BS 1910s|1912|Bollettino Salesiano Dicembre 1912

ANNO XXXVI - N. 12   Torino, Via Cottolengo, 32   DICEMBRE 1912

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO

SOMMARIO: Nel Natale di Gesù   .   353 LETTERE DI FAMIGLIA: Dal Perù: Il terremoto di Piura   .   . . 355 Omaggi a D. Bosco e al suo Sistema educativo - L'opera sua e dei suoi Successori    356

Salviamo la gioventù .   . 359 DALLE MISSIONI : Brasile: Un viaggio di esplorazione al Rio Vermelho    361

Tesoro spirituale    371

IL Culto Di MARIA SS. AusILIATRICE: Pel 24 corrente - Feste e date memorande - Grazie e graziati

NoTE E CORRISPONDENZE: Congresso Regionale Ex-allievi - A Valdocco - Tra i figli del popolo - Notizie varie: In Italia; all'Estero . . . . 377

Necrologio e Cooperatori defunti    381

Nel Natale di Gesù

QUESTO avvenimento, il più importante della storia del mondo , accadeva inosservato. Nulla se ne seppe alla corte di Augusto dove Virgilio cantava un altro bambino, neppure era atteso alla corte di Erode, e nemmeno i pastori dei dintorni di Betlemme l'avrebbero sospettato, se non li avesse abbarbagliati uno splendore divino e l'Angelo del Signore non avesse annunziato ad essi : « Oggi è nato il vostro Salvatore! » Ma quando il mondo cominciò a diventare cristiano, il computo degli anni risalì al giorno in cui era apparso su questa terra il Fìglio di Dio; e una data così solenne non solo prese a celebrarsi universalmente, ma diffuse una letizia così piena e profonda che traboccò nel rimanente della società, come di notte lo splendore di una reggia in festa rompe coi suoi raggi le tenebre circostanti. Sì, la Chiesa, questo regno spirituale di divina bellezza, tripudia in questi giorni, e mentre colma di gioia le anime pie, l'eco dei suoi inni di pace allieta anche quelle che non sono rischiarate dagli splendori della fede !

Cooperatori carissimi, che la pace e la letizia di questi giorni scenda nelle vostre anìme, venga alle vostre case, vi adempia ogni sospiro, ogni voto, e vi lasci ogni benedizione!

Che la pace e la letizia di questi giorni ridesti nelle anime di tutti i Figli di D. Bosco quelle sante gioie che inondavano l'anima del Venerabile Padre e la piccola schiera dei suoi birichini settant'anni fa, nel Natale del 1842, allorchè i primi musici di Don Bosco cantavano nelle chiese della Consolata e di S. Domenico quella laude da lui stesso composta e musicata:

Ah ! si canti in suon di giubilo, Ah! si canti in suon d'amor; O fedeli, è nato il tenero Nostro Dio Salvator!...

Che la pace e la letizia di questi giorni si diffonda da un capo all'altro della Patria nostra e richiami tutte le Genti all'amore e alla pratica di quella Religione che creò le nazioni civili, perchè sola spense gli odi e infranse le barriere che dividevano i popoli e li rese fratelli di una stessa famiglia, essendo figli dello stesso Padre che è nei cieli !

Ceda la società moderna all'amore di Gesù Cristo! Ha un bel fare a disconoscerlo ufficialmente; non per questo non ne porta meno visibile l'impronta in tutto quello che ha di buono e di fecondo. Il vero progresso sociale sussiste soltanto presso quei popoli, sui quali è passata la sua benefica influenza. Le parole e gli sforzi di giustizia, di elevazione e di redenzione sociale, di cui oggi si mena così gran vanto, sono un riflesso delle antecedenti conquiste di Gesù Cristo e della sua Chiesa, sono una conseguenza del suo Vangelo. La società gode ancora di molti benefizi dovuti a Lui, sebbene una gran parte più a Lui non pensi. Ah! quali trionfi potrebbe raggiungere se crescesse tutt'intera alla conoscenza ed all'amore di Gesù Cristo

E Gesù trionferà anche della miscredenza presente, perchè è Dio. « Contrariamente a quanto avviene delle glorie umame - riflette Mons. Guibert, Rettore del Seminario dell'Istituto Cattolico di Parigi - la gloria di Gesù Cristo si è sempre accresciuta nel corso dei secoli. Per la maggior parte degli uomini, il loro nome si estingue nel sepolcro nel quale discendono e soltanto pei più illustri si propaga per poche generazioni, poi va lentamente digradando, e seppure rimane nella memoria non è atto a ridestare l'amore. Tutt'altra cosa è per il nome di Gesù Cristo : dopo diciannove secoli quel nome sta al disopra di tutti i nomi e ogni ginocchio s'inchina quando lo si pronunzia perchè risveglia nelle anime i sentimenti dell'ammirazione, dell'amore e dell'adorazione. Troppo poca cosa è conoscere Gesù per averlo soltanto veduto nei Vangeli e nelle Epistole: occorre, per comprenderne l'augusta maestà e l'infinita potenza di seduzione, seguirlo attraverso tutte le epoche, fra tutti i popoli e tutte le razze; occorre assistere a tutte le successive rivelazioni della sua divina bellezza nel tempo e nello spazio; occorre contemplare l'azione seduttrice che esercita tanto sugli individui quanto sulle nazioni, tanto sugli spiriti colti quanto sulle anime incolte; udire i gridi di amore che erompono da milioni di petti, assistere alle trasformazioni innumerevoli che si operano nella vita morale per il suo contatto, ai sacrifici ed alle crocifissioni consentiti soltanto dalla sua divina ispirazione ».

A lato di questo amore sublime sta un odio insaziabile, ma lumeggia anch'esso la divinità di Gesù.

« Se Gesù Cristo non fosse Dio - osserva in una delle sue splendide conferenze Mons. Gibier - si lascierebbe in pace, come lasciamo in pace Platone, Aristotile, e tanti grandi uomini il cui ricordo non suscita nè amore, nè odio. Ciascuno può infatti constatare che Gesù Cristo è il personaggio più alto non solo nella storia, ma anche nel momento attuale. Lo stesso accanimento con cui si perseguita prova in modo splendido che egli è più che un uomo. Osservate: non ci si preoccupa che di Lui. Non si ha in mira che Lui. Sul punto di attaccare la grande battaglia di Farsaglia, Cesare diceva alle sue legioni : « Soldati, colpite alla testa! » L'empietà contemporanea ripete il motto di Cesare, e sapendo che Gesù Cristo è il capo della religione, il capo della morale, il capo dell'ordine sociale, dirige i suoi colpi su quel capo sacro. Cristiani, piangete su voi e sui vostri figli, ma non tremate per Gesù Cristo e per il suo regno, il serpente consuma i suoi denti mordendo la lima. I denti più velenosi e più duri si sperpereranno sul bronzo non intaccabile della divinità di Gesù Cristo ». Figli stesso l'ha detto; Egli stesso ha profetizzato e la lotta e il trionfo : Non prevarranno!

Ma un giorno questa lotta cesserà, e il mondo, tutto il mondo, diverrà un solo ovile, docile e ubbidiente a Lui, Divino Pastore! Che si affretti questo giorno, invocato dai suoi seguaci in ogni secolo, sospirato e zelato da tutti i Santi, vagheggiato dai Romani Pontefici, cui Egli ha affidato la sua verga e il suo stesso magistero! Adveniat regnum tuum !

Ecco l'augurio nostro al ritorno del Santo Natale !

Lettere di famiglia.

DAL PERU

Il terremoto di Piura (1). (Lettera del salesiano D. M. Majer).

Ottobre 1912.

REV.MO SIG. D. ALBERA,

ELLA desidera qualche particolare sul terremoto del 24 luglio che distrusse la città di Piura e il nostro Collegio; ed eccomi a soddisfare, come meglio mi sarà dato, la sua paterna aspettazione.

Era un giorno bellissimo. Dappertutto si vedevano mani e braccia diligenti adornare le case e le strade, ricorrendo il 91° Anniversario dell'indipendenza della Patria. Da molti edifici e dalle torri sventolavano già alcune bandiere, e i numerosi giardini pubblici offrivano un aspetto incantevole nel loro artistico ornamento di fiori e piante decorative. Ovunque si allestivano carri allegorici, e nelle singole scuole già si notava vita e movimento.

Nel nostro Collegio, prima ancora delle 7, venivano radunandosi i nostri alunni per esercitarsi nel maneggio delle armi, poichè parte del programma delle feste abbracciava un concorso di esercizi ginnastici e militari fra le singole scuole.

Ma, mentre non si parlava che di festa e in ogni volto si dipingeva la gioia pìù vivace, ecco la comune letizia cangiarsi in tristezza e lutto.

Erano le 7 1/2 appena, quando repentinamente si sentì un rumore sotterraneo da ovest a est, e poi un lento e prolungato tremore, unito a qualche forte scotimento. Tutto si moveva, i muri si spezzavano, e le case crollavano con immenso strepito, seppellendo fra le rovine quanto contenevano. Il fiume, generalmente di poca e scarsa acqua, crebbe all'improvviso e straripò, devastando quanto incontrava sul cammino. Sembrava la fine del mondo! Nello spazio di 57 secondi Piura non era più! Un denso polverio s'innalzava dalle sue rovine, fra le quali si udivano disperate grida e gemiti. Erano i lamenti degli infelici che non ebbero tempo di porsi in salvo.

La bella e simpatica Piura dagli ameni giardini or non presenta che una vasta estensione di rovine. Nessun edifizio di questa città, fiorente di 15.ooo abìtanti, potè sfuggire all'immane sciagura, tutti furono scossi in modo che, se non caddero da sè, si dovettero demolire. La chiesa principale, grande e bella, fu completamente distrutta, e fra le rovine si dovettero cercare le specie consacrate dell'Augusto Sacramento.

Anche le altre chiese, il Collegio Salesiano e tutti gli altri edifizi incontrarono la medesima sorte.

Però, in mezzo a tanta sciagura, l'Angelo custode vegliava su noi in modo che non si ebbe a lamentare alcuna disgrazia, fuori di qualche leggera contusione.

Passato il primo spavento, si dovette pensare ad improvvisare alcune baracche; tuttavia per alcuni giorni dovemmo dormire all'aperto. Era impossibile trovare operai e dovemmo aggiustarci alla meglio. I ragazzi furono necessariamente inviati alle loro case.

Ora la città risorge e bisogna pensare anche alla ricostruzione del nostro Collegio. Chi ci aiuterà? I Cooperatori di Piura in questi momenti debbono pensare a sè; come faremo? Che non ci manchi il suo soccorso, mercè l'assistenza degli altri Cooperatori sparsi in ogni lido. Deh! non ce lo neghi e insieme ci benedica.

Di lei, rev.mo sig. D. Albera,

Um.mo Figlio in G. C. Sac. MASSIMILIANO MAJER.

NUOVE SPIGOLATURE

Omaggi a D. Bosco e al suo sistema educativo

L'OPERA SUA E DEI SUOI SUCCESSORI

Dal giornale L'Avvenire d'Italia di Bologna, ci permettiamo di riprodurre quest'articolo intitolato : I Salesiani e l'educazione dei giovani e Valsalice, la « scuola della carità ». (Cfr. il numero 167 di quest'anno 1912).

MI recai a Torino lo scorso novembre col desiderio vivissimo di portare alla tomba venerata di Don Bosco l'omaggio della preghiera e della riconoscenza, che all'Apostolo dei giovani deve chi sente tutto lo sgomento di un'ora in cui, come nella nostra, la gioventù è così spietatamente insidiata nei suoi ideali e nella sua formazione morale. Invece tutto pareva opporsi al compiersi del mio disegno e solo in grazia di una inattesa combinazione potei una mattina salire il colle di Valsalice che è quasi il cuore in cui si accentra la vita della grande Opera Salesiana. Fra i ragazzi che hanno tanto amati e come per continuar loro in modo ancor sensibile la propria protezione, D. Bosco e D. Rua hanno l'estremo riposo nel luogo medesimo che vide la loro infaticabile operosità e le loro ansie paterne. Ed è tanto bello che nell'ora della ricreazione e dello svago i giovani sentano, per così dire, di essere sempre sotto la vigilanza dei due superiori che colla missione di provvidenziale assistenza a loro si son tramandata la forza di santità necessaria per adempierla.

L'Opera Salesiana è senza dubbio un miracolo permanente, la cui evidenza colpisce sopratutto là presso il luogo della sua culla, dove si affaccia irresistibile il ricordo delle sue origini umilissime e delle vicende fortunose che hanno accompagnato il suo rapido portentoso sviluppo.

Già tutte le opere ispirate dalla carità cristiana hanno in sè qualche cosa di inesplicabile e di sorprendente, non fosse altro quel loro prosperare e fiorire nella povertà, spesso nella miseria e certo sempre in modo sproporzionato ad ogni risorsa: chi trovandosi a Torino ha visto l'istituto del Cottolengo e quelli salesiani può farsene un'idea. Anzi, sebbene sembri un paradosso, il segreto della prosperità materiale delle opere cristiane sta appunto nella povertà volontaria a cui si rassegnano e questo non deve certo stupire: è l'adempimento di una delle promesse evangeliche più spesso ripetute. Ma un'altra leva concorre con un'efficacia ancor maggiore a mantenere forti contro ogni più vigoroso attacco e contro ogni tentativo di distruzione, molte volte ad onta delle stesse apparenze, le multiformi espressioni del cristianesimo; è una leva tutta morale; è lo spirito di santità che preservandole dalla degenerazione, mantiene inalterato il carattere loro e il loro fine adattando alle sempre diverse esigenze dei tempi le inesauste risorse degli immutabili principi cristiani. Un tale spirito in tutta la sua integrità ha fecondato e benedetto ininterrottamente l'opera grandiosa di Don Bosco dai suoi inizi fino ad ora: un'opera sovra ogni altra difficile nel memento attuale, appunto perchè risponde magnificamente ai bisogni più speciali ed immediati del nostro secolo e vi risponde col linguaggio eterno del cristianesimo, dimostrandone ancora una volta la perenne gioventù.

Coloro quindi che vogliono ad ogni costo additare nel cristianesimo una forza spenta, un rudero fossilizzato di una civiltà ormai superata e perciò stesso negargli ogni facoltà di intuizione delle moderne necessità sociali, videro e vedono nella Società Salesiana una tangibile, per così dire, smentita alle proprie asserzioni. Occupandosi sopratutto del popolo i figli di Don Bosco preparano, plasmano per le generazioni venture stuoli di operai veramente coscienti dei propri diritti e della propria dignità e quindi in prima linea dei propri doveri; e servendosi in quest'opera educativa della Religione come di suprema forza creatrice di caratteri, facendone anzi il centro vitale intorno a cui gravita tutta la loro azione, sfatano irremissibilmente l'intricato cumulo di leggende che la malafede le ha intessuto intorno. Ancora una volta per mezzo loro il Cristianesimo ha mostrato l'eterna giovinezza della Verità e come essa abbia sempre pronta la parola solutrice di tutti i problemi. Per questo gli strali degli avversari implacabili hanno rivolto la loro punta acuminata e velenosa contro la Società Salesiana, per questo le è occorso un maggior sussidio di santità nei suoi capi e per questo tale sussidio le è stato generosamente concesso. L'uno dall'altro i suoi massimi Rettori hanno ereditato il primitivo spirito che ha presenziato alla sua fondazione e Don Bosco rivive nei suoi successori che perpetuano l'azione e la memoria di Lui.

Nella troppo rapida visita che feci a Valsalice mi commosse la convinzione con cui il ragazzo che ci aveva accompagnati concluse, dopo averci parlato di Don Bosco e di Don Rua: « E se vedessero don Albera! Basta guardarlo per capire che è un santo! » La frase mi parve oltremodo significativa in bocca ad un giovane figlio del popolo, oggi che siamo abituati a sentire tutt'altro genere di discorsi; ma essa assunse per me un significato ben più vero quando giorni sono potei realmente scorgere sul mite viso paterno del Rettor Maggiore dei Salesiani quell'indefinibile espressione propria delle anime privilegiate cui il tumulto delle passioni umane non ha mai toccato, altro che per infrangersi contro di esse, come l'onda burrascosa del mare contro uno scoglio insormontabile.

E confesso che la grandiosità dell'Opera Salesiana non mi si era mai mostrata così evidente, quasi direi così palpabile come allora che mi apparve tutta riassunta nel suo Capo maggiore, fra la turba rumorosa e gioconda dei ragazzi. Come in una dolorosa visione vidi allora l'interminabile stuolo di anime infantili e adolescenti, che sotto il giogo pesante di una disciplina senza amore, imparano a odiare lo studio in certe nostre pubbliche scuole; vidi migliaia e migliaia di fanciulli coetanei a quelli che così gaiamente si affollavano intorno ai sacerdoti, intorno a Don Albera sopratutto chiedendo la sua benedizione coll'affettuosa spontanea confidenza del figlio al padre: coetanei ed in tutto simili a quelli sì, ma abbandonati a ben altri ambienti, ma curvi anzi tempo sotto il peso di una vita odiata prima di essere conosciuta: già increduli, già ribelli, già corrotti. Li vidi, gli uni e gli altri in un avvenire non lontano, uomini adulti presentarsi ogni giorno alle sempre nuove sorprese della vita, gli uni cresciuti nell'atmosfera onesta e salubre degli istituti Salesiani, gli altri in grandissima maggioranza nei mefitici ambienti delle osterie e dei circoli e purtroppo anche di certe famiglie tra la bestemmia e il turpiloquio, fra l'acre odore del vino e il lezzo morale del vizio e l'impeto della ribellione.

Non chiediamoci quali saranno i cittadini capaci di onorare la Patria: sarebbe un insulto al buon senso. Chiediamoci piuttosto, come non sia da tutti abbastanza compresa l'infinita benemerenza dell'Opera di D. Bosco, come l'odio di partito possa giungere ad alterare fino a tal segno la visione esatta delle cose o a pervertire l'anima umana fino a farle preferire scientemente il male al bene: come la gran massa inerte degli indifferenti possa spingere la propria apatia fino a non intendere il dovere che tutti abbiamo di cooperare ad una tale missione la più necessaria, forse, nel nostro secolo e ad ogni modo quella che la patria reclama con insistenza maggiore.

Persuadiamocene bene: la vera carità di patria non è quella che si manifesta solo in dimostrazioni clamorose o in cospicue offerte per nuovi congegni di guerra, come la virtù non consiste soltanto nella audacia di un'ora di eroismo. C'è qualche cosa di più utile e di più prezioso, e chi ogni giorno affronta volontariamente e disinteressatamente difficoltà ignorate dai più e che esigono un sacrificio ad ogni ora rinnovato per compiere un'opera paziente di educazione, chi consacra tutte le proprie energie alla formazione di coscienze rette, oneste, illuminate, preparando così al paese probi cittadini, combatte una battaglia non meno nobile non meno difficile di quella che il soldato affronta valorosamente sul campo. L'opera sua, destinata ad assicurare alla patria l'interna grandezza e tranquillità, non è certo inferiore a quello che le garantisce la sicurezza e la potenza esterne.

Ma quest'opera non potrà compierla chi non si ispira ad un concetto superiore della vita e del dovere, ehi non stabilisce i principi della educazione morale su basi granitiche ed immutabili. Un giornale medico pedagogico.... che non nasconde le sue idee ben diverse dalle nostre, pubblicava ultimamente a varie riprese grandi elogi degli istituti salesiani e dei metodi che vi si adottano. Bontà sua, riconosceva l'eccellenza di essi comprovandola coi risultati che se ne ottengono e lamentando che ad onta di tutta la migliore volontà nessun istituto laico giunga a simili risultati. Non è frequente trovare tanta lealtà nei nostri avversari; ma essa diviene addirittura ingenuità, quando si spinge a consigliare ai figli di Don Bosco di mutare le basi dei loro metodi perchè fondando, come essi fanno, l'opera loro sulla Religione, espongono i giovani al pericolo di veder crollare tutto il loro edificio morale quando, nell'inevitabile cozzo con altri principii ed altre idee, avranno perduto la fede dell'adolescenza. Noi non rileveremo il puerile concetto che ha della Fede, chi pensa che si possa perderla con tanta facilità, quando sia fortemente radicata nell'anima, e non ricorderemo neppure che il Rénan - persona non sospetta - riconosceva che « la fede ha questo di speciale: anche perduta, essa opera ancora» spiegando così, senza volere, la rettitudine morale di tanti increduli che obbediscono inconsciamente ai precetti della fede alla cui influenza credono di essersi sottratti. Solo noi domandiamo al giornale se la strana - a parer suo - superiorità degli Istituti Salesiani, non trovi la propria spiegazione appunto in questa base che si vorrebbe mutare e, ritorcendo il consiglio, invece di proporre ai figli di Don Bosco di ispirare ad altri concetti educativi la loro opera, ci sentiremmo in vena di chie dere agli Istituti laici, alle Case di correzione, alle Scuole di Stato, di modificare i loro metodi, i principii, sui quali essi fondano la loro azione pedagogica. Oh, sì; sarebbe ora di smettere il gioco che dura già da troppo tempo, a tutto danno delle anime e della Società, sarebbe ora che certi educatori della gioventù avessero un barlume di lealtà, tanto quanto basti a far loro confessare l'errore volontario che inquina tutta l'opera della pubblica educazione da cinquanta anni a questa parte. Oggi, come venti secoli fa, come sempre, è ancora il Cristianesimo, è solo il Cristianesimo che ha la parola di risposta alle questioni più tormentose: perchè solo il Cristianesimo può trovare nella sua dottrina e nella sua morale la forza di formare coscienze vigorose, pure, oneste: perchè la società come l'individuo ripetono eternamente la parola nostalgica di S. Agostino: « Noi siamo stati fatti per Te, o Signore, e saremo sempre turbati ed inquieti, finchè in Te non avremo il nostro riposo ».

Dalla Monografia: Cinque anni di vita dell'Istituto Professionale S. Apollinare di Ravenna, dag. 23.

A molti correrà alla bocca spontanea la domanda: Quale è il metodo dei maestri salesiani nell'insegnamento e nell'educazione?

Il metodo salesiano, ridotto alla sua più semplice espressione, si può sintetizzare nelle parole: metodo di avvicinamento e metodo di assistenza.

Abbiamo detto metodo di avvicinamento. L'insegnamento che non si basa sopra una intima comunione fra maestro e discepolo e che frappone una distanza fra l'uno e l'altro, riduce l'apostolato del maestro ad una funzione orgogliosa ed arida, ed abbassa la posizione del discepolo ad una condizione di inferiorità ignorante ed avvilente. Non così avviene fra maestri ed allievi salesiani. Il maestro d'arte salesiano è sempre a contatto immediato dei suoi alunni, esso circola continuamente fra i suoi apprendisti e familiarmente istruisce, corregge, conforta, stimola, aiuta. L'allievo non vede sopra di sè un precettore dogmatico od un tecnico superbo ed arcigno, ma sente accanto a sè un fratello maggiore, che, fra un sorriso ed un'occhiata severa, gli inculca i principi e la pratica dell'arte cui sta faticosamente imparando. Ogni distanza è soppressa: nessun rispetto esagerato trattiene l'uno dal manifestare le difficoltà che incontra, nessuna superiorità boriosa gonfia l'altro da indurlo ad umiliare e deridere l'allievo. La corrente di relazioni fra chi impara e chi insegna è continua ed intima, sì da confondere quasi insieme la mente direttrice e quella diretta, il braccio pratico ed il braccio ancora inesperto. Tutti comprenderanno come un tale sistema di insegnamento deve elevare infallibilmente nel progresso tecnico gli allievi, anche di mediocri attitudini professionali.

Al metodo di avvicinamento nell'insegnare, si svolge parallelo il metodo di assistenza nell'educare. Il giovanetto, abbandonato a se stesso ed ai suoi istinti, raramente è un galantuomo. Egli ha bisogno di essere veduto e corretto. Si può guidare il giovane come un giumento e lo si può guidare con forze imponderabili di attrazione morale, che ne sviluppino le tendenze migliori.

Un sistema pedagogico, che quasi autorizza nell'educatore e nell'educando due forze contrarie e nemiche, è un sistema errato in radice e sterile nei frutti. Don Bosco invece ha voluto ed ha saputo avvicinare e fondere armonicamente le due forze educatore e educando, facendo in modo che il maestro sia continuamente fra i suoi allievi. Nelle ore di lavoro ed in quelle di sollievo, di giorno e di notte, in casa e fuori, i collegiali non sono mai abbandonati soli. Un'assistenza continua, quasi implacabile, la conversazione assidua, sempre quando è possibile, fra educatori ed alunni, la leva potente dell'esempio, l'appello ai sentimenti di pietà filiale e di pietà religiosa, l'affetto paterno e l'occhio instancabile e penetrante del superiore, sono i coefficienti massimi dell'educazione salesiana, di quel sistema, che un positivista moderno - Cesare Lombroso - afferma essere il più grande sforzo, l'unico fatto finora in Italia, e forse nel mondo, per prevenire il delitto. Questo continuo contatto di anime, bene basato sopra il mutuo rispetto cristiano, attinto ai motivi sublimi della religione, stimola necessariamente al meglio: ed il colpevole viene maggiormente colpito dal sentirsi come una nota stonata nel concerto sociale del collegio, che non da qualsiasi castigo. Solamente un sistema, che si erige sulla piattaforforma solida e lata della religione, può arrivare dove nessun intuito umano può giungere, può condannare ogni abuso ed ogni cattivo istinto in nome di un'autorità superiore ed inconcussa. Ecco perchè D. Bosco ha fatto della religione il centro dove convergono e donde si irradiano le migliori energie educatrici del suo sistema ed ecco perchè egli ha potuto alla verga sostituire la presenza e la dolcezza, che valutano i fenomeni giovanili traverso l'obbiettivo cristiano e traverso un sentimento di vera e profonda democratizzazione della funzione educatrice.

"SALVIAMO la gioventù!" (1)

SALVIAMO la gioventù! In essa riposano le speranze della Chiesa e della civile società ed il mondo intero corre pericolo d'imbarbarire perchè la gioventù sta crescendo ignara delle massime cristiane, fuori della Chiesa, nemica alla Chiesa. E questa una dolorosa verità della quale è mestieri renderci conto e provvedere finchè il male ammette un rimedio.

La prova evidentissima si ha nel fatto. Non parlo dei poveri operai; i cui pensieri sono tutti assorbiti dai bisogni e dalle soddisfazioni materiali, e, ravvolti come in un'atmosfera densa e pesante, non vedono più il cielo, nè sono consolati da un raggio del sole. Parlo di chi studia ed ha la presunzione del sapere. Avvicinatevi ai giovani di quindici o diciotto anni, che frequentano il Ginnasio, il Liceo o l'Istituto Tecnico. Hanno talvolta ottima indole, ingegno svegliato; fanno bella riuscita nelle lingue, nella matematica e nella storia; ma interrogateli sopra la religione.

Gesù Cristo è un valentuomo da stare alla pari con Budda, Confucio e Zoroastro, se pur non ve ne fanno un grande impostore da confondere con Maometto. Il Cristianesimo è una superstizione poco dissimile dalle tante che in ogni tempo infestarono la società; il papato è il cancro d'Italia. Così pensano, perchè così è loro insegnato nei libri e dalle cattedre.

Che se la loro infedeltà non è giunta ancora a tal segno, ritengono tuttavia nelle cose della religione la più supina ignoranza. E come ne ignorano le massime, così ne trascurano i doveri; e segnati col carattere del cristiano vivono lontani da Gesù, dai suoi Sacramenti e da ogni soprannaturale influenza.

E come ciò? Fides ex auditu, auditus autem per verbum Christi. Ma dove questi disgraziati possono udire la parola e gli insegnamenti di Gesù?

Nella scuola? Dalla scuola è sbandito l'insegnamento religioso, mentre è permesso di spropositare e bestemmiare sulla religione e su Dio.

Nelle famiglie? Ahimè che troppo scarso è il numero delle famiglie, il cui spirito profondamente, efficacemente cristiano, valga a informare l'animo e la vita delle crescenti generazioni.

Nella chiesa? E chi ve li conduce quei giovanetti amanti degli svaghi e del chiasso? E quando pure vi andassero troverebbero chi si potesse occupare di loro e somministrare un insegnamento adatto alla loro età ed ai loro bisogni?

Si va reclamando nei giornali e nei pubblici congressi l'insegnamento religioso nelle scuole, e bene sta! E questo un nostro diritto guarentito dalla legge; ma quando otterremo che questo diritto sia praticamente rispettato?

Lasciando stare i mendaci e calunniosi pretesti del dissidio tra Religione e Patria, pretesti, per cui apparisce troppo lontano il tempo nel quale coloro a cui tocca si vogliano efficacemente adoperare a pró dell'Istruzione Religiosa nelle scuole, quando pure ciò avvenisse, si potranno ottenere dalla scuola i benefizi di cui abbisogniamo?

Chi la insegnerà la religione nelle scuole?

I maestri?

E si troveranno molti maestri ai nostri dì, che abbiano la scienza ed il rispetto della religione, in guisa che possano colla esattezza della dottrina, coll'efficacia della convinzione e dell'esempio imprimere negli animi giovanili non solo la notizia, ma la riverenza e l'amore dovuto alle verità religiose?

Lasciata ogni altra considerazione, badiamo alla fonte donde escono i maestri, a cui le famiglie cristiane debbono affidare quanto hanno di più caro al mondo, voglio dire l'anima dei loro figli.

Oramai in Italia, con tanto splendore di libertà, non si possono più formare i maestri se non passando per la trafila delle Scuole così dette Normali e delle R. Università.

Orbene c'è in queste scuole una cattedra, un programma di quella, che nello Statuto è detta Religione dello Stato?

Dico di più.

Gli insegnamenti che in queste scuole s'impartiscono per mezzo dei libri di testo e per la viva voce degli insegnanti, sono cristiani e cattolici? E se razionalistiche, anticristiane, empie sono le scuole, c'è da sperare che ne escano dei maestri religiosi, imbevuti delle massime cristiane e atti a trasfonderle nei cuori giovanili?

Altri dicono che si debba dare l'insegnamento religioso nella scuola, ma per opera del prete.

Or bene Dio voglia che presto ed in molti luoghi sia aperta al prete la porta della scuola, cosa per mille ragioni non tanto facile ad ottenersi; ma si badi alla ragione, per cui i meno accaniti tra i nostri avversarii si mostrino disposti ad ammettere il prete nella scuola.

La ragione si è (e ciò si dice apertamente) che si vuol rispettare la così detta libertà di coscienza nei maestri, il che vale quanto dire che dovrà sempre essere lecito a costoro di bestemmiare, fare pompa d'irreligione, d'insegnare per esempio l'ateismo o il trasformismo darvinistico, di calunniare la Chiesa ed i suoi insegnamenti e per contrario levare a cielo fatti ed uomini nefandi; ed in questo ambiente sarà fruttuosa l'opera del prete?

Signori, alziamo la voce, agitiamoci per correggere la scuola, per impedire che sia cattedra di bestemmia e sorgente di empietà, ma è vana illusione lo sperare per ora che dalla scuola possa uscire una generazione cristiana.

D'altronde deve uscire la salvezza della gioventù. Che se, permettetemi che lo dica, ostinandoci ad avere per le vie antiche l'insegnamento religioso, noi non mettiamo mano a provvedere in altri modi a questo bisogno urgentissimo, avverrà a noi ciò che asserisce quello storico antico (T. Livio) « Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur ».

Fra breve non saranno più cattolici, non dico i maestri, cui si lavora alacremente a pevertire perchè debbono essere strumenti di perversione agli altri, ma i padri e le madri di famiglia, e allora bisognerà rifare cristiana la società dalle fondamenta.

Iddio che suscita gli uomini secondo i bisogni, all'avvicinarsi di questi tempi calamitosi, inspirò al suo servo fedele, il Sac. Giovanni Bosco, l'opera degli Oratorii festivi. Opera umile nella sua apparenza, ma di grande efficacia per ottenere l'effetto desiderato, di avviare la gioventù alla religione ed al buon costume.

Essa si fonda sopra un principio essenzialmente umano ed altamente reclamato ed imposto dall'indole dei nostri tempi : miscere utile dulci; fare che la gioventù, non più condotta alla Chiesa dall'autorità nè dalla forza, anzi in mille guise distolta ed allontanata dalla medesima, vi corra di sua spontanea volontà.

Un cortile ove possano i giovani a loro posta correre e saltare; attrezzi di ginnastica ed altri oggetti di ricreazione adatti all'età, qualche immagine o libriccino od altre piccole ricompense; una sala per recite e rappresentazioni, ed ecco accorrere da ogni parte i fanciulli.

Il Sacerdote, il chierico, il laico di buona volontà li accoglie con volto sorridente, si associa ai loro giuochi e li sorveglia per allontanare i pericoli del corpo e dell'anima, come le cadute, le risse, le bestemmie, e il turpiloquio.

Ad un dato segno, ecco sospendersi i giuochi, la turba dividersi in ischiere e procedere ordinatamente alla cappella ove riceve un'istruzione religiosa in forma adatta alla sua capacità, canta, prega, e colla benedizione di Dio esce e torna ai divertimenti di prima.

Nei tempi opportuni l'Oratorio ha le sue solennità, ed allora i giovani si dispongono a ricevere i Sacramenti cui essi si accostano con piacere e con frutto perché attratti dalla comodità, dall'esempio, dalle buone maniere e convenientemente preparati. L'Oratorio diventa una seconda famiglia per il fanciullo, a cui egli pensa durante la settimana, di cui parla con affetto in casa, e non è ultima cagione per cui sospiri il riposo e la libertà dei giorni festivi.

Ed in quel luogo di pace e di allegria egli apprende le verità essenziali della fede; si forma all'amore ed alla pratica dei doveri cristiani, al rispetto del Sacerdote e delle cose sante, alla carità dei suoi simili.

Nell'Oratorio si conservano e si fomentano in certe nature privilegiate i germi della vocazione ecclesiastica o religiosa, che poi vanno a maturarsi al Seminario o al chiostro.

All'Oratorio può essere annessa una scuola di canto fermo e di musica per il decoro delle sacre funzioni, come pure scuole serali e festive per i poveri operai.

L'Oratorio è un ambiente adatto per biblioteche circolanti, per circoli cattolici, per scuole di Religione e conferenze sociali, secondo le circostanze dei tempi e dei luoghi.

L'Oratorio insomma è un focolare di vita cattolica imposto dalla necessità dei tempi, senza del quale si vedrà in molti luoghi svanire ogni sentimento di religione e di moralità.

Finisco con un giudizio autorevole e con un fatto. « Chi voglia rigenerare una città, o un paese, diceva D. Bosco, non ha altro mezzo più potente: bisogna che cominci coll'aprire un buon Oratorio Festivo ». « Coll'Oratorio soggiungeva, tirerete a voi i figli, educandoli alla pietà e al buon costume e per mezzo dei figli vi sarà aperto l'accesso ai genitori ed agevolata la via a far penetrare l'aroma della religione nel più intimo delle famiglie ».

Il fatto. In un grande sobborgo di Buenos-Ayres era giunta a tal segno l'empietà ed il mal costume che un sacerdote non poteva inoltrarvisi senza pericolo. Il Salesiano che per la prima volta visitò quei luoghi, fu non solo ricoperto d'oltraggi, ma gravemente percosso.

Vi s'impiantò l'Oratorio festivo; vinta la prima diffidenza e, attratti dalla novità, i ragazzi cominciarono ad accorrervi.

Dopo tre anni l'Arcivescovo Mons. Aneyros poteva, lacrimando di gioia, percorrere quasi trionfalmente le vie di quel sobborgo fra le acclamazioni entusiastiche dei fanciulli ed il contegno rispettoso degli adulti.

L'Oratorio festivo aveva rigenerato un popolo!

(1) È un breve discorso del nostro compianto prof. D. Giuseppe Bertello, nel quale con mirabile semplicità e chiarezza si dice della necessità, della forma e dei frutti degli Oratori festivi. Ci venne comunicato da chi lo conservava come caro ricordo, e noi non sappiamo astenerci dal renderlo di pubblica ragione.

DALLE MISSIONI

BRASILE Un viaggio di esplorazione al Rio Vermelho. (Relazione del Missionario G. B. Couturon)

Cuyabà, settembre 1912.

VENERATISSIMO SIG. D. ALBERA,

COL massimo piacere, quantunque dopo lungo ed involontario indugio, vengo a sciogliere la promessa fattale dal nostro caro ed infaticabile apostolo degli Indi, D. Giovanni Balzola, che nel parteciparle succintamente il felice esito di una sua esplorazione ai bacini superiori dei fiumi San Lorenzo e Vermelho (o fiume rosso) compiuta in compagnia di quattro giovani Indi educati nelle nostre Colonie e del sottoscritto, le annunciava una più dettagliata relazione (1).

In rotta - L'ospitalità nel campo - Un incontro inaspettato - Una buona pesca - La Messa - Al Corrego Grande - La visita alle capanne - Una danza originale - Erezione di una croce.

Con una buona provvista di scuri, coltelli, falcetti, coperte, abiti, ami da pesca, perle artificiali, specchi, ecc , il 15 settembre 1910, dato l'addio ai nostri cari confratelli ed amici, con un sole ardentissimo ci mettemmo in rotta.

Viaggiammo tutto il giorno senza incidente, e sul far della notte chiedemmo l'ospitalità ad un proprietario d'una fazenda che ce l'accordò molto cortesemente. L'ospitalità nel campo è un sacro dovere, osservato indistintamente verso qualunque passeggiero ma in modo tutto particolare verso i Missionari, essendo il loro passaggio una buona occasione per le famiglie cristiane di far battezzare e cresimare i figli ed anche di regolarizzare i matrimoni.

Proseguendo il cammino, il 19 dello stesso mese trovammo, nella località detta Corrego do Capão presso un piccolo proprietario, tre indi occupati al lavoro dei campi; quindi traversando i magnifici pascoli del Mimaso che si estendono a vista d'occhio, dove presso a poco pascolano 1o.ooo cavalli, oltre sterminate mandre di buoi e greggi di montoni, incontrammo alla Tapera, attraversando le alture dello stesso nome, un grosso stuolo d'indigeni che abitualmente vivono sparsi in piccoli gruppi. Erano là raccolti per una delle loro feste chiamata da loro Maguru. Invano avevamo chiesto notizie a loro riguardo, nessuno sapeva darcene e proprio mentre noi facevamo su essi mille congetture, il nostro udito fu colpito da grida lontane, che contrastavano fortemente col silenzio ordinario in quei luoghi. Ci avvicinammo a quella parte e subito distinguemmo voci umane di diverse gradazioni; poi uno stormir di fronde d'aguassú (palmizi dai rami ricurvi a guisa di tettoia). Non v'è più dubbio: quello è il loro bivacco. Un Deo gratias ci sgorgò dall'intimo del cuore; la Divina Provvidenza si manifestava visibilmente in questa circostanza; non avremmo mai pensato di trovare una schiera nomade così grande!

Ma la nostra meraviglia crebbe ancor più quando ci apparve sopra un altipiano un quadro originale e curioso. Una lunga fila di Bororos ritornava allora allora dalla pesca, curvi sotto il peso di un'abbondante provvista. Ognuno portava 30 pacús (pari a circa 70 Cg.) in modo semplicissimo. La tenera scorza d'un albero sostituisce per loro la cesta. Infilzano i pesci in quella corda improvvisata e riuniti i capi di essa con un grosso nodo, ne poggiano sulla loro fronte la parte libera lasciando ricadere sulle spalle la corona di pesci.

Parecchi, avendo conosciuto Don Balzola alla Colonia Teresa Cristina, gli andarono incontro festanti e con poche ma cordiali parole ricordarono le passate vicende.

Sostammo presso un'aldea provvisoria, e mentre il nostro cuoco ci stava preparando un poco di riso, visitammo le loro capanne, invitandoli per l'indomani ad ascoltare la S. Messa e ricevere i regali tanto desiderati. Il capitano venne nella medesima sera a restituirci la visita e a dirci che al mattino seguente egli e i suoi compagni sarebbero venuti all'ora voluta ad assistere al sacro rito.

Infatti spuntava appena la prima luce del giorno, ed egli era già a chiederci se era ora della Messa. Alla nostra risposta affermativa, mandò alcuni fischi acuti ed in meno di io minuti tutti i Bororos di quella località erano radunati attorno alla nostra tenda. Collocato a posto l'altare D. Balzola incominciò: In nomine Patris ecc. Introibo ad altare Dei; e l'indio Marcos rispondeva con precisione. In tutto il tempo dell'augusta cerimonia, quei bravi figli della foresta tennero un contegno rispettoso, frammisto a stupore nel veder un di loro a servirla. Terminata la Messa, il celebrante rivolse loro una breve allocuzione, dopo di che diede mano alla distribuzione dei doni. Che contentezza! che festa per quei poveretti ! Quanto saremmo stati contenti che vi fossero stati presenti i nostri cari Cooperatori a dividere con noi quel dolce spettacolo!

Compiuta la prima tappa, era mestieri avanzarci, ma ci mancava una guida. Invano avevamo fatto ricerche fra i civilizzati di qualcuno che conoscesse le vie. Che fare? Chiedemmo al capitano, certo Enrico Bocoduré, se poteva darci tino dei suoi, pratico deì luoghi, ed egli mise a nostra disposizione due dei suoi soggetti con ordine di condurci fino al prossimo villaggio. Così partimmo in direzione di Cuyabá-Mirim, che potemmo attraversare con una barca che ci prestò uno dei nostri buoni amici; ma ci fermammo colà, perchè la mancanza d'acqua in quelle vaste campagne ci costringeva a viaggiare la notte, per diminuire un po' i crudeli tormenti della sete. Era un tempo di siccità straordinaria: e dovemmo proseguire a viaggiare di notte e riposare di giorno, fino al dorso di una cordigliera, che ci permise di riprendere la nostra corsa abituale, giungendo il 23 al Corrego Grande, al suono di una clamorosa danza (bacourouru).

Questo villagio è incontestabilmente uno dei più belli per le capanne, e dei più popolati della tribù. Fuori dell'ordinario vi trovammo 26 bellissimi casolari e un edifizio centrale (bahito) lungo venti metri e largo da 5 a 10. Il numero degli abitanti supera i 300; e ne contammo in fila 289, cui si devono aggiungere parecchi ammalati impediti a presentarsi all'appello, i quali ebbero i doni a casa propria. In gran parte questi selvaggi semicivilizzati conoscevano D. Balzola, essendo vissuti con lui nella Colonia Teresa Cristina, affidata un tempo alla direzione dei nostri.

Appena stanziatici, il gran capitano c'invitò a visitare la sua gente e volle farci egli stesso da cicerone. Al nostro avvicinarci i cani abbaiavano in modo spaventevole; ma il capitano, che sempre ci precedeva, fortunatamente distribuiva loro dei calci così vigorosi, che producevano subito l'effetto voluto, facendo rientrare in silenzio quei noiosi. Ognuno di noi, per prudenza s'era armato di un bastone: ma altra gente, altri costumi!

Contrariamente a quanto avviene da noi, qui all'arrivo di qualche straniero nessuno lascia le proprie occupazioni, ma le continua imperturbato. Intenti ai preparativi di una gran festa, lavoravano tutti con un'attività febbrile; le donne con grande alacrità impastavano la polenta (cangica), prediletto piatto principale, e confezionavano delle torte sui generis e preparavano varie altre vivande di cui non saprei i vocaboli. Gli uomini poi erano tutti intenti a dipingersi d'urucum tracciando sui volti e sui petti certe linee strane e simboliche, e ponendo ogni studio nella loro toelette giacchè essi fanno le spese della festa essendo proibito alle donne perfino l'assistervi.

Nell'interno delle abitazioni non vedonsi nè letti, nè sedie, nè banchi, nè tavole. Per dormire stendono a terra appena una stuoia fatta di foglie di palme. Il cuscino è loro proibito giacchè guasterebbe la posizione del corpo, che portano sempre dirittissimo. Vedi solo qualche vaso di terra cotta, di loro fabbricazione, archi, frecce e null'altro. Le provvigioni sono tante da bastare alla loro vita nomade; qualche frutto della foresta, cocós, jatubás, araxicum, ecc. qualche radice di manioc; qualche pannocchia di granturco; lo stretto necessario alla giornata. Se nella caccia e nella pesca la fortuna è loro favorevole, sono contenti, se avversa sperano miglior sorte un'altra volta.

In ultimo visitammo il bahito, che è la loro caserma e il luogo ove molti uomini trascorrono la maggior parte del tempo. Vi trovammo robusti giovani sdraiati oziosamente a terra, discorrendo dei bacourouru e rifacendosi dalle fatiche della danza del mattino. Che buoni coloni avrà il Governo Brasiliano in questi selvaggi, quando siano avviati alla civiltà !

Dopo la visita, essendo già tardi, ci ritirammo col nostro cicerone nella nostra tenda per ristorarci alquanto, ed egli non ci diede neppure il fastidio di rivolgergli l'invito, chè s'invitò da sè.

Nel mattino seguente si celebrò per tempo la Santa Messa, tutti presenti, ad eccezione degli animatati, uomini, donne e fanciulli; uno spettacolo commovente. Peccato che non avessimo con noi una macchina fotografica!

Dopo messa prendemmo le nostre informazioni, e si venne alla distribuzione dei doni che durò non meno di quattro ore. Le donne non potevano far tacere i loro marmocchi.

La sera ci attendeva verso le cinque una gradevole sorpresa. I capi vennero ad invitarci ad assistere allo spettacolo di una danza delle più belle ed originali. Ventitrè giovani, alti e robusti, tutti coperti di piume e di foglie, bene allineati, attendevano il segno per cominciare il ballo. A un tratto il capo ordinò loro di moversi e vedemmo la balda falange, come un sol corpo, percorrere due volte il vasto recinto ove si facevano le manovre, salutando profondamente ogni volta tutti i capi presenti: finchè tornati al posto primiero si fermarono sull'attenti. Il capo allora, soffiando in una specie di flauto ed agitando per l'aria due caboças comincia una serie di movimenti e contorsioni strane e difficili che gli altri accompagnano, quindi si mette a saltare e sgambettare in tutti i sensi, mentre i guerrieri continuano i loro movimenti a sbalzi, facendo dei grossi salti in lungo e in largo. Alla fine stanchi si ritirano tutti; un compagno versa loro sul corpo un vaso d'acqua fresca e tutto è finito. Questa danza così stravagante nei movimenti era tuttavia meravigliosa per il contegno dei danzanti e l'uniformità delle movenze cadenzate.

V'era uno che attirò particolarmente la nostra attenzione: un giovane di belle forme e dai modi corretti e franchi. Era uno dei tre Indi che D. Balzola condusse in Europa nel 1898, chiamato Federico. Tornato in patria, si recò al suo villaggio nativo, ma non trovandovi più i maestri che l'avevano iniziato alla civiltà, riprese col tempo la sua vita primitiva delle foreste ed oggi è uno dei capi del villaggio in parola.

Dopo la danza, seguendo un loro costume e per conoscere ciò che avviene in altri posti della tribù, i capi vennero a chiederci di permettere ai nostri indi di passare la notte nel Bahito. Di buon grado vi annuimmo; ma un tal permesso poteva nuocerci, perchè il nostro mulattiere aveva il padre nel villaggio, senza che noi lo sapessimo. Questi infatti, insieme con i capi, fece al figlio ogni istanza possibile perchè ci abbandonasse, ma la risposta fu sempre: « Il bianco non ha altro bianco che l'aiuti a condurre bene i muli, ed io non posso abbandonarlo! » Bravo giovane! che Dio ricompensi questa tua fedeltà di cui desti sì splendida prova! (1).

A perpetuare il ricordo del passaggio dei Missionari, il dì seguente,prima di prender commiato, invitammo que' selvaggi ad assistere all'erezione di una Croce che sulle nostre indicazioni essi stessi avevano preparato il giorno prima. Tutto si compì nella più grande semplicità; Don Balzola disse alcune parole di occasione; quindi dati loro gli ultimi addii prendemmo la via della Colonia Teresa Cristina.

Alla Colonia Teresa Cristina - Rimembranze - Quanta fede! - Un contrattempo - Un assalto di formiche - Riposo - L'india Rufina - Di nuovo in viaggio.

Si viaggiò 8 lunghe ore in un terreno sabbioso ricreandoci lungo la strada nel rimirare le belle piantagioni di cautchouc incisi dall'alto in basso, dalle cui numerose fessure scorreva un liquido lattiginoso; e in sul far della notte giungemmo alla Colonia. Essa conta poco più di trent'anni ed è situata sulla sponda destra del San Lorenzo, di rimpetto alla Serra Pieboga. Ebbe tempi abbastanza prosperi, avendo visto nel suo piccolo territorio avviarsi alla civiltà 400 selvaggi frammisti a roo o 150 civilizzati. Era un bel villaggio con qualche casa coperta di tegole (il che per queste parti è un vero lusso); aveva una casa abbastanza comoda per la residenza del Direttore e una bella Cappelletta, di cui non rimangono che le pareti. Il viaggiatore che oggi passa di là e sentì parlare della floridezza di questa colonia non vi trova che rovine. Selvaggi e civilizzati l'hanno abbandonata quasi totalmente e l'azione del tempo non tardò a farsi sentire. Di tutte le magnifiche coltivazioni di grano turco, di fagiuoli, di manioc, di canna da zucchero, più nulla! avendo gli sterpi e i cespugli livellati e confusi i campi, le praterie e i boschi.

Con grande amarezza quindi e non senza lagrime D. Balzola rivide questo centro, che aveva diretto per tre anni, dove aveva sparso tanti sudori.

Una cosa però che ci consolò assai fu lo scorgere lo spirito sinceramente religioso della poca gente che l'abita ancora. Ogni sabato si riuniscono ai piedi della Madonna per pregarla, recitando le litanie e cantando le sue lodi, Le due domeniche precedenti il nostro arrivo avevano fatto una processione, invocando la pioggia. Povera gente! come avrebbero bisogno ogni tanto di una visita d'un prete! Commove il veder mantenere e compiere regolarmente le pratiche di pietà che avevano appreso da noi dieci anni prima!

Qui poco mancò che non avessimo a deplorare la perdita d'uno dei nostri. L'indio Maleos, dopo aver pranzato con noi e mangiato con alcuni compagni una tartaruga d'una grossezza ragguardevole, che avevano preso lungo la strada, ebbe anche la strana idea di cacciare nello stomaco qualche lunga radice di manioc e qualche dozzina di pesci. Questo eccesso gastronomico gli costò ben caro. Verso mezzanotte sentii la voce del nostro Chico:

- Padre! Padre! vieni presto! Marcos sta molto male!

Indossata la veste corremmo presso il poveraccio che era quasi moribondo, mentre qualche ora prima era pieno di forze e di salute. Il primo pensiero fu quello di raccomandarlo alla Regina dei medici, Maria Ausiliatrice; quindi, mediante alcuni rimedii e vigorose frizioni, ci sforzammo di fargli ricuperare i sensi. Grazie a Dio dopo una mezz'ora piena d'angoscia fummo liberi da quel doloroso contrattempo. Però per non stancare soverchiamente il nostro amico, rinunziammo a viaggiare il giorno seguente impiegandolo nel sacro ministero e a benedire due matrimoni.

La mattina del 28 settembre, per tempissimo, ci avviammo alle sorgenti di quello stesso Madeira, alle sponde del quale c'incontrammo coi pacifici indi di cui dissi in antecedenza. Un vento freddissimo, che spirava dal sud, non ci permise di chiudere palpebra in tutta la notte e l'indomani benchè fosse la festa di S. Michele Arcangelo e ricordassimo in modo, tutto particolare il nostro compianto D. Rua, dovemmo privarci a malincuore della consolazione di celebrare la S. Messa.

Quella mattina fummo cacciati di buon'ora dalle nostre tende e costretti a fuggire al più presto possibile da un reggimento formidabile di formiche, dette correc9ao, che vennero ad assalirci su tutta la linea! Ci dirigemmo nuovamente verso il San Lorenzo e lo attraversammo il i' ottobre. Questo fiume, che ha un volume d'acqua considerevole e scorre abbastanza impetuosamente, ha già inghiottito molti carichi di carovane e ha fatto molte vittime ed è tuttora molto pericoloso ad attraversarsi.

Fortunatamente trovammo una piccola piroga che ci rese un grande servizio e ci permise di attraversare il fiume con tutto il bagaglio senza troppo gravi inconvenienti. I nostri animali lo tragittarono nuotando e per poco due di essi non vi trovarono la morte. Trasportati dalla corrente, vagavano qua e là e non si sarebbero certamente salvati se un grande albero caduto nel fiume e giacente attraverso di esso come una sbarra, non avesse loro permesso di aggrapparvisi, mentre noi ci affrettammo a soccorrerli.

Senza por tempo in mezzo ci volgemmo verso il Vermelho per recarci in una località, ove si trovano alcune famiglie di Goyaz, dedite all'agricoltura e all'allevamento del bestiame. Erano trascorsi due anni, dacchè D. Balzola, per incarico del Governo aveva fatto loro una visita, ed ora quella buona gente lo rivedeva con grandi trasporti di giubilo.

Facemmo un alt più lungo del solito per far riposare gli animali, dando nel frattempo un po' più d'istruzione religiosa a quelle famiglie e provvedendo il necessario per l'avanzata: tra l'altro ci occorreva una guida.

Nel piccolo numero dei selvaggi che vivono in quei dintorni v'è una donna che prima chiamavasi Rufina e ora Isabella, la quale nel 1884 aiutò il Comandante Duarte a sottomettere quella frazione della tribù dei Bororos; ma più tardi, ripresa la vita nomade, divenne capo del terribile gruppo dei feroci compatrioti che assalivano, incendiavano, saccheggiavano e massacravano tutto sul loro passaggio. Ricordasi ad es. la famiglia del sig. Manoel Ignacio, di ben undici persone, che fu completamente distrutta, come nota una relazione di D. Malan pubblicata nel 1902. Stanca finalmente, per sfuggire ad una vendetta costei abbandonò il teatro delle sue tristi imprese e, cambiato nome, si sforza di vivere sconosciuta più che può.

La guida, che trovammo per buona sorte e ci prestò un servigio prezioso e disinteressato, fu il sig. Luigi Esteves Rodrigues, uomo di sessant'anni, forte e robusto, che gode grande stima e riputazione presso i Bororos, verso i quali esercita l'ufficio di dottore in medicina.

Provvisti di tutto l'occorrente per lo spazio di quindici giorni, salutammo quelle famiglie, che ci vollero accompagnare per un buon tratto di via e c'inoltrammo coraggiosamente nell'interno della foresta vergine.

Si avanza a colpi di falci e di coltelli - La messa nella foresta vergine - Impressioni - All'Aroyari - Il guado di un fiume - Accerchiati dal fuoco - Eroismo degli indi - Senz'acqua ! -

Una notte angosciosa.

Insetti senza numero vennero a perseguitarci tutto il giorno e, penetrandoci fin negli occhi, e nelle orecchie, ci producevano delle dolorose punture; alcuni, detti carapatos, s'aggrappano talmente alla pelle che bisogna strapparli con forza. Verso sera fu un nuovo genere di lotta. Trovandoci in piena foresta dovevamo aprirci la via a colpi di falcetto e di coltellacci, il che è molto noioso e pesante. Ci vollero tre ore e mezzo per fare circa mezza lega. Malgrado le vicende del giorno ed il peso della fatica, l'allegria non ci abbandonò un istante, perchè la nostra guida, strada facendo, noni finiva di narrarci tanti aneddoti e leggende che ci mantenevano viva l'ilarità. Ci eravamo adagiati e quasi addormentati e sentivamo ancor la voce del nostro menestrello che si sforzava, anche lui sonnecchiando, a riprendere il corso di qualche racconto che ci narrava la decima volta a titolo di novità! L'impressione di quella prima notte in quelle immense foreste non è nient'affatto poetica, e io non ne parlo.

Sul far del giorno, si celebrò al solito la S. Messa. Senza dubbio quelle selve maestose vedevano per la prima volta la celebrazione dei nostri augusti misteri. Io era commosso; qualche cosa di sublime e d'infinito riempiva l'atmosfera e ci faceva toccare con mano l'onnipotenza divina. Dal fondo del cuore la nostra preghiera sali in favore di tante povere anime che vivono erranti in quelle solitudini, e che noi raccomandiamo alle orazioni ferventi di quanti sospirano lo sviluppo del regno di Gesù Cristo!

Quindi ci fu d'uopo continuare ad addentrarci sempre più nel cuore di quelle vergini foreste, camminando in mezzo ad una vegetazione lussureggiante ed aprendoci il passaggio in mezzo alle più tenaci liane, e grossi bambù, e cespugli e vari alberi spinosi, con molti sacrifizi. Tra quei giganti palmizi che scuotono in alto la loro chioma superba, fra quelle orchidee balsamiche e un'innumerevole varietà di magnifiche piante proprie dei clima equatoriale, i rami delle quali sembrano cullarsi nelle strette delle potenti liane, la foresta diventa il sogno del poeta e il terrore di chi l'attraversa. Niuno può farsi un'idea precisa delle difficoltà che vi s'incontrano, se non ne fa l'esperienza. Non sono i serpenti di straordinaria lunghezza e grossezza nè le onças (tigri o pantere) che spaventano, ma gl'inumerevoli insetti talvolta velenosi e le dure fatiche alle quali devesi sottostare soprattutto per la configurazione della Matta virgem (la foresta vergine), e la triste necessità di percorrerla con bestie da soma. E dire che noi ne avevamo una dozzina.

Continuando adunque la nostra via dolorosa il 6 ottobre giungemmo all'Aroyari, uno degli asili ove si concentrarono alcuni Bororos, quando furono trattati come belve feroci. Essi non vogliono alcuna relazione coi civilizzati ; vivono privi di tutto e in una nudità assoluta; tuttavia fabbricano certe tazze con sottocoppe e terraglie che non abbiamo visto presso altri indi.

Forse hanno appreso un tal modo di lavorare dagli antichi abitanti del sertão divenuti loro vittime.

Informati del loro stato, avevamo riservato per loro i migliori doni, comprese le tele più appariscenti, affinchè il nostro passaggio fosse per loro cagione di allegrezza. Ci approfittammo delle loro buone disposizioni, per averne le notizie più acconce sugli altri villaggi circonvicini e ci diedero le più sicure e complete informazioni.

Senonchè, in vista delle difficoltà sempre maggiori che si opponevano al nostro cammino, eravamo quasi per desistere dall'impresa; ma al pensiero che con nuovi sforzi e con qualche aiuto ci sarebbe stato possibile proseguire il nostro itinerario, ci appigliammo senz'altro a quest'ultima decisione.

Presi con noi tre uomini di buona volontà, i quali mediante una retribuzione si disposero ad aiutarci col precederci aprendoci il sentiero attraverso la foresta, ci riponemmo in viaggio. Una dozzina di uomini di alta statura ci vennero pure in aiuto per attraversare un fiume vicino al loro villaggio. Non appena giunti, in un batter d'occhio i bravi indi posero a terra i bagagli, quindi se li caricarono sulla testa ed entrati nel fiume, in dieci minuti lo guadarono con una facilità sorprendente. Era un curioso spettacolo. A fior d'acqua si vedevano, come tanti funghi, le teste degli indi colle nostre valigie e ceste, quindi i nostri muli ed infine noi, missionarii, nuotando a tutta forza per non separarci dalla comitiva.

Il guado andò benissimo. Giunti all'altra riva dovemmo arrampicarci sopra un altipiano di una ventina di metri quasi a picco e tutto sabbioso. Credevamo di averne toccata la cima, quando improvvisamente precipitammo tutti dall'alto in basso e ci trovammo di nuovo nell'acqua! Per far salire gli animali non ci fu altro espediente che fare una specie di gradinata, ove, passata loro una corda al collo, li tirammo su ad uno ad uno quasi a forza. Dopo aver retribuito con qualche metro di tabacco arrotolato tutti quelli che ci avevano aiutato, li congedammo e noi proseguimmo la via.

Passa una mezz'ora ed ecco pararcisi dinanzi un altro fiume o riviera; si fa un'egual manovra per tragittarla, e avanti!

Ma le svolte si succedevano alle svolte; si saliva e si discendeva per risalire e ridiscendere continuamente e la notte si avvicinava a grandi passi Potevano essere le sedici, l'ora cioè in cui ordinariamente si fa sosta e si prendono le necessarie precauzioni per la notte. La prudenza ci suggeriva di sospendere il viaggio, perchè avevamo già attraversato due punti ove era passato il fuoco e vedevansi vecchi tronchi d'albero ancora fumanti, ed altri carbonizzati ed altri ridotti in cenere!

Senza troppo riflettere su questo, procedemmo innanzi: ma dopo un quarto d'ora l'atmosfera si fa più pesante, un denso fumo oscura gradatamente l'orizzonte, e in meno di cinque minuti un formidabile crepitio simile ad una scarica di artiglieria ci avvisa che il fuoco dilaga presso noi. Erano bambù che sotto l'azione del caldo e la pressione dell'aria scoppiavano in tutti i sensi. Che fare? La risposta era evidente, battere in ritirata. Ma sventuratamente il fuoco ci aveva bloccati e chiuso la via. Assecondato da un vento impetuoso e dalla disposizione del terreno ondulato, l'incendio aveva preso vaste proporzioni e avvampava formando intorno a noi un gran cerchio. Il momento era grave ed il pericolo imminente. Senza speranza di poter indietreggiare non ci rimaneva che una risorsa: tentare di aprirci un varco attraverso la linea di fuoco che veniva contro di noi. Il voler cercare scampo a dritta o a sinistra sarebbe stato follia. Passammo in rivista i nostri animali, per assicurarci che tutto fosse all'ordine, poi raccomandandoci alla nostra cara Madre Celeste facemmo nell'intimo del nostro cuore un atto di contrizione e avanti ! Il fuoco avanzava sempre più e poteva essere a una trentina di metri, l'aria era soffocante, il caldo insopportabile faceva uscire dai nostri corpi torrenti di sudore, e il termometro, che già segnava 42 gradi, continuava a salire a vista d'occhio. Con uno slancio da disperati tentammo il passaggio e fummo abbastanza fortunati; ma i nostri animali carichi com'erano, recalcitrando, rimasero indietro. Che fare? Abbandonarli od esporre nuovamente la nostra vita? Il problema era ben triste. Noi eravamo stanchi e quasi non potevamo più reggerci; ci appellammo ai nostri indi fedeli che parevano più resistenti. Una lagrima spuntò sugli occhi d'uno di essi e scorrendogli per le gote andò a bagnare la cenere ancor calda; quindi lo vedemmo partire veloce come un daino. Un suo compagno lo seguì immediatamente. In tre o quattro salti superarono la zona infiammata e continuando la corsa raggiunsero gli animali che fuggivano spaventati lontano dal fuoco. A prezzo d'indescrivibili sacrifizi li afferrarono e ce li condussero; ma in quale condizione!... Povere bestie! Erano in uno stato compassionevole. Se qualcuno si meravigliasse di vedere tanto coraggio in questi selvaggi e tanta affezione verso i loro benefattori, pensi che essi sono ben più resistenti di noi, essendo assuefatti nelle capanne a star vicino al fuoco in mezzo al fumo più molesto. Con ciò non voglio togliere un ette al merito di così eroica azione, Dio me ne guardi! Noi, se siamo ancora nel numero dei viventi, dopo la Vergine Ausiliatrice, lo dobbiamo a essi, cui facemmo i nostri più calorosi rallegramenti. Un tale atto di coraggio non ha loro procurato palme accademiche nè auree decorazioni, ma sarà larga sorgente di eletti favori in questa vita e pegno di gran merito in cielo.

Non appena salvi, il primo nostro pensiero fu di sprigionare dal cuore un Agimus tibi gratias!... poi alquanto rinfrancati, pensammo di lasciar subito quei luoghi di desolazione e di terrore per recarci in un basso fondo risparmiato dal fuoco; la notte si avvicinava veloce. Per fortuna esso non era distante che qualche centinaio di metri, ma una grande arsura s'era impadronita delle nostre viscere e non era possibile pel momento trovare una goccia d'acqua, e pensare che al mattino avevamo attraversato due fiumi! Era tanta la nostra stanchezza che non alzammo nemmeno la tenda. Ognuno si trasse in disparte sopra le bardature degli animali o la sua sella. Le bestie, non trovando un bricciolo d'erba sul terreno, rimasero legate tutta la notte e brucarono le punte di alcuni palmizi, che noi tagliammo per loro, dopo di esserci un poco riposati. La notte trascorreva lentamente, e sebbene non si dormisse, niuno proferiva parola. Verso le dieci, uno degli indi non potendo più resistere a quell'immobilità si alzò e dirigendosi verso il letto di un antico ruscello, si mise a rasparne il fondo e trovata un po' di sabbia umida corse tutto lieto a darcene la cara novella.

Quantunque zoppicando, tutti subito lo seguimmo, armati chi di picconi, chi di badili. Ognuno, facendo buon viso alla cattiva fortuna, s'adoperava a comunicare ai compagni un entusiasmo che era ben lungi dal possedere. Ma ahi! il nostro tentativo fu vano e a capo chino dovemmo ritornare ai nostri posti, aspettando il giorno per poter trovare qualche goccia d'acqua.

Finalmente, essendo tutti desti ed in piedi, Don Balzola celebrò la Santa Messa, servendosi d'un poco d'acqua che aveva conservata nella sua borraccia; mentre gl'indi andarono a scavare in più luoghi, e questa volta fortunatamente ne trovarono un piccolo filo. Deo gratias! Tal soccorso provvidenziale ci permise di preparare un po' di caffè, e potemmo prendere anche un po' di ristoro. Quella mattina D. Balzola fu costretto a celebrare col capo bendato da un fazzoletto, avendo avuto ferito, abbastanza, gravemente, l'occhio sinistro da una spina nella corsa sforzata che fummo costretti a fare. Anch'io ebbi un taglio di due o tre centimetri in una coscia, per un ramo mal tagliato che sporgeva sul cammino. Tutto ciò grazie a Dio non ebbe tristi conseguenze, al pari delle numerose graffiature che copersero le mani e la faccia dei nostri compagni di spedizione.

Di nuovo senz'acqua - Indietreggiare?! - Dolci ricordi - All'Aigieri - Sorpresi dagli indi - Felice incontro - Scambio di oggetti -- Perchè non hanno bambini? - Nozioni medicinali.

Non ripartimmo che alle 11 del mattino avendo dovuto riparare molte cinghie logore e bardature smontate. Passata appena mezz'ora, incontrammo una palude d'acqua nerastra nient'affatto pulita, e tuttavia non badando alle regole d'igiene ne bevemmo a sazietà ed anche i nostri animali non finivano di lambirne con avidità straordinaria.

La giornata scorse come l'altra, eccettuato l'incendio; e il sole, tramontando, ci invitò a piantare le nostre tende, e nuovamente fummo costretti a passare la notte senz'acqua e senza foraggio per gli animali. Per fare un po' di caffè si dovette filtrare dieci volte dell'acqua fangosa ottenuta spremendo il fango stesso. Il capo della carovana, che compì tale operazione, tagliò in due parti con un colpo di picca un grosso e pericoloso serpente, e gettatolo da un canto con una certa indifferenza continuò il suo lavoro.

Un giorno ancora di viaggio in simili condizioni era più che sufficiente per estenuarci tutti completamente, uomini e animali. Risolvemmo adunque di far ritorno. Alle due della notte (era domenica) eravamo già in piedi e chiamammo gli indi cristiani ad ascoltare la Messa, dopo la quale pregammo per il buon esito dell'esplorazione. Il pensiero si portò a Torino; parlammo dei nostri buoni Superiori, del nostro Venerabile Fondatore e dei cari confratelli le cui preghiere ardenti salivano a Dio quale incenso in favore dei Missionari, e ci sembrava di sentire dalle loro labbra le parole della Salve che ogni giorno recitano per noi. Quando ci destammo da quelle soavi rimembranze col cuore commosso e gli occhi pieni di lagrime di consolazione, il nostro coraggio e il nostro spirito erasi ravvivato, pronto a sostenere nuove fatiche. Presa la scure, incidemmo sul tronco d'un grosso albero una croce per lasciare un ricordo del passaggio dei soldati di Cristo, e ritrattando la risoluzione fatta il giorno prima proseguimmo il cammino.

Felice e santa inspirazione!

Verso mezzogiorno eravamo sulle sponde del Rio Taradimana, ove ci aspettavano i tre che ci avevano preceduti. Il nostro primo pensiero fu di chiedere loro chi avesse appiccato il fuoco alla foresta e senz'ambagi ci risposero che erano stati essi stessi per pulirci meglio la strada. Poco mancò che non sbarrazzassero noi pure!

Risalito il fiume per 300 metri, ecco che un'incantevole prateria ci si stese dinanzi allo sguardo; tosto scaricammo e benchè il villaggio non fosse molto lontano, risolvemmo di passare la giornata in quel posto.

Quali dure fatiche di giorno in giorno! Ma protetti da Colei che fervidamente avevamo invocato, ne andammo felicemente vincitori.

Stavamo riposandoci alquanto, quand'ecco comparire alcuni indi dell'Aigieri, venuti a pescare nel fiume. Siccome noi eravamo ad uno svolto e là vicino precipitava una cascata rumoreggiante, fummo colti all'improvviso !

Al vederci mandarono un grido e si disposero alla fuga. Noi spedimmo subito i nostri indi a rassicurarli sulle nostre intenzioni e a richiamarli. Tornati alla nostra presenza, con poche parole li persuademmo a non temere e donando loro un poco di tabacco e qualche fazzoletto, li accomiatammo pregandoli di avvertire i loro compagni.

Il giorno seguente, avendo passata l'altra sponda di buon mattino, prendemmo la direzione del villaggio. Costeggiando orribili precipizi e conducendo i nostri muli per la briglia discendemmo in un burrone profondo e dopo aver fiancheggiato i piedi di una montagna ci rivolgemmo al punto ove si trovavano gli indi. Un centinaio di uomini e di donne nascosti dietro gli alberi ci spiavano attraverso il fogliame. Certamente non era tanto rassicurante una tal vista ed una freccia avrebbe potuto facilmente venire su noi; ma avendo D. Balzola rivolte loro alcune parole nel loro linguaggio, qualcuno di essi si avvicinò con due o tre fanciulli.

L'oratore colse la palla al balzo e cacciando le mani nelle tasche le ritrasse con qualche piccolo dono. La partita era vinta ed il muro di ghiaccio felicemente spezzato. Anche gli altri si avvicinarono con maggior fiducia e ricevettero tutti qualche piccolo oggetto con promessa di averne altri più belli il giorno seguente.

Gli uomini si distinguono per statura e corporatura non ordinaria ai Bororos: una ventina di essi oltrepassavano un metro e ottanta centimetri di altezza, e avevano un metro e dieci centimetri di torace. Non si stancavano di squadrarci dall'alto in basso, e sui loro visi avevano dipinto lo stupore di vederci in mezzo a loro.

I fanciulli poi erano proprio estatici non po tendo ritrarre i loro occhi dalle nostre cavalcature che seguivano continuamente per vederle pascolare nei prati e muovere le lunghe orecchie.

Richiesti se conoscevano altri uomini come noi, ci dissero che ne avevano visto qualcheduno nelle loro scorrerie, ma che da quelle parti non ve n'era mai apparso alcuno ; ed alcuni indi, dai capelli grigi, soggiungevano di aver sempre creduto che sulla terra non vi fosse altra gente fuori dei Bororos

Da ciò Ella può, Veneratissimo Padre, immaginarsi ciò che passasse nella loro testa, man mano che vedevano trarre dai nostri bauli oggetti sì varai e di buon gusto! Passammo tre giorni in loro compagnia ed eravamo divenuti già vecchi amici, quando ci convenne pensare al ritorno. Oltre la cacciagione che essi stessi ci procurarono durante il nostro soggiorno, mediante lo scambio di qualche oggetto per loro molto prezioso, noi acquistammo oggetti di loro fabbricazione, come orecchini a forma di luna crescente, oggetti di lusso destinati a mettersi sotto il labbro inferiore, collane di denti di tigre, braccialetti di denti di scimmie... ecc. Ottenemmo anche alcune stoviglie, tazze, e sottocoppe di grandi proporzioni, piatti, scodelle, e vasi per acqua, molto ben fatti; in una parola tutto quello che può dare un'idea del loro stato e interessare l'etnologia, come in parte si può vedere nel nostro Museo di Coxipò da Ponte.

Ciò che maggiormente impressiona il viaggiatore in queste parti sono le abitazioni di un popolo ancora in istato primitivo, la completa povertà di quelle, e la grande scarsità di fanciulli da 1 a 3 anni. Qualcuno fa questa domanda: li nascondono o non ne hanno? Checché si potrà dire, nulla abbiamo trascurato per venirne a capo, e ciò che pare più attendibile è l'ipotesi seguente. I neonati difettosi, come si sa, generalmente vivono poco e perciò sono in piccolo numero; gli altri molto spesso sono vittima dei sogni stravaganti a cui non di rado vanno soggetti i loro genitori, o della negligenza delle madri stesse che, portando seco i bambini, ora li espongono al freddo, ora al caldo, ora alla pioggia e ad altre molte privazioni inerenti alla loro vita nomade. Se sopravvivono, un'epidemia, la difterite, od altro li colpisce, e ne muoiono a diecine non avendo per quelle deboli creature alcun rimedio.

Quindi tra gli adulti sono ben pochi i difettosi; l'obesità è un caso rarissimo in mezzo a loro, l'idropisia è più comune; i reumi, in ragione di altre malattie, sono per loro casi abituali; così pure le costipazioni, di cui fanno poco caso; il mal d'occhi pare essere comunissimo; le morsicature di serpenti o di qualche mortifero insetto non trovano alcun rimedio efficace e ben difficilmente la loro vita n'è risparmiata, e noi più volte fumino testimoni di casi veramente raccapriccianti. Hanno tuttavia qualche conoscenza della medicina, o, per meglio esprimermi, conoscono l'uso di alcune piante medicinali; ad es. usano il tayugá contro i reumi e le malattie del fegato, la douradinha per estirpare la febbre; l'algodaosinho contro le infiammazioni interne; l'amendoim e proméria contro i morsi dei serpenti; la salsa de gomo do campo contro l'anemia, l'isterismo, ecc., ecc.

Sulla via del ritorno - Al Jorigui-Paru - Brava gente! - Altri indi - Arrivo a Cuyaba - Frutti del viaggio - Conclusione.

Il nostro ritorno si effettuò per la medesima via fatta per l'andata, con questa differenza che divenuti pratici del suolo potemmo compiere facilmente i nostri piani ed evitare le tante privazioni inevitabili per chi fa la prima volta quel tragitto.

Rivedemmo adunque sui nostri passi tutte le famiglie di quelle località, incontrate nell'andata, e ci dovemmo separare dalla nostra guida, il buon Luigi Esteves, che ci prestò un grande aiuto e dovette soffrir molto per nostra cagione.

Dopo un poco di riposo, dato a tutti un fraterno addio, il 17 ottobre la nostra carovana si diresse al Jorigui-Paru, altro villaggio indigeno che ha stretta relazione con gli abitanti del Matto interiore. Qui pure ve n'ha di quelli che hanno la coscienza ben carica di delitti e la cui presenza poco ci rassicurava.

Nondimeno, anche in sì cattive apparenze, ci ricevettero benissimo, e noi, esaurito il nostro solito interrogatorio e distribuiti i nostri doni, continuammo la via del ritorno. Non passò un giorno senza avventure, ma siccome furono di minor importanza, non ne dirò nulla.

L'immensa zona, di cui si percorse ogni giorno regolarmente un 45 km., cominciava a farsi alquanto popolata. Man mano s'incontravano delle fazende che ci davano cordiale ospitalità, e dovunque vi fu occasione di esercitare il sacro ministero.

Questi buoni campagnuoli hanno la lodevole consuetudine d'innalzare all'entrata delle loro case una bella croce; così pure sulle più altre punte dei monti pongono il segno della nostra redenzione. Oh! quanto è bello e consolante per il cristiano il trovare ad ogni ora questo simbolo augusto della nostra fede!

Nè posso tacere ciò che Le proverà, Veneratissimo Padre, i sentimenti profondamente religiosi di quelle popolazioni.

Incontrammo una persona, che avendo rice vuto una grazia insigne da Maria Ausiliatrice recava al collo una medaglia della SS. Vergine ricevuta 13 anni prima dalle mani di Suor Rosa nella Colonia Teresa Cristina! Ogni famiglia ha un piccolo oratorio, nel quale di tanto in tanto recitano alcune preghiere! Quale edificante spettacolo!

Al Triomphe v'è un proprietario, per nome Chico Ferreira, il quale ha con sè ordinariamente 25 Bororos, che gli recano un grande servigio, lavorando dall'alba al tramonto... Ai piedi della cordigliera facemmo parimenti conoscenza di 64 Bororos, i quali sono occupati da un proprietario in lavori di agricoltura. Di là era nostra intenzione visitare una località ove abita una ramificazione di quella tribù, la quale avendo rotto con questa ogni legame di fratellanza, vive sparsa nelle pianure che si stendono sulle sponde del Tarigará ; ma la stagione piovosa che s'avanzava a grandi passi, potendo farci prigionieri nei pantani o nelle località ricoperte da acque periodiche, non ce lo permise.

Ci sforzammo di sollecitare il ritorno passando solo per il Caeté e per l'Abolition, e salutando al nostro passaggio i cari confratelli della nostra Scuola Gratitud National alla Palmeiras, ci avviamino a Cuyabà e il 25 novembre avemmo finalmente la consolazione di riunirci ai fratelli del nostro Collegio di S. Gonçalo.

Il nostro primo dovere fu quello di entrare nella nostra umile Cappella, consacrata a Maria Ausiliatrice, e ringraziarla sinceramente della singolare protezione della quale ci era stata larghissima nel lungo e pericoloso viaggio di 70 giorni in mezzo alle foreste, esposti a tutte le intemperie, dormendo sulla nuda terra ed a cielo scoperto e cibandoci alla meglio. Malgrado tante privazioni, noi eravamo contenti e felici di aver sofferto qualche cosa per amore di Nostro Signor Gesù Cristo!

Si percorsero 265 leghe brasiliane pari a 1749 nostri chilometri; si visitarono 13 villaggi indigeni di 115 case o capanne; si fecero i censimenti di 363 uomini, dei quali 46 capitani (o capi) e 7 baires (sacerdoti feticci della tribù), di 377 donne e 281 fanciulli, formando così il totale di di 1074 abitanti. Questo numero ragguardevole riflette solo gl'indigeni.

Si ebbe pure la consolazione di celebrare 11 matrimoni, di amministrare i santi Sacramenti dell'Eucaristia e della Penitenza a buon numero di persone; così pure si rigenerarono nelle acque salutari del Santo Battesimo più di cento tra fanciulli e adulti e se ne cresimarono una quarantina. Si ebbe in fine l'occasione di spargere la semenza evangelica ovunque si faceva una tappa e, senza tema di errare, credo di poter dire che è caduta in buon terreno, e che recherà a tempo opportuno buoni frutti.

Amatissimo Padre, col chiederle perdono se ho abusato della sua benevolenza e rubato un tempo così prezioso alle sue gravi occupazioni, faccio punto a questa relazione, non senza raccomandare, a nome del nostro Ispettore D. Malan, tutta la Tribù dei Bororos alle preghiere sue e a quelle dei nostri Cooperatori

Prima di deporre la penna voglio ancora presentarle i sinceri saluti dei nostri compagni di viaggio che bramerebbero tanto di poterla vedere e che si uniscono con noi per raccomandarci ancora una volta alle sue preghiere, affinchè non diventiamo indegni strumenti della Divina Misericordia.

Gradisca, veneratissimo sig. D. Albera, i sentimenti del nostro filiale affetto, e voglia benedire in modo particolare il suo

Umilissimo e dev.mo in Corde Jesu

GIOVANNI BATTISTA COUTURON,

Missionario Salesiano.

TESORO SPIRITUALE

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella, o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare (come dal Decreto della S. Congregazione delle, Indulgenze, 2 ottobre 1904) l'Indulgenza Plenaria:

ogni mese:

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza;

dal 10 dicembre al 10 gennaio:

1) il 25 dicembre, Solennità del SS. Natale; 2) il 1 gennaio, Circoncisione di N. S. G. C.; 3) il 6 gennaio, Epifania del Signore.

Inoltre : ogni volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche chiesa) reciteranno S Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità ed un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.

Tutte le indulgenze concesse ai Cooperatori sono applicabili alle Anime Sante del Purgatorio; ma pel loro acquisto è richiesta la recita quotidiana di un Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice coll'invocazione: Sancte Francisce Salesi, ora pro nobis.

IL CULTO di Maria Ausiliatrice

Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente,

Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario-Basilica di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno questo mese nel Santuario avremo questa intenzione generale:

Che Maria SS.ma Ausiliatrice affretti la restaurazione di tutto il mondo in Gesù Cristo. feste e date memorande.

CHIERI - La Domenica 3 novembre, celebrandosi la festa traslata di S. Teresa nella chiesa dell'Istituto omonimo, dedicata a Maria SS. Ausiliatrice, venne consacrato per opera di pie persone un bell'altare marmoreo più degno della dolcissima nostra Madre e meglio rispondente al disegno dell'artistico tempio; mentre la statua della Vergine era collocata in apposita nicchia di marmo sullo sfondo dell'abside.

Compì il sacro rito Sua Ecc. Rev.ma Mons. Angelo Bortolomasi, Ausiliare dell'Em.mo Card. Arcivescovo di Torino, assistito dai rev.mi Canonici Zucca e Fravega e dal rev.mo Prof. Molinari, Rettore del Seminario. Le giovanette dell'Oratorio festivo e dell'Educandato vennero disposte alla duplice solennità con un triduo devoto di predicazione e di preghiere. Alla sacra cerimonia e a tutta la festa prese parte anche un gran numero di ex-allieve e di altre pie persone.

GRAZIE E FAVORI

Guarita per bontà di Maria (*).

Nel mese di febbraio 1911, fui colta da un forte mal d'occhio, tuttavia continuava a fare la scuola serale e diurna fino a che si chiuse l'anno scolastico; ricusava però molti cibi e in questo modo l'inappetenza si fece strada, e, dopo poco tempo, io non era capace di prendere nutrimento. Anche un fierissimo mal di cuore mi faceva sentire i tristi effetti di sua presenza e ne soffriva assai. I medici curanti, ancorchè valenti, non sapevano che ordinarmi, dicendo, che pel cuore non vi sono medicine « Alcune goccie, e non più ». Nel mese dì febbraio prossimo passato , anche il fegato s'ebbe la sua buona parte di male, mi furono appiccicate le sanguisughe con qualche vantaggio, ma intanto io diveniva sempre più prostrata di forze e mio malgrado doveva starmene ognor riguardata, senza poter uscire di casa, nemmeno per recarmi alla Messa, perchè, dovendo far salita, questa mi faceva ansimare assai. A colmare la misura delle mie sofferenze cominciai a diventar enfiata; da principio poco, e poi l'enfiagione spariva; ma nel mese di agosto e settembre ultimi scorsi, l'enfiagione prese proporzioni alquanto allarmanti ed io temevo di soccombere.

Fu in questo stato, ch'io mi rivolsi supplice alla Gran Vergine di Don Bosco e madre pietosa di tutti, associandomi, con mio marito, alla novena che si faceva nel Santuario di Valdocco per me; ed oh misericordia e potenza di Maria SS.ma! Tutti i giorni della novena, vedevo sparire la gonfiatura che mi dava tanta pena, finchè mi sentii libera del tutto, perciò rendo pubbliche grazie alla Vergine Santa.

Vorrei che tutti ricorressero a Lei nei loro bisogni ! Sì, andiamo tutti a Maria, ed Ella sarà nostro aiuto in vita e nostro conforto in punto di morte.

Vervio (Sondrio), 16 ottobre 1912.

QUADRIO ZELINDA SALA T.

Ricorrete a Maria.

Non essendoci più nulla, o quasi, a sperare dalla scienza, concordando le diagnosi mediche nel dichiarare che l'unica mia figlia, quand'anche si fosse riusciti con infinite cure e riguardi a farle abbandonare il letto, sul quale da circa tre mesi crudelmente languiva, avrebbe dovuto rassegnarsi ad una esistenza di timori, privazioni e riguardi senza conforto, ricorsi con viva fede all'assistenza di Colei che altre volte mi fu larga di aiuti straordinari. Non appena si prese ad invocare la grazia agognata, un miglioramento generale manifestossi subito nelle condizioni della mia cara ammalata progredendo successivamente a vista d'occhio, talchè dopo brevissima e benigna convalescenza felicemente arrivava a completa guarigione. Mi faccio premura di rendere di pubblica ragione la splendida grazia ottenuta a soddisfacimento di mia promessa ed a conforto di tanti tribolati a fidare nella immanchevole assistenza di Maria, Aiuto dei Cristiani.

Legnago, 26 ottobre 2912.

ETTORE GUARDALBEN.

Viva Maria Ausiliatrice!

Cooperatrice salesiana, più volte ebbi a sperimentare la protezione di Maria Ausiliatrice; anche ultimamente aveva bisogno d'una grazia singolare e l'ottenni.

Aveva io in giro cambiali per oltre tremila franchi; circostanze di famiglia mi obbligarono a lasciar il commercio e venirmene a Torino sconosciuta. Agli occhi del mondo poteva parere la mia partenza una fuga, perchè veramente era nell'impossibilità di pagar queste cambiali, quindi i protesti sarebbero venuti ed immancabile l'arresto. I giorni e le notti passavano sempre con questa prospettiva, nessun scampo appariva, non potendo illudermi d'un prestito non avendo da garantirlo, sicchè era affranta ed avvilita. Urgendo il tempo e non sapendo più che fare, mi gettai ginocchioni innanzi all'immagine della Madonna, raccomandandomi di non permettere la mia rovina. Incominciai con fede una novena di preghiere; al terzo giorno ebbi una visita di persona a cui non aveva pensato rivolgermi, sapendola moto lontana e anche nell'impossibilità di venirmi in aiuto; fiduciosa però che la Madonna me l'avesse mandata, le esternai il mio stato, essa mi fece coraggio e congedandomi mi promise che si sarebbe occupata per me presso altri.

Viva Maria che non permise la rovina d'una sua divota I pochi giorni prima della scadenza delle prime cambiali io aveva l'intera somma per tutte, con un lungo tempo per la restituzione.

Accetta, o Maria, i miei ringraziamenti e quelli di mia famiglia, ed esaudiscimi, oggi giorno della tua festa, nell'altra pure desideratissima grazia chiesta durante la novena

Torino, 24 maggio 1912.

Una Cooperatrice Salesiana.

Cammarata (Girgenti). - A te, o augusta Regina, potente aiuto del popolo cristiano, sia onore, gloria e trionfo, a te, che anche in mezzo a noi ti sei degnata erigere il trono delle tue misericordie.

Ad una persona, che, da oltre venti anni, da che aveva fatta la prima Comunione, non pensava affatto a confessarsi, trovandosi sul letto di morte destituita di sensi, ho dato a baciare una medaglietta di Maria Santissima Ausiliatrice. Bastò questo per riacquistare immediatamente la favella, chiedere con insistenza i Santi Sacramenti, e dopo tre giorni morire invocando i nomi di Gesù, Maria e Giuseppe.

Considerando che sempre aveva rifiutato di riconciliarsi col Signore anche fino a pochi momenti prima di perdere i sensi, e considerando l'acquisto repentino della parola non appena baciata la medaglia, non posso fare a meno di asserire essere stata questa una grazia insigne, di cui ci ha voluto onorare Maria SS. Ausiliatrice, cui pubblicamente esterno i sentimenti di un'eterna gratitudine.

1 maggio 1912.

Un Cooperatore.

S. Ambrogio di Susa. - In seguito ad una forte bronchite mi trovai un anno fa in condizioni molto allarmanti per un principio di emottisi.

In tale frangente, più che dal male mi sentiva affranto da uno scoramento e tristezza indicibile. Con la morte nel cuore mi rivolsi dapprima alla scienza medica, ma da essa non ritrassi che maggiori apprensioni. Mi sovvenni allora della cara Ausiliatrice di Don Bosco; rievocai col pensiero i più bei giorni della mia giovinezza, quando nella casa salesiana di Foglizzo io La venerava ed invocava coli fede e devozione. A quel dolce ricordo si ridestò nel mio cuore un lampo di vivo fervore e di profonda commozione. Piansi e pregai fervidamente invocando da quella cara Madre la mia guarigione. Da quell'istante mi sentii confortato e libero da ogni appensione. In pochi giorni scomparve ogni sintomo di emottisi e la mia salute andò ogni giorno migliorando.

15 aprile 1912.

A. BRONZINO.

Buenos Aires. - La quinquenne Elisa Fiocca era gravemente inferma da più d'un mese per febbre tifoidea complicata con meningite. I medici che la curavano, più volte chiamati a consulto, avevano ormai dichiarata vana ogni speranza. Si chiamò un Sacerdote dal nostro Collegio; e questi visitò la piccola inferma e convinto che non poteva far cosa migliore, la raccomandò più vivamente che seppe a Maria Ausiliatrice, diede alla piccina una sua Medaglia ed ai genitori piangenti disse di confidare in Maria e di pregare.

Il giorno dopo, il medico stupito non sapeva spiegarsi il rapido e straordinario miglioramento della malata, che in pochi giorni guarì perfettamenta ed ora, dopo due mesi, è più vispa che mai. Ma per la famiglia fortunata e per me che la vidi, la convinzione è che fu un miracolo di Maria Ausiliatrice.

9 aprile 1912.

Sac. FRANCESCO PICABEA.

Torino. - Da molto tempo mi sentivo un profondo e forte dolore interno, poco sopra al fianco destro , dolore che per quante medicine avessi tentato, noti solo non tendeva a svanire ma sempre più mi tormentava fino ad impedirmi qualsiasi movimento. Divota fin da giovane della Madonna Ausiliatrice incominciai una novena a questa buona Madre e ancora non erano trascorsi tre giorni che, senza cura alcuna, il dolore cominciò a svanire così che ora posso muovermi e mi lascia in pace.

Riconoscentissima alla Vergine che mi volle guarire, e così presto, da un male che alla età non più giovane di 92 anni (dico novantadue) non era cosa troppo facile il sopportare, invio la tenue offerta di L. 5.

17 maggio 1912.

G. S.

Monticelli Pavese. - Mio figlio Alfeo, di anni 11, fu colpito al capo da un calcio del mio cavallo riportandone una larga ferita con frattura della base cranica. Travolto in un lago di sangue, privo di sensi, il suo povero corpicciuolo era contratto da orrende convulsioni per la commozione cerebrale manifestatasi. L'ottimo medico, che lo visitò ed assistette, e il nostro Parroco, che gli somministrò l'Olio Santo, non tardarono a dichiarare il caso gravissimo ed imminente la catastrofe.

Verso il mattino invece (la disgrazia avvenne alla sera) il ragazzo ricuperò perfettamente la parola ed i sensi e dopo pochi giorni, fu perfettamente fuori di pericolo con meraviglia di tutti. Ora il mio Alfeo è svelto e sano come prima e la ferita è rimarginata. Grazie, o Vergine Ausiliatrice.

Maggio 1912.

CLEMENTINA MARINONI BERTOLA, Maestra.

Isolabella. - Da nove anni mia figlia era gravemente ammalata di bronchite con asma nervosa, sicché stentava molto a respirare e non aveva riposo nè giorno nè notte. Le usai tutte le cure suggeritemi dall'arte, ma sempre inutilmente, quando conobbi le grazie tanto frequenti e numerose di Maria SS. Ausiliatrice. A Lei mi rivolsi con piena fiducia, e fui meravigliosamente esaudita. Invio un'offerta di L. 5o per le Opere di D. Bosco.

24 maggio 1912.

LANFRANCO MARIA.

Jerzu. - Quanto sei buona o Maria!... Alcun tempo fa, era tormentata da un terribile malore alla mano sinistra. Capii dai medici che la cura era difficile e che la mano verrebbe del tutto tagliata.

Nella mia disperazione, t'invocai, o Madre benedetta, e Tu mi esaudisti. Le mie pene s'alleviarono, gli intensi dolori della mano scemarono ed in poco tempo guarii perfettamente.

Grazie, infinite grazie, o Madre mia.

3 maggio 1912.

INORIA MELIS CUNICO.

Rivarossa Canavese. - Grazie! mille volte grazie a te, o Maria! Disperati del triste stato del nostro nipotino, ci rivolgemmo tutti con piena fiducia a Te, che sei la salute degli infermi, promettendoti di render pubblica la grazia, ed ecco che tu, Madre Benigna, ascoltasti le nostre preghiere, ed in breve il nostro caro piccino fu salvo.

Riconoscenti, adempiamo di cuore la promessa, inviando una piccola offerta e raccomandandoci a Te per una nuova grazia, da qualche tempo attesa. Siano intanto infinite grazie a Te, o Maria, che sei sempre il conforto dei tuoi devoti.

16 aprile 1912.

TERESA AMATEIS e famiglia.

Cividale. - Il mio Leone, d'anni 7, fu nell'agosto del 1911 gravemente ammalato d'un accesso d'appendicite. Di giorno in giorno io temeva di doverlo sottomettere all'operazione. Ma la Vergine benedetta esaudì le nostre preghiere, e in breve, egli fu fuori di pericolo. Grazie, o Madre; ti prego di farmi un'altra grazia che tanto mi preme.

13 maggio 1912.

PIA PICCO MORO.

San Polo (Arezzo). - Il 23 del passato mese di febbraio il nostro babbo per un caso fortuito ebbe una percossa alla testa , e da quel giorno in poi, oltre una diminuzione notevolissima di memoria, provò in sè un dolore continuo che giorno e notte lo tormentava. Le cose si protrassero in questo modo sino alla metà di maggio, quando il male andò quasi ad un tratto talmente aggravandosi che noi, temendo prossima la fine, gli facemmo amministrare gli ultimi Sacramenti. Tuttavia non perderemo la nostra fiducia nella Vogane Ausiliatrice e quasi certe che Ella ci avrebbe esaudite e consolate, incominciammo una novena, e promettemmo un'offerta al suo Santuario e la pubblicazione della grazia, qualora il babbo fosse guarito.

La Vergine SS. ascoltò la preghiera ; il nostro buon padre andò sempre migliorando ed ora trovasi perfettamente ristabilito. Grate e riconoscenti per una grazia così segnalata adempiamo oggi la promessa fatta, ringraziando dal fondo del cuore Maria SS. Ausiliatrice.

24 giugno 1912.

GIusEPPINA e ROSINA SBRAGI.

Malta. - Desolata per gravi malori che affliggevano due mie amate parenti, pregai la Vergine Ausiliatrice a volermi consolare. Ottenuta prontamente la grazia, adempio la promessa di pubblicare così segnalato favore a gloria di Maria e ad incoraggiamento di quanti sperano da Lei grazie e favori.

Maggio 1912.

S. S. E.

Port Said. - Ti saluto, o Maria, vero aiuto dei Cristiani e salute degli infermi. Io avevo due mie figlie di pochi anni, le quali in breve tempo furono assalite da forti eruzioni in tutto il loro corpo, le quali non avevano tutti i caratteri della rosalia, ma erano tendenti al morbillo od altra malattia più grave, ed erano accompagnate da una temperatura allarmante, che minacciava pericolo di vita. All'annunzio sconsolato uri rivolsi tosto a Te, votando, per la sospirata grazia, un'offerta, una messa di ringraziamento al tuo Altare, ed una memoria sul Bollettino. Da quell'ora la temperatura diminuì , il pericolo scomparve ed in breve le figlie mie guarirono perfettamente. Eccomi riconoscente e grata ad adempire il voto, ed a pregarti di tenere sempre me e la mia famiglia sotto il Tuo augusto patrocinio.

4 giugno 1912.

BICE CALASCIONE.

Besanello. - Mia sorella Anastasia il 10 maggio u. s. cadde gravemente inferma di meningite. Il dottore dichiarò che era difficilissimo che potesse risanare o almeno sarebbe restata disgraziata per tutta la vita. Fu allora che mettemmo tutta la fiducia in Maria Ausiliatrice incominciando una novena, promettendo una offerta e di pubblicare la grazia, se l'avessimo ricevuta. Oh! bontà di Maria! Dopo qualche tempo quasi contro ogni speranza, mia sorella incominciò a migliorare, trovandosi adesso completamente risanata e senza nessun residuo della terribile malattia che minacciò di strapparcela. Ringraziamo tutti Maria ed invochiamo sempre il suo valido patrocinio.

14 agosto 1912.

TERESINA FELLER.

Torino. - Ai venti di marzo Pierina Berrutti fu colta da forte febbre tifoidea, e contemporaneamente da grave polmonite. Dopo diverse settimane il male andava compiendo il suo corso inesorabile tanto che il dottore curante la diede assolutamente perduta. Si può capire come restammo a simile dichiarazione! Che fare? ci era arrivato da pochi giorni il Bollettino, nel quale si leggono sempre tante grazie ottenute per l'intercessione della Madonna di Don Bosco, e ci rivolgemmo noi pure a questa potente Regina colla promessa di rendere pubblica la grazia. Incominciammo una novena in suo onore. Prima che questa fosse ultimata, la povera inferma riprese con gran stupore di tutti la conoscenza che da quaranta giorni aveva perduta, e dopo breve convalescenza riacquistò perfettamente florida salute. Serva la nostra riconoscenza verso una Madre sì buona ad eccitare tutti a ricorrere con fiducia e fervore alla Gran Madre Ausiliatrice.

7 giugno 1912.

S. B. C.

Avigliana. - A causa di una velenosa morsicatura ad una gamba, io dolorava e gemeva pel male e pel timore di soccombere e lasciare la mia famiglia nella desolazione. Mi capitò tra mano, durante la malattia, il Bollettino Salesiano, e leggendo le grazie che la Vergine Ausiliatrice comparte ai suoi devoti, m'animai anch'io a far la novena raccomandata dal nostro Ven. D. Bosco e al termine della medesima era esaudita; era perfettamente risanata! Riconoscente mi sono recata a ringraziarla nel Santuario della Madonna dei Laghi, ed ora faccio noto a tutti quanto Maria SS. sia propizia a chiunque con fede a Lei ricorre.

16 giugno 1912.

ROSA ALLAIS.

Capriata d'Orba. - Non sono molti giorni e la mia povera mamma era colta da una terribile infermità prodotta da un vizio cardiaco. Era tale la forza del usale che si credette bene di viaticarla e amministrarle gli ultimi sacramenti. Nulla più si poteva sperare dagli uomini, ma tutto si doveva sperare da Maria. Pregai con fervore, feci pregare da anime buone e adesso posso con sicurezza ringraziare l'Ausiliatrice, che in pochi giorni me la restituì, non solo fuori di pericolo, ma addirittura in tale stato da poter attendere comodamente ai bisogni di casa. Ringraziandola con tutta l'effusione del cuore, invito coloro che sono afflitti a ricorrere all'Ausiliatrice di D. Bosco.

29 giugno 1912.

ITALO GENTILE Studente.

Crevoladossola. - L'inverno passato ebbi la cara, mamma gravemente ammalata. Vedendo che le cure premurose del medico e le numerose medicine che prendeva non giovavano a nulla, ero profondamente addolorata ; ma per consiglio di un buono e zelante sacerdote incominciai una novena a Maria SS.ma Ausiliatrice e promisi di pubblicare la grazia, qualora la Vergine m'avesse esaudita. La Madre Celeste volle consolarmi, ed io, riconoscente, adempio, con gioia la promessa.

6 ottobre 1912.

A. R.

Sampierdarena. - Una cara persona della mia, famiglia aveva estremo bisogno di una grazia segnalatissima, ed eravamo, pur troppo, sul procinto di disperare, quando facemmo ricorso a Maria SS.ma Ausiliatrice. Ella è veramente la dispensatrice di ogni sorta di grazie! Il favore si ottenne ed Ella sia benedetta.

4 novembre 1912.

MARIA COMOTTO PITTALUGA.

Ferrara. - Nel maggio scorso una mia nipotina di quattro anni è stata assai gravemente colpita da pertosse, stomatite e polmonite doppia per cui i medici lasciavano ben poco a sperare. La famiglia si rivolse con somma fede a Maria SS.ma Ausiliatrice. La pregò e La fece pregare nel suo Santuario in Torino, promettendo un'offerta e la pubblicazione sul Bollettino a guarigione completa. La Madonna esaudì le preghiere e in breve tempo la bimba, guarì e ritornò vispa e vigorosa. Infinitamente riconoscenti alla Vergine Santissima non termineremo, mai di ringraziarla.

23 ottobre 1912.

MINA SOLIMANI.

- Mio marito ha subito un'operazione gravissima, dalla quale, a detta dei medici, la morte era, certa. In quei momenti d'acuto dolore e strazio al cuore mi rivolsi cori fede a Maria SS.ma Ausiliatrice pregandola che ridesse a me lo sposo e ai figli il padre. La Madonna ha avuto pietà del mio dolore e mi esaudì. Ora è perfettamente guarito,, senza sentire il minimo disturbo. Grata a tanta grazia, sciolgo la promessa.

20 ottobre 1912.

IRENE CIELO.

Ottennero pure grazie da Maria S.S. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:

A*) -Accumoli : Margherita Marini, 5 - Alba : Pietro Filiberto, 5 -Alessandria: Chiarina Collo, io -Aosta : Iaccod Maria -Arvier : S. C., 5.

B) - Bellinzago Novarese : Maria Prandi, 5 - Bergamasco : Giacomo Moro, 5 - Bianzè : Elisabetta Tola, 4 - Bologna : A. E. T. - Buganzolo Sac. Giuseppe Stiglhuber, 5.

C) - Cabrera (America): Maddalena Bonetto - Cagliari : Giuseppina Ricolfi, io - id.: S. V. - Cairo : De Pompilio Rosa - Caluso : Maria Massia - Canale d'Alba: Maria Nota-Toso, io - Cannobbio : Lucia Mortarotti, 5 - Caprino Veronese Elena Boccherle, 15 - Carmagnola : Giacomo Priacco, 5 - Casorzo Monferrato : Angiolina Beccaris - Gassano Magnago : Teresa Sommaruga, 5 - Catania : M. Catena Scapulla, 5 - Cento : Dr. L. G., 3 - Cereseto Monferrato: Amalia Provera, 2 - Ceresole d'Alba: Margherita Boretti, 25 - Champorcher : Giuseppe Favre, io - Cherasco : Prosca, io - Cisterna d'Asti: Rosa Palma, io - id.: Enrico Sacco, io - id. : Giovanni Rolfo fu Francesco, 5 - Cologna Veneta : Maria Menegaz, 20 - Como Gario Camilla, 3 - Concordia Modenese : Elena Luchini, io - Crema : Innocente Prandini, 2.

D) - Diano d'Alba: Donna Giulia V. Gen. Brosson, 5 - Diano Gorleri : C. V., io - Domo Felicita S., 15.

F) - Falesina (Trentino): Sac. Biagio Giacomuzzi zoo - Farigliano : Maddalena Di Bernardo, 5 - Ferrere d'Asti: N. N., io - id.: Maria Marino di Antonio, 25 - Follica : Celina Calcinoni, 3.

G) - Genova : Rosa Zaninini - id.: Emanuele Costa - Germagnano : L. M. - Grignano : Anna Massari, 50.

I) - Intra : Balbina Isorni, 5 - Ivrea : Maria Gillio.

L) - La Morra : Rosa Castagnotti, 2 Lanusei P. G., io - Locco : Ernestina Azzoni, 3 - Locarno (C. T.): Irene Lanfranchi, 5.

M) - Magliano Alpi: Margherita Ravera, 7 - Marene : Carolina Binétti - Menaggio : N. N., i - Mendrisio (C. T.): Giuditta Merlini - Milano E. E., 20 - id. : Rosina Tognetti, 2 - Mistretta Maria Salvo, i - Mogliano Veneto : Un Figlio di Maria, 3 - Mombello Veneto : Bartolomeo Cerrutti, 5 - id.: Francesco Cerrutti, 2 - Montanera : Agnese Dadone, 2 - Montecchio : Ines Bolzani, 2 - Monte di Malo : Maria Ferrin, 5 - Mosso S. Maria : Maria Ormezzano, 5.

N) - Nervesa : Angelo Dal Secco, 3 - Novara Domenica Imoda, io - Novellara : D. Attilio Taschini, 35.

O) - Occimiano Monferrato: B. L., io - Oggiono: Gina Manzoni Tentorio, io - Orsara Bormida : Teresa Sesino, 5.

P) - Pianfei: Maddalena Blengetti, 3 - Pietrapennata : Sac. Cesare Mascari, io - Pombia Sac. Gregorio Ubezia, 5 - Pordenone : Elisa Bonin Guarneri, 3 - Pralormo : Maria Ronco - Prato Sesia : Sac. Giovanni Canone, io.

R) - Revello : Valentina Boasso, 5 - Rimini Costanza Facchinetti, 5 - Rivalta : Maddalena Carignano - Rivanazzano : Rosa Scacchieri, io - Rogno : Angela Fiorini, 3 - Roma : Ch. Emilio Patriarca, io - Ruginello: Adele Balconi in Mariani, io.

S) - San Giorgio Lomellina : Giulia Anglese, 20 - S. Mauro : Maria Fanciotto, 2 - S. Pellegrinello : Elide Maestra Pelletti, 2 - Sampierdarena Maria Comotto Pittaluga, 5 - S. Salvatore Monferrato: Attilia Molina, 2 - S. Albano: Angela Zuccotti, 3 S. Stefano a Mare : Edvige Garibaldi Ughetto, io - St. Thomas (Isole Danesi): Elvira Gilioli - Sarno : Ines Ferrara, 5 - Sassello : Lino Badano, 50 - Sclaio : Teresa Catini, 2,30 - Serina : E. G., 5 - Serra di Falco : Felice Avv. Cacciatore, 5 - Serra di Pamparato : Teresa Iccardi, 5 - Sliema : Giovanni Ascisa 5 -Somma Lombarda: Giuseppina Missaglio, 3 - Sordevolo : Zita Fiorini fu Giovanni - Spezia : Maria Alberti Luigia, 5 - Stroppiana : Cristina Gurgo, 2 - Susa : Ernestina Tracq.

T) - Torino : A. D. - id.: A. N. - id.: C. B. - id.: F. F., io - id.: G. E., 2 - id.: N. N. - id.: P. C., 2 - id.: A. C. C., 2 - id. : Pietro Bard, 5 - id. : M. Calligaris, 2 - id. : Paolina Gandolfi, 5 - id. : Vittoria Dosa, 5 - id. : Teresa Stortiglione - id. : Angela Tardy, 2 - id. : Mario Vinai - Torricella-Taverne (C. T.): Dr. Giuseppe Anzini Medico Chirurgo e Ida Fraschiroli in occasione del loro sposalizio a S. Mamette di Valsolda, 5o.

V) - Valgreghentino Bornedo : Maria Scaccabarozzi, 4 - Valtournanche : Elisabetta Machet, io - Varazze : Maddalena Fazio, i.5o - Varengo Monferrato: Carolina Murio - Varzi : Maria e Ida Tagliani, 6 - Vazzola : N. N., io - Vegezzo : Amalia Catani, i - Vergemoli : Rosa Colli, io - Vigliano d'Asti: Giuseppe Dellavalle, 4 - Vignale Monferrato: Antonietta Porro, 8 - Vicenza : Maria Cecchini, 2 - Villalba : Sac. Antonio Fasulo, 5 - Vinovo : Maria e Michele Faró, 2.

X) - N. N. - Antonia Ballardini V. Gaetani, 10.

Santuario di Maria Ausiliatrice

TORINO-VALDOCCO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per ogni corrispondenza in proposito, come anche per Messe e novene o tridui di Benedizioni col .SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario di Maria SS. Ausiliatrice, Via Cottolengo, 32 - Torino.

Ogni sabato, alle 7.15 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.

Dal 1° dicembre al 1° gennaio:

16 dicembre - Comincia la novena del S. Natale: Ore 6 Messa, Profezie, discorsino e Benedizione - Ore 2o Profezie, predica e Benedizione.

25 dicembre - Solennità del S. Natale: Ore 9,30 Messa cantata - Ore 16,30 Vespro, discorso e Benedizione.

1 gennaio - In Piemonte festa di divozione. Messe come nei giorni festivi.

3 gennaio - Primo venerdì del mese: Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento dalle 6 alle 17 - Benedizione alle 6,3o e alle 17.

6 gennaio - Epifania di N. S. Gesù Cristo - Come il 25 dicembre.

NOTE e CORRISPONDENZE

Convegno regionale di Ex-allievi.

Il 15 del corrente mese si terrà in Valdocco il Primo Convegno Regionale Piemontese degli Ex-allievi degli Istituti Salesiani, deliberato fin dal passato luglio dagli Ex-Allievi dell'Oratorio di Torino.

Al Convegno sono fissati due scopi: 1° dare un pratico esempio di attuazione delle Deliberazioni del 1° Congresso Internazionale; 2° far partire dal Piemonte - culla dell'Opera di Don Bosco - un primo ed efficace impulso e quasi l'indirizzo per il contributo e l'azione degli exAllievi in preparazione al complesso studio e lavoro che richiederanno l'erezione del Monumento a Don Bosco e il 2° Congresso Internazionale nel 1915.

Sono invitati al Convegno tutti gli Ex-allievi residenti in Torino e nei dintorni, e i Delegati delle Unioni piemontesi.

A Valdocco.

Ospiti illustri. - Il 7 novembre recavasi a Torino espressamente per visitare l'Oratorio, il Santuario di Maria SS.ma Ausiliatrice e le tombe del Venerabile D. Bosco e D. Rua S. E. Rev.ma Mons. Enrico Lodovico Chapon, Vescovo di Nizza Marittima. Ossequiato al suo arrivo dal rev.mo sig. D. Albera, dagli evviva dei nostri giovanetti e dalle notti festose della banda musicale, l'illustre Prelato manifestò cordialmente la sua riconoscenza: e il mattino seguente volle celebrare nella Cappella privata di D. Bosco, a sfogo della sua ammirazione pel Venerabile.

Che il Signore lo compensi di un tratto di così squisita bontà, che tornò dolcissimo al nostro cuore!

Tra i figli del popolo.

LIVORNO. - Nell'Oratorio Salesiano del S. Cuore di Gesù, dal 15 al 22 settembre si tenne con ammirevole frequenza ed egual frutto un corso di Esercizi Spirituali per gli alunni stessi dell'Oratorio. Informato del santo proposito, il rev. sig. D. Albera inviava i.seguenti ricordi che vennero distribuiti su graziosa immagine ai singoli giovanetti:

« 1) Avete un gran tesoro; la fede. Guai a chi lo perde!

» 2) Avete una sorgente viva di grazia, di forza e di coraggio nei SS. Sacramenti. Usufruitene sovente.

» 3) Avete un cuore buono, disposto ad amare Iddio e tutto ciò che è bello e buono. Non permettete che sia guasto dal vizio impuro».

TRINO VERCELLESE. - Una sala di lettura. -Togliamo dall'Azione di Vercelli del 9 novembre:

«.... A Trino mentre talune organizzazioni si foggiano sulla base economica, altre si ispirano e curano la formazione morale e intellettuale dei giovani: tale è la Sala di lettura che domani verrà inaugurata nell'Oratorio del S. Cuore.

» Noi non sappiamo come trovare le parole per raccomandare a tutti i giovani di buona volontà ed anche a quelli che non l'hanno, di frequentare quella sala, dove tante utili cognizioni verranno loro impartite, dove con metodo facile e piano saranno chiamati a riflettere sulle questioni più importanti che interessano l'uomo come cristiano, come cittadino, come italiano.

Il voler trascurare quest'occasione buona sarebbe da deplorarsi: e non deporrebbe bene in favore dei giovani, i quali hanno bisogno di istruirsi sempre di più per aver maggior conoscenza della vita.

» Nell'orario che abbiano sott'occhio vediamo che dall' 11 novembre al 12 febbraio p. v. in tutte le sere, meno il sabato, la sala sarà aperta per la lettura di libri, giornali e periodici riservando una mezz'ora a efficacissimi dialoghi e conversazioni su argomenti economici e sociali.

» Nei giorni 11-12-13-14 dicembre sarà tenuto un breve corso di esercizi spirituali, ed infine la sala di lettura sarà chiusa con l'estrazione di non indifferenti premi ».

SLIEMA=MALTA. - Una gita di premio. - La domenica io novembre « quando la Strada Reale di Valletta, rigurgitava di vita e di gente (così il corrispondente di Valletta al giornale Malta nel numero del 14 novembre), le note marziali di una banda e un lungo sfilare di giovani e fanciulli attirarono l'attenzione dei passanti. Il numeroso corteo recante sei ricche e belle bandiere di Associazioni, attraversò Strada Reale fra il popolo, il quale con manifesta simpatia ammirava quella gioconda schiera che aveva in testa una splendida bandiera su cui leggevasi: « Oratorio Salesiano, Sliema ». Tutta quella accolta di gioventù rappre sentava una parte degli alunni, che frequentano questo fiorente Istituto.

» Venivano essi da una gita di premio concessa dal loro Direttore D. Allegra, il quale, con felice pensiero, volle far trascorrere un lieto San Martino a 2oo fra i più assidui e diligenti dei suoi alunni...

» Partiti dall'Oratorio di Sliema nelle prime ore del pomeriggio, si recarono da prima a rendere omaggio al Marchese Mattei, che con vera magnificenza ha, in massima parte, concorso alla costituzione della nuova banda dell'Oratorio, che in quel giorno compariva per la prima volta al pubblico. Indi i gitanti montarono sulle lancie a vapore per andare direttamente alla Misida, mentre la banda alternava lieta musica ai canti dei giovanetti.

» Dalla Misida il festoso corteo si recò al Hamrun presso l'Istituto delle Piccole Suore dei Poveri, dove si svolse un bel concerto musicale e si cantarono da tutti i giovani vani inni sociali accompagnati dalla banda, rallegrando non solo i gitanti, ma altresì tutti quei poveri vecchi, i quali in quell'asilo di pace sentivano scorrere un'onda di vita giovanile, che strappava dalle loro tremule labbra tanti sorrisi di contento e rievocava i cari ricordi della loro trascorsa giovinezza.

» Dopo il concerto musicale, fu impartita a tutti i convenuti la Benedizione col SS.mo Sacramento, fra canti sacri, eseguiti dalla Schola Cantorum dell'Oratorio, e quindi i giovani, i loro superiori e varii benefattori, che onoravano di loro presenza la gita, fecero onore ad una copiosa merenda fra gli evviva più cordiali e la più schietta allegria. Mentre attorno alle tavole, apparechiate con gusto, si svolgeva la bella scena, le Piccole Suore moltiplicavano le loro materne attenzioni per rendere più gradito ciò che con tanta premura avean preparato a quella larga schiera di giovani festeggianti il San Martino.

» Alle 5.30 p. m. la comitiva prese posto sulle vetture elettriche delle tramvie, e fra lo sventolìo delle bandiere e le gaie note della banda giunse a Porta Reale, dove si ordinò per recarsi da Strada Reale al Palazzo Caraffa, sede dell'Unione Cattolica. Ivi si svolse un bellissimo e svariato trattenimento cinematografico, che coronò degnamente la giornata.

» Rimessisi in lancia, i gitanti ritornarono all'Oratorio, dopo aver sostato dinnanzi alla casa del Comm. A. M. Galea per rendere grazie, con un triplice urrà al primo Benefattore dell'Oratorio Salesiano di Sliema.

» La bella gita, meritato premio a tanti buoni giovani, fu una vera gioia per tutti e a essa contribuirono efficacemente varii Benefattori dell'Oratorio, di cui per brevità ricordiamo solamente, oltre il Comm. Galea, anche il benemerito Comitato dell'Unione Cattolica e il Cav. G. Apap, che concessero generosamente lo spettacolo cinematografico; il signor R. Polidano, che regalò il passaggio sulle lancie a vapore e le Piccole Suore dei Poveri che con tanta squisitezza e bontà prepararono il bel ricevimento nel loro Istituto....»

Notizie varie.

In Italia.

CAGLIARI. - L'Oratorio Salesiano ha avuto finalmente i figli di D. Bosco. Il Teol. D. Mario Piu, zelantissimo direttore diocesano, annunziando il loro arrivo con apposita circolare, soggiungeva:

« Nel darne comunicazione, non posso fare a meno di mettere in rilievo il modo veramente eccezionale col quale dai Salesiani si apre questa casa. Vengono perchè pressati dalle tante insistenze, ma vengono senza poter fare assegnamento su qualche sicuro mezzo di sussistenza, senza aver pronte per loro uso che alcune stanzette ed una modesta cappella. Solo lo spirito di Don Bosco che è tutto informato alla carità, alla carità spinta sino al sacrificio, può far iniziare simili imprese, mettendo come base e fondamento l'assoluta mancanza di ogni calcolo materiale. Ciò non v'ha dubbio attirerà da Dio uno sguardo di speciale predilezione su questa casa ed una maggior corrente di simpatia pei Salesiani da parte della cittadinanza, ma può anche rendere molto penosa la loro situazione.

» Affinché pertanto non debbano sottostare a gravi strettezze e non debbano veder fallire la loro opera per mancanza di mezzi materiali, è mio dovere pregare, esortare, scongiurare non solo i Cooperatori, ma tutte le persone dabbene ad aiutarli in tutti i modi possibili. Oltre le offerte in danaro, saranno ricevuti con riconoscenza anche mobili, arredi sacri, arredi per scuole, quanto può essere necessario per il primo impianto di una casa. Solo col vostro aiuto, o benemeriti Cooperatori, potranno i Salesiani dar prova anche in Cagliari del loro zelo mirabile per la salvezza della gioventù ».

La nuova casa si è inaugurata il 21 novembre e noi siamo certi che l'aiuto dei buoni Cooperatori Cagliaritani non le verrà meno.

PARMA. -- L'inaugurazione della Scuola di Religione. - La sera del 9 novembre, ebbe luogo in una delle splendide sale dell'Episcopio l'inaugurazione della Scuola di Religione che entra nel ventesimo sesto anno di vita. Presenziava Sua Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescovo, circondato da molti membri del clero e del laicato cattolico. Il pubblico era numeroso e per la massima parte costituito da allievi della fiorente scuola vescovile, fra i quali alcuni degli anziani, primo fra tutti l'on. Micheli. Il direttore della Scuola prof. don Paolo Lingueglia presentò con acconce parole l'oratore ufficiale il conte Dalla Torre, nuovo presidente generale dell'Unione popolare e direttore della Libertà di Padova, il quale tenne applauditìssimo il suo discorso, su Contardo Ferrini. « Scopo evidente - scrive la Gazzetta di Parma - era di presentare ai giovani un esempio lampante della piena compatibilità tra fede e scienza, come smentita ai moderni anticlericali, che fanno della scienza una bandiera atta a trascinare le folle ignoranti contro tutto ciò che dalla fede prende le mosse per l'instaurazione della società.

» Contardo Ferrini, nella sua vita di fanciullo, di studente e di professore, fu sempre esempio di grazia, gentilezza, bontà, studio, ammirato dai compagni, dai superiori, dagli alunni per le doti non comuni, quantunque sempre avesse mostrata grande ritrosia a farsi conoscere. All'ingegno non comune, allo studio elevato, univa una sincera pietà, tanto che i conoscenti lo avevano soprannominato il San Luigi del Collegio Borromeo. In breve eccelse con le doti del suo intelletto, sì che a ventiquattro anni era professore d'Università e passò di trionfi in trionfi con le innumerevoli pregevolissime opere sue in patria e all'estero, sì che ottenne una borsa di studio a Berlino, gli fu aggiudicato il premio dei Lincei e guadagnò tale stima da far dire al Mommsen che il secolo XX per gli studi giuridici, sarà il secolo di Ferrini.

» Orbene, questo illustre faro delle scienze giuridiche, morto il 17 ottobre 1902, vale a dire a soli 43 anni, essendo nato il 6 aprile del 1859, ritorna a far parlare di sè in modo straordinario, ora che è in corso la causa della sua beatificazione. Il Dalla Torre trae da questo l'occasione per eccitare i giovani ad imitare il dotto professore che con la sua vita intemerata e di studio è la più bella prova che non esiste affatto antagonismo fra scienza e fede, fra natura e fede, chè anzi si completano a vicenda ed entrambe conducono a Dio.

» Termina applauditissimo dicendo che come il Mommsen ha profetizzato per ciò che riguardava la scienza giuridica, Pio X, il papa che aveva dallo stesso Ferrini preconizzata la nomina all'altissima carica, ha iniziata la causa della beatificazione dicendo: Ferrini sarà il santo del secolo ventesimo. ».

Dopo il Conte Dalla Torre dissero brevi parole i signori Varese, Tommasinelli e Gambigliani Zoccoli, incoraggiando i compagni a frequentare la scuola senza timori, persuasi di compiere null'altro che il proprio dovere di cristiani e credenti.

Per ultimo Sua Ecc. Rev.ma l'Arcivescovo riaffermando l'amore suo per questa gioventù fiera delle sue pratiche cristiane, la incoraggia a frequentare i vari corsi con assiduità, amando la religione come la vita della loro vita, prendendo ad esempio Contardo Ferrini e cercando di fare profitti in quella vera scienza, per diventare buoni cristiani e ottimi cittadini.

All'Estero.

TRIESTE. - All'Oratorio Salesiano. - Sette missionari di quattro differenti nazionalità furono sul principio dello scorso mese di novembre ospiti dei nostri confratelli di Trieste: « e per onorare questi umili apostoli della Fede - così l'Unione locale - l'Oratorio Salesiano improvvisò un trattenimento... Aprirono la bella serata sentite e commoventi parole del Direttore, il quale dando il saluto e l'augurio fraterno ai giovani missionari, si rallegrò coi triestini che vedevano per la prima volta partire dal loro porto questi zelanti figli di Don Bosco, mentre pel passato questo vanto l'ebbero solo Genova, Marsiglia, Barcellona, l'Havre e Bordeaux. Invitò i giovani oratoriani e gli amici dell'opera salesiana, presenti al trattenimento, a voler applaudire a quelle anime generose, che, abbandonata la famiglia, la patria e anche le agiatezze, solcano i mari sitibonde solo della salute delle anime, incuranti dei pericoli, dei disagi, delle privazioni e forse d'una morte prematura, ed esortò tutti a pregare per loro, perchè felice fosse il viaggio ed abbondante la messe alla quale hanno dedicato tutta l'energia della mente e del cuore. Queste parole, dette con calore e sentimento toccante, furono lungamente e calorosamente applaudite ».

I sette missionari partirono il giorno 4, parte per l'India e parte per la Cina.

OSWIECIM (Austria). - Inaugurazione di un nuovo edifizio dell' Istituto Salesiano. - L' imponente cerimonia si compì il 29 ottobre da S. E. il Principe Vescovo di Cracovia, Mons. Adamo Lapieha. Accompagnata dal Clero locale e dei dintorni, S. E. venne accolta festosamente dall'Istituto al completo e dalle Autorità locali Governative e Scolastiche; e, com'ebbe celebrato il S. Sacrifizio, procedette alla cerimonia, nella quale rivolse al popolo accorso in gran numero queste parole: « Volli venir qua per conoscere di presenza questa casa benedetta, di cui tanto aveva sentito parlare, questa casa in cui centinaia di giovanetti imparano ad amare Dio, la religione e la patria, e nel medesimo tempo a guadagnarsi un pane onorato e degno dell'alta dignità dell'uomo. Considerando come essa sorse dalle rovine in così breve tempo, e, ad onta di innumerevoli difficoltà, tanto vasta e maestosa, noi vi scorgiamo un nuovo tratto amorevole della Divina Provvidenza, la quale, come in altri tempi, anche nei nostri suscitò uomini generosi per soccorrere la umanità nei suoi bisogni e prestarle un rimedio efficace ai suoi mali. Oggi il male peggiore che rode la società è l'abbandono della gioventù, è la somma negligenza con cui viene istruita nei suoi doveri religiosi e sociali cattolici. Ed ecco sorgere un povero sacerdote, l'immortale D. Bosco, che colla unica ricchezza della fede e della carità di Dio nel cuore, fonda istituti, per venire in soccorso della civile società. L'Opera di Dio cresce, valica le Alpi e viene fino a noi, e noi già godiamo dei suoi frutti benefici. Ed io sono ben lieto di avere questo Istituto nella mia diocesi. Oh! che tutte le benedizioni, implorate nelle orazioni delle sacre cerimonie che si svolsero sotto i vostri occhi, discendano copiose dal trono dell'altissimo Iddio e fecondino l'Opera che qui si compie. Faccio pure ardentissimi voti che l'Opera di D. Bosco vada sempre più diffondendosi nelle nostre terre e moltiplichi anche tra noi quei frutti e quelle benedizioni di cui in tanta copia godono già altre nazioni. Auspice ne sia la mia pastorale benedizione ».

Seguì la messa solenne, celebrata dal prelato Wadolny di Cracovia, con discorso del Direttore della nostra Casa di Vienna. Nel pomeriggio la banda, accompagnata dall'orchestra, eseguì un bel concerto ed alla sera ebbe luogo una rappresentazione drammatica.

L'augusto Principe Vescovo prese commiato vivamente commosso e profondamente ammirato dai confidenziali rapporti che passano, nel sistema educativo di D. Bosco, tra alunni e superiori.

BAGÉ (Rio Grande do Sul, Brasile) - Il 7 settembre, giorno di festa patria, si commemorò solennemente nel Collegio Salesiano con un trattenimento accademico. Presiedeva il Generale Comandante della 3a Brigata di Cavalleria, signor Giovanni Giuseppe da Luz, il quale il dì appresso faceva tenere al direttore dell'Istituto queste impressioni:

« Oggi che il mio spirito è libero dalla giusta emozione di ieri, in assistere alla festa patriottica a me dedicata da cotesta Casa d'educazione, di cui Ella è degna e rispettabile guida, vengo a rinnovarle vivissimi ringraziamenti e l'espressione della più alta stima e venerazione che tutti loro si meritano da me per la gentilezza di questa testa scolastica, patriottica ed educatrice della gioventù del mio paese. È una educazione impartita con intelligenza, senza pretese, e giusta orientazione di valore e disciplina, di cui tanto abbisogna il nostro popolo. La disciplina bene intesa, secondo la parola suona, non è privilegio del militare, deve anzi penetrare lo spirito di tutta la nazione, la quale darà prova in simil guisa della sua educazione civile e del rispetto alle leggi che la governano. La sicurtà di tale educazione, così come la vidi ieri impartita alla gioventù affidata all'ottima istruzione dei ragguardevoli Salesiani del Collegio di N. S. Ausiliatrice, fondato da tempo in questa città, non potrebbe essere migliore, nè di più potrebbero desiderare i genitori di questi piccoli patrioti in formazione. Rinnovo perciò a V. R. un amplesso di gratitudine e desidero che lo trasmetta a tutti i suoi degnissimi compagni di lavoro ed a cotesta gioventù, degna della terra che li vide nascere. Chiudo questa mia, facendo voti alla Divina Provvidenza, perchè continuino i degni Salesiani, qui nel Brasile, a compiere la loro santa missione di educatori della gioventù. Gli eccellenti risultati che se ne hanno sono più che sicuri, perchè dal loro insegnamento così impartito derivano il rispetto e la morale, che sono i principii primordiali dell'educazione della, gioventù di una nazione. Continui la Società Salesiana con passo fermo e sicuro nella grandezza del nobile destino che Dio le ha affidato! »

SANTIAGO (Chilì) - li 25 settembre nel Collegio del Patrocinio si svolse una festa ginnastica alla presenza del Gen. Soto Salas rappresentante il Ministro d'Italia, di Mons. Vagni, Segretario dell'Internunzio e di altri distinti personaggi. Il trattenimento si aperse colle note dell'inno nazionale; quindi seguì lo svolgimento del ricco programma. Di splendido effetto il giuramento alla bandiera, una danza ginnastica e la sfilata d'onore.

- L'8 settembre, 7° anniversario della Incoronazione dell'Immagine di Maria SS. Ausiliatrice venerata nell'annesso Santuario, al mattino Pontificò S. E. Rev.ma. Mons. Claro e nel pomeriggio S. E. Rev.ma Mons. Izquierdo benedisse il vessillo del Circolo degli Ex-allievi, che s'intitola da Camillo Ortúzar. Il compianto Don Camillo Ortúzar era un eminente ecclesiastico cileno, che, attirato dalla fama di D. Bosco, venne a visitarlo, e docile alla parola di Lui che gli prometteva pane, lavoro e Paradiso, si rendeva Salesiano, recando alla nostra Pia Società il contributo della sua esperienza e del suo chiaro ingegno, e gli esempi delle più elette virtù.

COLONIA VIGNAUD (Rep. Argentina), - Splendida oltre modo è riuscita la novena in preparazione alla solennità della Madonna del Rosario. Tutti i giorni alle due prediche del mattino e della sera accorse una folla straordinaria di buoni campagnoli, sui loro barocci, da otto ed anche da dieci leghe all'intorno: da Brinkman, da San Pedro, da Portefia, da Aldao, dalla Bicha ecc. ecc.

Fu una vera manifestazione di fede verso la gran Madre di Dio. Il giorno della festa fu un trionfo. Le Comunioni distribuite furono novecento. Grandiosa la processione nella quale si portò in trionfo la statua della Vergine Ausiliatrice fra cantici e lodi e il suono della banda del Collegio Salesiano. Giova notare che alla processione presero parte tutti . quanti in devotissimo contegno, e non vi fu neppur uno che facesse la parte di semplice spettatore.

Sia lode a quei buoni contadini, e sopratutto sia lode alla signora Anna Vignaud ed alla famiglia Passadore, che furono promotrici della festa.

ROSARIO (Rep. Argentina). - Per la buona stampa. - Il 13 ottobre il Collegio S. José fu affollato di pubblico accorso per assistere allo svolgimento di un programma lirico-letterario, al quale presero parte numerosi Ex-Alunni di Don Bosco e gli alunni del collegio. La festa era stata organizzata allo scopo di promuovere una colletta « pro buona stampa », la quale risultò assai abbondante.

La franchezza degli attori e la scelta musica strapparono lunghi e frequenti applausi.

Nella stessa occasione si rinnovò il Consiglio direttivo della Società degli Ex-Alunni come segue.

Presidente : Bartolomé Morra - Vice-Presidente : José Suàrez - Segretario : Guillermo Díaz - Pro-Segretario : Alfonso Carrone - Tesoriere Roberto Beltramino - Consiglieri : José Cantini, Juan Locelso, Francisco Vijande, Luis Giovanoni, Juan R. Ortiz, Miguel Carrone.

NECROLOGIO

Il Card. Alfonso Capecelatro.

Arcivescovo di Capua e Bibliotecario di S. R. C., pel suo ingegno, pei suoi scritti, per la sua dolcezza e per la sua pietà fu una gloria purissima della Chiesa e un fulgido ornamento del Sacro Collegio. Nella grandezza del suo cuore fu pure ammiratore entusiasta di Don Bosco e dell'Opera sua. « L'apostolato di Don Bosco - egli scriveva - che per molti rispetti rassomiglia a quello del mio amatissimo S. Filippo, si estende ora mirabilmente in tutta la Chiesa del Signore. È un apostolato popolare e assai confacente ai nostri tempi, del quale vediamo già frutti ubertosi...» Altra volta, inneggiando allo scopo e al carattere della Pia Società Salesiana, soggiungeva: « Faccia Iddio che il bene di questo Istituto in cui perennemente aleggia lo spirito del mio S. Filippo, si centuplichi di anno in anno!... Che la Chiesa di Gesù Cristo si rallegri delle opere di questi zelanti Religiosi, i quali sì bellamente uniscono lo spirito del Salesio con lo spirito del gran Santo Fiorentino ».

Che il Venerabile D. Bosco e San Filippo Neri dicano all'anima angelica dei piissimo Porporato tutta la nostra riconoscenza!

Era nato il 5 febbraio 1824; morì il 14 novembre u. s.

Can. D. Giovanni Cicerchi.

Canonico Teologo della Cattedrale Basilica di Loreto, era una cara figura di sacerdote, amabile, colto, zelante. Oratore facile ed efficace, bandì con frutto la divina parola. Cuor grande e generoso, esultò all'entrata dei Salesiani in Loreto, e amò essere decurione dei nostri Cooperatori.

Cólto da improvviso malore, rendeva la sua anima a Dio il 16 novembre u. s. in veneranda età. Una prece per l'anima sua.

Don Domenico Tomatis SALESIANO.

Fu uno dei dieci primi Missionari inviati da D. Bosco in America nel 1875. Fino al 1887 lavorò con gran zelo nella Repubblica Argentina, quindi passò al Chilì, ove fondò e diresse più case, sempre amato e stimato da tutti. Volò al cielo l'8 ottobre u. s.

Le lunghe sofferenze dell'infermità che lo trasse alla tomba e i meriti accumulati in tanti anni di apostolico ministero gli aprano, insieme con i nostri suffragi, le porte del regno celeste.

Era nato a Trinità di Mondovì il 23 settembre 1849.

Rosa Porta ved. Rossino.

Rendeva l'anima a Dio il 1° giugno p. p.

La lunga vita dedicata alle cure della numerosa famiglia ed alla cristiana pietà ne fece una madre esemplare: il suo zelo costante per le opere salesiane di Trino Vercellese e l'improvvisa sua dipartita la raccomandano ai nostri particolari suffragi.

FACCIAMO particolari suffragi per i seguenti, defunti dal 1 ° aprile al I ° ottobre 1912.

Gambuzza canonico Calogero - S. Cono. Gauzetti Francesco - Albate. Garelli Preve Maria - Mondovì. Gerardi prof. Pietro - Cammarata. Gherardini ing. Teodoro - Genova. Ghione Carlotta - Feissoglio. Giacone Maria ved. Liprandi - Torino. Giordano Marianna Piglione - Chieri. Giraudo Chiaffredo - Famolasca. Goggi D. Giuseppe - Cervesina. Gola avv. cav. Giuseppe - Torino. Grandis teol. Giovanni - Torino. Guala Francesca - Orsara Bormida. Gueriuoni Lucia fu Andrea - Gorno. Lai Camba Nunziata - Teulada. Li Castro D. Michele - Palermo.

Longiani Carlotta ved. Padovani - Verona. Lorenzetti Domenico - Artogne. Lunetta Francesco - Caltanisetta. Mangili Giuditta - Grumello del Monte. Mantello Felicita - Cherasco. Marchiori Regina - Vicenza. Massimino march. Luigi di Ceva - Torino. Mazzoleni Giovanna - Corna S. Simone. Meda Domenico Felice - Pinerolo. Mezzapelle suor Angela - Marsala. Misnetti Paolo - Albino. Molli Boffa avv. G. - Torino. Molteni Rosa ved. Canali - Cabiate. Monetti Luigia - Vedano Olona. Montersino D. Gio. Batt. - Cherasco. Morguoni Carlo - Genova. Mulas Tului Emilia - Tortoli. Mulasso Lucia - Lanzo Torinese. Musmedi Ignazio - Acireale. Mussano Teresa - Caluso.

Nardini Giovannini conte Antonio - Urbino. Nicoli Rosina m. Cabrini - Gorno.

Noseda suor Giuseppe - S. Mauro Torinese. Nuzzo Giulia - Sliema (Malta). Oliva Vincenza - Palermo. Oro Giammaria - Minerbe. Ozino Luigi - Lessona. Pagliano Carolina - Rosignano. Patti Antonino - Sciara. Perlo Clemente - Santena. Pennino (monsig.) - Palermo. Perrone Maddalena - La Loggia.

INDICE

Articoli e documenti,

Il nostro Rettor Maggiore, pag. 1.

Lettera del Rev.mo D. Paolo Albera (1° gennaio 1912), 2.

L Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1911, io.

La Benedizione del S. Padre alla nostra azione per gli emigrati, ii.

Del Sistema educativo di D. Bosco : « Profitto e bontà » o del criterio seguito dal Venerabile nel premiare, 13.

La missione della donna cattolica, 33. I circoli sportivi cattolici, 35.

Onoriamo S. Giuseppe, 65.

In memoria di Mons. Fransoni, 66. Oremus pro Ponti face, 68.

A Sua Ecc. Rev.ma Mons. G. Cagliero, 97.

Nel II° Anniversario della morte di D. Rua, 98. Il Santuario di Maria Ausiliatrice, 129. Per il monumento a D. Bosco, 54, 131, 187. Giubileo d'argento della Chiesa del S. Cuore di

Gesù in Roma, 161.

Sinite parvulos venire ad me, 173.

Discorso del S. Padre ai fanciulli Francesi che hanno fatta la Prima Comunione, 174.

Pel Centenario della proclamazione della pace della Chiesa, 193

Un saggio di educazione cristiana dei fanciulli: i) il metodo, 225 - 2) l'avviamento 257 - 3) i frutti, 290.

A difesa e protezione degli Indi: Lettera Enciclica di Papa Pio X ai Vescovi dell'America Latina, 262.

Nuovi Missionari Salesiani, 289, 331

Il Culto dei Trapassati, 321.

I Giardini della Fede o gli Oratori festivi (da un

discorso dell'Avo. Carlo Bianchetti), 327.

Nel Natale di Gesù, 353.

Salviamo la gioventù (Discorso del Sac. Dott. Giuseppe Bertello), 359.

Il Sig. D. Albera:

Nell'Inghilterra e nel Belgio, 168, 204. In Emilia e in Toscana, 209, 231.

Lettere di Famiglia,

Dal Sud America : Gara di carità a beneficio del

nuovo Istituto Salesiano, 16.

Dalla Colombia: Le Scuole dell'Asilo a Michele

Unia », 104.

Dal Perù : Il terremoto di Piura, 355.

Altre notizie.

Dalle terre dei nostri Emigrati: Repubblica Argentina ; Uruguay e Paraguay, 40.

In onore di S. Francesco di Sales, 73, 101.

Gioie di famiglia: Le Nozze d'oro Sacerdotali di

Mons. Giovanni Cagliero e di due altri Figli di

Don Bosco, 132, 165, 300.

Un Breve del S. Padre a Mons. Cagliero, 165. Un Breve del S. Padre a Mons. Fagnano, 166.

Il XXV delle Fondazioni Salesiane nella Patagonia Meridionale, nel Chilì, nell'Inghilterra

e nel Belgio, 165.

In memoria di D. Beltrami, 136.

Alcuni fatti ascritti all'intercessione di Don Bosco, 138, 265.

Un'opera caritatevole, 201.

La festa di S. Giovanni Battista a Valdocco, 203. La VI° Adunanza dei Direttori Diocesani, 264, 294. Chiese e monumenti in onore di Maria Ausilia

trice, 268, 306.

La morte di quattro missionari, 269. Il Congresso Eucaristico di Vienna, 343.

Spigolature (da libri, giornali e riviste). Omaggi a D. Bosco e al suo sistema educativo;

l'Opera sua e dei suoi Successori, 37, 69. 356.

La memoria di D. Bosco: al 20 Congresso per i Minorenni - Alla Settimana Sociale di Venezia - Al Congresso Eucaristico di Vienna, 324.

Dalle Missioni.

Brasile: Tra i Bororos del Matto Grosso: Macchiette caratteristiche (chi. Luigi Pessina), io6 - id.: Una visita alle Colonie; Un'escursione al Rio das Mortes; Battesimi e Matrimoni (ch. Luigi Pessina), 270, 304 - Un viaggio di esplorazione al Rio Vermelho (Giov. Batt. Couturon), 361.

Cina: Da Macao ad Heung-Shan (D. Luigi Versiglia), 76 - La nuova residenza di Ngan-Hang (D. Luigi Versiglia), 177 - La prima visita alla capitale del Distretto di Heung-Shan, 333.

Congo Belga: La nuova fondazione di Elisabethville (D. Giuseppe Sak), 184 -- Ved. 43, e 148.

Indie: Il IVO Congresso Eucaristico a S. Thomé de Meliapor, 237.

Repubblica Argentina: L'Opera di D. Bosco in Patagonia, (D. Domenico Milanesio), 19 - Le Missioni Salesiane al Sud della Repubblica Argentina e del Chili nel 1911, 22. - In una borgata di Araucani (D. Domenico Milanesio), 44. - Una missione di dieci mesi attraverso la Patagonia (D. A. Pestarino), 338 - Una missione di 6 mesi, 307 - Un'altra escursione apostolica, 338.

Terre Magellaniche: Folk-lore fueghino: Indi Onas, 44, 79 - Indi Hauss, 143 - Indi Yagan, 144 - Indi Alacaluf, 238 - Dalla Candelaria e da S. Inés, 214.

FIORI E FRUTTI (dalle memorie dei nostri Missionari): I) Annuy-car, o un'accoglienza inaspettata, 19. II) Una sepoltura cristiana, 83. III) Una visita al distretto di Hoi-Fong in Cina,

III.

IV) Il vecchio Kón degli Onas, 214.

Spigolando o In fascio : Puntarenas, 21 - Durante una traversata; Una visita alla Missione della Candelaria, 116 - I Missionari del Congo Belga; Dal Matto Grosso, 148 - La posa della ,a pietra del Tempio di Maria Ausiliatrice a Cuyabà; Una nuova Cappella; Ció che fanno i Missionari; Dal Diario di una lebbrosa, 306.

li Culto di Maria SS. Ausiliatrice.

Le feste titolari nel Santuario di Valdocco, 183, 1117, 149.

Echi della festa titolare, 242, 245, 279.

Nuove chiese e cappelle: Mornax, Guayaquil, 49. Feste e date memorande: Montevideo, 85 - Bolzaneto, 309-Rodeo del Medio, 339 - Chieri, 372. Grazie di Maria Ausiliatrice e graziati, 23, 49. 85,

118, i5o, 185, 216, 246, 279, 309, 339, 372.

Un nuovo favore al Santuario di Valdocco, 49.

Le meraviglie del Culto di Maria Ausiliatrice nel

Messico, 277.

Note e Corrispondenze.

Il Presidente del Brasile nel Collegio Salesiano di Nictheroy, 53.

Ossequioso omaggio al Card. Rampolla, 89. A Valsalice, 89, 313.

Nuovi Vescovi, 154.

Nuovi Direttori Diocesani, 154.

Traslazione delle reliquie di S. Francesco di Sales e di S. Giovanna di Cliantal, 249. Ringraziamenti, 282.

Conferenze, 73, 101, 243, 245, 279, 282. Carità squisita, 346.

Dolorosa notizia, 346.

A Valdocco, 122, 154, 200, 282, 346, 377.

Gli ex-allievi. Nella Federazione fra le Società, Unioni, e Circoli degli Ex-Allievi, 53.

Per il Monumento a D. Bosco, 54, 131, 187. Torino, Milano, Savona, Santiago, 54.

Spezia, Caluso, Firenze, Bologna, Mogliano Veneto, Bogotà, 220.

Milano, S. Benigno Canavese, 313. Legnago, Novara, 347.

Convegno Regionale Ex-Allievi, 377.

Tra gli Emigrati. Lorena, Rio de Janeiro, Barbacena nel Brasile, 189.

Liegi, 346.

Dalle terre dei nostri Emigrati (ved. sopra), 40.

Tra i figli del popolo. Birchircara, Bologna, Roma-Testaccio, Trieste, 27. Torino-Valdocco, Torino-Martinetto, Perosa Argentina, Alassio, Roma, Catania, Trieste, 57. Caluso, Nizza Monferrato, Catania, Milano, Figline,

Sliema-Malta, Cordoba, Valparaiso, 89. Casalmonferrato, Gorizia, Trieste, 122. Roma, 154.

Torino, Alessandria, Foglizzo Canavese, Trino Vercellese, Treviglio, Borgo S. Donnino, Alassio, 187.

S. Pier d'Arena, Spezia, Napoli, Loreto, Sansevero, Catania, Livorno, Lanusei, Malta, Trieste, 24.9. Torino, Treviglio, Savona, Novara, Pisa, Napoli, Lugano, 283.

Palermo, Foglizzo Canavese, Genzano di Roma Spezia, Bologna, Malta-Sliema, 315. Napoli, Trieste, 348. Livorno, Trino, Sliema-Malta, 377.

Notizie varie.

IN ITALIA:

Bagnolo, 93 -Cagliari, 378- Conegliano Ven., 317 - Cuorgnè, 1go - Druogno, 318 - Ferrara, 61 - Firenze, 93. 155 - Intra, 252 - Lu Monferrato, 317 - Marina di Pisa, 123 - Milano, 123, 19o -Nizza Monf., 60, 93, 155 - Parma, 155, 378 - Randazzo, 94, - Roma:, 94, 123, 156, 235, 284 - S. Vito al Tagliamento, 157, 317 - Torino-Valdocco, 60, 124 - Varazze, 286 - Venezia, 254.

ALL'ESTERO:

Alessandria d'Egitto, 123, 287 - Asunción, 61, 348 - Bagé, 38o-Bahia, 30 - Bahia Bianca, 349 - Barcellona, 125 - Betlemme, 28, 349 - Bogotà, 31, 62, 159 - Buenos Aires, 30, 349 - Colonia Vignaud, 381 - Gorizia, 158 - Granada, 190 - Ibagué, 159 - La Paz, 62 - La Serena, 126 - Lima, 318 - Lorena, 348 - Manga, 159 - Messico, 349 - Montevideo, 30 - Oswigcim, 380 - Puntarenas, 62, 94 - Rosario, 381 - S. Tecla, 126 - Santiago, 380 - Sarrià-Barcellona, 287 - Sucre, 30 - Talca,

126 - Trieste, 157, 379 - Vienna, 94.

Necrologio e Cooperatori defunti. Pag. 31, 62, 95, 126, 191, 255, 287, 318, 350, 381.