BS 1890s|1890|Bollettino Salesiano Luglio 1890

ANNO XIV - N. 7.   Esce una volta al mese.   LUGLIO 1890

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario. - L'Ausiliatrice di Torino nel 25° anniversario della fondazione del tempio a Lei dedicato presso il primo Oratorio di Don Bosco. - La solennità di Maria SS. Ausiliatrice e il monumento di Torino a D. Bosco. - La conferenza di Don Rua alla vigilia della festa o la benedizione della Cartiera di S. Francesco di Sales in Mathi. - Domanda e risposta. - Grazie ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice. - Don Rua. - Norme pei collettori delle offerte. per la Pia Opera del Sacro Cuore di Gesù in Roma.- Corrispondenze Lucchesi. - Notizie dei nostri Missionari : dalla Patagonia. - Festa di Maria Ausiliatrice o conferenze Salesiane in varie città o paesi. -Esercizi spirituali per le Maestre ed altre pie Signore e Cooperatrici Salesiane. - Bibliografia. - Cooperatori defunti.

L'AUSILIATRICE DI TORINO NEL 25° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL TEMPIO A LEI DEDICATO presso il primo Oratorio di Don Bosco

La solennità di Maria SS. Ausiliatrice in Torino riusciva quest'anno oltremodo consolante ed imponente.

Vi ammirammo tanto concorso di popolo, tanto entusiasmo di fede da dover esclamare : È un trionfo per la nostra Madre Ausiliatrice !

Un pensiero al passato.

Venticinque anni fa che vi era di questo tempio? Se ne eran gettate appena le fondamenta. Parevano sogni le predizioni che il venerando D. Bosco faceva allora sullo sviluppo di divozione che si riprometteva per Maria in quel futuro santuario. Il 27 aprile pertanto del 1865, alla presenza di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d'Aosta ; del conte Costantino Radicati, prefetto di Torino; della rappresentanza della Giunta municipale, e di altri ragguardevoli signori, Monsignor Antonio Odone, vescovo di Susa, avuta facoltà dal Vicario Capitolare di Torino essendo vacante la sede Arcivescovile Torinese, benediceva solennemente le fondamenta del nuovo tempio e collocava la pietra angolare del medesimo. I lavori progredirono alacremente e nel giugno del 1868, vale a dire dopo il breve spazio di soli tre anni, la Chiesa di Maria SS. Ausiliatrice era finita e veniva consacrata ed aperta al pubblico culto.

Oggi ricordando il passato e raffrontandolo col presente, l'animo si commuove ed il cuore grida nell'entusiasmo dell'ammirazione: Viva Maria Ausiliatrice !

Fin dalle prime ore del mattino del giorno 3 di giugno, sacro in quest'anno a Maria SS. Ausiliatrice, nel tempio a Lei dedicato vi era già un gran numero di fedeli che andavano via via moltiplicandosi, già subito ne erano assiepati i confessionali e la sacra Mensa. Alle ore 7 celebrava la Messa della Comunione generale Mons. Basilio Leto, titolare di Samaria, circondato da numerosissimo Clero. Alla S. Comunione, che quasi senza interruzione già si, faceva fin dalle prime ore del mattino, quando vi prese parte il Vescovo per comunicare il Clero, si dovettero delegar tre sacerdoti per comunicare il popolo.

Alle ore 10 il Clero ed il servizio disponevansi per la Messa solenne. Il celebrante Mons. Donato Velluti-Zati. dei duchi di S. Clemente, Vescovo titolare di Oropo, entrava nel presbiterio ed indossava gli abiti pontificali. Alle 10 1/2 entrava S. E. il Cardinale Alimonda, nostro veneratissimo Arcivescovo, ed ascendeva in soglio per l' assistenza in cappa magna.

Per quest'occasione era stata, preparata una grandiosa Messa in musica del Rev.do P. Pier Battista da Falconara dei Minori Osservanti. L'umile figlio di San Francesco, che era venuto fra noi da Roma in questi giorni, fu assai soddisfatto dell'esecuzione che i nostri giovani cantori, aiutati da ragguardevoli maestri e dilettanti di musica della città, fecero del suo lavoro. I cantori erano in numero di circa trecento, quindi i cori riuscivano maestosi ed imponenti. Al Gloria piacque e commosse l'udire, dopo l'intonazione data dal Vescovo, l'uscita improvvisa di un coro di soprani e contralti, i quali dall'alto della cupola facevano echeggiar soavemente le loro voci ripetendo da soli le prime parole dell'inno ed intrecciando poscia a più riprese le loro armonie con quelle del coro maggiore, che era nell'orchestra sopra la porta grande del tempio. Pareva che il Cielo s'unisse alla terra nel cantar gloria all'altissimo Dio e pace agli uomini di buon volere.

La maestà dei sacri riti, il numerosissimo Clero che in contegno devoto circondava coi due venerandi Prelati il sacro altare, il ricco ed artistico apparato che ornava tutto il tempio, il succedersi dei soavi ed armoniosi suoni e cantici, la vista di un affollato popolo che divoto prostravasi ad invocar Maria, era tutto un assieme che infondeva nell'animo le più dolci consolazioni della fede e riempiva il cuore d'amore per Maria.

Nel pomeriggio fu un continuo accorrere di fedeli avanti all'altare maggiore, su cui è posto il gran quadro della Vergine Ausiliatrice, e presso la statua di Lei, collocata tra un trionfo di fiori e di cerei.

Alle ore 6 incominciarono i Vespri solenni. La musica di vari autori, sempre diretta dall'esimio maestro Dogliani ed eseguita dai cantori del mattino, riuscì mirabilmente. Non possiamo tacere del maestro Galli di Milano, pur egli intervenuto ad onorarci della sua presenza in questi giorni. Il suo inno ben rispondeva alla pompa solenne con cui festeggiavasi la Gran Madre di Dio. Di mirabile effetto riuscirono come sempre i salmi di Monsignor Cagliero, il cui Laudate pueri è d'una soavità inarrivabile e nella sua sublime semplicità rapisce l'animo.

Dopo i Vespri saliva il pergamo il pio e dotto Vescovo Mons. Donato VellutiZati dei duchi di S. Clemente, che al mattino aveva pontificato. Tesseva con viva eloquenza uno stupendo panegirico. In fine ebbe nobilissime parole pel gran servo di Maria il venerando D. Bosco, quale fondatore del tempio e di istituzioni innumerevoli, che, sotto la protezione di Maria Ausiliatrice , crebbero mirabilmente e vanno prodigiosamente sviluppandosi sempre più (1). Alla benedizione col SS. Sacramento venne eseguito un Tantum ergo in musica, prezioso lavoro del sullodato P. Pier Battista da Falconara

Erano le otto e mezzo di sera. Il Santuario rischiarato da mille faci e gremito di gente silenziosa e divota; l'altare maggiore per la pietà dei fedeli bellamente adorno e risplendente quale una reggia; il Figlio di Dio immortale ed invisibile, che dall' Ostia esposta su magnifico trono, come di sotto a candido velo, riceveva l'omaggio dell'adorazione e dell'amore di un popolo immenso; l'immagine di Maria Ausiliatrice, che dall'alta ancona aveva l'aria di una Madre sorridente agli affezionati suoi figli; un coro di trecento voci che con isquisita armonia facevano risuonare l' aere di soavi melodie; tutto questo veduto, udito, sentito ad un tempo presentava uno spettacolo indicibile; spettacolo che risvegliava la fede, infiammava i cuori, sollevava dalla terra, innalzava al Cielo, dando una qualche immagine delle arcane cose, colà preparate ai veri amanti di Dio.

Dopo le sacre funzioni, mentre ancora il tempio, la piazza di fronte e le vie attigue rigurgitavano di popolo, la cupola compariva artisticamente illuminata a gaz nella sommità, ove appariva splendente la grande statua di Maria (di fresco indorata) che colà sorge in atto di benedire il popolo.

Nel tempo stesso gran numero di devoti presero a cantare lodi a Maria sotto le vòlte del tempio, e pareva che non sapessero più allontanarsi dall'immagine di Colei, che essi chiamavano nei loro canti coi titoli più consolanti che la fede dà alla Madre di Dio, alla Potentissima Ausiliatrice del popolo cristiano.

Feste più belle, diceva il popolo, non ne vedremo che in Paradiso!

(1) II medesimo zelantissimo Vescovo aveva predicato con unzione pari alla sua profonda dottrina e mirabile facondia le ultime tre sere della novena. Nei primi due discorsi trattò della santità di Maria e nel terzo del culto di Lei nell'avvicendarsi dei secoli e nello sviluppo della fede cristiana.

Negli altri giorni della novena e del mese Mariano predicò con facile parola e pastorale unzione, trattando argomenti di molta efficacia e con grande frutto dei numerosi uditori, il Rev.m° Teol. Don Felice Reviglio, già allievo di D. Bosco, ed ora degnissimo Parroco di S. Agostino nella nostra città.

LA SOLENNITÀ DI MARIA SS. AUSILIATRICE E IL MONUMENTO IN TORINO A D. BOSCO.

(Dall'ottimo Corriere Nazionale di Torino).

Le splendide feste celebratesi nella maestà dei riti, nell'armonia dei canti, nel concorso immenso del popolo, per la solennità di Maria SS. Ausiliatrice in Valdocco, hanno assunto quest'anno una speciale importanza, sia perchè in esso si compie il venticinquesimo anno dacchè si benediceva la pietra angolare del glorioso Santuario, sia perchè quest' anno giubilare si vuol coronare coll'adempimento di un voto carissimo al cuore di D. Bosco, cioè la decorazione interna ed esterna del magnifico Tempio; lavoro questo a cui i figli di D. Bosco posero mano alacremente, dedicandolo, con nobilissimo pensiero, come monumento a D. Bosco in Torino; e a noi pare che la decorazione non potrà dirsi compiuta finchè sulla piazza che si allarga davanti la Chiesa non sorga la statua del grande Apostolo di carità, simboleggiando nel marmo ciò che egli. ha fatto per tutta la sua vita; chiamando cioè, invitando e conducendo i pargoli, e quel gran pargolo che è tutto il popolo, al Santuario di Maria, all'altare di Dio, a' piè della Croce, unica e vera soluzione di tutte le questioni sociali.

Quanto movimento di fede e di devozione in pochi anni ! Era Valdocco un quartiere quasi dimentico nella nostra città, ora invece un popolo immenso accorre per venerare l'Augusta Madre di Dio, e per ammirare le opere di un suo devoto, il venerando Don Bosco. Nel breve spazio di tre anni il grandioso Santuario fu eretto e veniva solenne mente consecrato il 9 giugno 1868. D. Bosco, dopo questo monumento a Maria in Valdocco, erigeva ancora a Torino la elegante e sontuosa Chiesa di San Giovanni Evangelista lungo il corso Vittorio Emanuele, il monumentale Santuario del Sacro Cuore in Roma. un secondo Santuario del Divin Cuore nel Brasile, la Chiesa di Santa Rosa in Montevideo, la Chiesa di Maria Ausiliatrice in Bordighera, altra in San Nicolas nell'Argentina, il Santuario del Carmine in Patagones, e per mezzo dei figli del suo Oratorio primario, sparsi per tante parti del mondo, erigeva parrocchie, cappelle ed altri sacri monumenti in buon numero ; ma prima di morire aveva ancora un progetto in cuore, ed era appunto di decorare riccamente con marmi e pitture il Santuario di Valdocco. Il pio desiderio del padre divenne un comando pei figli, che, come accennammo, posero mano all'opera, dedicandola come monumento a D. Bosco. La decorazione dell'esterno della Chiesa e della ricca facciata è già quasi condotta a termine, e nell'interno si lavora con alacrità.

Chi può dimenticare Don Bosco in quel Santuario ? Ci par ancor di vederlo nell'occasione delle grandi solennità circondato da turbe di fedeli che si prostravano dinanzi a lui per essere benedetti. Ci par di udirlo nelle conferenze che ci teneva da quel pulpito ai suoi Cooperatori di Torino, parlare di Maria con dolce ed inspirata parola. Nei suoi viaggi in Francia, in Ispagna, nell'Austria egli aveva parlato del Santuario di Maria Ausiliatrice ed ogni anno vi si vedevano accorrere da quelle lontane regioni non pochi divoti, che, riconoscenti per favori ricevuti all'invocazìone di Maria, venivano a ringraziare la Divina Madre presso il suo altare in Valdocco; pio concorso che non venne meno mai e che ogni anno ancor si ripete.

La divozione a Maria Ausiliatrice venerata in questo Santuario prese ben presto proporzioni mondiali. Negli ultimi anni di sua vita D. Bosco riceveva lettere per raccoman dazione di preghiere da farsi all'altare di Maria, non solo dall'Europa e dall'America, ma dall'Asia e dall'Oceania; e ciò che pare più curioso, non solo da Cattolici, ma da Protestanti, da Scismatici e persino da Maomettani. Questa corrispondenza si ripete oggi col successore di D. Bosco, il Sac. Michele Rua, che continua e rinnova i prodigi di carità dell'amatissimo Padre.

La solennità di Maria SS. Ausiliatrice poi per comodità dei divoti in questi ultimi anni si prese a celebrare in tante città e paesi nell'antico e nuovo continente, ove sono sparsi i figli di D. Bosco e gli innumerevoli suoi cooperatori. Tuttavia lo spettacolo di fede e di divozione che ammirasi in tale occasione in Valdocco attira pur sempre il cuore dei divoti al Santuario di Torino.

L'anima del venerando Don Bosco avrà esultato di gioia e benedetto dall'eternità ai divoti innumerevoli accorsi al grande Santuario da lui dedicato a Maria.

LA CONFERENZA DI D. RUA ALLA VIGILIA DELLA FESTA e la Benedizione della Cartiera di S. Francesco di Sales IN MATHI

Il lunedì 2 giugno, nelle ore pomeridiane, eransi raccolti in gran numero nel Santuario di Maria SS. Ausiliatrice i Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane di Torino e dei paesi limitrofi per la conferenza che ogni anno si suol tenere nell'occasione della festa di Maria Ausiliatrice.

Alle 3 1/2, dopo breve lettura ed il canto di un mottetto, ascendeva in pulpito l'amatissimo D. Rua. Salutò con affetto il numeroso e distinto uditorio, composto di amici ed ammiratori del compianto Don Bosco e diede interessante relazione dei suoi viaggi fatti in quest'anno nel mezzodì della Francia e nella Spagna, quindi al nord della Francia, nell'Inghilterra e nel Belgio per far visita ai diversi Istituti della nostra pia Società ed ai Cooperatori Salesiani di quelle contrade. I nomi di quei paesi e di quegli Istituti non riuscivano del tutto nuovi ai Cooperatori di Torino, perchè già erano stati ricordati dal venerando D. Bosco, quando in simiglianti conferenze soleva parlare di quelle e delle altro fondazioni, frutto del suo zelo fecondissimo. Ma alla mente di chi ricorda Don Bosco, le sue parole, i suoi progetti, e quello che è più le sue opere sparse in tanto parti del mondo e piene di tanta gagliardia di vita, viene spontanea l'esclamazione: quanta attività, quanta operosità !

Era nel nome e coll'aiuto di Maria, ripeteva D. Rua, che sviluppavasi nelle mani di D. Bosco la rete di tante e sì mirabili opere.

Ma vivranno esse ancora dopo la morte del fondatore ? Alcuni amici di D. Bosco ne erano assai trepidanti. Oggi invece il cuore d'ognuno si riconforta. Non solo le opere intraprese vivono, ma, come si apprendeva dalla detta conferenza, tutte vanno sviluppandosi con provvidenziale incremento. Mercoledì 4 giugno la benedizione di Dio veniva implorata solennemente sovra una di esse.

L'amato nostro Padre D. Bosco per provvedere la carta alle diverse tipografie salesiane aveva comperato una cartiera in Mathi Torinese. Lo scoppio della caldaia, avvenuto poco dopo, gli porse motivo a nuovi progetti. Nell'Esposizione Nazionale di Torino del 1884 fu esposta la nuova grandiosa macchina per la cartiera di Mathi, che Don Bosco aveva poco prima acquistato. Si ampliarono i locali, si perfezionò e completò la macchina cartaria, si introdusse quanto l'arte moderna ha ritrovato di meglio per la fabbricazione della carta, e condotta ogni cosa a termine con esito felicissimo, si desiderava che quell'immenso opificio venisse solennemente benedetto.

A tal uopo il 4 giugno Mons. Di San Clemente recavasi colà, accompagnato dal signor Don Rua, da altri superiori salesiani e da ragguardevoli signori.

Pel ricevimento, oltre alla popolazione del paese, era intervenuto il nostro Collegio di Lanzo, preceduto dalla banda musicale dell'Oratorio di Torino.

Prima del sacro rito il prof. D. Cerruti, direttore degli studi della nostra pia Società, leggeva un discorso, in cui con mirabile eloquenza e profonda dottrina parlò degli splendori del Cristianesimo nella storia della carta, riguardata questa nei suoi tre grandi fatti, il papiro, la pergamena e la carta propriamente detta. Fu sentito con ammirazione, come sempre, ed applaudito di cuore.

Dopo aver ampiamente dimostrato il suo assunto, porgeva invito al Vescovo per la benedizione con le seguenti parole:

« Ed ora procedete, o venerato Pontefice, alle sublimi parole del rito cattolico; invocate le consolazioni della fede su questa Casa santificata dalla dimora di Don Bosco negli anni più angosciosi della sua esistenza; fate piovere su questa Cartiera le benedizioni di quel Dio che è pure il Signore delle scienze e delle arti.

» Noi la riceveremo questa benedizione con fede di credenti ed operosità di cittadini. Noi, guardando a questo monumento innalzato dalla pietà e dall'attività di chi ci fu più che padre, ne attingeremo un argomento di più alla divina figliaziore dell'arte secondo ìl sublime e vero concetto dell'Alighieri; ne avremo novella prova che le scienze, le lettere, le arti non solo non sono avverse alla fede, ma non hanno di essa alleata più potente. Noi ci persuaderemo ognor più come anche nella moderna civiltà vanamente presume l'ingegno umano di salire a lodata altezza, se prima non si piega innanzi agli altari. »

Dopo questo gli allievi del Collegio di Lanzo eseguirono un grazioso inno, e quindi il Vescovo implorava solennemente sui fabbricati e sulle macchine le celesti benedizioni.

Ci doleva non veder allora, come in altre somiglianti occasioni di tempi andati, il carissimo D. Bosco. Avrebbe esultato di gioia e riempiuto gli astanti di quel santo entusiasmo di cui sempre avvampava il suo cuore. Ma dall'eternità, ove Iddio lo chiamò, avrà certamente benedetto gli accorsi a quel sacro rito, ed avrà unito le sue alle preghiere del Vescovo celebrante per implorare copiose benedizioni da Dio su quell'opera che non fu l'ultima del suo zelo. Si passò di poi alla visita di tutta la fabbrica, guidati dal compitissimo direttore tecnico di essa, Benvenuto Graziano, socio operoso salesiano. Sebbene la visita fosse fatta in fretta, tuttavia durò più di un'ora e mezzo, eccitando in tutti, ma specialmente nei più intelligenti dell'arte cartaria, grande ammirazione.

DOMANDA E RISPOSTA

Da molti ci si domanda se presto e quando saranno finiti i lavori già ben avviati per la decorazione del tempio di Maria Ausiliatrice. Rispondiamo che facciamo voti perchè almeno i principali lavori possano essere ultimati ed inaugurati per la festa di Maria Ausiliatrice del prossimo anno 1891, giorno in cui pure ricorrerà il cinquantesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale del nostro fondatore e padre l'indimenticabile Don Bosco; od al più tardi per la festa dell' Immacolata Concezione, 8 dicembre dello stesso anno, data per noi cara, ricorrendo in quel dì il cinquantesimo anniversario del principio degli Oratorii di D. Bosco.

Fin d'ora dichiariamo che dal canto nostro lascieremo nulla d'intentato perchè i detti voti siano adempiuti ed al più presto.

Perchè pertanto i lavori progrediscano più alacremente e riescano ad ornare quanto meglio si può il tempio di Maria, ci raccomandiamo alla carità dei nostri benemeriti Cooperatori e pie Cooperatrici.

Intanto notiamo che parecchi di essi già diedero segno di loro pietà e divozione a Maria in questa occasione facendoci pervenire opportunissime elemosine, od incaricandosi della spesa occorrente per qualche parziale determinato lavoro. Noi li ringraziammo già e qui ancora pubblicamente li ringraziamo; e implorando loro la protezione di Maria, nutriamo fiducia che altri ne vogliano imitare l'esempio.

GRAZIE OTTENUTE PER INTERCESSIONE DI MARIA AUSILIATRICE

Una sospirata guarigione.

Carlino Cardamone, che conta appena cinque anni di età, veniva attaccato da violenta pericardite, che lo aveva ridotto in fin di vita nella notte del 26 marzo ultimo scorso.

L'occhio aveva annebbìato e semi-spento, le labbra cianotiche, il naso affilato, il polso aritmico, intermittente, nullo quasi, esauste le forze. Con la maggior fede volli allora fare una preghiera ed un voto a Maria SS. Ausiliatrice ed alla Madonna di Loreto, con l'offerta di 50 lire complessivamente ai due Santuari, e obbligandomi pure di pubblicare la grazia sperata sul Bollettino Salesiano. Presa poi una medaglina di Maria Ausiliatrice, già benedetta da Don Bosco, e fattala baciare al piccolo infermo, gliela appesi al collo, raccomandando agli astanti di volere pregare con fiducia e con fede. Non passò un'ora e l'infermo fu più sollevato; stette meglio nel seguito della notte e l' indomani fin del tutto fuori pericolo. Ora è perfettamente risanato. Ne sia lode a Dio ed alla Vergìne Santissima.

Sac. Prof. RAFFAELLO CARDAMONE Cooperatore Salesiano.

Cosenza

La medaglia di Maria SS. Ausiliatrice.

Pochi giorni fa partii per recarmi a con fessare un' inferma che distava 15 Chilometri dalla mia residenza. Per via il medico che era di ritorno non mi diede più speranza di poterla ancor ritrovar viva. Raccomandai a Maria quell' anima, e continuai il cammino. Giunsi quando l'inferma oppressa dal rantolo e priva di cognizione non poteva ricevere che l'assoluzione sub conditione e l'Olio santo. Non potei far altro e per la premura di giungere a Las Piedras per la Messa, essendo Domenica , ripartii. Mentre già era in vettura mi venne il pensiero di mandar all' inferma una medaglia di Maria Ausiliatrice. Così feci e ritornai di galoppo alla parrocchia.

Viva Maria Ausiliatrice! Appena l'inferma ebbe al collo la medaglia ritornò in sè. Il suo primo movimento fu quello di prender la medaglia e baciarla, poscia con voce libera ripeteva forte : La Madonna mi ha salvata.

Avvisato di ciò, all' indomani fui a confessarla ed a portarle il Viatico. Una settimana dopo dovendomi recare in quella campagna per conforti religiosi ad un moribondo fui pure a quella casa; l'inferma venne alla porta a ricevermi completamente guarita. Portava al collo la medaglia miracolosa e ripeteva con lacrime di commozione : È Maria che mi ha salvata.

Sac. GIUSEPPE SOLARI Miss. Salesiano.

Las Piedras (Uruguay), 17 Aprile 1890.

Una preghiera a Maria Ausiliatrice.

Il giovane Martina Giovanni da Cavour conduceva legna dal paese suo a Pinerolo. Nel passare sopra un. piccolo ponte del torrente detto Chiamonia i due cavalli che tiravano il carro s' impennano e precipitano nel torrente trascinando nell' acqua il detto giovane. Il padre che lo seguiva a breve distanza tentò gridare ed accorrere in aiuto, ma gli venner meno le forze e cadde svenuto. Accorre gente. Con meraviglia di tutti il giovane esce incolume dal torrente guidando i cavalli ugualmente illesi. Le cure erano pel padre che in breve si riebbe.

Ricordansi allora che la buona madre la sera prima della loro partenza aveva detto: Domani vi porrete in viaggio, temo qualche disgrazia, vi raccomando perciò alla Madonna di Don Bosco (così il popolo chiama Maria Ausiliatrice) affinché vi difenda. La preghiera era stata efficace.

Teol. ARATO BERNARDO Vice parroco.

Cavour

Maria avvocata delle cause disperate.

Soddisfo ad un dovere di riconoscenza verso la Madre nostra Ausiliatrice. Era afflittissima senza aver ormai speranza di conforto. Piangeva e pregava continuamente il Cuore SS. di Gesù e Maria Ausiliatrice interponendo la mediazione di Don Bosco. Le cose pertanto peggioravano, quando ebbi notizia che perduta ogni speranza doveva rassegnarmi a cruda sventura. Eppure contro ogni speranza continuai a pregare per ottenere un miracolo. Bontà di Maria !

Fu scongiurato l' uragano, la causa fu vinta e fu vinta da Maria. In vita ed in morte amerò sempre la mia potente Ausiliatrice e Madre mia Maria.

L. G.

Genova

Sanità riacquistata.

Le mando un vaglia di L. 25. Ho domandato la sanità del corpo alla V. SS. Auxilium Christianorum colla promessa di fare un'offerta ai suoi diletti figli Salesiani. La sanità mi fu concessa. Soddisfo con la più viva riconoscenza la promessa fatta.

Cagliari....

Sac. G. B. RIZZOLO

Altre innumerevoli lettere dovremmo qui pubblicare se dovessimo appagare il desiderio di tanti altri devoti che ci mandano relazioni di grazie ricevute per l'intercessione della Vergine Ausiliatrice. La brevità dello spazio non ce lo permette per ora. Tuttavia speriamo che quelle che non saranno pubblicate nel Bollettino Salesiano, le potremo raccogliere e pubblicare nei fascicoli delle Letture Cattoliche, come già altre volte abbiam fatto.

DON RUA

Don Michele Rua, dopo aver visitate le Case nostre ed i benemeriti nostri Cooperatori del Nord della Francia, dell' Inghilterra e del Belgio, fece ritorno all' Oratorio di Torino per celebrare la solennità di Maria Ausiliatrice e la commemorazione dell' Onomastico dell' amato nostro Padre Don Bosco. Nella stessa occasione si è pur celebrato l' Onomastico suo con una splendida accademia. In altri numeri ne daremo breve relazione.

NORME PER COLLETTORI DELLE OFFERTE PER LA PIA OPERA DEL SACRO CUORE DI GESÙ IN ROMA

Dobbiam mettere sull' avviso i nostri zelanti signori Cooperatori e signore Cooperatrici su certi inganni, ai quali può essere esposta la loro buona fede. Girano qua e là per città e paesi varie persone, uomini e donne, che si dicono incaricate dal nostro amatissimo Superiore Don Rua di raccogliere offerte per la nostra Pia Opera del Sacro Cuor di Gesù in Roma.

Si ritenga perciò che gli Ordinari Diocesani, i Parroci, i Rettori di Parocchie sono tutti pregati ed invitati a farsi Collettori in favore della pia impresa, come tutti i Cooperatori Salesiani sono caldamente invitati a far pervenire al dato indirizzo quelle sommo che avessero a loro disposizione; ma all'infuori delle Autorità Ecclesiastiche e dei signori Cooperatori e Cooperatrici nessuno è incaricato, e i predetti signori sono muniti, per esser riconosciuti, di moduli appositamente stampati.

È bene che le oblazioni col nome e cognome degli Oblatori siano descritti nei modelli appositamente preparati, a meno che si desideri serbare l'anonimo. Questi moduli appena siano compiuti col danaro raccolto saranno spediti a destinazione. Tali moduli saranno legati insieme per formare un glorioso volume da conservarsi nell'Archivio del Santuario a perpetua memoria di coloro che concorsero alla erezione dell' Ospizio annesso, pei quali si faranno in perpetuo preghiere quotidiane, come sta descritto nella circolare appositamente diramata.

Siccome in questi nostri tempi non è tanto facile il trovare chi sia in grado e voglia offerire somme rilevanti, così verranno accettate con gratitudine tutte le piccole offerte anche di pochi centesimi. Si può presentare il modulo alle Case di educazione, ai Collegi, Seminarii, invitando a concorrere, ma sempre col permesso esplicito dei rispettivi superiori.

Quando s' invita taluno a fare oblazioni si può fargli rilevare che colla sua carità promuove un' opera raccomandata, benedetta dal Sommo Pontefice; opera che ha per fine di aiutare la Chiesa a sostenere la religione; perciocchè appunto in Roma, sull' Esquilìno, accanto al nostro Sacro edifizio, si sono già pur troppo stabiliti i Protestanti che in mille modi fraudolenti minacciano il costume e la credenza degli adulti e dell' incauta gioventù.

Si noti pure che il sacro Cuore di Gesù è fonte inesausta di grazie e di benedizioni e che ogni piccola offerta sarà da Lui largamente rimunerata.

L' Ospizio poi, l' Oratorio festivo, le Scuole serali, le Scuole diurne, essendo in favore dei giovanetti provenienti da qualunque parte del mondo, ne segue che ogni oblatore colla sua carità aiuta a migliorare la classe più pericolante e più pericolosa della civile Società, e non pochi giovanetti potrebbero così essere tolti dal vestibolo delle carceri, educati colla scienza e colla religione, istruiti in qualche arte o mestiere, per essere di poi ridonati alla civile società buoni cristiani, onesti cittadini, capaci di guadagnarsi onorato sostentamento colle loro fatiche. Si potrebbe anche rilevare l' obbligo stretto che ha ciascuno dì fare limosina specialmente in questi tempi, in cui sonosi in cotante guise moltiplicati i bisogni; ma è meglio limitarci ad accennare i grandi favori che ci procacciamo per noi, per le nostre famiglie, mentre viviamo in terra, e più ancora quando noi saremmo da Dio chiamati alla vita eterna.

Molti anni dopo la nostra morte forse nessuno più si ricorderà di noi, ma nella Chiesa del S. Cuore e nell' Ospizio annesso vi saranno dei fedeli Cristiani, vi saranno centinaia di fanciulli, che innalzeranno al cielo per noi la preghiera della riconoscenza, e non cesserà la celebrazione delle sei !flesse quotidiane, alle quali avrem sempre diritto di partecipare perchè vi avrem concorso col nostro obolo.

I lavori progrediscono alacremente, ma temiamo che siano per mancarci i mezzi se la carità dei fedeli non ci viene efficacemente in aiuto. Perciò ogni volta che il Collettore ha potuto mettere insieme qualche somma, almeno ogni mese, la faccia pervenire al REV.mo SIG. D. MICHELE RuA, Via Cottolengo, 32, Torino; o al Sac. CESARE CAGLIERO Via Porta S. Lorenzo, 42, Roma.

Ognuno ricordi le belle promesse che, per mezzo della Beata MARGHERITA ALACOQUE, il divin Salvatore fece a tutti coloro che promuovono il culto del Sacratissimo suo Cuore. Eccone le principali:

I. Io darò loro tutte le grazie necessarie pel proprio stato.

II. Metterò la pace nelle loro famiglie. III. Li consolerò in tutte le loro afflizioni.

IV. Sarò il loro asilo sicuro in vita e specialmente in morte.

V. Spargerò abbondanti benedizioni sopra le loro imprese.

VI. I peccatori troveranno nel mio Cuore la fonte e l' oceano infinito della misericordia.

VII. Le anime tiepide s'infervoreranno.

VIII. Le animo fervorose giungeranno rapidamente ad una grande perfezione.

IX. Io benedirò le case dove l' immagine del mio Divin Cuore verrà esposta ed onorata.

X. Darò ai sacerdoti il dono di commuovere i cuori Più induriti.

XI. Le persone che propagheranno questa divozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore e non sarà cancellato giammai.

NB. Ogni spedizione di danaro, se non si hanno altri mezzi più sicuri, è bene di farla con vaglia postale o con lettera assicurata.

CORRISPONDENZE LUCCHESI

La passeggiata lunga e la festa di Maria Ausiliatrice.

Lucca, 22 aprile 1590.

La tradizionale passeggiata d'ogni anno, detta la passeggiata lunga, anche quest'anno rallegrò i giovanetti dell'Oratorio Salesiano di S. Croce. Ci alzammo di buon mattino di un giorno bellissimo, e dopo di aver ascoltato, secondo il solito, la S. Messa e fatta colazione, partimmo, preceduti dalla nostra fanfara, alla volta dei Monti pisani che sorgono a mezzogiorno di Lucca, tra questa città e Pisa. Dopo un'ora e mezzo di cammino s'arrivò a S. Maria del Giudice, bel paesetto ai piedi dei monti, che lo circondano quasi da ogni parte. Cortesemente invitati dal molto reverendo signor Pievano Alfredo Pardocchi e dal signor Cappellano a rinfrescarci un po', non ci facemmo pregare troppo, ed avuto dalla loro carità vino ed acqua in abbondanza, si calmò facilmente la sete che cominciava a tormentarci. Si dà quindi fiato agli strumenti, si rallegrano con alcune suonate quei buoni paesani e poi via allegramente su per l'erta del monte. Non s'era fatto ancora mezz'oretta di salita ed ecco i primi giunti sulla vetta del monte

Perchè i Pisan veder Lucca non ponno

batter le mani e salutare con liete grida la vastissima pianura che s'apriva dinanzi ai loro occhi. Le voci : Pisa, Livorno, Viareggio, S. Giuliano s'alzarono senza interruzione confuse insieme a seconda che l'affetto le spingeva sulle labbra; ma il nome della città del conte Ugolino e di Galileo risuonava più spesso e ripercoteva continuamente gli orecchi. Pisa infatti, a chi guarda dalla cima del monte, s'affaccia la prima, quasi nel mezzo del larghissimo piano; e ne avverte tosto l'occhio la sua bianca torre che spicca alta e nettamente disegnata sul fondo bruno dei tetti. Qua e là, intorno ville e case rustiche sparse tra i campi ed i prati. Ecco lontano verso ponente, in fondo all'orizzonte, il scintillante tremolar della marina, ripercossa dai raggi del sole, e più giù dallo stesso lato, nascosta tra il fumo ed i vapori, la città di Livorno. Poi l'occhio, come per rifare il cammino, ritorna a piè dei monti e ricerca in fondo tra gli ulivi S. Giuliano, gentil paesello su quel di Pisa. A S. Giuliano! si grida da tutte le parti, ed in un batter d'occhio si è in fondo, e messici in bell'ordine, si entra nel paese a suon della fanfara. Il luogo destinato per noi era un magnifico palazzo ai piedi del monte, lasciato a nostra disposizione dall'ill.m° sig. conte Camillo Carini da Pisa, nostro Cooperatore, deputato generale delle R. Terme di S. Giuliano, il quale volle pure nella sua bontà provvedere il vino per il pranzo. Dopo una breve escursione sul monte, eccoti suonare a raccolta. Tutto era pronto pel pranzo : un refettorio improvvisato con gusto e diligenza dal nostro Prefetto, cibo abbondante e buono che saziò il formidabile appetito destato da quattro ore di cammino. - Dopo il pranzo si diede un breve trattenimento musicale dai nostri fanfaristi, diretti dal bravo Maestro Angelo Pietrasanta, e applauditi ripetutamente dal pubblico, sorpreso di tanta precisione in gìovanetti di poca età. Il nostro caro Direttore s'era poco prima avvicinato a questo e a quel gruppo interrogando se avevano le gambe buone per andare fino a Pisa. - Sì, sì, rispondevano in coro anche i più piccini, ci mandi a Pisa, andiamo a Pisa. - Furono dunque appagati i loro desiderii, e stavano allora aspettando con ansietà il momento della partenza, quand'ecco giungere in vettura da Pisa con altri signori il conte Camillo Carini, il quale volle mostrare la sua bontà e cortesia verso di noi col venire a farci una visita, congratulandosi della piccola fanfara e della florida salute che traspariva dal volto di tutti. Verso le due, partenza per Pisa, dove si giunse dopo un'ora e mezzo di cammino sopra una bella strada ombreggiata da platani. - La prima visita fu alla bellissima torre pendente. Sorge questa vicina al Duomo all'estremità settentrionale della città, monumento pregiatissimo per arte e per ricchezza di marmi. Divisa esternamente in otto piani o gallerie da 207 colonne, s'innalza leggera e pendente così, che un sasso abbandonato a sè dalla sommità cadrebbe quasi 5 metri lontano dalla base. Vi si ascende per una scala interna di 300 scalini ed alla cima, che sostiene sette campane nei vani degli archi, si gode della magnifica veduta della città, del piano e dell'Arno che vi serpeggia infino al mare. - Si discende e si va al Duomo. Quivi l'occhio è tosto sorpreso dalla vastità del tempio, dalle numerose colonne che lo dividono in cinque navate, dai marmi degli altari, dai molti e grandi dipinti di classici autori, e specialmente dall'antico lampadario del Ponenti, dalle cui oscillazioni si vuole che Galileo traesse la teoria del pendolo. Poi passando innanzi la facciata del Duomo ed alle sue tre porte di bronzo, sulle quali veggonsi scolpiti molti fatti dell'antico e del nuovo Testamento, si andò al Battisterio. questo di forma rotonda, ricco di fuori di colonne e di ornati di marmo, terminante in vasta cupola, cui sovrasta la statua, in bronzo di S. Giovanni Battista. Dentro è il fonte battesimale intagliato nel marmo, e di fianco il pulpito, pure di marmo, uno dei più bei monumenti del medio evo. - Ma la visita più cara e che più a lungo rimarrà scolpita nel nostro cuore fu quella che si fece tutti insieme all'amabile Pastore della Diocesi, Mons. Ferdinando Conte Capponi, Arcivescovo di Pisa, grande amico di D. Bosco e Cooperatore salesiano. Ci accolse con bontà veramente paterna in un ampio salone del. suo palazzo, si. trattenne e parlò con tutti con singolare affabilità e volle distribuire di sua mano a ciascuno di noi una bella immagine di S. Luigi ed un Rosario portato da Roma e benedetto dal S. Padre. - Dopo di che , avvicinandosi l' ora della partenza, dopo fatta una breve suonata, ci preparammo a lasciare la dolce compagnia del venerato Pastore. Inginocchiatici tutti, ci benedisse , e nell' augurarci il buon viaggio manifestò al nostro Direttore il suo vivo desiderio, già espresso altre volte, di vedere anche a Pisa una Casa di Salesiani. Avremmo anche voluto fare una visita al Seminario, così bene diretto dal M. R. sig. Can. P. Marcocci, nostro amico e Cooperatore , ma ne mancò il tempo. In fretta ci avviammo alla stazione ferroviaria. Si diede adunque l'addio alla città di S. Ranieri ! Ad ogni stazione nel ritorno si diè fiato alle trombe allegramente, finchè si discese alla città del Volto Santo, e si rientrò nel dolce nido, che ci teneva preparati la cena ed il letto.

Così terminò la nostra lunga e bellissima passeggiata, la cui dolce memoria non si cancellerà tanto presto dal cuore dei giovanetti dell'Oratorio di S. Croce.

Lucca, 2 giugno 1890.

Ieri, 1° di giugno, fu una cara festa nel nostro Oratorio ad onore di Maria SS. Ausiliatrice. La nostra piccola Chiesa riccamente e artisticamente addobbata invitava al più profondo raccoglimento e a più fervida preghiera. Alle 7 1/2 la Messa della Comunità fu celebrata dal grande banditore della parola di Dio, il P. Agostino da Montefeltro, venuto appositamente da Pisa. In questa occasione otto giovanetti si accostavano per la prima volta alla Mensa degli Angeli. L' amabile Padre, prima della Comunione, tenne un affettuosissimo sermoncino, che commosse tutti e li accese di vivo amore a Gesù Cristo. Alle 10 si cantò Messa solenne in musica celebrata dal nostro Direttore stesso.

Alla sera dopo i Vespri solenni in musica il P. Agostino disse il panegirico della Vergine. Mostrò che è impossibile essere sinceri cristiani senza onorare ed amare Maria, perocchè Ella c' inspira una fede più viva, una speranza più ferma, una più ardente carità. Con Maria si crede più vivamente in Dio, perché Essa ce lo mostra, ce lo fa vedere e conoscere più da vicino; si spera più fermamente, perché il cuore umano si rivolge con più fiducia alla tenerezza di una madre che alla severità di un padre, ed Ella tempera la giustizia di Dio colle soavità e ce lo mostra pronto a perdonare al prodigo pentito ; si ama più ardentemente, perchè il cuore di Maria è inebriato d'amor di Dio, e amando anche ardentemente gli uomini, con questo amore e in questo amore svela tacitamente a questi ultimi le arcano bellezze del Signore, la sua bontà infinita ed attrae il loro cuore all'unione con Dio.

La Chiesa era stipata di giovani e di sceltissimo e numeroso uditorio invitato appositamente : sopra tutti la parola dell'umile frate pioveva commovente ed infocata; l'anima sua era allora tutta sulle labbra e traspariva visibilmente da tutta la persona; e benché la parola fosse molto rapida, non se ne perdeva una sillaba e ad ascoltarlo si sarebbe rimasti fino a notte.

La musica scelta fu religiosa e bene eseguita dai bravi giovanetti dell'Oratorio. Si cantò la Messa di S. Cecilia a due voci del Gounod, il Vespro di Maria Ausiliatrice di Mons. Cagliero, il Tantum ergo del Bazen, e tra i mottetti il Quam suavis del Falconara, l'Ave Maria del Paisiello, quella del Fassò, Maria Mater gratiae del Suttil. Da questa musica vocale non va disgiunta quella istrumentale dei nostri buoni artigianelli, i quali, sotto la guida del valente M. Angelo Pietrasanta, eseguirono a perfezione parecchi pezzi scelti di grande effetto.

Dopo cena si fece una bella accademia ad onore di Maria innanzi ad una cappelletta improvvisata nel cortile rischiarato dall'illuminazione. Chiuse la carissima festa l' amato nostro Direttore invitando tutti a gridare Viva Maria !

Sì, viva Maria, aiuto dei cristiani; la divozione verso di Lei non venga mai meno nei nostri cuori, nè l'affetto per D. Bosco, che tanto lavorò alla sua glorificazione ; e noi troveremo conforto a tanti dolori, coraggio nelle battaglie della vita ed aiuto nell'ultima ora.

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARI.

Dalla Patagonia.

Il nostro Don Savio Angelo, inviato da Mons. Cagliero ad aprire una nuova Casa a Los Angeles del Chilì, partì dalla sponda del Mare Atlantico e traversando tutto il deserto della Patagonia, giunse dopo due mesi di lungo e pericoloso viaggio al Chilì.

Ecco le sue lettere

VIAGGIO SUL RIO NEGRO.

REV.mo E CAR.mo MONSIGNORE, Roca, 12 settembre 1889.

È una settimana che siam giunti, dopo 9 giorni di felice navigazione, a Roca, popolazione di circa duemila abitanti ed a 120 leghe distante da Patagones.

Il viaggio si fece senza notabili accidenti ; però un forte disgusto per noi fu quello di non poter celebrare per mancanza di altare portatile, perché, oltre la privazione nostra, vi fu quella dei viaggiatori ed equipaggio, che specialmente nelle due feste avrebbero desiderato la Messa a bordo.

Siamo discesi a Pringles per visitare i Confratelli e le Suore che lavorano a tutta possa nella loro nuova Missione. - A Conesa visitai il Giudice di pace ed il Presidente della Commissione per ricostruire la Cappella rovinata a causa dell'uragano dell'anno scorso. Si aspetta il nostro D. Pietro per combinare qualche cosa. - Anche a Choele-Choel pare siano animati per erigere una Cappella, essendo persuasi che grandemente contribuirà al loro progresso non solo morale, ma anche materiale.

Qui a Roca, alla meglio aggiustammo il letto nell'unica camera o rancho, che serve di dormitorio per quattro, di scuola per una ventina di alunni, di Cappella, di sala di ricevimento e di ufficio , nonchè di refettorio. Quando vi sarà una Cappella più decente?

Ora sto aspettando un'occasione per proseguire il viag. gio verso le Cordigliere ; ma senza danaro mi riesce difficile assai ed un po' anche pericoloso.

Ho comprato un cavallo per 21 pesos (un peso equivale a quasi cinque lire), e la mia borsa non permette altre spese forti. Mi promisero due mule per cavalcare e trasportare il bagaglio; non ho però ancor trovato in nessun luogo i fornimenti necessarii. I Comandanti della guarnigione ci favorirebbero; ma non hanno selle, nè fornimenti per carica, neppure per i soldati.

A giorni parte un negoziante per Junin, ma per Norquin o Chosmalal, nessuno. Anche quel signore, che si presentò a Patagones per visitarci e con cui pensava accompagnarmi, è negli imbrogli. Preghino per me acciocchè possa superare le difficoltà e compiere la Missione affidatami.

Mi dicono che fino a dicembre le Cordigliere non danno passo. Appena ne sarà aperto uno andrò a

Los Angeles.

VIAGGIO PEL DESERTO,

Chosmalal, 5 novembre 1889.

Spero che avrà ricevuto una mia lettera con data da Roca. Impiegai tra camminate e fermate a traverso il deserto quasi tutto il mese di ottobre.

Ora scrìvo questa da Chosmalal, dove sono giunto. superando gravi difficoltà, e da dieci giorni vi dimoro godendo la compagnia dei nostri Confratelli, D. Panaro e D. Gavotto.

Chosmalal è una popolazione nascente; residenza del Governatore del territorio. del Neuquen, e futura capitale di provincia alle falde de los Andes. Il nostro D. Milanesio l'anno scorso con D. Panaro vi hanno costruito Casa e Cappella come hanno potuto con materiali meschini del deserto. Dormiamo perciò nella stessa camera dove si mangia, si studia e si riceve,. Questa camera più che disadorna, con vari puntelli al tetto perchè non cada , serve inoltre di biblioteca , magazzino, dispensa ed anche di cantina, essendovi depositato il vino da Messa. Ho dovuto far portar via alcuni commestibili, non potendo nella notte sopportarne l'odore. Non ci si vede che a gran pena; v'è un unico finestrino assai stretto e con tela nera nera, in luogo dei vetri. Questa lettera la scrivo parte nella Cappella, dove il mattino v'ha più luce.

Nel giorno di Tutti i Santi e dei Morti vi fu molto concorso alla Chiesa; si fecero 83 Comunioni, e molte più Confessioni. Nell' uno e nell' altro giorno cantammo la Messa in canto gregoriano. Io era il celebrante, Don Panaro e Don Gavotto vestiti di cotta servivano da assistenti, e formavano con me il coro.

Già scrissi che in compagnia del sig. Pio Ferreyra, buon spagnuolo che V. E. conobbe in Patagones, non percorsi la via del Neuquen, la quale è di circa 350 chilometri, e ciò per ragioni economiche e finanziarie.

Passai questo Rio alla confluenza, quindi proseguii. lungo il Limay fino a circa 24 leghe da Roca. Per questo tratto il veicolo del sig. Pio, su cui viaggiava, camminò assai bene, soffrendo solo alcuni colpi ed una rottura al timone.

Ma convenne abbandonare la strada S.O. del Limay e percorrere sentieri degli indìi che traversano tutto il delta del Limay e Neuquen al N. O. Le rocciose montagne, le valli profonde ove rumoreggiano torrenti e fiumi considerevoli , stancarono i miei due cavalli e ridussero me stracciato come un poveraccio. Lungo il Limay v'è popolazione, ma dopo fino a Zapala abbiamo trovato un solo mandriano a Plaza Huincal, dove v'ha un po' di acqua dolce. Ivi abita un uomo con un ragazzo indio, non cristiano, a cui feci un po' di catechismo. Questo povero figlio del deserto non ha casa nè capanna, e quando il vento soffia da un lato di una gran pietra, egli passa dall'altro lato. Attacca la carne e le sue vesti ad alcuni rami spinosi, e quando piove si ripara come può, e se non c'è mezzo di schermirsi, si arma di pazienza ed aspetta il bel tempo ed il vento secco che lo asciughi.

Così ho fatto pur io quando toccò la mia volta; però col mio quillanqo di pelle di guanaco son ben provvisto contro la pioggia ed il freddo. Soventi volta al mattino mi trovai attorniato e coperto di bianchi fiori formati nella notte dalla forte brinata, ma raramente soffersi il freddo.

Flora e Fauna. - Plaza Huincal trovasi a metà cammino tra il Limay e Zapala, dove era diretto col sig. Pio. È una grandissima depressione di terreno ondulato, formante come un anfiteatro oblungo. Tutto all'intorno vedonsi alti picchi coronanti le montagne, ad eccezione di un breve tratto in direzione S. E., cioè verso la confluenza del Limay col Neuquen.

Verso N. O. vi sono due picchi altissimi, in mezzo dei quali riuscimmo a passare, ma dando molte giravolte per evitare avarie e grandi fossi.

La terra è secca, arenosa, seminata di cespugli per lo più spinosi. È un povero deserto, quasi privo di acqua. Ora vi è abbastanza di erba secca e vecchia chi sa di quanti anni !

L'enorme quantità di lepri che vi abitano, il guanaco, lo struzzo, la pernice, ecc. ecc., trovano pascolo senza correr tanto e senza disturbo. Solo debbono guardarsi dal puma, dall'aquila, dal condoro e da altri animali carnivori.

L'uomo finora vi passò di rado, e non se ne cura, raccogliendo solo uova di struzzo e piches cacciati dai cani e ciò che più presto gli viene alla mano.

I giorni e le notti mi parvero lunghissimi, perchè non si poteva far nulla; nemmeno la S. Messa potei celebrare sino a Zapala, per non saper come ripararmi dal vento, che, oltre allo spegnere le candele, mi avrebbe gettato le tovaglie con quanto avessi messo sopra l' altare a qualche chilometro di distanza.

Missioni e pericoli. - L'altare portatile che presi a Roca mi servì molto bene a Zapala, Codihue, Juncò-Juma, Norquin, Vilo-Mallin ed altri punti. Se la Provvidenza non mi riserbava questo altare, chi sa quanto tempo sarei stato senza poter celebrare?

Nella Carta geografica delle nostre Missioni Salesiane v'è notata la Cañada Grande; essa dista 16 leghe da Plaza Huincal. Colà v'ha un rigagnolo al bordo del quale dormimmo una notte, e dopo ben 36 ore finalmente potemmo dissetarci. Dico male : ho bevuto una corta acqua fangosa di color giallognolo, spessa come cioccolatte, che mi lasciò la bocca e la gola impastata per molte ore. Ciò avvenne perchè passando in una grande nitriera perdemmo l'antico sentiero praticato dagli indii; e forse fu provvidenziale, essendovi dall'altro lato alti burroni che impedivano il passo del carro, così che avremmo dovuto poi ritornare sui nostri passi.

Se piace sapere dove passai nella Cañada Grande, basta fissare lo sguardo sulla Carta, là dove il rigagnolo si divide in due, formando una specie di forca, chiamata la Horqueta; a 4 leghe più a N. O. v'è Zapala. Passai una notte al vertice dell'angolo della valle, e tre altre in Zapala, nei cui dintorni vi sono frequenti pericolosi tremedales, estese e profonde pozzanghere coperte di erba, dove convìen passare con molta cautela. Se vi si cade dentro, è difficilissimo uscirne : ho visto vacche e cavalli morti colà; tenevano fuori la sola testa. Abbiamo dovuto durar molta fatica per liberare con corde e pali un mulo che per bere s'era approssimato troppo. D'allora in poi quella bestia ebbe sempre paura d'ogni piccola pozzanghera.

Da Zapala che è un vasto altipiano ai piedi della prima Cordigliera, dove lasciai il signor Pio Ferreyra, mi accompagnai con due uomini che partivano per Codihue, salendo e discendendo montagne, tenendo sempre a sinistra le alte Cordigliere coperte di neve.

Dormii anche una notte al Rio Cohunco in un rancho di indii cristiani. Ivi aveva già battezzati altra volta tre fanciulli : ora ne battezzai altri due. Il rancho suddetto sta a 15 leghe dalla confluenza del Cohunco col Neuquen, ed a 6 leghe circa da Zapala. E V. E. lo ricorderà per esservisi fermato nel principio del 1887 con D. Milanesio e D. Panaro per farvi la quarantena, quando era scoppiato il colera nel Chilì ed in Buenos Aires.

In una capanna, a 4 leghe da Codihue, dimorai una settimana facendovi con solennità la festa del S. Rosario. La stanza unica del sig. Capitano, Pietro Laboccasa fu convertita in Cappella. I militari in corpo assistettero alla Messa. Vi furono alcune Comunioni e molti Battesimi: molti di più ve ne sarebbero stati se avessi potuto fermarmi ed avessi avuto meco un Catechista.

Ho incominciato la Missione in questa vasta estensione più deserta che abitata, perchè il Rio Neuquen non si poteva passare che a nuoto. La nuova barchetta non era terminata, e la vecchia si trovava inservibile, ed il barcaiuolo per buone ragioni se n'era andato altrove. Inoltre molte persone insistevano perchè battezzassi e confessassi, ed il Missionario non deve rifiutarsi, quando può! Poichè da due anni, dopo che ora stato a dar Missione in questi luoghi V. E., non eravi più venuto nessun Sacerdote, anzi eravi ordinanza presso i Giudici di arrestare il Sacerdote che amministrasse Sacramenti, e ciò per arbitrarietà del Governatore del distretto, che voleva si dipendesse da lui più che dal Vescovo. Volendo quindi superare questi ostacoli per i nostri Missionari di Chosmalal, io che era nuovo, provai se poteva guadagnarmi un posticino in domo Petri; ma non fu così : che anzi contentai la gente e lo stesso Governatore ne fu poi soddisfattissimo.

Terminata la mia prima Missione in Norquin, dove pensava ritornare con D. Panaro il mese seguente, risolvetti continuare il mio viaggio, e già aveva sellato il cavallo per venir a passare il fiume Neuquen per Chosmalal, quando giunse il Comandante Solis ed altri, annunziando che farei un viaggio inutile non essendovi barca. Che fare? Pensai di visitare prima Vilo-Mallin a 14 leghe più a N. O. e proseguii a dar Missione.

Ma che cammino da capre e da guanaco !

Non dico di più, perchè già a V. E. sono noti questi luoghi : noterò solo che io ed il soldato che mi guidava c'impantanammo coi cavalli e sprofondammo anche nella neve. Come Dio volle non ne riportammo danno alcuno, all'infuori di un bagno per noi e per le poche e povere mie robe che aveva caricata sopra una mula.

Vilo-Mallin. - In Vilo-Mallin, che è una grande e profonda vallata in fondo alla quale passa il rapido Rio Trucuman, restai assediato dalla neve che cadde in copia per un giorno ed una notte intera. Ciò nonostante i poveri abitanti dei contorni accorsero per le funzioni e pei battesimi e si fecero parecchie Comunioni proprio edificanti.

Quivi poco mancò non facessi legare un tale che come Alcalde mandò a domandarmi con quale autorità io dessi Missione. Risposi che presentasse egli prima i suoi documenti qualmente era Alcalde, e specialmente provasse il diritto di impedire il Sacerdote nel suo legittimo ministero. Che se insisteva nelle sue ribalderie ingannando la gente, l'avrei fatto pigliare dal mio soldato, che era ben armato, e fatto accompagnare dinanzi all'Autorità competente. Vedendo la mia fermezza, mise berta in sacco, e fu certamente meglio per lui.

Ho veduto qui il gran desiderio in alcune anime di ricevere i SS. Sacramenti. Molte famiglie passarono il Rio Trucuman, con grave pericolo di annegarsi, essendo molto cresciuto. Una donna, madre di famiglia, passando il fiume a cavallo, per paura svenne e fu sostenuta dal marito e da un figlio, i quali pure venivano per confessarsi e comunicarsi insieme con lei. La poveretta, prima di ritornarsene alla sua capanna tutta contenta mi diceva : « Ora non ho più paura; se cadiamo nell'acqua, siamo tutti in grazia di

Dio ed andremo in Paradiso : ma Dio ci proteggerà certamente da questa disgrazia. »

Altro giorno camminando verso il Rio JumeJume, incontrai in sul far della sera un uomo con un bambino di circa due anni e mezzo. Avvicinandomisi esclamò : - « È proprio il Sacerdote che aspettava qui da tutto il giorno. - E che cosa volete, buon uomo, da me ? - Ho saputo che doveva passare di qua e venni per pregarla a dire una Messa nella mia casa, che sta più in su; se però ciò non fosse possibile, battezzi almeno questo e gli altri bambini che sono a casa. Siam poveri, ma vogliamo conservarci cristiani. Venga e Dio la ricompenserà, benedicendo il suo viaggio. » - A tali pietose istanze non poteì negarmi, e deviai il mio cammino.

Erano tre famiglie nascoste fra alte montagne, in tre casette di paglia, con una sola cucina comune, attorniate da alcuni campicelli ben seminati di frumento, orzo, fave, piselli, patate ; possedono alcuni animali bovini e molte galline. Ciò che mi fece piacere fu di trovare alberi fruttiferi, specialmente meli molto grossi e ben tenuti. Non tanto lungi v'erano cipressi e pini che danno pignuoli grossissimi ed assai gustosi. Cotti, hanno quasi il gusto delle nostre castagne.

Non parlo dell'accoglienza avuta. Mi prepararono ogni ben di Dio, come meglio sapevano : ñaco (grano abbrustolito e macinato a mano con due lastre di pietra; se ne fa una poltiglia con acqua e zucchero, quando c'è, e serve per colazione, pranzo e cena), caffè di orzo, pane cotto sotto la cenere, torta, latte, uova, carne di agnello arrostita, ecc. ; e le buone donne pensarono anche a' miei denti non troppo spessi nè fermi. Chi stette meglio di tutti fu il mio soldato che si fece una buona scorpacciata d' ogni cosa.

Alla sera, dopo un po' di Catechismo ed il Rosario, mi si mostrò il letto, un materasso posto sopra una stuoia in un angolo di quella casa di paglia senza porte.

In fondo eravi un altarino con un quadro della Madonna; ivi collocai gli arredi per la S. Messa, durante la quale al mattino quattro fecero la S. Comunione.

Battezzai le bambine, indi feci un po' di dottrina, e mentre s'insellava ci prepararono una buona colazione, dopo di cui lasciandoli tutti consolati, partii contento anch'io.

Il Rio Jume-Jume lo passammo bene; ma dovevasi salire una montagna rocciosa per un sentieruolo dove il cavallo appena può mettere il piede : se si sbaglia, poveri noi ! Eravamo già a tre quarti del cammino, quando m'accorgo che la bestia del Governo ch'io cavalcava, nominata Patria, s'impazienta, sbuffa e va dimenando la testa. La sella le feriva la spelata schiena, per esser scivolata fuor di posto. Come meglio potei la fermai e con precauzione balzai a terra. Era scampato da un vero pericolo ! Da un lato v'era la roccia, dall'altro grosse pietre sparse lungo il sentiero, ed in fondo a spaventosa profondità il fiume che spumeggiava percuotendo gli scogli.

Se cadeva, ne sarei andato rotolando fin nel fiume, ove la corrente mi avrebbe trascinato mio malgrado al Rio Agrio e quindi al Neuquen. Ringrazio di tutto cuore il Signore e Maria SS.ma Ausiliatrice.

MISSIONE IN NORQUIN.

Norquin-Cordigliere de los Andes,

14 novembre 1889.

Le nevi vanno sciogliendosi, dunque è tempo di porsi in viaggio. Pertanto salutato il signor Governatore che mi diede lettere pel Chili e 50 piastre pel viaggio, venerdì scorso ho lasciato Chosmalal ripassando il Neuquen con Don Panaro ed il catechista Cirillo Arevalo. Rimane solo per alcun tempo il povero D. Gavotto, con un giovanetto che fa da sacrestano e da cuciniere.

Non toccai più Rehueve e Vilo-Mallin, ma Truquico e Manzano, ove dormimmo solo una notte, celebrammo la S. Messa e battezzammo. Ora v'è poca gente, essendo gran parte partiti cogli animali pei pascoli estivi, detti veraneada.

In Truquico vogliono costrurre una Cappella perchè il Missionario venga più spesso e vi rimanga per qualche tempo. Erano due anni che non vedevano il Sacerdote.

Il viaggio da Manzano a Norquin fu faticoso e penoso per noi e per i cavalli : oltre le enormi salite e discese per sentieri petrosi, si aggiunse il cattivo tempo. Un vento freddissimo, dopo un forte calore, venne a molestarci ed intirizzire le nostre povere membra. A tre miglia dalla sommità della montagna, quand'eravamo incassati in una stretta, tortuosa ed indescrivibile gola, cominciò il tuono a rumoreggiare lontano, il cielo si oscurava e si faceva cupo, e noi non incontrando riparo dalla vicina burrasca, eravamo forzati a continuare la via. La bufera ci raggiunse ben presto, e durò tre lunghissime ore, lasciandoci tutti bagnati da capo a piedi come se fossimo usciti pur allora da un bagno freddo.

Un poeta troverebbe materia da descrivere lo spesseggiar dei lampi guizzanti in tutte le direzioni; lo scrosciar del tuono, che ripercuotendosi nelle alte e nude roccie delle circostanti montagne, moltiplicava lo spaventoso fracasso; la pioggia fitta fitta e sempre gelata che cambiava ogni tanto direzione e violenza; la grandine ora fina ed ora grossa ; la neve quando a larghi fiocchi e quando minutissima ed asciutta.

Il mio cavallo intanto non voleva più camminare, non sentiva più lo sprone, sicchè fui forzato scendere ed insellarne un altro meno stanco, col quale, quando piacque a Dio, giunsi a Norquin Vecchio, aspettando gli altri che colle stanche cavalcature venivano più adagio. Ivi attorno ad un bel fuoco facemmo asciugare le vesti e mettemmo un po' di caldo nello stomaco. In Norquin giunse anche il Giudice (Juez letrado) di Chosmalal, il quale vuole aiutare la Missione in quanto può. Desidera i Missionari a Codihue, a Norquin, a Junin ed altrove : ma per ora sarà impossibile. Faccia Iddio che ciò possa avverarsi presto, pel vero progresso di queste terre abbandonate !

Qui, l'antica Cappella che Monsignore nel 1887, in compagnia di Don Milanesio e Don Panaro, aveva benedetta, rovinò, non rimanendo che un mucchio di pietre e di mattoni. I vicini vorrebbero farne un'altra, e desiderano un Sacerdote, cui provvederebbero il vitto.

La Missione diede qualche frutto in Confessioni e Comunioni ; i bambini e le giovanette accorrevano alla Dottrina, gli adulti alla Messa ed alla predica, ed alla sera molti intervenivano al S. Rosario.

Avremmo benedetto più di 60 matrimoni, se non esistesse la legge del così detto Matrimonio Civile, il quale di certo imbarbarisce ed inasprisce le cristiane popolazioni... È una legge impossibile ad eseguirsi, e ad impossibilia nemo tenetur. Chi dettò tal legge non conosce il Territorio Argentino, ha detto il Giudice stesso. Anch'egli lamenta lo stato miserabile in cui si trovano le popolazioni in fatto di religione e moralità.

E chi avrebbe mai detto che le sétte stenderebbero la loro mala influenza anche nei deserti della Patagonia? Eppure è così! Il Signore abbia pietà di noi e dei nostri neofiti !

Ci prepariamo pel gran passo delle Cordigliere e scriverò giunto al Chilì.

PASSO DELLE CORDIGLIERE.

Concepcion del Chilì, 30 novembre 1889.

Terminata la Missione nei dintorni di Norquin, aspettavamo una favorevole occasione per valicare gli eterni e terribili baluardi che separano l'Argentina dal Chilì, ossia le Cordigliere, e questa venne.

Il 18 novembre un tal Pedro Burgo partiva per Los Angeles, e noi approfittamno della sua compagnia seguendo l'unico cammino libero, quello di Picun-leo, più alto, lungo e difficìle per le molte pietre su cui passa il sentiero.

Essendo poco florido lo stato delle nostre cavalcature, nel primo dì raggiungemmo solo il Trucuman che V. E. conosce, a circa 7 leghe da Norquin, ed ivi dormimmo sotto un cespuglio. Al mattino seguente, passato il fiume abbastanza profondo, ma quasi senza pietre, per poter proseguire il sali e scendi delle alte Ande, fui costretto a comprare un cavallo da un chileno che tiene animali in quei luoghi nell'estate. Lo fece pagare 30 piastre chilene; pazienza!

La notte dal 19 al 20 la passammo alle Acque bollenti, nella profondissima valle del Picun-leo. A 500 metri dal luogo scelto dai nostri compagni cercammo noi il nostro rifugio dal vento e dalle intemperie minaccianti. Alti massi di pietre formanti caverna da tutte parti davano comodità di porre quivi il nostro giaciglio. Le acque correvano precipitosamente ad un solo passo da noi, e qua e là dal suolo e dalle pietre sgorgava acqua bollente per farci una buona tazza di the, senza necessità di accendere il fuoco. Qui sperava di riposare alquanto, ma m'ingannai, perchè pel troppo calore non potei chiudere occhio : ed anche questo fu per nostro bene, poichè a notte avanzata potei accorgermi che alcuno della comitiva venne a spiare se dormivamo, ma non trovandomi nella mia tana dove era preparato per dormire, s'allontanò. Non so quali intenzioni potesse avere; certo però i discorsi uditi ed il modo di agire non m'ispirava troppa fiducia. La mia veglia obbligò gli altri al riposo, e col sonno terminarono le loro tresche.

Il mattino del 20 fummo presto in sella e tutto il santo giorno camminammo sulle creste petrose delle alte montagne, per evitare la pioggia e le nevi accumulate nei burroni. Per qualche tratto però fu forza passare sulla neve. Stando a cavallo, ora a destra ed ora a sinistra, poteva colla mano pigliarne per dissetarmi; ed anche questo era un vantaggio.

Quando fummo alla sommità, il vento era cresciuto con tanta violenza, che impediva la marcia. Come Dio volle si superò anche questa difficoltà, cambiando alcune volte di cavallo.

Nella discesa fu peggio, più pericoloso il sentiero, i cavalli sdrucciolavano ed il vento ci spingeva l'arena negli occhi. D. Panaro stimò meglio andare a piedi per una mezza lega.

Giunti alla prima valle chilena speravamo sollievo, ma non fu così ; chè al vento si unì la pioggia, e così la giornata passò molto faticosa per noi e per gli animali, che non ne potevano più, rotti nella schiena e nelle gambe.

Altra delusione ci aspettava per la notte. Credevamo di essere soli entrando in una capanna di legno, detta Mallin del gordo; ma già altri se n'erano impossessati; però furono tanto gentili che divisero con noi il povero rifugio, quasi senza tetto, per aver alcuni sciocchi bruciato parecchie tavole. Eravamo in 18; un lungo giorno e due lunghissime notti passammo colà, assediati dalla pioggia e dal cattivo tempo. Il vento spingeva l'acqua da tutti i lati e così bagnava noi e le robe nostre.

Di giorno, ci riscaldavamo ancora ed asciugavamo al fuoco acceso nella capanna, ma di notte, sdraiati alla peggio su umide pelli, non potemmo dormire.

Finalmente cessò la pioggia e sebbene minacciasse cattivo tempo ancora, partimmo contenti chi per una direzione e chi per altra. Noi volgemmo il passo al vicino Vulcano di Antuco, che nasconde nelle nubi le altissime e maestose vette, e presenta i suoi ondulati fianchi vestiti di candida neve.

Qui si riuniscono in uno i tre sentieri che vengono da Norquin, proseguendo con discesa quasi costante sulla riva del Lago di Antuco, che sta a destra, cioè a Norte.

Questo Lago fu evidentemente formato al tempo della eruzione del Vulcano, sulle cui basse falde camminiamo. L'enorme quantità di grosse pietre, lapilli, arena e lava eruttata, chiuse in un punto la profonda vallata e le acque che scolano dalle circostanti altissime montagne riempiono continuamente il bizzarro, lungo e stretto bacino.

Dal tempo impiegato nell'oltrepassarlo nella sua lunghezza, calcolo sia di 40 chilometri circa. Varia molto la larghezza, essendo di oltre un miglio in un punto, e di appena un 200 metri in altri. Fa poi diversi bracci inoltrandosi in sinuose vallette nelle due sponde.

Il bel fiume Laja, affluente del Bio-Bio e che scarica nel Mare Pacifico, nasce da questo Lago.

Araucania. - Qui giunto, mi trovai a 2762 metri sul livello del mare, in vista verso il sud di Arauco o Araucania, che il Chilì e con le armi e con la croce ultimamente conquistò alla civiltà ed alla religione. I bellicosi e bronzuti Araucani sono vinti, le Tribù ed i loro Cacichi, gettate le frecce ed abbassate le lance, deposero la loro ferocia e perdettero ogni speranza di ricostruire o fondare mai il loro vantato impero. Quelle vastissime valli e quelle fertili colline e popolate foreste sono ora abitate da sempre crescenti Colonie di Chileni e di stranieri. Attorno ad ognuna di esse vive un gruppo di Araucani, che a poco a poco, lasciata la vita nomade del selvaggio, va accostumandosi a quella semplice del pastore ed a quella amena dell'agricoltore.

Il Governo poi promuove la loro conversione e civilizzazione mediante le Missioni affidate ai Francescani, i quali coi soggetti preparati nei loro Conventi di Chillan e Castro, provvedono di buoni Missionari le loro Stazioni, specialmente quelle di Nacimiento, di Angoli, Mulchen, Collipulli, Traiquen, Tircia, Temuco e Tucapel.

Pochi e scarsissimi Sacerdoti secolari della Diocesi di Concepcion attendono al bene spirituale delle città e popolazioni cristiane sparse in quel vastissimo territorio, la cui capitale è Angol. Essi sono coadiuvati in parte dai PP. Francescani, intenti principalmente però alla conversione degli Indii ed alla istruzione dei loro neofiti.

Questi Araucani non debbono essere poi in piccol numero, perchè, oltre a quelli che si convertono e rimangono nelle loro riduzioni, molti altri passano le Cordigliere e si riversano nella nostra Patagonia, chi in cerca di lavoro, chi per commerciare i frutti della loro agreste industria. Solo l'anno scorso, come V. E. ben sa, calarono da los Manzanares in Roca, al Colorado, e si sparsero nella Pampa Argentina ben duemila di essi, ancora infedeli la maggior parte. Fortunati essi però che trovano da questa banda orientale i Missionari Salesiani, che si prendono cura della loro conversione, istruzione e salute eterna.

Ritornando dopo questa digressione al mio viaggio, e tacendo altre particolarità per non essere troppo prolisso, dirò che ci fu impossibile giungere nel giorno ad Antuco, primo paesello del Chilì. Ci raggiunse la notte e fummo obbligati ad alloggiare in un negozio di vino. Accanto al mio giaciglio eravi una grossissima botte piena d'ottimo liquore, da cui il padrone spillava per ristorarci. Al mattino assai per tempo vennero a bussare i viandanti per aver da bere; perciò dovemmo alzarci e lasciar libero il negozio.

In Antuco alloggiammo presso il buon Parroco che ci trattò più che bene, da fratello più che da amico, nei tre giorni che fummo suoi ospiti. Presentossi casualmente l'occasione di cantar la Messa da requiem, e potè farlo per la prima volta, per esserci noi ad aiutarlo. E' solo, con tre Parrocchie da amministrare, vaste più che le Diocesi del Piemonte; e non ostante tutto lo zelo e buona volontà si può immaginare come vadano le cose religiose. Uno si ammazza correndo a cavallo da un'estremità all'altra e molte volte inutilmente.

Ricevemmo la visita del Presidente e del Giudice, e la restituimmo.

Il 27 novembre sellammo nuovamente i cavalli, diretti a Los Angeles, non più per sentieri da capre, ma per estrada carrozzabile, quasi sempre in piano. Sebbene avessimo forzato la marcia, le nostre rovinate bestie non raggiunsero la meta prefissa. Ad una lega da Los Angeles, essendo notte avanzata, domandammo alloggio ad un ricco proprietario, che con tutta gentilezza annuì, trattandoci molto bene. Desidera i Salesiani colà, di accordo con molti altri che vorrebbero veder superate le difficoltà.

Da Los Angeles per ferrovia venimmo comodamente a Concepcion, accolti a festa e con reciproca consolazione da questi cari Confratelli.

Fui tosto a visitare il Rev.m° sig. Vicario e gli altri principali nostri benefattori ed amici. I Confratelli di questa Casa de Artes y Oficios lavorano molto in casa coi giovani interni ed esterni, e fuori in varii Istituti, ed attendono agli ammalati dei dintorni che spesso abbondano. Si sta terminando il fabbricato d'ingrandimento del Collegio, che permetterà di aumentare assai il numero degli allievi.

A giorni andrò a Talca e di là scriverò. Mando a tutti i cari Confratelli di Patagonia i miei saluti e prego l'E. V. di una particolare benedizione a questo suo

Aff.m° ed ubb.m° Figlio

Sac. ANGELO SAVIO.

L'EREMITA DI CHOSMALAL. Chosmalal, 14 dicembre 1889. ECCELLENZA REV.ma,

Sono ormai 33 giorni che mi trovo solo in mezzo a questa popolazione. Come V. E. sa, sono in vista delle altissime montagne dette Cordigliere de Los Andes. Il versante orientale è dell'Argentina, il versante occidentale appartiene al Chili che popola le spiaggia del Pacifico.

Questa enorme catena di montagne, spesso coperte di neve, e con le numerose gole che scaricano le acque limpide e fresche nelle valli della Patagonia, mi danno l'idea del nostro Piemonte con le sue Alpi, col suo Moncenisio, col Monte Bianco ed anche col suo Monviso, che qui è rappresentato dalla Sierra Velluda, che vuol dire montagna coperta di lana bianca.

Don Panaro andò con Don Savio al Chilì e mi lasciò solo soletto con un giovane un po' capriccioso. Questi, indispettito perchè nol condusse seco, insalutato hospite, se ne fuggì, lasciandomi lì su due piedi.

Ma grazie a Dio non ho fatto gran perdita ! Invero egli era assai pigro ed ogni mese inoltre dovevamo snocciolargli 12 scudi, che, attesa la nostra povertà, non è poco gravame !

Ora ho meco un altro giovanetto di 11 anni, già alunno di questa Casa, che lasciò per infermità. Questi ha un bel carattere, ubbidiente, umile, e mi serve a meraviglia.

Fra gli alunni che frequentano il nostro Oratorio non ne ho trovato finora alcuno che dimostri tendenza allo stato ecclesiastico : ciò che qui si cerca è l'interesse ! Ma speriamo coll'aiuto di Dio, che lavorando con impegno in questa porzione della Vigna del Signore, spunterà alcun germoglio col tempo. Il nostro piccolo Collegio, quantunque adagino, va aumentando, e dalle domande fatte, pare che l'anno venturo avremo un discreto numero di scuolari. Dacchè sono arrivato, sempre mi occupai nel fare scuola ed insegnar la Dottrina ad un gruppo di ragazzi, di cui pure preparai alcuni alla prima Comunione per la solennità dell'Immacolata. Speravamo eziandio buon numero di fedeli per quell'occasione, ma il cattivo tempo guastò la festa.

Per dire il vero mi pare di trovarmi in un eremo. In mezzo a queste Cordigliere, lontano 200 leghe da Patagones, oh ! quanto consola ricevere il Bollettino Salesiano, le Letture Cattoliche e qualche corrispondenza di V. E. Talvolta stiamo quasi per credere che non apparteniamo più alla società dei mortali !

Tornando Don Panaro, spero che potremo dare ogni domenica la Benedizione col Santissimo Sacramento, che non si diede finora per mancanza del necessario.

L'Oratorio festivo progredisce, ma lentamente, pel poco numero delle famiglie vicine alla Chiesa.

La Dottrina si fa regolarmente al sabbato ed alla domenica. Alcune volte arrivammo al numero di 20 tra fanciulli e fanciulle; ma è certo che le nostre Suore di Maria Ausiliatrice farebbero assai meglio, specialmente colle fanciulle.

Nell'assenza di Don Panaro ho provato ad entrare a spiegare il Catechismo nella scuola dello Stato, ma pensi un poco dove trovai difficoltà? La maestra mi negò il diritto di entrare nella scuola, sotto pretesto che il Presidente del Consiglio Scolastico le aveva detto che io non era il Parroco, e quindi non poteva insegnare la Dottrina Cristiana. Oh ! che tempi ! Ma bisogna pur compatire assai. In compenso abbiamo una consolazione nel Giudice letrado, il quale essendo una delle principali Autorità e buon cristiano, assiste la Messa ogni domenica, e se occorre, aiuta pure a vestire il Sacerdote celebrante.

Gradisca, Eccellenza Rev.ma, i miei più sinceri ossequi! e benedica il povero Eremita di Chosmalal, che si professa suo

Umil.m° Figlio in Cristo

Sac. MATTEO GAvOTTO.

FESTA DI MARIA AUSILIATRICE e Conferenze Salesiane in varie città e paesi

A Catania.

Leggiamo nell'ottimo periodico « La Campana » di Catania quanto segue

La Conferenza dei Cooperatori Salesiani, nella scorsa domenica 18 maggio, annunziata dalla Campana del 15, era stata intimata come una seduta ordinaria e fu invece una festa, inattesa, allegrissima, indimenticabile.

E come no? Pochissimi fra i convenuti avean veduto quell' edifizio surto come per incanto, ed entravano meravigliati e sorpresi.

La Conferenza, o meglio, come abbiamo detto, la festa, fu tenuta in uno dei saloni, largo, lungo, aereato, tramutato, per facoltà ricevutane, in cappella.

Alle undici, meno cinque minuti, S. E. il Cardinale Arcivescovo fu lì, e alle undici in punto, giusta l' invito, cominciò la messa, allietata dal canto del Laudate pueri del Capocci, cantato egregiamente con accompagnamento di harmonium dai giovanetti della scuola serale di canto degli stessi Salesiani, diretta da P. Nicosia. Poi lettura spirituale, cui tenne dietro la conferenza del D. Bonetti, che veniva da Torino a visitare i suoi compagni. Con un dire facile e naturale, dopo rese le debite lodi ai principali benemeriti di quella nuova Casa, egli svolse il suo argomento sui vantaggi dell' Istituto già surto ma incompleto, sui grandi soccorsi che la Provvidenza avea dati sempre a Don Bosco per simili fondazioni, intercalando raccontini graziosi e simpatici, e ciò per oltre un' ora, ascoltato sempre con attenzione e diletto. Indi, come è prescritto in somiglianti congiunture, prese a dire Sua Eminenza, e con parola affettuosa e calda confermò in bel modo e per sommi capi quanto era stato esposto dal conferenziere, parlò di Don Bosco e delle opere sue nobilmente e sentitamente, e infervorò gli animi degli astanti ad aiutare quei lavori.

I questuanti, distinti Signori, eran pronti, e all' ultima parola di benedizione del Cardinale cominciò il giro.

Poi solenne benedizione del Santissimo Sacramento, e alle 12 e tre quarti tutto era finito.

Cioè, finito no, poichè per un pezzo i Cooperatori e le Cooperatrici non si stancarono di andar su, giù, e poi su di nuovo sino al terrazzo che sta al di sopra sul terzo piano (terzo oltre le sale grandissime a pian terreno), dal quale godesi una vista che mai la più bella.

C' eran molte Signore della nostra Aristocrazia, e una scelta d'individui onorevole davvero.

Ed ora la coda. - La questua fu soddisfacente. Non si adombri l' autorità politica; essa lo sa che noi osserviamo le leggi, anche quando ci riescono noiose e dannose. Fu questua in chiesa, i balconi eran chiusi, non ne uscì fuori neppur l' odore. Ed odore ci fu, poichè in sette minuti, entro quell' oratorio si raccolsero 745 lire, diciamo settecentoquarantacinque.

Viva Catania e sempre così ! - Il Direttore Salesiano Don Chiesa, l' infatigabile promotore dell' Opera, ne era soddisfatto.

Ma non dubiti Don Chiesa; il resto verrà.

Non occorre andar questuando. Tenga la cassetta ferma lì, dov' era, al primo piano. In Catania non c' è bisogno di far questua fuori chiesa; la gente ce le porta sino a casa le offerte, e anche a lui verranno, molte, consecutive. Più il lavoro andrà innanzi e più roba troverà in cassetta.

La Campana non crederebbe completa la sua descrizione, se non la chiudesse con una lode all' Architetto Sig. Domenico Nicotra Signorelli, che ha diretto i lavori con passione e disinteresse, e all' appaltatore sig. Luigi Ferro, del quale quei Reverendi si mostrano a ragione oltremodo contenti.

DON BONETTI a Roma, Macerata e Faenza.

Il medesimo Don Giovanni Bonetti, che aveva tenuto la detta conferenza a Catania il giorno 18 di maggio, teneva altra conferenza alli 22 dello stesso mese in Roma nel tempio monumentale del S. Cuore di Gesù ai Cooperatori ed alle Cooperatrici dell'eterna città.

Dopo un umile esordire l' oratore parlò delle molteplici opere di zelo che richiedono oggi l'aiuto dei Cattolici. Giunto a parlare della gioventù, fa un veridico ritratto della deplorevole condizione in cui trovansi tanti giovanetti, tanti figli del popolo ai giorni nostri, e soggiunge: « E' nostro dovere curare la base, se vogliamo che l'edifizio non crolli mai. Qual carità migliore di questa? Essi sono ignoranti dei loro doveri, anzi doveri non ne conoscono, e chi loro li insegnerà? La Religione. Ma se essi non vanno alla Dottrina, al Catechismo, come faranno ad impararli?

» Lasciate che crescano questi piccoli ladroncelli, questi piccoli monelli. Alle volte fanno ridere le loro biricchinate; un giorno faranno piangere a lagrime di sangue. Sentirete per le vie, per le piazze le grida del disordine : sono urla selvaggie. La pace degli onesti viene turbata. Il Governo se ne impensierisce. Ma chi sono dessi? Quelli che un giorno voi vedevate oziosi per le piazze.

» Bisogna provvedere a questi giovani una educazione cristiana che insegni loro a vivere bene, a procurarsi onestamente il pane, a contentarsi del proprio stato; far loro conoscere insomma Dio; ed allora oh ! quanto di bene ci potrem pure sperare da sì fatta gioventù. Don Bosco, quel santo Apostolo dei giovanetti, ben capì l'importanza di questa santa missione, cui consacrò tutta la sua vita, e qualunque cosa più cara che si avesse su questa terra. Quel cuore era, per così dire, assetato della salute delle anime, ed eccolo quindi ancor giovane prete andar. per le strade, raggirarsi per le officine, entrare persino nelle fabbriche, farsi in mezzo ai fanciulli, e dopo un amorevole saluto proporre loro un divertimento nel suo Oratorio. L'appuntamento era dato ed accettato per la domenica. Ed ecco ogni festa comparire nuove faccia. Chi son essi? Sono i biricchini di Don Bosco, gli invitati a divertirsi; ma il principale divertimento si era quello della Dottrina, della parola di Dio, un buon consiglio, poi una confessione, una comunione santa, che rendeva quei giovanetti cari al Cuor di Gesù, docili ai parenti, pii, virtuosi. Erano biricchini di Don Bosco che, educati nelle pratiche della religione, crescevano buoni cristiani, padri onesti, cittadini probi. Quanti percorsero onoratamente le carriere civili, e quanti più le ecclesiastiche, ove si distinsero per la loro pietà, per il loro zelo. E tutto questo era il frutto di quella saggia educazione cristiana che nei teneri cuori istillava Don Bosco. »

Dopo ciò l'eloquente conferenziere parla delle istituzioni svariate ed innumerevoli che, sorte per lo zelo di Don Bosco, vanno progredendo oggi nelle mani dei Salesiani per l'aiuto dei Cooperatori, e non tace di Roma, cioè del tempio, delle scuole e dell'incominciato Ospizio del S. Cuore, per cui muove un caldo appello alla carità dei convenuti.

Il giorno 26 tenne conferenza a Macerata. L'adunanza era presieduta dall'illustre Vescovo diocesano. La pia funzione riuscì commovente ed imponente. Tra gli altri frutti che se ne ebbero non è ultimo quello d'aver fatto ripigliare i lavori per l'erezione della nuova Casa Salesiana di colà che si erano dovuti sospendere.

In Faenza la conferenza salesiana era tenuta pure da D. Bonetti il giorno 31 dello stesso maggio, alla presenza dei venerandi Vescovi di Faenza e di Assisi e di eletta schiera di Cooperatori e Cooperatrici, la cui beneficenza ebbero tante volte a sperimentare i Salesiani. L'uditorio era numerosissimo. La pia funzione riuscì oltre ogni dire grandiosa e consolante.

I Cooperatori di Pavia e Vizzini.

In Pavia, come gli altri anni, la festa di Maria Ausiliatrice si celebrò con pompa speciale dai Cooperatori e dalle Cooperatrici di quella città. Vi fu triduo solenne in preparazione alla festa e si tenne imponente adunanza per la conferenza, che fruttò vistosa elemosina per le opere salesiane. Mandammo già ringraziamenti per lettera diretta allo zelantissimo Decurione Can. Francesco Mariani ed ora li ripetiamo pubblicamente.

A Vizzini, in quel di Catania, la divozione verso Maria era già ben radicata nei cuori e promossa vieppiù ogni anno colla celebrazione solenne del Mese mariano. Ora ha fatto un passo di più per opera di. un'ottima Cooperatrice salesiana. Leggendo il nostro periodico le venne desiderio che si celebrasse anche colà la festa di Maria Ausiliatrice. Detto fatto : manifesta il suo desiderio ai Cooperatori e Cooperatrici congregati e tutti con giubilo aderiscono. Il predicatore del !lese mariano per tre sere parla delle grazie, dei favori e delle strepitose vittorie che i Cattolici hanno ottenuto per intercessione della Vergine invocata sotto il bel titolo di Ausiliatrice dei Cristiani. Nel giorno della Pesta le comunioni sono numerosissime, fervide preghiere s'innalzano alla Vergine pel suo gran servo Don Bosco e pei suoi figli, i Salesiani, ed il frutto prodotto nelle anime è incalcolabile. - Ecco che possono fare i Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane!

In molte altre città e paesi, borghi ed Istituti si tennero simili conferenze ed in molti posti si celebrò anche con solennità la festa di Maria Ausiliatrice. Non possiamo qui pubblicare per ora le relazioni pervenuteci. - S'abbiano qui pertanto le più vive congratulazioni ed i più cordiali ringraziamenti tutti i Decurioni e tutti i benemeriti Cooperatori e pie Cooperatrici che promossero tali opere di zelo e di carità od in qualsivoglia modo vi presero parte. Il Cielo ne li rimuneri largamente e li ricolmi di benedizioni, che copiose discendano sopra di loro, sopra le loro famiglie e sopra tutti i loro interessi spirituali e temporali.

ESERCIZI SPIRITUALI PER LE MAESTRE e per altre pie Signore e Cooperatrici Salesiane.

Nella Casa di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato avranno luogo alcuni giorni di Esercizi spirituali per le maestre ed altre pie Signore e Cooperatrici Salesiane, che desiderassero di attendere colla dovuta tranquillità di spirito alle cose dell' anima e dell' eternità.

Un buon numero di esse vi presero parte negli anni scorsi con viva loro soddisfazione ; e speriamo che altrettanto sia per avvenire nell' anno presente.

Pertanto, desideroso di fare il maggior bene possibile alle anime, il SiG. D. MICHELE RUA, successore del compianto nostro DoN Bosco, fa loro caldo invito ad intervenire numerose; e qualora non potessero recarsi quelle degli anni passati, egli le prega ad inviarvi in loro vece le proprie figliuole o sorelle, oppure indirizzarvi altre pie donne o donzelle del paese, conoscenti od amiche.

La pensione è fissata a lire 20; per le maestre o per più persone della stessa famiglia a L. 15 per testa.

Gli Esercizi cominceranno la sera del 1° agosto e termineranno il mattino del 10. Essi saranno dettati da Sacerdoti Salesiani.

Chi intende di prendervi parte è pregata a significarlo, non più tardi del 30 luglio, alla Superiora delle Suore di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato.

NB. Nizza Monferrato ha stazione propria sulla linea ferroviaria di Alessandria-Cavallermaggiore.

BIBLIOGRAFIA.

La Questione di S. Bonaventura. - De cognitionis humanae suprema ratione, commentata e difesa, contro le rosminiane interpretazioni di S. Casara, dal Sac. Prof. EM. ZORZOLI Dott. in Teol. e filosofia. Un volume in 16° grande di pagine 112    L. 1,50