BS 1890s|1898|Bollettino Salesiano Giugno 1898

Bollettino Salesiano

SOMMARIO DI GIUGNO 1898

La DIVOZIONE AL S. CUORE DI GESù   , pag. 147 NUOVI TRIONFI DELLA FEDE E DELL'AMORE nella Solennità della Madonna di D. Bosco e nell'Ostensione della SS. Sindone . .

IL DECIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON BOSCO . 154 MISSIONI: - BRASILE: La Missione del Matto Grosso 156 I SALESIANI IN SARDEGNA    158

NECROLOGIA    160

NOTIZIE VARIE    151

BIBLIOGRAFIA    162

COOPERATORI DEFUNTI   . . 163

ILLUSTRAZIONI: -La Chiesa Metropolitana di Torino, pag. 143 - Camera ove morì D. Bosco, 148 - La SS. Sindone, 151.

La divozione al S. Cuore al Gesù

SCORRE in Egitto, nella classica terra dei Faraoni, un fiume celebratissimo in tutta l' antichità per la lunghezza pressochè sterminata del suo corso (circa 6000 km.) e per la feracità straordinaria delle sue acque. È desso il Nilo . Eppure questo re dei fiumi non è al principio che un sottilissimo fil d'acqua, scaturente da' laghi equatoriali del centro dell'Africa. Ma questo fil d'acqua ingrossa di mano in mano che s'avanza nel suo corso. Traversante angustissime valli e fra alte sponde, che paiono interamente incassarlo, lo si direbbe talvolta quasi scomparso. Ma eccolo tosto ricomparire più ingrossato di prima. Invano tentano ostruirne il passo formidabili roccie e cocenti arene. Combattuto, ma non mai arrestato, prosegue il suo cammino, finchè, cresciuto in immenso fiume, spande per l'Egitto, a periodiche inondazioni, le sue benefiche acque, le quali, riunite in due distinti bracci, vanno finalmente a riversarsi per due grandi bocche nel Mediterraneo.

Il Nilo è anzi tutto, o benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, un'immagine del Cristianesimo, che sorto da umili e deboli principi, contrastato e combattuto in mille modi, pur si è a poco a poco allargato in un immenso fiume così da allagare colle sue benefiche acque tutta quanta la terra. Guai per l'Egitto se non fosse del Nilo! Il più fertile paese del mondo si ridurrebbe ad un arido deserto. Ma guai pure se non fosse il Cristianesimo, poichè il mondo intero tornerebbe agli orrori e alle brutalità del paganesimo. Ma il Nilo è ancora un'immagine delle divozioni, rampollanti dal Cristianesimo, e segnatamente della divozione al Sacro Cuore di Gesù. Che cosa era questa divozione nelle sue origini? Piccolissima cosa, nulla anzi agli occhi del mondo. Poche novizie del monastero della Visitazione di Parais-le-Monial, nella Francia del Sud, desiderano celebrare, come meglio sanno, l'onomastico della loro maestra Margherita Alacocque, che in quell'anno 1685 cadeva in venerdì, e celebrarlo nel modo che riuscisse il più gradito a quell'Apostola: del Divin Cuore, ora elevata agli altari. E poichè nulla hanno a questo pietoso intento, neppure un'immagine del S. Cuore, pigliano un foglio di carta, vi delineano alla meglio con penna ed inchiostro un cuore tutto infiammato , circondato di spine, sormontato da una croce, con in mezzo la parola caritas e nell'intorno i nomi: Jésus, Maria, Joseph, Anna, Joachim. Ebbene quella semplicissima immagine, che tuttora si conserva nel Monastero della Visitazione di Torino, doveva essere il principio di quel largo e universale culto, che vediamo ora tributato al S. Cuore di Gesù; quella festicciuola di famiglia preannunziava tutte quelle solenni e grandiose manifestazioni, a cui noi oggi assistiamo. Fu. desse il granello di senapa del Vangelo che, nello spazio di poco più di 2 secoli, crebbe in un immenso albero, si allargò in ampie e salutari fronde, ed omai raccoglie sotto la sua benefica ombra tutta quanta la famiglia di G. C. La divozione al S. Cuore dal Monastero di Parais-le-Monial si estese in breve a tutti gli altri monasteri della Visitazione della Francia, anzi a tutta quella generosa nazione. Di là si propagò in Italia, nella Spagna, nel Portogallo, nella Polonia, nella Germania e a poco a poco per tutta l'Europa, donde, proseguendo sempre il suo corso trionfale, penetrò nell'America, s'inoltrò in molta parte dell'Asia, s'avanzò col progressivo avanzarsi del Cristianesimo nell'Africa ed estende attualmente la sua fortunata influenza in molte regioni eziandio dell'Oceania. E non è a dire che le mancassero ostacoli, opposizioni, guerre d'ogni genere; tutt'altro. Anzi poche divozioni trovarono tanti contrasti alla loro propagazione, quanti ne incontrò la divozione al S. Cuore. Ma Gesù aveva assicurato l'umile e santa Salesiana che il suo Cuore avrebbe regnato malgrado le contraddizioni, e la parola di Lui ebbe tutto il suo avveramento. Siccome poi la vitalità, che avviva questa divozione, ha la sua forza nella vitalità stessa del Cristianesimo ed in questo sta tutta la sua ragione di essere e di propagarsi, così noi vediamo in breve sorgere in tutte le parti del mondo cappelle, chiese, ordini religiosi, confraternite, associazioni di pietà dedicate al Sacro Cuore di Gesù ; e le vediamo con una varietà ammirabile ed uno zelo il più industrioso, immortalarne l'opera, eternarne l'istituzìone. La festa stessa del S. Cuor di Gesù, che due secoli or sono si celebrava solo in alcune diocesi e con la Messa comune della Passione, a poco a poco si propagò a tutta la Cattolicità, fu elevata a doppio di prìma classe e dotata di Messa e ufficio proprio.

Ora, ciò posto, che cosa dobbiamo fare noi, o cari Cooperatori e Cooperatrici, per onorare degnamente il S. Cuore di Gesù, sopra tutto in questo mese a Lui consacrato? Qual è il fine vero e fondamentale di questa divozione, e quali i mezzi per arrivarvi? Anche qui, come in ogni altra cosa, dobbiamo ricorrere alla Chiesa, nostra madre, penetrarne le intenzioni, ascoltarne le parole e farle oggetto d'una pratica fedele e costante. Guai se noi volessimo attenerci al nostro privato giudizio e secondare i sentimenti nostri personali, anzichè gl'insegnamenti. di colei, che Dio nella sua bontà ci diede a guida e maestra della vita! Correremmo pericolo di falsare la più santa delle divozioni e di far servire a sfogo d'amor proprio quel che è e deve ispirarsi soltanto a vera e sincera umiltà cristiana. Orbene la Chiesa, nell'approvare la festa, la messa e l'ufficio del S. Cuore, dice di volerlo fare « perchè i fedeli sotto il simbolo del SS. Cuore ricordino ed onorino più divotamente, più fervorosamente e con maggior vantaggio spirituale l'amore, dimostratoci da Gesù Cristo nella sua Passione e Morte e nell'istituzione della SS. Eucaristia ». La Passione adunque e l'Eucarestia, che sono le due più grandi manifestazioni dell'amore di Gesù verso di noi, debbono essere, nelle intenzioni della Chiesa, l'oggetto specialissimo, la nobile meta, i due grandi ideali di un vero divoto del S. Cuore di Gesù.

Procuriamo pertanto, o cari Cooperatori e Cooperatrici che sempre, ma specialmente nel mese di giugno, la Passione di Gesù sia fissa nella nostra mente, parli sulla nostra lingua, viva nel nostro cuore. Procuriamo che le nostre comunioni siano più fervorose e più frequenti. Siccome poi è proprio della vera e santa amicizia far suoi i dolori, le pene dell'amico, così noi, da veri divoti del S. Cuore di Gesù, offriamo comunioni e preghiere a riparazione dei tanti insulti che Egli riceve, e a sollievo delle tante pene, ond'è amareggiato. reggiato. E poichè D. Bosco ci lasciò a ricordo e come per testamento la sublime massima « ad Jesum per Mariam » così procuriamo di mostrarci anche in questo degni figli di quel nostro buon padre, chiedendo cioè a Maria Ausiliatrice, di cui abbiamo or ora terminato il mese, che ci accompagni Essa stessa, ci guidi come per mano al suo Divin Figlio, o procurando che la divozione a Maria Ausiliatrice e la divozione al S. Cuore di Gesù costituiscano per noi una sola e medesima cosa, siano la meta costante delle nostre aspirazioni e dei nostri affetti, il nostro sostegno in vita e il nostro conforto al punto di morte.

NUOVI TRIONFI DELLA FEDE E DELL'AMORE Memoria delle solennissime feste torinesi nel 1898

FEDE ed AMORE sono le sole parole che ci sembrano atte a darci un'adeguata spiegazione dei tanti portenti, che si operarono sotto i nostri occhi durante gli indimenticabili dimenticabili festeggiamenti dell'Ostensione della SS. Sindone e le solennità di Maria Ausiliatrice, l'amorosissima nostra celeste Patrona. E pareva, come già avevamo annunziato, provvidenziale e naturalissimo che l'Ostensione della SS. Sindone fosse stata fissata dall'11 al 19 maggio, affinchè i recenti trionfi di Gesù Redentore, in quest'augustissimo pegno dell'amor suo verso di noi, precedessero di pochi dì quelli non meno belli, non meno innumerevoli dell' augusta sua Madre, qui nel suo santuario di Valdocco. Ma, quanto sono mai imperscrutabili i disegni della divina Provvidenza! I nostri propositi dovettero modificarsi a cagione dei luttuosissimi fatti, che appunto in quei giorni desolarono gran parte della diletta nostra patria; e - sospesa per ragione d'ordine pubblico l'Ostensione della SS. Sindone - i trionfi della nostra buona Madre ebbero la precedenza L'amabilissimo Gesù parve abbia voluto mostrare con questo fatto ancor una volta la deferenza massima che nutre per la SS. Sua Madre, ai cui trionfi dando la precedenza rese eziandio più splendidi ed ineffabili quelli della sua SS. Sindone, cui volle cominciassero proprio il giorno dopo la festa di Maria Ausiliatrice, il 25 maggio. Quindi A che noi, mentre adoriamo le disposizioni mirabili di Dio, pieni di santo giubilo e con gli occhi ancor bagnati dalle dolci lacrime versate per le consolazioni paradisiache, che ci fu dato gustare nel santuario di Maria Ausiliatrice, diamo prima, seguendo l'ordine cronologico degli avvenimenti, la cronaca dei trionfi della potentissima nostra Patrona.

I. I trionfi della Madonna di D. Bosco.

Il mese dolcissimo di Maria Ausiliatrice fu nel suo santuario un continuo trionfo di fede e di amore per tutti. Frequentatissime le sacre funzioni ed i SS. Sacramenti ; oltre a 40,000 le sole Comunioni: numerose le nuove grazie visibilmente impetrate da questa buona Madre ed innumerabili ì favori spirituali che ne riportarono le anime fedeli. La mente si perde nell'oceano di tante meraviglie e la penna non ha mezzi sufficienti per trascrivere quanto provasi internamente, e noi ci vediamo costretti ad accennare solo alle cose più ovvie e capaci di una pallida descrizione. Però anche per questo intendiamo servirci, per quanto è possibile, delle relazioni che ne diede l'ottimo giornale l'Italia Reale-Corriere Nazionale, perchè costituiscono una nobile autorità per il nostro periodico.

Solennità dell'Ascensione di N. S. Gesù Cristo. - Le funzioni solenni cominciarono il giorno dell' Ascensione di Nostro Signor Gesù Cristo.

Non ostante il diluviare dell'acqua, il concorso fu assai numeroso tanto al mattino che alla sera, di modo che si può dire che la parte del santuario riservata al pubblico fu continuamente zeppa di devoti.

Alla Messa solenne pontificò il nuovo Vescovo di Ivrea, Mons. Matteo Filipello, il quale, con delicatissimo pensiero, volle consacrare il suo primo pontificale all'Ausiliatrice del popolo cristiano e nella pompa maestosa dei vescovili paludamenti offrire la prima volta l'Ostia pacifica all'altare di lei. Scelta la musica, e nella Messa del M.° Capocci a due voci si udirono ritratti i sentimenti di quella profonda divozione che ci penetrava il cuore. Così pure le funzioni della sera: buona musica e soavi armonie ci fu dato ascoltare. Mons. Filipello diede la benedizione col Santissimo al popolo accalcato nel ristretto tempio, e la solennità dell'Ascensione in Maria Ausiliatrice non avrebbe potuto lasciarci più soavi ricordi.

Antivigilia della solennità di Maria Ausiliatrice. - La domenica poi infra octavam, antivigilia della solennità di Maria SS., non ostante il pessimo tempo, vedemmo una fitta ressa di devoti da tener ripiena tutta la chiesa.

Al mattino, continuate le numerosissime Comunioni, e diversi devoti pellegrinaggi fecero visita alla nostra buona Madre. Un alito potente di. fede rifulgeva in tutti i volti e ci parve in certi momenti di trovarci in altri tempi... che ci son descritti più felici dei nostri.

Alle 10, solenne pontificale, celebrato dalL'Angelo della Diocesi Novarese, Mons. Pulciano : la chiesa è tutta gremita e l'organo ci attrae alle sue dolci melodie : i ministri all'altare fanno nobile corona al Vescovo che incomincia il santo sacrificio.

Le parti variabili della Messa sono in canto fermo che dal coro si diffonde severo per tutto il tempio. Al Kyrie la musica si dà subito a conoscere e, continuando le gravi note del canto gregoriano, si appalesa degna del luogo santo. È la Messa Salve Regina del M.° Stelle, melodica e semplice in tutte le sue parti. È eseguita a perfezione dalla ottima scuola dell'Oratorio; quella stessa scuola che due giorni prima aveva dato nella chiesa del Sacro Cuor di Maria splendida prova del suo valore. intanto la preghiera sale da ogni cuore, accompagnando le soavi note, ed il sacrificio si compie, dìffondendo sopra tutti le più elette benedizioni celesti.

Alla sera la stessa pompa, la stessa, anzi maggior affluenza... La fede in Maria Ausiliatrice opera miracoli.... Tutti sentono potente il patrocinio di Maria, e la fiducia cresce col crescere della folla, la quale, incapace ad esser contenuta entro il recinto della chiesa, si schiera sul piazzale, formando una fitta selva di ombrelli dai multiformi colori.

Finiti i vespri e la predica, i cantori incominciano le Litanie Lauretane. La musica è del M.° Attilio Garlaschi, musica armoniosa e seria; è il suono di dolci note che penetranoi cuori e rapiscono: l'esecuzione eccellente. Il Tantum Ergo, pure in musica di bell'effetto nella sua maestosità, è del M.° Bianchini. Mons. Pulciano imparte la benedizione col Santissimo e la calca sfolla a poco a poco sotto una fitta pioggia, la quale però non impedisce alla banda dell' Oratorio esterno di dar concerto presso il Banco di Beneficenza, ed il cortile interno in un momento si riempie di gente che gareggia nell'estrazione dei numeri, non tanto per la speranza di un ricordo, quanto per lasciare sotto questa nuova forma di carità il proprio obolo all' Opera di Don Bosco.

Vigilia della solennità di Maria Ausiliatrice. - Essa abbraccia molte cose degne di nota, perchè tutte preludiano al gran giorno della Madonna di D. Bosco. L'affluire dei divoti si rende più incessante, ed i diversi gruppi di pellegrini si succedono durante la mattina per compiere le loro divozione: notammo tra gli altri uno da Pavia, diretto da Mons. Mariani, che si fermò a tutte le funziòni de' giorni seguenti.

Alle ore 15,30 ha luogo la prescritta conferenza salesiana. La chiesa è tutta riservata ai Cooperatori ed alle Cooperatrici, perfin la parte generalmente occupata dai mille giovani ricoverati nell' Oratorio. Eppure osservando all'intorno, durante il canto dei mottetti d'introduzione, non vi si scorge quasi spazio vuoto e con ragione si può dire che la gente gremisce tutta la chiesa. Oh ! i Cooperatori di D. Bosco in Torino non hanno mai smentita la loro divozione a Maria SS.!

Intanto sale il pergamo il Missionario D. Antonio Debella, il quale con semplicità veramente apostolica intrattiene l'eletto uditorio intorno alle Missioni Salesiane, specialmente l' ultima che è quella del Matto Grosso nel

Brasile. L'argomento è pieno di attualità perche abbiamo tra noi tre abitatori di quella vastissima ragione. La sua parola, piana e semplice, lascia in tutti ottima impressione, e noi daremo un largo sunto della sua conferenza in altra parte di questo numero.

Mons. Mariani di Pavia imparte la solenne benedizione e la scuola di musica ci regala ottimi mottetti ed un bellissimo Tantum Ergo.

Alle 18,30 hanno luogo i primi vespri della solennità, cantati in falso bordone e con il Laudate pueri di Mons. Cagliero ed il Magnificat del M.° Cordans. Il Saepe dum Christi del M.° Pagella, inspirato all' aurea melodia delle sue opere, ottiene una felice interpretazione.

Il giorno della solennità. - Martedì 24, gran giorno della Madonna di Don Bosco, giorno del Miracolo dell'Ausiliatrice, così l'Italia Reale, non può esser degnamente descritto nel breve giro di una cronaca. Per farsene un'idea bisogna aver visto coi proprii occhi, poichè la parola scritta è incapace di riprodurre quanto opera la fede. Basti solo dire che fu proprio il giorno del Miracolo dell'Ausiliatrice di D. Bosco : miracolo pieno di attualità nel fremito potente di fede, che agitava quella massa immensa di popolo, che fin dalle quattro del mattìno invase il sacro tempio; miracolo degno dei primi tempi del Cristianesimo le migliaia e migliaia di sante Comunioni distribuite nella mattinata senza interruzione; miracolo palpabile a chiunque, nella pietà di tutti i molteplici pellegrinaggi venuti da più luoghi e nella maestosità delle sacre funzioni compiutesi; miracolo infine perchè fu provato una volta più che il popolo dei nostri giorni, non è già come ci vien descritto a neri colori da certi arruffapopoli dell' era nostra, miscredente, traviato affatto e che ci vuol tutto per rimetterlo sul retto sentiero... Il popolo ha dimostrato col fatto che quelle son parole di guastamestieri, perchè egli è fedele, e senza la fede non può vivere, e la fede sua viva l'ha addimostrata nell'amore a Maria SS., aiuto del popolo cristiano. Sia benedetta adunque e degna di eterna memoria la giornata del 24 a Valdocco!

Il santuario fu aperto verso le ore 3,30 e ben tosto si trovò gremito di gente. A tutti gli altari furono celebrate S. Messe senza interruzione fino alle ore dieci dai numerosi Sacerdoti, che vennero a dare il loro tributo di figliale omaggio a Maria SS. I confessionali assiepati, la Mensa Eucaristica frequentatissima e la sacrestia invasa da divoti, cui i sacerdoti non valevano a soddisfare. Altri volevano la benedizione della Madonna di Don Bosco, ed era bello vedere inginocchiati a terra uomini e donne, ricchi e poveri, sani ed ammalati che aspettavano il sacerdote li aspergesse dell'acqua lustrale, invocando la potente Ausiliatrice.... Che fede e qual divozione nella benedizione della Madonna di Don Bosco!... Le madri facevano benedire i loro pargoli ammalati, ed un fremito di saluto riempiva quelle membra tenerelle; i tribolati da dolori morali, benedetti, sorgevano raggianti di gioia e risanati nello spirito. Vedemmo persino, portata sopra un seggiolone, per essere benedetta dal successore di Don Bosco, una povera donna incapace a reggersi in piedi. Quanta fede nella benedizione di Maria SS.!

Altri desideravano offrire ex-voti, altri mazzi di freschi ed olenti fiori, altri offerte per il santuario, ed altri volevano far registrare a perpetua memoria le grazie ottenute, perchè vengano pubblicate, a maggior gloria di Maria, nel Bollettino Salesiano, pallida eco delle grazie di Lei Ausiliatrice del popolo cristiano... Un movimento continuo di andare e venire che giungeva alla follia... era la follia dell'amore, alimentata dai miracoli della fede. E questi miracoli commovevano profondamente i sacerdoti, che ne erano lo strumento materiale... Ne vedemmo parecchi con gli occhi imperlati di grosse lacrime.

Ma crescit eundo. Alle ore 9 non è più possibile circolare in chiesa : è una testa sola, e benchè più migliaia i cuori, non formano che un sol cuore, pregano ed attendono esca la Messa solenne: attendono le divine armonie della musica, onde infervorare ancor più i loro già caldi preghi...

Alle 10 il piccolo clero dell'Oratorio - una moltitudine di giovanetti in bianca cotta e devotissimo contegno, guidati dal sacerdote assistente che con tanto zelo li ammaestra nelle sacre cerimonie - si apre un varco tra la folla e si reca, accompagnando ìl Rev.mo D. Rua, sulla porta maggiore del tempio, a ricevere l' Ecc. Arcivescovo : poscia date le benedizioni d'uso, vanno tutti in presbiterio: l'Arcivescovo assiste pontificalmente alla Messa solenne, la quale incomincia alle 10,30... Dalla cantoria partono soavi melodie di preludio...

È il M.° Pagella che siede all'organo : le parti variabili della Messa sono in canto gregoriano; la Messa è opera del più geniale musicista di Germania, il Sac. Ignazio Mitterer : messa nuova e di ottimo effetto polifonico : musica soave, armoniosa e veramente divota in tutte le sue parti : in più punti parve il gemito dolce, amoroso della preghiera erompente da cuori pieni di letizia... e la mente nostra s' indiava nella sensazione di un' altra musica assai più armoniosa, quella degli Angioli eletti lassù in Paradiso. All'Offertorio ed al fine ci fu dato gustar ancor una volta le divine armonie di Palestrina nell'Ave Maria e nell'Exultate Deo, tanto applauditi al concerto sacro nella chiesa del Cuor di Maria dall' intelligente e colto pubblico....

Fra i moltissimi personaggi che nella mattinata si recarono a prestar ossequio alla Madonna di D. Bosco notammo S. A. R. la Principessa Clara di Baviera, sorella alla Principessa Isabella moglie del Duca di Ge nova, la quale, giunta alle 9 1/2, in apposito coretto, assistè alla S. Messa e poscia si recò a visitare l'Istituto, applaudita e riverita dai mille giovani ricoverati.

L'interno dell' Oratorio, tutto pavesato di arazzi e bandiere, presentava un aspetto di giocondità somma, ed al Banco di Beneficenza la banda delle Suole Apostoliche in Torino, dirette dai Salesiani stessi, suonò con molto buon gusto la Marcia Reale ed altri scelti pezzi. Fu un concerto indovinatissimo.

Nelle ore pomeridiane, cresce ognor più l'onda di popolo, e divoti pellegrinaggi si succedono nel santuario appiè dell'altare di Maria... La folla si ferma in dolce contemplazione dinanzi al simulacro di Maria Ausiliatrice, esposto alla Cappella dei SS. Martiri, simulacro in legno, nuovo, riuscitissimo, posto sopra un ricchissimo trono dorato, pure nuovo e regalato al santuario solo la vigilia. È un lavoro finissimo e degno della rinomata ditta Minoia.

Intanto i cortili interni, rallegrati da' gioiosi concerti della banda salesiana, rigurgitano di gente d'ogni condizione e stato. Varii Istituti d'ambo i sessi, dopo aver deposta la loro prece ai piedi di Maria, visitano eziandio il Banco di Beneficenza... molti pellegrini della Francia e della Svizzera... anzi da quest'ultima nazione giungeva, verso le ore 16, tutto il Collegio D. Bosco di Balerna, 105 alunni, senza contare superiori ed amici: essi venivano per l'Ostensione della SS. Sindone, ma vollero anticipare per godere anche la festa della Madonna....: gli Indii Coroados, che diverse volte attraversano con D. Balzola i cortili, si attirano la generale attenzione.

Ma il giulivo suono delle campane ci dice che è l'ora delle funzioni della sera,.. in chiesa è inutile pensare di potervi penetrare: una barriera fitta fitta l'impedisce

L'organo diffonde per il vasto piazzale della chiesa le sue dolci melodie: e l'argentina voce degli instancabili soprani. e tenori, unita a quella grave dei bassi, ci fa provare tutti i sentimenti di Davide quando sull' arpa accompagnava i suoi salmi, e ci porge una splendida prova dello zelo ammirabile e della valentia, con cui il M.° Giuseppe Dogliani educa i suoi giovani cantori. Egli può andare ben lieto di vedere le sue non lievi fatiche coronate sempre da felicissimi successi. Il vespro procede solenne: nel grandioso Domine ad adjuvandum del M.° Foschini, nel Dixit Dominus del M.° Devalle, bello e melodico, nel Saepe dum Christi del M.° Pagella. ripetuto con più effetto, e nel Magnificat del M.° Raymondi proviamo gli arcani effetti della musica sacra.

Intanto dopo il discorso recitato dal zelante predicatore mariano il M. Rev. D. Gaetano Bersani, Missionario Apostolico, il santuario diviene un mare di luce; il grandioso Tantum ergo di Mons. Giovanni Cagliero rapisce tutti i cuori in profonda adorazione, e Mons. Arcivescovo imparte la benedizione col Santissimo all'immensa moltitudine, che occupa chiesa, piazza, cortili, coretti e tutti i luoghi adiacenti

Il popolo comincia a riversarsi nei cortili illuminati. Dalla cupola, l' aurata statua dell'Ausiliatrice,tutta fiamma e luce, sembra sorridere all'imponente spettacolo che sì svolge ai suoi piedi ; la mano piega lo scettro e diffonde le sue grazie e dal cuore di tutti erompe il grido: Viva la Madonna di Don Bosco! grido, a cui l'eco lontana delle pampas e delle vergini foreste brasilene risponde con un: Viva in eterno D. Bosco, il figlio prediletto dell'Ausiliatrice !

II. I trionfi della SS. Sindone.

L'Ostensione di questa preziosissima Reliquia, di questo inapprezzabile tesoro già da secoli posseduto dalla gentile Torino, ebbe luogo il 25 maggio: di modo che anche per ragion di tempo possiamo dire che i trionfi della Madonna di Don Bosco furono, così permettendo Iddio, precursori di quelli della SS. Sindone e questi irraggiarono di più vivida luce quelli. Una sì mirabile concatenazione di festeggiamenti nell'armonia d' una stessa fede e d'un medesimo amore, ben lo notarono col fatto gli 800,000 pellegrini e visitatori venuti da tutte parti per adorare la SS. Sindone; poichè ora, senza pericolo di esagerare, possiamo asserire che la maggior parte di essi, dopo aver visitata ed adorata la SS. Sindone, giorno per giorno si riversavano al santuario di Maria Ausiliatrice per deporre il bacio della loro rinvigorita fede sull'altare di Lei, aiuto potente dei Cristiani. Che se poi si volesse assorgere a considerazioni più alte, l'unione di questi festeggiamenti, più unici che rari, ci apparirebbe ricca dei medesimi vincoli che passano fra la Madre ed il Figlio, fra Gesù e Maria; poichè la SS. Sindone è ancor imporporata oggidì, dopo circa due mila anni, del sangue del Nazareno ed irrorata dalle lagrime di Maria, cosicchè adorandola si adora realmente Gesù e si venera teneramente la Madre. Di più, nel santuario di Valdocco, dove Maria SS. ha posto sua stanza e tutte le sue delizie, Gesù, per compiacere alla Madre, imparte incessantemente i suoi favori e le sue grazie. Mirabile unione di più mirabili festeggiamenti, durante i quali sfilarono nell'antico Duomo di S. Giovanni a venerare la storica Reliquia ordinati, raccolti, silenziosi, innumeri pelle grini e, come ben disse un'esimia scrittrice moderna, la gran folla umana, la gran folla anonima, senza titoli e senza decorazioni, la gran folla di uomini e di donne, di fanciulli e di vecchi, di ricchi stranieri e di poveri contadini, venuti da ogni remota convalle, da ogni ardua montagna di questa subalpina regione, venuti da ogni città, da ogni paese, da ogni villaggio, da ogni borgata del nostro Piemonte, per dirupati sentieri, per lunghe strade, fra disagi e fatiche. L'umile turba, che ha lasciato la casa ed il campo, la capanna e l'officina, che ha deposto l'aratro e la marra, il piccone e la spola, alla voce sovrannaturale della fede che l'invitò, salì al tempio, ove sempre appiè dell'altare si sono congiunti in preghiera i Principi di Savoia ed il fido popolo piemontese nell'ora solenne del pericolo e della vittoria, e, inginocchiata, ringraziò il Signore, poichè permise che felicemente si compisse, in questi giorni così foschi di tristi presagi, il memorande avvenimento.

La funzione inaugurale. - Ebbe luogo nella Metropolitana di Torino con tutto il fasto della pompa ufficiale e con tutta la magnificenza della solennità religiosa. Ci è impossibile descrivere minutamente questa solenne funzione, che trasse le lagrime a tutti quelli, cui fu dato assistervi, e così pure pas siamo sotto silenzio il grandioso cerimoniale usato. Il rito venne compiuto dall'Arcivescovo di Torino, assistito dagli Arcivescovi di Genova e Vercelli e dai Vescovi di Fossano e di Aosta. Qui però ci piace riportare integralmente il discorso pronunciato da Mons. Richelmy, perché spiega eloquentemente il segreto dell'immenso fremito di vita che la Sindone ha suscitato in tutti i cuori e perciò tornerà grandemente caro a' nostri lettori.

« Allorquando un improvviso uragano ha incolto le nostre campagne, e fra il rombare dei tuoni e il guizzare dei lampi i primi tocchi della grandine hanno incominciato a rovesciare le biade e a offendere i pampini riempiendo di spavento e di ambascia l'animo dei poveri contadini, se mai avvenga che ad un tratto il cielo si rassereni, e rapido un raggio di sole si apra il passo fra le addensate nubi, ecco quasi per incanto ritornare la gioia su tutti i volti, e gli occhi di ognuno volgersi come estatici a quella parte del firmamento, dove maestoso si aderge l'arco celeste in tutta la pompa del suo settemplice splendore. E' un soave fremito che allora investe i cuori e spontaneo si affaccia alle menti il racconto del primo fra ali scrittori ispirati: anzi è la stessa parola di Dio che par risuoni all'orecchio : « Questo è il segno dell'alleanza tra me e voi - comparirà il mio arco nelle nuvole... ed io veggendolo mi ricorderò del patto sempiterno fermato tra Dio ed ogni anima vivente».

» Egli è invano che l'empio tenta abbattere con un sogghigno la testimonianza di quaranta secoli: egli stesso nella calma del suo spirito dovrà arrossire della propria baldanza e confessare il suo errore; e cento volte e cento, nei suoi scritti elaborati come nelle conversazioni fannigliari, chiamerà l'iride sacro simbolo di pace.

» Signori e Fratelli, con tutta ragione io ricordo in questo momento la soave parola del Genesi: Hoc... signum foederis inter me et vos. L'ora presente è solenne: i giorni corrono gravi e non scevri di mestizia; forte e vivo sentiamo il bisogno d'invocare l'aiuto di Colui, che solo è Grande e Potente. Sovra quel Sacro Lenzuolo, oggetto per noi di tanti sospiri e insieme di tanto giubilo, noi leggiamo le consolanti parole dell'alleanza e della pace.

» Se l'antico Plutarco ne assicura non trovarsi alcun popolo sulla terra o colto o barbaro, senza templi e senza sacrifizi, il corifeo stesso della incredulità odierna, Voltaire, confessa non essere nel mondo pur fra i più rozzi seguaci del paganesimo alcuna religione, la quale non abbia per iscopo principale le espiazioni. L'uomo, soggiunge egli, l'uomo ha sempre sentito che aveva bisogno di clemenza.

» E per la infinita misericordia del Buon Dio fu sovranamente pago il desiderio della posterità di Adamo. Ove abbondò il delitto, ivi sovrabbondò il dono della divina clemenza: invano il nemico della nostra salute, che indusse al peccato i nostri progenitori, tenta produrre contro di noi il chirografo della condanna: tolsero di mezzo il nostro Signor Gesù Cristo, lacerandolo ed affiggendolo alla sua croce.

» Il monumento perenne dei patimenti di un Dio Crocifisso, eccolo sovra questo altare, innanzi agli occhi nostri; l'istante sospirato è giunto: venite, o Dilettissimi, genuflettiamo innanzi al medesimo, adoriamo in silenzio le meraviglie del divino amore.

» Venite e vedete, o voi passionali ammiratori delle sublimi bellezze del Cristianesimo : ecco adempiute sotto i nostri occhi medesimi le antiche profezie.

» Quasi tallo spuntato da sua radice in arida terra il Divino Gesù non ha vaghezza, nè splendore... dispregiato, e come l'infimo degli uomini, egli è l'uomo del dolore, che tutta ha provata l'acerbità del patire... Si è oscurata la bellezza del suo volto : hanno traforato le sue mani e i suoi piedi; hanno contate tutte le sete ossa... Venite e vedete, chè veramente i nostri languori ha presi sopra di sè: ed ha portati i nostri dolori... egli è stato piagato a motivo delle nostre iniquità, è stato sprezzato per le nostre scelleratezze: il castigo, cagione di nostra pace, cadde sopra di Lui, e per le site lividure noi siamo stati risanati.

» Pure, come aveva predetto ancora il Profeta, egli è un uomo nobile e facoltoso che si adopera per la sua sepoltura, e glorioso è il suo sepolcro. Sono trascorsi i secoli; si è mutata la faccia della terra, ma non sono cessate le onoranze innanzi a questo Sacro Lenzuolo; ed anzi fra lo stesso imperversare degli errori si moltiplicano gli ossequii della riverenza e dell'affetto, più fulgidi si fanno gli splendori del trionfo.

» Venite voi, o anime devote, bramose di conoscere l'amore di Gesù e di contemplare cogli occhi vostri le sacre sue ferite... venite e vedete: ah ! l'uomo pio non può mirare ad occhi asciutti le vive immagini di tante pene, le chiare vestigia di morte cotanto crudele. Ed al pensiero che colle nostre colpe noi medesimi fummo i carnefici del Benignissimo Gesù, se non è di pietra, conviene pure si commova e sì spezzi il nostro cuore... Sebbene... osservate qui, o miei Dilettissimi, grande nostra ventura nel possedere la Santa Sindone. Dessa, fra i varii monumenti della Passione, a Gesù non fu causa di dolore, a noi non dice parola di rimprovero.

» I flagelli, le spine, i chiodi, la croce sono sì pegni preziosissimi del Divino Amore, Reliquie adorabili santificate dall'immediato contatto del Corpo del Rendentore, ma ad un tempo furono nelle mani degli spietati manigoldi strumento alla più efferata barbarie, furono per Gesù causa funesta d'immane martirio e di cruda morte... La Sindone invece fu pietosa ministra di carità e quasi testimone avventurata dei primi frutti del Santo Sacrifizio prontamente germogliati nel cuore del buon Giuseppe. Dessa è tinta sì di sangue, ma non Ella trasse questo sangue preziosissimo; dipinge uno strazio, è vero, ma nel promosse; presenta sì delle piaghe, ma non Ella le aprì, anzi pietosa le ravvolse dentro sè stessa. Venite adunque volonterose, o anime tocche dalla santa compunzione : venite e mirate; inginocchiatevi anzi e pregate; scorrano abbondanti le lagrime dagli occhi vostri, ma siano insieme lagrime di dolore e di conforto, e la contrizione stessa venga come a consumarsi nel fuoco del santo amore.

» Che se alcuno si trovi, la cui fede abbia bisogno di venir confermata, o nel cui cuore sia penetrato un qualche germe di sfiducia e di soverchio timore, venga pure costui alla scuola della Sindone e si rinfranchi. L'avere Pietro e Giovanni, come narra il Santo Evangelo, ritrovati nel vuoto sepolcro riposti in buon ordine questo sacro Lenzuolo e gli altri pannilini che avevano servito alla Santa Sepoltura, ben ne dimostra con quanta frivolezza abbiano gli Ebrei disseminata la voce che i discepoli avessero involato il Corpo di G. C.; chè certamente non avrebbero essi, premurosi di eludere la vigilanza dei custodi, dato opera per modo alcuno a slegare il Sacro Corpo del Redentore e a riporre con accuratezza nella tomba la Sindone e le altre fasce. Con tutta ragione adunque in questo Santissimo Lenzuolo, che è testimone perenne della Passione e Morte di Gesù Cristo, noi riconosciamo e veneriamo insieme una prova compendiosa della sua divina Risurrezione. Ed Egli è desso questo mistero della Risurrezione quasi fondamento alla nostra fede; è desso come la base di tutta la Religione Cristiana.

» Al nostro sperare parimenti noi troviamo stimolo efficacissimo nella Sacratissima Sindone. Dice l'Angelo delle scuole, S. Tommaso, aver voluto Gesù nel risorgere conservare i sacri segni delle sue ferite sia come indizio trionfale di vittoria, sia ancora per mostrar sempre al suo Eterno Padre nel supplicarlo a nostro favore qual genere di morte dolorosissima Egli abbia - sostenuto per gli uomini: e. sono così le sacratissime Piaghe del Redentore avvocate nostre eloquentissime innanzi al Trono di Dio. Ma quello che è in Cielo il Corpo glorioso di Gesù Cristo, in corto qual modo possiamo dire essere per noi in terra la Santa Sindone.

» Concittadini, Fratelli miei, non ci lamentiamo se a noi non fu dato mirare cogli occhi nostri la Umanità sacrosanta del Nostro Signor Gesù Cristo; a noi basta la Sindone: a Lei levando gli sguardi otterremo sì pronta la liberazione dai morsi del nemico infernale. A noi basta la Sindone: questa è la nuova cattedra scelta da Gesù per istruire e conquistare le anime nostre. A noi basta la Sindone : e non invidiamo punto a quelle Città e Diocesi del mondo cattolico, che furono dalla Divina Provvidenza benedette con ispeciali privilegi o fatte depositarie di alcuno fra i monumenti della S. Nostra Redenzione.

» Si, o Fratelli e Figliuoli carissimi, mi basta la Sindone; poichè prostrato ai suoi piedi: - O Lenzuolo ammirabile, io esclamo colle parole della Chiesa, o Lenzuolo ammirabile, in Te fu deposto il più grande dei tesori; in Te fu ravvolto il divino Autore del nostro Riscatto! O admirabilis Sindon, in qua involutus est thesaurus noster, Redemptio captivorum ! Per te gode il mondo intiero: Gaudet totus mundus; ma in modo specialissimo per Te ella è felice la Casa di Savoia, che, arricchita di un tanto Pegno, ben a ragione si gloria di questo preziosissimo dono. Felix domus Sabaudiae, quae, tanto Pignore ditata, sacro hoc munere gloriatur! E bene avventurata altresì la mia diletta Torino, che, grazie alla condiscendenza dell'Augusto Sovrano, ha oggi salutato un'alba foriera di gaudio e di pace. Ecco, da ogni parte accorrono le moltitudini; innanzi a questo Altare stanno per congiungersi i voti dei grandi e dei piccoli - alle preghiere del Clero s'intrecciano le suppliche del popolo - quale odoroso incenso saliranno al cielo gli inni del giubilo, della riconoscenza e dell'amore - e, non v'ha dubbio, discenderà in gran copia la pioggia preziosa delle divine benedizioni.

I nove giorni dell'Ostensione. - Esposta la SS. Sindone sopra l'altar maggiore della Metropolitana per la pubblica adorazione, Torino cambiò tosto d'aspetto, e parve rivestirsi d'una vitalità sì gioconda e sì piena, che non ebbe mai l'uguale. In tutti i nove giorni dell' Ostensione fu un continuo affluire di pellegrinaggi e di forastieri, i quali rigurgitavano per le vie, assiepavano le vicinanze del Duomo, ed in atto di preghiera aspettavano per ore ed ore, non badando nè a sole, nè a pioggia, il loro turno, onde poter passare dinanzi alla Sindone. Fu un continuo miracolo, perchè nel visibilio di tanta moltitudine regnò sempre la più perfetta calma, e ben possiamo asserire che lo spirito di Dio regnò certamente sopra questo mare di teste umane, le quali nel loro flusso e riflusso alla SS. Sindone fecero sentire solo il mormorio devoto e grave della preghiera e della gioia. Tutto il Piemonte si riversò a Torino, anzi tutta la bell'Italia, dall'Alpi al Lilibeo, fu largamente rappresentata ai piedi della SS. Sindone, come pure la Savoia, la Francia, la Spagna, la Svizzera, l'Austria, la Germania, la Polonia, l'Inghilterra e le lontane Americhe.

Ogni descrizione di questi nove giorni e nove notti d'adorazione è vana a petto della realtà. Bisognerebbe poter raccogliere ordinatamente tutti i nomi degli 800,000 e più pellegrini e visitatori; bisognerebbe poter dimandare a ciascuno quanto hanno provato e poscia con energia di frase e con vocaboli adeguati tentare di descrivere in qualche modo il commovente spettacolo. Si arroghi che questo spettacolo venne rinnovato tutti i di e tutte le notti in un continuo crescendo, che ha del meraviglioso.

Un giornale cittadino, non certo troppo devoto di questi pellegrinaggi religiosi, fin dal primo dì scriveva:

« È uno spettacolo eccezionalmente grandioso ed imponente, quale non si è veduto, quello che presentano i pellegrinaggi cattolici alla SS. Sindone.

» Tutti i pellegrini portano per distintivo una crocetta di panno col motto di Costantino : In hoc signo vinces.

» Tutta questa folla dà un'animazione specialissima alla città e specialmente alle vie di accesso e di sfogo della piazza S. Giovanni.

» Bisogna vedere con quale ordine, con quale gravità le schiere incedono. Di tratto in tratto si vedono delle donne portare con solennità qualche ghirlandetta di fiori di carta, frutto di chissà quante ore rubate al sonno o alla ricreazione, ma vi sono anche bellissimi mazzi di fiori, che vengono deposti davanti alla Sindone da molti riparti di pellegrini.

» La maggior parte di tutta questa gente non è mai stata a Torino, e si vede sul volto dei più lo sforzo che fanno per non lasciarsi stornare la mente piena di fede da tutto quanto di mondano per le vie della città può attirare la loro attenzione. »

È una pallida ombra della realtà, ma ci piace in quanto che è fatta risaltare da quelli stessi, cui ordinariamente simili realtà non piaciono.

L'adorazione notturna nel Duomo ritraeva al vivo l'immagine delle antiche catacombe, mentre nel più profondo silenzio si vedevano incessantemente gran numero di ecclesiastici e di altri fedeli, anche delle classi più elevate, rimanersi genuflessi a terra e quasi immersi in una estasi di preghiera al cospetto di questa Sindone. Quanti atti di viva fede e carità partirono mai dal cuore, quante fervorose preghiere uscirono dalle labbra delle centinaia di migliaia di fedeli, che si raccolsero in questi dì attorno a quell'adorabile monumento ! Oh ! la fede cristiana vive ancora: il sentimento religioso è così radicato da poter resistere a tutti gli assalti nemici.

Tutte le notti dinanzi alla SS. Sindone si celebrarono sante Messe e numerosissime furono sempre le Comunioni a ciascuna di esse. Così pure in tutte le principali chiese l'amministrazione dei SS. Sacramenti fu così abbondante, da far credere di essere in tempo di missione; e missìone furono realmente questi nove giorni trascorsi ai piedi della SS. Sindone in adorazione di Gesù Cristo Redentore.

« Dureranno questi nove giorni, così l'Italia Reale, come un'eco dolcissima di sentimenti ineffabili; si tramanderanno ai venturi; i vecchi al domestico focolare li ridiranno ai nipoti nelle veglie, e parrà loro di sentirsi alitare in viso una primavera che ringiovanisce, e i bimbi fin dall'età prima apprenderanno ad amare la Sindone nel linguaggio ardente dei padri che ne annuncieranno le meraviglie... »

E più innanzi lo stesso giornale si domanda: « Che cosa sono stati questi nove giorni per Torino ?

» Converrebbe tradurlo nei carmi, eternarlo nei bronzi , dirlo col linguaggio lirico dei poeti, cantarlo col linguaggio ispirato dei Santi. Sarebbe un cantico, non una narrazione sbiadita, sarebbe un poema di pagine meravigliose, con più miracoli che lo adornano, che parti che lo compongono.

» Questi giorni sono stati il trionfo sociale dell'umiltà. La matrona e la donna del contado, l'aristocratica signora che scendeva dal cocchio per unirsi alla donna modesta del popolo, il magistrato, il politico, l'uomo della toga, delle scienze e delle armi, che si univano a quello che i volteriani direbbero ignobile vulgus, e che pazientavano pei viaggi, nelle attese, nei sacrifizi, pur di beare gli occhi nella Sindone augusta, pur di riparare un istante all'ombra sua benedetta, e chiedere pietà e misericordia per la Chiesa e per la patria : ecco la gloria di questi nove giorni.

» Quivi si vide, tra tanto arrivare di popoli, il contegno più devoto, la fede più viva, l'esteriore più raccolto, la pace più serena, e la liberalità e la generosità verso chi soffre, e gli esempi più vivi di frugalità campestre...

» Non una voce d'ira, non un tumulto, non una impazienza, non un disordine, tra tanto affluire di gente di tante regioni: anzi da tutti i più belli esempi di pietà, di coraggio cristiano, di fervore religioso... »

E qui facciam nostre le parole scritte dal mite Silvio Pellico nell'Ostensione del 1868: « Il concorso fu immenso e certamente la curiosità non v'ebbe parte quanta la divozione. Oh quanto infatti è veneranda questa Reliquia! Non la si può mirare senza un profondo commovimento. »

Le visite dei pellegrini. - Sciolto il tributo di fede e d'amore alla SS. Sindone, non è a credere che i pellegrini avessero compite tutte le manifestazioni del loro cuore. Essi, valendosi della propizia occasione, visitarono eziandio l'attraente e riuscitissima Esposizione d'Arte Sacra e delle Missioni ed Opere Cattoliche, facendo così vedere il grande loro interessamento per quanto ha relazione con i fasti di nostra santa religione. Notiamo questo con sincera compiacenza, perchè ci mostra come sia ancor radicato fortemente nel popolo nostro il sentimento religioso, e come tutti, uomini e donne, ricchi e poveri, dotti ed ignoranti, sentano un'attrattiva particolare verso quelle cose che sono in qualche modo rivestite di carattere sacro.

Nel regno dell'Arte Sacra. - E la Mostra d'Arte Sacra - la prima in Europa di questo genere - ritrae potentemente in sè ed offre in modo incantevole al visitatore il concetto sublime dell'inspirazione cristiana attraverso i secoli ; concetto, a cui tutte le arti diedero il loro più nobile contributo nell'infinita varietà di opere e lavori veramente divini. Ora al vedere quest'opere secolari e tutti questi lavori - frutto del genio umano sorretto dalla fede - raccolti ed in bell'ordine disposti in modo da apparire nell'intera toro bellezza e preziosità, ricrea sommamente l'animo e ci fa gustare ore di paradiso. Dinanzi ad ogni vetrina una sola è l'esclamazione: « Che bellezza! Quanta finezza e che ricchezza di oggetti ! » e l'immensa moltitudine che incalza per tutte le sale strascinaseco un fremito di vita nuova e piena di emozioni meravigliose... Anche l'umile volgo prova piacere dinanzi a quest'opere d'arte, e pur non comprendendo tutte le ascose loro finezze, le contempla estatico, perchè in esse vi legge il sentimento religioso che le ha create.

Il sentimento religioso ! Ecco il secreto, che rende sommamente attraente la 1a Mostra d'Arte Sacra, poichè questo sentimento, come lasciò scritto il celebre Duprè, ha sussistito in tutti i tempi, presso tutti i popoli ed è nella coscienza umana indipendentemente dall'educazione e dall'esempio. La volta immensa dei cieli, gli innumeri astri brillanti di luce, il sole che rischiara e scalda e feconda la terra, la distesa delle acque del mare, la prodigiosa varietà e bellezza degli animali, delle piante e dei. frutti, la vaghezza dei colori, l'armonia dei suoni, da tutto e per tutti i sensi ci viene la testimonianza di Dio. Ma, più ancora che nelle cose esteriori, lo sentiamo noi stessi. Il sangue versato dai Martiri pei combattimenti della fede; la vita largamente profusa in difesa della patria, della libertà e dell'onore, della donna e dei figli ; lo sdegno operoso contro la tirannide, la viltà e l'ingiustizia; l'attraente affetto per l'innocenza, l'ammirazione per la virtù e la carità pei miseri, pei tribolati e per gli orfani, sono segni che Dio pose in noi della sua essenza. In noi proviamo l'impulso della carità e nella preghiera sentiamo il cuore aprirsi alla speranza; per fralezza cadiamo, e la fede ci rinnovella le forze per risorgere. Il sentimento religioso accende il cuore, illumina l'intelligenza, feconda l'immaginazione e insieme col buon cittadino e col buon padre fa anche l'artista.

La torinese Esposizione d'Arte Sacra nella sua multiforme ricchezza delle migliori opere d'arte dei migliori nostri artisti cristiani è un vivo e grandioso testimonio di questo tribunale di verità, al quale ricorre desiosamente l'umanità fin dai suoi primi giorni. L'ispirazione religiosa è larga vena, alla quale può attingersi sempre : basta attraversare una sol volta le gallerie di questa Mostra Sacra per convincersene. Il popolo, senza alcun patrimonio di studii artistici, sa distinguere i lavori ispirati dal sentimento religioso fra mille altri. Ciò prova che questo sentimento ha le sue radici nel cuore, nell'intelligenza, nell'immaginazione, in tutti i movimenti dell'animo umano.

Ne avemmo una prova magnifica in quel numero immenso di pellegrini che, durante i nove giorni dell'Ostensione della SS. Sindone, gremì (unica parola esatta e corrispondente al vero) quotidianamente tutta l'Esposizione d'Arte Sacra ; nella commozione che essi provarono dinanzi ai capolavori raccolti in questo tempio sacro e negli accenti di meraviglia somma ed entusiastica che uscirono con tutta semplicità dalle loro labbra. Sì, il popolo comprendo ed ama tutto ciò che ha relazione con la sua fede e cogli affetti del suo cuore.

Nel regno delle Missioni. - Ma, passate le gallerie dell'arte antica e moderna e giunti sul portone che mette ai graziosi giardini fiancheggianti gli edifizi destinati alle Missioni Cattoliche, nel brulichio di teste somoventi, odonsi nuovi e più insistenti accenti di meraviglia ed ai prolungati oh! oh! oh! che da tutte le parti vengono alle nostre orecchie è sempre aggiunto un qualche: stupendo, meraviglioso, bellissimo, ecc.

I pellegrini si trovano in un mondo affatto nuovo; è il regno dei Missionari... Quivi la loro fede sì ringagliardisce, perchè nei quattro edifizi della Terra Santa, delle Americhe, dell'Impero Ottomano e delle Indie, che in vario stile si presentano al loro sguardo, sanno esservi raccolti i frutti del loro obolo in favore dello Missioni Cattoliche, cioè i rappresentanti delle nazioni e tribù civilizzate e convertito dal Missionario. Attraversano i pellegrini. quei curiosi, bizzarri edifizi delle Missioni, danno un'occhiata alle tanto strane cose di quei lontani luoghi, e nell'infinita varietà di una flora e fauna nuova deliziano per un istante lo sguardo, ma chiaro si scorge che essi desiderano vedere cose ancor più attraenti per loro, cioè gli indigeni condotti dai Missionari... E tosto dinanzi a loro si svolge un bozzetto geografico in 14 scene e 120 personaggi, pieno delle fulgidissime visioni di mondi ignoti. In mezzo ai 14 cinesi col tradizionale codino e costumiere, provenienti dallo Sciantong, dallo Shansi e e dal Shensi., i pellegrini si trovano trasportati nel favoloso Impero Celeste e le rinomate indie offrono pure nelle 16 fanciulle indiane fantasticamente vestite e nelle Suore indigene provenienti da Madras uno spettacolo graditissimo. Così i 33 Eritrei; i 26 fanciulli e fanciulle dell'Alto Egitto provenienti da Tebe e da Assiut; i 7 beduini; i 9 fanciulli di Terra Santa provenienti da Gerusalemme e da Betlemme; gli 8 fanciulli Tobas dalla Bolivia; le 4 orfanelle di Smirne ed i 3 Coroados del Matto Grosso (Brasile) condotti dal Salesiano D. Balzola formano la meraviglia e la parte più importante della Mostra per la maggioranza del popolo. Tutti vogliono osservarli da vicino, interrogarli, assistere alle lezioni ed ai giuochi loro, e nella varietà di questi tipi dai multiformi colori consola teneramente il pensare ai be nefici frutti loro recati dall'opera del Missionario... Vedemmo venerande matrone, gentili signorine, uomini e giovani dal cuor ardente domandare, come una grazia, di poter deporre su quelle fronti - che il Missionario dopo infiniti stenti era riuscito a lavare nelle acque salutari del santo battesimo - il bacio della fratellanza cristiana, intendendo con ciò magnificare l'opera immortale dei pionieri della religione e della civiltà.

Al panorama della Passione. - Il tempo però incalza ed i pellegrini troncano 'ogni osservazione e s'avviano verso l'angolo estremo dell'Esposizione... Ivi sorge una rotonda... È il grandioso panorama della Passione di Nostro Signor Gesù Cristo per la prima volta esposto in Italia. Il popolo si accalca in modo straordinario, novella prova che tutto quanto gli ricorda la sua fede è per lui una vera calamita, o meglio una vera necessità. Il lavoro è splendilo sotto ogni rapporto: da un'alta impalcatura si domina ad occhio nudo la grande prospettiva di Gerusalemme quale doveva esser 1900 anni sono ed i suoi dintorni. La scena tragica della morte del Redentore è delineata con tratti veramente grandiosi : l'espressione di alcune delle vive figure lascia alquanto a desiderare, ma l'illusione del paesaggio e dello sfondo è meravigliosa: nessuno può accorgersi del punto di congiunzione delle rocce e della vasta tela del scenario.

Alla Consolata ed a Maria Ausiliatrice. - Mentre all'Esposizione d'Arte Sacra si succedeva tanta ressa, parte dei pellegrini, che o già avevano visitata la Mostra o si riserbavano andarci dopo, si riversava a far le sue divozioni nelle varie chiese della città e particolarmente al santuario della Consolata ed a quello di Maria Ausiliatrice. In tutti e due questi santuari l'affluenza fu straordinaria durante i nove giorni dell'Ostensione. Noi dalla cronaca dei festeggiamenti pubblicata dall'Italia Reale riportiamo qui alcuni appunti sopra i pellegrini alla Madonna di D. Bosco.

« Il 25 maggio, così l'ottimo giornale l'Italia Reale, al santuario di Maria Ausiliatrice fu una non interrotta serie di devoti pellegrinaggi numerosissimi. Si calcolano oltre 20,000 quelli che visitarono la Madonna di D. Bosco e l'Oratorio. Notammo, tra gli altri, l'Istituto D. Bosco di Balerna (Svizzera), il Ven.do Seminario di Vercelli, il Collegio del S. Cuore di Trino Vercellese ed i relativi pellegrinaggi. Imponente quello di Saluzzo guidato da Mons. Mattia. Una moltitudine poi di altri pellegrinaggi si successe fino a sera. Alle 18 il pellegrinaggio di Vigevano, oltre 2500 persone, riempiva la chiesa per la benedizione col Santissimo impartita dal Vicario Capitolare di quella diocesi. Furono cantate parecchie belle lodi, dopo la recita, del Santo Rosario, ed i giovani dell'Oratorio eseguirono un Tantum Ergo in musica. Dopo la benedizione un Sacerdote Salesiano dal pulpito portò ai numerosi pellegrini il saluto del Successore di D. Bosco, ed ebbe parole inspirate nel far toccare con mano che se l'adorazione della SS. Sindone accrebbe in tutti i cuori la fede e l'amore a Gesù Redentore, la visita al santuario di Maria Ausiliatrice e la sua benedizione deve eccitare potentemente tutti i genitori a curare la buona e cristiana educazione dei proprii figliuoli. Lasciò in tutti ottima impressione.

» Quindi sfilarono chi a visitare l'lstituto e chi a recarsi alla stazione per la partenza.

» La sacrestia fu tutto il dì assiepata di fedeli, che volevano la benedizione della Madonna di D. Bosco. Queste pacifiche dimostrazioni sono veri trionfi di fede e di fede viva: è la continuazione del Miracolo iniziato nel Cenacolo il dì della Pentecoste e che durerà fino alla fine del mondo. »

Lo stesso giornale nel numero del 30 maggio scrive ancora quanto segue. Noi lo riportiamo, perchè costituisce una bella pagina per la vita dell'indimenticabile nostro Fondatore e Padre D. Bosco

« Torna di sommo vantaggio a tutti i buoni notare nella cronaca dei festeggiamenti solennissimi di questi giorni il prodigio grande che si avvera laggiù nel remoto e solitario Valdocco al santuario di Maria Ausiliatrice ed alla modesta camera, ove dieci anni fa spirava l'anima sua bella il grande Apostolo del secolo nostro, l'umile sacerdote Giovanni Bosco. Diciamo prodigio grande e senza punto d'esagerazione, perche, se d'una parte ben comprendiamo che il santuario dedicato all'Ausiliatrice del popolo cristiano costituisca la meta di tutti i devoti pellegrini, non sappiamo però spiegare - senza assorgere all'intervento divino - come mai tutti gli stessi pellegrini domandìno, supplichino di esser ammessi a visitare la camera, in cui morì D. Bosco, e là giunti, prostrarsi devotamente appiè del suo letto - con ogni cura conservato da' figli suoi, nello stato in cui era il giorno della sua morte - baciare, pieni di fede, l'orlo delle lenzuola che raccolsero le ultime goccie di sudore dell'estrema sua agonia, e pregare...

» È un continuo sali e scendi per la troppo stretta scaletta che mette lassù a quella modesta camera, e si è costretti a credere che in essa vi sia qualche cosa di sommamente prezioso... Eppure no; appena entrati, un devoto altarino consacrato al SS. Cuore di Gesù - su cui negli ultimi anni offriva il santo sacrifizio D. Bosco - poscia, nella camera attigua, un letto con appiè alcune corone mortuarie, un sofà, poche sedie ed in fondo una scansia, in cui i vetri permettono di vedere alcun po' di biancheria e vestimenta sacerdotali.

» Qual'è dunque il secreto che tutti attira in questa stanza cenobitica? Oh! il secreto è scritto sotto il ritratto di D. Bosco, che sta dipinto sul vetro della finestra : In fin di vita si raccoglie il frutto delle buone opere.

» Era questa la massima sua prediletta mentre viveva su questa terra; era questa la parola magica che faceva risuonare, con un fascino tutto proprio, alle orecchie dei suoi benefattori ; era e fu questa l'eredità che lasciò ai numerosissimi suoi Cooperatori.

» E questa sentenza, scritta là sopra quel letto, continua ad aver una forza speciale ed un'attrattiva inesplicabile. È D. Bosco che parla e tutti bramano sentire la dolce illusione dell'affascinatrice sua voce.

» Quindi è che tutti, dopo aver deposto i loro voti appiè di Maria Ausiliatrice, vogliono ad ogni costo recarsi alla camera di D. Bosco, e questo prova in modo solenne quanta venerazione ed affetto conservino i popoli per quell'uomo, il cui nome solo vale un poema. Troppo lungo sarebbe l'elenco dei pellegrinaggi, che in gruppo diedero questo spettacolo, e senza tema di errare possiamo dire che furono oltre la metà di quelli che vennero a Torino per la Santissima Sindone. Notaronsi pure molti forestieri della vicina Francia, Svizzera, del Belgio, Portogallo e perfino dell'America. »

Del giorno 30 maggio ci dà i seguenti dati:

« Favoriti dal tempo più propizio, i pellegrini di ieri si riversarono, come una continuata onda di popolo, a visitare la Madonna di D. Bosco. Oltre a 15,000 si calcolarono quelli che scesero a Maria Ausiliatrice. Vi furono gruppi di Chieri, Carmagnola, Leynì, Villafranca, Bra, Sommariva, Casale, Mondovì, .Revigliasco, ecc. Vi furono pure vari Collegi ed il Seminario di Casale, numeroso assai.

» E tutti questi pellegrini dal santuario volevano ad ogni costo salire alla camera di D. Bosco, quasi fosse meta di un nuovo imponente pellegrinaggio. Quanta fede in Maria Ausiliatrice e quanta venerazione al suo fedel servo!

» La Madonna di D. Bosco! È questa la soave esclamazione, che risuona sullo labbra di tutti, e tutti ne ammirano i prodigi ricordati nelle tante migliaia di ex-voto che riempiono la sacrestia ed ornano bellamente e riccamente l'altar maggiore, cui l'artistico o ricco apparato di tutta la chiesa dà somma imponenza. Quivi poi è un continuo spettacolo di fede che muove le lagrime; la benedizione della Madonna di D. Bosco è richiesta con insistenza in tutte le ore del dì e Maria diffonde a profusione le sue grazie. I Sacramenti pure furono frequentati come nei giorni di maggior solennità.

» Verso le ore 18, la chiesa era piena di varii gruppi di pellegrini, con a capo i venerandi Chierici della Casa Salesiana d'Ivrea e venne impartita la benedizione col Santissimo, dopo di che furono rivolte brevi parole all'accalcata moltitudine. L'oratore accennò ai portenti che opera Maria SS.ma per coloro che a Lei fanno ricorso, e come ricordo del divoto pellegrinaggio insegnò a tutti il mezzo di ottenere sicuramente le grazie e la protezione di Maria SS.ma ad esempio di D. Bosco. Detto mezzo lo fece consistere nella sentenza prediletta di D. Bosco : In fin di vita si raccoglie il frutto delle buone opere - sentenza che spiegò brevemente con sommo frutto di tutto l'uditorio.

» Al santuario di Maria Ausiliatrice tutto è vita in questi dì e pare una città santa, i cui cittadini godono in pace ed allegria somma le materne solennità. »

Circa gli avvenimenti del 31 maggio scrive

« È proprio un vero crescendo di moto e vita quello che si svolse ieri al santuario di Maria Ausiliatrice. Oltre 20,000 pellegrini andarono ad offrire i loro omaggi all'Ausiliatrice del popolo cristiano e a visitare la camera dove morì D. Bosco... Questo movimento spontaneo costituisce la più bella prova della popolarità ed opportunità dell'Opera di D. Bosco, a cui la stampa internazionale cattolica in questo fin di secolo vuol offrire in omaggio la erigenda Chiesa Monumentale di S. Francesco di Sales in Valsalice.

» Le diocesi di Pinerolo, Fossano, Saluzzo ed Alessandria diedero un sommo contingente di devoti della Madonna di D. Bosco, ed è impossibile di enumerare quei 100 e più gruppi di pellegrini dei diversi paesi di queste diocesi che recaronsi al santuario di Lei. Si notarono varii Istituti religiosi di Chieri, di Mondovì, il Collegio Missioni di Scarnafigi (Saluzzo) e più seminaristi delle suddette diocesi, nonché una rappresentanza di Faenza, Locarno, ecc.

» Al mattino furono numerosissime le Comunioni generali, dalle ore 3 alle 9 ; alle 8,30, appena usciti di chiesa i giovani, il luogo occupato da loro fu tosto riempito dall'imponente moltitudine di pellegrini di Pancalieri (2° pellegrinaggio), Carmagnola, Polonghera, ecc., e tutta la chiesa ne fu gremita. Vennero cantate parecchie lodi e poscia un Salesiano rivolse a quella vera massa di popolo brevi parole di benvenuto, facendo notare bellamente il figliale pensiero che ebbero quei pellegrini di recarsi a far visita alla Madre Maria SS. prima di presentarsi a Gesù, le cui venerabili sembianze sono ritratto a colore di sangue sull'augustissima Sindone. Infine insegnò a tutti il segreto di ottenere le grazie dalla Madonna di D. Bosco.

» I pellegrini di Mìlano, di Pinerolo e quelli di Alessandria (diocesi), divisi in vari gruppi, si successero poscia fino alle ore 17 cantando inni e canzoni popolari a Maria SS.; se tutti avessero potuto recarsi in una sola volta avrebbero riempito non solo la chiesa, ma gran parte del piazzale. È questo un vero prodigio e la famiglia salesiana può a buon diritto andar lieta di questo nuovo avvenimento per la sua storia. La gìornata magnifica fu degno premio alla fede ed all' amore dell'immenso numero di pellegrini. »

Anche nel penultimo dì dell'Ostensione della SS. Sindone, cioè il 1° giugno 1898, fu imponentissimo il concorso a Maria Ausiliatrice, ove si celebrarono nella mattinata circa 200 S. Messe. Ben possiamo dire che si avverò il detto: motus in fine velocior e l'animazione crebbe tanto da sembrar rinnovata la solennità di Maria SS. Ausiliatrice. Tutto il santuario fu sempre ripieno di devoti ed i cortili dell' Oratorio rigurgitanti di pellegrini, che dopo aver visitata la camera di D. Bosco, si formavano ad osservare i giuochi e la chiassosa allegria dei mille giovani ricoverati. Ci sembrava di trovarci nel regno della pienezza della vita e dell'ospitalità... neppur questa volta fu smentito che quanto appartiene ai figli di D. Bosco è pure dei loro Cooperatori.

Alle ore 8 un imponente pellegrinaggio, con la propria bandiera, gremiva il cortile e furono salutati a nome di Don Rua, con un breve, ma commoventissimo discorso. Vi si recarono pure i pellegrini di Asti, Villanova, Santena, Settimo, Borgo Lavezzano, Castiglione, Bellinzago, Arona, Intra, Balerna, Lugano, ecc.; poscia tutto il Ven. Seminario di Novara, altri Istituti di Suore, e verso le ore 14 il Ven. Seminario di Acqui, guidato da S. E cc. R.ma Mons. Balestra, Vescovo della Diocesi, il quale, nella camera di D. Bosco, rivolse a tutti auree parole, commentando splendidamente il motto, che fu la divisa di D. Bosco : Da mihi animas, caetera tolle.

Alla sera vi furono due solenni funzioni religiose per comodità dei, pellegrini, nelle quali non mancò il solito, ma cordiale ed ardente discorsino, compendiante bellamente il fraterno saluto di tutti i Salesiani ai loro Cooperatori e Cooperatrici. E, poichè molti di essi volevano potersi fermare fino all' indomani e fare la S. Comunione in Maria Ausiliatrice, fu necessario permetter loro passassero la notte parte nelle scuole dell'Oratorio, parte nei laboratori e persino nella Cappella privata delle Suore di Maria Ausiliatrice.

Nei dì seguenti, 2, 3 giugno, continuarono ancora le visite al santuario ed alla camera di D. Bosco. Alla sera del giorno 2 venne la rappresentanza del Venerando Seminario di Genova, una 70a di Chierici in veste morella, i quali vollero così mostrare il loro affetto per le Opere di D. Bosco.

Noi siamo sicuri che tutti questi pellegrinaggi riuscirono a maggior gloria di Dio e ad incremento della divozione verso la nostra buona Madre Maria SS.; epperò ci sentiamo in dovere di ringraziare, dopo Dio, quanti cooperarono o colla parola o cogli scritti a questa riuscitissima manifestazione di attaccamento alle Opere di D. Bosco, mentre ci rallegriamo di vero cuore con tutti quelli che nel santuario di Valdocco si raccomandarono alla potente Ausiliatrice del popolo cristiano, augurando loro da questa nostra tenerissima Madre le più elette benedizioni spirituali e temporali.

La funzione di chiusura. - Ebbe luogo il 2 giugno, giovedì, con la stessa pompa e grandiosità della funzione inaugurale. Come allora, così anche adesso tralasciamo i particolari; solo diciamo che il concorso fu imponentissimo, veramente straordinario, essendo ardente in tutti il desiderio di ammirare e venerare ancor una volta l'insigne Reliquia, che tanti cuori accese d'amore per Gesù ed accolse il profumo delle più elette preghiere. L' Arcivescovo di Vercelli , Mons. Lorenzo Pampirìo, con voce commossa lesse dal pulpito il seguente sermone, vera sintesi dei sentimenti che ciascuno provò in quei solenni momenti Iddio, a cui tornano sommamente graditi i santi desiderii delle anime fedeli, ha appagate le ardenti brame del vostro cuore. La Santa Sindone, che con tanto ardore di metto avete desiderato di vedere, da otto giorni sta spiegata, quale iride di pace, dinnanzi allo sguardo pio e lacrimoso delle moltitudini, che, nel contemplare l'Effigie che la Vittima immolata pei nostri peccati fece di se stessa col proprio sangue, non possono trattenersi dall'esclamare: Abbiamo veduto Nostro Signore; abbiamo veduto l' Uomo dei dolori! Vidimus... virum dolorum,

In quella Sindone infatti, che avvolse nel sepolcro il sacratissimo Corpo di Cristo, vedeste effigiato a colori di sangue il divin Redentore; lo vedeste tutto piagato e insanguinato dalla testa ai piedi, con le punture delle spine nel capo, con le trafitture dei chiodi nelle mani e nei piedi, con la ferita nel costato, da cui uscì sangue ed acqua, con le membra così peste e lacerate dai flagelli da far perdere ogni vaghezza e quasi perfino la fisionomia di uomo al più bello tra i figliuoli degli uomini. Sublime deformità, areatrice in terra di quella celestial bellezza che rende l'uomo degno delle eterne compiacenze di Dio !

Ma, nell'atteggiamento pietoso di quell'adorabile Effigie, nella calma celeste di quel Volto Santo non vedeste voi la spontaneità del sacrificio? Non ravvisaste nello scempio di quelle sacratissime membra l'infinita carità di Dio che diede il suo proprio Figlio in balìa all'odio del mondo per farne la Vittima espiatrice dei delitti di tutta l'umanità ? E chi di voi nel meditare dinanzi a quel sacrosanto Lino il più grande e commovente mistero della divina misericordia non si sentì commosso, rapito e come imparadisato? chi non diede sfogo ai sentimenti di gratitudine, alle lagrime di compunzione? Chi negli impeti di un amore pieno di riconoscenze non promise di riamare Gesù, che tanto ci ha amati fino a diventare per amor nostro l'infame e il più addolorato di tutti gli uomini? Vidimus novissimum virorum... virum dolorum !

Se non che il dispregiato, il vilipeso, l' Uomo dei dolori, che si fece ubbidiente fino alla morte e morte di croce, Dio lo ha esaltato e coronato di gloria e di onore al cospetto del mondo : Videmus Jesum gloria et honore coronatum. Oh chi celebrerà la sua gloria?

Ecco la Sindone, la quale, dopo averci presentato Gesù nell'estremo della umiliazione, si fa annunziatrice della sua gloria e del suo trionfo. Essa, che lo accolse morto e ne assorbì fino all'ultima stilla gli umori sanguigni, onde trasu davano le sue straziate membra, fu pure dessa che sentì i primi battiti di quel cuore, in cui ritornava la vita. Fu tra le sue pieghe che l'anima di Cristo si riunì al corpo, da cui la morte l'aveva separata, e il Verbo di Dio ravvivò quella umanità, nella quale aveva patito e offerto se stesso per l'ungano riscatto. Fu dentro a quel Sacro Lenzuolo che si è operato il grande mistero della risurrezione di Colui, che è la risurrezione e la vita di tutti. E quando Gesù Cristo, risuscitato e glorioso, si slanciò fuori del sepolcro, fu la Sindone che, ripiegata là in un angolo, rendeva testimonianza della risurrezione e faceva eco alla parola dell'Angelo, , il quale, seduto sulla rovesciata lapide del sepolcro, annunziava alle pie donne che Cristo era risorto.

Aveva perciò ragione il B. Sebastiano Valfrè di dire: Che se la Croce fu l' albero del sacrifizio, la Sindone fu la veste del Sommo Sacerdote e la vela con cui la sacratissima umanità del divin Redentore, passato il golfo della morte, giunse felicemente al porto della gloria. La Croce vivo lo ricevè e lo rese morto; la Sindone lo ricevè morto e lo rese vivo e glorioso.

Sia adunque benedetta la Sindone, che non ci rappresenta soltanto l' Uomo dei dolori, ma inneggia a Cristo trionfatore della morte e coronato di gloria in cielo e in terra: Videmus Jesum gloria et honore coronatum.

Non vi stupirete perciò, se la Sindone sia divenuta meta di divoti pellegrinaggi e siano accorsi a venerarla il Beato Amedeo di Savoia da Vercelli, San Carlo Borromeo da Milano, San Francesco di Sales da Annecy e tanti altri insigni personaggi. Essi venivano ad adorare Gesù nella Reliquia che maggiormente ne porta impresse le vestigia, venivano a leggere sulla insanguinata Sindone le pagine più commoventi del Vangelo e a meditarvi, recapitolata, la storia della passione o morte, delle umiliazioni e dei trionfi di Nostro Signore; attratti dalla Sindone, venivano ad intrecciar nuove corone di gloria intorno al Capo che fu coronato di spine: Videmus Jesum gloria et honore coronatum.

E come meravigliarsi della tenera divozione dei Santi verso la Sindone, dopo gli spettacoli di fede e di pietà cristiana, spettacoli degni dei più bei secoli del cristianesimo, che noi vedemmo in questi giorni, in cui la Sindone stette esposta alla venerazione dei fedeli ? Ah, descrivete voi, o Torinesi, il muoversi ordinato, tranquillo di quelle moltitudini innumerevoli che dal Piemonte e da altre provincie d'Italia, percorrevano in file interminabili le vie della vostra città, recitando preghiere, cantando sacre laudi e volgendo il passo verso questa augusta basilica. Numerate, se potete, le carovane di divoti pellegrini, di pii visitatori che giorno e notte invadevano il tempio e si assiepavano attorno all'altare della Sindone. E quanto fervore in quei cuori! Quanto lacrime in quegli occhi! Quante preci su quelle labbra! Quanti santi propositi in quelle anime! Quante suppliche raccomandate a quel sangue, la cui voce è onnipotente ! Pareva che dicessero, additando la Sindone: - Mira, o Padre celeste, mira la tunica del tuo Figliuolo sgozzato da cattivi fratelli e, in grazia di quel Sangue, di cui è inzuppata, perdonaci le colpe, riammettici nella tua amicizia, accordaci le grazie, di cui abbisogniamo per l'anima e per il corpo, pel tempo e per l'eternità. - E non sapevano distaccar lo sguardo dalla Sindone... e troppo breve pareva loro il tempo concesso per l'adorazione e che volasse via troppo rapidamente.

Quei pellegrini avevano ragione. Sono passati velocissimi non solo gl'istanti, ma anche i giorni, e siamo ormai giunti al doloroso momento, in cui la Sindone sarà ritolta al bramoso nostro sguardo e riposta nella sua Urna.

Sindone benedetta, vessillo delle umiliazioni e dei trionfi del nostro Redentore; Sindone monda, nella quale Gesù Cristo ricuperò la vita, che aveva ricevuto nell' immacolato seno di Maria, Sindone benefica, dataci da Dio qual singolar pegno di sua protezione e predilezione, prima che ai nostri occhi sia tolto di bearsi nella visione dell'adorabile Morto, che in te stampò la propria Effigie, permetti che io deponga pel Clero e pel popolo, per me e per tutti i miei confratelli il più ardente bacio dell'animo mio su quell'immagine adorata. E tu, o Gesù pietoso, accoglilo con quella infinita misericordia e carità che ti ha reso nostra vittima ; accoglilo, e ricambialo colle tue grazie, colle tue benedizioni; - grazie e benedizioni che imploro e sull' incomparabile Vegliardo che governa in tuo nome la Chiesa; - grazie e benedizioni sulla Reale Famiglia e in particolar modo sugli augusti e generosi Sovrani che, permettendo la Ostensione della Sindone, procurarono al loro popolo giorni di santa letizia; - grazie e benedizioni su questo piissimo Arcivescovo e sopra i suoi Confratelli nell'Episcopato, sopra il Clero e sopra il popolo, sopra i credenti e sopra gli increduli, affinchè tutti ti amino, tutti ti adorino ed ogni testa s'inchini, ogni ginocchio si pieghi al suono del tuo santo e terribil Nome.

La grazia infine che sopra tutto imploro è questa, che il bacio che noi ti mandiamo tu ce lo ricambi in vita, ce lo restituisca in intorte e lo renda eterno in cielo nell'amplesso della tua carità infinita.

Sceso dal pergamo l' Ecc.mo Arcivescovo di Vercelli, l'Istituto S. Cecilia , coadiuvato dai cantori della Metropolitana, eseguisce il Te Deum del M.° Perosi, - un vero capolavoro di musica profondamente religiosa e piena di armonie - ed il Tantum ergo del Pozzolo, di effetto stupendo ; quindi ha luogo la benedizione col Santissimo. È un momento ineffabile e pieno di sacro entusiasmo : i dodici carabinieri, che facevano il servizio d'onore in presbiterio, presentano le armi : mille e mille fronti si curvano: Dio solo sta sulla moltitudine adorante! Tosto si forma il corteo per la benedizione sulla piazza, che procede a stento, tanto è fitta la moltitudine in chiesa... Il corteo si schiera sulla gradinata : le truppe presentano le armi, la bandiera si inchina, la musica intona la marcia reale, dall' alto le campane diffondono suoni di festa, dai colli giungono i rimbombi delle salve d'artiglieria. Su quella moltitudine inginocchiata, sull'esercito, sulle associazioni scende la benedizione di Dio. Un raggio di solo fende le nubi e si posa sulla scena grandiosa. Si ammira e si piange.

Poscia, rientrato il corteo in chiesa, si procedè alla riposizione della SS. Sindone con il cerimoniale d'uso, riposizione che fu poi compiuta con tutte le prescrizioni imposte, la la mattina seguente, 3 giugno 1898.

Il Principe, rappresentante S. M. il Re, il Sindaco della città di Torino, l'Arcivescovo Monsignor Richelmy, il Comitato esecutivo dell'Esposizione d'Arte Sacra e tutte le altre Autorità felicitarono ed elogiarono gli organizzatori di questi festeggiamenti. La Commissione Ordinatrice poi a sua volta votò vivissimi ringraziamenti al Capitolo Metropolitano, al Sindaco, al Prefetto e Funzionarii di P. S., al Comando della Divisione Militare, ai Reali Carabinieri ed a tutti i Circoli e Società Cattoliche per l'efficace concorso prestato.

La splendidissima riuscita di quest'Ostensione, fra tutte le passate la più importante, rimarrà monumento imperituro della fede e dell'amore dei nostri tempi.

Qui sarebbe finita questa qualsiasi memoria, se, risalendo a quella che si fece nel 1868, non avessimo riscontrato un prezioso ricordo, che ha molta relazione con le solennissime feste torinesi di quest'anno e che tornerà sommamente caro ai nostri Cooperatori.

Trent'anni or sono, un mese dopo l'Ostensione della SS. Sindone, cioè il 9 giugno 1868, veniva solennemente consacrata la chiesa di Maria SS. Ausilia trice in Torino. Lo solennità della consacrazione durarono otto giorni, durante i quali vi fu sempre un concorso smisurato di popolo da tutte le parti del Piemonte, dell'Italia, della Francia e della Svizzera, attirato dalle strepitose grazie che la Madonna Ausiliatrice operava in ciascun dì. Parve allora che la SS. Sindone, un mese prima esposta per quattro dì alla pubblica venerazione, avesse preparata la via ad una tanto grande manifestazione d'aurore verso Maria SS. Quest'anno in modo ancor più meraviglioso si ripetè lo stesso prodigio: l'Ostensione della Sindone attrasse a Torino innumeri pellegrini, ma Gesù benedetto, adorato nella SS. Sindone, li spinse pressochè tutti ai piedi della Madonna di Don Bosco, dove per le mani di Lei si compiaque largire innumerevoli, segnalatissimi favori. Questa coincidenza di date e fatti ci dice chiaramente tutta la specialissima protezione che Gesù e Maria SS. ebbero ed hanno pure oggidì per l'Opera di D. Bosco.

Sieno quindi rese a Dio Ottimo Massimo infinite azioni di lodi e di grazie da tutti coloro che formano parte dell'immensa Famiglia Salesiana, e nei nuovi trionfi riportati dalla fede e dall'amore nelle solennissime feste del 1898 risuoni soave l'eco di quelli non meno belli, nè meno splendidi del 1868.

I COOPERATORI DI TUNISI.

Con gli incoraggiamenti e la benedizione di Mons. Combes, Arcivescovo di Cartagine e Primate d'Africa, lo scorso aprile aveva luogo una imponente conferenza salesiana nella Chiesa Parrocchiale di Santa Croce, benevolmente concessa dal Rev.mo Parroco, insigne benefattore delle Opere Salesiane. Numerosissimo il pubblico intervenuto, attirato specialmente dalla fama del conferenziere D. Lodovico Bedini, e l'esito non fu inferiore all'aspettativa.

Dopo la conferenza l'egregia Signora Viola, unitamente alla figlia del Regio Console Italiano l'ornatissima Sig.na Macchiavelli, fece la solita questua con una generosità proprio magnanima. Il Signore Iddio rimeriti largamente questi nostri buoni Cooperatori e Cooperatrici del bene grande che fanno.

BENEDIZIONE DI CAMPANE.

Lo scorso mese, all'antica abbadia d'Oulx, ora ceduta alla Pia Società di S. Francesco di Sales si compiva una bella solennità. L'Ecc.mo Vescovo di Susa, Mons. G. Rosaz, erasi colà recato per la consacrazione d'un nuovo concerto di cinque campane fuse dal Sig. Giuseppe Mazzola di Torino e provvedute dalla carità di pie persone.

La funzione non poteva riuscire più solenne e commovente : tutto il popolo vi prese parte, dando così un buon attestato di stima ed affetto al proprio Vescovo, il quale confessò, predicò, assistette pontificalmente alla Messa solenne con immensa sua consolazione.

Alla sera vi fu una ben riuscita accademia per opera dei giovani dell'Oratorio festivo pur diretto dai figli di D. Bosco.

IL DECIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON BOSCO

IL Comitato Promotore dell'Omaggio Internazionale a San Francesco di Sales ed all'Opera Salesiana nel decimo anniversario della morte di D. Bosco, ha pubblicato uno splendido numero unico dal titolo espressivo CHARITAS (1). Lo scopo di questo numero unico si è di far conoscere una pagìna immortale della storia della carità nel secolo nostro, e di promuovere in pari tempo le adesioni del mondo cattolico al detto Omaggio Internazionale, e noi non temiamo punto asserire che lo scopo sarà pienamente raggiunto.

Ci piace riferìrne alcuni brani del 1° articolo, perchè servono a far meglio comprendere l'idea dell'Omaggio.

« L'anno 1898, segnalato da avvenimenti grandiosi, ed anche pur troppo da circostanze luttuosissime per l'Italia nostra, lascierà tuttavia, speriamo, una orma profonda e consolante nella storia della civiltà cristiana per la degna celebrazione del Decennio dalla morte di D. Bosco, che di questa civiltà fu promotore ammirabile ed efficacissimo.

» E caratteristica degli uomini veramente insigni, che l'Opera loro vada tanto più grandeggiando nella storia, quanto più, nel prolungarsi degli anni, se ne vede lo stupendo contrasto, e quasi diremmo la sproporzione fra gli umili inizii ed il meraviglioso sviluppo; imperocchè anche i più scettici ed i più apatici debbono dire: Digitus Dei est hic.

» Ora questa caratteristica provvidenziale rifulge e sfolgora appunto nell'Opera di D. Bosco. Nei dieci anni dalla sua morte si sono quadruplicati i membri della sua Congregazione, centuplicati i frutti svariatissimi del suo mirabile Apostolato.

» Un Monumento deve restare di questo prodigioso sviluppo decennale, e molte provvidenziali circostanze concorrono a determinarne i caratteri, fra cui le seguenti:

» E evidente la convenienza che questo Monumento si innalzi in Torino, sede principale della grande Opera, e sorga a Valsalice presso alla tomba del grande Apostolo, focolare di risurrezione sociale;

» E senza dubbio convenientissimo che questo Monumento consista in una Chiesa, poichè il Tempio di Dio fu sempre per l'immortale Don Bosco il centro de' suoi affetti, la sintesi del suo lavoro;

» E sommamente opportuno che questa Chiesa sia dedicata a S. Francesco di Sales, Patrono dell'Opera di D. Bosco, ispiratore de' suoi disegni ed esemplare della sua vita, e sostituisca l'antica Capella, angusta e cadente, del Seminario delle Missioni Salesiane, irradiazione magnifica del suo cuore;

» Ad elevare questa Chiesa è giusto, logico e naturale il concorso di tutte le Nazioni, che da quel Seminario internazionale attingono benefizii di cattolica propaganda ;

» E del pari debito di giustizia e di gratitudine che non solo i Cattolici tutti ne promuovano la costruzione, ma vi si adoperino con particolare zelo le Madri Cristiane, le Pie Donzelle, che nell'Apostolato di Don Bosco per la gioventù debbono ravvisare una delle più luminose speranze per l'avvenire della Famiglia cristiana;

» Ed infine hanno in ispecial modo diritto a caldeggiare la costruzione di questa Chiesa, Monumento dell'Opera di Don Bosco, e a mettersi dappertutto a capo del movimento, come a Torino l'Italia-Corriere, i Giornalisti Cattolici, i quali, mentre ravvisano in Don Bosco un campione indefesso della Stampa Cattolica, un modello ammirabile e tutto moderno di cattolico pubblicista, hanno pure comune coll'Opera sua il celeste Patrono, S. Francesco di Sales.

» A tutte queste convenienze pensò il Comitato Promotore dell'Omaggio Internazionale, e nulla trascura, perchè a tutte e ad ognuna corrisponda esattamente l'attuazione del pio disegno.

» Questa attuazione si presenta ora a tutti quelli, di cui s'invoca il concorso, d'una facilità sorprendente.

» Prima di chiedere offerte per la costruzione della nuova Chiesa, si tratta di costituire il Comitato Generale Internazionale, promotore dell' Opera.

» Tutti, uomini e donne, possono farne parte mandando semplicemente la loro adesione, che non importa alcun altro obbligo, fuorchè la tenuissima quota di una lira da versarsi all'atto stesso dell'adesione e con ciò ognuno è senz'altro iscritto membro del Comitato Generale, partecipando di tutti i vantaggi spirituali di preghiere e buone opere del Comitato stesso.

» Coraggio adunque! Concorrano tutti i volonterosi Cattolici alla santa impresa, e speriamo che quest'anno stesso, al tempo del CONGRESSO MARIANO in Torino, potrà collocarsi la pietra angolare della nuova Chiesa di S. Francesco di Sales a Valsalice in Torino, presso alla tomba di Don Bosco, pel Seminario delle Missioni Estere Salesiane, donde lo spirito di Don Bosco e del Salesio, che è lo spirito di Gesù Cristo, va diffondendosi per tutto il mondo a salvezza delle Nazioni. »

Noi rinnoviamo ai nostri benemeriti Cooperatori, specie ai Direttori, Decurioni, Zelatori e Zelatrici, la preghiera di voler prendere a cuore, secondo la raccomandazione del R.m° Sig. D. Rua, quest'Omaggio, col diffondere il numero unico e raccogliere la maggior quantità possibile di adesioni.

È un apostolato veramente degno dell'ora presente, perchè implicitamente si viene pure in aiuto alla Buona Stampa, la quale nell'ideato Monumento a S. Francesco di Sales ed all'Opera di D. Bosco intende pure valutare le sue forze, enumerando, con un'opera di tutta carità, l'infinita schiera di coloro che l'appoggiano e la diffondono. Ed i Cooperatori di D. Bosco non possono certo ritirarsi da quest'apostolato morale in favore della Stampa Cattolica, che anzi, precedendo gli altri col buon esempio, si mostrino degni eredi dello spirito del Salesio e di D. Bosco, sì l'uno che l'altro valorosi e magnanimi campioni della Buona Stampa.

(1) Mettiamo in nota l'indice, perche l'autorità somma degli egregi scrittori, che cooperarono alla compilazione del Charitas, e la ricchezza assoluta di interessantissime incisioni lo rendono veramente unico e superiore ad ogni elogio.

TESTO. - L'Omaggio Internazionale - S. Francesco di Sales, D. Bosco e la Stampa (Cerruti) - D. Bosco e il teatro (A. Capello) - Il P. Mauro Ricci e Don Bosco - D. Bosco e la sua azione (Soderini) - Il cantico della riconoscenza (Anfossi) - I voti del Card. Svampa - Un gentil pensiero (Cipolla) - Bologna e D. Bosco (Crispolti) - Lettera di Mons. Manacorda

A Valdocco ed a Valsalice (Rosa Fornelli) - Nobilissima adesione del Card. Capecelatro - D. Bosco e le Missioni della Patagonia (L. Ricci) - L'arte nell'Opera Salesiana (Locati) - Nel dì solenne della commemorazione (Laura) - Due preziosi documenti

L'Opera del Salesiano (Bettazzi) - Visione di pace (Grancelli) - Granelli d'oro - La Madonna di Don Bosco (Caviglia) - Il nome e lo spirito di D. Bosco (Simonetti) -Il Cooperatore Salesiano (Morganti) - L'Apostolo dell'educazione cristiana (De Mattheis) Nelle Pampas (Equini) - Da Torino a Napoli (Parlati) - L'orfano a D. Bosco (Vallega) - Una lotteria regionale ed una sottoscrizione internazionale (Franchi) - Il carattere della carità di D. Bosco (Molteni) - Fili d'oro (Mons. Parodi, Prof. Conti, Prof. Alfani, ecc.)

ILLUSTRAZIONI. - S. S. Leone XIII - Autografo di Mons. Richelmy e di D. Rua - Compositoria, stamperia, libreria, legatoria dell'Oratorio Salesiano di Torino - Ritratto di D. Bosco e di D. Rua - Camera ove morì D. Bosco - Veduta generale dell'Oratorio di Torino - Teatro dell'Oratorio - La Madonna di D. Bosco - La strada di Valsalice - Casa ove nacque D. Bosco - Amministrazione del Bollettino Salesiano - P. Lodovico da Casoria - Indii Tobas del Paraguay - Isola Dawson - L'orfanello - S. Francesco di Sales, ecc.

Si vende presso la Redazione dell'Italia Reale, del Bollettino Salesiano e presso le principali Librerie Cattoliche di ogni città al tenue prezzo di lire una: tutto il provento a vantaggio dell'erigenda Chiesa Monumentale a S. Francesco di Sales in Valsalice (Torino).

Si offre in dono a tutti quelli che si fanno collettori di cinque adesioni al Comitato Generale di detto Monumento. È questa un'occasione veramente eccezionale e noi raccomandiamo ai nostri abbonati a non volerla lasciar sfuggire.

SAN DANIELE DEL FRIULI. - Anche nell'Archidiocesi d'Udine, dove sonvi non pochi Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, si volle solennizzare il decennio della morte di D. Bosco, Ciò ebbe luogo nel duomo della pittoresca cittadella di Sandaniele.

Dapprima il Rev. Don Antonio De Bella, già Sacerdote di detta Archidiocesi e da 17 anni Missionario Salesiano nell'America Meridionale, tenne una conferenza sulle Missioni. Oltre gli abitanti del luogo, intervennero pure non pochi delle circostanti parrocchie, accompagnati dai proprii RR. Parroci.

« La vasta chiesa parrocchiale (così un diario locale), era stipata, piena zeppa di cittadini di tutte le classi. D. Antonio De Bella, Missionario Salesiano, seppe mantenersi all'altezza del nobile argomento, che formava l'oggetto della sua conferenza, senza alcuna esagerazione, senza scivolare su piccinerie, senza ostentazione di virtù particolari. Chiaro e preciso, convinto ed efficace riuscì il suo dire; tanto più ascoltato, quanto fu sincero, appassionato ed impressionante. Sandaniele, paese sinceramente liberale, ha saputo rendere il dovuto omaggio alle virtù di un uomo generoso, che informando il cuore alle sante massime del Vangelo, rinunziando ai comodi della vita, ha dedicato tutta la sua attività, tutta la sua intelligenza ad una missione di civiltà, d'amore, di progresso umano. Consta che le offerte a pro delle Missioni povere del Brasile piovvero copiose, abbondanti. E non poteva essere altrimenti. »

Il giorno seguente si celebrò l'ufficio funebre in suffragio dell'anima di D. Bosco; si cantò un Notturno colle Lodi dell' Ufficio dei Morti; indi, a richiesta del Rev. Decurione dei Cooperatori, il Missionario, ascoltato colla maggior attenzione, trattenne per circa mezz'ora i numerosi accorsi tratteggiando a brevi tocchi la vita dell'Apostolo della gioventù del secolo nostro, facendo sopratutto risaltare l' ardente di lui amore pei fanciulli e la rara abilità nell'attirarli a Dio. Seguì la Messa in terzo, celebrata dallo stesso Missionario, nella quale si fecero non poche Comunioni, e si conchiuse col canto delle esequie al tumulo.

Ringraziano vivamente il degnissimo Signor Arciprete Mons. D. Pietro Di-Lena, il Decurione dei Cooperatori, Rev. D. Luigi Narducci, nonchè gli altri sacerdoti della parrocchia e dei dintorni pel singolare impegno, con che si compiacquero onorare la memoria del nostro caro Don Bosco; ringraziamo pure tutta la popolazione che sì degnamente secondò l'invito dei suoi zelanti sacerdoti, e che con tanta generosità sia in denari che in oggetti di vestiarii accorse in aiuto alla povera Missione del Matto Grosso; Maria Ausiliatrice ottenga loro dal Signore in ricompensa le più elette benedizioni!

JESI. -Il 5 maggio scorso nella Chiesa di San Marco, gentilmente concessa dal Municipio, si celebrò solennemente il decimo anniversario della morte di D. Bosco. La Messa fu cantata dal Can. Bosi ed i giovani dell'Oratorio festivo salesiano eseguirono la Messa funebre di Mons. Cagliero,

Prima dell'assoluzione, il Sig. Can. Raffaele Zannini tessè uno splendido elogio funebre, rappresentando dinanzi al numeroso uditorio viva l'immagine di quell'uomo, che in tutta la sua vita operosissima fu un vero prodigio d'amore.

« A rendere più memorabile quel giorno, scrive la « Patria » d'Ancona, i Salesiani vollero rannodare a D. Bosco, amantissimo della musica, la memoria dell'inclita gloria nostra, Giambattista Pergolesi, dando la sera, nella sala del loro teatrino una bella accademia, erogando l'introito per il monumento, che Iesi intende erigere al suo più grande concittadino.

» Disse brevi, ma acconce parole sul grande artista il Sig. Vincenzo Filipponi, prima che fosse cantato l'inno composto appositamente dal sullodato maestro. L'inno, gli altri pezzi di musica, e specialmente la farsa musicata « Il maestro di scuola » furono di comune soddisfazione e vivamente applauditi.

» Mentre siam sicuri che D. Bosco voglia seguitare a benedire dal Cielo l'opera sua, confidiamo ancora che tutti vorranno sempre riguardare con occhio benigno i buoni Salesiani, che mentre con tanto zelo e disinteresse spendono l'opera loro poi figli del popolo, hanno avuto anche la felice idea di partecipare in qualche modo alla nobile impresa, che la città nostra, prescindendo da qualunque partito e da ogni scopo secondario, si è proposta, d'innalzare cioè uno splendido monumento all'arte incarnata nel Pergolesi. »

MISSIONI

BRASILE La Missione Salesiana nello Stato di Matto Grosso.

(Resoconto della Conferenza tenuta da D. Antonio De Bella nella Chiesa dí Maria Ausiliatrice il 23 Maggio).

MATTO Grosso è uno dei più vasti dei 21 Stati della repubblica degli Stati Uniti del Brasile, giacchè la sua estensione supera più di 4 volte quella dell'Italia. Il suo nome in lingua brasilena significa selva grande, e lo è difatti, perche il suo suolo è in massima parte coperto da folti boschi, non pochi vergini tuttora. Attesa la sua prodigiosa fertilità e la sua vegetazione favolosa, potrebbe contenere e alimentare più milioni di abitanti; ma non ne conta che poco più di duecento mila, dei quali 130 mila sono cattolici, annoverandosi fra questi alcune famiglie di negri, venute dalla costa dell'Africa; e da 70 a 80 mila selvaggi e barbari, sparsi per le immense boscaglie. Il clima è nella maggior parte assai caldo, e non molto sano; il viaggio per arrivarvi è lungo e faticoso. Il cacao, la vaniglia, il cotone, il tamarindo, il banano, gli aranci, i limoni, la così detta guajaba, il caffè, la canna da zucchero, il riso, la mandioca sono i principali prodotti di quel paese; i suoi boschi, oltre la pianta donde piove la gomma elastica detta borrascia, mostrano pare i legni più preziosi e belli, come il jacaranda, il mogano e il cedro. Si crede pure che detto Stato non sia privo di miniere d'oro, d'argento e di pietre preziose. Con tutte queste ricchezze, di che la natura lo ha provveduto, è lo Stato più povero del Brasile, e ciò sia per mancanza di braccia, e sia per l'innata indolenza dei suoi abitanti, indolenza in parte forse giustificata e dal clima soffocante e distruttore delle forze, e dalla esuberante fertilità del suolo, che con poco o nessun lavoro regala loro abbondante alimento, senza nulla dire delle altre non meno generose risorse, che per la vita trovano nella caccia e nella pesca.

Ma ciò che sopratutto deve interessare il Missionario e infervorare lo zelo dei buoni cattolici, si è la condizione religiosa e morale dell'infelice Stato di Matto Grosso. I 130 mila cristiani e civilizzati sono tali per metà, e a dirittura potrebbero dirsi inselvatichiti, paganizzati, giacchè nella loro condotta reliligioso-morale conservano non pochi usi e pratiche strane e superstiziose, aggiungendo che nell'immensa campagna tra i civilizzati v'hanno non poche famiglie che vivono affatto alla pagana. Di religione la massima parte non hanno altro che il battesimo; non pochi durante la loro vita, fosse pure lunga quanto quella di Matusalem, due volte sogliono entrare in chiesa, una in occasione del battesimo, l'altra al maritarsi ; ed in questa circostanza i giovani e le figlie si prosentano al sacerdote senza nulla sapere nè di Dio, nè di segno di croce, nè di misteri della fede, e bisogna ben sudare per dar loro qualche breve nozione al riguardo. Quando hanno dei figli, anzitutto pongono al collo del neonato degli amuleti, consistenti in denti di serpenti, ovvero in pezzetti di ossa di altri animali, da essi tenuti quali preservativi di malattie e di disgrazie. Tutta la loro religione pratica, specialmente nelle principali città e borgate, consiste nel far celebrare con straordinaria pompa di musiche, di adorni, processioni e fuochi artificiali le feste di Pentecoste, dell'Immacolata Concezione e di S. Benedetto, conchiudendo il tutto col ballo, pel quale vanno pazzi, e che protraggono dalla sera della festa fino alla mattina vegnente. Del resto nelle domeniche e feste ben pochi si vedono alla Messa; ai Sa cramenti quasi nessuno; a segno che nel 1895 nella capitale, detta Cuyabà, popolata da oltre 20 mila anime, solo 3 uomini fecero la S. Pasqua, e delle donne appena una quarantina. E come se tale mancanza di religione non fosse bastante per la perdizione delle anime, nella Capitale e nelle altre principali borgate è pure penetrato il protestantesimo e lo spiritismo, che colle loro congreghe e colla stampa empia e corruttrice non poco danno arrecano agl'incauti ed agl'ignoranti, che pur formano il maggior contingente, e che così sedotti si mostrano assai restii alla divina parola, che dì fresco si cominciò a predicar loro. Però, ciò che assai consola, quanto avversi alla religiosa istruzione ed al compimento dei doveri cristiani si mostrano gli abitanti delle città di Matto Grosso, altrettanto inclinati e ben disposti sono quelli della vastissima campagna, se ne avessero i mezzi e l'Opportunità.

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Ricercando la causa di sì lamentevole condizione religioso-morale dei cattolici di quello Stato, il conferenziere affermò essere la somma scarsezza, per non dire mancanza assoluta, di sacerdoti, giacchè per quei 130 mila, disseminati per sì sterminata estensione, non v'hanno che 7 sacerdoti, dei quali 2 col Vescovo risiedono nella Capitale, gli altri 5, sparsi in alcune delle altre principali città, sono quasi tutti, o per età, o per acciacchi, o per altro, inabili a lavorare per le anime. Lo stesso Vescovo è infermiccio, e appena può cresimare e attendere ai negozii della Curia. Qualche tempo addietro aveva come Vicario un vecchietto di 88 anni, che gli dava qualche aiuto; ora ora egli è passato a miglior vita. Uno dei due preti della Metropoli fa da Parroco della Cattedrale; e tutto il suo lavoro si riduce a dir Messa la domenica e qualche altro giorno fra la settimana; battezzare e benedire matrimonii. L'altro, per l'età e pei malanni, non può più neppure dir la S. Messa. Ecco tutto il clero di una città di 20 mila abitanti. Di sei parrocchie, in che la città è divisa, 5 sono chiuse, e le altre due aperte appena per metà.

Identica è la condizione religioso-morale delle altre città e parrocchie. Corumbà, città importante di ben 12 mila anime, ha da vario tempo a parroco un sacerdote italiano di oltre 70 anni, che non rare volte passa due o tre settimane a letto, e la chiesa parrocchiale intanto rimane chiusa. S. Luis de Caceres, altra città ragguardevole, ha un sacerdote carico di più che 80 anni e per giunta paralitico, a segno che a stento può dir Messa. Di fronte, Ciapada, importante parrocchia di campagna, ha un sacerdote che, se vale più degli anzidetti perchè men carico di età e di malanni, tuttavia lui pure ha la sua non leggiera incomodità, ed è che a tratti va soggetto ad eccessi di pazzia. Gli altri due sacerdoti addetti ad altre due parrocchie non valgono più che i ricordati per la cura delle anime. Le molte altre parrocchie sono prive affatto; di preti ; e l'antica capitale della Stato, chiamata Matto Grosso e che contiene da 4 a 5 mila anime, da ben 50 anni manca di sacerdote : solo una o due volte all'anno è visitata da un Parroco della vicina Bolivia, che, e ciò autorizzato, non fa altro che battezzare e benedire matrimonii. Si immagini quindi ognuno che sorta di Cristianesimo regni nel l'immenso Stato del Matto Grosso.

È vero che nella Capitale c'è una specie di Seminario ; il Vescovo l'ha trovato al suo entrar in sede nel 1876, con alcuni alunni fra i quali alcuni chierici e due già ordinati in sacris; ma non potè ammetterli al santuario, per motivo di gravi ed indispensabili impedimenti : a tal fatto gli altri chierici ap pesero la sottana. In questi 22 anni il Vescovo con tutto il suo Seminario è giunto ad ordinare un solo sacerdote, e questi pure venuto con lui già chierico da altra provincia; sicchè durante sì lungo tempo sparvero uno ad uno i ben pochi sacerdoti, che pur contava quell'immensa regione, senza che neppur uno vi sia sottentrato. No v'è speranza di miglior avvenire; giacchè, mentre due anni addietro frequentavano il Seminario 14 fanciulli interni, con alcuni esterni, al presente gli interni sono ridotti a 4, con uno esterno.

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Nel luglio del 1894 giunsero al Matto Grosso i Salesiani, dopo averli il Vescovo chiamati e sospirati per oltre 10 anni. Diè loro, come centro della Missione, una delle 6 Parrocchie della Capitale, e nel locale annesso si iniziò tosto un Collegio, ben presto assai frequentato, e nella Parrocchia si avviò l'Oratorio festivo, perchè, come ripeteva D. Bosco, chi voglia rigenerare una città od un paese, bisogna che cominci coll'aprire un buon Oratorio festivo, essendo questo il mezzo più potente. E ciò si ebbe il gran conforto di vedere realizzato alla lettera nella omai scristianizzata Cuyabà; giacchè, accorrendo fin dal principio assai numerosi i fanciulli all'Oratorio, si poterono, assieme agli studenti del Collegio, istruire nella dottrina cristiana, disporli numerosi alla Prima Comunione, riunirli nella Compagnia di S. Luigi, celebrare colla maggior solennità la festa del loro santo Patrono, e per loro mezzo attirare alla pratica della religione i loro stessi parenti; di guisa che, se nel 1895 solo tre uomini fecero la Pasqua., ben 17 se ne contarono l'anno dopo; e oh! meraviglia dell'Opera di D. Bosco! l'anno scorso, 1897, ben 300 uomini si accostarono al Banchetto Eucaristico per l'adempimento del Precetto Pasquale ; e si noti che uno solo è il Salesiano addetto alla Parrocchia ! Quanto più si farebbe so non dìfettasse il personale? Ecco una città di 20 mila anime riguadagnata a Cristo dall'umile Salesiano in poco più di due anni !

Nel giugno del 1895 si aperse la prima stazione alle porte dell'immenso territorio degli Indii, cominciando dall'attirare la prima delle 18 tribù, detta dos Indios Coroados, composta di ben 10 mila persone, tribù meno barbara e di più facile conquista, e che, come si spera, servirà assai bene ai Salesiani per inoltrarsi passo passo alla conversione delle altre, fino a giungere a quella dei cannibali. I Coroados pochi anni addietro erano stati condannati all'esterminio per le mene degl'incaricati del Governo, i quali per 18 anni a nome di questo avevano trattato di civilizzarli. Il compianto Monsignor Lasagna, avendoli chiesti ed ottenuti a suo carico, mandò tra loro alcuni Salesiani, due Sacerdoti, alcuni Coadiutori secolari, con tre Suore di Maria Ausiliatrice.

Dolenti che la tirannia dello spazio non ci consenta riferire nei loro particolari, come fece l'oratore, le difficoltà gravissime che il Missionario dovette superare per avvicinare quei selvaggì., le pene, i sacrifizi, cui dovette sottostare per poterli trattare, essendo affatto ignaro del loro quanto strano, altrettanto difficile idioma, e vivendo in clima cocentissimo, senza tetto e senza vitto, obbligato a fare tra loro, oltre l'ufficio di prete, quello pure di architetto, di cuciniere, di agricoltore, di boscaiuolo, ecc., conchiuderemo questa rassegna col mettere in vista le primizie dei frutti dei suoi sudori.

Nel novembre del 1896 il Presidente del Governo di Matto Grosso, recatosi alla Colonia dei Coroados, onde assicurarsi della realtà di certe dicerie che alcuni invidiosi propalavano contro i Salesiani di quella Missione, restò meravigliato quando vide i pochi selvaggi, che la scarsità dei mezzi permise di riunire, docili e sommessi al Missionario, ed applicati alcuni al lavoro del campo, altri del bosco, mentre prima erano indolenti e riottosi alla fatica; crebbe la sua meraviglia quando, passato alla catapecchia delle Suore, vide incamminata la scuola e non pochi fanciulli e ragazze già bene avviati alla lettura ed allo scrivere, e nella stanza da lavoro trovò le più grandette delle ragazze intese con una Suora a cucire ed in altri lavori loro proprii; e commosso fino alle lagrime udì nella classe di musica un coro di Indiette cantare in brasileno varie canzoni alla Madonna, e persino un Kyrie ed un Gloria in musica, appreso ad orecchio e dalla Suora accompagnato coll'harmonium. Tale è ìl frutto di appena un anno e mezzo di lavoro; di più si sarebbe ottenuto, se maggiori fossero stati i mezzi ed il personale. Che sarà di qui a 5, a 10, a 20 anni, progredendo con tal proporzione ?

Il conferenziere quindi conchiuse facendo caldo appello ai Cooperatori ed alle Cooperatrici ed ai Cattolici tutti, perchè diano una mano alla Missione del Matto Grosso, quanto povera, altrettanto piena di speranza di bei frutti di conversione. A tal fine invitò tutti a far parte o come Oblatori, o come Corrispondenti, o Benefattori dell'Opera, fondata pure da D. Bosco, detta Opera dei Figli di Maria Ausiliatrice per le vocazioni degli adulti allo stato ecclesiastico, per ottenere così di poter inviare almeno qualche Missionario colà che a mani gìunte li chiedono ; invitò pure a fare qualche offerta in denaro, od in oggetti di vestiario anche già usati, od in pezzi di stoffa di qualunque colore, che è ciò che più fa bisogno alla Missione dei Coroados, giacchè vivono pressochè nudi. La vostra sollecita e generosa cooperazione, così finì l'oratore, affretterà l'ora della civilizzazione e conversione degli 80 mila selvaggi dello Stato di Matto Grosso.

I SALESIANI IN SARDEGNA

IL giorno 20 aprile resterà memorando per la Pia Società Salesiana. Per la prima volta due figli di D. Bosco, il Rev.m° Don Luigi Rocca, nostro Economo generale, accompagnato dal Sac. D. Tommaso Pentore, mettevano piede in quell'isola per trattare l'impianto di una Casa nella città di Lanusei, centro dell'amenissima regione dell' Oliastra.

Già da molti anni i nostri Collegi del Continente, in modo particolare quello di Alassio, avevano fornito educazione a bel numero di giovani Sardi. Questi stessi nostri alunni, riconoscenti del beneficio ricevuto, insistevano per aver nel loro paese la benefica istituzione.

Sbarcati al porto Tortoli alle due di notte, malgrado l'ora incomodissima, vennero ad incontrarli al piroscafo il Can. Chilotti, rappresentante di Mons. Vescovo Salvatore De Pau, il Rev. Manunta, Vicario di Lanusei, e i due Avv. Antonio Giua e Francesco Piroddi, antichi alunni di Alassio.

Non troviamo parole per ringraziare quell'ottimo Vescovo delle cordiali gentilezze usate ai nostri Confratelli pel tempo in cui li volle suoi ospiti e pel favore e slancio con cui accolse la loro missione.

A Lanusei furono ricevuti alla stazione dai giovanetti delle Scuole schierati in fila, dal Consiglio Municipale con a capo l'egregio Sig. Sindaco e da tutta la popolazione plaudente. Fatte le prime presentazioni, furono condotti al palazzo municipale, ove vennero salutati con nobili ed affettuose parole dal Sindaco, dal rappresentante del Vescovo, che unitamente a molti altri li avevano accompagnati nel viaggio, ai quali Don Rocca rispose ringraziando e portando il saluto del Superior Maggiore , il Signor D. Rua. Furono ospitati dall'ottima famiglia Giua, e nei varii giorni che vi stettero per trattare l'impianto della nuova Casa furono circondati da mille dimostrazioni di affetto e di stima quali rappresentanti la famiglia di D. Bosco.

A Lanusei si tennero due conferenze, l'una pubblica, la domenica, nella chiesa parrocchiale, ove coll'occasione della presenza di due Sacerdoti Salesiani si celebrava con tutta la pompa la solennità della Madonna di Bonaria che ricorreva in quel giorno. Alla conferenza tenutasi al dopo pranzo vi fu un concorso straordinario e parlò con accalorati accenti Don Pentore, facendo un quadro delle Opere di Don Bosco. L'altra conferenza fu tenuta famigliarmente il lunedì ai soli Cooperatori e Cooperatrici, che in buon numero si raccolsero intorno ai due Salesiani avidi di sentire ancora parlare delle Opere del nostro caro Fondatore.

Alla partenza, quantunque l' ora mattutina non fosse troppo propizia, un gran numero di persone di tutti i ceti accompagnarono alla stazione i nostri Confratelli, i quali ad Osini goderono della compagnia del Rev. Parroco, del Sindaco e di varii amici che vollero intrattenersi colà fino a tarda ora.

Ad Osini, ospitati dal Sig. Luciano Tului, ebbero occasione di tenere altra pubblica conferenza nella chiesa parrocchiale ed accorsero , avvisati in antecedenza, amici e conoscenti dei vicini Comuni.

Lasciata Osini, si recarono, accompagnati sempre dall'Avv. Giua a Cagliari. All'arrivo ebbero festevole accoglienza da un gruppo di una ventina di antichi alunni del Collegio di Alassio e li attendeva il Rev.mo D. Uras, rappresentante Mons. Arcivescovo, che nella sua squisita cortesia mandava la sua carrozza per condurli in episcopio, ove con affetto tutto paterno accolse i figli di D. Bosco e offrì loro generosa ospitalità.

In Cagliari la conferenza che si tenne in S. Giuseppe fu presieduta da Monsignor Arcivescovo ed onorata dalla presenza dell'intero Capitolo della Cattedrale. Un numero stragrande di popolo riempiva le vaste navate della Chiesa.

« Il Sacerdote Salesiano D. Tommaso Pentore (così la Sardegna Cattolica n. 101 del mercoledì 4 maggio), esordì il suo dire coll'enumerare i mali che sconvolgono l'attuale ordinamento sociale. Mancanza di religione, di fede, di giustizia, quindi i dissesti nelle famiglie, dissesti finanziari, bancarotte, immoralità, suicidi, delinquenza precoce.

» Accennò ai rimedi che la moderna società vorrebbe apprestare a tanti mali. La forza? le feste? le leggi ? l'istruzione puramente civile? la scienza senza Dio? Tutti rimedi inefficaci che contribuiscono a rendere le masse più viziate e più perverse ancora. Quindi quai rimedi furono escogitati da D. Bosco ?

» L'istruzione religiosa, la mansuetudine, le Feste, ma dove si venera Dio, non il vizio, la scienza della divina legge, le missioni, furono le armi adoprate da Don Bosco per rigenerare tanta gioventù, che già s'avvoltolava nel brago dei vizi.

» E per primi istituiva gli Oratori festivi, dove i giovanetti del popolo, dopo aver atteso alle funzioni religiose , passano la giornata in onesti sollazzi. In appresso apriva gli Ospizi, dove a centinaia i giovanetti ricevono l'istruzione letteraria, religiosa e civile, e vengono avviati ad un mestiere. E ben 360 sono le Case di Don Bosco sparse in tutte le parti del mondo. Europa, Asia, Africa, America, sono calcate dal piede dei zelanti Salesiani. La sola America ha ben 223 Case, e queste per la maggior parte nella Patagonia, dove maggiormente spiegano il loro zelo i buoni Salesiani. A queste poi si aggiungono le numerosissime stazioni fra i selvaggi, vivendo sotto le capanne e percorrendo quelle immense plaghe ora a piedi, ora a cavallo, ora su fragili navicelle.

» Fra tutte le regioni d'Italia, la sola Sardegna non ha un Istituto Salesiano. Ebbene, le aspirazioni di tanti cattolici ben presto saranno appagate, ed il primo Collegio Salesiano sorgerà nella simpatica cittadina di Lanusei nel prossimo settembre. Ed anche Cagliari fra non molto avrà il suo Ospizio Salesiano, superata qualche piccola difficoltà che per ora vi si frappone.

» Il campo dei Salesiani dapprima ristretto agli Oratori festivi, ben presto allargò i suoi confini e furono visti sorgere Collegi, Scuole di Catechismo, Ospizi, missioni.

» Mentre a Torino, la città della beneficenza, i Salesiani erano non curati, anzi disprezzati, ora sono rispettati, venerati. D. Bosco, conoscendo che la scienza senza Dio è perniciosa, pensò di attrarre i giovanetti alla scienza col santo timor di Dio, e primaria sua virtù fu l'umiltà, la mansuetudine, mercè le quali ammansava i giovani più recalcitranti. La scienza senza Dio fa l'uomo delinquente. E prova ne sia lo spaventoso progresso fatto dalla delinquenza che, mentre nel 1872 era di 13482, nel 1892 salì a 22372 delinquenti. E nei minorenni la mancanza del principio religioso si fece sentire più ancora, giacchè mentre nel 1878 s'ebbero 42000 delinquenti, nel 1892 se ne ebbero 96,000. E mentre i figli delle tenebre per mezzo dalla stampa, propagarono l'errore ed il vizio coi cattivi giornali e con pessimi romanzi, D. Bosco colla buona stampa cercò di mettere argine alla fiumana del vizio e dell' errore. Fondava quindi delle tipografie, che per tutto il mondo disseminano a migliaia di migliaia giornali, libri religiosi, scientifici, letterari; e ben 21 sono le tipografie salesiane.

» Accenna poi all'opera meravigliosa delle Missioni, allo zelo apostolico di Monsignor Lasagna, vittima del suo eroismo, di Mons. Cagliero e di Mons. Costamagna, che tra i selvaggi d'America, arrischiano continuamente la loro vita, per attrarre anime a Dio. Difficoltà alcuna non v'è che in quelle terre inospitali cessi il loro zelo. Non disagi nei viaggi, non inclemenza di stagione, non il clima micidiale può spegnere nei loro cuori l'ardente amore per quelle anime. Accenna alle pietose industrie usate da quei Missionari per attrarre a sè i poveri selvaggi, più diffidenti dell'uomo bianco che delle stesse belve che errano per le immense loro foreste. Segni d'amicizia, regali, carezze finiscono per ammansare quei poveretti, che, conquisi dalle buone maniere dei Missionari, finiscono per affezionarsi a loro e poco per volta apprendere dal loro labbro ad amare Dio loro creatore e, rigenerati colle acque del battesimo, anch' essi farsi propagatori tra i loro conterranei del santo Vangelo di Gesù Cristo.

» D. Bosco incominciò la sua opera in proporzioni limitatissime, affidato in tutto alla divina Provvidenza, la quale non fu al certo avara con lui. La beneficenza fu quella che venne in aiuto a tante opere. L'oratore raccomandò quindi la beneficenza, chè quel che si dà ai poveri è dato a Dio, accennando alle parole del Vangelo: Avea fame e mi deste da mangiare ecc. Chiuse il suo dire, invitando tutti a pregare per i poveri Salesiani, ed assicurando che anch'essi pregheranno quotidianamente per i loro benefattori. Raccomandò in modo speciale che in questa città cresca il numero dei Cooperatori Salesiani, il cui scopo è quello di venire in aiuto dell'Opera di Don Bosco e di diffondere l' istruzione religiosa. Indicò quale incaricato speciale, al quale faranno capo i Cooperatori Salesiani, il Rev. Sac. Mario Piu nel Seminario. »

Conoscevamo già per fama quanta fede e gentilezza di tratto albergasse nei cuori dei buoni e generosi abitanti della Sardegna, ma la realtà superò l'aspettazione da rimanerne ad un tempo ammirati ed edificati.

Una parola di speciale ringraziamento pertanto inviamo al Primate di Sardegna e al Vescovo di Tortoli, che con tanto fervore e slancio di cuore benedicono l'Opera Salesiana all'ingresso delle loro diocesi. Ringraziamo pure l' ottimo Vicario di Lanusei il Rev. Manunta, il degnissimo Sindaco Cav. Luigi Mamoli, poi l'ottimo Cav. Stefano Giua con tutta la sua famiglia. Che il Signore li benedica tutti e rimuneri di quel tanto che hanno fatto pei due Salesiani loro ospiti!

I Salesiani, nel metter piede in quella terra, non da altro sentimento si sentono animati, se non di portare il loro contributo di forza e buona volontà per favorire lo sviluppo morale e religioso di quel popolo. Oh ! se la Sardegna, quest'infelice isola, che pur contiene in sè tante sorgenti di benessere morale e materiale, già una volta il granaio di Roma, potesse esser sollevata dall'incubo sotto cui trovasi, non mancherebbe certo di diventare la regina del Mediterraneo!

NECROLOGIA

La Sig.a Agodino Lorenza da Genola.

Morì in Genola il 13 aprile scorso, contando 61 anno di età. Educata fin dai più teneri anni ad una soda e sincera pietà, corrispose pienamente ai principii ricevuti. Piena di fede, ardente di carità verso Dio e verso il prossimo, manifestò colle opere quanto sentiva nel cuore. Tutta a tutti, si dedicò in modo speciale al servizio degli infermi, senza distinzione di classe, preferendo sempre i poveri. Nell'educazione delle giovanette, a lei affidate, e nell' insegnamento del catechismo fu superiore ad ogni aspettazione.

Durante il colèra dell'anno 1884, che infierì nel comune di Genola, la Agodino, dimentica di sè, offrì la sua vita al Signore, pur di alleviare o tergere i sudori dell'agonia ai colpiti dal crudel morbo; tanto che lo stesso Governo, riconoscendo i suoi meriti, la fregiò della medaglia d'argento, e questa fu ben meritata.

E Insigne nostra benefattrice, diffuse per tutte le arti dove si trovò, con zelo e costanza ammirabile, l'Opera Pia del Sacro Cuore di Gesù in Roma e fu sempre affezionatissima a tutte le altre Opere di D. Bosco, cooperando al loro sviluppo con tutti i mezzi disponibili.

I suoi funerali furono un trionfo : tutta la popolazione accompagnò la sua salina al Campo Santo. Il Sindaco unitamente ai Consiglieri Comunali, la Società Cattolica Agricola, la Società delle Maestre Catechiste, la Società delle Sarte sotto l'invocazione di Santa Catterina, tutti i Sodalizii fecero devoto ed imponente corteo; le botteghe ed i pubblici esercizi chiusi in segno di pubblico lutto, fecero testimonianza di quanto può produrre nei cuori una virtù semplice sì, ma magnanima e non mai sconfessata, di una zitella uscita da umile condizione, ma che colle buone opere, animata dallo spirito di Gesù Cristo, seppe acquistarsi la stima e la riconoscenza universale.

Sia pace alla sua anima eletta, e Dio voglia, nella sua bontà, suscitare sì nobili esemplari di virtù e pietà cristiana.

Il Teol. Luigi Biginelli.

IL Bollettino Salesiano deve a questo valoroso campione della stampa cattolica un tributo di lode e di riconoscenza. Un tributo di lode, perchè con zelo ammirabile ed infaticabile operosità seppe da solo fondare, dirigere e sostenere per ventotto anni un periodico religioso, scientifico, artistico e politico, che dal celebre Vallauri veniva giudicato il migliore d'Italia nel suo genere, l'Ateneo di Torino, diretto ora dai benemeriti Benedettini di Firenze. Un tributo di riconoscenza, perchè egli era un zelante Cooperatore Salesiano, e nel suo egregio giornale parlava sovente con lode ed ammirazione di D. Bosco, della Salesiana Congregazione, de' suoi Istituti, delle sue Missioni ed Opere.

Egli avrebbe anzi voluto cedere ai Salesiani la Direzione e proprietà dell'Ateneo per assicurarne, come egli diceva, la permanenza, e ne fece esplicita proposta al nostro superiore, il quale con rincrescimento rispose di non poter soddisfare al suo desiderio. È inutile che qui tessiamo l'elogio delle sue esimie virtù cristiane e sacerdotali, che da tanti altri giornali già furono meritamente encomiate.

Ma non dobbiamo dimenticarci di raccomandarne la bell'anima alle preghiere dei nostri Cooperatori.

NOTIZIE VARIE

I NOSTRI MISSIONARI e tre selvaggi del Matto Grosso all'Esposizione delle Missioni.

Il dì 8 maggio arrivarono per l'Esposizione tre figli delle foreste vergini del Brasile. Essi vennero dalla Colonia Teresa Cristina nel Matto Grosso, iniziata nel 1894 dall'intrepido martire Mons. Luigi Lasagna, ed appartengono alla feroce tribù dei Coroados.

Furono condotti da D. Giovanni Balzola, Direttore di quella Missione, che con vero eroismo ha sacrificato la sua vita in mezzo a quegli infelici barbari per civilizzarli e farli cristiani. I tre venuti per l'Esposizione sono giovanotti alti, tarchiati, dalla folta ed incolta capigliatura, di color bronzo oscuro, gli occhi hanno lucenti, e quantunque dalla andatura e da tutto il loro insieme ben si scorga esser ancora proprio barbari, pur lasciano intravvedere un'intelligenza capace di grande sviluppo.

D. Balzola li chiama coi nomi, il 1° Antonio, di anni 18; il 2, Federico, d'anni 16 (il più alto di tutti); il 3° Filippo, d'anni 14; non sono ancora battezzati e non parlano altro idioma che il loro Guarany inintelligibile a chiunque. Questi figli della foresta sono la meraviglia dell'Esposizione delle Missioni Americane.

Dal Matto Grosso partirono il 23 marzo, cioè impiegarono 47 giorni di viaggio, su vapori della Nord Americana.

- Insieme con questi arrivò pure il Prof. D. Lino Carbajal, Direttore dell'Osservatorio Meteorologico della Patagonia in Viedma. Esso è mandato appositamente da Mons. Cagliero per l'Esposizione. Nativo dell'Uruguay, è un primo frutto dell'educazione salesiana di Villa Colon (Montevideo), ed esprime tutto il tipo orientale. Di cultura assai profonda, porta all' Esposizione un ricchissimo contributo di cognizioni fisiche e meteorologiche.

- Un mese dopo arrivarono dall'America Meridionale ancora tre altri nostri Missionari, D. Maggiorino Borgatello e D. Vittorio Durando, provenienti dalla Terra del Fuoco, e D. Cesare Lardi dall'Argentina; anch'essi recarono il loro contributo all'Esposizione delle Missioni Americane.

UNA GRANDIOSA ADUNANZA ACCADEMICA.

Fu tenuta il giorno 16 marzo scorso, nel teatrino dell'Oratorio di Valdocco, per promuovere il concorso all'Omaggio internazionale a Don Bosco in Valsalice ed all'Orfanotrofio Cattolico della Santa Famiglia in Betlemme.

Intervennero gran numero di signore e signori dell'aristocrazia torinese, nonche di altre città d'Italia, come Milano e Bologna. Sedevano alla Presidenza le LL. EE. RR. Mons. Richelmy, Arcivescovo di Torino, Mons. Barone, Vescovo di Casale, Mons. Ressia, Vescovo di Mondovì, Mons. Filipello, Vescovo d'Ivrea, i Rev.mi Mons. Anzino, D. Michele Rua ed altri ragguardevoli ecclesiastici.

Recitatasi la preghiera d'uso, si passò allo svolgimento del programma seguente:

I. Coro d'introduzione: Tuta pulchra del Bossi (Scuola dell'Oratorio).

2. Parole dell'Avv. STEFANO SCALA.

3. JOCELIN - Berceuse (per violino) -Prof. Ellena. 4. Sac. G. PAGELLA - I Clefti (Lamenti del Pastorello Greco) -Sig.ra Lena Martinotti-Tacconis. 5. Can. Prof. EUGENIO VALLEGA - Betlemme Valsalice (Conferenza).

6, Vieux Temps -La Chasse - Prof. ELLENA.

7. Sac. G. PAGELLA - L'Orfano - Sig.ra Lena Martinotti-Tacconis.

8. Avv. Cav. ENRICO ALLOATI - Sull'Omaggjo Internazionale all'Opera Salesiana.

9 a MoszKOwsKI - Serenata prof. . Ellena. b LECLAIRE - Tambourin )

10. SCHUMANN - I due Granatieri - Sig.ra Lena Martinotti-Tacconis.

II. Parole di ringraziamento del Rev.mo D. RUA. 12. Coro finale: Super flumina Babylonis del GouNOD (Scuola dell'Oratorio.)

I3. Parole di chiusa e benedizione di S. Ecc. Rev. Mons. Arcivescovo.

A questo sceltissimo programma si fecero due aggiunte. Trovandosi presenti due dei selvaggi arrivati dal Matto Grosso con D. Balzola e D. Carbajal, i due Missionari furono pregati di rivolgere una parola all'eletta adunanza. Ed essi di buon grado lo fecero, fortunati di poter portare il contributo dell'America civile e selvaggia all'Omaggio internazionale a D. Bosco nel decimo anniversario della sua morte.

L'adunanza non avrebbe potuto riuscire nè più splendida, nè più soddisfacente sotto ogni riguardo. Del che va data una giusta lode all' organizzatore di essa, il Rev.mo Can. Eugenio Vallega, tanto benemerito dell' Opera Salesiana in Betlemme.

UN COOPERATORE DECORATO dal S. Padre.

Ci è grato portare a conoscenza de' nostri Cooperatori un fatto, che prova l'interessamento del Santo Padre per le Opere Salesiane e la sua soddisfazione nel vederle promosse ed aiutate. In Liguria è ben noto il nome dell' Ingegnere Giuseppe Massardo, uomo, in cui fede, ingegno, cuore e amore all'arte si intrecciano in bella armonia, ed il quale portò sempre l'illuminato e disinteressato suo concorso alle opere di religione e di pubblico bene. Sarebbe sufficiente ciò che egli fece pel Santuario della Guardia in Val Polcevera e per la Chiesa di Besato per dire che egli bene meritò della religione e dell'arte. Ma verso le Opere Salesiane mostrò singolare sollecitudine come quelle che appaiono convenienti ai bisogni dei tempi e necessitano di maggiore aiuto. Per lunga serie d'anni e con affetto sempre vivo lavorò per l'adattamento dell'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in S. Pier d'Arena, assistette e diresse i restauri della Parrocchia di S. Gaetano, diede i disegni per nuovi ampliamenti del Collegio di Varazze e per l'Educatorio e Chiesa delle Figlie di Maria Ausiliatrice nella stessa città. Il S. Padre, a cui non sfugge il merito vero, volle premiarlo nell'Ingegnere Massardo, e il Sig. Don Rua nostro Superiore fu lieto di poterne fare a Sua Santità le richieste testimonianze. Con Breve Pontificio veniva conferita al sullodato Ingegnere la decorazione dell'Ordine di S. Gregorio Magno.

Ecco come il giornale Il Cittadino riferisce la cara funzione, in cui venne comunicata al novello Cavaliere

« Il 12 aprile, nell'Ospizio Don Bosco, ebbe luogo la presentazione solenne del Breve Pontificio e la, consegna della Croce di S. Gregorio Magno all'egregio Ingegnere signor Giuseppe Massardo.

» Pel decorato fu una sorpresa. Chiamato, come tante volte, per prestare l'opera sua a benefizio del Pio Istituto, venne condotto in una sala, acconciamente disposta con trofei e bandiere, dove il Rettore Don Giovanni Tamietti diè lettura del Breve ed il Dottor Giovanni Marenco, rappresentante del Rev.mo Don Michele Rua, affisse sul petto del neo-cavaliere la croce d'oro.

» Si declamarono prose e poesie, e l'Ingegnere rispose commosso che avrebbe continuato nella via intrapresa, cioè (sono parole del Breve) a prestare amorosamente l'opera sua nella costruzione e decorazione di sacri edifizi, specie della Congregazione Salesiana.

CONFERENZE SULLE MISSIONI.

Il Missionario Salesiano D. Antonio De Bella, ritornato in Italia dopo aver passati 17 anni nelle Missioni Salesiane dell'America Meridionale, incaricato dai Superiori, ha percorso nel passato inverno buona parte della sua vasta Archidiocesi d' Udine dando conferenze sulla povera Missione dei selvaggi del Matto Grosso, nel Brasile, dove egli pure sparse qualche tempo i suoi sudori. Ritornò a Torino sommamente soddisfatto, riferendoci che ovunque fu accolto ed ascoltato col maggior interesse e consolato con generose offerte tanto in denaro come in vestiarii. Sammardenchia d'Udine, piccolo villaggio dove più numerosi sono i Cooperatori Salesiani, dovuto allo zelo veramente eccezionale del Cappellano, il Rev. D. Antonio Ferigutti, fu dove il Missionario, in seguito alle ripetute e vive istanze di quei buoni contadini, esordì il corso delle sue conferenze, e dove pure quella povera gente rispose al suo appello col maggior entusiasmo. Cleulis, poverissimo villaggio di 600 abitanti, sull' alto delle Alpi Carniche, dove D. De Bella fu per quattro anni Cappellano, si segnalò in modo straordinario nell'offerire una elemosina relativamente più generosa di qualsiasi altro paese, sottomettendosi tutte le famiglie a ben penosi sacrificii e privazioni per procurarsi l' obolo per la Missione. Tarcento, Artegna, Lusevera, Monteaperta, Attimis, Nimis, Cergneu, Subit, Procenicco, Canébola, Talmassons,

Morsan di Strada, Mortegliano, Castions di Stradalta, Lestizza, Mereto di Tomba, Moggio, Basaldella, Codroipo, e varie parrocchie della Forania, ed in fino Sandaniele gareggiarono nell'offrire soccorsi al Missionario, segnalandosi in generosità relativa i più poveri; giacche vi furono povere donne, che non avendo altro che dare, piangendo si cavavano di dosso il grembiale, od il fazzoletto di testa per mandarlo a coprire la nudità dei selvaggi. S'abbiano tutti i nostri più cordiali ringraziamenti. Maria Ausiliatrice ne ottenga loro da Dio la meritata ricompensa.

ALL'ISTITUTO S. CATERINA IN VARAZZE.

Lo scorso marzo, e precisamente nella solennità di S. Giuseppe, in Varazze, veniva solennemente benedetta la nuova Cappella dell'Istituto Santa Caterina, diretto dalle Suore di Maria Ausiliatrice.

Il veneratissimo nostro Superiore D. Rua compì la bella funzione assistito dai Rev.mi Canonici Angelo Scappardini e Giuseppe Rosso.

La nuova Cappella, opera dell'esimio Ing. Giuseppe Massardo, è un vero gioiello: è dedicata alla nostra gran Patrona, la Madonna Ausiliatrice.

Compiuto il sacro rito, si cantò la Messa solenne, celebrando lo stesso R.mo D. Rua, e le educande dell'Istituto interpretarono con grazia la Messa Santa Cecilia del Gounod.

Alla sera pure bellissime funzioni : la conferenza salesiana tenuta da D. Rua, con quell'unzione che gli è sempre propria, e quindi la benedizione del SS. Sacramento con esecuzione di scelta musica

Poscia, avendo con gentilissimo pensiero, fatto coincidere con questa solenne funzione il 25° anniversario della fondazione dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, vi fu una splendida tornata accademica musico-letteraria, che suscitò in tutti sommo entusiasmo ed indelebili rimembranze. Non si avrebbe proprio potuto desiderar di meglio e basti il dire che tutto riuscì superiore ad ogni elogio.

Alcuni giorni dopo, la nuova Cappella, parata a lutto, raccoglieva tutti gli amici e benefattori di Don Bosco e dell'Opera sua per suffragarne l'anima benedetta. Fu eseguito dagli alunni del Collegio Civico la grandiosa Messa funebre di Mons. Cagliero ed il Rev.mo Canonico Rosso disse commovente l'elogio funebre.

Di tutto sia lode e grazie infinite alla nostra buona Madre Maria SS. Ausiliatrice.

BIBLIOGRAFIA.

Vita di S. Massimo, Vescovo di Torino, narrata al popolo dal Sac. G. B. FRANCESIA. Terza ristampa. S. Benigno Canavese. Scuola Tipografica Salesiana, 1898. Edizione economica L. 0,25; edizione elegante, L. 0,50.

Il dottore in lettere D. Giov. Batt. Francesia dell'Oratorio Salesiano, di cui, non ha molto, abbiam raccomandato la vita di S. Ambrogio, in questo suo San Massimo dimostrasi proprio vero discepolo del nostro D. Bosco nello scriver pel popolo; ed eziandio il presente libro gli riuscì nobilmente popolare. Dico nobilmente; chè egli nello acconciarsi ai più, la lingua e il fare seguita dei più, svolgendo la sua materia con facile erudizione, e con fruttuosa agevolezza. E bene si addiceva che uno dei meglio valenti personaggi della valentissima città di Torino, come chiamolla Polibio, ricevesse condegna illustrazione in questi giorni; chè noi, rinfrescando nella memoria le nobiltà e le glorie passate, ci sentiamo quasimente ringiovaniti, ed esaltati in noi stessi al sentirci figliuoli di tal patria.

Di S. Massimo, da cui si inizia la serie certa dei Pontefici di nostra Diocesi, parla il Cibrario nella sua storia di Torino; nè di lui si è dimenticato ragionare il venerato mio maestro il cav. Pier Alessandro Paravia in una delle sue lezioni di storia subalpina, le quali, lette allora all'Università, piacquero tanto, e piaceran sempre, come incontra delle cose belle e buone. E per tacere del Prof. D. Carlo Ferreri, troppo presto da morte rapitoci, colui che si travagliò a far conoscere il gran Pontefice nostro, fu del sicuro un patrizio torinese chiarissimo, che ben cinque volte sedette sindaco della città, e di S. Massimo studioso e amante tanto avanti mostrossi, che si accinse, nelle ore bruciate, di voltarne in limato italiano le omelie e i sermoni. E questi fu niente meno che il conte Saverio Provana del Sabbione, membro della R. Accademia delle Scienze, e forse il primo che nel dettare latine e classiche inscrizioni maggioreggiasse in Piemonte prima di Carlo Boucheron e di Tommaso Vallauri.

Il Francesia ci conduce S. Massimo da Vercelli, donde era nativo, a Torino, in cui, tutto che di età giovanissimo, fu innalzato alla dignità episcopale. Qui fu il campo della sua attività, della inesauribile carità, di cui tutto era investito; qui dove il fonte aprì di sua profonda e incisiva eloquenza. Tra noi sbarbicò le serpeggianti radici del paganesimo inveterato, e scrisse tra l'altro lo famoso pagine: « De idolis auferendis de propriis possessionibus; » tra noi adunò un concilio, strinse l'episcopato transalpino al Gallico-Narbonese, corroborandoli ad assodare la fede di Gesù Cristo in queste contrade. Con che gagliardia si adoperasse l'uom mandatoci da Dio lo provano a bastanza i monumenti atterrati che molti sorgevano ad onore dell'Imperatore Giuliano, e gli edifizi sacri murati sui ruderi dei templi frequentati dai pagani.

La figura poi di S. Massimo giganteggia in mezzo alle rovine e alle miserie onde erano Milano e Pavia oppresse, e tra la costernata Torino istessa all'approssimarsi di Attila, fiero flagello dell'occidente.

Mentre altri si affanna ad afforzar le mura, e i paurosi si acconciano di abbandonare le case a fine di provvedere allo scampo, il Santo Vescovo confortare i cittadini, infondere in essi la propria tranquillità e speranza, e obligare tutti a confidare nella divina dispensazione. Attila venne e Torino non cadde.

E' consolante che siffatte cose aperte risultino dal severo volume dell'antica storia di Torino, dettata con studio e perseveranza mirabili dal nostro incomparabile Carlo Promis.

Ma io ben vorrei che la vita di S. Massimo, ordinata con semplicità, con amore e col desiderio di giovare ai suoi concittadini dal nostro Don Francesia, andasse nelle mani del popolo, per cui solo fu pubblicata. E' questo, io penso, l'unico premio che di sua non superba, ma onorata fatica si aspetta l'autore.

VINCENZO LANFRANCHI.

Cooperatori defunti in Aprile e Maggio 1898.

1 Aghetta Giovannina - Torino.

2 Agnanno D. Antonio - Monte San Giuliano (Trapani).

3 Badano Battistina in Pizzorno - Sapello (Genova).

4 Baldonl Cav. Giuseppe - S. Angolo in Pontano (Macerata).

5 Barbagli Gili Margherita - Viciomaggio (Arezzo).

6 Barberi Corinna - Torino.

7 Belletti D. Girolamo - Galliate (Novara).

8 Benzi D. Giovanni, Parroco - Bagnolo (Cremona).

9 Berlenda Dott. Luigi - Pancalieri (Torino).

10 Bernardi Don Giuseppe, Parroco - Lovoleto (Bologna).

11 Bianco Gioachino fu Pietro - Vaidivilla (Cuneo).

12 Bontempo Teresa - Pinerolo (Torinol.l

13 Bruni Dott. Vincenzo - Sinigallia (Ancona).

14 Campile Giuditta - Gavirate (Milano).

15 Canali Filippo - Monza (Milano). 16 Caprile Prof. Domenico - Genova. 17 Caretto Teresa Ved. Gianelli - Torino.

18 Carli D. Ignazio, Parroco Decano - Vigo (Trento).

19 Casarotto Gaetano - Montecchio (Verona).

20 Castelli Gio. Batta. - Nevi Ligure (Alessandria).

21 Casto Francesco - Montalto (Alessandria).

22 Chiappara Anna - S. Cipriano (Genova).

23 Chioriclietti Don Carlo - Corbetta (Milano).

24 D'Alborti Giovannina - Stabio (Sviz

25 Dalla Valle D. Tito - Merlara (Padova).

26 De Piero Mons. Evangelista Abate Mitrato V. F. - Monselice (Padova).

27 Dompè Antonio - Brosasco(Cuneo). 28 Faraci Don Nazareno - Mazzariuo (Caltanisetta).

29 Folli Caterina Ved. Brizi - Monteleone Sabino (Perugia).

30 Filippi Canou. Giovanni - Saluzzo (Cuneo).

31 Finello Guglielmo - Riva di Chieri (Torino).

32 Foco Francesco - Torino.

33 Formiglieri in Sotti (Signora) - Mantova.

34 Gallo Apollonia - Morano (Alessandria .

35 Giorla Beltrami Anna Maria - Omegna (Novara).

36 Granafoi Rosalia - Serravalle in Mesagne (Lecce).

37 Grumelli Marietta - Rudiano (Brescia).

38 Lampiano D. Giovanni - Marentino (Torino).

39 Levrero Teresa Ved. Tagliavacche Pontedecimo (Genova).

40 Maddalena Antonietta - Strambino (l'orino).

41 Mangoni Contessa Maria n. Romano - Napoli.

42 Martelli D. Gaetano. - Palestrina (Roma).

43 Marchetti Lucia n. Alessio - Casale Monferrato (Alessandria).

44 Montarolo D. Salvatore, Can. Prov. V. F. - Crescentino (Novara). 45 Morandini Giacomo - Bienno (Brescia).

46 Nolfi D. Matteo - Palanzo Como). 47 Perozzi Angelica - Gordola Canton Ticino).

48 Polacco D. Francesco - Mareno di Piave (Treviso). 49 Poli Luigi - Capo d'Istria (Litorale). CO Pozzi Enrichetta - Torino. 51 Reano Giuseppe - Torino. 52 Ricci D. Gustavo, Arciprete - Mondolfo (Pesaro).

53 Ricco Giovanni - Spezia (Genova). 54 Sarnari Carolina Ved. Patrignani - Macerata.

55 Scalzotto Eugenia - Orgiano (Vicenza).

56 Scarpa Giovanni Quogolo - Pellestrina (Venezia).

57 Schiavi Lorenzo - Onore (Bergamo). 58 Settimane Maria - Valdivilla (Cuneo).

59 Staccione Margherita n. Racca - Torino.

60 Staffa Giulia - San Pier d'Arena (Genova).

61 Tiraboschi Don Celestino, Can. - Bergamo.

62 Torriani Teresa Ved. Mantelli - Casale Monferrato (Alessandria). 63 Turletti Can. Casimiro, Uff. dell'Ordine Mauriziano - Savigliano (Cuneo).

64 Vivalda Maurizio, Notaio - Roccaforte (Cuneo),

65 Weber Aquilino - Molina (Trento). 66 Zanardini Maria di Bortolo - Pisogne (Brescia).

67 Zanni Maria fu Giovanni - Faimonta (Novara).

68 Zighetti Don Luigi - Codogno (Milano

69 Zola dei Conti Mons. Salvatore Luigi, Vescovo - Lecce.

Pater, Ave, Requiem.