BS 1910s|1912|Bollettino Salesiano Marzo 1912

ANNO XXXVI - N.3   Torino, Via Cottolengo, 32   MARZO 1912

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO

SOMMARIO: Onoriamo S. Giuseppe    65

In memoria di Mons. Fransoni    66 Oremus pro Pontifce! . . 68 Nuove spigolature. Omaggi a D. Bosco e al suo sistema educativo . . . 69 In onore di S. Francesco di Sales: Feste e conferenze 73 Tesoro spirituale . 75 DALLE MISSIONI : Cina: Da Macao ad Heung-Shan - Terre Magellaniche: « Folk-lore » fueghino - FIORI E FRUTTI: II) Una sepoltura cristiana .   76

II. CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Pel 24 corrente - Feste e date memorande - Grazie e graziati 85 NOTE E CORRISPONDENZE: Ossequioso omaggio - A Valsalice - Tra i figli del popolo - Notizie varie: Italia, Estero    89

Necrologio    95

onoriamo S. Giuseppe!

« Nello stesso sacro. silenzio, di cui è circondata la sua vita, noi troviamo qualche cosa di mìsterioso e di grande....

» Era.... nell'economia della Divina Provvidenza che San Giuseppe si mantenesse oscuro, mostrandosi solamente quanto era necessario per autenticare la legittimità del matrimonio con Maria, e sgombrare ogni sospetto sopra quella di Gesù. Ma quantunque non possìamo penetrare nel santuario del Cuor di Giuseppe ed ammirare le maravìglie che Iddio ha in esso operato, tuttavia noi argomentiamo che per la gloria del suo Divin Pupillo, per la gloria della sua Sposa celeste, doveva Giuseppe riunire in se stesso un cumulo di grazìe e di doni celestì.

» Siccome la vera perfezione cristiana consiste nel comparire tanto grandi davanti a Dio quanto più piccoli avanti agli uomini, S. Giuseppe, che passò la sua vita nella più umile oscurità, si trova in grado di fornire il modello di quelle virtù che sono come il fiore della santìtà, la santità interiore, cosicché si può dìre benissimo di S. Giuseppe ciò che Davide scriveva della sacra sposa: Omnis gloria eius filiae Regis ab intus (Ps. 44).

» S. Giuseppe è riconosciuto universalmente ed invocato come protettore dei moribondi, e ciò per tre ragìoni

» 1° per l'impero amoroso che egli ha acquistato sopra il Cuor di Gesù, giudice dei vivi e dei morti e suo figliuolo putativo ;

» 2° per la potenza straordinaria, di cui Gesù Cristo lo ha insignito, di vincere i demoni che assalgono ì moribondi, e ciò in ricompensa d'averlo il Santo salvato un tempo dalle insidie di Erode ;

» 3° pel sublime onore di cui godette Giuseppe d'essere stato assistito in punto di morte da Gesù e da Maria.

» Qual nuovo importante motivo per infervorarci nella sua divozione ! ».

Ven. D. GIOVANNI Bosco.

In memoria di Mons. Fransoni

IL 26 MARZO 1862 moriva santamente a Lione l'Arcivescovo di Torino Monsignor Fransoni, il cui nome è strettamente unito a quello di D. Bosco nei primi quattro lustri dell'Opera sua. Non sapremmo dire di Lui in modo corrispondente ai suoi meriti, ma non possiam comprimere uno sfogo dell'animo, imperiosamente richiesto da un alto senso di vivissima riconoscenza filiale. Mons. Luigi Fransoni fu uno dei più grandi benefattori di Don Bosco!

Egli nacque in Genova il 29 marzo 1789, l'anno istesso della Rivoluzione Francese (1). Ultimo figlio del Marchese Domenico e della Marchesa Maria Bettina Carrega, in tenera età dovette

fuggir da Genova dove nel 1797 scoppiava la rivoluzione, e riparare col padre prima a Jesi, poi a Roma, e nell'anno seguente a Napoli e sul cader del 1799 tornare con la famiglia in Roma, ove rimase fino alla cattura di Pio VII.

Giovane compitissimo venne eletto da Napoleone 1° sottotenente delle Truppe Imperiali, ma egli rigettò sdegnosamente la nomina, deciso di abbracciare la carriera ecclesìastica. Infattì il 1814, tornata la pace in Europa, rientrava in patria dopo 17 anni di assenza, e l '11 dicembre di quell'anno saliva all'altare.

Sacerdote, si diede con zelo ad una vita apostolica nella Congregazione dei Missionari Urbani, correndo con gran frutto a predicare il Vangelo in molti paesi dell'Archidiocesi ; e le sue virtù non restarono nascoste alla Maestà di Vittorio Emanuele I, Re di Sardegna, che lo volle eletto vescovo. Umilmente egli ricusò, ma più tardi vi si arrese sotto Carlo Felice.

Vescovo di Fossano dal 13 agosto 1821, e poi Cancelliere dell'Ordine Supremo dell'Annunziata, nell'agosto del 1831 dopo la morte dell'Arcivescovo Chiaverotti veniva all'Archidiocesi di Torino in qualità di Amministratore Apostolico, finchè - a richiesta di Re Carlo Alberto - n'era proclamato Arcivescovo nel Concistoro del 24 febbraìo 1832.

Uomo di grande perspicacia, di squisito sentire, di tatto finissimo, di carattere franco, di petto apostolico, fu modello di rettitudine e dì fortezza sacerdotale.

A noi non tocca il far l'elogio della sua vita e delle sue virtù, noi vogliamo additare in Lui l'insigne Patrono di D. Bosco e dell'Opera Salesiana.

Don Bosco era ancora giovanetto e sul principio dei suoi studi, quando Monsignor Fransoni assunse il governo dell' Archidiocesi. E sotto dì Lui che egli vestì l'abito chiericale, entrò nel Seminario di Chieri e vi compì gli studi di filosofia e di teologia, fu ammesso alle Sacre Ordinazioni e da Lui stesso elevato al Sacerdozio Non appena lo conobbe, Mons. Fransoni ne concepì altissima stima, gli pose un affetto particolarissimo e prese a favorirlo in ogni guisa. Aveva scorto in Lui il nuovo Apostolo della Gioventù.

Largo di tutto il suo appoggio all'Opera degli Oratori, non disdegnava di scendere a Valdocco a funzionare nell'umile tettoia ridotta a cappella, nella quale non poteva metter la mitra, perchè il tetto era troppo basso... Ma è in quell'umile abituro, e nel contemplare i prodigi della carità del giovane sacerdote, che egli sentì nella sua anima di Pastore tale una commozione che le splendide pompe sacre della stessa Metropolitana non gli fecero mai dimenticare

Esule a Lione dal 185o, non tralasciò di protegger D. Bosco e l'Opera sua. Nel 1852 congratulavasi con lui « degno Sacerdote di Dio » e lo costituiva Direttore-Capo degli Oratori; nè cessò mai di insistere perchè Don Bosco si recasse a Roma a fine di assicurare l'Opera sua. Fu pure per suo consiglio, e con amplissime sue commendatizie, che il Venerabile si prostrava nel 1858 a' piedi del_ Santo Padre Pio IX el'anno seguente dava principio alla Società Salesiana, nella quale, come confidava ad autorevoli persone (1),, il grande Arcivescovo aveva scorto « un particolare aiuto della Divina Provvidenza ».

Tale è Colui, che con profonda ammirazione e devoto affetto - noi ricordiamo questo mese. Siamo persuasi che i grandi meriti gli hanno procacciato da Dio condegna mercede; tuttavia all'anima nobilissima di un tanto Benefattore di Don Bosco nessuno neghi - nella mesta ricorrenza il tributo di una fervida prece

(1) La Famiglia Fransoni era delle primarie di quella città; i suoi membri fin dal secolo XI appartenevano agli Anziani che governavano quel Comune. Nè solo eccelleva per nobiltà di sangue ma anche per pietà e beneficenza. Verso il 1650 contava un Principe di S. Chiesa, il Card. Giacomo Fransoni; più tardi l'abate Girolamo Fransoni dotava di ricca biblioteca la Congregazione dei Missionari Urbani; e l'abate Paolo G. Fransoni fondava in Genova quella preziosa Biblioteca che è la Fransoniana, e istituiva la Congregazione dei Pii Operai Evangelici, detti Fransoniani, e in San Pier d'Arena l'Istituto delle Madri Pie, dette le Fransoniane.

(1) Mons. L. Gastaldi, Vescovo di Saluzzo (poi Arcivescovo di Torino) nella sua Commendatizia per l'approvazione della Società Salesiana attestava:. « audivisse, s. m. Archiep. Taurin. Aloysium Fransoni... affirmantem, se tamquam Divinae Providentiae speciale auxilium in hac Societate agnoscere...»

Oremus pro Pontifice!

Preghiamo per il Papa!... Il 19 marzo, sacro alla memoria del glorioso San Giuseppe, è l'onomastico del Santo Padre Pio X.

La guerra che senza tregua si combatte contro la Chiesa Cattolica, ha pertinacemente di mira chi si trova alla testa del Popolo di Dio qual Duce supremo. A Lui quindi, in doveroso compenso, volino gli auguri più affettuosi, e per Lui salgano al cielo - concordi e ferventi - le suppliche nostre.

Dominus conservet Eum et vivificet Eum !... A Lui dogi il Signore ancor lunga vita, affinchè possa continuare con si mirabile zelo la sua sovrana missione. Egli Lo custodisca, Egli Lo faccia felice anche sulla terra, e non lo lasci in balia dei suoi nemici; et beatum faciat Eum in terra, et non tradat Eum in animam inimicorum Eius.

E Voi, Padre Santo, dall'altezza sublime della Cattedra Apostolica, volgete uno sguardo alle Opere di D. Bosco. Sono dense schiere di figli del popolo, di Ex-allievi, di Cooperatori, di Figlie di Maria Ausiliatrice e di Salesiani, che Vi acclamano. Pregate su tutti le benedizioni di Dio, e tutti si glorieranno di esser vostri figli sino alla morte.

NUOVE SPIGOLATURE

Omaggi a D. Bosco e al suo sistema educativo.

I.

IL rev.mo DOTT. ENRICO SWOBODA, Prelato Domestico di Sua Santità, Consigliere Aulico e Professore di Teologia Pastorale all'Imperiale Università di Vienna, nell'interessante suo studio : « La cura delle anime nelle grandi città» (di cui è uscita recentemente una versione italiana, fatta sulla 2a edizione tedesca dal Can. Dott. Bartolomeo Cattaneo della Cattedrale di Novara) ha un paragrafo su - il Cottolengo e D. Bosco. - Noi lo ollriamo ai lettori, annotando alcuni dei particolari, certo di poca entità, che subirono qualche variazione dopo la visita fatta a Torino dall'illustre Autore.

Il Cottolengo e D. Bosco. - Torino mantiene ancor oggi, non ostante i suoi 31o mila abitanti, il carattere di un'antica capitale (1). Le sue strade perfettamente diritte e uniformi stancano il visitatore, e anche le chiese non offrono nulla di interessante, se ne togli poche eccezioni, fra le quali la tetra e severa Cappella della Sindone (2). La nostra prima visita è per una via remota, dove non s'incontrano che visi insudiciati di poveri ragazzi del popolo.

V'è una lunga, interminabile fila di case e casupole irregolari dalle finestre murate, come in Oriente, evidentemente acquistate a varie riprese, cominciando dalla prima metà del secolo scorso e precisamente nel 1828, per procurare un asilo in questo quartiere della miseria a coloro che per difetti corporali o vizii morali venivano rifiutati da ogni altro istituto. Qui sarebbe proprio il caso di applicare la parola « creare », poichè il semplice prete Giuseppe Benedetto Cottolengo (morto nel 1842) ha tratto letteralmente dal nulla tutta quest'opera meravigliosa.

E non solo egli prese per modello San Vincenzo de' Paoli, ma nella sua estasi di tranquilla confidenza in Dio, ei superò la povertà del gran Santo di Assisi, poichè arrivò a proibire ai suoi di chiedere l'elemosina. Soltanto quel che liberamente e spontaneamente viene offerto alla porticina dell'Istituto, sempre assediata di poverelli, poteva e può essere accettato. Oggi quest'asilo è diventato come una piccola città: vi si è sviluppata una schiera di famiglie religiose che accudiscono a quindici diverse opere e in quel labirinto di strade e di case, migliaia di derelitti trovano un'assistenza semplice e alla buona, se si vuole, ma piena di cordialità: ben 6ooo persone vivono oggi là dentro, compresi gl'infermieri e le suore infermiere (1). Ma non è la gran mole dell'impresa ciò che ha maggior interesse per il nostro assunto; esistono infatti ospedali e ricoveri più grandi e più belli; sono invece due le particolarità che ivi devono fermare la nostra attenzione.

La prima è l'eroica cura che si ha dell'infima classe dei derelitti ; il Cottolengo prodiga a costoro anzitutto l'assistenza corporale, mostrandoci così donde debba pigliare le mosse la cura d'anime nelle grandi città: dai più miserabili. La povertà vi sarà sempre, ma la miseria è un'onta pel cristianesimo; ond'è che è un onore e una gloria particolare, quella di prendersi a cuore la sorte di tanti infelici, sollevandone la miseria. La seconda è il fatto che quest'uomo, il quale più di qualunque altro si abbandonava addirittura ciecamente alla Provvidenza, pure si considerava come causa secondaria, come vero strumento nelle mani della stessa Provvidenza e lavorava indefessamente. Ecco il vero concetto dogmatico della cura d'anime.

Come il Venerabile Cottolengo si era tutto adoperato per soccorrere i derelitti, così qualche decennio più tardi, proprio accanto alla « Casa della Divina Provvidenza » D. Bosco dava principio ad un'altra serie di opere, che sono come l'altro polo dell'azione pastorale delle grandi città, fondando nel 1846 la « Casa Salesiana » (2).

Quest'uomo così semplice e pur tanto meraviglioso risplende dinanzi alla pedagogia moderna come l'apostolo dell'amore educativo. Anche nel suo Istituto che è pure una piccola città, si vede praticato lo stesso sistema del vicino Cottolengo nello sviluppo progressivo dell'opera, ciò che ha prodotto anche qui un agglomeramento vario e pittoresco di case e laboratorii per gli studenti e particolarmente pei giovani operai. Chi pensa che nelle grandi città non si possa attuare l'ideale della cura d'anime, faccia una visita a questo regno della carità senza artificio: qua dentro in tempo di ricreazione schiamazza la gioventù più irrequieta, eppure, da quando esiste l'Istituto non si dovette mai ricorrere ad alcun castigo corporale, se ne togli qualche rara e breve penitenza in piedi o in ginocchio (1); e di qua uscirono migliaia di uomini onesti e laboriosi operai. Oggi nei varii laboratorii imparano un mestiere circa 35o giovanetti; vi sono poi circa 450 studenti; la maggior parte dei quali è mantenuta gratuitamente e non paga che poche lire mensili. In quegli scarsi ambienti, tortuosi e poveri oltre ogni dire, si vede il miracolo di un amore invincibile che tutto vince, e si può osservare il rinnovamento continuo della vita secondo l'antico spirito del cristianesimo e di quella vera pedagogia che ha per base efficacissima la frequenza ai sacramenti, senza debolezze pietistiche, la schietta confidenza reciproca, e quel vero sentimento di umanità, che lungi dall'essere un puro altruismo razionalistico, è innegabilmente la perfectio specifica di questo ideale naturale. Omai di fianco alla magnifica chiesa nuova si innalza un bell'edificio a tre piani, il che fa sperare che coll'andare del tempo, in luogo delle casuccie basse e meschine che rimangono, sorgeranno fabbriche regolari e maestose, in cui continuerà a regnare sovrano quello spirito di carità che anima oggi i 4000 Salesiani sparsi in ben 400 case per tutto il mondo (2).

Questo spirito schiettamente cattolico, che informa l'azione di tutela della gioventù, è l'impressione più cara, dal punto di vista della cura d'anime dei grandi centri, che abbiamo riportato dalla remota via Cottolengo. Esso condanna nella maniera più energica quel sistema pastorale che è tutto meccanico e si fonda tutto sulla burocrazia. Invece lo spirito dell'opera di Don Bosco vien caratterizzato dalla dolcezza e amabilità del santo Vescovo di Ginevra, da cui prende il nome: qui l'educazione, l'istruzione, la preparazione alla vita, tutto è intimamente collegato con la vita spirituale della grazia e con la formazione morale del carattere. I varii assistenti e maestri vivono in continuo contatto coi giovani e li sorvegliano conscienziosamente, ma senza spirito poliziesco: una parola di ammonizione del maestro, schiettamente amato e venerato, è il castigo più efficace. Qui veramente si tocca con mano quanto valga il contatto personale ben inteso, in fatto di azione pastorale.

Oltre ai pastori d'anime, dovrebbero visitare questi luoghi quei capi del moderno movimento operaio, che sono ancora animati da buone intenzioni, e capirebbero subito che non v'è teoria più falsa di quella che vorrebbe fare della religione un affare privato. Possono entrare liberamente...

(1) Nel censimento del 1911 Torino contava 427.000 abitanti.

(2) Nell'ultimo trentennio sorsero molte chiese e, alcune, anche di pregio artistico. Nel 1882, dopo quella di S. Secondo e poco prima dell'altra di S. Gioachino, era aperto al divin culto il bel S. Giovanni Evangelista innalzato da D. Bosco sul Corso Vittorio Emanuele, splendido monumento sacro a tre navate, con la torre in fronte, in stile romanico lombardo dei secoli XI e XII, opera dell'architetto Conte Edoardo Arborio Mella, con affreschi del Reffo ed un pregevole monumento a Pio IX del Gonfalonieri.

(1) Presentemente sono circa ottomila i ricoverati nella Piccola Casa della Divina Provvidenza.

(2) D. Bosco cominciò l'Opera sua con un catechismo nella chiesa di S Francesco d'Assisi l'8 dicembre 1841, e nel 1846, dopo inenarrabili stenti e sacrifizi, trovò uno stabile rifugio tra i prati di Valdocco.

(1) « Che regola tenere nell'infliggere castighi?... -scrisse Don Bosco nelle auree pagine in cui espone il suo sistema di educazione. - Dove è possibile, non si faccia mai uso dei castighi... Da circa quarant'anni tratto colla gioventù, e non mi ricordo d'aver usato castighi di sorta, e coll'aiuto di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desiderava, e ciò da quegli stessi fanciulli, di cui sembrava perduta la speranza di buona riuscita ». E non tollerava assolutamente che i giovani fossero messi in ginocchio come posizione dolorosa.

(2) Difatti il bell'edificio a tre piani, innalzato da Don Bosco a fianco del Santuario di Maria Ausiliatrice, accolse fin dal 1884 le Scuole di Arti Grafiche; e da quell'anno in poi si eressero vari altri corpi di fabbrica da potersi dire che l'Oratorio oggi è più che raddoppiato.

II.

QEST'ALTRA citazione non è recente; ma è molto bella, e la togliamo dall'opuscolo: Opere Religiose e Sociali in Italia - Memorie del Conte CARLO CONESTABILE- Traduzione dal testo francese; edito a Padova, Tip. del Seminario, 1878, - dieci anni prima della morte di D. Bosco. Si ponga mente a questa particolarità, cioè al tempo a cui risale questa pagina, e si comprenderà sempre meglio la fama che D. Bosco aveva levato di sè, come filantropo e come edutore.

... Cosa meravigliosa e quasi incredibile! Il governo cui è sommessa quella piccola popolazione (l'Oratorio di Valdocco), composta di elementi così giovani e così vivaci, è un governo di mansuetudine e di dolcezza. Non sarebbe esatto il dire che non vi si punisce che assai di rado: il vero è che non vi esistono punizioni: a difesa della legge non havvi alcun codice penale, la legge si è imposta da sè stessa alle coscienze, le quali l'hanno accettata con gioia, perchè è conforme all'umana natura, perchè esalta invece di umiliare.

Qui si presenta alla nostra meditazione un grave problema filosofico e sociale. Mentre che i più violenti rivoluzionarii hanno scritto volumi sopra questo argomento, mentre che nella fa-

coltà di diritto lo si studia con ardore, eccovi un umile prete che senza sforzo scioglie una delle questioni giuridiche più controverse del nostro tempo. Nella piccola sua repubblica egli ha attuato l'ideale vagheggiato dai legislatori: anzichè reprimerla, ci previene la colpa: e questo sistema finora di sì difficile applicazione in qualunque altro luogo, in questo stabilimento produce stupendi risultati.

Così il pane secco, i pensi, la passeggiata solitaria, le severe ammonizioni e tutti i castighi che servono di sanzione penale al regolamento nei collegi, sono assolutamente sconosciuti nell'Istituto di D. Bosco. Un solo provvedimento è stato preso, ma rarissime volte, contro alcuni giovani incorreggibili i quali, a lungo andare, avrebbero potuto corrompere i loro compagni, e tale provvedimento è l'espulsione. Ma l'anima caritatevole del buon prete accompagna quest'atto con tutti i riguardi possibili per non inasprire chi ne è l'oggetto, e per non distruggere in quel giovane cuore le ultime vestigie della virtù. Poscia, allorché il giovane ha abbandonato la casa, ei non cessa di prendere interesse per lui: con tenera sollecitudine coglie tutte le occasioni per dargli ancora salutari consigli, per procurargli lavoro, e per rattenerlo sul pendio che conduce all'abisso.

È d'uopo per altro il dire quali sieno i mezzi impiegati da D. Bosco per prevenire le colpe ed evitare la repressione. Questa spiegazione è indispensabile per intendere il sistema praticato nell'Oratorio di Torino. D. Bosco distribuisce i suoi soprastanti in maniera che i giovani non siano mai soli. Questa vigilanza in gran parte è affidata agli ecclesiastici che sono i suoi ausiliari. Ma non si è accontentato d'una vigilanza generale: egli ha diviso quella gioventù in piccoli gruppi, e ciascuno di essi ha per soprastante uno degli allievi, scelto fra quelli che, per condotta e per pietà esemplari, han dato prova a D. Bosco di poter contare su di loro. Questo giovine delegato del Direttore non debbe soprastare ai suoi compagni con un contegno grave e un'aria d'importanza: ei prende parte ai loro giuochi ed ai loro lavori; gli è il più caro compagno che possano desiderare. Se non che talvolta, quando la ricreazione è più animata, se qualcuno si fa lecito un atto biasimevole, una parola scorretta: « Ricordati fratello, dice il giovane soprastante, che Iddio ci vede e ci ode sempre! » E subito cessa ogni disordine ed i giuochi ricominciano di nuovo. Se nelle sale di lavoro il soprastante vede che taluno non fa il suo dovere: - Amici miei, dice egli tosto, il tempo è prezioso e dobbiamo renderne conto a Dio.

In tutte le officine e intorno ai grandi cortili di ricreazione, sulle muraglie leggonsi massime di saggezza e di pietà: Pensiamo avanti tutto di salvarci l'anima nostra ; - Iddio ha imposto il lavoro all'umanità per purificarla e nobilitarla; - Amiamoci gli uni gli altri, perchè siamo tutti figli dei medesimo Padre che è in cielo; -Offriamo tutte le nostre azioni a Dio. Non la finirei più se volessi citare tutti i nobili e santi pensieri riprodotti da per tutto sulle pareti in quel luogo benedetto, e che D. Bosco si adopera per tal modo di stampare nella mente e nel cuore della gioventù. D. Bosco mantiensi fedele al principio messo in pratica fino dall'esordire della sua opera; ei non fa forza nè violenza alle coscienze, ma procura con una santa perseveranza di piegarle dolcemente sotto il giogo di Dio.

Da alcuni giorni aveva fatto l'ingresso nell'Oratorio un giovane che sentiva una grande ripugnanza a confessarsi. Questi aveva preso il suo posto in una delle sale di lavoro, e partecipava ai giuochi dei suoi compagni. Un dì, mentre si giuocava a barriera, Don Bosco andò a lui e gli disse: «Amico mio, ho bisogno di te potresti tu aiutarmi in una cosa che non posso fare da solo? - Ben volentieri, rispose il giovane, superbo di poter essere utile al Direttore. - Ma converrà fare qualche sforzo vigoroso, avvertì D. Bosco. - Non importa, io sono robusto. - Mettiti adunque il tuo farsetto e seguimi. - Andarono nella sagrestia : il giovane operaio credeva che si trattasse di trasportare qualche mobile.

- Che debbo fare? domandò. - Mettiti in ginocchio, amico mio, e confessati: dopo sarai più contento e più tranquillo. - -Ma come ho a fare? io non sono preparato. - Lo so, e quindi ti do tutto il tempo necessario, perchè intanto vo a recitare una parte del mio breviario. - Questo giovane raccontava egli stesso dappoi che erasi sentito vinto. d'un tratto dalla bontà del prete e dalla grazia di Dio, e che quella confessione ch'ei credeva tanto penosa, non gli era più costata alcun sforzo... (Cfr. pag. 19-23).

Un dì ch'ero andato a visitare D. Bosco, lo trovai al suo scrittoio che percorreva una noterella sulla quale erano scritti alcuni nomi. « Ecco qui, mi diss'egli, alcuni dei miei bricconcelli, la cui condotta lascia a desiderare ». Io non conosceva ancora che imperfettamente i metodi pedagogici di D. Bosco, e gli domandai se riservava qualche punizione a quei giovani colpevoli: « Nessuna, mi rispose: ma ecco quello che farò. Questi, per esempio (e m'indicò uno dei nomi) è il più baroncio di tutti, sebbene abbia un cuore eccellente. Andrò a trovarlo nel tempo della ricreazione e gli chiederò notizie della sua salute; ei mi risponderà senza dubbio che è eccellente. Dunque sei al tutto contento di te, amico mio? gli dirò allora. Egli dapprima resterà un po' stupefatto: poscia abbasserà gli occhi arrossendo. Allora con accento affettuoso insisterò: - Or via, figliuol mio, tu hai qualche cosa che non va bene: se il corpo è in buona salute, è forse l'anima che non è contenta? E molto tempo che non ti sei confessato? - Dopo pochi minuti, questo giovane sarà già al tribunale di penitenza, e sono quasi certo, che non avrò mai più a dolermi di lui ». Io l'ascoltai in silenzio, soggiogato dall'incanto e dalla santa dolcezza di quella parola apostolica. Avevo scoperto il segreto delle grandi opere che quest'umile prete ha saputo condurre a compimento. Spessissime volte dappoi, allorchè alla vista dei mali, onde questa nostra età è travagliata, sentiva un'amara tristezza impadronirsi dell'animo mio, quella voce sacerdotale mi è tornata nella memoria, e mi ha reso fiducioso nell'avvenire d'una società a cui Iddio manda tali riformatori.

Presentemente in Europa è riconosciuto il valore dei metodi di D. Bosco, e ben di sovente, nei casi difficili si ricorre a lui. Or ha parecchi anni che una persona d'Algeri gli propóse di prendere sotto la sua direzione cinque giovani Arabi, ribelli insino allora a qual si sia educazione. D. Bosco accettò, e alcun tempo dopo, i figli del deserto giungevano a Torino. Eragli stato detto che erano intrattabili, ma quando si fu al fatto, si riconobbe che era più serio di quello che si credeva. Quegli Arabi rassomigliavano meno ad esseri umani che a belve feroci: si scagliavano con l'agilità della tigre per mordere o straziare con le unghie quelli che a loro non piacevano. D. Bosco ebbe almeno la buona sorte che, fino dal primo incontro li dominò: parvegli anche di scorgere che non era ad essi del tutto antipatico. Fin d'allora attese a mettere a profitto l'amor proprio della loro razza. Furono incaricati i migliori soggetti dello stabilimento di colmarli di riguardi e di premure; ben presto la vista della condotta esemplare di quei giovani produsse un effetto eccellente sullo spirito degli Arabi: riconoscendo la distanza morale che li disgiungeva dai loro compagni arrossirono, e, per l'onore del loro paese, si applicarono a correggere quell'umiliante inferiorità.

Erano appena scorsi alcuni mesi dal loro ingresso all'Oratorio che nelle maniere e nei costumi di quei figli del deserto erasi fatta una totale trasformazione; nè fu diversamente nei loro pensieri e nei loro sentimenti. Un dolce sorriso aveva preso il luogo, sui loro volti, del piglio feroce di prima, e negli occhi neri che poc'anzi guizzavano lampi di collera e di odio, si vedeva scintillare la contentezza e la pace. La luce del cristianesimo aveva infuso il soave sue calore in quelle anime ribelli, le quali non si erano mai curvate che sotto la forza, e che ormai liberamente piegavano le ginocchia avanti a Cristo e la sua legge.... (Cfr. Pag. 27-30) »

In onore di San Francesco di Sales

SOLENNISSIMA la festa celebratasi nella Basilica di Maria SS. Ausiliatrice a Torino. L'amatissimo sig. D. Albera disse la messa delle 7.30 e Sua Ecc. Rev.ma Mons. Angelo Bortolomasi, Vescovo titolare di Derbe ed Ausiliare dell'Em.mo Card. Arcivescovo, pontificò alla solenne, in cui la Schola Cantorum eseguì la Missa SS. Salvatoris del M.° I. Mitterer. Dopo i vespri, eseguiti in falsi bordoni del M.° Cav. Dogliani, il rev.mo Teol. D. Matteo Amateis, Prevosto di Mezzenile ed ex-allievo dell'Oratorio di Valdocco, con chiara e facile parola, avvivata dall'eloquenza del cuore, disse le lodi del glorioso Patrono, e in fine Sua Ecc. Rev.ma impartì la Trina Benedizione Eucaristica.

Il Santuario era splendidamente parato con i drappi dell'Incoronazione.

A notte la scuola drammatica volle coronare la festa con una bella rappresentazione.

Il 3 febbraio nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista si tenne la conferenza ai Cooperatori. Dopo il canto di un mottetto salì in pulpito il Missionario D. Guglielmo Piani, il quale in primo luogo lumen giò la figura di D. Bosco e le opere molteplici cui questi die' vita con la grazia di Dio e l'aiuto dei Cooperatori; quindi scese a delineare il quadro degli immensi bisogni tuttora urgenti in mezzo alle nazioni civili ed ai popoli barbari; e poi animò l'eletta adunanza a continuare l'opera sua colla preghiera e colla limosina. Presiedeva il sig. D. Albera, che impartì in fine la Benedizione di Gesù Sacramentato.

I Cooperatori di Perosa Argentina festeggiarono S. Francesco di Sales la domenica 4 febbraio. Cantò messa quel rev.mo Prevosto, e infra missam rivolse un'allocuzione ai presenti il prof. D. Alberto Caviglia. « Cooperare all'Opera Salesiana, egli disse, significa partecipare al merito delle fatiche apostoliche dei Salesiani, che esercitano la loro molteplice attività in un'opera che si può dire grandiosa, mondiale. Ma è compito speciale dei cooperatori il coadiuvare l'indirizzo e lo scopo dell'opera locale »; e tributava a Perosa l'elogio del lavoro che lega i cuori in una santa fratellanza ed arreca a tutti benessere e felicità.

Ai vespri il Can. cav. Cesano con smagliante parola tessè il panegirico del Santo. La festa fu coronata da un brillante trattenimento musico-drammatico.

Il 1° febbraio fu la volta del Collegio S. Filippo di Lanzo Torinese. Ad accrescere la solennità e la letizia vi andò il rev.mo sig. D. Albera. Il suo arrivo fu salutato da applausi e manifestazioni di gioia, cui egli rispose commosso, ringraziando e dicendosi lieto di prendere parte a quella festa nel Collegio di Lanzo, luogo di soavi ricordi per lui, avendovi passati tanti bei giorni in compagnia del Ven. D. Bosco. Egli celebrò la messa della Comunione generale; la messa solenne fu celebrata dal Parroco Mons. Tresso Antonio V. F. Cav. Uff. e Cameriere Seg. di S. S.: e al vangelo lo stesso D. Albera svolse in breve i punti più salienti della vita di S. Francesco, ricavandone opportuni ammaestramenti. Si eseguì dai collegiali la messa in gregoriano de B. M. Virgine. Qui pure le funzioni religiose ebbero splendida corona di onesta letizia.

I Cooperatori d'Ivrea convennero numerosi insieme con i Salesiani di quella città la domenica 11 febbraio nella chiesa parrochiale di S. Maurizio.

Al mattino vi fu funzione solenne, in cui si eseguì una messa del Mitterer seguita dal panegirico del Santo. Dopo i vespri tenne una conferenza sulle Missioni il rev.mo D. Calogero Gusmano, segretario del Capitolo Superiore della Pia Società Salesiana.

Anche i buoni Cooperatori di Caluso resero devote onoranze al celeste Patrono nella chiesina dell'Oratorio. Quivi la domenica 28 gennaio celebrava la messa il prof. cav. D. Francesco Gnavi, il quale distribuì la S. Comunione ai numerosi fanciulli, che con insolito fervore s'accostavano divoti a ricevere Gesù, e alla sera rivolse loro paterne parole incoraggiandoli a frequentare l'Oratorio.

La domenica appresso il rev. D. Lorenzo Nigra teneva la prescritta conferenza parlando delle Missioni salesiane della Patagonia e della Terra del Fuoco, facendo rilevare il gran bene che vi compirono i Missionari a forza di eroici sacrifizi.

Consolante fu l'esito della Conferenza e della Solennità di San Francesco anche a Trino Vercellese. Nobile e viva l'eloquenza dell'oratore Don Carlo Moretti, prevosto di Morano Po; numerosi i fedeli presenti, divoto il contegno dei trecento giovani dell'Oratorio festivo e numerosissime le loro Comunioni.

Il Collegio S. Carlo di Borgo S. Martino volle unire alla solennità di S. Francesco un'affettuosa dimostrazione di stima e di riconoscenza al chiarissimo Prof. D. Francesco Cerruti, Direttore Generale delle Scuole Salesiane, il quale cantò messa solenne e si chiamò oltremodo soddisfatto della cara sorpresa di sentirla accompagnata in dolce gregoriano, magnificamente eseguito da tutti i giovani a due cori. Dopo messa il rev.mo Can. Colli disse un forbito discorso, mettendo in risalto le virtù che magnificano e rendono singolare, nella scienza, nella santità della vita e nel sacrificio, il gran Patrono dei Salesiani e della buona stampa.

A Pavia vi fu conferenza ai Cooperatori nella Chiesa Prepositurale del Carmine il 23 gennaio. Non ostante il tempo freddissimo e piovigginoso l'intervento fu grande. Presiedeva il zelantissimo Prevosto Mons. Francesco Mariani; e il rev. D. Lo renzo Saluzzo, Direttore dell'Istituto S. Ambrogio di Milano, chiamò l'attenzione dei convenuti sulle opere che il sig. D. Albera propone quest'anno a tutti i Cooperatori salesiani: cioè il promovere ed aiutare le Vocazioni Ecclesiastiche e l'Assistenza agli Emigrati.

A Verona, nel Collegio D. Bosco, celebrò la messa della Comunione il rev.mo D. Carlo Accordi, Arciprete dei SS. Apostoli, e il cav. prof. doli Pietro Scapini cantò la solenne. Quindi il prof. don Angelo Grazioli svolse sulle parole di S. Paolo Charitas Christi urget nos un elogio di S. Francesco di Sales e del Ven. Don Bosco, ravvicinandoli in molti punti, e mostrando in D. Bosco l'uomo provvidenziale che pensò a portare ajuto ai bisogni più urgenti della società. La cerimonia, resa più imponente dall'esecuzione di scelta musica liturgica, ebbe fine colla benedizione di Gesù Sacramentato.

Solennissimi i sacri riti celebratisi il 29 gennaio nella devota ed elegante cappella dell'Istituto Salesiano di Schio. Dopo la messa detta dal rev.mo Mores. Arciprete, parlò al numeroso ed eletto uditorio il rev. D. G. B. Antoniol, e nel pomeriggio lo stesso Mons. Arciprete fece un bel parallelo tra S. Francesco di Sales ed il Ven. Don Bosco, presentandoli come Apostoli della Dottrina cristiana. e L'Istituzione Salesiana, egli soggiunse, fiorisce e prospera come albero in riva delle acque, da cui riceve alimento. Queste acque sono i Benemeriti Cooperatori. Aiutando i Salesiani si esercitano insieme tutte le Opere di misericordia. Si concorre infatti efficacemente a dare il pane dello spirito, a dissetare al fonte delle eterne verità, a ricoprire le anime della veste della grazia, ecc. ecc. ». - Ambedue le funzioni furon coronate dalla benedizione col SS. Sacramento.

L'Oratorio di Schio continua frequentatissimo. Le lezioni di catechismo si dànno regolarmente non solo tutte le feste una anche ogni giovedi: e da poco vi si è stabilita una scuola di religione per gli allievi delle Scuole Tecniche.

Il 1° febbraio i benemeriti Cooperatori Salesiani di Genova si raccoglievano, secondo il consueto, nella splendida Basilica di S. Siro. Dopo la messa, saliva in pergamo il ch.mo Mons. Gian Domenico Pini, l'apostolo della gioventù universitaria cattolica italiana. Della sua conferenza - detta come in famiglia - così scrive il Cittadino

» Esordì dimostrando con competenza come ai nostri giorni ai padri di famiglia riesca più difficile l'educazione maschile, che la femminile. I figli maschi godono di maggior libertà e il più delle volte ne abusano. Quindi ci fece entrare nell'ambiente moderno dei giovani operai e dei giovani studenti. Il giovane operaio fuori di casa si ferma dinanzi alle vetrine, alle edicole, dove trova un pascolo avvelenato per il suo cuore in quelle caricature, in quelle macchiette di cattivo genere. Nell'officina e tra i tristi compagni trova il turpiloquio, la bestemmia, il cattivo esempio brutale.

» Dimostrato poi che non tutti i maestri e i professori disgraziatamente hanno il santo timor di Dio, il giovane studente, oltre tutti i pericoli del giovane operaio, trova pericoli in chi per missione e per coscienza dovrebbe essere modello da imitare, pericoli nei libri che dovrebbero far buona la gente.

» L'oratore ebbe a deplorare come non solo nelle città dove spadroneggiano i partiti avanzati, ma anche in città dove questi partiti non sono influenti, si trovino nelle mani dei giovinetti libri non del tutto buoni e antologie nelle quali sono riportati pezzi di stile comico, tratti da immondi periodici.

» Una gioventù cresciuta in sì tristi ambienti non può non preparare che tristi giorni alla futura società.

» I Salesiani con le loro opere, con gli oratori festivi, con i laboratori, con le numerose scuole vengono provvidenzialmente, in parte, al riparo. Se i Salesiani fossero più aiutati, farebbero di più. La carità che si fa ai giovani ricoverati nelle case salesiane, non si fa soltanto ai singoli individui, ma anche alla Società. Questi giovani ben fondati nella pratica della religione, una volta compiuta la loro educazione, eserciteranno, in seguito, nel mondo, nella sfera di loro azione, un vero apostolato. Io - disse l'oratore - io che ebbi la sorte di partecipare al Congresso degli Ex-allievi Salesiani tenutosi l'estate scorsa a Torino, dovetti convincermi che gli ex-allievi salesiani sono altrettanti Salesiani in mezzo al mondo.

» Raccomandò a tutti i presenti che dessero ai Salesiani il loro appoggio morale con farne conoscere le pubblicazioni, le molteplici opere, con la preghiera concorde e perseverante - che strappa le grazie da Dio - con gli aiuti, potendolo, materiali anche con qualche sacrificio. Avrà certamente riconmpensa dal Cielo chi aiuta un'opera, che ha tutti i caratteri apostolici, un'opera che ha avuto per fondatori dei santi come un Don Bosco e un Don Rua.

» L'oratore terminò felicemente la sua ponderata conferenza invocando la benedizione del mitissimo San Francesco di Sales su tutti noi presenti, sui nostri affari, su tutta la Famiglia Salesiana. La pia adunanza si chiuse con la solenne benedizione del Santissimo Sacramento ».

La domenica 11 febbraio fu divotissima festa a Parma, nel Collegio S. Benedetto, con messa in musica, celebrata da Mons. Can. Boni e discorso del canonico Musini. Nel pomeriggio vespri solenni e benedizione col Santissimo, impartita da quell'eccellentissimo Mons. Arcivescovo Vescovo.

A Borgotaro, ove è imminente l'apertura di un Oratorio festivo affidato ai Salesiani, il 6 febbraio teneva pubblica conferenza il rev.mo D. Stefano Trione. Nonostante l'ora tarda e l'abbondante neve caduta, una vera folla gremiva la chiesa parrocchiale.

« Dopo la conferenza - scrive la Giovane Montagna - un numero considerevole fra i più ragguardevoli cittadini, a capo dei quali il sindaco avv. cav. Landi, si adunavano per gettar le basi di un Comitato, allo scopo di assicurare la vita dell'erigendo Ricreatorio festivo. Fattasi tra i presenti la prima sottoscrizione, si raccolse la bella somma di lire 17oo. Questo atto, mentre è augurio di lieto avvenire del futuro Ricreatorio, mostra come Borgotaro sa stimare le buone istituzioni ed è capace di provvedere da sè ai nuovi bisogni creati dai tempi nuovi ».

A Pisa, nella Chiesa di S. Eufrasia, la festa fu onorata dalla presenza dell'Ecc.mo Mons. Giovanni Marenco, Vescovo di Massa, che celebrò la Messa della Comunione generale, rivolgendo ardenti parole ai giovanetti dell'Oratorio che si accostarono alla S. Comunione. Alla sera lo stesso Monsignore tenne la Conferenza Salesiana ai numerosi cooperatori, spiegando con parola piana ed elegante il significato e l'ufficio di Cooperare, mostrando come sia cosa facile e sommamente utile l'appartenere alla Pia Unione. Dopo le funzioni religiose il Circolo Don Bosco dava un trattenimento in onore di Monsignore.

A Roma S. Francesco di Sales ebbe solenni onoranze nella Chiesa del S. Cuore di Gesù al Castro pretorio; le sacre funzioni furono onorate dall'intervento di Eccellentissimi Prelati e di Eminentissimi Principi di S. Chiesa; disse il panegirico S. E. Rev.ma Mons. La-Fontaine, Segretario della S. Congregazione dei Riti.

La Conferenza ai Cooperatori fu tenuta dal rev. D. Luigi Olivares, Parroco di S. Maria Liberatrice al Testaccio: e di essa l'Osservatore Romano dava questo riassunto:

« L'oratore, con parola facile ed edificante spiegò ai numerosi Cooperatori intervenuti, nonostante il cattivo tempo e l'ora un po' tarda, due opportunissimi pensieri: Che cosa dànno i Cooperatori Salesiani e che cosa dànno i Salesiani ai Cooperatori?

- Oggi, così egli prese a dire, qui, in me e in voi domina il sentimento della fraternità: lasciamo elle parli il cuore, gustiamo la contemplazione di ciò che intimamente ci unisce.

1° Che cosa dànno i Cooperatori ai Salesiani? Molto: sono l'onda benefica che nutre la palma diventata oasi. - Dànno aiuti spirituali colle loro preghiere, come Mosè sul monte pel popolo combattente, e i fedeli di Corinto per S. Paolo. - Dànno il conforto dello spettacolo di una vita cristiana. In mezzo al paganesimo elle tenta imporsi, il Salesiano, come ogni uomo consacrato a Dio, sospira di riposare lo sguardo su anime buone: i Cooperatori sono innanzi tutto uomini di fede sincera, forte, pratica. - Dànno aiuti morali. L'opera dei Salesiani è contrastata dai nemici di Dio: ciò non reca meraviglia: certo la coscienza pura e la grazia divina sono sufficiente sostegno: tuttavia è pur valido conforto sapersi compresi ed amati da una schiera eletta di anime buone. - Dànno, in fine, aiuti materiali. Il proverbio francese « l'argent fait tout » è brutale, quasi obbrobrioso: contiene però qualche cosa di vero: senza denaro ben poco si può fare. I Cooperatori, colle offerte, hanno reso possibile le molteplici opere a cui attendono i Salesiani: il Ven. Don Bosco ne parla con effusione riconoscente nella sua lettera-testamento.

» 2° Che cosa dànno i Salesiani ai Cooperatori? Domanda strana: i Salesiani ricevono dai Cooperatori: eppure vogliono anche dare, e dànno qualche cosa. Offrono innanzi tutto l'occasione di meriti per l'eternità. È di somma importanza per chi ha fede: quanti, giunti al possesso di un grado elevato di gloria in Paradiso, ringraziano la mano del salesiano che potè forse sembrare importuna! Non dimentichiamo le promesse di Gesù Cristo per chi dona in suo nome, specialmente ai fanciulli. Il Ven. Don Bosco ha pure constatato che chi largheggia colle Opere Salesiane riceve benedizioni speciali anche negli interessi temporali. -- Dànno poi le loro preghiere : in ogni istante del giorno, poichè per dono di Dio non tramonta il sole sull'Opera Salesiana, da cuore sacerdotali, da labbra innocenti s'alza la preghiera pei Cooperatori, vivi e defunti. - In fine, dànno la propria persona, per gli ideali che animano i Cooperatori, sentono la grandezza della loro missione e si sforzano di corrispondervi con tutte le forze. Non è il caso di tessere il panegirico dei Salesiani: Dio solo, per la cui gloria lavorano, è giudice competente, e saprà anche compatire le debolezze umane. Tuttavia è lecito constatare elle del bene se ne fa. Da queste semplici riflessioni tutti abbiamo conforto, voi per continuare nella vostra nobile carità, noi per renderci sempre più degni della nostra missione e della vostra fiducia. Dovrei chiudere con tura esortazione: ma monumento della vostra generosa bontà sono questo tempio del S. Cuore coll'Ospizio, e l'opera del Testaccio: la vostra carità è nota, come la fede dei vostri antenati al tempo di S. Paolo, a tutto il mondo!... S. Francesco di Sales ci sorrida dalla sua gloria, e ci benedica! »

A Napoli la domenica 4 febbraio celebrava messa pontificale nel Santuario del S. Cuore di Gesù al Vomero il rev.mo :Mons. Enrico Marano, direttore dei Cooperatori, distribuiva a molti giovanetti e fedeli il pane eucaristico. Quindi sali in pergamo il rev.mo Mons. Don Giuseppe Petrone, rettore del Gesù Vecchio, e, con la sua dotta parola, tenne ai Cooperatori e alle Cooperatrici la conferenza d'occasione. Egli parlò di S. Francesco di Sales, del Ven. D. Bosco, e dei doveri dei Cooperatori e delle Cooperatrici salesiane. La devota funzione si chiuse con la benedizione solenne del Venerabile, e poi con un breve concerto musicale dinanzi al Santuario. Nel pomeriggio, come a conclusione della festa, il rev.mo P. Accursio Iacono, guardiano dei PP. Francescani al Vomero, disse un'orazione panegirica sulle virtù del Santo, e il Direttore dell'annesso Istituto impartiva nuovamente la benedizione col SS. Sacramento.

A Soverato, nella chiesa di S. Antonio, cantò messa solenne il rev.mo Arciprete Dott. Don Antonio Condemi. Il rev. D. Lovisolo tenne la conferenza ai Cooperatori e fece il panegirico.

A Cagliari, festa nella chiesa di S. Antonio. Nel mattino vi fu messa con Comunione Generale ; e alle 18 conferenza ai Cooperatori, detta dal benemerito Direttore diocesano Dott. Mario Piu.

Dio ci benedica tutti e ci aiuti colla sua grazia a guadagnare molte anime pel cielo e, fra le prime, sia la nostra propria.

VEN. GIOVANNI Bosco.

DALLE MISSIONI

CINA

Da Macao ad Heung-Shan. (Lettera del Sac. Luigi Versiglia).

Heung-Shan, 13 dicembre 1911. REV.MO ED AMATISSIMO SIG. D. ALBERA,

IL piccolo rinforzo di personale, che nella sua paterna bontà si degnò inviare a questa missione, è giunto felicemente; e a nome di tutti i miei compagni mi affretto a rinnovarle i più vivi ringraziamenti.

Fin dall'8 maggio u. s. grazie a Dio, e mercè lo zelo dell'Ecc.mo Mons. Vescovo di Macao, noi ci troviamo nella nuova Missione di HeungShan; e poichè son certo che tornerebbe caro ai nostri zelanti Cooperatori un po' di storia della nostra peregrinazione, eccomi a soddisfare il loro desiderio.

Come avvenne la partenza da Macao. Ospitalità fraterna - Profferte varie.

L'opera nostra di Macao, piccola sì ma che ci costava già tanti sacrifizii, la prima opera Salesiana in Cina, per cui si lavorava già da cinque anni e che, omai uscendo dall'infanzia, entrava in una fase di sviluppo e d'ingrandimento, venne, come è noto, in un istante a cessare.

Fin dal principio dei rivolgimenti politici del Portogallo, piombammo in una dolorosa perplessità, si sperava tuttavia che vista la necessità dell'opera nostra e la benevolenza che aveva incontrato presso la popolazione e le Autorità locali, essa sarebbe stata risparmiata; e tali in vero erano le intenzioni esplicite delle Autorità. Ma pur troppo prevalse la forza di un gruppo d'insorti; e la sera del 27 novembre 1910, alle ore 9, noi avevamo l'ordine di prepararci in quella notte medesima ad abbandonare Macao, congedando gli orfanelli e ritirandoci ad HongKong.

Poveri nostri figliuoli! Benchè già prevenuti, tuttavia essi erano ben lungi dall'aspettarsi una tale notizia; e fu davvero una scena straziante quando, dopo le orazioni della sera, dovetti dare il triste annunzio. Eravamo nella Cappella e la maggior parte scoppiarono in singhiozzi ; e com'ebbi dato loro l'ultimo addio raccomandando di mantenersi buoni, nessuno volle uscire di là, ma spontaneamente chiesero tutti in grazia di confessarsi, prima di venire alla dolorosa separazione. Finite le confessioni, molti vollero rimanere ancora a pregare, e solo dopo varie ore si ritirarono tutti in dormitorio ove i più vegliarono tutta la notte singhiozzando.

Noi intanto preparammo alla meglio tutte le cose nostre, e alle quattro del mattino tornati in cappella si celebrò la S. Messa, nella quale tutti si comunicarono e pregarono con tanto fervore da strappare le lagrime, chiedendo la grazia di potersi presto riunire a noi in altro luogo.

Usciti di chiesa, prima di accompagnarli ai vapori per le diverse destinazioni, quei poveri figli ci si strinsero d'attorno, prendendoci per le mani e per le vesti e scongiurandoci di richiamarli non appena avessimo potuto trovare una nuova dimora, mentre alcuni dei più discoletti si inginocchiavano domandando perdono. Lascio a Lei, mio buon Padre, immaginare la violenza che dovemmo fare al nostro cuore. Finalmente, accompagnatane la maggior parte alle varie stazioni e consegnati gli ultimi pochi, che non sapevano dove andare, al Seminario, dove Sua Eccellenza Mons. Vescovo erasi ritirato colla maggior parte del Clero nativo del luogo, anche Don Olive e il confratello Carmagnola partirono subito con le nostre casse per Hong-Kong, mentre io col confratello Rota mi fermai ad ordinare le cose che rimanevano e sopratutto a mettere chi di ragione al corrente della contabilità. Tuttavia dopo il mezzodì partimmo anche noi, col cuore straziato, e di quella stessa sera ci riunimmo in Hong-Kong, accolti colla più grande amorevolezza da Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Domenico Pozzoni, Vicario Apostolico, e dai buoni Padri delle Missioni di S. Calogero di Milano.

E subito la Divina Provvidenza ci volle consolare con le proposte di nuove fondazioni. Una Società di notabili Cinesi si offerse a trasportare l'istituto intero nelle vicinanze di Kanton. Era un'impresa generosa, forse superiore alle loro forze, per cui si credette bene di limitarci a ringraziare, ma essa dirà sempre la buona volontà dei promotori e la simpatia che l'Opera di Don Bosco ha destato in Cina.

Assecondando invece le profferte di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Merel, Prefetto Apost. di Kanton, iniziammo con lui trattative per aprire un istituto di arti e mestieri in detta città. Sua Eccellenza ed i Padri della Missione erano ansiosi di vederci stabiliti colà e le pratiche erano già molto avanzate con ogni speranza di buona riuscita, mentre ci erano fatti altri inviti da Sua Ecc. Rev. l'Arcivescovo di Manila, da Sua Ecc. Rev. Mons. Vescovo di Lipa nelle Filippine, ed altri dal Jo-nan Settentrionale e da altri punti della Cina.

Ma quello che avvinse ogni nostro ideale fu la speranza di poter entrare nella Missione propriamente detta, perchè Sua Ecc. Rev. Mons. Paolino de Azevedo, Vescovo di Macao, che pel primo chiamò i Salesiani in Cina e li sostenne costantemente con generosa bontà, ci diceva che non avrebbe sofferto in nessun modo di restar privo dell'opera nostra; e non potendoci riavere nella sua città episcopale, ci avrebbe affidato uno dei molti ed ampli Distretti della sua missione in mezzo ai Cinesi.

E difatti così avvenne.

Verso la nuova Missione.

Ansietà nostra, e curiosa e solenne accoglienza.

Il 1° maggio u. s. accettammo definitivamente l'evangelizzazione del Distretto di Heung-Shan, nel mezzodì dell'Impero, e l'8 dello stesso mese prendemmo possesso della nuova residenza.

Heung-Shan è un nuovo porto che i Cinesi tentarono di attivare alla distanza di parecchie ore da Macao; e benchè non sieno riusciti nell'intento, tuttavia Heung-Shan è un centro importante e di agevole comunicazione con molte città e paesi all'intorno.

La mattina dunque dell'8 maggio demmo un affettuoso saluto ai Padri Italiani della Missione di Hong-Kong, che tanto caritatevolmente ci avevano ospitati durante il nostro esilio. Essi erano commossi, e noi più di loro; alcuni vollero accompagnarci a bordo, e tutti ci seguirono coi più lieti ed affettuosi auguri. Li ricompensi copiosamente Iddio!

Per combinazione il vapore che ci accolse era il medesimo che sei mesi prima ci aveva trasportati profughi da Macao; pareva che volesse compiere con noi una specie di ammenda! Alcuni del personale, saputa la mèta del nostro viaggio, vennero a complimentarci e ci prodigarono ogni attenzione.

Il viaggio fu senza il minimo incidente e verso sera giungemmo all'ultimo porto che dovevamo toccare.

Andavamo animati del più grande entusiasmo e pienamente fiduciosi nella provvidenza del Signore, tuttavia, devo confessarlo, non eravamo senza una certa ansietà.

La residenza infatti era ancora assai lungi dal punto di sbarco; e noi non conoscevamo nè la via nè il luogo, e tanto meno le persone, mentre sapevamo esservi una legge particolare di proscrizione per qualsiasi missionario.

Come ce la caveremo? - era questo il nostro pensiero preoccupante.

Ma la Divina Provvidenza ci guidava e la nostra ansietà presto scomparve. Non aveva il vapore ancor toccato terra, che vediamo un gruppo di persone in nostra aspettativa e due di esse salutarci festosamente. Chi sono? Due ex-allievi di Macao, i quali avendo saputo, a caso, del nostro arrivo, vollero recarsi al porto non solo per accoglierci ma per rimanere con noi qualche tempo e così aiutarci nei primi giorni della nostra dimora in quei luoghi affatto sconosciuti.

E gli altri? Era gente accorsa a vedere la novità, ma animata da tutte le buone intenzioni. Come mai?!

Nei dintorni s'era sparsa la voce che dovevano arrivare due professori, uno d'inglese, l'altro di tedesco, che avrebbero aperto un collegio con scuola di lingue e di fisica, ed una grande... calzoleria con scuola di banda!

I nostri ex-alunni avevano parlato di quel che si era fatto in Macao, immaginando che ad Heung-Shan saremmo andati a fare lo stesso. Quindi, anziché esserci contrari, molti accorsero volentieri a riverirci; anzi alcuni vollero caricarsi i nostri bagagli e quasi tutti ci accompagnarono fino alla città.

Infinite furono le domande che ci fecero durante il tragitto. Alcuni ci chiedevano di vedere le forme per far le scarpe, altri il cuoio, altri voleva sapere quanto sarebbe costato un paio; altri domandavano di vedere i vari strumenti di musica, e la cassa, i piatti; altri ci pregavano a insegnar loro a fare il sapone, ad estrarre e purificare il carbone, a stabilire un impianto elettrico; insomma, nel loro concetto, eravamo altrettanti maghi che conoscessero e sapessero far tutto a perfezione.

Lasciavam dire, meravigliati di tanta semplicità, che ci procurò un'accoglienza così inaspettata.

Nè finirono qui le nostre sorprese, poichè, arrivati alla città, ci venne incontro uno dei capi a darci il benvenuto a nome dei cittadini e si spararono razzi in segno di allegria. I poveretti eran pieni di speranza che le nostre fabbriche ed i nostri collegi avrebbero rialzato il commercio omai morto della città. Col tempo, e con l'aiuto di Dio, noi pure speriamo di cooperarvi.

Arrivati alla residenza che Sua Ecc.za Monsignor Vescovo ci aveva fatto preparare, grande fu la nostra sorpresa nel trovarla preparata in tutto punto e collo stesso mobilio che per cinque anni ci aveva fatto ottimo servizio nell'Orfanotrofio di Macao. Fu questo un gentil pensiero di Sua Eccellenza: quante rimembranze nel vedere ad uno ad uno tanti oggetti, a noi già famigliari!

I due alunni avevano avuto anche l'attenzione di farci preparare la cena, sicché, congedata la gente, ci mettemmo a tavola e coi nostri bravi bastoncini facemmo onore al buon riso cinese.

Quindi ci dividemmo nelle rispettive stanzette, non senza aver prima ringraziato il Signore anche della dolce illusione di esser tornati al nostra caro Orfanotrofio, in mezzo ai nostri alunni.

Fin qui le cose erano andate a gonfie vele, e come in tutte le cose di questo mondo dovevamo qui pure aspettarci qualche difficoltà quanto prima; infatti la prova non si fece più attendere.

La rovina della casa.

Nessuna disgrazia personale - Mano al lavoro!

Eravamo da pochi giorni nel nuovo nido, quando incominciò una pioggia torrenziale e prolungata; e la nostra linda casetta, di molta apparenza, ma in realtà di fango battuto e coperta esternamente di calce, non tardò a sentire l'influenza dell'acqua che penetrava dai tetti, e ben presto fu in pericolo.

Il primo allarme fu nella stanza dove dormivano alcuni famigliari coi detti ex-allievi. Erano circa due ore di notte e già eravamo immersi nel sonno quando la parete che divideva la detta stanza dalla cucina, gonfia per l'acqua, si disfece rovinando con grande fracasso. Svegliatomi di soprassalto al rumore, non tardai a comprendere quel che era, e brancolando nell'oscurità mi affrettai verso la cucina, e fu provvidenza! Ero uscito appena, che nella mia stessa stanza crollava la parete contro cui stava appoggiato il letto, che rimase sepolto sotto le rovine. Chiamai tosto D. Olive, il quale non appena udito il fracasso, si era anche lui alzato senza indugio. Rassicuratici l'un l'altro, ci affrettammo verso la stanza suddetta. I famigli, destatisi al primo crollo, si erano slanciati fuori ravvolti nelle coperte da letto sotto l'imperversare della pioggia, ed erano per lo spavento più morti che vivi. Alla nostra voce si riconfortarono alquanto; e noi constatato che non v'era nessuna disgrazia personale, pronunziammo dell'intimo del cuore il più fervido Deo gratias!

Rientrati con precauzione in casa, riuscimmo ad accendere un lume, coll'aiuto del quale trovato un posto sicuro in altra parte, ci fermammo là a passare il resto della notte, senza poter riposare un istante, scossi come eravamo, assai frequentemente, dal rumore di altri tratti di parete che cadevano.

Venuto il mattino, coll'aiuto di alcune brave persone potemmo, come Dio volle, disseppellire le nostre masserizie e trasportarle in un'altra casetta vicina, più sicura, donde per tutto quel giorno e la notte seguente sentimmo a quando a quando il frastuono delle restanti pareti della nostra casa, cadenti sotto i colpi del vento e lo scrosciare della pioggia.

Così la nostra prima residenza ad Heung-Shan andava distrutta, ma nello stesso tempo noi vedemmo vìsibile la Provvidenza del Signore nel liberarci da ogni disgrazia personale. Rievocando le peripezie di D. Bosco nelle sue prime costruzioni, pigliammo le nostre come un segno di buon augurio!

Certo al demonio non doveva piacere l'arrivo di alcuni Missionari di N. S. Gesù Cristo, in un terreno, dove, fino a quel giorno, egli aveva regnato senza contrasto.

L'acqua continuò a cadere per circa una settimana con molta nostra pena, perchè eravamo costretti a rimanercene chiusi, nonostante la convenienza di farci presto un'idea dei paesi e delle borgate che avevamo all'intorno.

Finalmente il mal tempo cessò, e noi demmo principio alle nostre esplorazioni col semplice piano di conoscere i luoghi, le vie, il numero degli abitanti e le loro idee a nostro riguardo.

Quali ne furono i risultati? Un po' di ammirazione e di curiosità per le nostre persone (guarda quei diavoli di europei!...) specie per le nostre barbe, non mai viste in questi luoghi ; e dovunque fummo accolti con cortesia e con rispetto, senza il più piccolo insulto. Ora, quando avremo, amatissimo Padre, la consolazione di poterle annunziare un bel numero di conversioni?

Nella Cina queste difficilmente avvengono in massa od al primo incontro, ma alla spicciolata e ordinariamente dopo una lunga permanenza del Missionario.

Noi siamo ancora al principio e dobbiamo lottare con molte difficoltà sorelle, colla lingua in primo luogo, e poi colla diffidenza per tutto ciò che credono europeo.

Inoltre la mancanza di catechisti e catechiste, cioè di maestri e maestre indigeni, rende per ora senza frutto ogni lavoro. Ciò avviene perchè il Cinese nella sua vita civile, morale e religiosa, nulla conchiude direttamente colla persona che lo interessa, ma vuol sempre un intermediario. Per le donne è tanto più necessario, in quantochè difficilmente una donna cinese accetta di essere istruita da un uomo, e da un uomo straniero!

Pel momento dobbiamo quindi applicarci a provvederci un tal personale, che richiede tempo, lavoro, danaro e sacrifizii, e non è scevro talvolta di disinganni.

Nonostante queste difficoltà abbiamo però cominciato a lavorare ed abbiamo già qualche catechista per l'uno e l'altro sesso, e grazie al loro zelo contiamo pure un discreto numero di catecumeni.

Ci aiuti il Signore a render maturi questi frutti primaticci! Ella, veneratissimo Padre, ci assista colle sue sante preghiere e ci raccomandi vivamente a quelle degli ottimi Cooperatori.

Nel prometterle di inviarle presto altre notizie, termino coll'implorare la sua paterna benedizione, e mi professo, anche a nome dei confratelli,

Suo dev.mo aff.mo Figlio in C. J.

Sac. LUIGI VERSIGLIA.

TERRE MAGELLANICHE

„Folk-lore" fueghino. (1)

Gli Ona mettono molto impegno nelle loro lotte fra tribù e tribù e resta altamente onorato chi in esse si distingue. Nei toldi per più settimane e mesi le fasi della lotta ed il valore dei singoli è il tema delle conversazioni generali.

Molto simile è la lotta singola fra due sole persone. Quando un indio desidera vedere se un suo amico o avversario è forte come lui, lo va a trovare, e, senza complimenti gli dice: « Vuoi lottare con me per vedere se mi sei uguale o superiore? ». Naturalmente l'altro accetta, e subito vanno in cerca di un campo senza pietre, nè tronchi, nè cespugli. Trovatolo di soddisfazione dei due e dei testimoni, chi per primo sfidò, stende orizzontalmente il braccio e dice: « Bene! lottiamo per vedere se tu mi puoi abbattere ». L'invitato subito si accosta e gli prende la mano tentando di abbracciarlo sotto le braccia, il che l'altro deve permettere, fino a che gli dice: « Adesso! », e con ciò ha principio la lotta al solito modo, usando di tutte le astuzie per vincere.

CORTESIA FRA GLI ONA. -Quando un parente od un amico vuol fare una visita, entra nel toldo e si pone a sedere presso il fuoco senza che nè lui, nè l'ospitante dicano una parola. Questo silenzio dura per oltre mezz'ora, dopo di che si incomincia la conversazione, senza fare alcun accenno al viaggio compiuto, alla salute, ecc., come se fossero sempre stati insieme. Chi, arrivando da lontano raccontasse subito le proprie avventure, verrebbe considerato come un chiacchierone. Chi poi desidera notizie o vuol fare una domanda, deve dissimulare ed attendere uno o più giorni prima di esporre i propri desideri.

Dopo la visita l'ospite parte senza accomiatarsi.

Chi riceve un dono non deve mai dare segni di riconoscenza o di aggradimento, perchè gli uomini devono essere seri, mentre è cosa da ragazzi dimostrare contentezza di quanto si è ricevuto. Di questo strano uso si raccontano vari esempi. Di una ventina di indi andati alla caccia, uno solo aveva ucciso un guanaco, il quale secondo gli usi apparteneva a lui solo. Tutti erano digiuni dal giorno antecedente e sentivano una fame da veri cacciatori fueghini. L'indio che aveva ucciso il guanaco alla sera mise in pezzi la bestia, gettandone uno a ciascuno dei compagni. Costoro, durante questa operazione, fingevano di non apprezzare quel pezzo di carne che avrebbero divorato con gli occhi e distrattamente guardavano di qua e di là. Finalmente con molti segni di noncuranza ognuno si accinse ad arrostire il proprio pezzo ed a mangiarlo. Naturalmente tutti si guardarono bene dal ringraziare il donatore sia pure con un cenno del capo o delle mani.

Un'altra volta un civilizzato regalò ad un indio un coltello a più lamine, forte, con manico a vari colori e che sapeva piacergli molto. L'indio lo prese e lo pose in tasca senza far caso del dono, senza neppur mirarlo e senza una parola di ringraziamento. Il civilizzato, meravigliato di questa assoluta mancanza di apprezzamento per un dono abbastanza prezioso, espresse questa dolorosa sorpresa alla madre che era presente alla scena. La madre gli fece subito osservare che appena egli si era voltato, l'indio aveva ripreso nelle mani il coltello, lo aveva mirato curiosamente e quasi non capiva in sè dalla gioia. Quell'indio che tanto gioiva nel possedere quel coltello, temeva di dimostrarsi un ragazzo qualora avesse dato segni di desiderarlo.

Ora gli Ona, dopo così lungo contatto coi civilizzati, quando vedono in mano o nelle case loro tanti oggetti nuovissimi e di prima necessità si arrischiano a fare qualche domanda.

Che cosa pensare di questo galateo alla rovescia? Certo vi deve avere massima parte la naturale fierezza del selvaggio che ripugna a quelle forme che noi chiamiamo di cortesia e che egli interpreta come fanciullaggine o debolezza.

MEDICI E MEDICINE. - Una delle difficoltà maggiori del missionario è quella di liberare i poveri Ona dalle spire dei loro medici o stregoni, chiamati kon. È comune la credenza fra gli indi che le loro malattie provengano da punte di freccia, da pezzi di legno o di osso, da sassolini, ecc., penetrati nella parte inferma del corpo. Il potere malefico di mandare quegli oggetti nei corpi degli indi è attribuito a un kon di tribù diversa, oppure qualche volta alla luna, la quale, essendo stata, come si disse, una grande medichessa, anche ora può minacciare specialmente quando è in eclissi, e mostra di aver sangue nei denti. Data questa superstiziosa credenza nelle cause delle malattie si comprende come gli Ona non conoscano l'uso di medicine e si fidino totalmente nel potere del loro kon, al quale spetta di togliere quei corpi estranei dalle parti inferme. Quando adunque uno cade infermo, il kon va a visitarlo, vestito ed ornato come porta il suo ufficio: testa coperta di cenere o di arena, fronte circondata da una striscia di pelle, la quale sorregge in posizione verticale cinque o sei lunghe penne d'uccello, che gli circondano il capo dando l'aspetto di una infula o mitra; faccia e corpo dipinti a vari colori. Arrivato alla presenza dell'infermo e visitatolo, per prima cosa dice ai parenti quali sono gli oggetti che si trovano nel corpo del paziente, e quale fu lo stregone malefico che ve li mandò. Indi incomincia la cura. Prende una coperta fatta con pelli di guanaco, e, dopo di averla scossa all'aria, la distende per terra ed in mezzo vi colloca l'ammalato ginocchioni, completamente nudo. Poi incomincia a girargli intorno ad una certa distanza, sputando ad ogni passo verso la parte opposta all'infermo e s'avvicina sempre più restringendo il cerchio e cantando con ritmo lugubre e monotono parole incomprensibili, in tono ora forte, ora piano, ora pianissimo.

Arrivato così presso l'infermo, incomincia a fregarlo nella parte ammalata, poi vi applica la bocca nascosta ai due lati dalle mani e comincia a succhiare con lunghe aspirazioni, levandosi ogni tanto in piedi e facendo mostra di gettar lontano gli spiriti con potenti sbuffi, accompagnati da vigorosi scatti delle braccia verso il cielo.

Dopo di aver così alternato varie succhiate e vari sbuffi, il kon incomincia a vomitare per terra o nelle mani tutti quegli oggetti maligni, che egli precedentemente aveva detto trovarsi nella parte ammalata. Ciò fatto il kon fa sorgere l'infermo e s'affretta a calpestare con furia la coperta, e poi a scuoterla in aria per cacciarne gli spiriti. Indi ridistende la coperta e vi colloca di nuovo l'infermo e ricomincia la cura, la quale può essere ripetuta un certo numero di volte a seconda del giudizio del kon. Se la cura ha effetto e l'ammalato risana, il medico cresce in riputazione e ne è largamente retribuito; se invece peggiora, il kon dichiara che gli oggetti nocivi sono troppi e che non si possono estrarre tutti e che per conseguenza deve morire. Ed in questo il kon è infallibile profeta, perchè se l'ammalato non viene condotto alla morte dalla malattia, è ucciso o dal medico o da qualche membro della famiglia allo scopo di alleviarne i dolori. Il missionario D. Borgatello dice di aver veduto più volte qualche donna strangolare il marito perchè dichiarato incurabile e poi piangerlo disperatamente con gli usuali segni di lutto; qualche volta l'opera del missionario intervenuto potè salvare qualche infermo, che poi risanò e visse a lungo.

Descritto così il procedimento della cura medica, restano da esporre alcune particolarità di questi kon.

E prima di tutto essi possiedono una meravigliosa abilità nel nascondere in bocca il sassolino, la punta di freccia, ecc. e nel parlare con

quegli oggetti in bocca senza alterare la voce, e fare atti che sembrano avere del prodigioso. Di questa abilità il signor buca Bridges fu testimonio due volte. Avendo egli mostrato di dubitare delle meraviglie che gli Ona gli raccontavano del loro medico, fu invitato a presenziare un saggio. Il medico, completamente nudo, prese un pezzo di pelle di guanaco lungo circa venti centimetri e lo tenne colle due estremità strette nei pugni rivolti verso il basso. Poi stese le braccia in avanti e cantando cominciò ad allargare lentamente le braccia. La striscia di pelle a poco a poco si allungava, senza stirarsi e senza assottigliarsi. Quando ebbe le braccia allargate in forma di croce, consegnò ad un vicino un'estremità della pelle, ed egli tenendo l'altra cominciò ad allontanarsi: la pelle diveniva lunga, lunga.... fino a quattro metri circa. Indi il medico, sempre cantando, la fece lentamente accorciare fino alle dimensioni di prima e poscia la fece sparire senza che il signor Bridges sapesse donde fosse uscita e dove si fosse nascosta quella lunga correggia. La completa nudità del medico esclude qualunque trucco di maniche o d'altro, tanto comune presso i nostri prestigiatori.

All'abilità istrionica i kon uniscono una non minore abilità nello sfruttare la riputazione ed il timore in cui vengono tenuti dagli Indi. Coi capelli di tutti gli ammalati da loro assistiti si formano una palla e di essa si servono come strumento di lucro. Dicono infatti che se scagliano questa palla contro uno, entra in colui il cattivo spirito e la morte è inevitabile. Quindi se un medico non ha malati da curare e pure vuol fare qualche guadagno, dice al primo che incontra, mostrandogli la palla: « Se tu non mi dài da mangiare, ti mando il cattivo spirito », e il minacciato, per lo spavento s'affretta a dare quanto meglio possiede. Oltre che medici questi kon sono pure considerati come stregoni, in quanto possono mandare le malattie addosso ai nemici ed anche scongiurare il cattivo tempo...

La credulità e la fantasia popolare ha creato poi delle leggende sulla vita ultraterrena dei kon. Gli Ona credono che i loro medici continuino ad esercitare le loro arti in favore dei celesti. Quando in estate odono un tuono forte, ma di breve durata, non temono, perchè lo attribuiscono al cozzo di due nubi. Invece hanno una somma paura del tuono prolungato, lontano e debole perchè è attribuito alle anime dei kon, le quali dopo di aver succhiato i malanni, li stanno calpestando sotto i piedi. Gli Ona temono infatti che i mali forando il cielo piovano su loro.

MORTE E SEPOLTURA. - Man mano che la malattia di un indio si va aggravando, crescono in intensità le grida ed i pianti dei parenti, i quali dopo la morte dell'infermo, si tagliano i capelli in modo da lasciare una larga tonsura che poi colorano in rosso e si feriscono tutto il corpo con conchiglie, in righe parallele. Il cadavere viene avvolto dentro a pelli di guanaco, legato con corregge e seppellito a notevole profondità affinché il zorro casancho non possa dissotterrarlo, e sempre colla faccia in giù. Interrogati del perchè di quest'ultimo uso risposero: « così va bene », e non seppero darne la ragione, ma non vollero cambiare la posizione al cadavere. Dopo la sepoltura i parenti e gli amici si raccolgono intorno al fuoco, tre volte al giorno, al mattino, al mezzodì e alla sera, per vari giorni consecutivi, e ogni volta per lo spazio di circa un'ora, cantando e piangendo. Tutti sono seduti in terra, tristi, col capo basso. Uno solo modula in tono flebile alcune voci inintelligibili, ripetendole su tutti i toni, ora forte, ora fortissimo ed ora a mezza voce, mentre gli altri formano una specie di coro, emettendo una cantilena lugubre ad intervalli, accompagnata da lunghi sospiri e gemiti.

Pare che il capo canti una specie di litania, a cui il coro risponde sempre colla stessa frase. Alla fine della cerimonia l'assemblea si scioglie e ciascuno va pei fatti suoi senz'ombra di mestizia, anzi allegramente e scherzando come se nulla fosse successo di triste. La capanna del defunto viene bruciata ed il luogo di sua abitazione abbandonato, sia pure di pochi metri.

Però i parenti più prossimi ricordano i loro defunti; e specialmente le donne; ed ogni giorno, per mesi ed anni, al levare ed al tramontare del sole mostrano il loro dolore con una lamentevole cantilena, che procede a scala, dalle note alte alle basse. Ecco come descrive una scena di pianto il prof. Tonelli in una lettera da Rio Fuego: « Come mi rimase impressa la visita ad una capanna! Una mattina con Don Zenone m'inoltrai nel bosco mentre dal mare sorgeva il sole. Al nostro appressarsi era un correre, un incrociarsi, un fuggire di bambini nudi, che non desideravano ricevere la nostra visita in veste così leggera. Riapparirono ben presto schiamazzando e ridendo, uno in camicia, un altro in maglietta, altri in mutande, chi in pura giacchetta, ed uno colla camicia ed uno stivale! Era una toilette un po' affrettata, se si vuole, ma le convenienze erano salve! Uno di questi bambini, invitato dal missionario si unì a noi mentre ci avvicinavamo ad una capanna, dalla quale veniva una cantilena lamentevole sopra la vocale o.

Il fanciullo che ci accompagnava non volle rispondere a nessuna delle domande che gli facevamo circa quel pianto. Quando fummo sull'uscio vedemmo una donna seduta vicino al fuoco, circondata da tre figlie silenziose, la quale, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e tenendo la testa fra i pugni serrati, continuava il pianto senza accorgersi della nostra presenza. La sua testa mostrava una larghissima tonsura, ben rasata, come la chierica di un cappuccino, nella quale spiccavano le ferite fatte nel radersi con una conchiglia. La corona di capelli e la chierica erano colorati in rosso mediante un miscuglio di argilla e grasso. Quando ci scorse continuò la mesta cantilena, solo abbassò la voce.

Alle nostre interrogazioni, colle lacrime agli occhi, rispose che piangeva un bambino morto due anni prima. Interrogata del nome del defunto non volle rispondere e seppi poi che fra gli Ona vi è il costume di non nominare mai i trapassati; anzi il ricordare il nome di un morto costituisce una delle più gravi offese che si possano fare ai suoi parenti od amici.

» Questo costume mi spiegò la riluttanza sia della donna che piangeva, come del bambino che ci accompagnava: era fratello del morto! Ci allontanammo di là commossi mentre la donna riprendeva il pianto...».

CARATTERE FISICO, MORALE E INTELLETTUALE DEGLI ONA. - Dopo tutto quello che si disse sugli Ona è facile tratteggiarne il tipo fisico morale e con maggiore ampiezza di quanto si disse già nella introduzione. Il tipo comune ha: statura alta, faccia larga e quasi rotonda, bonaria, con zigomi sporgenti e con fronte assai ristretta perchè il cuoio cappelluto si estende fino presso alle sopracciglia; color bronzo chiaro ed in qualche donna quasi bianco. L'occhio è diagonale, nerissimo, come i capelli che non imbiancano, se non parzialmente nell'età molto avanzata. Il naso schiacciato e alquanto camuso; bocca larga ed ordinariamente aperta allo stupore ed al sorriso; denti sanissimi e candidi benchè mai se li puliscano. I capelli sono grossi, lisci sempre e folti; barba rara solo nel mento e nel labbro superiore, che essi sempre si strappano. La faccia quindi ha sempre un aspetto giovanile e per nulla ributtante, non ostante l'occhio nero e furbo. Mani piccole, corte e glabre come tutte le altre parti del corpo, che sono ben proporzionate, musculose e snelle, il che per gli uomini costituisce il tipo della bellezza. Le donne in genere sono più basse, tozze e di forme più corpulente, a causa della pinguedine, dovuta alla vita sedentaria. La pelle di tutti emana costantemente un cattivo odore, tanto da rendere insopportabile un locale chiuso in cui abbiano soggiornato qualche tempo.

La loro vista è qualche cosa di meraviglioso: ad occhio nudo giungono a scoprire ciò che i civilizzati possono vedere solamente coll'aiuto di forti lenti. Anche Darwin nota simile particolarità e dice che essi sono molto superiori a qualunque marinaio di bordo, i quali per la lunga pratica possono scorgere un oggetto lontano molto più presto che non un uomo che stia sempre in terra (1). Ugualmente acuto hanno il senso dell'udito e non vi è dubbio che la loro maniera di vivere favorisca molto lo sviluppo e perfezionamento dei sensi, costretti sempre ad osservare i fenomeni della natura e a stare continuamente. in guardia contro i nemici, i cui passi, ponendosi bocconi a terra, sentono a distanze immense.

Il carattere morale, qualora sia giudicato da chi ebbe con loro lunga e intima consuetudine, è in sostanza simile a quello di qualunque altro uomo. Evidentemente nel loro carattere morale non troviamo ancora tracce di quei principii etico-cristiani, che sono tanta parte della civiltà nostra. Per loro non v'è che il lume naturale della ragione, ed anche questo spesso oscurato per effetto delle misere condizioni di vita, a cui sono costretti dalla povertà della regione in cui vivono. Quindi non è da meravigliarsi se essi si mostrino indolenti, apatici, menzogneri, ladri, irosi, deboli per i costumi, specie le donne, e vendicativi in modo particolare. A questi difetti, non assolutamente generali, fanno compenso bontà di cuore verso i benefattori, ospitalità, docilità nel seguire i consigli, mitezza di carattere verso coloro che li trattano bene, desiderio di elevarsi alla nostra civiltà, specialmente nei riguardi religiosi e morali. Evidentemente tutte queste buone energie stavano latenti e quasi soffocate di fronte all'ostilità dei civilizzati sfruttatori: ci volle la carità del Missionario perchè essi manifestassero anche all'europeo quelle buone doti che già praticavano nei loro rapporti privati. Ciò spiega come i viaggiatori frettolosi e ignari della lingua abbiano, dalle misere condizioni fisiche, tratto argomento per dare uno sfavorevole giudizio anche del loro carattere morale.

Similmente, rispetto all'intelligenza, si può ripetere col Nordenskjòld che sono più degni di compassione che di disprezzo. Quanto abbiamo detto dei loro utensili e della loro industria dimostra che essi hanno una più che mediocre intelligenza: « le armi, gli ornamenti, la maniera di procurarsi il fuoco e l'alimento sono quanto di meglio le circostanze attuali potevano permettere loro » (2).

Quando poi il Missionario coltivò il loro ingegno, mise gli uomini al lavoro della pastorizia o dell'industria del legname, le donne all'industria tessile, i bambini a un regime alternato di studio e lavoro, allora si potè constatare che la loro intelligenza è quella di qualsiasi altro uomo. Nel ricco Museo Salesiano del Territorio magellanico a Puntarenas, sono esposti molti lavori scolastici eseguiti dagli indi, e tessiture fatte dalle donne (1). Questi lavori mostrano quanto essi corrispondessero alle fatiche dei missionari ed insieme giustificano le parole del Nordensckjold relative all'opera dei missionari: « Dopo di aver colà veduto la educazione dei bambini, i loro giuochi, i loro lavori distinti secondo il sesso, i lavori degli uomini nei laboratori e nella segheria, nei campi e con le pecore, credo che non passeranno molti anni che fra essi usciranno molti membri utili alla società » (2).

(1) Viaggio di un naturalista, pag. 18.

(2) NORDENSKJOLD : Algunos datos sobre la parte austral del Continente Sud-americano.

(1) Ecco l'orario seguito nelle nostre missioni per i giovani raccolti a vivere coi Missionari. Orario giornaliero: ore 6 levata, 6,30 preghiera, 7,30 scuola, 8 colazione e ricreazione, 8,3o lavoro, 12 pranzo e ricreazione, 14 lavoro, 15,30 merenda (mate e pane) , 16 lavoro, 18 scuola, 19 cena e ricreazione, 20,30 preghiera e riposo.

Orario scolastico : Lunedì mattino religione, sera lettura e scrittura ; martedì mattino urbanità, sera geografia e doveri civili; mercoledì mattino religione, sera, storia patria per esempi; giovedì mattino lingua parlata, sera aritmetica e copiato; venerdì mattino storia sacra, sera nozioni di storia naturale; sabato mattino regole igieniche, sera disegno e lettura; Domenica e feste passeggiata al mattino, alla sera canto e musica. Orario analogo usano le Figlie di Maria Ausiliatrice per le bambine.

Gli alimenti sono; minestra (pasta e riso), carne in abbondanza, lessa, arrostita, e pane a volontà. Alle feste frutta.

Gli adulti vivono nelle capanne del villaggio, indipendenti.

(2) Op. cit.

FIORI E FRUTTI

(Dalle memorie dei nostri Missionari)

II (3).

Una sepoltura cristiana.

CHI da Cuyabà va per la via delle Colonie indigene fondate per la civilizzazione dei Bororos, a 15 leghe da Coxipò giunge alla Colonia Agricola Industriale Gratidào Nacional di Palmeiras. E questa la casa di formazione del personale necessario alle Missioni del Matto Grosso. Aperta nel 1907, recentemente accoglieva daccanto anche un nucleo di indigeni, più bisognosi di istruzione e di aiuto materiale e morale, che i loro fratelli delle Colonie dell'Immacolata, di S. Giuseppe e del S.Cuore.

Son uomini già stati a contatto coi civiliz zati, e che nelle loro incessanti scorribande hanno appreso poco di bene e molto di male, non escluso qualche vizio, come quello dell'alcoolismo.

Quando furono accolti nella Colonia, era presente anche l'ispettore D. Antonio Malan, il quale volle formale promessa che sarebbero stati all'obbedienza dei Missionari e che non avrebbero mai cercato di ripetere le loro superstiziose cerimonie.

Difatti fin dal principio si mostrarono docili, puntuali ed attenti alle istruzioni che loro si fanno due volte il giorno, e presero anche a coadiuvarci assai volontieri nella costruzione delle loro casette e ad avviarsi di buona lena all'esercizio dell'agricoltura.

Talvolta però si vedevano scomparire nel bosco.... e non a caccia... non a diporto.... ma unicamente per sfogarsi tutt'insieme nei loro canti tradizionali!

I Missionari vedevano e tacevano. Era già grande lo sforzo che quei poveri figli delle selve dovevano imporsi.

Ma ecco che s'ammala un loro bambino; e noi, vistolo in pericolo di morte, ci affrettiamo a battezzarlo. Difatti il bimbo morì. Fin qui nulla di male, anzi un'anima di più entrata in paradiso ; ma questa morte non tardò ad esser causa di fermento fra quei poveretti.

- Come, andavano dicendo, noi non potremo rendere a nostro modo gli ultimi onori a questo piccolino? E con qual diritto i Padri vogliono sepellirlo a modo loro?

E si scaldarono tanto la testa, che pronti a tutto - anche a partire dalla Colonia - stabilirono di fare le loro cerimonie con tutta disinvoltura.

Difatti, sul cader del giorno, ecco la prima eco dei canti...

- Comincia il Bacururú! mi disse il Direttore; e in questa circostanza a me non conviene assumere una resistenza diretta; va' tu e ricorda a tutti quanto ci hanno promesso.

Andai e li trovai, uomini e donne, raccolti attorno il vecchio Capo Tobia, che presiedeva l'adunanza e guidava il canto. Disposti in circolo, avevano collocato nel mezzo sopra una stuoìa, ornata di piume multicolori, la salma del piccolo innocente. Le donne all'unisono accompagnavano il canto più robusto degli uomini; e i parenti più prossimi dell'estinto, in segno di lutto, si andavano incidendo le mani e le gambe, lordandosi di sangue...

Al mio apparire nessuno si diede per inteso; ma continuarono tranquillamente il loro rito.

Allora mi avanzai e feci cenno di tacere. Obbedienti, tutti fecero silenzio e si volsero ad ascoltarmi. Che dissi loro?

Li ammonii dolcemente della mancanza di non mantenere la parola data a D. Malan ; dissi come quelle cerimonie non giovavano nulla all'anima del bimbo, già felice tra gli Angeli del Paradiso, e come quei loro canti non piacessero affatto a Gesù, essendo vestigia della barbarie e del paganesimo; perciò non ostante la forte inclinazione agli antichi costumi (di cui hanno una vera nostalgia) ne facessero un generoso sacrifizio al vero Dio, ad imitazione degli stessi padri nostri che erano anch'essi pagani, ma quando intesero annunziare la dottrina di Gesù, lasciarono i loro costumi e spezzarono le statue dei falsi Dei che avevano adorati fino allora, ed in cambio eressero altari al vero Dio con sopra la Croce di Gesù Cristo...; facessero anch'essi altrettanto, per amore di Lui che si fece uomo e morì in croce per noi, per loro, per tutti gli uomini, pieno di amore per tutti, volendo a tutti toglier dal collo il giogo del demonio ed aprire le porte del Paradiso...

Il capo m'interruppe più volte ; parlarono altri, obbiettando e sostenendo il loro operare; ma la grazia di Dio trionfò di quelle anime.

- Padre ! mi disse in fine Tobia; le tue parole ci hanno convinto ; osserva ! noi lasciamo subito il Bacururù, e tu prendi il bambino per seppellirlo, come vuoi

Sia benedetto il Signore! All'indomani componemmo la salma in una piccola bara coperta di bianco lino e adorna d'una ghirlanda di fiori, e preceduti e seguiti da tutti gli indii che ci guardavano meravigliati, facemmo la levata del cadavere, cantammo con tutta solennità le esequie dei pargoli nella nostra cappella, secondo il Rituale, e quindi l'accompagnammo al Camposanto.

Sepoltala devotamente, invitavamo tutti gli indii a inginocchiarsi con noi su quella terra benedetta, e docilmente tutti ripeterono con noi le preghiere comuni al Cristiano, che essi hanno già imparato in portoghese e in bororo ! Fu una scena commoventissima.

Palmeiras, 9 novembre 1911.

Sac. CLEMENTE DOROSZEWSKI.

TESORO SPIRITUALE

Indulgenza plenaria: dal 10 marzo al 10 aprile

1) il 25 marzo, Annunziazione di Maria SS.;

2) il 29 marzo, commemorazione dei sette Dolori di Maria;

3) il 31 marzo, Domenica delle Palme; 4) il 4 aprile, Giovedì Santo; 5) il 7 aprile, Pasqua di Risurrezione.

IL CULTO di Maria Ausiliatrice

Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente,

Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausilìatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario-Basilica di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno nel Santuario avremo questa intenzione generale:

Per l'affetto, che avvinse la Beatissima Vergine al suo castissimo Sposo San Giuseppe, Protettore della Chiesa Universale e degli Operai, raccomandiamo a Lei le intenzioni del Sommo Pontefice Pio X e i gravi bisogni delle masse lavoratrici.

Feste e date memorande.

MONTEVIDEO (Uruguay). - La Federazione giovanile cattolica dell'Uruguay, formatasi con il concorso efficace dei nostri ex-allievi nell'anno decorso, sceglieva come suoi patroni il Divin Cuore di Gesù e Maria SS. Ausiliatrice. L'atto di consacrazione si svolse con entusiasmo il 17 dicembre u. s.

Alla mattina un numeroso stuolo di baldi giovani si accostava alla sacra mensa nel tempio del S. Cuore, annesso al Collegio di Montevideo; e dopo mezzodì oltre cinquecento di essi, appartenenti ai vari circoli della Capitale, si recavano in pellegrinaggio al Santuario di Maria Ausiliatrice a Villa Colón, che dista dalla città una decina di chilometri. La banda musicale del Collegio Don Bosco precedeva la colonna.

Nel Santuario di Maria Ausiliatrice un nostro confratello porse ai convenuti il saluto affettuoso dell'annesso Collegio Pio, e si dissero vari discorsi, tra cui brillantissimo quello del nostro ex-alunno Giuseppe Miranda, Presidente della Federazione.

Non dubitiamo che con la benedizione del S. Cuore di Gesù e sotto il manto di Maria Ausiliatrice la Gioventù Cattolica dell'Uruguay abbia a svolgere un apostolato di bene per la religione e per la patria.

GRAZIE E FAVORI

La fede dei nostri emigrati (*).

I) - Un mio caro figliuolino di 5 anni ebbe un calcio si terribile da un cavallo, che, buttandolo a terra, gli ruppe la testa e gli rovinò un braccio. Erano già tre settimane e il poveretto, tuttora immobile, non faceva che dolorare, quando mi venne l'ispirazione di ricorrere a Maria Ausiliatrice. Le promisi un'offerta e un cenno sul Bollettino Salesiano se me lo guariva, e cominciammo intanto una novena in famiglia. Prima che la terminassimo, il bimbo era perfettamente guarito. Grazie, o pietosa Regina di Valdocco, grazie, o buona Madre, per i continui favori concessi alla mia famiglia.

Monterey (California), 22 dicembre 1911.

CARMELA BERTO.

II) - Mio figlio, Modesto Denucci, si trovava da un anno e più con un malessere cosi grave che nessuno dei sette medici ai quali feci ricorso seppero dirmi di che si trattasse, o procurargli un miglioramento: e intanto per la febbre della malattia il poverino era in fin di vita. Io avevo perduto ogni speranza nelle risorse dell'arte ; ed il poco guadagno di mio marito e i miei piccoli risparmi non potevano più far fronte ad altre spese, avendo altri cinque figliuoli minori da mantenere. Che fare? Mi fu consigliato di ricorrere con una novena a Maria Ausiliatrice; ubbidii, ed ora - a gloria di questa Madre pietosissima - debbo dire che alla fine della novena il mio figlio amatissimo si trovò prodigiosamente guarito!

Mendoza (Rep. Argentina), 22 dicembre 1911.

CARLOTTA DI DENUCCI.

III) - Adempio ad un sacro dovere col rendere pubblica la grazia che Maria SS.ma Ausiliatrice mi concesse or son cinque anni. Trovandomi in critica posizione finanziaria, pensai di ricorrere a Lei, nostra Madre, promettendole che avrei pubblicato sul suo Bollettino il favore che mi avrebbe accordato. Ed ecco che uscii tosto dalla situazione in cui mi trovavo, portando intatta la mia riputazione. Ho trascurato fino ad ora a rendere pubblico questo atto, ma la mia riconoscenza fu e sarà imperitura per colei, che a ragione è detta l'Aiuto dei Cristiani

Buenos Aires, 3 gennaio 1912.

NATALINA FALCHERO.

Ricorriamo a Maria Ausiliatrice !

Da tre mesi e mezzo aveva male al pollice del piede sinistro, e dopo quattro dolorosissime operazioni chirurgiche peggioravo sempre, perdendo ogni giorno la speranza nella guarigione. Finalmente, dietro consulto di quattro dottori assai valenti, fu decisa l'amputazione del dito. Omai mi ci era rassegnato, quando la Divina Provvidenza dispose diversamente. Il medico che mi curava dovette assentarsi per alcuni giorni, ed io aspettava il suo ritorno per sottomettermi all'operazione, allorchè trovandomi in preda ad un senso di profondo sconforto, mi venne l'ispirazione di abbandonarmi totalmente nelle mani pietose di Maria SS. Ausiliatrice. Incominciai subito (era il 22 agosto) un triduo a Maria Ausiliatrice, interponendo anche l'intercessione del Ven. Don Bosco e di Domenico Savio. Tosto una pace soave scese a consolare il mio cuore addolorato, e una viva fede sorse in me, che Maria SS. avrebbe avuto pietà del mio misero stato. Il 24 feci il pellegrinaggio spirituale a Maria SS. Ausiliatrice a Valdocco, sempre allo scopo di implorare la guarigione, e potei recarmi in chiesa da me, senza bisogno delle inseparabili grucce e senza provare alcun dolore. Ero così certo di avere la grazia, che nei giorni del triduo aveva sospeso ogni medicatura ; il 25 sfasciai il dito e con mia grande sorpresa trovai il male quasi del tutto scomparso, e due giorni dopo, cioè il 27, il medico mi dichiarava guarito, non senza suo stupore.

Grazie a Te, o Maria SS. Ausiliatrice, che in sei giorni mi ridonasti quella salute, che a giudizio dei medici, potevo a stento ottenere coll'amputazione e in lunghissimo tempo. In fede

Fiesole, 31 gennaio 1912.

Ch. ERNESTO TOTI, seminarista.

Schilpario (Bergamo). - A Te, o gran Vergine Ausiliatrice, voli gradito l'inno del ringraziamento e della riconoscenza.

Una speciale preziosa grazia occorreva per il comun bene di noi, e del nostro amato paese, ed a Te, pietosa Ausiliatrice dei cristiani innalzammo fiduciosi le più vive preghiere, promettendoti un'offerta e di far pubblica la grazia nel Bollettino Salesiano; in Te, nei momenti più difficili, riponemmo intieramente le nostre speranze, sicuri che Tu ci avresti benignamente ottenuto dall'amoroso Cuore di Gesù la grazia che con tanto ardore s'implorava.

Ora che i nostri desideri e le nostre suppliche furono pienamente esaudite, ben di cuore adempiamo alla nostra promessa, nuovamente pregandoti con figliale affetto ed immensa gratitudine a continuarci la tua materna e generosa protezione.

Dicembre 1911.

I Cooperatori Salesiani di Barzesto.

Cocconato. - Colpito il mio caro figlio da forte gastrica intestinale, nessun rimedio gli era di sollievo, ma trovandosi all'estero dovette cessare il lavoro e venire in Italia. Desolata in sì grave disgrazia ricorsi a Maria Ausiliatrice con la promessa, se gli otteneva la guarigione, di fare un'offerta, più una messa in ringraziamento. La grazia non si fece attendere; in breve egli cominciò a migliorare ed ora è guarito perfettamente ed ha ripreso il lavoro. Ne sia ringraziata la Celeste Benefattrice!

19 novembre 1911.

MARCHESE TERESA.

Locarno. - Circostanze dolorosissime mi avevano posto in imbarazzi difficili e angosciosi che, oltre a ledere il benessere materiale, mi accasciavano l'animo esasperandolo e infiltrandomi una disperata apatia. Sfiduciata nella onestà e giustizia umana, non intravvedevo una via di scampo, quando invocai con tutto l'affetto del cuore l'Ausiliatrice, a Lei m'affidai e fermamente sperai aiuto e conforto. La mano sua benigna si estese sui miei mali e quello che invocavo si effettuò con grande sollievo dell'anima mia. A Maria Ausiliatrice la mia riconoscenza.

15 dicembre 1911.

Z. C.

Rodello d'Alba. - Durante quest'anno una gravissima infermità mi tenne per molti mesi a letto, e fece temere che la mia vita fosse prossima al suo termine. Ricorsi a Maria SS.ma Ausiliatrice, ed Ella si degnò di esaudire la mia preghiera. Perfettamente guarita mi sono recata a Torino per ringraziare questa buona Madre e per fare un'offerta al suo Santuario.

Dicembre 1911.

BARILE MATILDE.

Reusa (Casola in Lunigiana). - Il 10 maggio u. s. fui preso da forte bronchite al lato sinistro. Stando in letto, occupavo il tempo leggendo il Bollettino Salesiano e vi appresi, con altre belle cose, i molteplici favori che la Regina del Cielo spande sopra coloro che l'invocano col titolo di Ausiliatrice. Fiducioso io pure feci voto che se fossi stato al più presto guarito avrei fatta noto la grazia. Ed ecco proprio il giorno 24 dello stesso mese potei riprendere il lavoro che ho continuato fino ad oggi in florida salute. Riconoscente a questa buona Madre, invio una tenue offerta in ringraziamento.

18 dicembre 1911.

ITALO BONDI.

Mirabello Monferrato. - Il giorno 3 aprile u. s. la povera mia mamma fu colpita da forte polmonite. Il dottore me la diede spedita. Che fare? Mi rivolsi piena di fede alla potente Ausiliatrice dei cristiani, la pregai e promisi un'offerta e la pubblicazione della grazia sul Bollettino Salesiano, qualora m'avesse consolato. Bontà di Maria! quando maggiormente si temeva, ecco svanito il pericolo. Ora la mia mamma sta bene ed io piena d'amore ringrazio la cara Madonna di Don Bosco.

1911.

P. L.

Moltrasio (Cuneo). - Da qualche giorno mio figlio Carluccio, sugli undici anni, era stato colpito da acuta pleurite. Il medico aveva dichiarato che il male aveva preso tutta la sua violenza e che la vita (lei mio povero figlio correva serio pericolo. Piena (li fede, coi voti più ardenti ricorsi a Maria Ausiliatrice per impetrarne la guarigione. E la Vergine SS. di Valdocco smentì il responso del medico. La violenza del male a poco a poco si calmò, ed ora il mio caro figliuolo si trova perfettamente guarito.

Eccomi perciò a testificare la mia riconoscenza verso una Madre sì benigna, e ad eccitare tutti a ricorrere con fiducia e fervore alla gran Madre Maria Ausiliatrice.

Dicembre 1911.

SARA VESPE5IANI Ved. VANINI.

Fontanile. - Fiera polmonite e grave mal di cuore avevano ridotto la mia mamma agli estremi. Accorso al suo capezzale, incominciai, contro ogni umana speranza di guarigione, una novena a Maria SS.ma Ausiliatrice. E fin dal primo giorno si notò nell'inferma tale miglioramento, che al quarto, mentre prima non poteva nemmeno recitare un Parer, si unì a me comodamente nelle preghiere della novena, e, innanzi che questa terminasse, i medici la dichiararono fuori di pericolo.

Riconoscente invio un'offerta per una messa al suo Santuario di Valdocco, con preghiera di render pubblica la grazia, a far conoscere quanto buona e potente sia la Madonna di Don Bosco.

15 novembre 1911.

Ch. BATTISTA ROLANDO.

Frossasco. - Nel principio del settembre u. S., io cadeva ammalato di tifo. La malattia si svolse lunga e grave. Parevano vane tutte le cure più premurose: senonchè molti cuori buoni ed affezionati innalzarono preci fervorose all'Ausiliatrice dei Cristiani : e la mia famiglia fece un'oblazione per le opere di D. Bosco e promise di pubblicare la grazia sul Bollettino. E Maria SS.ma Ausiliatrice accolse ed esaudì tante preghiere. Mi donò non solo la guarigione, ma mi rese più sano e più forte di prima.

Oh! nostra Madre celeste, noi Ti promettiamo riconoscenza imperitura e divozione filiale con tutto il cuore.

17 dicembre 1911.

Prof. COMBA ALBINO.

Torino. - Il mio Carluccio era caduto ammalato di tosse acute, gastroenterite e polmonite doppia. Quale strazio per una madre ! Il piccino deperiva ogni dì più ; i medici, lasciata ogni fiducia, lo avevano dato perduto, e, quello che accresceva il mio dolore, si è che essi erano dei più valenti nell'arte. Offersi un cuore d'argento a Maria Ausiliatrice e feci la promessa di pubblicare la grazia se essa mi avrebbe consolato. Da quell'ora il bimbo migliorò ed ora non soltanto sta bene, ma è perfettamente guarito, e corre e salta che è un piacere, con non poco stupore dei medici che l'avevano spedito.

Grazie, o buona Madre, ti prometto di propagare quanto potrò la tua divozione.

Dicembre 1911.

CAUDA REGINA.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:

A*) -Acqui : Ida Conti Brezzi 5 - id. : Ermengarda Bodrito, 5 - Agliano d'Asti : E. A. 2 - Airasca : Famiglia Maritano, 5-Alcamo : Moria Castrogiovanni, 6.50 - Alessandria: Chiarina Colla, 5 -- Avigliana: Cherubino Doleatti, 50 - Ayas Obert Michele, io.

B) - Barcone : Margherita Pomi, 2 - Bologna: Sac. Dott. Francesco Comastri, 5 - Borgia : Panzarella N., 5 - Borgomanero : C. A. S., 5 - Bova Marina : Marianna Pugliatti, io - Bra : Felicita Giaeosa - Brescia : Una devota - Briga Marittima : G. B. Bacchialone, 25 Brissogne : Silvia Lettazzi, 5 Bronte : Adele Martinoni, 2 - Brusada : Rettore Favre, 2.50 a nome di pia persona - id. : Io per altra pia persona -- Buenos Aires Angela Maero, 6.3 -- Busca : N. N., 2.

C) - Calcinato : Angelo Toetti - Cambiano Michele Vaudano, i - Calmo-Tartareo : N. N., 5 - Capriata d'Orba: Adele Laiolo maestra, 3 - Caprile: Faustina Ciancia Carlet, 5-Carmagnola T. P., 3 - Cassago Magnago : C. D., 5 - Castagnole Piemonte : Filippa Margherita, 2 - Casa linonferrato : Vincenzina Manacorda, 5 - Castelrosso Gustavo Golzio, 5 - Castevoli : Paolo Bianchini, 2 - Castions di Zoppola : D. 0., 5 - Catania : M. G. S., 7.50 Cavour : B. G., 5 - id. : M. L., 5 - Celle Enemondo : Antonietta Morando, 2 - Cerrito (Colombia): Dionisio Gil, 3 - Chiari : Paolino Pighetti, i - id.: Francesco Cogi, 3 - Chiavari : L. N. M., 5 - Cimalavalle : Giovanni Clemente Spaletta, 5 - Comiso : Teresa Iacono fu Antonio, 5 - Contratación (Colombia): Eufrasio Riveda, 5 - Costa Vescovato : Marina Bergoglio, io - Costigliole d'Asti: Rusta Giovannina io, Ruggero Candida 5, Carlo Borio 2, Giovanna Corino 2, Serafino Bongiovanni i - Cuccavo Monferrato : Raimondo Luigia, 5 - Cuorgnè : M. C., 5.

*) L'ordine alfabetico è quello delle città e dei paesi cui appartengono i graziati.

D) - Desulo : F. G. M. 5 - Dogliani : N. N., 25 - id. : Marianna Gaiero, 2 - Dorio : Teol. D. Francesco Carrera.

F) - Faenza : Una divota di Maria Ausiliatrice per alcune grazie, io - Fossano : Giovanna Garelli, 2 - Franchini Monferrato: B. M., i. io.

G) - Gabiano Monferrato : D. Giuseppe Zavattaro, prevosto, 5 - Genova : R. Z., 5 - id.: E. R. C., 25 - Govone : Sacco Giovanna, 2.

H) - Hollister S. Benito (California): G. A. Pedrazzio, 51 - id. : Teresa Besimo, io.

I) - Isola : M. V., 6 - id.: Maria Gaggero, 2.

L) - Lanusei : Rosa Vacca, 2 - id. : Ilfa Deanuro Monserrato, i - Linguaglossa : Antonina Camardi - Lonigo : T. M., io.

M) - Magliano Alfieri : Maddalena Bergamasco, 5 - Malegno : Giovanni Guarinoni, 2 - Marsala Arasma Bua in Genco - Milano : Una pia persona, S - Mineo : Agrippina Vitale, 5 - Modica : Suor Maria Angelica di Gesù - Moggio Udinese : N. N., 5 - Mombello Torinese : Cesare Casalegno, 2 - Monte Rubbiaglio : Pietro Zappitelli, 5.50 - Monza Meda Sironi, io - Moriara Lomellina : R. C.

N) -Neggio : Ernestina Notari, 5 - Nizza Monferrato : Francesca Severino, i.5o - None di Pinerolo : C. C., i.5o -Novaglie-Stelle (Verona): Battista Andreoli ed Eugenia Bragantini, 15 - Novi Ligure : Angelina B., io - id.: Luigia Barbieri.

O) - Oggiono : Luigia T. Manzoni, 50 - Orgiano : Una pia persona, 5 - Ossona : Sac. Paolo Nardi, 5.

P) - Padova : Dott. Adelchi Bonatelli, per segnalatissima grazia, 50 - Palú Di Giovo : Gisella Giallanella, 4.20 Pavia : Giovanni Riccardi, 5 - id.: Adelina Scorbuti, 4 - Perosa Argentina : L. B., 3.45 - Pinerolo : ' Rosa Aymar, 3 - Pontecasale : Bettino Turri, io - Porto Maurizio : Vincezina Sasso, io -- Pralormo : Lucia Givogre, 5 - Prata di Pordenone : Antonio Ceccato, 3 - Primadengo : Ch. Leone D'Alessandri, io.

R) - Riva di Chieri : B. J. - Rocchetta Cairo Giuseppina Calvi, 14 Roma : L. M. d'A., 5, per grazia speciale - Roncaglia : Ernielinda Scagliotti, i.5o - Russi : Cesira Gamberini, io.

S) - Sale Marasino : Luigi Picchi, 3 Saluzzo Teresa S. Delfino, io Sampierdarena : Giuseppina Bortolotti, i - San Cataldo : Amico Mariannina, 5 - San Daniele del Friuli : Anna Candusso, io - San Gaudenzio : Giuseppina Zelaschi, io - Sant'Alfio di Giarre : Marianna Patanè Russo, io, Marietta Patané 5, Maria Barbagallo, i - Savigno Famiglia Orlandi Scaldasole : Giovanni Poltroneri, 5 - Sedrina: Salvi Maria in Tresi, 5 - Settimo San Pietro : Dott. Morru, Vicario Foraneo, 5 - Sonamatino : Tricali Calogero, 5 - Sopraponte Angela Filippini, 5 - Sormano : Carlo Calcagnoli, 5.

T) - Tavigliano : Suor Alessia Balbera - Terralba : Angelica Piuina, 2.50 - Torino : Rossi Claudia, 2 - id. : Giacinta Tacca-id.: Maria Vercelli, 25 - id. : I. M., 50 - id.: Ferdinando del Piano, 2 - id.: L. G., ioo - id.: Faustina Chierigliano - id.: Sac. Domenico Ponte, per tre grazie ricevute a breve intervallo - id.: Emilia Bianco, 2 - id.: Elvira Allemano, 5 - id.: Maddalena Ferrero - id.: Giuseppina Cardone, 2 - id.: Chiarina

Siccardi, ioo - id, : M. Maria, 5 - id.: Amalia Torino e Lea Griglio, 2 - Torre Pellice : Maria Grassi,, io - Trento : Ofelia Bortolussi, 8 - Trino Vercellese : Ines Demarchi, 15.

U) -- Udine : Angelina Schiavoni, i - id.: S. V., io.

V) - Valbona : Francesco Puppa, io - Valdagno : Eugenia Parisotto, 4 - Valeva di Parma Luisa Devoto, 5o - Val fenera : Vincenzo Lanfranco 4; Luigia Ferrero, 2; Orsola Coggiola, i; Rosina

Cardono, i; Vittoria De Marchi, i; De Marchi e Capra, i - Valgrisanche : Pacifico Frassy, 5 - Valtournanche : Giovanni Machet, 5 - Varazze Delfino Benedetto, 5 - id. : N. N., 2 - Vellarosa A. M., 5 - Vercelli : Margherita Barberis, 5 - id.: Anna Pellizzetti, io - Verolanuova : Minimi Adelaide, 7 - Verona : Ester Ferrari, 13 - Vicenza : Clotilde Vianello-Moro G., io - Vigliano d'Asti: Domenico Chiesa, 3 - Vignale Monferrato : Luigi Porro, 5    Villadossola : Maria Mauretti, 5 - Voltri : Giulio Cesare Riccardo, 20.

X) - M. M., 2.

Santuario di Maria Ausiliatrice

TORINO-VALDOCCO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. per ogni corrispondenza in proposito, come anche per celebrazione di S. Messe e per novelle o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario dl Maria SS. Ausiliatrice, Via Cortolengo, 32 - Torino.

Ogni sabato, alle 7.30, speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.

Dal 10 marzo al 10 aprile:

10-18 marzo. - Continua il mese in onore di San Giuseppe.

19 marzo: - Commemorazione solenne di S. Giuseppe - Messe fino alle 11 - Dopo la messa delle 6 benedizione solenne - Ore 19, Compieta, panegirico e benedizione solenne.

24 marzo: - Commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice.

25 marzo: - Annunciazione di Maria Vergine: al mattino, dopo la 1a messa della comunità, predica e benedizione - Alle ore 19, Compieta, predica e benedizione.

31 marzo: - Domenica delle Paline - Ore 9,30 funzione solenne.

3 aprile: - Mercoledì Santo - Ore 17, Canto dei divini uffizi.

4 aprile: -- Giovedì Santo - Ore 6,30 Messa solenne - Ore 17, Canto dei divini Uffizi - Ore 19, Lavanda dei piedi.

5 aprile: - Venerdì Santo - Ore 6,30, la funzione di rito - Ore 17, Canto dei divini uffizi - Ore i9, Via Crucis,

6 aprile: - Sabato Santo -Ore 6,30, Benedizione del fuoco, Profezie, Messa solenne - Ore 19,15, Rosario e Benedizione solenne.

7 aprile: - Pasqua di Risurrezione - Ore 6 e 7,30 Messa della comunione generale - Ore 9,30, Messa solenne - Ore 15,30, Vespro, discorso e Benedizione solenne.

NOTE e CORRISPONDENZE

Ossequioso omaggio

Il 14 corrente l'Eminentissìmo Sig. Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, del Titolo di S. Cecilia, Arciprete della Patriarcale Basilìca Vaticana, Protettore della Pia Società di S. Francesco di Sales, compie l'anno XXV° della sua Elevazìone alla Sacra Porpora, essendone stato fregiato nel Concistoro del 14 marzo 1887 dalla s. m. di Papa Leone XIII.

All'amplissìmo suo Patrono la Famiglia Salesiana umilia, colla protesta di illimitata sudditanza, i più caldi voti e l'assicurazione di ferventi preghiere.

A VALSALICE.

Per la ricorrenza del 24° anniversario della morte di Don Bosco, la prima domenica di febbraio ebbe luogo presso la sua tomba a Valsalice una solenne commemorazione.

Al mattino celebrò nell'artistica chiesa di San Francesco di Sales Sua Eminenza Rev.ma il Card. Agostino Richelmy, il quale ammise pure alla prima Comunione un gruppo di giovanetti dell'Oratorio Festivo. L'Eminentissimo Principe ebbe per essi le più dolci e le più sante parole; e parlò anche ai Chierici del Seminario delle Missioni, raccomandando loro, sull'esempio di D. Bosco, la più tenera e la più filiale divozione a Maria Santissima.

Nel pomeriggio, nella sala del teatrino, attorno il veneratissimo nostro Superiore D. Albera presero posto vari ammiratori dell'Opera di Don Bosco e tutti gli alunni del Seminario delle Missioni, nonchè i duecento giovani che frequentano l'annesso Oratorio Festivo.

L'Avv. Vincenzo Battù, con parola semplice e commossa, rievocò la figura del Commemorato, facendo risaltare specialmente l'educatore che comprese i tempi in cui viveva, ed alle esigenze nuove informò l'opera sua. Il bel discorso fu vivamente applaudito, e noi saremmo ben lieti di poterne offrire ai lettori un ampio riassunto.

Dopo brevi parole di vari allievi del Seminario, frammezzate da scelte esecuzioni musicali, la commemorazione ebbe termine con un affettuoso discorso di Don Albera.

Prestò servizio d'onore, sotto la direzione dell'egregio M°. Prof. Schiavoni la brava Orchestrina del Circolo « Giovanni Bosco ».

Tra i figli del popolo.

CALUSO. - Il 1° dell'anno, nel teatrino dell'Oratorio, ebbe luogo l'annuale distribuzione dei premi. Al suono della marcia reale, eseguita dalla banda locale, fecero il loro ingresso il rev.mo Arciprete tool. Germano Ravetti, il sig. Sindaco cav. uff. Carlo Bianco, e le altre Autorità, accolte da un fragoroso e giulivo battimani dei premiandi. Il Direttore rivolse a questi la sua parola di padre e di amico, animandoli all'amore ed allo studio del Catechismo ed alla frequenza all'Oratorio, dove vien loro sodamente impartita l'istruzione catechistica.

I giovanetti furono inappuntabili, e meritarono l'encomio di tutti e pel contegno educato e corretto, tenuto durante la festa, e per la buona esecuzione di vari canti che piacquero assai al pubblico che gremiva il teatro. Seguì la distribuzione dei premi fra la gioia raggiante sul volto dei fanciulli e la commozione dei genitori.

NIZZA MONFERRATO. - All'Oratorio Sant'Antonio. - Una simpatica festicciuola veniva improvvisata la domenica 14 gennaio dai giovanetti dell'Oratorio Sant'Antonio in onore del Vicario Don Pietro Lana, per la prima volta loro ospite dopo la sua nomina a parroco di S. Giovanni. Accolto, come un antico benefattore ed amico con grida di evviva sotto il vasto porticato adorno di bandiere e festoni multicolori il nuovo pastore rivolse ai giovani una parola di elogio, e a lui espresse ringraziamenti, auguri e voti gentilissimi e geniali il giovinetto Carelli a nome di tutti i compagni plaudenti. Dopo la benedizione impartita dal nuovo Vicario, una gradita sorpresa aspettava i giovanetti, cioè frutta e dolci in abbondanza. Quell'ora di gioia così semplice e schietta fu chiusa da una breve rappresentazione drammatica.

CATANIA. - La riapertura della Scuola di Religione nell'Oratorio S. Filippo Neri. - Spigoliamo dall'Azione di Catania del 17 dicembre: - Più che riapertura potremmo dirla inaugurazione: poichè l'anno scorso il ciclo di conferenze che si svolsero non fu che un prospetto sommario di ciò di cui si deve preoccupare ogni giovane studente cattolico; essendo nella intenzione degli iniziatori di svolgere nel presente anno la trattazione sistematica degli argomenti particolari di cultura religiosa.

E mercè lo zelo dei Salesiani ciò ch'era una vaga speranza, quest'anno ha di già la sua attuazione. Non solo; la piccola schiera di alunni dell'anno scorso s'è ingrossata del doppio e promette di aumentare sempre più le proprie file, date le crescenti adesioni pervenite al Circolo Universitario Cattolico, che anch'esso s'adopera alla maggiore e più larga affermazione della Scuola di Religione.

S'è voluta celebrare, diremo, perciò l'inaugurazione in modo specialmente solenne. È stata, per l'occasione, tutta una serie di trattenimenti, di funzioni sacre, di simpatiche dimostrazioni d'affetto tra gli alunni e i professori e gli educatori. Nella sera del sabato 9 dicembre ebbe luogo un riuscitissímo trattenimento musico-drammatico nel teatrino rimesso magnificamente a nuovo e arricchito di un elegante impianto di luce-elettrica.

Al trattenimento assistevano S. E. Mons. Ferrais, Vescovo Ausiliare di quell'archidiocesi, e tutti i Superiori del Collegio S. Francesco di Sales con a capo l'Ispettore Don Fasce. Il pubblico era composto delle migliori famiglie della nostra città.

Suonava la banda dell'Istituto S. Francesco di Sales. Furono rappresentati con lodevole interpretazione due bozzetti, e dette con molto spirito delle gustose macchiette; seguì in fine una brillantissima commedia.

La mattina della domenica 10 dicembre vi fu comunione generale. Celebrò S. E. Mons. Ferrais, il quale riportandosi col pensiero alla Cena degli Apostoli, allorquando a Giovanni, il più giovane, fu permesso di posare il capo sul santo petto di Gesù, disse come accetta sia a Gesù la giovinezza, e come la giovinezza, a simiglianza di Giovanni, da questa simpatia divina possa acquistare forza e coraggio nella lotta. Parole di particolare affetto ebbe per i numerosi fanciulli della prima Comunione.

Verso le ore 10 Sua Eccellenza disse il discorso di introduzione al Corso della Scuola di Religione. S'intrattenne sulla necessità che il cristiano abbia in sè fuoco che non solo riscaldi ma che anche illumini, secondo una osservazione di S. Bernardo. Dice come importante sia per la stessa fede la coscienza di ciò che si è per chi crede, affinchè si possa valutare la propria dignità e si possa saperla difendere e farla valere di fronte al mondo dei malvagi. La pietà sola non basta; non basta altresì la fiamma che illumina e non riscalda, chè quando il pensiero non è sostenuto dal sentimento, esso rischia di perdersi. È necessario che la pietà e la ragione non vadano disunite. Dalla ragione riscaldata dalla pietà e bontà di cuore l'uomo è fatto capace di risolvere ardui problemi e dubbi dolorosi e di spiegarsi le ragioni della fede, ed essere in senso completo quella fiaccola accesa ad illuminare coloro che non credono, quale dovrebbe essere ogni credente. Il dotto Prelato concluse con le parole di Leone XIII ai giovani francesi che gli si presentarono desiderosi di accoppiare alla pietà del credente la scienza: « Giovani, voi siete il più cavalleresco presidio della Chiesa; da voi attendono bene la Chiesa e i popoli; e non invano spereremo. Poichè voi, fatti pii e sapienti, salverete il mondo da una inesorabile decadenza, e lo rinnoverete nel fuoco e nella luce dello Spirito Santo ».

Sul più tardi, nell'atrio dell'Oratorio, a ricordo della bella festa quantunque molti si fossero già allontanati, fu fermato da un egregio amico, colla presenza di S. E. il Vescovo, un bel gruppo fotografico di una cinquantina di alunni della Scuola di Religione, tra liceisti e universitari, e un altro del del Circolo « Ven. Giovanni Bosco ».

A mezzodì sedettero a mensa attorno a S. E. Mons. Ferrais e l'Ispettore Don Fasce, molti amici dell'Oratorio, fra cui parecchi illustri Professori del Regio Ateneo.

- Ogni, domenica, alle ore io, dopo la messa han luogo Conferenze e Lezioni alle varie sezioni della Scuola di Religione. In quell'ora il chiarissimo Avv. Domenico Santacroce, segretario capo alla Provincia e geniale ed acuto sociologo, tenne nella sala del Circolo Venerabile Don Giovanni Bosco una conferenza di argomento sociale ad un numeroso stuolo di giovani operai.

MILANO. - Nell'Oratorio di Via Copernico la Festa dell' Epifania ebbe un'impronta speciale : la celebrazione della S. Messa di un novello Sacerdote, che per vari anni aveva speso le sue fatiche nello stesso Oratorio. I 250 giovanetti vollero accompagnarlo processionalmente all'altare. Precedevano gli anziani colla bandiera dell'Oratorio, quindi le varie classi e i Luigini in divisa collo stendardo, finalmente il piccolo clero e da ultimo il nuovo Levita, commosso fino alle lagrime, seguito dai padrini. Svoltosi il corteo per l'ampio cortile, si diresse alla chiesa. Avanti alla porta erasi eretto un arco di trionfo, sul quale campeggiava un artistico cartello con un'iscrizione di circostanza. La piccola chiesa era addobbata con gusto. Prima che il nuovo Levita ascendesse l'altare, il Direttore gli consegnava pubblicamente un candido corporale, alcune animette ed altrettanti purificatoi di lino, perchè, celebrando con quelli il Divin Sacrifizio, si ricordasse di un caro giovane oratoriano, morto da qualche mese, il quale, prima di volare al cielo, aveva incaricato sua madre di preparare quei lini, affinchè servissero per l'altare del suo Oratorio, ch'egli non avrebbe mai più riveduto. Il momento della consegna fu commoventissimo e parecchi, ricordando il carissimo compagno perduto, non seppero nascondere la commozione.

Compiuta la cara cerimonia, allietata da scelte armonie della Schola cantorum dell'Istituto S. Ambrogio, tutti i presenti ebbero un'abbondante colazione.

Dopo mezzodì seguirono divertimenti svariati, poi le sacre funzioni, solenni come quella del mattino. Corona della festa fu uno splendido Albero di Natale mercè la generosità di vari benefattori. La distribuzione dei doni, alternata con la recita di due bozzetti ed una simpatica accademia in onore del festeggiato, mise al colmo la gioia di quel nugolo di giovani, nei quali vivrà salutare il ricordo della commoventissima festa.

FIGLINE. - All'Oratorio Salesiano. - Il giorno dell'Epifania si tenne la distribuzione dei premi ai giovanetti che nello scorso anno frequentarono l'Oratorio. Eran presenti tutti i sacerdoti del paese, i benefattori e le migliori famiglie. Durante la festa i soci del Circolo « D. Bosco » coll'aiuto di una orchestrina, formata tra i soci del Concerto S. Cecilia, e di un coro di giovanetti, misero in scena un. grazioso melodramma; dopo il quale il rev.mo proposto dottor Arturo Mazzucchelli rivolse belle parole di ringraziamento al benefattori dell'Oratorio e di riconoscenza a quelli che vi lavorano con zelo.

Uno spontaneo applauso salutò l'egregio Proposto, quando vólto ai fanciulli esclamava: « Frequentate l'Oratorio e diverrete valorosi soldati della religione e della patria ». Alla premiazione oltre 100 fanciulli ebbero capi di vestiario e di biancheria.

SLIEMA-MALTA - Il Card. Bourne e la « Salesian Boys' Brigade ». - Togliamo dal Malta del gennaio u. s. - « L'Associazione giovanile fondata da due anni nell'Oratorio Salesiano di Sliema col titolo Salesian Boys' Brigade ed estesa ora anche all'altro Oratorio di Birchircara, è affigliata alla Catholic Boys' Brigade d'Inghilterra, la quale ha per Presidente generale della federazione S. E. il Cardinal Bourne, che ne fu sempre il geniale propugnatore ed il munifico patrono. Sono pure vicepresidenti d'onore quasi tutti i Vescovi d'Inghilterra e delle altre parti dell'Impero Britannico, dove la federazione ha i suoi battaglioni. Anche il nostro Ecc.mo Arcivescovo-Vescovo P. Pace, per invito del Consiglio Generale di Londra, ha gradito tale nomina.

Ora, trovandosi qui in Malta S. E. il Card. Bourne, non poteva la Salesian Boys' Brigade non cogliere la fortuna e l'onore di ossequiare l'Em.mo Principe e venerato Presidente. Laonde domenica scorsa nei giardini dell'Istituto delle Suore del Sacro Cuore a S. Giuliano ebbe luogo un privato ricevimento, a cui prese parte la S. B. B. al completo con le due compagnie, fanfara e bandiera, e ad essi si unirono quasi tutti i Membri del Comitato d'onore della S. B. B., fra cui notiamo il Col. Briffa, il Col. Engerer, Sir R. Micallef, Mons. P. Galea, il Col. Gatt, il Magg. C. B. Sciortino, Fr. O'Grady e il Com. A. M. Galea, il Magg. Denaro, il Magg. Savona, il Cap. Micallef, il rev.do D. Tamburino, il Sig. A. F. Sciortino, Segretario della S. B. B., i Rev.di D. A. Fortuna e D. M. Sammut, che ne sono i Cappellani, il sig. A. Agius ed altri di cui ci fugge il nome.

» Schieratasi in lunga fila, la Salesian Boys' Brigade attese l'arrivo di S. E. il Cardinale, il quale ac compagnato dal suo Segretario e dai suddetti membri del Comitato d'Onore, si recò a vedere i giovanetti, che lo attendevano per rendergli omaggio.

» Il Direttore dell'Oratorio di Sliema, D. Allegra, quale Presidente del Consiglio direttivo della S. B. B., presentò le due compagnie con breve indirizzo, a cui seguirono belle parole di saluto da parte del sig. G. Mifsud, fondatore della S. B. B., e da uno dei giovanetti graduati, G. Izzo.

» Il Card. Bourne rispose al saluto con un paterno discorso, in cui si disse lieto di trovare qui in Malta una così importante sezione della C. B. B. che egli fondò a Londra e che ora si è tanto estesa nell'Impero britannico. Raccomandò ai giovani ed agli ufficiali istruttori di tener alta la loro bandiera col motto: Ne cede malis (che è il motto gentilizio del Card. Bourne da lui concesso alla Catholic Boys' Brigade) e finì con l'invocare sulla istituzione ogni grazia del Signore.

Indi passò in rivista il battaglione, e in seguito si compiacque posare in un gruppo fotografico, circondato dai Membri del Comitato d'Onore, dal Consiglio Direttivo, dagli ufficiali e giovani della Salesian Boys' Brigade.

» I giovanetti attesero poi che S. E. partisse dal Convento del S. Cuore per recarsi al Duomo ad assistere al solenne Te Deum , e gli resero un nuovo saluto schierati come guardia d'onore ».

Fin qui il Malta.

A sera l'Eminentissimo Porporato si recò nella gran sala della Juventutis Domus, rigurgitante di sceltissimo pubblico. Ricevuto dai Salesiani ed accolto da applausi fragorosi, Sua Eminenza si degnò assistere al breve trattenimento dato in suo onore, a cui presero parte i giovani delle varie Istituzioni Salesiane di Malta, mentre la Banda del 2° Batt. del Regg. Devonshire ne allietava gl'intermezzi.

Al termine del trattenimento Sua Eminenza rivolse al pubblico la sua calda parola, che fu un inno alato alla memoria di D. Bosco; ed una scrosciante ovazione salutò la fine del magnifico discorso, dopo di che il degno Principe della Chiesa lasciava la « Domus » ossequiato da tutti, ed una

Compagnia della Salesian Boys' Brigade presentava le armi al suo passaggio.

- Per mancanza di spazio rinviamo al prossimo numero la relazione della benedizione e consegna della bandiera alla Salesian Boys' Brigade di Sliema.

CORDOBA (Rep. Argentina). - L'Oratorio annesso al Collegio « Pio X » nell'anno testè decorso venne frequentato da 4oo a 35o alunni, i quali, divisi in 20 classi, ebbero regolarmente ogni festa l'istruzione catechistica. Il Catechismo quotidiano quaresimale contò un centinaio di frequentatori; pei quali, in preparazione all'adempimento del precetto pasquale, si diede un corso di esercizi spirituali.

Tre furono le Gare catechistiche compiutesi durante l'anno, con un complessivo di 70 gareggianti.

Le due scuole di Religione, cominciate in maggio e chiuse in ottobre, furono frequentate da alunni del Collegio Nazionale, del Normale e Provinciale.

Le varie Compagnie hanno 18o ascritti; 6o appartengono alla Compagnia di S. Luigi.

I fanciulli preparati durante l'anno a ricevere la prima Comunione furono 200.

- L'Oratorio S. Antonio a S. Vicente fu frequentato da 250 a 300 giovani : dei quali 6o vennero apparecchiati alla prima Comunione.

Quivi il 26 novembre si compì la distribuzione dei premi. Il premio speciale fu assegnato al giovane Giulio Rodriguez, che venne accettato gratuitamente come alunno artigiano nel Collegio « Pio X ».

VALPARAISO (Chili). - Nell'Oratorio Festivo Don Bosco. - Ci scrivono : « I giovani dell'Oratorio D. Bosco di Valparaiso. salutarono il giorno dell'Immacolata com'uso dei più belli; e un buon numero d'essi con indescrivibile contento ricevette per la prima volta Gesù Sacramentato ; mentre per mancanza di mezzi forse non avrebbe potuto o almeno avrebbe avuto vergogna di compiere questo atto altrove, essendovi ancor l'uso di compierlo con grande sfarzo. Anche gli sportmen, una settantina di giovanotti sui 18 ai 25 anni, che nell'Oratorio per mezzo della ginnastica e del foot-ball si esercitano a rinvigorire le forze corporali, in sì bella festa vollero esercitare e rinvigorire le forze spirituali accostandosi tutti alla S. Comunione. Il Celebrante commosso davanti a tanta gioventù che in quel momento respirava solo aria di fede li esortò a perseverare nelle promesse del S. Battesimo che rinnovarono tutti dopo la messa.

» Anche le famiglie, che accorsero numerose a presenziare il grande atto, rimasero soddisfatte e non cessavano di benedire il Signore e l'Oratorio, dove i loro figli possono crescere pii, onesti e laboriosi.

» Non parlo della colazione, dei giuochi e dei premi distribuiti durante la giornata; basti il dire che giunta la sera i giovani non volevano più allontanarsi ed esclamavano: - Come si sta bene nell'Oratorio! che santa allegria!

» La festa terminò con l'atto di consacrazione alla B. Vergine, dopo del quale tutti sfilarono davanti all'altare adorno di fiori e di luci, depositando un giglio ai piedi di Maria ».

Notizie varie.

In Italia.

BAGNOLO PIEMONTE. - La Parrocchia Maggiore di S. Pietro in Vincoli il 13 gennaio u. s. accoglieva le Figlie di Maria Ausiliatrice, le quali, per lo zelo del Teol. G. B. Cavallotti, Priore e Vicario Foraneo, furon chiamate ad assistere le ragazze addette ai magazzini della Cooperativa ed avranno presto la direzione del Laboratorio, dell'Oratorio, della Scuola di Religione e di tutte le opere che nasceranno attorno alla Cooperativa suddetta. Il Bollettino parrocchiale, additando in esse le anime buone « che si consacrano e si sacrificano pel bene del popolo » manda al loro Istituto e al Ven. D. Bosco un saluto riverente e riconoscente: noi facciamo voti che i desideri di quella religiosissima popolazione abbiano ad essere pienamente soddisfatti.

NIZZA MONFERRATO. - Nell'Istituto N. S. delle Grazie, allietata dalla presenza del rev.mo signor Don Albera, il giorno 4 febbraio si svolse solennissima la festa di S. Francesco di Sales, commemorandosi insieme il Venerabile Don Bosco ed il trionfo della Religione Cattolica nel XVI° Centenario della proclamazione a Religione dell'Impero Romano. Devotissima la Comunione generale, a cui, avide di un più forte desiderio di bene, parteciparono cinquanta Ex-Allieve della Città, pronte sempre all'invito, che le riporta a gustare presso Gesù Sacramentato le gioie intime di loro serena giovinezza. Alle 10,30 il rev.mo Vicario Foraneo, Don Lana, cantò la messa solenne: e le Convittrici eseguirono finemente musica del M.° Pagella.

Nel pomeriggio, non ostante il tempo freddo e nevoso, le Ex-Allieve si raccolsero in adunanza generale per un saluto ossequente al sig. D. Albera, cui Egli rispose con la parola dell'incoraggiamento paterno. Poi funzioni vesperali, quindi accademia omaggio al Venerabile Don Bosco e al suo secondo Successore. Fu prima e Una ricorrenza storica memoranda » del dott. D. Francesco Cerruti, illustrante l'accennata data gloriosa della Chiesa Cattolica. Seguirono brillanti esecuzioni musicoletterarie e in fine la parola del sig. Don Albera, che fu la più degna glorificazione del Venerabile Padre.

FIRENZE. - Una delle opere particolarmente raccomandate a tutti i Cooperatori nella lettera del 1° gennaio u. s. dal venerato nostro Rettor Maggiore, è quella del compimento del Santuario della S. Famiglia in Firenze.

L'edificio, incominciato nel 1903 colla posa della prima pietra fatta dal compianto Card. Domenico Svampa di v. m., coll'aiuto del Signore andò crescendo fino a raggiungere al presente la copertura delle cappelle laterali. Ora è necessario affrettare il compimento dell'opera; anzitutto perchè ne soffrirebbe troppo la parte già costrutta, rinsanendo lungamente esposta all'acqua ed a tutte le intemperie delle stagioni, secondariamente perche stante il continuo ingrandirsi della città di Firenze, in modo particolare verso l'Africo alla sua confluenza coll'Arno, e considerati i nuovi ed urgenti bisogni spirituali di questa popolazione, l'Autorità Ecclesiastica ha deliberato di costituire colà una Parrocchia nuova sotto l'invocazione della S. Famiglia.

Facciamo appello pertanto a tutti i Cooperatori, perchè vogliano inviare al ven.mo nostro Superiore un'offerta anche minima per l'Opera che egli vivamente raccomanda. Nessuno neghi alla S. Famiglia questo piccolo sacrifizio. Se tutte le buone persone, le quali leggono quest'invito, corrisponderanno an che per poco, molto ne avvantaggerà quest'opera, bisognosa di urgenti soccorsi.

La Cappella Provvisoria di Via Aretina (ora Gioberti, 53).è troppo piccola all'uopo; occorre quindi sollecitare, aiutare, zelare il compimento di questo tempio, sicuri delle specialissime benedizioni di Gesù, di Maria SS., di S. Giuseppe.

- Nei giorni 9 e 10 del mese corrente, per cura del Comitato « Ars et Charitas » ha luogo la consueta Esposizione Vendita di lavori artistici e fiera, al palazzo Guicciardini-Corsi, Via Ghibellina, 67.

Non manchino i buoni Cooperatori Fiorentini di adoperarsi perchè essa ottenga felicemente il suo scopo.

ROMA. - II 4° anno delle Conferenze per soli uomini, promosse nella Parrocchia del SS. Cuore di Gesù al Castro Pretorio, sulla fine di gennaio si affermò con un nuovo corso, nel quale si svolse felicemente un unico tema « La famiglia » nei problemi religiosi e morali che la riguardano, tenuto conto delle condizioni particolari dei tempi nostri. Illustrarono i vari temi il Dott. Cingolani, il Dott. Cremonesi, il sig. Tupini, il sig. Parisi, e, ultimo, il rev. D. Gianferrari, che riassumendo in un sol pensiero gli argomenti svolti nella settimana, mostrò come la famiglia per salvarsi nella lotta che la minaccia, deve conservarsi, com'è chiamata, un santuario, difeso da quell'angelo della vita che è la madre cristiana, un santuario che conservi e tenga in more i simboli di ogni sacro Santuario: la Croce, l'immagine della Vergine, il Vangelo. A ricordo di questo pensiero vennero tra i presenti sorteggiati un Crocifisso, uno splendido quadro della Madonna ed un Libro degli Evangeli.

« La cronaca - nota l'Osservatore Romano del 30 gennaio - dell'andamento generale di questo corso di conferenze (che fu il secondo del 4° anno) si fa in poche parole. Ogni sera il teatrino del Sacro Cuore è stato affollato, nè si può dire se più l'uditorio siasi mostrato degno degli egregi oratori, o se questi siansi mostrati più meritevoli della distintissima udienza. È stata una gara nei disserenti di presentarsi preparati e nell'adoperarsi affinche il pubblico non fosse deluso nelle sue speranze, e nel pubblico di compensare i simpatici oratori colle clamorose manifestazioni della più viva soddisfazione ». - Ne sia ringraziato Iddio!

RANDAZZO (Catania). - Il risultato conseguito dagli Alunni del Collegio S. Basilio che si presentarono nello scorso anno scolastico agli esami pubblici di Licenza Ginnasiale e Tecnica, di ammissione legale alla IIIa Tecnica o alla IVa Ginnasiale, e di Maturità e di Compimento, come appare da una diligente statistica data alle stampe, fu splendido addirittura. Su trentratre alunni presentati all'esame di maturità, trentadue furono i promossi; - di venti giovani presentati agli esami di ammissione legale alla IIIa Tecnica o alla IVa Ginnasiale, risultarono diciotto promossi, con due soli ritenuti in qualche materia; - e gli undici presentati agli esami di Licenza Ginnasiale o Tecnica furono tutti licenziati. Onore al merito!

All'Estero.

VIENNA (Austria). - L'edizione tedesca del Bollettino recava nel mese scorso un ringraziamento ed una viva raccomandazione del sig. Don Albera ai benemeriti Cooperatori di Vienna. Il buon Padre ricorda commosso l'accoglienza ricevuta da essi nella recente sua visita, la promessa fattagli di aiutare l'opera salesiana locale, e le larghe simpatie che essa già gode meritamente; e li esorta a farla conoscere ai loro amici e conoscenti affinchè possa, col moltiplicarsi degli aiuti, spegnere le obbligazioni contratte ed avere il voluto compimento. In fine li assicura delle preghiere sue e di quelle dei Salesiani, dei loro alunni, e dei giovanetti che accorrono premurosi all'Oratorio Festivo.

PUNTA ARENAS (Chili). - L'8 dicembre fu celebrato anche quest'anno con gran pompa e solennità nella città di Puntarenas. In quel giorno si accostarono per la prima volta al Banchetto Eucaristico ben cento e venticinque fanciulle, tutte bianco vestite, e novanta giovanetti. Questi erano solo 90, perchè altri 5o avevano fatta la prima Comunione il 15 agosto u. s. Qual gioia pel veneratissimo Monsignor Fagnano al vedere quei 215 fanciulli e fanciulle, e tante centinaia di fedeli che affollavano la mensa eucaristica, ricordando le 4 Comunioni che egli aveva distribuito nella stessa festa 24 anni or sono, nel 1887!

Alla sera ebbe luogo una stupenda e assai divota processione con grandissimo concorso di popolo. La banda del nostro Collegio S. Giuseppe contribuì a far meglio rialzare l'imponenza della cerimonia e a destare entusiasmo nel cuore de' fedeli. Anche il cielo prese parte ad onorare l'Augusta Regina dell'Universo, regalando un giorno dei più belli, fra i pochi che si possono contare eccezionali in quell'incostante regione polare. La fede si va risvegliando in molti cuori tiepidi. Che Maria SS. Immacolata benedica quanti l'onorarono e la città intiera,

NECROLOGIO

S. E. Mons. Francesco Sogaro.

Mons. Francesco Sogaro, Arcivescovo tit. di Amida e Presidente della Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici, spirava serenamente la mattina del 6 febbraio u. s. in Roma, munito dei conforti religiosi e di una speciale benedizione del S. Padre.

Dopo aver atteso alcuni anni all'esercizio del S. Ministero come Parroco di S. Giorgio a Verona, andò Missionario in Africa, ove, fatto e trattenuto due anni prigioniero, fu liberato solo per l'intervento del Governo Austriaco. Succeduto quindi a Mons. Comboni nell'ufficio di Vicario Apostolico dell'Egitto, tornava in Italia per motivi di salute, ed era nominato Segretario della S. Congregazione delle Indulgenze e Sacre Reliquie, e nel 1903 successore all'Em.mo Card. Merry del Val nella Presidenza della Pontificia Accademia Ecclesiastica suddetta.

Affezionatissimo Cooperatore Salesiano, il virtuoso Prelato attende un devoto suffragio dai nostri lettori.

S. E. Mons. Alessandro Bavona.

Moriva quasi improvvisamente il 19 gennaio u. s. a Vienna. Arcivescovo tit. di Farsaglia e Delegato Apostolico al Perù, Equatore e Bolivia, indi Nunzio Apostolico al Brasile, e dal 4 febbraio dell'anno scorso Nunzio Apostolico presso S. Maestà I. R. A. non fu soltanto - come scrisse l'Osservatore Romano - un abilissimo diplomatico, ma sopra tutto un sacerdote esemplare. La sua integrità e la sua pietà emersero costantemente su tutte le sue azioni, e la sua morte segna pertanto un vero e proprio lutto della Chiesa »».

Era in ancor florida età; era nato nel 1856, a Rocca di Cambio, in provincia di Aquila, e il

Signore lo volle con sè: sia Egli egualmente benedetto!

Per la somma benevolenza che l'eminente Prelato ebbe ovunque per l'Opera Salesiana, noi lo raccomandiamo alle comuni preghiere.

Ing. Vincenzo Levrot.

Mente eletta, versatile, attivissima, e cuor d'oro, pieno di profonda pietà, alla più brillante carriera sociale unì sempre l'esercizio nobilissimo della carità cristiana. Fu uno dei più antichi e benemeriti ammiratori di Don Bosco in Nizza Marittima, ove chiuse serenamente i suoi giorni il 13 dicembre u. s.

I funerali, onorati dall'intervento dello stesso Vescovo Mons. Chapon, dissero tutta l'ammirazione che l'ing. Levrot aveva destato in ogni cuore. Mandi il Signore alla società moderna molte anime della tempra dell'estinto.

Vive condoglianze alla virtuosa famiglia sua.

Filippina Rossi-Cocco.

Volava in grembo a Dio il 23 marzo u. s. in Fossano. Pia, generosa, apparteneva da 25 anni, insieme col marito Cav. Uff. Carlo Orazio Cocco, alla famiglia dei Cooperatori Salesiani, inscrittavi ancora dal Venerabile D. Sia pace all'anima sua.

Cav. Enrico Brazioli.

Capo Ufficio nei Regi Telegrafi, santamente spirava in Bologna verso la mezzanotte del 27 gennaio u. s., con tutti i conforti della Religione.

Uomo retto, pio, esemplare, ebbe una cura specialissima per l'educazione della numerosa famiglia, che volle informata ai più santi principii.

Pieno di ammirazione e di affetto per l'Opera nostra, abbia egli da tutti il benefico tributo di una prece devota.

Pietro Valla.

Dopo breve malattia sopportata con cristiana, rassegnazione, e munito di tutti i conforti religliosi, placidamente rendeva la sua bell'anima a Dio, il 15 gennaio u. s. a Saliceto (Cuneo).

Questo buon Cooperatore amava tanto l'opera Salesiana che ogni volta che parlava del Venerabile D. Bosco, lo si vedeva commosso fino allelacrime! Te ne ricompensi Iddio, anima carissima.