a Don Bosco guarisce istantaneamente in modo perfetto (2).

« Molti sono i miracoli operati per intercessione del Servo di Dio dopo la sua morte. Ed ecco il primo di cui sono testimonio oculare.

Da cinque anni era inferma a Torino nelle vicinanze della Chiesa di S. Giovanni Evangelista, dove io sono Rettore, la signora Marina della Valle, nata Cappa, d'anni 50. La sua malattia era un cancro all'utero. Dal medico curante Comm. Ramello, Ispettore e Capo dell'igiene della città, e da parecchi altri medici, tra cui il Dott. Abbate, altro medico municipale, era stata dichiarata incurabile. Quando io la vidi nel quinto anno della sua infermità e parecchie volte la settimana la visitai, mi accorsi che andava ogni giorno di male in peggio, anzi erano le cose ridotte al punto, che il suo letto era già popolato da una quantità di piccoli moscherini per l'infezione per cui io stesso sentivo una certa qual ripugnanza. Da ben due mesi non si nutriva più altrimenti che con qualche cucchiaino di sciroppo di brodo che poi anche rigettava. Confortata dei Sacramenti della confessione e Comunione per viatico, già si preparava a morire, e la famiglia, dietro le dichiarazioni dei medici, si rassegnava al sacrifizio. Noto per maggior chiarezza, che incontratomi varie volte col Dott. Ramello, o per le scale o nell'anticamera, mi aveva detto: - Vada a confortare questa povera donna: ha più bisogno di lei che di me, chè l'arte e la scienza non servono più a nulla! - e questa frase me la ripetè più volte.

» Dolendomi assai che questa buona madre di famiglia avesse a mancare, essendo carica di figliuoli, le suggerii di raccomandarsi a D. Bosco, morto da circa un anno, e di cui teneva sul cassettone una fotografia con un brano di panno a lui appartenente. L'inferma aveva un grande concetto della virtù e santità di D. Bosco, e si compiaceva di averlo conosciuto e di avergli più volte parlato. Mi assicurò che avrebbe pregato e si sarebbe a lui raccomandata, ma il male faceva il suo corso e, come dissi, andava ogni giorno peggiorando. Ritornato a vederla, le consigliai di fare una novena di preghiere alla Vergine Maria Ausiliatrice, perchè, per l'intercessione del suo fedel Servo D. Bosco, potesse ottenere la guarigione. Finita la novena, a cui io mi associai, a vece di trovarla migliorata, mi accorsi che si approssimava sempre più alla morte. Le dissi allora che non aveva fatto certamente bene la novena, perchè altrimenti sarebbe guarita. La buona signora mi rispose che l'aveva fatta benissimo, e che a lei si era unita tutta la famiglia col marito, ogni sera, recitando speciali preghiere. Ma asserendo io che era impossibile non aver ottenuta la guarigione, se avesse bene pregato, mi disse: - Guardi, se non l'ho fatta bene: ho pregato Maria Ausiliatrice, S. Giuseppe, S. Vincenzo De' Paoli, la B. Margherita Alacoque, e D. Bosco, perchè potessi guarire. - Soggiunsi io: - Ha pregato troppi santi, ed ecco il motivo per cui non ottenne la grazia, giacché non si sa a chi si debba poi attribuire la guarigione.

» Noto di passaggio che le preghiere fatte alla B. Margherita Alacoque erano state suggerite da due sorelle Monache della Visitazione in Genova, sperando giovarsi del miracolo, se si otteneva, per la Canonizzazione di detta Beata.

» Voleva allora l'inferma, conoscendo aver sbagliato, incominciare un'altra novena, ma io la pregai di attendere qualche tempo, non essendo lontano il giorno anniversario della morte del Servo di Dio, e sperando che, incominciando la novena col detto giorno, non sarebbe man cata la grazia. Si arrese a malincuore l'inferma, ma finalmente cedette alle mie insistenze.

» Venuto il tempo assegnatole, fu stabilito ricominciare la novena. L'inferma, per non sbagliarsi, volle ripetessi bene le preghiere che dovea fare, ed il modo con cui dovevano essere fatte. Pregò anzi la figlia Antonietta di scrivere sotto dettato quello che io consigliava, cioè di recitare tre Pater, Ave, Gloria al SS. Sacramento, una Salve a Maria SS.ma Ausiliatrice, perchè per intercessione di D. Bosco ottenesse la guarigione; aggiungendo esser queste le preghiere che egli era solito a suggerire agli infermi, quando volevano ottenere qualche grazia. In quanto la novena, noto che richiesi ancora due promesse dalla inferma e dal marito, che cioè facessero un'offerta alle Opere di D. Bosco proporzionata alle loro facoltà e fu proposta la somma di L. 200, e fosse permesso alla figlia Antonietta di farsi poi Suora di Maria Ausiliatrice, dacchè da ben un anno lo desiderava e lo domandava con insistenza. Prima di accettare queste due proposte il marito si volle consultare col Dottore Ramello, suo compaesano ed intimo amico. Seppi di poi che il Dottore, un po' scettico, aveva risposto: - Accetta pure tranquillamente tutte e due le proposte e, se fa mestieri a vece di L. 200, anche 500, giacché è questione di pochi giorni, e sono meravigliato, che la poveretta abbia già potuto tanto sopravvivere.

» Si fece allora la novena da tutta la famiglia insieme unita, ed arrivato l'ultimo giorno, 8 Febbraio 1889, si convenne che l'inferma si avesse nuovamente a confessare ed a comunicarsi. L'inferma in quel mattino si sentiva più aggravata del consueto ed in preda a moti convulsivi, anche pochi istanti prima di ricevere il S. Viatico. In quello stato non sapendo più a chi rivolgersi, domandò la fotografia di D. Bosco con insistenza e la mise esternamente sul male, sentendosi dolori inesplicabili. Acquietatasi alquanto, ricevette la SS. Eucarestia con raccoglimento, e si conservò tranquilla per qualche tempo. Ripigliatile i dolori ed i spasimi, prese tra le mani la fotografia del Servo di Dio, a lui si rivolse, pregandolo e quasi sgridandolo ad un tempo, dicendo: - Io ho sempre avuta tanta venerazione per Voi, mentre eravate in vita, ed ho sempre amato le opere vostre e la vostra Congregazione, difendendovi anche da coloro che v'erano nemici, e voi non mi aiutate? - Ed altre simili espressioni, dicendo le quali si addormentò. Svegliatasi dopo forse un'ora di riposo, cosa molto insolita, si trovò ad un tratto completamente guarita! Volle subito mangiare, e poi richiese i suoi abiti, volendo scendere dal letto e vestirsi. Già da qualche tempo la famiglia aveva distribuito gli abiti di lei e le calzature, persuasa che non sarebbe guarita più dopo le ripetute asserzioni dei medici, e non potè mettersi altro, se non che una vesta da camera; e così vestita fece il giro di casa sua e si recò in cucina a dare gli ordini pel pranzo. Nota qui il marito di lei, cosa importante, che anche depose con giuramento alla Curia, che la inferma da molto tempo era così dimagrita, che le gambe di lei erano diventate due stecchi, cioè la pelle sulle ossa senz'ombra di carne, e che appena guarita, le gambe di lei con sua grande meraviglia si videro pienamente rimpolpate. Lo stesso giorno la sullodata signora sarebbe uscita di casa per andare in chiesa a ringraziare il Signore, se non le avessero fatto difetto gli abiti. Si mandò subito per la sarta, che da dieci anni serviva la famiglia, e che durante la malattia l'aveva vista più volte, perchè avesse a farle nuovi abiti, ma la sarta credendolo uno scherzo di cattivo genere, sapendo in quale stato era l'ultima volta che l'aveva veduta, rispose, che la signora Della Valle aveva solamente più bisogno di quell'abito che può fare il falegname, intendendo la cassa funebre; e solo vi andò, quando fu assicurata che era guarita miracolosamente, e, quattro giorni dopo, accompagnata da tutti i vicini, che erano usciti fuori a vederla ed a congratularsi con lei, venne alla Chiesa di S. Giovanni Evangelista, dove pregato alquanto per ringraziare Iddio del favore ricevuto, cercò di me, benchè in questo frattempo l'avessi riveduta più volte per consegnarmi le duecento lire e sdebitarsi così della promessa fatta. Noto che il marito della prelodata, come seppi da lui, prima di sborsare detta somma aveva interpellato il Dottor Ramello per sapere se veramente era guarita e non vi era pericolo di ricaduta. Ed il Dottore dopo una visita accurata, gli aveva risposto: - Se le hai promesse, dagliele pure, perchè essa è veramente risanata.

» Due o tre giorni dopo, accompagnata dal marito, partì per Genova, Alassio, fermandovisi una decina di giorni, ora in un paese, ora in un altro, digiunando o facendo vigilia, essendo cominciata la quaresima, sentendosi perfettamente sana. I parenti che la videro in questo viaggio non nascosero la loro meraviglia per guarigione così repentina e veramente miracolosa, non presentando nemmeno l'aspetto d'essere stata malata per tanto tempo.

» Pochi giorni dopo mi presentai personalmente al Comm. Dott. Ramello, pregandolo a volermi rilasciare un attestato dell'infermità della Della Valle e della guarigione. Tergiversò alquanto, temendo di compromettersi, stante la sua posizione di Dottore primario del Municipio e temendo che avessero a farsi chiacchiere sul conto suo. Tuttavia mi invitò a ritornare, pro mettendomi qualche dichiarazione in proposito, a patto che non si avessero a fare pubblicità. Me la consegnò infatti, dichiarando tutta la gravità del morbo, senza pronunziarsi sul come potesse essere guarita, ascrivendo piuttosto la sua guarigione ad un fenomeno contemplato dalla scienza, ma praticamente inesplicabile. Detta fede rimane nell'Archivio della Congregazione Salesiana. Non contento delle espressioni della dichiarazione avuta, perchè troppo vaghe , pregai il Dottor Abbate, che nell'assenza del Dottor Ramello curava l'inferma, a dirmi qualche cosa in proposito e, potendolo, a dichiararmelo in iscritto; si contentò di dirmi che egli per conto suo lo credeva un vero miracolo, ma che come sostituto e dipendente del Ramello, non poteva lasciarmi nulla in iscritto. Attualmente la predetta signora continua a godere ottima salute e sovente la rivedo. La sua figlia Antonietta adempiè la sua promessa e si fece Suora di Maria Ausiliatrice ».

(La stessa narrazione venne fatta innanzi il Tribunale Ecclesiastico dal marito della persona guarita, sig. Carlo Della Valle, e da altri testimoni e contestimoni d'ufficio).

Guarita prodigiosamente.

Due anni fa, in una caldissima giornata di agosto, una delle più piccole fra le educande (di anni 8 1/2 ) accusa un forte mal di capo. La laccio mettere a letto, usandole i riguardi del caso; il disturbo non era davvero da impensierire, tuttavia dovendo partire il giorno dopo per gli Esercizi, feci chiamare il dottore, il quale mi disse che potevo andare tranquillamente, trattandosi di leggera indisposizione. Rassicurata mi disposi alla partenza, non senza prima però aver raccomandata la bambina alla speciale protezione di D. Bosco.

Ma ecco che, appena giunta a Nizza, mi arriva un espresso, recante la notizia che le era scoppiata la febbre infettiva e la polmonite doppia con andamento anomalo. Il male si aggravò tanto, che pochi giorni dopo, la piccina era in fin di vita. Lascio immaginare la mia angoscia! Fortuna volle che, verso il termine degli Esercizii, mentre le notizie si succedevano ognor più desolanti e le Superiore mi preparavano a partire d'un momento all'altro, fortuna volle, dico, o meglio il Signore dispose, che giungesse a Nizza il venerando D. Rua. Nel mio profondo dolore, non trovai di meglio che presentarmi a lui e narrargli il triste caso. Indi prostrandomi ai suoi piedi, aggiunsi queste testuali parole: « Ho messo la bambina nelle mani di D. Bosco: Lei la benedica, Padre, a nome suo, e avvalori così le mie povere preghiere e quelle delle mie consorelle, per istrappare la bramata grazia ». Il buon Padre s'interessò vivamente della cosa, mi benedisse per la bambina, come desideravo e concluse: « Oh, bene ! bene ! Preghiamo ! »

Due ore dopo le Superiore decidevano la mia partenza per Lugo, dove i dottori curanti e consulenti avevano fatto il conto che sarei arrivata appena in tempo per veder volare in Paradiso il caro angioletto. Rinuncio a descrivere le sofferenze di quella tristissima notte passata in treno. Uscita appena dalla stazione, mentre trepidando mi avviava verso casa, ecco venirmi incontro il dottore... Mi sentii venir meno nel timore che tutto fosse finito.... Invece, appena egli mi ebbe scorta, affrettò il passo per dirmi che la bambina era sfebbrata, e che l'avrei trovata tutta allegra!

Io credeva di sognare, e non voleva quasi prestarci fede, ma grazie al Cielo era dolcissima realtà, che ben presto potei constatare coi miei proprii occhi. Raccogliendo poi le notizie, potei stabilire che il principio del prodigioso miglioramento coincideva con l'ora precisa, in cui ai piedi di D. Rua, io implorava la benedizione di D. Bosco per la piccola morente.

Infatti questa, che già da due giorni giaceva in una specie di letargo, sicchè il Sacerdote a stento era riuscito a cogliere un momento lucido per confessarla, la sera prima aveva avuto tale una crisi che l'infermiera ne spiava ogni più lieve contrazione, nella tema di vederla spirare da un momento all'altro. Invece, ad un tratto l'aveva vista sorridere dolcemente, aprire gli occhi che teneva sempre chiusi e fissarli in un punto della camera, come se contemplasse una scena molto divertente.

Seppi poi, dalla bambina stessa, che aveva visto D. Bosco, proprio lui, uguale a quello che stava nell'ufficio della signora Direttrice, ma era fuor della porta, ed aveva vicino a sè un cagnone, tutto grigio, che faceva grandi sforzi per entrare; e non potendoci riuscire, volgevasi dalla porta a D. Bosco e da questo a quella, mugolando e scodinzolando, come a pregare che gli venisse aperto. D. Bosco sorrideva, e dopo un poco spinse la porta: il cane entrò di corsa, e andò presso il lettino della bambina a leccarle le mani. Anche il buon Padre s'avanzò poi nella camera, continuando a sorridere dolcemente.

Questo il racconto della piccola graziata: io non so quale conto se ne debba fare; certo si è che ella, trovandosi in Collegio dall'età di cinque anni, ebbe poche occasioni di osservare dei cani (dei quali, tra parentesi, ha una gran paura) e non avrebbe mai saputo descriverne così bene le mosse, se, com'ella dice, non l'avesse proprio veduto.

Da quel momento, come affermai più sopra, ella prese a migliorare, ed in breve fu perfettamente guarita. Chi ebbe ad avvicinarla nella gravissima malattia, la disse poi scherzando la morta risuscitata ; ed io pure la considero come tale, e dal fondo del cuore innalzo il voto del mio ringraziamento al Ven. G. Bosco, che implorò ed ottenne dalla pietosa Ausiliatrice un tanto miracolo!

E da lui e dalla Vergine benedetta oh quanto non ispera ancora, per sè e per le anime alle sue cure affidate, la povera

Lugo, 16 marzo 1910.

Suor ANTONIETTA MARIA BOSIO, Direttrice Istituto S. Gaetano.

Un'operazione scongiurata.

Soddisfo a un debito che da vario tempo mi era assunto, mediante una promessa da me fatta, di un'offerta alla Madonna del Ven. D. Bosco sotto il titolo di Ausiliatrice dei Cristiani, affine di ottenere da Lei, pei meriti del suo fedele Servo, una grazia specialissima: di essere cioè, guarito senza operazione chirurgica, da un'ernia che andava sempre più facendosi voluminosa e si faceva, perciò, inevitabile il sottomettersi ad esperta mano operatrice, al che aveva somma ripugnanza, avuto riguardo anche alla mia età di 72 anni.

Ora che la mia fiduciosa speranza si è rapidamente attuata colla scomparsa totale dell'ernia, riconoscentissimo alla Vergine SS.ma e al caro D. Bosco, sciolgo il voto con inviare un vaglia di L. 1oo, con facoltà di rendere pubblica la grazia nel Bollettino a maggior gloria di Dio, della Vergine Ausiliatrice e del Ven. D. Bosco, e con preghiera ai giovani dell'Oratorio di unirsi a me per ringraziare la Vergine santa.

Savignano di Romagna, 11 novembre 1911.

Sac. Gio. VITTORI, Coop. S. Da morte a vita.

Da più giorni sentiva un insolito malessere in tutta la persona e dovetti rimanere a letto; finchè la sera del 15 novembre 1897, fattosi sentire più forte il male, si chiamò il medico che subito dichiarò essere io affetta da forte meningite.

Il dottore, rivoltosi all'infermiera, disse che era bene avvisare i parenti, perchè più nulla v'era da fare. Le Superiore telegrafarono all'istante e giunsero i genitori coi due fratelli sacerdoti, ma io non conobbi nessuno. Interrogato il dottore dai parenti, disse che io non aveva più di un quarto d'ora di vita. La costernazione di tutti, specie dei parenti, era indescrivibile. Ma D. Bosco premiò la mia fede. Anche nei continui deliri io sempre ripetevo: « D. Bosco mi guarisce! D. Bosco mi guarisce ! » ed avendo al collo una sua reliquia istintivamente la mettevo dove il male si faceva più sentire. Ed ecco che la sera del settimo giorno di continua trepidazione, la febbre scompare, ed io mi seggo improvvisamente sul letto e domando i miei abiti per vestirmi, perchè mi sento guarita: « Don Bosco mi ha guarita! » gridavo, quando m'accorsi di non vedere. Commossi, i parenti s'inginocchiarono vicino al letto pregando D. Bosco ad ottenermi la completa guarigione. La preghiera di chi confida non va mai delusa. Dopo tre giorni ricuperai anche la vista e il dottore stesso disse che io era guarita per prodigio!

Grata per tanto favore fui a Torino e a Valsalice sulla tomba di D. Bosco, per porgergli commossa il tributo della mia più sincera riconoscenza.

Orbassano, marzo 1912.

Suor LUIGINA TACCHINI Figlia di Maria Ausiliatrice.

« Mi ha guarito la mamma ».

Il 3 novembre u. s. un telegramma mi chiamava al capezzale della mamma mia moribonda. Il Dottore curante non le dava più nessuna speranza di guarigione, e la mamma, già munita di tutti i Sacramenti, attendeva in mezzo a dolori atrocissimi, causati dalla gamba omai tutta incancrenita, l'ora della morte.

In un momento di disperato dolore, quando, a notte avanzata, più di una trentina di parenti circondanti il letto della cara inferma temevano di vederla spirare, io, spinta dalla fiducia che ancor sentivo d'avere nel Venerabile D. Bosco ed in Maria Ausiliatrice, fervidamente pregai la cara Madonna che, per intercessione del suo Servo, il Venerabile D. Bosco, volesse accordarmi la guarigione della mamma. Piena di fede, feci scorrere sopra la gamba incancrenita la reliquia del Venerabile, ripetendo in cuor mio: « Maria, Auxilium Christianorum, ora Pro nobis. » Oh potenza della preghiera! A vista d'occhio si vide a poco a poco sgonfiare, impallidire la parte morbosa. Venne il Dottore ed egli pure, constatato il miglioramento, ebbe ad esclamare: « Qui c'è una guarigione miracolosa.... sono le preghiere della figlia che hanno fatto guarire la mamma ; questa è fuori di pericolo. »

La mamma continuò di bene in meglio ed ora guarita ringrazia e spedisce per mezzo mio una offerta all'altare di Maria Ausiliatrice e prega che sia pubblicata la grazia nel Bollettino Salesiano.

Rocchetta di Pontestura Monf., aprile 1912.

CAROLINA CURINO.

(1) Allocuzione di S.S. PP. Pio X nel Concistoro del 27 novembre u. s.

(1) Ad Hebr. VII, 25.

(2) Dalle deposizioni del Sac. dott. Francesco Dalmazzo, Rettore della Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino. -Cfr. il Sommario del Processo Ordinario, pag. 994-999.

DALLE MISSIONI

TERRE MAGELLANICHE „Folk-lore" fueghino.

Gli Indi Hauss.

GENERALMENTE si sogliono solo enumerare tre diverse tribù nell'Arcipelago Fueghino: ma dopo ricerche più minute e attente si venne a conoscenza di una quarta, alquanto affine agli Ona, ma distinta notevolmente per lingua e costumi. Questa tribù un tempo abitava fra Bahia Tetis o Bahia Fotbey ed ora è ridotta ad una sola famiglia composta del padre e di due figlie e ad una donna di circa 37 anni... Costei era stata rubata da alcuni incettatori di Indi quando aveva solo 12 anni e poi fu condotta ad Ushuaia, dove Mons. Fagnano potè liberarla e condurla alla missione (1).

VARIAZIONI NEI MITI, LEGGENDE E COSTUMI. -

Il fondo delle credenze mitologiche che possedevano gli Hauss è molto affine a quello degli Ona. Vi sono però delle varianti, anche riguardo ai costumi. Una, per es., e di massima importanza per l'etnografia, è la pratica del tatuaggio anche da parte delle donne.

La donna, di cui si parla, porta 12 segni traversali in ambedue le braccia e racconta che, quando una sua zia le praticava quelle profonde ferite, causa di acuto dolore ed enfiagione, essa ne domandò la ragione e ne ebbe per risposta: « Bisogna fare così per crescere ». Le ferite vengono fatte con vetro e poi cosparse con polvere di carbone, il quale penetrando dentro, lascia un segno indelebile.

Il mito di Kuanip ha questa particolarità: Quando salì al Cielo lasciò una profonda orma sopra di una roccia della spiaggia presso Bahia Succes, luogo dagli Hauss chiamato Koschen. Indicano in due stelle vicinissime e piccoline chiamate Sasuanelk, i due figli di Kuanip stesso.

Nei tempi molto lontani quando gli Indi volevano cambiar dimora, le capanne loro camminavano da sole e si fermavano a piacimento degli Hauss.

Gli uomini conservano l'uso del klóketen, come gli Ona. Difatti quella donna dice che una certa Kola, abitante nel cielo, suole comparire in forma di donna, colla testa fatta a lungo corno, ma solo dentro ad una capanna preparata per questo, a più di 20o metri dall'abitato, fra due medici o stregoni e lontana dagli occhi degli indiscreti. Essa procede dal toldo tenendo sempre i pugni stretti alle tempia, battendo i due piedi e cantando, sulla stessa nota, così: Ka-la-la-la-la-la-la-la ka-la-la-la-la-la e tenendosi in mezzo ai due stregoni, tutti avvolti nelle pelli di guanaco. Si può guardarla perchè non fa male, ma con questa riserva: gli uomini anche da vicino, le donne invece a più di 30 m. di distanza.

Oltre a questo spirito femmina, ve ne è un altro maschio, molto cattivo, che abita dentro la terra e si chiama Ksorten. Esso sorge dalla terra in mezzo al fuoco dentro una capanna assai lontana, nel bosco, preparata dai soli uomini dopo invito dei medici, e poi si avvicina agli altri toldi. Ha la pelle dura come il cuoio e la pietra ; ed è tutto dipinto ; non può passare i piccoli rigagnoli di acqua e perciò viene portato a spalle dagli uomini. S'avanza ballando; comprende le parole degli indi ma non risponde mai; solo grida se lo morde un cane. È inutile tentare di ucciderlo perchè, anche riuscendovi, dal suo capo escono molti altri Ksorten. Quando è vicino ai toldi, dà di mano ai canestri e con essi picchia le donne, specialmente le più capricciose; motivo per cui queste lo temono assai e, quando lo vedono, si chiudono nel toldo, coprendosi la faccia e gli occhi colla cappa. I bambini invece spaventati fuggono.

Temono la luna in eclisse e quando è rossa, perchè ciò è dovuto al sangue degli uomini mangiati.

Anche presso di essi la volpe fa la parte del furbo animale che smalizia gli altri. Il zorro (volpe) un tempo era domestico come il guanaco, la foca, tutti i pesci e gli uccelli, e cantava, sulla stessa nota, così: ekelé ekelé ekelé. Ma un giorno gli fu posto sotto il naso un odore molto cattivo, per cui diventò selvatico ed invitò a fare altrettanto anche tutti gli altri animali.

L'uso della sepoltura fra gli Hauss è diverso da quello degli Ona. Il cadavere viene avvolto nelle pelli, legato e poi sepolto molto profondo, affinché il zorro non lo possa dissotterrare e mangiare. Se è un uomo o una donna qualunque, colla faccia volta in su; se invece è un medico colla faccia volta in basso, affinché possa parlare con gli spiriti che abitano dentro la terra (1).

Gli Indi Yagan.

... Conviene ricordare prima di tutto che il nome fu dato loro dal signor Tomas Bridges da Yaaganasciaga (stretto di Murray che divide l'isola Navarrino dall'isola Horte), che fra di loro si chiamano Yamana (esseri ragionevoli), e che infine popolano i due terzi del canale di Beagle, cioè fra l'isola Picton a oriente e l'isola O'Brien a occidente, e tutto l'arcipelago che sta sotto quel tratto di canale (1).

Finora i Salesiani non hanno un vero centro stabile di missione fra questi Indi; però un missionario ogni anno fa un'escursione dall'isola grande ad Haberton ed isola Navarino, istruendo gli Indi che incontra; ad Ushuaia risiede permanentemente un sacerdote salesiano, il quale ha l'occasione di istruire questi Indi, quando si recano alla capitale per gli scambi coi civilizzati.

RELIGIONE IN GENERE. - Le loro credenze religiose si limitano ad ammettere un Dio benevolo e un Dio maligno, ma l'uno non è più temuto e rispettato dell'altro.

Curspi è il Dio maligno che li punisce con vento, pioggia e neve. L'arcobaleno è considerato come il messaggero delle sue ire e le donne ed i ragazzi tremano all'apparire di lui, ma gli uomini lo imprecano e gli sputano contro (2).

IL DILUVIO. - A questo riguardo conservano tradizióni e racconti più precisi che non gli Ona. Una tribù di Yagan presso Ushuaia racconta che una volta la luna cadde nel mare, motivo per cui l'acqua s'innalzò tanto che solo la cima di un monte emerse, sopra la quale gli uomini ed animali più lesti si salvarono. Quando poi la luna tornò in cielo, le acque si riabbassarono ed allora quegli uomini ed animali, discesi dalla montagna, trovarono nella laguna sottostante una balena morta, di cui si cibarono. Questa leggenda è variata alquanto da altri Yagan all'ovest di Haberton. Alcuni uomini ed animali non si salvarono sulla cima di un monte, ma sopra l'isola Cable la quale, staccatasi dal fondo del mare, andò galleggiando come una grande barca, fino a che, quando la luna ritornò in cielo, si radicò di nuovo al suo fondo marino.

POTERI MALEFICI. - Credono che un certo scoglio di un'isola del sud fosse una volta un uomo e che ora conservi il potere malefico di fare ammalare qualunque bambino sia portato là vicino.

Credono che gli spiriti visibili ma non tangibili di notte siano la causa delle malattie e della morte. Questi spiriti sono chiamati cashpik (anime), vocabolo che adoperano pure per indicare un uomo sommamente sgradito. Credono pure all'esistenza di certi uomini selvaggi e feroci chiamati hannush, viventi senza famiglia in perpetua solitudine e che stanno spiando sempre gli indi per ucciderli.

Come gli Ona, anche essi attribuiscono le malattie e la morte a punte di lancia e di freccia che gli stregoni detti yacamusch, fingono di estrarre dal corpo del paziente. Le cerimonie di questa primitiva cura medica sono simili a quelle in uso fra gli Ona: con incanti e strani movimenti passano le mani sull'infermo facendo suonare le dita e inducendo nell'infermo un certo grado di ipnotismo (1).

IL MITO DEL LUPO MARINO (foca). - Una giovane donna Yagan si trovava alla spiaggia del mare e si trastullava colle onde, avvicinandosi quando queste si ritiravano, e fuggendo con grandi risa quando le stesse ritornavano verso

terra. Un lupo marino, che la stava osservando dal mare, attese che si formasse un'onda più alta delle altre; vi si cacciò dentro e si lasciò trasportare alla riva. L'onda fu tanto inattesa e veemente da raggiungere non solo, ma anche da abbattere la giovane, la quale involontariamente s'appoggiò al lupo. Costui rapidamente si mise in mare e la trasportò sopra il groppone lontano, lontano, alle spiaggie di un'isola disabitata. Colà i due vissero lunghi anni, durante i quali il lupo imparò a comprendere la lingua yagan e così poteva intendere la giovane, che alfine sposò. Ebbero un figlio simile in tutto ad un bambino tranne il pelo che era di foca. Un giorno la donna yagan sentì la nostalgia della sua terra e dei suoi parenti e cominciò a vivere in preda ad una tetra malinconia; per cui il lupo prese moglie e figlio sul groppone e, a nuoto, approdò alla nota spiaggia. Colà giunti la donna disse al lupo: « Attendi qui alcuni giorni; io col figlio vado a visitare i parenti e poi ritornerò ». Arrivata alle capanne dei parenti e degli amici nessuno la riconosceva e, quando essa si diede a conoscere, fecero le meraviglie perché la credevano morta. Le vecchie amiche in modo speciale le fecero grandi feste e la condussero alla pesca, mentre che il figlio rimaneva nel villaggio a giuocare coi ragazzi. Ma in questo frattempo gli uomini s'accorsero che presso la spiaggia era fermo un lupo marino: lo sorpresero cogli arponi, lo uccisero e, portato al villaggio, lo arrostirono e cominciarono a cibarsene. Anche il figlio mangiò con piacere, anzi ne prese un pezzo e corse alla spiaggia per darlo alla madre, che stava intenta alla pesca. Le si fece incontro dicendo: « Prendi e mangia ; senti come è buona la carne di lupo marino ». La madre a quella vista ebbe un terribile presentimento ; corse alla spiaggia, dove aveva lasciato il marito e vi trovò le traccie del sangue ed i resti della vittima. Allora ritornò furibonda, e con un riccio di mare (che in quei luoghi sono assai grandi e con lunghe spine) percosse più volte la fronte del figlio, il quale caduto in mare si trasformò nel pesce sciuno, che mostra ancora la testa foracchiata.

USI E COSTUMI. - Come si vede nei miti e leggende gli Yagan hanno notevoli differenze dagli Ona; il che dipende indubbiamente dal genere di vita che essi passano quasi sempre in canoa. Il mare nei loro racconti e superstizioni ha la massima parte. Ugualmente molte usanze loro speciali sono dovute allo stesso motivo. Per es. quando una donna dà alla luce una bambina, il giorno immediatamente seguente, anche nel più crudo inverno, prende la neonata sulle spalle e con essa entra nell'acqua immergendovisi fino al collo. Ugualmente quando ammazzano il primo guanaco d'inverno (perchè solo in questa stagione il guanaco si accosta alla spiaggia, unico luogo sgombro dalle nevi, mentre d'estate si ritira sui monti), prima di mangiarlo, tutti entrano nel mare: con questa differenza però che le donne si pongono a nuotare, mentre gli uomini si limitano ad inoltrarsi fino a che l'acqua arrivi loro al collo. Ciò è dovuto al fatto strano che solamente le donne sanno nuotare e ne insegnano il modo alle bambine, mai ai bambini. Il nuoto delle donne è diverso dal nostro: muovono le braccia verticalmente come i cani e non a semicerchio lateralmente; e a ciò è forse dovuto il fatto che così possono nuotare anche dove c'è il sargasso, cioè quell'alga lunghissima che impedisce i movimenti circolari.

LE CANOE. - Per gli Yagan sono più importanti le canoe, che non le capanne, perchè la maggior parte della loro vita è passata nei canali. Sono di una semplice costruzione, lunghe circa 4 metri e larghe meno di uno. Il legno usato è la corteccia di roble (fagus antartica) o di coibo (fagus betuloides) tagliata a pezzi e poi fissata sopra una armatura pure di legno e tenuta unita mediante tendini intrecciati o giunchi, e rinforzata internamente con traverse di legno. Nel mezzo della canoa, sopra un mucchio di terra arde costantemente il fuoco, che serve per cucinare, illuminare, ecc. Le canoe vengono guidate e messe in moto dalle donne che maneggiano due remi; gli uomini invece sono sempre in guardia per infilzare i pesci coll'arpone. Conoscono pure un primitivo sistema di vela formata da una tela qualunque o da una pelle di foca sostenuta da una verga sospesa ad un palo legato ad uno dei traversi. Dopo la pesca la canoa viene tirata a secco fino presso alla capanna, di forma generalmente conica, costruita con rami intrecciati e con due aperture diametralmente opposte per porte (1).

ARMI. - Si riducono agli utensili di pesca, cioè la fiocina, che il Bove (1) chiama dardo e che nei combattimenti si trasforma in lancia, e l'arpone, e di più la fionda. Non sanno fabbricarsi arco e frecce.

Il dardo consta di due parti: di un bastone di faggio o magnolia ridotta a sezione ottagonale, lungo da due a tre metri, e di una punta di osso di balena, a margine seghettato, lunga da 25 a 30 centimetri e saldamente legata ad una estremità del bastone.

Delle stesse dimensioni e forme è pure l'arpone, colla differenza che la punta è legata non solo al bastone, ma anche assicurata ad una correggia di cuoio di foca lunga da 15 a 20 metri. La fionda risulta di una striscia di cuoio che si assotiglia alle due estremità ed a cui sono fissate due cordicelle di tendini. Essa è un'arma terribile nelle loro mani, e, come assicura il Bove (2), a 40 o 5o passi di distanza anche l'animale più piccolo è percosso ed ucciso con pietre non più grosse di un uovo di gallina. Le capanne e le canoe dei Yagan sono sempre provviste abbondantemente di queste pietre.

ALIMENTI. - Li ricavano principalmente dal mare e sono: pesci, molluschi, granchi, foche, ecc. Nelle loro deboli canoe osano attraversare canali, internarsi in tutti i complicati bracci di quell'arcipelago e perfino uscire in pieno mare per inseguire un branco di delfini e colpirli coll'arpone, oppure una balena ferita e che porta dentro le carni la punta legata alla correggia (3).

Il modo più comune e più facile però di pescare per gli Yagan è quello degli Ona, che pure di cose marinaresche non s'intendono àffatto: prendere le conchiglie che rimangono scoperte fra gli scogli, ed i pesci che restano nelle pozze d'acqua durante la bassa marea.

Le conchiglie vengono poste sul fuoco fino a che si aprono le valve e permettono di estrarre il mollusco coll'unghia del pollice. Sono pure ghiotti del riccio di mare preso collo stesso sistema. Le donne sogliono prendere altri pesci mediante piccoli ami specialmente in mezzo ai sargassi e gli uomini tentano di catturare mammiferi marini e preferibilmente le foche, delle quali sono assai desiderosi perchè ne utilizzano ogni parte per cibo, o indumenti, o arnesi. Non è da credere però che vivano esclusivamente di pesca: si cibano pure di uccelli o animali che si trovano nelle isole abitate.

Si astengono tuttavia dal mangiare le carni dello zorro e del carancho, perchè sono persuasi che questi due animali si nutrono di carne umana. E questo uso certissimo serva a dimostrane come sia falsa benché molto diffusa in passato, l'opinione che gli Yagan siano antropofagi.

Anche il Bove dice di aver dovuto modificare assai l'opinione che si era formata leggendo l'opera del Darwin: Viaggio di un naturalista. Si aspettava infatti di dover assistere fra gli Yagan a chi sa quali orribili scene di antropofagia, uccisioni e cattivi trattamenti sui poveri vecchi di quella famosa tribù!

MALATTIE, MORTE E SEGNI DI LUTTO. - Fra gli Yagan fanno l'ufficio di medici gli stregoni Yacumusch, come i kon, fra gli Ona. Il modo di curare le malattie è lo stesso: ma tutta l'abilità del medico sta nel fingere di estrarre dal corpo del paziente punte di freccie, di arpone, scheggia di pietra, ecc. Prima di vomitare quei vari oggetti lo stregone finge di esser preso da strane convulsioni, straluna gli occhi, dilata le narici, gonfia le gote e dalla bocca semiaperta emette questi strani suoni dehitaka-dehitaka-dehitaka.

All'avvicinarsi della morte i membri della famiglia e quanti sono presenti prorompono in urli terribili. Dopo la morte i parenti più prossimi si tingono il viso e le mani di nero, si strappano i capelli e si feriscono il corpo con conchiglie o coltelli. - Il cadavere avvolto in alcuni stracci viene sepolto con le sue armi, se è un uomo, con i cestelli e gli attrezzi da pesca se è una donna. Un tempo gli Yagan usavano abbruciare i loro morti nel bosco vicino al luogo della morte; ed il Bove, che ciò assicura, dice che la precipitazione cori cui si eseguiva l'operazione portava a delle spiacevoli sorprese. Per esempio, un indio « accompagnava al rogo un suo parente creduto morto. Molte furono le lagrime e le disperazioni allorché il Yacumusch diede al trapassato l'estremo vale e pose fuoco alla catasta, sulla quale era disceso il cadavere; ma oh! spettacolo! non appena le fiamme cominciarono ad abbrustolire le carni, il morto sbalzò fra i piagnolenti. Il calore lo aveva fatto rinvenire: la morte non era stata che un lungo deliquio, al quale pare che i fueghini vadano molto soggetti ».

Ora però gli Yagan hanno lasciato l'uso della cremazione, quando trattasi di decessi che avvengono nelle località da loro frequentate, ma lo conservano quando alcuno muore in località straniere. Allora i compagni del defunto ne bruciano il corpo affinché..., i nemici non ne prendano le ossa per farne arponi per la pesca!

Anche fra gli Yagan, come fra gli Ona, i parenti del defunto bruciano la capanna in cui morì e ne abbandonano per qualche tempo :a località. Sembra che non conservino lungo e do loroso ricordo dei loro defunti e che le grida, le ferite che si fanno per la morte di un parente siano più effetto di abitudine che non di vero dolore. Il Bove con meraviglia non trovò difficoltà nel comperare alcuni scheletri dai parenti stessi dei defunti; anzi un indio di nome Fred « non si mostrò neppure restio a vendere il proprio padre e l'addio che egli diede al cranio del suo genitore, allorché lo si incassava, fece chiaramente vedere come la memoria dei morti non turbi menomamente l'animo dei sopravviventi». L'addio testualmente raccolto dalla bocca del figlio è un piccolo saggio di quella inconscia e quindi vera poesia, che vibra nella anime primitive del popolo: «Addio, caro padre, tu che in tua vita non hai mai veduto che le nostre nevi, le nostre tempeste, ora morto, vai lontano, lontano. Addio, che il viaggio ti sia felice ».

Delle anime dei defunti credono che vadano errando per i boschi e per le montagne; irrequiete e dolorose, se in vita furono cattive; gaudenti e tranquille, se in vita furono buone (1).

LINGUA. - Il sig. Tommaso Bridges, ora defunto, dimostrava che la lingua yagan è ricchissima e di essa egli aveva fatto una raccolta di ben 30.000 vocaboli. Il manoscritto, che sarebbe stato preziosissimo contributo alla scienza del linguaggio, tanto più che la razza è vicina a spegnersi, ebbe una fine ben disgraziata: fu imprestato al dottor Cooke, (il noto falso scopritore del Polo Nord) che era passato di là ed aveva curato il sig. Tommaso, e che non restituì più nulla ed ora si teme perduto. Dai figli del sig. Bridges i nostri missionari ed il prof. Tonelli ebbero qualche esempio per cui si può veramente affermare che quella lingua è ricca in un modo inatteso. Ecco alcuni esempi di sinonimi, quali si aspetterrebbe di trovare solamente nelle lingue sviluppate: Usi, paese; - hanna, terreno; - tun, terra; - yuscha, costa; - paiaca, spiaggia.

Dànno nomi diversi alle varie forme di spiaggie: hahshuk, spiaggia sassosa; - duan, spiaggia pietrosa; - lahpicun, spiaggia fangosa; -asetan, spiaggia arenosa; - uahan, spiaggia sulla quale si tirano a secco e si lasciano le canoe.

Così pure trattandosi di lagune e laghi usano amaca per indicare le acque riparate dal vento per essere fra isole vicine, neca per indicare un lago grande, acomaca un lago ordinario, acaloaia una laguna propriamente detta. Notevole ricchezza pure hanno per indicare le diverse accidentalità del terreno: - tahshapala, una cima rotonda di una collina coperta di erba ma non di alberi; - liaca, una pianura con alberi e circondata di catene di monti; - putan, una concavità; - luci, una valle; - usluci, una valle piccola; - haracuhr, una rupe; - shahquina, una frana argillosa.

Ma la maggior ricchezza della lingua yagan si rivela nei verbi.

Esempi: - Kium, collocar delle pietre in un luogo fangoso per farne una via praticabile; - ckiun, ottener una via praticabile con foglie od erbe; - ala, alzar con le mani; - mnikata, sollevare nelle braccia; - kumata, sollevare un oggetto coll'estremità di un altro; - gaiata sollevare una cosa colla punta di un'altra; - mubata, sollevare una cosa servendosi di due dita come di una tenaglia.

Il Bove così parla della lingua degli Yagan.: « Il basso stato in cui si trovano contrasta sensibilmente colla ricchezza della loro lingua; la quale conduce all'ipotesi di un'origine assai superiore allo stato attuale. La lingua yagan è, senza dubbio, una fra le più antiche e le più pure. Essa è oltremodo completa nella sua grammatica e nel suo vocabolario. La lingua dei Yagan differisce sensibilmente da quella dei vicini Alacaluf ed Ona, e quanto le parole di questi ultimi sono dure, gutturali, formate di consonanti, le parole di quella sono dolci piacevoli, piene di vocali. Tanta ricchezza di lingua dà ai Yagan una facilità oratoria veramente sorprendente. Le cento volte vidi nelle capanne i vecchi prendere la parola e tenerla per ore ed ore senza mai arrestarsi, senza un'inflessione di voce, senza un segno che rivelasse il minimo sforzo da parte dell'oratore ».

L'unico documento letterario in questa lingua è la versione degli Atti Apostolici fatta dal compianto Tommaso Bridges, stampata a Londra, di cui il nostro museo possiede copia.

In fascio.

I Missionari Salesiani dei Congo Belga, che si trovano tuttora ad Elisabethwille, in attesa che si compia la loro residenza a Bunkeja nel Katanga, che sarà la Casa centrale di quella nuova importante missione, scrivono in data 21 marzo al sig. D. Albera di aver compiuto la consolante cerimonia del battesimo di 18 neri. Essa ebbe luogo la domenica 10 marzo.

Dal Matto Grosso, al momento di andare in macchina, ci è giunta la nuova relazione promessa sulle Colonie indigene degli indii Bororos, di cui, grazie la bontà di un egregio Confratello, abbiamo anche fra mano una collezione d'interessanti fotografie. Con esse incominciamo ad illustrare le nostre pagine, fin da questo numero.

(1) Tutte le notizie sugli Hauss sono dovute alle note del prof. Tonelli, che interrogò direttamente questa donna.

(1) Gli Hauss, più che una tribù a sè, sono una diramazione degli Ona e il loro linguaggio costituisce una specie di dialetto della lingua di questi.

(1) Cfr.: El Territorio de Magallanes por JERMAN WIEGHARD. Tomo VI. -- Santiago de Chile, 1896, p. 6.

(2) Cfr.: GIACOMO BOVE, Patagonia, Terra del Fuoco. Mari Australi, Genova 1883, pag. 139.

(1) Cfr.: Diccionario Geografico Argentino por FRANcISCO LATZINA, pag. 754-5.

(1) Cfr.: WIEGHARD, op. Cit., pag. 30-1, e BovE, op. cit., p. 130

(1) Op. cit., p. 136.

(2) Op. cit., p. 136

(3) BOVE, op. Cit., p. 120.

(1) BOVE, op. Cit., p. 134-38.

IL CULTO di Maria Ausiliatrice

Pel 24 corrente nessuno manchi di pellegrinare in ispirito ai piedi dell' augusta Regina: è il giorno dei suoi trionfi e delle sue misericordie! Ciascuno La preghi per i proprii bisogni spirituali e temporali; ma tutti raccomandiamo a lei le intenzioni del Sommo Pontefice e le suppliche che giungono al Santuario da ogni punto della terra, e con filiale confidenza non lasciamo di implorare una speciale benedizione sul Processo Apostolico per la Causa di Beatificazione del Venerabile Don Giovanni Bosco, l'„Apostolo della devozione a Maria Ausiliatrice".

Avvisi e raccomandazioni.

Ai sigg. Direttori, Decurioni, Zelatori e Zelatrici raccomandiamo la seconda Conferenza annuale, prescritta dal Regolamento, per la solennità di Maria Ausiliatrice.

All'uopo invitino qualche zelante conferenziere, o preghino l'oratore del Mese Mariano od il predicatore domenicale della chiesa principale del luogo, a voler consacrare un discorso alle glorie di Maria SS. Ausiliatrice.

A tutti i Cooperatori raccomandiamo di ascriversi o di procurare nuove ascrizioni all'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice. Agli ascritti si propongono due cose: « Promuovere la gloria della Madre del Salvatore, per meritarsi la protezione di Lei in vita e particolarmente in punto di morte ; e promuovere e dilatare la venerazione a Gesù Sacramentato ».

A tutti gli ascritti all'Associazione dei divoti raccomandiamo la recente edizione del manuale di pietà « Il divoto di Maria Ausiliatrice » con numerosissime preghiere indulgenziate, riflessioni settimanali, speciali ossequi per ogni sabato, ed un Corso di letture pel Mese Mariano, tratte dalle opere del Ven. Don Bosco, illustranti direttamente i loro particolari doveri come ascritti all'Associazione suddetta.

La Novena suggerita da Don Bosco.

Il Ven. Don Bosco era solito dire: « Quando uno vuole raccomandarsi a Maria SS.ma con qualche novena stia attento a tre cose

» 1°. Di non avere niuna speranza nella virtù degli uomini: fede in Dio.

» 2°. La domanda si appoggi totalmente a Gesù Sacramentato, fonte di grazia e di benedizione. Si appoggi sopra la potenza di Maria, che in questo tempio di Valdocco Dio vuole glorificare sopra la terra.

» 3°. Ma in ogni caso si metta la condizione del fiat voluntas tua e se è bene per l'anima di colui per cui si prega ».

E raccomandava:

1° di recitare per nove giorni 3 Pater, Ave e Gloria al SS. Sacramento con la giaculatoria Cor Jesu Sacratissimum, miserere nobis (Cuore Sacratissimo di Gesù, abbiate pietà di noi) e tre Salve Regina a Maria SS con la giaculatoria Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis (O Maria, Aiuto dei Cristiani, pregate per noi) ;

2° di accostarsi ai SS. Sacramenti;

3° di fare o promettere un'elemosina proporzionata alle proprie forze a vantaggio delle Opere Salesiane.

GRAZIE E FAVORI

La fede dei nostri emigranti (*).

Il 30 marzo dell'anno 1910 coll'angoscia nel cuore, partimmo dal nostro paesello, Cureggio (Novara), per emigrare in California. Il nove di aprile, sbarcati a New York, salimmo tosto sul treno, ove dopo un giorno e una notte, l'unico nostro bimbo di allora cinque anni fu soprappreso da febbre gagliardissima e così, per non sapere la lingua, dovemmo passare senza un conforto due giorni e due notti.

Il bimbo ad ogni momento si aggravava. Si pensi il nostro dolore al trovarci tanto lontani, in un luogo sconosciuto, dove nessuno ci comprendeva. Giunti alla stazione d'El Paso, Tex., tre medici che ivi si trovavano, visitarono il bimbo e ci fecero trasportare sul carro d'ambulanza all'ospedale, ove fummo rinchiusi in una di quelle tante case di legno che lo compongono. Il piccino ornai era moribondo. Dalla finestra vedevamo tutti i giorni passare il carro funebre che veniva a prendere i cadaveri, ed il pensiero che fra poco anche la piccola salma del bimbo nostro sarebbe stata trasportata su quel carro in un cimitero di quelle terre sconosciute, ci straziava l'anima! Avessimo avuto in quei momenti angosciosi il conforto almeno della parola buona d'un Prete, o d'una Suora di Carità !

Nel colmo del dolore ci ricordammo della Vergine Ausiliatrice e con fede la pregammo a ridonare la salute al piccino, oppure ad ottenere a noi la forza di rassegnarci alla sua perdita. E promettemmo di mandare un'offerta pel decoro del tempio a Lei dedicato in Torino; di pubblicare la grazia sul Bollettino, e di condurre il figlio, al nostro ritorno in Italia, davanti all'altare della pietosa Regina di Valdocco a renderle grazie. Genuflessi ai fianchi del lettino del nostro Attilio incominciammo subito una novena.

Viva Maria, che nell'estremo della desolazione venne a consolarci! Erano le undici della stessa sera, quando il bimbo ad un tratto ci chiamò: « Papà, mamma, io non morrò ; no, non morrò; non piangete , la Madonna di Torino mi farà guarire ! » E da quel momento prese a diminuirgli la febbre, e prima che fosse terminata la novena il caro fanciulletto era tornato del tutto in salute.

Oh! noi lo vedemmo, che a nulla avevano servito le cure amorose dei buoni medici Americani, e fu proprio la Vergine Ausiliatrice che accorse in aiuto l...

O Vergine Santa, giacchè voi sola veniste a tergere le nostre lagrime e ci salvaste l'unico bimbo da morte certa, deh! tenetelo sotto il vostro manto, e guidatelo nel cammino della vita, affinchè egli venga a rendervi grazie non solo a Torino ai piedi del vostro altare, ma abbia anche, dopo questa vita, a venirvi a ringraziare ai piedi del vostro Trono di gloria in Paradiso.

Betteravia (California), 22 febbraio 1912.

Coniugi MARTA VALSESTA e DAVIDE MANFREDI.

Roma. - Quanto è buona Maria! Indescrivibile era la pena del mio cuore, nel sapere che i miei genitori, a cui sono naturalmente affezionata, erano solo uniti in matrimonio civile. Ricorsi con grande fervore e con tutta fiducia a Colei, che è invocata sotto il bel titolo di Aiuto dei Cristiani ; ed Ella asciugò le mie lagrime, esaudì i miei voti.

Mio babbo e mia mamma superarono ogni ostacolo, s'accostarono alla Confessione e alla Comunione, e con mia gioia, presente tutta la famiglia, nella Cappella di un istituto a me tanto caro, vollero benedetta la loro unione.

Madre mia dolcissima, a Te l'omaggio della mia riconoscenza... ed un cuore d'argento al tuo altare!

Aprile 1912.

Una figlia di Maria.

Barzesto di Schilpario. - Un'orrenda sciagura mi colpiva ai primi di agosto del 1910, seguita da non meno gravi conseguenze per me e per la mia famiglia. Confesso che dubitai della possibilità di potere almeno in parte riaccomodare le cose ; tuttavia nell'immenso mio dolore mi sovvenni di Maria Ausiliatrice e a Lei mi raccomandai con tutto lo slancio del mio cuore di padre e di sposo.

Passò un anno, e fu un anno d'angoscie ; ritornò quel triste giorno senza che nulla fosse avvenuto che me lo facesse dimenticare; ciò non di meno la mia fiducia in Maria, anzichè diminuire, crebbe sempre più e raddoppiai le mie preghiere. E non invano : chè ai primi di dicembre io otteneva la tanto sospirata grazia, e così per l'intercessione di Maria ritornava la pace nel mio cuore, la gioia e la tranquillità nella mia famiglia.

Accetta, o gran Vergine, le mie più vive grazie e quelle della mia famiglia, le quali, in riconoscenza, qui pubblicamente Ti tributiamo, e Tu dal Cielo guardaci sempre pietosa.

21 marzo 1912.

M. A. M.

Torino. - Sul finire del febbraio u. s., il mio cuore si trovava immerso in un mare d'angustia. Ostacoli insormontabili si opponevano accanita mente alla mia vocazione ecclesiastica e da un momento all'altro aspettavo una soluzione disgraziata; una vera catastrofe che avrebbe avvolto di tenebre il mio avvenire. In tale frangente ricorsi con fiducia a Colei, che è Ausilio dei Cristiani e Consolatrice degli afflitti, promettendo di collocare un cuoricino d'argento sul suo altare, se si faceva mia avvocata e mio scudo in sì fiero pericolo.

Oh bontà e visibile protezione della cara Madonna! Il giorno appresso a questo sfogo figliale, la tempesta che si era addensata su di me si dileguò per incanto, sicchè pubblico riconoscente la grazia e sciolgo il voto esortando tutti a riguardare in Maria la più sollecita, la più tenera e più potente delle madri.

2 marzo 1912.

Chierico L. M. R.

Pedara (Catania). - Il 25 gennaio dello scorso anno la nostra buona mamma, colpita da un furioso attacco apoplettico, cadeva come esanime al suolo, col pallore della morte sul viso. Non ci è possibile descrivere la costernazione della famiglia all'improvvisa sciagura, specie quando il medico dichiarò inevitabile la catastrofe, se fosse sopraggiunto un secondo colpo. In quell'ora d'angoscia e d'incertezza mortale, ci rivolgemmo con fede a Maria SS.ma Ausiliatrice promettendo un'offerta per la cappella di questo Istituto Salesiano, dove in suo onore si celebra solennemente la pratica del 24 del mese. La Vergine Ausiliatrice si commosse alle nostre preghiere. L'inferma cominciò a migliorare: quindi riprese l'uso delle membra paralizzate e cominciò a muoversi per la casa ; poi, camminando speditamente, si recò ad assistere alla funzione del

24 marzo in collegio. Quanto fu buona con noi la Madonna di Don Bosco!

Gennaio 1912.

Famiglia BONACCORSI.

Faenza. - Perchè al mio nipotino E. B. di soli circa 14 mesi, non appena fatta preghiera con promessa di offerta a Maria SS. Ausiliatrice in Torino, dava già quasi improvvisa, poi scompariva del tutto, l'acuta bronchite che l'aveva posto in grave pericolo di vita, con gratitudine devota invio una piccola offerta.

29 gennaio 1912.

P. B.

Grana. - Due mie nipotine si erano gravemente scottate, ed a quanto ci dicevano i medici molto si temeva di vederle guarire perfettamente. In tanto dolore e timore ricorsi con replicate novene a Maria Ausiliatrice, promettendo che se guarivano, conte io desiderava, avrei fatto pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano. Maria Ausiliatrice mi ha esaudita, ed io, benchè abbia tardato assai a compiere questo mio dovere, non me ne ero dimenticata, ed ora la ringrazio teneramente.

18 marzo 1912.

GINO MARIETTA.

Villa Valeria (Sud America). - Era già da qualche tempo che mi preoccupava un gran pensiero. Pensava al mio avvenire e lo vedeva nuvoloso. Decisi di ricorrere alla Vergine di Don Bosco celebrando una novena in suo onore, e promettendo di offrire pel Santuario che si sta edificando a Punta Arenas la somma di lire cento e di pubblicare la grazia nel Bollettino Salesiano.

Cosa mirabile! Appena finita la novena ricevetti la grazia tanto sospirata, che colmò di gioia il mio cuore, nonchè il cuore de' miei cari genitori e parenti. Riconoscente all'Ausiliatrice dei Cristiani, compio la promessa a gloria di sì eccelsa Signora.

25 settembre 1911.

CARLINO BORGATELLO.

Vienna (Austria). - Anche nello scorso aprile mia moglie fu presa da bronchite polmonare. Ricorsi all'arte medica, ma dopo due mesi non si vedeva il minimo miglioramento. Fu allora che con gran fiducia ricorsi a Maria Ausiliatrice, promettendo, se migliorava, di pubblicare la grazia sul Bollettino. O bontà della SS. Vergine! Cominciò subito a migliorare ed ora è fuori di pericolo. Adempio la promessa ed unisco una piccola offerta, ringraziando infinitamente Maria Ausiliatrice del favore ottenuto.

Gennaio 1912.

V. C.

Venezia. - È quasi un anno che ebbi la grazia di evitare un'operazione chirurgica che tanto mi faceva spavento, ed oggi mando una piccola offerta ad onore di Maria Ausiliatrice per la grazia ottenuta, ed adempio pure la promessa d'inserire queste mie povere espressioni nel Bollettino Salesiano. Anime care, che leggete, invocate sempre questa tenera Madre.

3 gennaio 1912.

C. C.

Perosa Argentina. - T'invocai, o Maria, t'invocò la mamma mia, t'invocarono i miei cari parenti, le mie consorelle e Tu, buona, ci esaudisti. Grazie, o Maria! Tu mi ottenesti dal buon Gesù la guarigione del gravissimo malore che mi tormentava. Riconoscente a tanta grazia, adempio la promessa fatta, unendo l'offerta di lire 10 per una Messa di ringraziamento al Tuo altare.

10 gennaio 1912.

Suor LUCIA TORTA.

Barolo. - Mio figlio quindicenne sul finire dell'anno scorso si ammalò di polmonite doppia. Due medici constatarono che l'affare era serio e che il giovane si incamminava a una tisi. Vedendo tutta la famiglia desolata e in singhiozzi, pensai di essere cooperatrice salesiana, e stabilii di fare una novena tutti insieme col malato, in onore di Maria Ausiliatrice, promettendo un'offerta di 10 lire e di pubblicare la grazia sul Bollettino. O bontà di Maria! non eravamo ancora alla fine della novena che il mio caro figlio migliorava, e ora abbiamo tutta la speranza che giunga presto a perfetta guarigione.

18 gennaio 1912.

TERESA MASCARELLO.

Agliano d'Asti. - Una grave disgrazia minacciava la famiglia; invano si poteva confidare nelle persone di questo mondo, ma in buon punto lui venne il pensiero: « La Madonna questa grazia ce la farà certamente! » Deponemmo ogni cosa nelle mani di sì buona Madre, pregandola di tutto cuore, e promettendo di pubblicare la grazia e d'inviare una piccola offerta. Non pregammo invano. La bontà di Maria SS. ci ha pienamente consolati!

15 gennaio 1912.

A. G.

Costa Vescovato. - Colla più viva riconoscenza sciolgo il mio voto, avendo per l'intercessione della nostra buona Madre ottenuto quanto dimandai: cioè la guarigione di un mio fratello da una pleurite giudicata incurabile dai primi specialisti d'Italia.

Si faccia pubblica questa grazia segnalatissima nel Bollettino Salesiano, a maggior gloria di Dio, e ad incoraggiare vieppiù il popolo cristiano a ricorrere fiducioso alla potentissima Madonna di D. Bosco.

9 marzo 1912.

Prev. D. SECONDO VISTARINI.

Voghera. - Avevo bisogno di una grazia segnalata e pregai a tal'uopo Maria SS. Ausiliatrice e il Ven. D. Bosco. Con mia grande consolazione ora ho ottenuta la grazia, ed adempio alla mia promessa inviando, coi miei più sentiti ringraziamenti un'offerta.

11 marzo 1912.

DELFINA PINCETTI VED. NICOLI.

Caserta. - Mamma mia celeste, come potrò ringraziarti della grazia che mi hai impetrata dal tuo divin Figliuolo ! Terribili sono state le lotte che ho dovuto sostenere, ma Tu, tenerissima Madre, sollecita del bene dei tuoi figli, mi stavi ai fianchi, mi davi forza a sopportare tutto con rassegnazione ; e colla tua valida protezione e col tuo potente aiuto, ho superato gravi avversità e contraddizioni a cui il Signore ha voluto sottopormi.

Te ne rendo infinite grazie, o Madre mia affettuosissima, e riconoscentissimo invio la tenue offerta promessa.

Aprile 1912.

Ch. ANTONINO PETRONACCI.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti

A*) - Aldeno: Guido e Marcellino Maule, 2 - Alessandria : E. C. - Aosta : B. S. - Arco : Luigi Gallas, 6.70.

B) - Bandita Cassinelle : Caterina Vercellino, 5 - Barcellona Pozzo di Gotto : N. N., 2 -- Bassano Maria Belloni, 5 - Bellinzona : Luigina Benini, 5 Bolzaneto : Giuseppe Parodi, fu Andrea - Brione Verzasca : Virginia Salmina, 5.

C) - Caltagirone : N. N., per grazia specialissima a Mons. Mineo, 5 - id.: N. N., per pia persona, 1 - Caltanisetta : Salvatore Sampieri, 3 - Candiolo : N. N. - Cardè : Lodovica Busso, 1 o - Careggine ; Carlo Mignaini, 5 - Casa Castaldo Ginesio Bensi, 2 - Casolla : Giovanni d'Amico, 5 - Cassine : Rosa Gamalero, 2 - Catania : Gemma Saitta, 3 - Campo : E. Parziani, 20 - Cicagna Paolo Toppiano, 5 - Cimalmolto : Maria Pontoni, 5 - Cistano d'Asti: B. C., I. - Crema, : Angela Bonadei, 5 - Crevola d'Ossola: Emilia-Bisogni Rosa, 15 - Cuccavo Monferrato : N. N., 4 - Cunevo: Francesco Job Bertol, 5.

D) - Dorno : Domenico Bettega, 2 - id.: Sac. dott. Francesco Carera, 3

E) - Enego : Angelo Gabrielli, 14.

F) - Faenza : Un devoto di Maria Ausiliatrice - Ferriera di Buttigliera Alla: Ferrero Maria, 8 - Firenze : Suor Placida Jacopi, 10 - Flumino Maggiore : Ferru Giulio e Maria, 5 - Fossano Giuseppina Barale, 15.

G) - Genova : Assunta Ruggeri, 5 - Giaveno I. P., 10 - id.: Teresa Aschieri - Girgenti : Beatrice Vellà, 5 - Gorgone : Picchi Batt. di Luigi, 5.

I) - Isili : P. Tarangiu Giovanni, 6,5o.

M) - Mantova : Teresa Poretta Tondini, 2 - Marsala : Vito Basile, 5 - Mendrisio : Angiolinetta Soldini, 15 - Milano : Luigi Pozzoli - id.: Clotilde Casazza Mapelli, 10 - Mogoro : Rita Padery nata Flores, 20 - Moncrivello : La Direttrice Istituto S. Rosa, a nome di pia cooperatrice, 4 - Mondonio : Una pia persona, 5 - Montemagno : I figli di Luigi Rinetti, fu Stefano, 3, invocando il potente patrocinio di Maria SS. Ausiliatrice che li aiuti a crescere pel paradiso, dove li aspetta la compianta ed amata loro madre, che caldamente raccomandano alle preghiere di tutte le anime buone - Marcone : Luigi Calabrese, 2 - Morsingo : Giorcelli Clementina, nata Robbione, 5 - Murello : Caterina Godano Ved. Gaido.

N) -- Nizza Monferrato : Luigina Poggio Barberis, 2.

O) - Olmeneta : Pietro Zamboni, 5 - Oriolo D. Cristino Razeto, a nome di Maria Mipoli, 20.

P) - Padova : Dottor Adelchi Bonatelli, per segnalatissima grazia, 15 - Pavia: T. T., 20 - Pescantina : Filomena Giovanni, 3 - Pietra Ligure : Isabella Castellino - Poirino : M. Maria, per due grazie straordinarie, 6 - Povoleto : Giuseppe Cecutti, 5 - Pozzolo Formigaro : Eugenia Borgarelli, 2.

R) - Riposto : Francesco Calabrò, 6 - Roma Sofia Lanciarini, 5.

S) - Sabbio: Chiese Maria Zerneri, 5 - Salemi Agata Pedone, 5 - San Daniele del Friuli : Emilio Patriarca, 5 - id.: Corva Marianna, 5 - Sanfront: Sac. Domenico Mascaretti, 5 - S. Caterina Villarmosa: Maria Eletta Fazio, 5 - id.: Epifania Pastorello, 5 - id.: D. Pasquale Seminatore, Arciprete, 2 - Savigliano : Santi Giov. Battista, 2,50 - Scano Monti ferro : Paolo Cabras di Giovanni, io - Schio : Lucia Lovato - Sedrina Isaia Carminati, 5 - Sesto Calende : Teresa Zocchi, 50 - Solignano : Albina Carpena, 5 - Soncino : Una Cooperatrice, 5 - Susa : T. E. B.

T) - Tirano : Margherita Mazza, 5 - Tonengo Canavese : Teresa Peretto, 1,50 - Torino : Vittoria Tiriano - id. : Margherita Piretta - id. Caterina Forte - id.: Margherita Ballo, 5 - id.: N. N., 2 - id.: Maria Pattarino, 3 - id.: Maddalena Blotto. i - id.: Firmina Sacchetto, 2 - id.: Severina Petrini, 3 - id.: Filomena Miglietti - id.: G. E., 5 - id.: Sac. N. N. e G. G. raccomandandosi alle preghiere dei divoti, sopratutto in questo mese.

U) - Udine : Anna Baldovini, 5.

V) - Valdieri : Sac. B. Arneodo, a nome del giovane Giovanni Bena di Sebastiano - Valtenera : Rosa Volpiano, 5o - id.: Vincenzo Lanfranco - Valgrisanche : Carlo Boson, 50 - Veneria Vercellese : Felicita Varalda - Venezia : L. C., 5 - Vicenza : Virginia Lunardoni, 5 - Vicolungo N. N., 5 - Vignole Borbera : Palmira Bottazzi e Maria Pia Ivaldi, riconoscenti per segnalatissime grazie, e supplicando nuove benedizioni, 10 - Villafranca Piemonte : Maria Bollati, 100.

X) - Baldi Ercole -- Gliricio Etnecor.

Santuario di Maria Ausiliatrice

TORINO-VALDOCCO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per ogni corrispondenza in proposito, come anche per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario di Maria SS. Ausiliatrice, Via Cottolengo, 32 - Torino.

Ogni sabato, alle 7.30 speciali preghiere per gli associati ail'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.

Dal 10 maggio al 10 giugno.

15 maggio - Comincia la Novena in preparazione alla Festa Titolare - Oratore: Sac. GIUSEPPE BRANCATI, Salesiano.

16 maggio - Ascensione di N. S. Gesù Cristo: orario festivo.

17 maggio: Anniversario della Pontificia Incoronazione di Maria Ausiliatrice. Indulgenza plenaria a chi visita il santuario dai primi Vespri del giorno 16 alla sera del 17. - Ore 5.30 e 7.30: Messe della Comunione Generale. - Ore 10: Messa solenne.

22 maggio : Primo giorno della Corte di Maria.

23 maggio: Secondo giorno della Corte di Maria: Vigilia della solennità di Maria Ausiliatrice - Ore 6 Messa, Predica, Benedizione solenne - Ore 7.15: Messa celebrata da S. E. Rev.ma Mons. COSTANZO CASTRALE, Vescovo tit. di Gaza - Ore 16: Conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane, seguita dal canto delle Litanie, Tantum Ergo e Benedizione solenne - Ore 18,30: Primi Vespri Pontificali, Discorso e Benedizione solenne - Illuminazione dell'esterno del Santuario, concerto e canti corali.

24 maggio: Solennità di .Maria SS. Ausiliatrice e terzo giorno della Corte di Maria - Indulgenza plenaria - Messe dall'aurora alle 13 - Ore 5,30: Messa celebrata dal Rev.mo Sig. D. ALBERA, Rettor Maggiore dei Salesiani - Ore 7,15: Messa celebrata da Sua Eminenza Rev.ma il signor Card. AGOSTINO RICHELmv, nostro Veneratissimo Arcivescovo - Ore 10: Messa Pontificale di Sua Ecc. Rev.ma Mons. GIOVANNI GAMBERONI, Vescovo di Chiavari - Infra Missam Panegirico - Alle ore 16: (per comodità dei pellegrini): Litanie, Tantum Ergo e Benedizione solenne - Ore 18: Vespri Pontificali, Processione, Trina Benedizione col SS. Sacramento impartita dall'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo - Illuminazione e concerto.

25 maggio: Le preghiere di questo giorno sono in suffragio degli ascritti all'Arciconfraternita dei divoti di Maria Ausiliatrice, e di tutti i benefattori defunti del Santuario.

26 maggio: Solennità di Pentecoste e chiusura delle feste titolari - Ore 5,30 e 7,30: Messe della Comunità - Ore 9,30: Messa cantata - Ore 16,30: Vespri, Discorso, Te Deum e Benedizione solenne.

6 giugno: Solennità del Corpus Domini - Alle 12: Esposizione del SS. Sacramento; 16,30 Vespri, ecc.

7 giugno: Primo venerdì del mese - Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.

9 giugno: Feste giubilari e solenne Te Deum di ringraziamento per le Nozze d'Oro Sacerdotali di S. E. Rev.ma Mons. Cagliero, e dei Rev.mi Don Francesia e Don Lemoyne. - Orario festivo.

NOTE e CORRISPONDENZE

Reverenti omaggi.

Il 21 aprile a Parma veniva consacrato da quell'Ecc.mo Arcivescovo-Vescovo Mons. Guido Conforti, il nuovo Vicario Apostolico dell'Honan Occidentale Mons. LUIGI CALZA, elevato dal S. Padre alla Sede Vescovile Tit. di Termesso, già allievo del Collegio S. Benedetto di Parma. Al giovane Prelato, al quale la Divina Provvidenza affida lo sviluppo delle Missioni dell'Istituto Parmense S. Francesco Saverio in Cina, torni gradito l'omaggio della nostra sincera esultanza, accompagnato dai più fervidi auguri.

Il Santo Padre elevava alla dignità Vescovile il caritatevole benefattore dell'Oratorio di Borgo S. Donnino, rev.mo Mons. ALBERTO CoSTA, Vicario Generale di quella città, destinandolo alla Chiesa Cattedrale di Melfi e Rapolla ; il rev.mo Mons. GIOVANNI PULVIRENTI, Professore nel Seminario di Acireale, eletto alla Chiesa Cattedrale di Anglona e Tursi; il rev.mo Mons. GIUSEPPE SCARLATA, Arciprete di Villalba, diocesi di Caltanisetta, promosso alla Chiesa Cattedrale di Muro Lucano.

Ai nuovi Presuli, nostri benemeriti Cooperatori, l'augurio cordiale delle più sante consolazioni nel loro Episcopato.

* *

Contemporaneamente porgiamo i pio vivi ringraziamenti ai rev.mi Don Tommaso Pasini, Preposto di S. M. in Calchera, in Brescia; Mons. Giuseppe Sartore, Cappellano d'onore del g. Padre Pio X, Parroco di S. Maria della Carità in Mantova; Don Paolo Maule, Prof. nel Seminario Vescovile di Vicenza, che benevolmente accettarono la Direzione dei Cooperatori nelle rispettive diocesi; e al rev.mo D. Pietro Lana, Preposto Vic. For. di Nizza Monferrato, che ha assunto in questa città la carica di Condirettore.

A Valdocco.

Nella Basilica di Maria Ausiliatrice dal 25 al 31 marzo si tenne un corso di predicazione per preparare specialmente gli adulti all'adempimento del Precetto Pasquale. L'affluenza di popolo alle Conferenze religiose della sera, dette dal Sac. Stefano Trione e convenientemente illustrate con opportuni quadri luminosi, fu invero straordinaria.

Nella Settimana Santa seguì un adatto corso d'istruzioni religiose nei due Oratori che sorgono in vicinanza del Santuario, a vantaggio della gioventù maschile e femminile; e consolantissimi frutti produsse la Divina Parola.

Le Comunioni distribuite nella Basilica e nelle chiese dei due Oratori la mattina di Pasqua furono oltre quattromila.

Per l'Oratorio maschile si dovettero fare tre funzioni distinte: ed una di queste fu riserbata esclusivamente pei fanciulli che si accostarono per la prima volta alla S. Comunione, pei quali celebrò il rev.mo sig. Don Albera.

Il mese di Maria SS. Ausiliatrice cominciò con gran concorso di fedeli. Numerosissimi furono anche i Sacerdoti forestieri che fin dalla prima mattina celebrarono nel Santuario.

Tra i figli del popolo.

ROMA. - Una gita alle catacombe. - Un'altra cara visita di pellegrinaggio, coronata da una Comunione generale, fu compiuta da un bel numero di giovanetti dell'Oratorio del S. Cuore, il giovedì di mezza quaresima, alle Catacombe importantissime, scoperte recentemente, di S. Comodilla sulla via Ostiense a pochi minuti dalla basilica di San Paolo.

Queste frequenti visite ai sacri luoghi son particolarmente dovute alla cortese sollecitudine del signor Marchese Guglielmi delle Rocchette, il quale è uno dei membri più attivi e benefici del Collegio dei Cultori dei Martiri.

« Uno speciale motivo poi questa volta - scrive il Bollettino mensile della Parrocchia del S. Cuore - ci ha tratti con nuovo entusiasmo al pio pellegrinaggio, il desiderio cioè di adempire in modo, diremmo ufficiale, all'invito del Bollettino Salesiano, il quale raccomandava in uno degli ultimi numeri ai nostri giovanetti, di ricordarsi vicino alle tombe dei martiri particolarmente di tutti gli alunni raccolti negli istituti ed oratorii salesiani. E furono ben lieti i nostri fanciulli del dolce incarico, affidato ad essi, che, unici al mondo, possono avere una tanta fortuna! Lo sappiano i mille e mille fratelli sparsi nel inondo, che, uniti alla memoria dei primi giovanetti martiri della fede scaturirà sempre d'ora innanzi più che mai spontanea nel cuore dei fratelli di Roma il loro ricordo, per impetrare a tutti quel coraggio e quella purezza cristiana che formano le più belle gemme dei figli della chiesa ».

Ai bravi giovani romani il grazie più cordiale, più sentito, più affettuoso di tutti i giovani raccolti negli Istituti salesiani dell'uno e dell'altro Continente!

Notizie varie.

In Italia.

FIRENZE. - Ars et Charitas. - Nella Nazione dell'8 marzo si leggeva il gentile invito:

« Anche quest'anno, per bontà tutta speciale della contessa Francesca Guicciardini Corsi, nelle belle sale del suo palazzo di Via Ghibellina, 67, verrà fatta quella Mostra di lavori femminili e di numerosi oggetti artistici che ormai Firenze gentile, elegante, generosa, ha conosciuto ed apprezzato per il passato e che basta ricordare perchè tutta vi accorra.

» E gli oggetti di squisito buon gusto che in questa Mostra vengono raccolti sono posti in vendita dalle signore stesse del Comitato ed il ricavato va tutto a vantaggio di una delle più belle opere di beneficenza fiorentina.

» Questi lavori, di cui qualcuno avrà potuto ammirare esemplari molto belli nelle vetrine di Giacosa dove sono stati esposti, oltre il pregio di uscire da mani gentili di tante signore e di essere rifiniti in tutti i minimi particolari, hanno anche, per chi deve acquistarli, il merito di essere di prezzi addirittura mitissimi, e di ciò facilmente si comprende la ragione, pensando che quei cinquecento e più oggetti sono quasi tutti regalati delle signore fiorentine al Concitato « Ars et Charitas » ed è quindi naturale che per questo sian posti in vendita a prezzi al di sotto del loro giusto valore... ».

Or l'esito dell'Esposizione-vendita fu assai consolante: nei due giorni si ricavò il provento di L. 4684.8o. Vivi ringraziamenti alla Nobil Donna Contessa Guicciardini-Corsi, alla sua famiglia, all'intero Comitato « Ars et Charitas ».

- Il 18 marzo, vigilia della Festa di S. Giuseppe, si sono ripresi i lavori pel compimento della Chiesa in costruzione, nella speranza che questa ripresa sia la definitiva e che mercè l'assistenza continua ed efficace dei numerosi devoti della Sacra Famiglia si possa presto giungere a quel compimento che vivamente da tutti si desidera.

- La festa poi di San Giuseppe, il capo della S. Famiglia, fu celebrata colla più schietta allegria e colla più edificante pietà dai nostri artigianelli.

Celebrò la messa della Comunione generale S. E. Rev. Mons. Donato Velluti Zati dei Duchi di San Clemente, il quale infra missam rivolse ai presenti ed in ispecie ai fortunati ammessi per la prima volta alla Sacra Mensa Eucaristica un elevato fervorino, rilevando il grande amore che Gesù manifesta agli uomini nel darsi tutto a noi in cibo spirituale.

Alle ore 10 1/2 vi fu messa solenne alla quale la Schola Cantorum dell'Istituto eseguì la « Missa brevis » del direttore D. Tassi, colle parti variabili in canto figurato dello stesso autore: e nel pomeriggio la banda eseguì scelti pezzi di concerto riscuotendo applausi.

A sera, dopo la benedizione ebbe luogo una riuscitissima Accademia musico-letteraria. Si inneggiò a San Giuseppe, al Santo Padre Pio X, ai giovinetti della prima Comunione, a Don Bosco. In fine il Direttore volle commemorata la solenne ricorrenza del trentesirno anniversario della fondazione dell'Oratorio festivo in Firenze, ripromettendosi dai giovani dell'Oratorio stesso una speciale e più solenne commemorazione.

NIZZA MONFERRATO. - La gentile e santa iniziativa delle Ex-Allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice a favore delle fanciulle e delle giovanette che frequentano l'Oratorio del S. Cuore, e di cui noi parlammo qualche mese fa, diè luogo a più festicciuole spiranti tutte la più alta fede, e la più sicura e grata affezione.

Fu prima la squadra della S. Infanzia, che nel 14 gennaio festeggiò il nome SS. di Gesù e la sua zelante Madrina; due settimane dopo fu la volta della squadra del Ven. D. Giovanni Bosco; e la domenica 17 marzo di quella di S. Agnese.

Benedette le anime, che sanno moltiplicare, compiendo il bene, le gioie più umili, ma le più vere, le più sante!

PARMA. - Nella Scuola di Religione. - Preceduta da un triduo di conferenze, predicate con fervore d'intimo senso religioso dal Sacerdote Dott. Grassi, ebbe luogo la domenica 31 marzo la Comunione pasquale in S. Benedetto.

« Monsignor nostro Arcivescovo-Vescovo - scrive la Giovane Montagna del 6 aprile - aveva promesso e sarebbe stato ben lieto di celebrare Lui la festa, ma essendo stato chiamato d'urgenza altrove per imprescindibili doveri dell'alta sua dignità, venne, acconsentendo gentilmente all'invito del Direttore D. Paolo Lingueglia, dalla vicina Borgo S. Donnino quell'Ecc.mo Vescovo Mons. Leonida Mapelli. Al triduo si erano sempre avuti un centinaio d'uditori; alla Comunione furono ben duecentodiciassette, numero non mai raggiunto gli anni addietro. Erano giovani studenti d'Università, oramai vicini a entrar nella vita attiva delle classi dirigenti, giovani di liceo impazienti della licenza che apra loro i battenti degli Atenei, giovani d'istituto tecnico avviati al diploma di Ragioneria e che nelle aridità degli studi computistici non sentono raffreddarsi nel cuore la fede; giovani del Conservatorio Musicale che univano nel loro cuore le armonie delle arti dei suoni a quelle della Religione; e altri più giovani del ginnasio e delle scuole tecniche, tenere speranze delle famiglie che aspettano con impazienza che venga per loro il tempo di sedere sui banchi del Liceo e delle Università e che ora frequentano i corsi medii della Scuola di Religione in attesa di passare al superiore. Frammisti a questa eletta classe di studenti si notavano, con fratellanza davvero cristiana, alcuni artigiani del Circolo Niccolò Marchese dell'Oratorio festivo e della benemerita « Silvio Pellico » che sorta, si può dire, nello stesso Oratorio conserva con esso e coi superiori dell'Istituto di S. Benedetto i più affettuosi vincoli. Il contegno di tutta questa gioventù, durante la non breve funzione, fu quale può aspettarsi da giovani educati e credenti, edificante. Alla Comunione lo zelantissimo Vescovo non potendo trattenere la piena dell'affetto, pronunciò, traendo argomento dalla festività delle Palme, tenere e vibranti parole invitando tutti a imitare gli abitanti di Gerusalemme nel muover incontro a Gesù, ma a mantenerglisi poi sempre fedeli per l'avvenire. - Nel tenervi fedeli e stretti a Gesù - disse Mons. Mapelli - voi troverete la felicità eterna e quel tanto di vera felicità che può dare la terra ».

Finita la funzione tutti passarono negli ampi refettori del Collegio S. Benedetto, che furono stretti a tanto concorso, mentre la Banda dell'Oratorio festivo diretta dal M. Contini suonava allegre sinfonie.

A completare la festa furono inviati, per proposta del Direttore del Collegio e tra gli applausi di tutti, quattro telegrammi: al S. Padre, a Mons. Conforti, al signor D. Albera, e al nostro Procuratore Generale in Roma, Sac. Dott. Dante Munerati, antico e sempre ricordato Direttore della Scuola. Chiamato da doveri del suo ministero Mons. Mapelli ripartiva alle 9,48 per Borgo S. Donnino portando in cuore il più dolce ricordo dell'indimenticabile dimostrazione di fede della gioventù parmense.

Il pensiero dei convenuti volò anche - rileva il citato giornale - « alla sacra memoria di Mons. Miotti e del Sac. Baratta, allo zelo e all'opera dei quali deve Parma questa nobile istituzione che la fa oggetto di primato e di invidia fra le diocesi consorelle. Oh come avranno esultato quelle due anime benedette nel vedere il rinnovarsi fecondo e in proporzioni così consolanti del germe da essi gettato ».

ROMA. - Conferenze religiose. - L'opera delle conferenze per soli uomini, fiorente da quattro anni nella Parrocchia del S. Cuore al Castro Pretorio, tenne, come di consueto, nell'imminenza della Pasqua, un breve corso in preparazione al Precetto, il cui carattere esclusivamente religioso non scemò nè il concorso, nè il favore dell'uditorio, anzi ne accrebbe l'assiduità e la soddisfazione. Oratori furono il sig. Cav. Cremonesi, il nostro confratello D. Gianferrari e il ch.mo P. Stradelli S. J.

I frutti delle loro parole si videro palesemente nelle confessioni numerose oltre ogni speranza. Il

tempo turbò il successo finale dell'opera, ostacolando il concorso generale dei frequentatori delle conferenze alla Comunione, che doveva essere distribuita nelle Catacombe di S. Callisto e che, per speciale concessione, doveva valere come soddisfazione del precetto.

« Tuttavia - scrive l'Osservatore Romano del 24 marzo - furono oltre cento gli uomini che, sfidando le intemperie, vollero intervenire al convegno, e che, nella cripta di S. Cecilia, con profonda commozione eccitata dall'esempio reciproco della più edificante pietà e dal toccante fervorino del celebrante D. Gianferrari, si accostarono alla Mensa Eucaristica e si trattennero dopo a pregare in comune pel trionfo della fede, per la conservazione del Sommo Pontefice, per la prosperità delle famiglie e per la vera gloria della patria.

» Chiuse felicemente la festa di tanti cuori legati omai dai vincoli della comunanza di palpiti per uno stesso ideale, una lieta refezione nell'ospitale refettorio dei Padri Trappisti, ed una visita alle catacombe, illustrata dalla dotta parola del Padre Sisto e resa imponente dal suono degli inni sacri cantati da quelle cento voci virili risonanti solennemente in quelle buie gallerie un giorno testimoni ed oggi mute ispiratrici di fede e d'entusiasmi cristiani ».

- Pellegrinaggio lombardo. - La mattina del 22 marzo i pellegrini lombardi accorsi a Roma per rendere omaggio al S. Padre, si recavano alla Chiesa del S. Cuore al Castro Pretorio, per una funzione di commiato.

L'Em.mo Cardinale Ferrari, accolto al portone della Chiesa dal Clero della Parrocchia, dopo un caldo fervorino traboccante di gratitudine al Signore per la buona riuscita del pellegrinaggio ed eccitante gli animi ad un solenne tributo d'omaggio al S. Cuore nel suo bel tempio, celebrò il S. Sacrificio, durante il quale quasi tutti i pellegrini si accostarono alla S. Comunione, preparati da un apposito fervorino di mons. Balconi, direttore spirituale del pellegrinaggio medesimo.

- Nella Cappella delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in Via Marghera, nei primi tre giorni di aprile si tenne un corso di Esercizi Spirituali per le Signorine Maestre e Studenti al Magistero ed alla Università.

Nonostante alcune diffoltà, fra cui il tempo invero poco propizio, il numero delle intervenute fu molto superiore a quello degli anni scorsi, sicchè la Cappella appena appena bastava a contenerle. Predicarono il rev.mo Mons. Rovella, Parroco di S. Maria Maggiore, e il nostro Confratello Don Gianferrari. Il corso finì la mattina del Giovedì Santo colla Comunione Pasquale. La Cappella era stipata.

Celebrò la S. Messa S. E. Rev. Mons. G. Bressan, che al Vangelo infervorò tutte le presenti ricordando l'istituzione della SS. Eucaristia ed accennando alle disposizioni necessarie per riceverla degnamente: « Il nostro cuore, egli disse, deve avere le stesse doti che aveva la sala in cui Gesù fece l'ultima Cena: cioè dev'essere mondo, grande, e ben disposto. »

Alla funzione religiosa tenne dietro un'allegra colazione : «Dopo il cibo spirituale è necessario il cibo materiale » disse Mons. Bressan, quando fu a benedire le numerose tavole imbandite per la colazione !

« E noi, - scrive una delle intervenute - piena l'anima di gioia per avere tutte insieme fatta la Pasqua, trascorremmo un'ora di schietta allegria spargendoci a gruppi nel cortile e nel giardino.

» Il mercoledì seguente avemmo la fortuna di essere ricevute in udienza dal S. Padre, cui a meglio esprimere i sensi del nostro filiale affetto e del nostro attaccamento alla Chiesa e il proposito di fare il possibile nella nostra condizione di insegnanti per mantener vivo lo spirito cristiano fra le schiere giovanili, glieli scrivemmo in un breve indirizzo che offrimmo a S. E. Mons. Maggiordomo.

» La benedizione del Santo Padre confermi le nostre promesse !

» E come dimenticarle, se il giovedì seguente le rinnovammo sulle tombe dei Martiri, là nelle catacombe? Niente meglio che la visita alle Catacombe di S. Callisto poteva ravvivare la nostra fede. Ascoltammo la S. Messa nella Cripta di S. Cecilia; e prima della Comunione, quando il Celebrante c'invitò a meditare sugli insegnamenti dei Martiri, dimenticando tutte le miserie, le distrazioni, le noie della nostra vita quotidiana, noi sentimmo sorgere spontaneo nell'animo il desiderio di combattere e di soffrire per questa fede che ha dato tanta forza ai Martiri.

Voglia Iddio che il ricordo di questa visita rimanga vivo nell'animo nostro e ci dia forza nelle

difficoltà. Un grazie di cuore a tutti coloro che con affetto, bontà e pazienza ci invitarono a fare la Pasqua in modo così caro e indimenticabile ».

S. VITO TAGLIAMENTO. - La domenica 3 marzo - rileviamo dal giornale La Concordia - venne posta la prima pietra della Casa e dell'Oratorio Salesiano.

Numeroso pubblico assisteva alla funzione. Erano presenti il Sindaco, cav. Pio Morassutti; i membri della commissione: Gian Paolo Morassutti, Gustavo Scodellari, Luigi Bottos. Mons. Arcidiacono, dopo aver collocata la pergamena nella pietra benedetta, disse, con accento vibrante di commozione, parole appropriate alla circostanza. L'interessamento costante della cittadinanza per l'opera salesiana.... assicura che in breve sarà compiuto questo lavoro così necessario e sospirato ».

All' Estero.

TRIESTE. - Sua Eminenza il Cardinale Nagl all'Oratorio Salesiano. - Il Principe Arcivescovo di Vienna, l'Em. Card. Nagl - leggiamo nel Corriere Adriatico del 21 marzo - volle onorare colla sua presenza l'Oratorio Salesiano, la benemerita istituzione cui l'eminente Porporato ebbe a consacrare le sue più affettuose cure allorquando, vescovo di Trieste, reggeva la nostra diocesi.

» La notizia di questo atto di deferenza per l'Istituzione salesiana fece sì che al trattenimento

indetto per solennizzare il lieto avvenimento una folla straordinaria di ogni ceto, malgrado il tempo sfavorevole, accorresse all'Oratorio, preparando al cardinale Nagl un'accoglienza festosissima. Al suo varcare la soglia dell'Oratorio ben mille ragazzi schierati nel giardino accolsero con entusiastiche acclamazioni l'insigne prelato, il quale si degnò assistere a tutto il trattenimento organizzato in suo onore....

» Ogni singolo pezzo venne accolto da grandi applausi, ai quali ebbe pure ad unirsi l'illustre ospite.

» Dopo lo spettacolo, il benemerito direttore dell'Oratorio Salesiano, D. Michelangelo Rubino, tenne un efficacissimo discorso, ringraziando anzitutto l'eminentissimo cardinale Nagl per l'onore fatto all'Istituto coll'intervenire all'odierna solennità, accennando alle di lui benemerenze per l'istituzione ed al consolante sviluppo della medesima.

» In mezzo alla generale attenzione prese indi la parola il cardinale Nagl il quale esortò i benefattori a voler continuare nella loro opera umanitaria, esortò i giovanetti a volersi mantenere sempre sulla retta via del bene, invitando infine la valente banda dell'Oratorio a voler intervenire al Congresso Eucaristico che prossimamente verrà tenuto a Vienna.

» Tra gli intervenuti notammo il vescovo di Trieste mons. Andrea dr. Karlin, numerosi sacerdoti ed uno stuolo di distinte signore e signori benefattori dell'Istituto.

» Sua Serenità il principe Hohenlohe scusò la sua assenza per ragioni d'ufficio ».

GORIZIA. - Sua Eminenza il Card. Nagl, Arcivescovo Principe di Vienna, da Trieste passò a Gorizia, dove diede una novella prova della paterna benevolenza che nutre per l'Opera Salesiana.

Accolto alla stazione dalle supreme Autorità locali , Ecclesiastiche e Governative, gradì assai l'omaggio di una rappresentanza dell'Istituto e dell'Oratorio Salesiano, cui si degnò rivolgere le più care parole, conchiudendo : « Sono proprio contento di vedervi, perchè io voglio molto bene ai giovani, e perchè io sono quasi il Padre degli Istituti Salesiani in Austria ».

Ma dove apparve maggiormente la benevolenza dell'Eminentissimo Prìncipe per l'Opera nostra, fu nella visita che fece al Convitto San Luigi la domenica 24 marzo alle ore 10.30, in compagnia di S. E. Mons. Karlin, Vescovo di Trieste. Erano ad attenderlo « insieme ai Superiori e giovani dell'Istituto e buon numero di giovanetti dell'Oratorio Festivo, anche una rappresentanza dei Cooperatori Salesiani tra i quali - scrive l'Eco del Litorale - notammo il Cors. Prof. Federico Simzig, il Cav. Carlo Doliac, il sig. Giovanni Ferrario, il M. R. D. Giov. Nanut, il M. R. Prof. D. Luigi Fogar, nonchè una rappresentanza di Ex-Allievi. - Ricevuto al suono della Banda intrecciantesi ad entusiastici evviva, Sua Eminenza volle intrattenersi famigliarmente con i benemeriti Cooperatori Salesiani, quindi fatta insieme ad essi una visita alla Cappella del Convitto, passò nella sala del Teatrino, ove alternando declamazioni ed allegre suonate, quei bravi giovani gli espressero i loro ringraziamenti per la paterna benevolenza loro addimostrata.

L'Eminentissimo si degnò quindi rivolgere le più care parole alla festante schiera di giovani che Gli facean corona

« - Crescete su buoni e bravi, disse loro, praticando le massime che i vostri Superiori si industriano di innestare nei vostri cuori.

» L'uno si studii di essere in tutto di buon esempio all'altro, non solo nel tempo che o starete in Collegio o frequenterete l'Oratorio, ma altresì quando lontani da questi asili della vostra gioventù voi vi troverete in mezzo al mondo. Allora non dimenticatelo questo luogo, ma venite, venite spesso a ricordare i belli anni che qui avete trascorsi ; questo vi sarà di conforto e di impulso nelle lotte della vita.

Voi mi avete ringraziato per quanto ho fatto per l'Opera di D. Bosco.... Per quest'opera sana lavoro io, lavoriamo noi tutti Cooperatori Salesiani. Ha è necessaria altresì la vostra corrispondenza, perchè si possano riportare i buoni frutti sperati. - Voi intanto fate sì che io, andando a Vienna, ove quasi settimanalmente vedo i vostri compagni di quell'Istituto Salesiano, possa dire loro che voi siete buoni, che essi seguano il vostro buon esempio, poichè voi adempite coraggiosamente tutti i vostri doveri di buoni figli, di buoni cittadini, di buoni cattolici.

»E con questo intento e con questo augurio che vi impartisco la santa benedizione ».

Rivolto poi ai Signori Cooperatori Salesiani aggiunse parole riboccanti di stima e d'affetto, terminando

« Noi siamo confratelli! lavoriamo uniti alla rigenerazione morale della gioventù, e a vantaggio dell'Opera provvidenziale di D. Bosco ».

Gli applausi, spontanei, festanti, entusiastici, che coronarono l'allocuzione dell'Eminentissimo Principe furono una vigorosa affermazione al suo dire e la più chiara espressione del fermo proposito di voler corrispondere ai suoi saggi consigli.

Mentre la banda intuonava una marcia, i giovanetti si schierarono ancora una volta ad applaudire l'amabile Porporato che evidentemente soddisfatto, sorridendo a tutti, partì tra le più vive acclamazioni, lasciando nei presenti la più dolce, la più indimenticabile impressione.

Una deputazione di alunni ed oratoriani colla loro banda musicale, insieme con parecchi cooperatori ed un numerosissimo pubblico, non mancò di recarsi ad ossequiare l'Eminentissimo alla sua partenza da Gorizia. Non appena giunse alla stazione col Principe Arcivescovo Mons. Sedej, Sua Eminenza venne ossequiata dagli intervenuti nella sala d'aspetto di I. classe, mentre - per gentile concessione del capo-stazione - la banda dell'Istituto Salesiano suonava una lieta marcia.

Sua Em.za a dimostrare la soddisfazione con cui gradì la cordiale sorpresa, appena compiute le formalità, volle subito uscire fra i ragazzi per esprimere loro tutta la sua compiacenza.

Di fronte a tanta bontà, ci è impossibile trovare degne parole di ringraziamento !

BOGOTÀ. - Il Presidente della Repubblica al Collegio Salesiano. - Il 5 marzo, Sua Eccellenza il Dott. Carlo E. Restrepo, Presidente della Repubblica, recavasi al Collegio Leone XIII.

Accompagnato da due ufficiali dell'esercito e dal sig. Posada Gaviria, nostro benemerito Cooperatore, giunse al Collegio alle ore 17. Ricevuto dall'Ispettore delle Case Salesiane di Colombia e Venezuela e dai Superiori dell'Istituto, venne salutato dalle note dell'inno nazionale, eseguito dalla banda, quindi passò a visitare minutamente la casa, come da molto tempo non aveva più fatto, restando altamente ammirato dei progressi raggiunti negli ultimi anni. Volle vedere ed esaminare il motore, l'alveare, l'orto e tutte le nostre scuole professionali, intrattenendosi più a lungo nella fonderia di caratteri e nella stamperia. E come non mancò di esprimere tutta la sua soddisfazione nell'ammirare le macchine messe in moto dal nuovo motore e gli esercizi pratici degli alunni, così andò ripetendo ad ogni passo: « Opere come queste sono chiamate a redimere la Nazione! » Prima di partire, nel cortile principale, illuminato splendidamente, Sua Eccellenza volle anche presenziare alcuni esercizi ginnastici eseguiti dalle squadre degli allievi artigiani e studenti al comando del loro bravo maestro di ginnastica, dopo di che prendendo occasione da un discorsetto di ringraziamento lettogli da un giovane a nome dei superiori e degli alunni, con brevi ma cordiali parole animò calorosamente i giovani « a prepararsi, pel bene della patria, alle lotte della vita col lavoro nobilitato dalla religione ».

MANCA (Uruguay). - Benedizione di una Cappella. - Da molti anni si sentiva in quel nostro Collegio « Juan Jackson » il bisogno di una cappella ampia e decorosa, non solo per la comodità degli alunni, ma anche per quella del vicinato, sempre più numeroso nelle campagne circostanti.

E la cappella è sorta, come per incanto, grazie allo zelo dell'Ispettore Don Giuseppe Gamba, che, dedicandola a S. Giuseppe, Titolare di quella nostra Ispettoria, soddisfaceva nello stesso tempo alla profonda devozione che egli nutre verso il suo Santo Patrono.

La costruzione, eseguita su disegno dell'architetto Salesiano, prof. Don Ernesto Vespignani, è di una squisita semplicità.

Alla solenne Benedizione, impartita da Mons. Costamagna, assisteva un largo stuolo di salesiani, che pochi giorni prima erano convenuti per gli Esercizi Spirituali nel vicino Collegio « Pio ».

La benedizione si effettuò il 1° di febbraio ed il giorno seguente, festa della Purificazione della Madonna, vi furono numerosissime messe, tra cui quelle di cinque nuovi Sacerdoti ordinati pochi giorni prima. Alle 9 pontificò Mons. Costamagna ed il discorso di circostanza fu detto dal nostro confratello dott. Don Giuseppe Vidal.

A sera l'accademia di circostanza ebbe un interesse particolare per la presenza del poeta nazionale ed oratore celeberrimo Dott. Zorilla de S. Martin, che in uno slancio d'eloquenza disse tutta la sua ammirazione ed il suo affetto a Don Bosco ed all'opera sua.

Erano pure presenti all'atto la madrina ed il padrino della Cappella, signora N. Stirling e signor Giovanni B. Goyret.

L'eco della festa, solennissima, malgrado l'impronta famigliare, non si spegnerà così presto nel ricordo dei convenuti. Da parte nostra, al chiudere questi brevi note facciamo voti che in quella nuova Casa di Dio si centuplichi il bene a favore del vicinato, composto anche di molti italiani.

IBAGUE (Colombia). - Lusinghiero assai fu l'esito dell'anno scolastico-professionale nell'Istituto Salesiano d'Ibagué, che si chiuse con una Esposizione tecnico-didattica inauguratasi il 18 novembre u. s. e la solenne distribuzione dei premi compiutasi il dì appresso. Vario e interessante il saggio dato pubblicamente da cinque alunni che ebbero il diploma di compiuto tirocinio; ammiratissimo il reparto dei saggi della Scuola d'agraria; e quanto mai benevoli le parole dette dai signori presenti, sopra tutto dal Gen. Antonio Pineda, rappresentante l'Ecc.mo sig. Governatore e il sig. direttore della Pubblica Istruzione di quel Dipartimento.

Io stesso e con me tutti i Salesiani siamo testimoni che molti nostri Benefattori, i quali prima erano di scarsa fortuna, divennero assai benestanti dopo che cominciarono a largheggiare in carità verso i nostri orfanelli.

D. Bosco.