BS 1900s|1903|Bollettino Salesiano Novembre 1903

BOLLETTINO SALESIANO

ANNO XXVII - N. 11.   Esce una volta al mese   NOVEMBRE 1903

SOMMARIO -Lettera Encicl. di SS. PP. Pio X pag. 317 Cooperiamo     323 Pagina intima .  325 Della Visita del R.m° D. Albera alle nostre Case d'America   329 Missioni - Colombia - La vita dei lebbrosi di Contratación - Per il lazzaretto di Antioquia • 335 Culto e grazie di Maria Ausiliatrice . 340 Notizie compendiate: Patagonia - Alvito - BustoArsizio - Cachoeira do Campo - Lisbona - Mornese - Giamaica - S. Salvador - Varengo 344

In memoriam: (Conte Barbaroux - Sig.a Verità) » 346

Cooperatori defunti 347

Illustrazioni : (Cachoeira do Campo, pag. 327 - Alunni di Cuyabà, pag. 331 - Il nob. Gioachino Oliveira Martins, pag. 332 - L'Em.mo Card. Aiuti, pag. 343 - La Sig.a E. Verità, pag. 347).

LETTERA ENCICLICA del Santissimo Signor Nostro PIO per divina Provvidenza PAPA X

AI VENERABILI FRATELLI, PATRIARCHI PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI ED ALTRI ORDINARI, AVENTI PACE E COMUNIONE CON LA SEDE APOSTOLICA

PIO PAPA X

VENERABILI FRATELLI, SALUTE ED APOSTOLICA BENEDIZIONE.

NEL rivolgervi la prima volta la parola dalla cattedra del supremo apostolato, alla quale, per inscrutabile disposizione di Dio, fummo elevati, non fa d'uopo che ricordiamo con quali lacrime, e calde istanze Ci adoperammo di allontanar da noi questo formidabile peso del pontificato. Benchè affatto disuguali di merito, pur ci sembra di poter far Nostre con verità le parole, con cui santo Anselmo si lamentava, quando, contro voglia e riluttante, fu costretto a ricevere l'onore dell'episcopato. Imperocchè a mostrar di qual animo e con quale volontà Noi Ci siamo sottoposti al gravissimo incarico di pascere il gregge di Cristo, possiamo bene arrecare quelle stesse prove di dolore, ch'egli per sè invocava. Son testimoni, così egli scriveva (Epp. I, III, ep. I), le mie lagrime e le voci e i ruggiti provenienti dall'ambascia del mio cuore, quali mai non ram mento essere da me usciti, per verun dolore, prima di quel giorno, in cui parve cadermi sopra quella grave sventura dell'arcivescovado di Cantuaria. Nè ciò poterono ignorar coloro che, in quel giorno, fissarono lo sguardo nel mio volto... Io, più somigliante pel colore ad un morto che ad un vivente, era pallido per lo stupore e per l'affanno. E all'elezione di me fatta, o meglio alla fattami violenza, finora, parlando con verità, ho riluttato quanto ho potuto. Ma già, voglia o no, son costretto di confessare che i giudizi di Dio resistono ogni dì più ai miei sforzi, talchè non vedo di poterne scampare. Per lo che vinto dalla violenza non tanto degli uomini quanto di Dio, contro alla quale non v'ha accortezza, capisco non rimanermi altro partito, che, dopo aver pregato quanto ho potuto ed essermi adoperato affinchè questo calice, ove fosse possibile, passasse da me senza che lo bevessi, posponendo il mio sentimento e la mia volontà, mi rimetta interamente al consiglio ed alla volontà di Dio.

Nè per verità a questa Nostra riluttanza mancavano ragioni in gran numero e di sommo peso. Imperocchè, oltre allo stimarci del tutto indegni dell'onore del pontificato per la Nostra pochezza; chi non sarebbe stato commosso nel vedersi designato a succedere a Colui, che avendo, pressochè per 26 anni, retta la Chiesa con somma sapienza , di tanta sublimità di mente, di tanto lustro di ogni virtù si mostrò adorno, da trarre in ammirazione di sè pur gli avversarii e lasciar memoria di se stesso in imprese preclarissime ? - Per passarci poi di ogni altro motivo, Ci atterrivano, sopra ogni cosa, le funestissime condizioni, in che ora versa l'umano consorzio. Giacché chi non iscorge che la società umana, più che nelle passate età, trovasi ora in preda ad un malessere gravissimo e profondo, che, crescendo ogni dì più e corrodendola insino all'intimo, la trae a rovina? Voi comprendete, o Venerabili Fratelli, quale sia questo morbo ; l'apostasia da Dio: di cui nulla in vero è più congiunto collo sfacelo, stante la parola del Profeta: Ecco che coloro i quali da te si dilungano, periranno (PS. LXXII, 27) - Vedevamo pertanto che, in forza del pontifical ministero, che Ci voleva affidato, Ci era d'uopo di accorrere a rimedio di tanto male, stimando come vòlto a Noi quel comando divino : Io ti ho oggi costituito sulle genti e sui regni, affinchè svella e distrugga, ed edifichi e pianti (Ierem. I, 15). Ma consapevoli della Nostra fiacchezza, rifuggivamo spaventati da un còmpito quanto urgente altrettanto difficilissimo.

Il programma di Papa PIO X.

Pure, poichè al volere divino piacque di sollevare la nostra bassezza a tanta sublimità di potere, pigliamo coraggio in Colui che Ci conforta; e ponendoci all'opera, appoggiati nella virtù di Dio, proclamiamo di non avere nel supremo pontificato, altro programma, se non questo appunto di restaurare ogni cosa in Cristo (Ephes. i, 10); cotalchè sia tutto ed in tutto Cristo (Coloss. III, I), - Non mancheranno di sicuro di coloro , i quali, misurando alla stregua umana le cose divine, cercheranno dì scrutare quali siano le secrete mire del Nostro animo, torcendole a scopo terreno ed a studi di parte. A recidere ogni vana lusinga, diciamo a costoro con ogni asseveranza che noi altro non vogliamo essere, nè, col divìno aiuto, altro saremo dinanzi alla società umana, se non il Ministro dì Dio, della cui autorità siamo depositarli. Gli interessi di Dio saranno gl'interessi Nostri; pei quali siamo risoluti di tutte spendere le Nostre forze e la vita stessa. Per lo che, se alcuno da Noi richiede una parola d'ordine, che sia espressione della Nostra volontà, questa sempre daremo e non altra : Restaurare ogni cosa in Cristo.

La guerra sacrilega contro Dio.

Nella quale magnifica impresa C'infonde somma alacrità , o Venerabili Fratelli, la certezza che vi avremo tutti cooperatori generosi. Del che se dubitassimo, dovremmo, ingiustamente, ritenervi o inconsci o non curanti di quella guerra sacrilega che ora, può dirsi in ogni luogo, si muove e si mantiene contro Dio. Giacchè veramente contro il proprio Creatore fremettero le genti e i popoli meditarono cose vane (Ps. II, I.), talchè è comune il grido dei nemici di Dio: Allontànati da noi (Iob. xxi, 14). E conforme a ciò, vediamo nei più degli uomìni estinto ogni rispetto verso Iddio eterno, senza più riguardo al suo supremo volere nelle manifestazioni della vita privata e pubblica; che anzi, con ogni sforzo, con ogni artifizio si cerca che fin la memoria di Dio e la sua conoscenza sia del tutto distrutta.

Chi tutto questo considera, bene ha ragione di temere che siffatta perversità di menti sia quasi un saggio e forse il cominciamento dei mali, che agli estremi tempi son riserbati ; e che già sia nel mondo il figlio di perdizione, di cuì parla l'Apostolo (II Thess. n, 3). Tanta infatti è l'audacia e l'ira, con cui si perseguìta da per tutto la relìgione, si combattono i dogmi della fede, e si adopera sfrontatamente a stirpare, ed annientare ogni rapporto dell'uomo colla Divinità! In quella vece, ciò che appunto, secondo il dire del medesimo Apostolo, è carattere proprio dell'Anticristo, l'uomo stesso con infinita temerità, si è posto in luogo di Dio, sollevandosi sopra tutto ciò che chiamasi Iddio, per modo che, quantunque non possa spegnere interamente in se stesso ogni notizia di Dio, pure, manomessa la maestà di Lui, ha fatto dell'universo quasi un tempio a se medesimo per esservi adorato. Si asside nel tempio di Dio mostrandosi quasi fosse Dio (II Thess. n, 2).

Per verità nessuno di sana mente può dubitare con qual sorte si combatta questa lotta degli uomini contro l'Altissimo. Può l'uomo, abusando della sua libertà, violare il diritto e la maestà del Creatore dell'universo ; ma la vìttoria sarà sempre di Dio: che anzi allora è più prossima la dìsfatta, quando l'uomo, nella lusinga del trionfo, si solleva più audace. Dio stesso di tanto ci assicura nei santi Libri. Quasi dimentico della sua forza e della sua grandezza dissimula i peccati degli uomini (Sap. XI, 24) : ma ben tosto dopo queste apparenti ritirate, scosso quasi forte risorto dall'ebbrezza (Ps. Lxxvii, 65) stritolerà il capo dei suoi nemici (PS. LXVII, 22) : affinchè tutti conoscano che Dio è il re di tutta la terra (Ib. XLVI, 8), e sappiano le gesti che son uomini (Ib. IX, 20).

Il partito di Dio.

Tutto questo, Venerabili Fratelli, Noi crediamo ed aspettiamo con fede incrollabile. Ma ciò non toglie che ancor Noi, per quanto a ciascuno è dato, ci adoperiamo di affrettare l'opera di Dio; non già solo pregando assiduamente : Lèvati, o Signore, non prenda ardire l'uomo (Ib. Ix, I9) ; ma, ciò che più monta, affermando con fatti e parole, a luce di sole, il supremo dominio di Dio sugli uomini e sulle cose tutte, di guisa che il diritto ch'Egli ha di comandare e la sua autorità sieno pienamente apprezzati e rispettati. - Il che, non solo ci vien richiesto dal dovere che natura c'impone, ma altresì dal comune nostro vantaggio. Chi è infatti, Venerabili Fratelli, che non abbia l'animo costernato ed afflitto nel vedere la maggior parte dell'umanità, mentre i progressi della civiltà meritamente si esaltano, combattersi a vicenda così atrocemente, da sembrar quasi una lotta di tutti contro tutti ? Il desiderio della pace si cela certamente in petto ad ognuno, e niuno è che non l'invochi con ardore. Ma voler pace senza Dio, è un assurdo : stantechè donde è lontano Iddio, esula pur la giustizia ; e tolta di mezzo la giustizia, indarno si nutre speranza di pace. La pace è opera della giustizia (Is. XXXII, 17). Non pochi sono, lo sappiamo bene, che, spinti da questa brama di pace, cioè della tranquillità dell'ordine, si raggruppano in società e partiti, che chiamano appunto partiti d'ordine. Speranze e fatiche perdute ! Il partito d'ordine, che possa difatti ricondurre la pace nella turbazione delle cose, non è che un solo : il partito di Dio. Questo partito dunque dobbiamo noi promuovere, a questo attirare quanti più possiamo, se veramente ci spinge amore di pace.

Urge ricondurre gli uomini a Gesù ed alla Chiesa.

Se non che, Venerabili Fratelli, questo richiamo degli uomini alla maestà ed all'impero di Dio, per quanto noi ci adoperiamo, mai non si otterrà se non per mezzo di Gesù Cristo. Niuno, così ce ne avverte l'Apostolo, può porre fondamento all'infuori di quello che è stato posto, che è Cristo Gesù (I Cor. III, II). E Cristo il solo, che il Padre santificò e spedì in questo mondo (Io. x, 36) splendore del Padre ed immagine della sua sostanza (Hebr. I, 3). Dio vero e vero uomo: senza del quale veruno può conoscere Iddio, come si conviene a salute, imperocchè nè il Padre conobbe alcuno se non il Figlio e quegli cui volle il Figlio rivelarlo (Matth. XI, 27). Dal che consegue, che instaurare le cose tutte in Cristo e ricondurre gli uomini alla soggezione a Dio è uno stesso ed identico scopo. Qua pertanto fa mestieri volgere le nostre cure, a ricondurre l'uman genere sotto l'impero di Cristo ; con ciò solo, lo avremo ricondotto anche a Dio. A Dio intendiamo, non già a quello inerte e non curante delle cose umane, che imaginarono i sogni dei materialisti, ma a Dio vivo e vero, uno nella natura, trino nelle persone, creatore del mondo, sapientissimo ordinatore ai ogni cosa, legislatore giustissimo, che punisce i malvagi ed ha pronto il premio per la virtù.

Or quale sia il cammìno per giungere a Cristo, non è duopo di ricercarlo ; è la Chiesa. Per lo che giustamente il Crisostomo inculca La tua speranza è la Chiesa, la tua salute è la, Chiesa, il tuo rifugio è la Chiesa (Hom. de capto Eutropio, n. 6). E per ciò infatti Cristo la fondò , guadagnandola a prezzo del sangue suo; e la fece depositaria della sua dottrina e delle sue leggi, dandole insìeme una ricchezza smisurata di grazie per santificazione e salute degli uomini.

Come attuare il nostro programma.

Scorgete adunque, o Venerabili Fratelli, quale sia in fine il dovere che a Noi parimente ed a voi venne imposto, richiamare alla disciplina della Chiesa il consorzio umano, allontanatosi dalla sapienza di Cristo: la Chiesa, a sua volta lo sottometterà a Cristo, e Cristo a Dio. Il che se, per benignità di Dio medesimo, noi meneremo a buon termine, saremo lieti di vedere il male dar luogo al bene; e udremo per nostra felicità, una gran voce dal cielo che dirà Ora si è fatta la salute e la virtù e il Regno del nostro Dio e la potestà del suo Cristo (Apoc. XII, 10.). Perchè però tutto questo si ottenga conforme al desiderio, fa d'uopo che con ogni mezzo e fatica noi facciamo sparir radicalmente l'enorme e detestabile scelleratezza, tutta propria del nostro tempo, la sostituzione cioè dell'uomo a Dio: dopo ciò, sono da rimettere nell'antico onore le leggi santissime ed i consigli del Vangelo, affermare altamente le verità insegnate dalla Chiesa e la dottrina della stessa circa la santità del matrimonio, l'educazione e l'ammaestramento della gioventù, il possesso e l'uso dei beni, i doveri verso coloro che reggono la cosa pubblica ; per ultimo restituir l'equilibrio fra le diverse classi della società a norma delle prescrizioni e costumanze cristiane. Noi per fermo, nel sottomettercì ai divini voleri, tanto ci proponiamo di cercare nel Nostro pontificato, e con ogni industria lo cercheremo. A voi, o Venerabili Fratelli, si spetta di assecondare le Nostre industrìe colla santità, colla scienza, coll'esperienza vostra, e sopra tutto collo zelo della divina gloria ; null'altro avendo di mira se non che si formi Cristo in ognuno.

1. - La formazione del clero nei Seminari.

Quali mezzi poi sia mestìeri di adoperare per conseguire sì grande scopo, sembra superfluo indicarli: giacchè son ovvii di per se stessi. - Le prime vostre premure sieno di formar Cristo ìn coloro, i quali, per dovere di vocazione, son destìnati a formarlo negli altri. Intendiamo parlare dei sacerdoti, o Venerabili Fratelli. Imperocchè quanti sono insigniti del sacerdozio debbono conoscere che, in mezzo ai popoli coi quali vivono, essi hanno quella missione medesima, che Paolo attestava di aver ricevuto con quelle tenere parole : Figliuoletti miei, che io genero di nuovo, finchè si formi Cristo in voi (Gal. iv, 19). Or come potranno eglino adempiere un tal dovere, se prima essi medesimi non si sieno rivestiti in Cristo? e rivestiti in guisa, da poter dire coll'Apostolo : Vivo io, non più io, ma vive in me Cristo (Ibid. II, 29). Per me il vivere è Cristo (Philipp. I, 21). Per la qual cosa, benchè a tutti sia rivolta l'esortazione di inoltrarci verso l'uomo perfetto, nella misura dell'età della pienezza di Cristo (Ephes. iv, 3), nondimeno è diretta pria d'ogni altro a coloro che esercitano il ministero sacerdotale ; i quali perciò son chìamati un altro Cristo, non già solo per la comunicazione della potestà, ma eziandio per la imitazione delle opere, per cui debbono portare espressa in se medesimi l'imagine di Cristo.

Le quali cose essendo così, quale, o Venerabili Fratelli, e quanto grande sollecitudine deve porsi da voi nel formare il clero a santità i qualsivoglia altro impegno uopo è che ceda a questo. Ond'è che la parte precipua delle vostre diligenze dev'essere rivolta ad ordinare e governare come conviensi i vostri seminarii per modo che fioriscano del pari per l'integrità dell'insegnamento e per l'intemeratezza dei costumi. Riguardate il seminario come la delizia del vostro cuore; ed a vantaggio di esso nulla omettete di quanto il Concìlio Tridentìno determinò con somma provvidenza. Venuto poi il tempo, in che i giovani candidati debbono promuoversi ai sacri ordini, deh ! non si dimentìchi ciò che S. Paolo scrive a Timoteo : Non imporre con precipitazione le mani a veruno (1 Tim. V, 22) ; riflettendo con somma attenzione che talì di via ordinaria saranno i fedeli, quali saranno quei che chiamerete al sacerdozio. Non vogliate adunque aver riguardo a interesse particolare di sorta; ma mirate unicamente a Dio e la Chiesa e l'eterno bene delle anime, affinchè, come l'Apostolo avverte, non comunichiate nei peccati altrui (Ibid.).

II. - Indirizzo dei novelli Sacerdoti e necessità dell'insegnamento religioso.

Inoltre non vengan meno le vostre industrie riguardo ai sacerdoti novelli e già usciti di seminario. Ve lo raccomandiamo dall'intimo dell'animo, accostateli sovente al vostro petto, che deve ardere di fuoco celeste , accendeteli, infiammateli, perchè ad altro non anelino che solamente a Dio ed a lucrare le anime. Noi, sì, Venerabili Fratelli, vigileremo con diligenza somma, acciocchè i membri del clero non sieno tratti alle insidie di una certa nuova scienza e fallace, che in Cristo non s'insapora, e che con larvati e subdoli argomenti si studia di dar passo agli errori del razionalìsmo o semirazionalismo ; contro i quali l'Apostolo già avvertiva il suo Timoteo di premunirsi, scrivendogli

Custodisci il deposito, evitando le profane novità di parole e le opposizioni di una scienza di falso nome, chè taluni promettendo vennero meno nella fede (I Tim. VI, 20 et seg.). Ciò però non toglie che riputiamo degni di encomio quei giovani sacerdoti che si dànno allo studio di utili dottrine, in ogni genere di scienze, per poter quindi esser meglio apparecchiati a difendere la verità e a ribattere le calunnie dei nemici della fede. Pur nondimeno non possiamo nascondere, ma dichiariamo anzi apertissimamente, che le preferenze Nostre sono e saranno sempre per quelli, i quali, pur coltivando l'ecclesiastica e letteraria erudizione, si dedicano più da vicino al bene delle anime coll'esercizio di quei minìsteri, che sono proprii d'un sacerdote zelante dell'onore divino. E' grande tristezza ed un continuo dolore pel Nostro cuore (Rom. Ix, 2) il ravvisare adattarsi pure aì nostri giorni il pianto di Geremia : I pargoli domandarono pane, e non era chi loro lo spezzasse (Thren. IV, 4). Imperocchè non mancano nel clero quei che, a seconda del proprio genio, si consacrano ad opere più di apparente che di solida utilità : ma forse non altrettanto numerosi sono coloro, che, ad esempio di Cristo, prendano per sè le parole del Profeta : Lo Spirito del Signore mi ha unto, mi ha mandato ad evangelizzare i poveri, a sanane i contriti di cuore, ad annunziare ai prigioni la remissione e la vista ai ciechi (Luc. Iv, 18, Ig). Pur chi non vede, o Venerabili Fratelli, che conducendosi gli uomini colla ragione e colla libertà, la via principalissima a restìtuire l'impero di Dio nelle anime è l'insegnamento religioso? Quanti sono mai, che nimicano Cristo ed aborrono la Chiesa ed il Vangelo più per ignoranza che per malvagìtà di animo, dei quali giustamente può dirsi Bestemmiano tutto quello che ignorano (Iud. II, io.).

Nè ciò s'incontra solo nel popolo o nella plebe più abbietta, che perciò è tratta agevolmente in inganno ; ma altresì nelle classi civilì e perfino in quei .che per altro son forniti di non mediocre istruzione. Di qui in moltissimi la perdita della fede. Giacchè non è vero che i progressi della scienza estinguono la fede, ma piuttosto l'ignoranza; onde avviene che dove più domina l'ignoranza, ivi fa più larga strage l'incredulità. E questa è la ragione per cui Cristo ordinò agli Apostoli : Andando, ammaestrate tutte le genti (Matth. XXVIII, Ig).

III. - La carità nell'esercizio del sacro ministero.

Perchè però da questo apostolato e zelo di insegnamento si raccolga il frutto operato ed in tuttì si formi Cristo, si rammenti bene ognuno  o Venerabili Fratelli, che nulla è più efficace della carità. Imperocchè il Signore non trovasi nella commozione (III Reg. xix, II.). Indarno si spera di attirare le anime a Dio con uno zelo amaro : che anzi il rinfacciare duramente gli errori, il riprendere con asprezza i vizìi, torna sovente più a danno che ad utilità. Esortava , è vero, l'Apostolo Timoteo: Accusa, prega, riprendi; ma soggiungeva pure : con ogni pazienza (II Tim. iv, 2). - Certo Gesù cotali esempi ci ha lasciato. Venite, così troviamo aver Egli detto, venite tutti voi che siete infermi ed oppressi, ed io vi consolerò (Matth. XI, 28). Nè altri intendeva per quegli infermi ed oppressi, se non coloro che sono schiavi del peccato e dell'errore. Quanta invero fu la mansuetudine di quel Maestro divino! quale tenerezza, qual compassione verso ogni fatta di miseri ! Ne dipinse stupendamente il cuore Isaia con quelle sue parole : Porrò sopra di lui il mio spirito ; non contenderà nè leverà la voce, non ispezzerà la canna già scossa, nè estinguerà il lino che fumiga (Is. XLII, i et seg.). - La quale carità, paziente e benigna (I Cor. xiii, 4), dovrà protendersi a quelli eziandio che ci sono avversi e ci perseguitano. Siamo maledetti, così S. Paolo di sè protestava, e benediciamo, siamo perseguitati, e tolleriamo, siamo bestemmiati, e preghiamo (I Cor. IV, 12 et seg). Essi forse appaiono peggiori di quel che veramente sono. La convivenza cogli altri, i pregiudizii, gli altrui consigli ed esempi, e finalmente una vergogna mal consigliata li hanno trascinati nel partito degli empii : ma la loro volontà non è poi sì depravata, come essi stessi cercano di far credere. Chi ci toglierà di sperare che la fiamma della carità cristiana non abbia a dissipar le tenebre dei loro animi, e ad apportarvi il lume e la pace di Dio? Tarderà forse il frutto delle nostre fatiche : ma la carità non si stanca mai nell'attendere, memore che Dio prepara i suoi premii non già all'esito delle fatiche, ma alla buona volontà.

IV. - L'opera delle associazioni cattoliche.

Vero è, o Venerabili Fratelli, che in quest'opera così ardua di restaurazione dell'uman genere in Cristo, non è Nostra ìntenzione che nè voi nè il vostro clero non ammettiate aiuto di sorta. Sappiamo che Dio raccomandò a ciascuno la cura de' suoi prossimi (Eccli. XVII, 12). Non sono pertanto i sacerdoti solamente, ma i fedeli tutti senza eccezione, che debbono darsi pensiero degli interessi di Dio e delle anime, bene inteso, non già di proprio arbitrio e colle pro prie viste, ma sempre sotto la direzione ed il comando dei Vescovi ; giacchè ìl presiedere, l'insegnare, il governare a niuno è concesso nella Chiesa fuorchè a voi, che lo Spirito Santo pose a reggere la Chiesa di Dio (Act. XX, 28.). - I Nostri Predecessori, già da gran tempo, approvarono e benedissero i cattolìci che, con vario scopo, ma sempre con religiosi intendimenti, si legano fra sè in società. Noi pure non dubitiamo di tributare la Nostra lode a tale egregia istituzione, e molto desideriamo che si propaghi, e fiorisca nelle città e nelle campagne. Se non che vogliamo che siffatte associazioni tendano innanzi tutto e principalmente, a far sì che il vivere cristiano si mantenga costantemente in coloro che vi si ascrivono. Poco monta in verità che si discutano sottilmente assai questioni, che si discorra con facondia di diritti e di doveri, se tutto ciò sia disgiunto dalla pratica. I tempì che corrono richiedono azione ; ma una azione che tutta consista nell'osservare con fedeltà ed interezza le leggi divine e le prescrizioni della Chiesa, nella professione franca ed aperta della relìgione, nell'esercizio d'ogni fatta di opere di carità, senza verun riguardo a se stessi ed a vantaggi terreni. Tali luminosi esempi di tanti soldati di Cristo varranno assai meglio a scuotere gli animi e a trascinarli che non le parole e le sublimi disertazioni ; e facilmente avverrà che, scosso l'umano rispetto, deposte le prevenzioni e le titubanze, moltissimi saranno tratti a Cristo, facendosi a loro volta promotori della conoscenza e dell'amore di Lui, che son la strada per la vera e soda felicità. Oh! senza dubbio, se in ogni città, se in ogni villaggìo si adempirà fedelmente la legge del Signore, se si avrà rispetto alle cose sacre, se si frequenteranno i sacramenti, se si osserverà quanto altro appartiene al vivere cristiano ; non sarà per noi mestieri, o Venerabili Fratelli, che più oltre ci affatichiamo per vedere ogni cosa restaurata il Cristo. Nè da ciò si aspetti solo giovamento per l'acquisto dei beni eterni ; se ne otterrà altresì aìuto grandissimo pei vantaggi del tempo e dell'umana convivenza. Poste infatti in sicuro le cose anzidette, i nobili ed i ricchi sapranno essere giusti e caritatevoli a riguardo deglì umilì, e questi porteranno con tranquillità e pazienza le strettezza di uno stato più angustioso; obbediranno i cittadini non già al libìto ma alle leggi; si guarderà qual dovere la riverenza e l'amore verso dei governanti, la cui potestà non viene se non da Dio (Rom. xiii, i. ). Che più? Allora finalmente sarà chiaro ad ognuno che la Chiesa, quale da Cristo fu istituita, deve godere piena ed intera libertà ed indipendenza da ogni estraneo dominio; e che Noi, nel rivendicare questa stessa libertà, non solo tuteliamo i diritti sacrosanti della religione, ma provvediamo eziandio al comune bene ed alla sicurezza dei popoli. Sta difatto che la pietà è utile ad ogni cosa (I Tim. Iv. 8.) : ed essa incolume e fiorente, sederà, davvero, il popolo nella pienezza della pace (Is. xxxii, 18).

Conclusione.

Dio, che è ricco in misericordia (Ephes., ii, 4.), acceleri benigno questa restaurazione dell'uman genere in Gesù Cristo ; giacchè non è opera di chi vuole nè di chi corre, ma di Dio misericordioso (Rom. Ix. 16). E noi, Venerabili Fratelli, nello spirito di umiltà (Dan. III, 39.), con preghiera continua ed insistente chiediamoglielo pei merìti di Gesù Crìsto. Volgiamoci altresì alla intercessione potentissima della Madre divina: per ottener la quale, giacchè vi dirigiamo questa Nostra Lettera nel giorno appunto destinato a commemorare il Santo Rosario , disponiamo e confermiamo quanto il Nostro Predecessore ordinò circa il dedicare il presente mese alla Vergine augusta, colla pubblica recita, in tutte le chiese, dello stesso Rosario ; ammonendo inoltre che si adoperino pure ad intercessori presso Dio lo Sposo purissimo di Marìa, patrono della cattolica Chiesa, e i santi Principi degli Apostoli Pietro e Paolo.

E perchè tutto questo avvenga conforme alle Nostre brame ed ogni cosa a voi succeda prosperamente, imploriamo larghissimi su di voi i doni delle grazìe divine. A testimonianza poi della tenerissima carità, con ' cui abbracciamo voi ed i fedeli tutti, che la divina Provvidenza Ci volle raccomandati, a voi, Venerabili Fratelli, al clero ed al vostro popolo impartiamo con ogni affetto nel Signore l'Apostolica benedizione.

Dato a Roma presso San Pietro, il giorno 4 di ottobre 1903, l'anno primo del Nostro Pontificato.

PIO PP. X.

COOPERIAMO

QUANDO, alla metà del secolo decimoquinto, Giovanni Gutemberg di Magonza dìvinava l'arte della stampa, pensò che meglio non potevasi inaugurare la grande invenzione, che pubblicando, prima d'ogni altro, il lìbro stesso di Dio, la Sacra Bibbia.

Ora, se ci è lecìto avvicinare al grande evento la novità che questo mese rallegra i lettori del Bollettino Salesiano - poichè la crescente tiratura del periodico, i desideri e le richieste fatteci dai cooperatori di diverse nazionalità per aver i Bollettini in lingua propria a date fisse, lo stato dei vecchi tipi c'imposero l'acquisto di nuove macchine celeri e di nuovi caratteri - noi pure pensiamo, che meglio non potevansi inaugurare le nostre nuove e linde colonne, che pubblicando per prima la sapiente Encìclica del nuovo Vicario di G. C.

L'atto del tipografo di Magonza fu un omaggìo a Dìo, e il nostro è un omaggio al suo primo rappresentante : quello segnò quasi il programma della nuova invenzione, e questo è una riaffermazione chiarissima dello scopo prefisso da D. Bosco alla Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.

Infatti scrive il Papa : « Se alcuno da Noi richiede una parola d'ordine, che sia espressione della Nostra volontà, questa sempre daremo e non altra : Restaurare ogni cosa in Cristo. » E tale fu pure la parola d'ordine, che D. Bosco diede ai suoi Cooperatori, espressa nel motto sublime: Da mihi animas, caetera tolle. Per questo egli abbracciò tutto nell'ampiezza della sua missione; e, prediligendo i giovani più abbandonati ed ignoranti, volle estese le sue cure anche al popolo e congiunse perciò in un solo affetto gìovani e uomini maturi, civilizzati e selvaggi, scuole ed officìne. « Ormai sapete, scrìveva a' suoi Cooperatori il 1° gennaio 1883, ormai sapete a che cosa serve la vostra carità, la vostra limosina nelle mani di D. Bosco. Essa serve a raccogliere dalle vie tanti poveri giovanetti, a dar loro col pane della vita il cibo dell'anima, istruirli nella religione, avviarli ad un mestiere o a qualche carriera onorata, a formarne dei buoni figliuoli di famiglia e dei saviì cìttadini ; serve a dare alla civile società dei membri utili, alla Chiesa dei cattolicì virtuosi, al Cielo dei fortunati abitatori : serve a creare per la gioventù dei maestri dabbene, per le popolazioni cristiane dei zelanti sacerdoti, pei popoli selvaggi deì coraggiosi Missionarii ; serve ad innalzare sacri edifizii per radunarvi i fedeli ed ammaestrarli nella religione, confortarli coi Sacramenti e farli benedire Iddio, onde risarcirlo delle orrende bestemmie con cui lo maledicono gli empii; serve a pubblicare e diffondere migliaìa di buoni libri per seminare nel mondo sani principiì, combattere glì errori, raffermare le anìme nella fede, richiamare sul buon sentiero gli erranti e rassodarli nella virtù ; serve insomma ad ampliare il regno di Dio in sulla terra, a far regnare Gesù Cristo negli individui, nelle famiglie, nelle città, nelle nazioni, a farlo conoscere ed amare, se dato ci fosse, da un capo all'altro del mondo, onde si compia la profezia che dice : Egli dominerà dall'uno all'altro mare : dominabitur a mari usque ad mare. » E non è questo, netto e preciso, il restaurare ogni cosa in Cristo, proclamato dal Sommo Pontefice?

« I tempi che corrono, spiega Pio X, richiedono azione; ma un'azione che tutta consista nell'osservare con fedeltà ed interezza le leggi divine e le prescrizioni della Chiesa, nella professione franca ed aperta della religione, nell'esercizio d'ogni fatta d'opere di carità, senza verun riguardo a se stessi e a vantaggi terreni. Tali esempi luminosi di tanti soldati dì Crìsto varranno assai meglio a scuotere gli animi e a trascinarli, che non le parole e le sublimi diser tazìoni ; e facilmente avverrà che, scosso l'umano rispetto, deposte le prevenzioni e le titubanze, moltissimi saranno tratti a Cristo, facendosi a loro volta promotori della conoscenza e dell'amore di Lui, che son la strada per la vera e soda felicità. Oh! senza dubbio, se in ogni città, se in ogni villaggio si adempirà fedelmente la legge del Signore, se si avrà rispetto alle cose sacre, se si frequenteranno i sacramenti, se si osserverà quanto altro appartiene al vìvere cristiano; non sarà per noi mestieri... che più oltre ci affatichiamo per vedere ognì cosa restaurata in Cristo. » E questo è appunto il programma della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.

« Ascoltate ! diceva D. Bosco il 15 luglio 1886 ad uno stuolo dei suoi antichi allievi. Voi avete detto in questo momento che l'opera dei Cooperatori Salesiani è amata da molti ! Ed io soggiungo che questa sì dilaterà in tutti i paesi, si diffonderà in tutta la cristianità. Verrà un tempo in cui il nome di cooperatore vorrà dire vero cristiano ! La mano dì Dio la sostiene. I Cooperatori saranno quelli che aiuteranno a promuovere lo spirito cattolico. Sarà una mia utopia, ma pure io la tengo. Più la S. Sede sarà bersagliata, più dai Cooperatori sarà esaltata ; più la miscredenza in ogni lato va crescendo, e più i Cooperatori alzeranno luminosa la fiaccola della lor fede operatìva... » Le ispirate parole di D. Bosco cominciano ad avverarsi.

Animo adunque, o carissimi; cooperiamo ! I mezzi di cooperazione son molti, e molti ne propone il quinto capo del nostro regolamento : ma i principali son due: preghiera e somministrazione dei mezzi materiali necessari a fare il bene. Chi non può far altro, preghi dal Signore le grazie necessarie a quelli che lavorano. E chi può fare elemosina, non si ritiri, nè si stanchi. « Gran cosa, diceva il Card. Mauri, nel Congresso Salesiano di Bologna, gran cosa, o Signori, innanzi a Dio è questa cooperazione. Il Cooperatore attende aglì affari della sua casa, agli offici del suo ìmpiego, persino ai suoi onestì passatempi ; e intanto che avviene? Moralmente e quanto al merito, egli fatica nella persona del salesiano. Con lui evangelizza i selvaggi, assiste i lebbrosi, protegge i nostri emigrati. Con lui predica, confessa, catechizza ; fa neì ginnasi, nei licei, negli ospizi, nelle scuole serali da educatore e da maestro. Con lui fonda ricreatorî festivi, istituisce officine cattoliche, apre scuole di arti e mestìerì, dà gratuito ricetto a figli di poveri operai e gl'indirizza per la via dell'onestà e del lavoro. Con lui, ristampando, purgati, libri scolastici ed altrì classici italiani e latini, pubblicando letture cattoliche, letture amene ed educative per la gioventù, e siffatte letture agevolando con biblioteche circolanti, aiuta nelle menti e nei cuori delle novelle generazioni il restauro cristiano! »

Anche il nostro Bollettino tende umìlmente a questa mèta: fu questo il fine per cui lo ìdeò D. Bosco.

Cari e benemeriti Cooperatori, datevì adunque pensiero di venirci in aiuto: chè se, alle continue spese che ci impone il periodico, oggi abbiamo osato aggiungerne delle altre e assai rilevanti, noi l'abbiam fatto... intimamente convinti della vostra cooperazione. Sostenere, diffondere il Bollettino è sostenere e aiutare le opere di D. Bosco che sono quelle di Dio.

Il Bollettino vive per voi e presso di voi, esso è il messaggero del bene che i figli di D. Bosco vanno operando per mezzo del vostro aiuto, esso è la voce della gratitudine che risuona tra i beneficati ed i benefattori , è l'inno del ringraziamento, è il vincolo dì quella santa carità figlia di Dio che tutti ci affrattella nel suo santo nome. Ci corrono qui alla mente le belle parole dell'ultima lettera di D. Bosco ai Cooperatori

Le opere, che col vostro appoggio io ho cominciate, non hanno più bisogno di me, ma continuano ad avere bisogno di voi e di lutti quelli che come voi amano di promuovere il bene su questa terra. A tutti pertanto io le affido e le raccomando.

Nessuno dei nostri benemeriti Cooperatori lasci quest'anno di mandarci il suo obolo per le spese di stampa del Bollettino. Comunemente ci si suole inviare per un anno lire tre: ma noi confidiamo, che, in questa speciale circostanza, quanti ne saranno in grado, vorranno mostrarsi ancora più generosi.

PAGINA INTIMA

Omaggi e voti.

IL Santo Padre Pio X il 18 dello scorso ottobre nominava S. E. R.ma Mons. Merry del Val Segretario di Stato che verrà elevato alla Sacra Porpora nel prossimo Concistoro. Questa nomina incontrò il gradimento universale e noi umiliando all'illustre Prelato, che meritamente gode la fiducia del Vicario di Gesù Cristo, i nostri umilissimi omaggi con l'assicurazione di nostra perfetta sudditanza, faccìamo voti che la sua missione abbia ad avere in mezzo alle nazioni quella salutare influenza che si aspetta la Chìesa.

L'Apostolo dei lebbrosi di Colombia.

IL nostro carissimo Confratello D. Evasio Rabagliati, il grande iniziatore ed agitatore per la costruzione dei Lazzaretti dipartimentali, lo scorso mese arrivava a Torino inviato espressamente dal Governo Colombiano al fine di recarsi in Norvegia per indurre l'illustre dottor Hansen, il fortunato scopritore del bacillo della lebbra, a recarsi in Colombia e mettere a profitto di quei più che 30,000 poveri lebbrosi, i suoi studi e la sua esperienza. Noi ci auguriamo che i nobili desideri del Governo Colombiano e dello zelante missionario siano coronati da splendidi frutti.

Ai giovani dei nostri Collegi.

CoN novembre il nuovo anno scolastico è incominciato definitivamente per tutti gli studenti, i quali collo sguardo fisso all'avvenire già ne sognano il termine coronato da premi e trionfi. Il buon Dio arrida a queste vostre nobili aspirazioni, o cari giovani, e la bella Vergine, Sede della Sapienza, dischiuda le vostre menti all'apprendimento di quanto dovete studiare.

Questo il nostro augurio fervido che vi mandiamo dalle colonne del caro Bollettino; ma se volete raggiungere infallantemente la meta, ascoltate questo nostro consiglio, In molti nostri collegi vige già da più anni la bella pratica dei nove primi venerdì di ciascun mese che consiste nel fare la Santa Comunione al primo venerdì del mese e per nove mesi consecutivi, collo scopo di ricambiare, per quanto è possibile alla nostra miseria, la tenerezza che Gesù Cristo ci dimostra nell'augusto Sacramento dell'altare e riparare gli oltraggi e le indegnità a cui va esposto in questo Mistero d'amore. Orbene, o cari giovani, praticate questa cara divozione e voi a vostra grande consolazione esperimenterete ben presto in voi medesimi mirabili effetti. Gesù ha promesso ai devoti del suo divin Cuore tutte le grazie necessarie al loro stato e copiose benedizioni sulle loro intraprese. Perciò con questa pratica eccovi assicurato, o giovani, il divino aiuto e le celesti benedizioni sui vostri studi, sulle vostre occupazioni, sulla importante impresa della vostra educazione.

All'opera adunque, o giovani cari. Da novembre ad agosto ci corrono appunto nove mesi precisi. Non lasciateli sfuggire ; ma sopraggiungendo il primo venerdì di ciascuno, purificate le vostre anime nel Sacramento di Penitenza , poi accostatevi a Gesù, e quando questo Re della gloria sarà assiso nei vostri cuori come in suo trono prediletto vi benedirà copiosamente e voi proverete pace, consolazione nel disimpegno dei vostri doveri : lieti voleranno i vostri giorni, e quasi senza avvedervene vi troverete al termine delle scuole coronati di premi e di trionfi.

Le scuole di religione.

SIAMo al principio d'un nuovo anno scolastico ed urge che ci mettiamo tutti - Salesiani e Cooperatori - al lavoro se vogliamo nel campo dell'educazione raccogliere copiosi frutti di virili caratteri ed energiche volontà per il risanamento morale e civile della società avvenire. Questo lavoro ha da essere concorde e serio nelle singole sue esplicazioni - scuole, collegi, pensionati ed oratori festivi - ma, se vogliamo raggiungere il fine propostoci di preparare una società migliore e forte, dobbiamo sopratutto indirizzare le nostre cure alle Scuole di Religione, sostenendo le già aperte ed istituendone delle nuove dove non ve ne sono. Mai come ai nostri giorni s'è fatto sentire così prepotente il bisogno d'una cultura religiosa più elevata anche in mezzo al popolo, perchè lo studente e l'operaio non si trovarono mai di fronte a tante insidie circa la fede ed i costumi quanto ai dì nostri. E noi, mentre insistiamo sulla necessità delle Scuole di religione, quale efficacissimo mezzo ad ovviare a tanto male, sottoponiamo all'attenzione dei nostri Cooperatori i considerando ed i voti del III Congresso Salesiano intorno a questo vitale argomento.

- Il Congresso considerando:

che l'insegnamento della Religione in alcuni Stati è assolutamente escluso dalle scuole secondarie e dagl'Istituti superiori, che anzi da alcune cattedre si propugnano apertamente le dottrine più avverse alle credenze cattoliche, la qual cosa costituisce il più grave pericolo per la fede della gioventù studiosa ;

che l'esperienza di oltre un decennio ha luminosamente dimostrato che nella presente condizione di cose l'istituzione delle Scuole di religione è il più diretto ed efficace antidoto che si possa opporre a quel pervertimento intellettuale e morale, che sventuratamente minaccia la gioventù nelle pubbliche scuole ;

che tale pericolo per la fede delle anime giovanili non si manifesta minore nelle scuole normali, sia maschili che femminili, dove non solamente manca una cattedra per l'insegnamento religioso, ma assai spesso nelle varie materie didattiche questo insegnamento vi è, o direttamente, o indirettamente, combattuto

inoltre che le classi operaie hanno un grandissimo bisogno di essere maggiormente istruite nelle verità della Religione, specialmente in quei centri in cui, per mezzo della stampa, delle conferenze e di recenti istituzioni popolari, si diffondono tanti errori contro il Cristianesimo e la Chiesa Cattolica;

infine che, dato l'odierno movimento di maggiore coltura nella donna, è indispensabile che questa si approfondisca nella conoscenza della Dottrina cattolica, il che potrà ottenere mercè un insegnamento religioso più vasto ed elevato di quello che abbia potuto ricevere nella sua educazione di collegio o di famiglia ;

il Congresso dei Cooperatori Salesiani , mentre applaude di gran cuore alle molteplici scuole di religione fiorenti in varie città, fa voti:

I.° che si moltiplichino e si favoriscano largamente le Scuole di religione, rispondenti partitamente, per quanto è possibile, ai varii corsi in cui si divide l'insegnamento pubblico (ginnasio inferiore - scuole tecniche - ginnasio superiore - istituto tecnico - scuole normali maschili e femminili - università ed istituti di studi superiori);

2.° che nelle Scuole di religione per gli alunni e le alunne degli istituti normali (le quali non debbono essere promiscue, ma distinte pei due sessi) alla fine dell'anno scolastico, a tutti coloro, che le avranno frequentate con profitto, si rilasci uno speciale certificato o diploma, che in caso di concorso, possa loro altresì riuscire vantaggioso, como titolo che comprovi la loro coltura religiosa e la loro idoneità all'insegnamento del Catechismo ; raccomanda inoltre caldamente

a) ai Cooperatori Salesiani, che promuovano efficacemente la fondazione di Scuole di religione

per le classi operaie, in cui, con forma popolare, ma in maniera seria ed efficace, si smascherino e si confutino gli errori, che la propaganda atea e sovversiva va spargendo in mezzo ad esse;

b) ed alle Cooperatrici Salesiane, che si facciano iniziatrici di Scuole di religione o corsi regolari di conferenze apologetiche, esclusivamente destinate a quelle signore e signorine, che sentano il bisogno di una cultura religiosa più profonda ed appropriata alle esigenze intellettuali dei bisogni presenti;

in fine fa un vivo appello allo zelo dei Cooperatori e delle Cooperatrici, affinchè vogliano destinare parte delle loro beneficenze in vantaggio delle suddette istituzioni, sia per assicurarne la vitalità, sia per promuoverne maggiormente lo sviluppo, stabilendo dei premi annuali, fondando delle biblioteche religiose circolanti, sovvenendo tutte le altre opere affini, che si potrebbero annettere con grande vantaggio delle Scuole di religione. -

All'opera, o zelanti Cooperatori, qui il campo è vastissimo ed i frutti della vostra attività saranno copiosissimi e ripieni delle più belle speranze.

Per le nostre Missioni.

PER noi novembre e dicembre sono mesi consacrati alla partenza dei nostri missionari, e per i nostri Cooperatori sono quelli in cui più abbondantemente si fanno pervenire al nostro venerato Superiore offerte per le Missioni. Ci sembra quindi opportuno richiamare l'attenzione di tutti sulle deliberazioni dell'ultimo Congresso Salesiano intorno alle Missioni fra gli infedeli : « Le Missioni Salesiane hanno bisogno di grandi e continui aiuti da Dio e dagli uomini; poichè se si sono moltiplicate con mirabile celerità ed estensione, tuttavia da tutte parti si reclamano nuove fondazioni, e vi è sempre deficienza di vocazioni e di denaro. A tal fine

I.° I Cooperatori preghino instantemente ogni giorno per le Missioni Salesiane. Rogate Dominum messis, ut mittat operarios in messem suam.

2.° Quelli che hanno da Dio la vocazione per le Missioni non vi pongano indugio. Gli Angeli di quelle terre lontane sospirano i nuovi apostoli e già si preparano ad accoglierli festanti ;

3.° I Cooperatori che potessero coltivare od aiutare tali vocazioni fra i propri parenti, amici od allievi, non risparmino zelo o sacrifizi ; anzi, riconoscenti a Dio di tale occasione, vi si adoperino con santo ardore;

4.° Nessuno dei Cooperatori neghi l'obolo della sua carità in aiuto delle Missioni. Divinorum divinissimum est cooperari Deo in salutem animarum.

5.° Don Bosco, a dimostrare il merito maggiore e del bene fatto in vita a confronto del bene che da molti si dispone alla morte, era solito a dire : che c'illumina più una lampada davanti ai nostri passi, che cento dietro le spalle. Tuttavia non si dimentichi la carità per le Missioni, anche in punto di morte. Oh quali vantaggi si ebbero già per mezzo di alcuni testamenti ! Ed è pur dovere di ogni buon cristiano, disporre a tempo e bene, di quelle ricchezze di cui si dovrà render conto al divin tribunale. » -

Tesoro Spirituale.

IN questi mesi, o buoni Cooperatori e pie Cooperatrici, attingete all'amplissimo tesoro benignamente apertoci da Santa Madre Chiesa per liberare dalle fiamme del purgatorio le anime dei vostri cari.

1.° Potete acquistare tutte le indulgenze plenarie e parziali di tutte le Basiliche, Chiese e Luoghi Santi di Roma, Gerusalemme, Porziuncola e di S. Giacomo in Compostella, ogni volta che, essendo in grazia di Dio reciterete divotamente 6 Pater, Ave e Gloria, di cui 5 per i bisogni di S. Chiesa e l'ultimo secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

2.° Indulgenza plenaria ogni volta che recitate l'Officio dei Morti, ovvero i sette Salmi Penitenziali, oppure i 15 Graduali pei defunti ; con la facoltà ai confessori di commutazione per gli infermi e per i vecchi.

3.° Indulgenza plenaria tutte le volte che farete la Santa Comunione. I Sacerdoti ogni volta che celebreranno la Santa Messa possono lucrare la medesima indulgenza Plenaria per sè o per le anime purganti o per qualche parente defunto, purchè visitino divotamente qualche chiesa, pregando per la Chiesa e per il Papa.

4.° Facendo ogni giorno mezz'ora o almeno un quarto d'ora d'orazione mentale, potete una volta al mese conseguire l'Indulgenza Plenaria purchè in quel giorno in cui volete acquistarla vi accostiate ai Sacramenti e visitiate qualche Chiesa pregando secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

5.° Potete ancora lucrare Indulgenza plenaria e remissione di tutti i peccati, nei seguenti giorni, se veramente pentiti, confessati e comunicati, visiterete qualche chiesa Salesiana, o in mancanza di questa, la rispettiva Chiesa Parochiale, o se vivete in comunità, la propria Cappella.

Novembre.

1. Festa d'Ognissanti.

2. Commemorazione di tutti i Fedeli defunti. 14- S. Giosafat di Polonia, Vesc. e Martire.

i9. S. Elisabetta, Principessa d'Ungheria, Vedova. 21. Presentazione della SS. Vergine al tempio. 26. S. Leonardo da Porto Maurizio, Confessore. 30. S. Andrea Apostolo.

Dicembre.

3. S. Francesco Saverio.

8. Immacolata Concezione.

16. Primo giorno della Novena di Natale.

24. Ultimo giorno della Novena e Vigilia di Natale. 25. Natività di N. S. G. C. 27. S. Giovanni Apostolo ed Evangelista.

In memoria di Papa LEONE XIII..

REGALiamo ai nostri Cooperatori lo splendido Carme composto dal R.mo Prof. D. G. B. Francesia in occasione della morte di Leone XIII.

Qui fra il festoso canto

che scioglie alla virtude studiosa gioventude,

(voli per ogni valle ed ogni piano dell'italico suol) in largo pianto mi raccolgo pensoso, presso l'urna, là sopra il suol Romano, ch'accoglie taciturna

la spoglia di Leone, e un inno scioglio in segno di cordoglio

e con voce commossa,

mentre mi scorre il gel ratto per l'ossa, rivolto alla dolente patria mia: Oh! piangi, dir vorrei, tua sorte ria!

Quanta grandezza in questo figlio eletto! Per Lui l'inno ascoltavi di Dante, che volava sopra 'l cielo: e palpitando in petto

e colle ciglia sospirose e gravi,

Lui celebravi con ardente anelo ! L'alto pensar di quel sommo d'Aquino ritrasse in suo sermone,

e il suo genio brillò raggio divino. E volto a religione,

come il fiume che un dì scese d'Arpino, per inni e scienze sfolgorò Leone.

Della fede custode,

vivida forza con membra sottili, Ei si presenta pien d'autoritade all'Itale contrade,

alla Germania ed alla Francia e Spagna,

e a più lontane prode.

E guida alla virtude

si mostra all'inesperta gioventude; per Lui torna la storia,

senza le spoglie più bugiarde e vili, maestra a veritade; e per diritta via,

temprando dell'uman saper la boria, fa che ritorni a noi filosofia.

E al popolo che geme

tra la polve dei campi e l'officina, con quell'autorità che nulla teme, con sapienza divina,

pronunzia tal parola,

che il ritorna alla calma e lo consola. Dice alle afille genti.

Voi causerete l'ultima ruina,

voi, tra l'immenso infuriar dei venti, anche quaggiù potrete saziar l'avida sete, se bella brillerà tra voi la luce, di Lui che solo ogni fortuna adduce.

Lo vide la Germania...

e quei che ruppe e insanguinò la Francia, posta l'usata smania,

or con umile, or con dolente guancia, invocò del suo genio lo splendore! Poi la bollente Spagna, piena di fede e ardimentoso il core, deposta al piede la pesante lancia, suo pietoso pensier lieto accompagna. E vide il mondo nuova meraviglia, volger umil le ciglia

a Lui che siede in Vaticano e implora, la gente dell'occaso e dell'aurora!

Magnanimo ardimento!

Del lungo faticar quasi riposo, Ei canta di .Maria De' cristiani conforto! E la sua musa pia

ascolta il mondo con orecchio attento. L'accenna come un porto nel mare procelloso, e quando di morir s'appressa l'ora ei canta sempre ancora.

Questo tuo Figlio, Italia bella, è morto! Senti l'immenso duolo che sull'estinta spoglia grande si fa dall'uno all'altro polo. Nei giorni del tuo lutto era conforto: temprava ogni tua doglia! e per la meraviglia gli stranieri volgendo in Te le ciglia, del senno antico e del valor Romano in questa etade trista e di sconforto vedon lampi brillar dal Vaticano!

Canzon, ten vola a Roma,

ove il Tevere scorre in rauco suono. Non più splendor di trono

Ma mestizia per tutto e amaro pianto! Bacia la bianca chioma, poscia in mesto sospir sul corpo santo poni il dolente canto.

DELLA VISITA del Rev. Sig. D. Albera alle nostre Case d'America

(Relazione del Sac. Calogero Gusmano *)

Iquique.

Accompagnati da D. Valetto c'imbarcammo per Iquique, capitale della Provincia del Tarapacà, città che prima del 1880 apparteneva al Perù, cui fu tolta dal Chilì nella guerra del Pacifico. Ha 28.000 abitanti che si rinnovano con frequenza straordinaria, perchè nessuno vi viene con intenzione di rimanervi, ma, fatta fortuna, se la va a godere altrove. La città è adunque cosmopolita, quantunque prevalgano gli inglesi, proprietari della maggior parte delle mìniere di salnitro, di cui tanta esportazione si fa per Europa, dove pare sia il concime preferìto. Abbiamo visitato una delle 14 officine esistentì nella provincia di Tarapacà, detta la Costanza a ricordare forse le lotte sostenute e vinte. È di un dalmata, certo Devescovì e dà lavoro a 600 operai: si calcola che gli rimaranno due milionì all'anno di guadagno netto. Abbiamo visto le mine, le pietre greggie e i piccoli bracci di ferrovia per mezzo dei quali le trasportano alle caldaie, il cui vapore, penetrando in mezzo a quelle masse, ne decompone il minerale. Il liquido passa per varie caldaie e bollizioni, finchè separato dallo iodio, che si adopera principalmente nella preparazione della polvere, ne viene fuori il salnitro che rassomiglia al nostro sale ridotto a piccoli pezzi. Quell'officina è un paesello : là tutto si vende, tutto si trova: l'alloggio è preparato dal padrone stesso, che nel mezzo vi fece inalzare una graziosa chiesuola , ove abbiamo avuto comodità di celebrare la santa Messa, purtroppo non da molti ascoltata.

L'impresa delle ferrovie è inglese, i sacerdoti viaggiano gratis in prima classe: noi ne abbiamo approfittato per cinque ore. Alla stazione ci attendeva un tramwia che il padrone, saputo del nostro arrivo, volle mandarci, e ci trattarono con ogni gentilezza.

Nessuno si meraviglierà se dico che Iquique non è una delle città più religiose : si comprende! Il nostro D. Ortuzar, dopo esser stato valoroso cappellano dell'esercito durante la guerra del Pacifico, fu nominato primo Vicario Apostolico d'Iquìque. Egli, tuttora ricordato con grande affetto, avrebbe potuto dire che cosa era questa città. A lui si deve la costruzione dell'attuale chiesa parrocchiale, ben inteso, tutta di legno. Egli in ultimo, anche per sfuggìre agli onori dell'episcopato, si ritirò coi Salesiani edificandoli colle sue virtù, ed era giusto andassimo a continuare ìl lavoro in quel campo irrigato dai sudori e dalle lagrime di D. Ortuzar. Vi siamo fin dal gennaio del 1897, subito dopo l'esilìo dall'Equatore. Il lavoro è grande per attrarre la gente e per servirla , e si è ottenuto molto: ormai si può portare il viatico pubblicamente a chi ne abbisogna! Il Vescovo non ha che due preti. Don Albera tenne la conferenza ai Cooperatori e la Chiesa era ripiena ; ma ciò che consolò il nostro superiore fu il vedere coi proprii occhi quanto gli narrava un buon cooperatore, che da quarant'anni vive in quelle terre. « Lo spirito caritatevole di D. Bosco, diceva egli, qui si riflette in tutto; è l'istruzione popolare che si svolge, è la gioventù felice e contenta che si raduna negli Oratori festivi; sono le idee religiose suscitate e coltivate; è il sacerdote dal pulpito che propaga il bene; è il confessionale cercato, la mensa eucaristica frequentata, è il nome di Maria SS. Ausìliatrìce che come un inno erompe dalle labbra di tanti giovanetti, è Gesù che regna nei cuori, è tutto questo che venite a vedere. » Non vi ha dubbio vi è ancora molto da fare: il Collegio salesiano e quello delle Figlie di Maria Ausiliatrice non sono frequentati che da un quattrocento, mentre i collegi non cattolici degli inglesi, alemanni e di altre nazionalità vi abbondano. Qui la vita si vive in fretta: a 14 anni bisogna esser uomini e guadagnarsi il pane; gli studi sono speciali ed il Governo lo sa, e tace perchè trova il suo tornaconto : di soli diritti di dogana percepisce 60 milioni all'anno. Le case son tutte di legno, perchè non si ha la pazienza di far opere serie e perchè nessuno vi viene per vivervì costantemente.

Vi sono anche le figlie di Maria Ausiliatrice ed ebbero qui un principio curioso da varii anni si desiderava un loro collegio ; una buona signora, riboccante di fede, vista una casa che le parve adattata all'uopo, v'introdusse sotto una medaglia di Maria Ausiliatrice. Trascorsero alcuni anni e nessuno pensava più a nulla, quando nel 1899 passando per quella città Mons. Costamagna, preso da zelo per la salute delle anime, rimprovera a quelle signore di non pensare gran che alle loro figlie, e sì offre egli stesso a concorrere alla spesa e pubblica dal pulpito che si deve fondare una casa per le giovanette. Un mese dopo, stando a Lima, riceve un telegramma, che s'erano radunati 30,000 lire; mandò le suore, si comprò la casa e si venne a sapere ch'era quella medesima in cui anni addietro, era stata introdotta la medaglia della Vergine Ausìliatrice.

Tutto questo bene, in gran parte, si deve a Mons. Carter, attuale Vicario Apostolico che tanto interesse spiegò sempre per le nostre opere e tanto fece perchè i Salesiani venissero ad Iquique : egli li fornì delle case che abitano e della Chiesa che ufficiano e sempre continua a far loro da padre, aiutandoli in ogni modo e consigliandoli nelle difficoltà.

Il Prefetto di Iquique, alla presenza delle più rispettabili persone del luogo, venute ad onorare il signor D. Albera, ripetè nella sostanza quanto i prefetti di Concezione e Valparaiso e da vero militare esortò i giovani ad essere franchi nel professare i principiì religiosi che dai figli di Don Bosco venivano loro inculcati; perché tale pratica li avrebbe resi utili a se stessi, alla famiglia ed alla patria. Quel prefetto in pochi mesi s'è già accapparata la stima di tutti e quantunque d'idee liberali agevola e protegge le istìtuzioni cattoliche nell'insegnamento e negli ospedali, e, quel che non fu possibile ad altri, l'ottenne egli: la fondazione cioè di una casa di Suore del Buon Pastore per le figlie pericolanti, colà purtroppo abbondantissime. Volle che la sua elegante e comoda barca ci riconducesse a bordo e volentieri ne abbiamo approfittato, perchè il mare in quei gìorni era agitatissimo, tanto che da due settimane non s'erano potuto scaricare le mercanzie che portavano numerosi vapori.

Nel vivaio di Macul.

Debbo ancora parlare di una casa non molto numerosa, ma più importante di tutte le altre, che abbisogna della carità delle consorelle, ed è vita di esse; vivaio dal quale, pur troppo, per l'impellente necessità, alcune volte ancor tenere si debbono svellere le pianticelle per trapiantarle nei varii collegi, voglio dire il noviziato di Macul. I nostri confratelli pare nutrano speranza, che il Chìlì come s'è mostrato generoso nel soccorrerli materialmente, lo sarà ezìandio nel lasciare che si ascrivano alla nostra Pia Società quei membri che ne mostrassero desiderìo, per estendere così a più larga sfera il beneficio dell'educazione che tanti fanciulli abbandonati reclamano. In questa speranza, col concorso generoso e cordiale di tutti i direttori, si costrusse una più ampia e comoda casa, che presto sarà abitata. Macul dista poco da Santiago ed i nostri sacerdoti attendono al bene spirituale degli abitanti dei dintorni, dando di quando in quando fruttuose missioni.

L'accoglienza fatta a D. Albera non poteva essere più figliale. A Macul si trova il medesimo spirito, lo stesso affetto per D. Bosco e pei nostri amati superiori che si respira negli altri nostri noviziati. Pareva che avrebbero voluto spogliarsi di tutto per presentarlo a D. Albera : gli atti di mortificazione che s'imposero, le virtù che si studiarono di praticare più diligentemente son cose di carattere troppo intimo perchè io qui le ripeta : ma è certo che molto consolarono ìl rappresentante del Rettor Maggiore. Nei pericoli dei suoi lunghissimi viaggi sono come l'irìde di speranza che lo confortano e gli fanno credere che Iddio vorrà prestargli quegli aiuti necessarii per condurre a termine la sua delicata missione. Tutto questo servì mirabilmente per disporre quei novizi a ricavare maggior frutto dagli esercizi spirituali che D. Albera loro dettò; e variì ebbero benedetto l'abito religioso, mentre 15 emisero la professione religiosa. Ma che sono 15 con tanta penuria di personale?

Impressioni.

La visita alle varie case salesiane era finita. Avevamo ammirato la fede e relìgiosità del popolo cileno, e nell'esterno ci aveva colpito l'abito di chiesa delle donne, vero ideale di modestia. Stando in Italia aveva avuto occasione di assìstere a diversi congressi religiosi, aveva sentito a discutere con più o meno calore quest'argomento: l'abito della donna cilena mi pare che potrebbe servire di modello. Nelle chiese cattoliche, anche le pìù frequentate, sarebbe cosa vana chi volesse distinguere la donna nobile dalla plebea, la ricca dalla povera: un manto nero che scende dalla testa, si aggruppa con varii giri al collo e giunge fino ai due terzi della persona. Inutilmente si cercherebbe su quelle centinaia e alle volte migliaia di teste un ornamento, un fiore, un nastro qualunque:, il lusso non è ancora entrato nelle chiese cilene. Si voleva introdurre in occasione di sposalizii, ma l'Arcivescovo permise solo che la sposa cambiasse il velo nero in bianco e nient'altro.

Durante la visita Monsignore e D. Albera avevano presieduti gli esami di religione dati dalle future maestre del popolo cileno e n'erano usciti soddisfattissimi per le risposte esatte e precise ai più difficili quesiti. Visitammo le case di esercizi spirituali, ove a migliaia annualmente sì ritirano principalmente gli uomini per apprendere nel silenzio e nella meditazione delle verità eterne a conoscere Iddio, i proprii doveri come cristiani e cittadini. Durante dieci giorni si provvedono abbondantemente e gratuìtamente di quanto abbisognano e per mezzo dell'istruzione, della riflessione e dei sacramenti si cerca di riformarne i costumi in modo da renderli utili alla società. Sono questi beni sensibili, positivi che ognuno palpa ed i cui effetti benefici la nazione soprattutto esperimenta. Quanti, dati al vino o ai liquori, e vittime dei disordini, conseguenza di questo detestabile vizio , uscirono completamente emendati, e non assaggiarono più vino in vita loro!

Uno spettacolo di fede ad Andacollo.

Tutto questo, ci aveva dato un'idea del Chili, ma non era completa fu ad Andacollo che rifulse in tutto il suo splendore la fede cilena: Là abbiamo visto quarantamila pellegrini con alla testa cinque vescovi e 107 sacerdoti dare uno spettacolo di fede cui mai avevo presenziato. Quattro secoli di culto a quella miracolosa immagine le avevano ottenuto la gloria della Incoronazione per decreto del Capitolo vaticano, che per la prima volta aveva luogo nel Chilì, per le mani del fortunato Vescovo della Serena.

A 1090 metri sul livello del mare e a 70 chilometri dalla città della Serena, sulla costa del Pacifico, sorge il ridente paesello di Andacollo, singolare fin dal suo apparire, perchè mentre tutto all'intorno è arido e secco, la vallata dove poggia il celebre santuario di N. S. del Rosario è abbastanza fertile. Il viaggio è faticoso, ì più vi vanno a piedi per divozione, la polvere è inevitabile per tutti, sì arriva là coperti, compenetrati in tutte le parti. Ad un'ora di distanza varie centinaia di uomini a cavallo vennero ad ìncontrarci, a spargere fiori per le vie, a farci passare sotto gli archi trionfali fino al Santuario. Ha la chiesa le fondamenta di pietra, e tutto il resto di legno espressamente fatto venire dalla California ; la cupola s'innalza a 14 m. sopra la navata di mezzo ; di stile romano bizantino, imponente e grandiosa. Il santuario è capace di 10.000 fedeli e costò circa un milìone di lire.

Andacollo vuol dire oro bagnato, oro in polvere e glì venne questo nome dai suoi fiumi che in quantità lo possedevano tra l'arena. Dice la tradizione che un Indio per nome Collo volendo abbattere su quella stessa montagna, ove ora sorge il Santuario, un tronco, ad un dato punto s'arresta: aveva colpito sull'occhio sinistro la bellìssima statua della Vergine, alta un metro, oggetto ora di tanta venerazione, che trovavasi dentro quel tronco. Il discendente diretto di questo fortunato Collo, che attualmente si chiama Barrera, è il caciche, cioè il padrone della festa. Senza il suo permesso non si può far nulla e nemmeno il vescovo può per nessuna ragione muovere la statua della Vergine. 2000 indii detti cini che nel loro linguaggio significa divoti della Madonna, divisi in varii gruppi, si succedono nel suonare, ballare e recitare avanti la statua, che fin dalle prime ore del mattino è trasportata sulla porta del Santuario. Vestiti nel modo più strano ed allo stesso tempo sontuoso, hanno addosso tutti i più smaglianti colori, a decine gli specchi, in profusione l'argento e financo l'oro; tengono in mano uno strumento che non dà che due suoni monotoni che si ripetono per tre intieri giorni. I manti che ricoprono la Vergine ed il Bambino Gesù sono di una ricchezza favolosa: corone di argento ed oro massiccio pendono dalle loro braccia ed ì diamanti ed altre pietre preziose brillano in tutte le parti ; nessun indio, per povero che sia, riparte di là senza aver fatta la sua offerta al Santuario.

Di quei giorni non si registra disordine alcuno, tutti sono intenti ad onorare la Vergine, a contemplare quei cini a ballare al suono del loro strumento e sventolare con un cadenzato movimento la bandiera che hanno in mano. In principio si vorrebbe ridere; ma quando ci si trova presenti si gonfiano gli occhi di lagrime. Non era possibile assistere indifferenti a quegli sfoghi di amore, a quel patetico linguaggio del cuore.

Come nell'antica legge si presentavano nel tempio al Sommo Sacerdote i fanciulli ebrei che volevano consecrarsi a Dio, così ancora adesso tante madri consegnano i loro piccolini al caciche, perchè li addestri a ballare avanti la Vergine e abbiamo visti ragazzetti di cinque o sei anni resistere a quella fatica, e tutti occhi per vedere come facevano gli altri. Quando ad un ballo muore il capo, tutta la compagnia veste a lutto e la bandiera è abbrunata con apposito velo. Terminata la danza uno di essi, a capo scoperto, si fa avanti, e in poesia il pìù delle volte, presenta alla Vergine i suoi compagni, fa un resoconto della loro condotta ; lamenta i danni sofferti, chiede grazie e fa promesse ; scongiura in fine che allontani da loro il peccato, che abbia compassione di coloro che sono fuorì del retto cammino e non sanno amarla ; ed è tale la convinzione della voce con cui si dicono queste cose che non v'ha altro mezzo: o allontanarsi o pagare il tributo delle lagrime. Là si capisce perfettamente quanta serietà ci poteva essere in ciò che si legge nella Sacra Scrittura del ballo di David avanti l'Arca Santa.

Da nove giorni si succedevano i migliori oratorì della Repubblica per cantare le glorie di Maria; avevano predicato alcuni vescovi e tra essi Mons. Costamagna con quell'affetto per la Vergine che lo distingue. Un fremìto scorre quando il Diocesano assistito con piviale e mitra dai quattro vescovi e numeroso clero sale la scala e corona la Vergine. Io faceva da cerimoniere e stava al lato del Vescovo, mi fu facile osservare l'ìmpressione profonda scolpita nel volto di quella moltitudine: fu un acclamare frenetico, interminabile ; si riversò tale un'onda di gioia nel cuore di quei quarantamila pellegrini da dover quasi esclamare : satis Domine, satis Domine : pareva di essere trasportati sul Tabor. E dopo di questo sale sul pulpito l'oratore cileno, l'interprete più fedele ed eloquente dei sentimenti del popolo: Mons. Angelo Jara. Vuol parlare e piange; dice che aveva preparato il suo discorso e lo brucia in olocausto ai piedi della Vergine lascia che si sfoghi il cuore ; e questo voleva la massa che estatica aveva gli occhi fissi nella coronata loro Regina. Che eloquenza ! se la vera eloquenza consiste nel trasfondere negli altri i proprii sentimenti, nessuno fu mai più eloquente del Vescovo di Ancud.

Alla sera si fece la solenne processione ; i due mila cini come un sol uomo dipendevano dal cenno della bandiera bianca del loro caciche e questa volta disposti in bell'ordine ballavano, suonavano e sventolavano a cadenza perfetta le loro artistiche e svariate bandiere. Era una vista tale, che molti usciti dalla Chiesa erano andati premurosi a prendersi un posto sul declìvio delle circostanti colline. Un Padre Agostiniano, corpulento la sua parte, aveva guadagnato la cima del campanile, quando, messo in fallo un piede, cadde dall'altezza dì otto metri. Rimase stordito e fuor dei sensi, e sulle prime parve fosse rimasto privo di vita. Ma la Vergine SS. non volle contristata l'allegria dei suoi devoti, e l'Agostiniano, poche ore dopo, camminava sano e allegro come prima. Varie altre grazie si andavano ripetendo di bocca in bocca, avvenute ìn quei giorni.

L'indomani della festa, 27 dicembre, noi assai di buon mattino ripartimmo, non senza aver ringraziato prima i buoni religiosi del Cuor di Maria, che tanto caritatevolmente cì avevano alloggiato ed al cui zelo è affidato quel santuario. A Santiago aspettavano Don Albera i confratelli per gli esercizii spirituali prescritti dalle nostre regole. Furono gìorni tuttì del Signore ed ognuno se ne partì con più forti propositi di lavorare alla maggior gloria di Dio, estendendo il regno di G. C. specialmente in mezzo alla gioventù, porzione prediletta del suo Cuore Sacratissìmo.

La statistica della carità.

Nell'Argentìna, che da poco tempo avevamo lasciata, fattosi uno scrupoloso calcolo, si venne a conoscere che nelle 58 case Salesiane di quella Repubblica, - di cui undici nella sola città di Buenos Aires, si educano 17645 tra fanciulli e fanciulle e di essi tremila seicento settantatre sono mantenuti gratuitamente del tutto, alcuni godono forti ribassi, gli altri pagano una modica pensione che non sempre basta a coprire le spese. Nel Chili il numero dei giovani non ascende a tanto ; tuttavia in proporzione, non sono meno i giovani che godono la carità delle nostre case, carità che ogni dì si va aumentando a misura che arrivano i soccorsi che la Divina Provvidenza ci manda per mezzo dei Cooperatori. Quanti poveri orfani ciononostante attendono da tempo un ricovero, una mano amica che li soccorra! Bisogna esser direttore dì una casa e conoscere quell'amore che D. Bosco seppe trasfondere nei suoi figli verso i giovani per comprendere quanto torni doloroso dire no a chi diseredato dalla fortuna e privo di appoggio ha certo diritto alla carità! Eppure molte volte bisogna far tacere il cuore e lasciarsì guidare dalla ragione. Per non ripetermì dìrò che le Figlie di Maria Ausiliatrice fanno colle ragazze quanto, e più che i Salesiani in molti casi.

Vantaggi del Chilì sugli altri Stati.

Un'osservazione ancora : mi pare che tra gli Stati che sorsero dall'America spagnuola il Chili è l'unico che raccolse in parte i beni della sua indipendenza e libertà; il popolo s'impose una costituzione che quantunque non accordi agl'individui le libertà chimeriche di altre Repubbliche, somministra nondimeno all'autorità i mezzi sufficienti per far rispettare i suoi statuti. All'ombra sua godettero i popoli il bene incomparabile di una lunga pace, si svolse l'industria ed il commercio in modo sorprendente, si diffuse l'ìstruzione pubblica fino alle estremità più remote del suo territorio ; si apersero numerose vie di comunicazione, si abilitarono nuovi porti pel commercìo straniero e nazionale ; si estrassero dalle viscere della terra molti articoli che esportati hanno costituito altrettanti sorgenti di ricchezza nazionale; l'agricoltura anch'essa ha ricevuto un grand'impulso ed il Chilì consolidò presso i tutte le nazioni il prestigio che così bene ed onorevolmente s'era saputo acquistare; e mentre altri Stati Sud-Americani distruggevano le proprie forze in guerra fratricida, il Chili s'avanzava materialmente e moralmente, e la sua influenza non tardò a farsi sentire sugli altri Stati del Pacifico, sulle cui sorti fu più di una volta chiamato a pronunziarsi.

Ho letto varìi autori e visto che si lambiccano il cervello per indovinare la causa di tanta prosperìtà. Pel credente non è un mistero, e neppure per uno storico spassionato. Nel Chilì dominò sempre fin dall'epoca della sua conquista lo spirito religioso, la tendenza alla pietà non solo nel patrizio, ma anche nelle masse del popolo, che tuttora viva e radiante ha la luce della fede, la quale gli inspira rispetto alle leggi che costituiscono le istituzioni dei popoli. « Nessuno elemento havvi così efficace per salvare la società dall'anarchia, dice il Guìzot, come l'istruzione religiosa, nè altro freno tanto potente come la coscienza illuminata dalla fede per frenare i popoli dagli accessi, ai quali li precipitano le male passioni. »

Altra cosa mi colpì nel Chilì: noi abbiamo visitate quasi tutte le Repubbliche del SudAmerìca e vi abbiamo ammirate grandiose fondazioni, la cui esistenza rivela lo spirito religioso che le anima; ma queste istituzioni appartengono ad un'epoca remota, all'epoca della colonizzazione spagnuola che fu eminentemente cattolica per quanto l'ingordigia di qualche inviato abbia nociuto a quella cattolicissima nazione. Ora però pare che quello spirito che li animò in antico siasi spento, pare che quelle opere di carità abbandonate all'incostanza del tempo trovassero morte tra quelle stesse società ch'esse erano destinate a vivificare. Il contrario avvenne nel Chìlì, poichè qui le istituzioni di carità, scarse al tempo del dominìo spagnuolo, coll'indipendenza crebbero e si moltiplìcarono in soccorso di tutte le necessità spirituali. Ed è a notare che non furono le autorità pubbliche che diedero impulso a queste istituzioni eminentemente caritative; nemmeno solamente i Vescovi ed i sacerdoti, ma semplici fedeli vi contribuiscono potentemente animati dalla carità di Gesù Cristo che dà vita a tutte. Questo è per me il motivo del benessere del Chili: guai se se ne allontana!

Il profeta Davide dopo dì aver detto : « Beato quegli che ha compassione per l'indigente e pel povero, perchè nel giorno della tristezza sarà consolato » aggiunge che il Signore lo conservi, lo vivifichi, lo faccia beato sopra questa terra e non lo faccia cadere in mano dei suoi nemici. Ecco il voto, ecco l'augurio che il sig. D. Albera faceva nel partirsi dal Chili, dopo tre mesi di grata permanenza; il Cuor di Gesù e Maria SS. Ausiliatrice compiano i nostri voti.

L'agenzia del porto ci avvisa ch'è arrivato il vapore che dovrà portarci al Perù, e domani partiremo, pongo quindi termine a questa mia. Gradisca i miei ossequii e mi abbia

Suo umil.mo confratello e servo Sac. C. GUSMANO.

MISSIONI

COLOMBIA

La vita dei poveri lebbrosi di Contratación (Lettera di Suor M. A. Medicina al R.mo D. Rua)

Contratación, febbraio 1903. REV.MO E VENERAT.MO SUPERIORE,

CREDO farle cosa gradita inviandole la presente, nella quale mi permetto d'informarla di noi, e più ancora dei malati del Lazzaretto.

Primieramente, devo dirle che produce in noi un senso di meraviglia il silenzio completo e prolungato di cinque e più mesi da parte dei nostri amati Superiori e delle buone Superiore. Non abbiamo la più piccola notizia nè di V. S. Rev.ma, nè di alcuni altri Superiori. Nonostante ogni sforzo per indurci a credere, che il silenzio provenga dalla difficoltà delle comunicazioni e dalla grande distanza (1) ; tuttavia più di una volta ci rattristiamo al timore, che sia loro sopravvenuta qualche disgrazia.

Quanto a salute tiriamo innanzi mediocremente ; non vi è nulla di grave, però non ci mancano delle frequenti indisposizioni, causate forse dal clima malsano e forse anche dall'alimentazione poco nutriente. La carne, ad esempio, bisogna conservarla dalla domenica fino al sabato seguente, e qualche volta più lungo tempo ancora; sicchè diviene completamente senza gusto dal mercoledì in poi.

Ma quello che maggiormente ci contrista, si è il vedere i poveri ammalati che, oltre alla terribile infermità della lebbra, soffrono anche molte altre malattie, come reumatismi prodotti dalla grande umidità, polmoniti, catarro ed un'estrema debolezza che si sente costantemente in questo clima, e che gl'infermi sentono più di qualunque altro. Così pure le dirò che tutti questi ammalati provano un insistente bisogno di mangiare, e continua loro l'appetito sino agli ultimi giorni della vita. Ora la S. V. Rev.ma può immaginarsi quanto abbiano a soffrire in questi tempi sì calamitosi per la Colombia! Non credo fuor di proposito di farle notare, che 25 libbre di yuca costano 15 pesos, e Dio volesse che detto legume fosse buono; invece il più delle volte metà è tarlato e l'altra metà non è quasi altro che scorza. Il riso costa 3 pesos la libbra ; il sale 10 pesos e più la libbra; la legna costa carissima ; la farina poi ha un prezzo favoloso addirittura, cosicchè questi poveretti omai non sanno più che sapore abbia un tozzo di pane. Il percallo che in Italia costa 6o cent. al metro, qui costa 10 scudi la vara, che è appena un 8o centimetri

Non la finirei più, se volessi descriverle tutto minutamente, cosa per cosa. Gli ammalati ricevono ogni settimana 10 pesos. È molto per colui che deve raccogliere ogni settimana tanti biglietti da 10 pesos, quanti sono gl'infermi ; ma per ciascuno di loro è pochissimo, perchè questo denaro a loro basta appena per la domenica, il lunedì, martedì e mercoledì ; e debbo notare che con detta sovvenzione riescono a provvedersi soltanto legumi e acqua e sale; ma non già carne od alcun companatico. E gli altri tre giorni, che cosa mangiano? Come li passano? Se trovano chi dia loro qualche limosina, mangiano ; altrimenti, aspettano quella che distribuiamo noi ; ma non potendo stare in piedi per il digiuno forzato di tre giorni, devono mettersi a letto, e il fatto è che quasi tutti si sentono aggravati negli ultimi giorni della settimana.

Più di una volta succede che andando alla sera per visitarli, ne troviamo alcuni che sono ancor digiuni dal mattino, talvolta piangenti, tal'altra rassegnati. Pure chi non si sentirebbe commosso alla vista di un quadro tanto compassionevole?

Altra brutta conseguenza della carestia si è che essendo il sapone molto caro, nessuno dei più poveri pensa a lavarsi la roba; e così oltre la deformità della malattia, anche il fetore che mandano accresce la ripugnanza dell'accostarsi a loro. Non voglio dire con ciò che noi sentiamo ripugnanza per quei poveretti e che ci torni gravoso il vivere con i lebbrosi, questo no ; anzi più ammalati, più deformi e ributtanti essi sono, e più ci fan compassione e vorremmo soccorrerli nei loro bisogni e dar loro, se fosse possibile, anche tutti i nostri alimenti, per non vederli patir la fame.

Oh! se avessimo un ospedale organizzato come quelli d'Europa, questi ammalati crederebbero d'essere in paradiso; ma qui invece si vive in catapecchie che in Italia non si userebbero per gli animali, nel timore che avessero a cascare loro addosso in qualche momento. Sembrerà che io esageri, dicendo che appena due o tre sono le case che si possono paragonare ad una stalla di costi ; ma questa è la pura verità.

Presentemente gli ammalati sono circa 180; gli altri se ne sono andati chi a domandai l'elemosina, chi in cerca dei parenti per ottenere qualche aiuto e i più ricchi si sono trasferiti all'altro lazzaretto per avere un clima più sano ed una temperatura più calda, perchè per essi il freddo è molto fatale e sebbene in Contratación non faccia nè troppo freddo nè troppo caldo, ma sia una continua primavera, tuttavia essi son sempre tremanti dal freddo, Nè vi è mezzo di poterli trattenere, e nessuno ha il coraggio di farlo, perchè siamo testimoni della maniera con cui diventano deformi ed aggravati dopo pochi mesi che sì trovano qui. Ma permetta, amatissimo Padre, che le parli di un altro argomento

Qui, a Contratación, vi saranno un 200 bambine, la maggior parte figlie di ammalati, quasi tutte in balia di se stesse, perchè o sono completamente orfane e non hanno chi si prenda cura di loro, o hanno parenti, i quali perchè troppo ignoranti, non esercitano sopra di loro quella vigilanza che si dovrebbe Accade alle volte che i parenti, i padroni ed anche i vicini domandano a queste figliuole, che frequentano l'Oratorio, se le Suore dànno loro da mangiare e se guadagnano venendo da noi tutte le feste... Molte non ci badano e continuano a mantenersi buone, ma altre si lasciano persuadere e non ritornano più ! Se avessimo qualche cosa da distribuire, specialmente alle più piccole, si potrebbe fare in mezzo ad esse un bene immenso, perchè abbiam già notato più volte che regalando loro un fazzoletto od altre cose simili, parenti continuano a mandarle per alcuni mesi, e poi si disanimano; mentre se avessimo qualche oggetto di vestiario, qualche dolce, qualche frutto o un pane per distribuire, assicuro che potremmo fare molto di più di quello che si fa.

Il Rev.mo sig D. Albera fu testimonio della docilità e buona volontà delle ragazze di Contratación, poichè l'Oratorio è un campo senza alcun riparo dall'acqua e dal sole; di modo che quando piove le bambine sono obbligate a scapparsene di corsa alle loro case, o pure contentarsi di stare in un corridoio molto stretto, nel quale debbono ammucchiarsi una addosso all'altra per potervi capir tutte. Noi ci maravigliamo come vengano all'Oratorio nonostante questi e molti altri inconvenienti. Povere figlie! Molte di esse non hanno altro vestito che quello che hanno indosso . lo fanno lavare quando incontrano chi loro ne impresti un altro, se pure non si mettono a letto finchè asciughi. Gli oggetti che ci mandarono di costì furono distribuiti agli infermi ed anche a parecchie di loro; ma al presente non ci resta più nulla.

E sapesse, o Rev.mo Padre, quanti pericoli incontrano qui le ragazze e quanto debbono soffrire per conservarsi buone! Quante volte vien voglia di piangere pensando che bambine di 10 e 12 anni già si trovano esposte a veri cimenti, e che se non vogliono essere calunniate debbono tenere una serietà e una riservatezza affatto impossibile alla vivacità e al giudizio limitato della loro eta! Oh chi potrà salvare queste povere figlìuole? Non mi sarei mai immaginato che nel mondo vi fosse tanta malvagità come vedo al presente. Perciò, ad allontanarle da tanti pericoli, vi sarebbe assoluta necessità di un ritiro qualunque per le orfane, le quali potrebbero diventare più tardi delle buone infermiere...

Oh ! quanto bramerei che quanto ho qui esposto fosse pubblicato, affinchè qualche anima buona si muovesse a pietà di queste bambine e venisse loro in aiuto! Mi consola il pensiero che il Signore ispirerà alle anime pietose il desiderio di salvar queste povere creature.

Ella, poi, Rev.mo Padre, ci voglia soccorrere con l'aiuto delle sue fervorose orazioni. La buona volontà non ci manca; però difetta l'energia ed il vero spirito di sacrifizio.

Si degni, intanto, gradir le preghiere, che costantemente innalziamo al Signore per Lei e gli umili ossequii che le presentiamo, unitamente a quegli degli infermi e delle ragazze dell'Oratotorio ; e ci benedica tutti.

Di Lei, Rev.mo Padre,

Ubbid.ma e umil.ma figlia in G. e M.

Suor M. A. MEDICINA Figlia di M. A.

(1) È proprio così. Questa lettera, ad es., fu scritta in Febbraio ed arrivò a Torino solo il 18 agosto u. s.

Pei lebbrosi di Antioquia

(Lettere del Sac. Evasio Rabagliati) I.

La posa della 1a pietra del Lazzaretto Dipartimentale.

Viva Maria Ausiliatrice! Medellin (Colombia), 25 maggio 1903.

VENERATISSIMO PADRE,

IERI finalmente, dopo circa sei mesi di viaggi, di fatiche e d'incertezze, si potè benedire solennemente la prima pietra del primo lazzaretto dipartimentale di questa povera Colombia.

La funzione riuscì oltremodo solenne. L'Arcivescovo volle presiedere personalmente questa festa, e benedire la prima pietra nella Cattedrale. Facevangli bella corona molto clero ed il fior fiore della cittadinanza. In posto riservato, a lato dell'Arcivescovo, circondato da' suoi ministri, sedeva il Governatore del Dipartimento di Antioquia, generale Pompilio Gutierrez, l'eroe di cento battaglie nella funestissima guerra ultima, chiamata qui la guerra dei 37 mesi! Nel centro, in banchi riservati, sedevano i membri formanti la Giunta Centrale del Lazzaretto, di cui le parlai più volte nelle lettere antecedenti. In altri scanni speciali presero posto i Padrini, eletti dalla Giunta, per patrocinare la difficile impresa. Il pubblico occupava le tre navi del tempio.

Al tocco, secondo l'orario prestabilito, presa la benedizione del veneratissimo Prelato, lo scrivente montava in pulpito per tenere la conferenza, che l'ordine della funzione richiedeva. Due lebbrosi dell'antico Testamento mi prestarono il tema.

Naaman, generale degli eserciti della Siria, vir fortis et dives, sed leprosus, che consigliato da una schiava israelita lascia la patria, la corte, la famiglia, le agiatezze, e così, lebbroso come è, passa dalla Siria a Samaria in cerca del profeta Eliseo, per essere curato, offerendogli in cambio i ricchi tesori che aveva portati seco, mi offerse un argomento splendido, per fare un paragone con la Colombia. Naaman riceve il consiglio da una schiava, lo segue e ne ha bene; la Colombia invece, essa pure fortis et dives, sed leprosa, finora non ha fatto caso dei consigli che da anni le si dànno per salvare i sani, e rendere meno triste la condizione degli ammalati, e ne ebbe gran male. Infatti l'aumento dei lebbrosi negli ultimi anni è spaventevole, e notorio a tutti. In cent'anni, cioè nel secolo decimo nono, 92 lebbrosi si moltiplicarono fino a trenta mila. Antioquia nel 1850 non aveva un lebbroso ; oggi, invece, li conta a centinaia. Il Cauca, altro ricchissimo dipartimento, limitrofo a questo, era pure esente dalla lebbra : e, presentemente, ha cinque mila lebbrosi. Non parlo di quello di Santander, che passa i venti mila da solo. Tracciato così a grandi linee il quadro spaventoso che presenta la Colombia a cagione della lebbra, mi volsi ai presenti, e dissi press'a poco così

« Sì, voi Colombiani, siete forti e ricchi, principalmente voi, Antiocheni. Ne fanno fede le vostre miniere di oro e di argento, di cui sono piene le vostre montagne, e le vostre valli ubertosissime, e i vostri fiumi, che hanno il letto formato di polvere di oro. Fra cinquant'anni, chi scriverà la vostra storia, potrà sempre scrivere che Antioquia è ricca, dives, perchè la lebbra non potrà penetrare nel cuore de' suoi monti e de' suoi fiumi, a contaminarvi l'oro nascosto. Ma non potrà più scrivere, che è tuttora fortis, perchè sarà lebbrosa; ed una generazione di lebbrosi è dolorosamente condannata a sparire. Fra trenta o quarant'anni che importerà ai vostri nipoti l'avere grandi fattorie, se saranno incapaci di coltivarle? Che importerà loro possedere ricche ed inesauribili miniere, se saranno impotenti per esportarle? Che gioverà loro avere molto caffè, se lo straniero non lo vorrà ricevere neppure in dono, sospettando che sia stato raccolto da mani lebbrose? Che vi gioverà l'avere una numerosa discendenza, se giunti i vostri figliuoli all'età in cui dovrebbero veder fiorire le più liete speranze, si vedran marcire le membra dalle più fetide piaghe della lebbra, nunzia di una morte prematura?... »

Giobbe fu il secondo eroe della conferenza. È proverbiale la pazienza sua. In un sol giorno gli furono involati gli armenti, e contava a migliaia i cammelli, le pecore, i buoi, i giumenti; distrutte le case da un fuoco misterioso caduto dal cielo; sepolti sotto le rovine della casa del primogenito, i suoi sette figli e le tre figlie; eppure non dà un lamento, non sparge una lagrima : corruens in terram, adoravit ; gettatosi a terra, adorò il Signore. Poi disse : Nudo sono venuto sulla terra ; nudo ritornerò. Il Signore mi aveva date queste cose ; il Signore me le tolse : sit nomen Domini benedictum, sia benedetto il suo santo Nome. Che pazienza ammirabile !

Ebbene, chi lo crederebbe? Dopo brevissimo tempo, permettendolo Iddio, Giobbe è sottomesso ad un'altra prova: Satan... percussit Iob ulcere pessimo; allora Giobbe non ne può più; ed egli, che al vedersi d'improvviso senza figli, senza ricchezze, povero e abbandonato, non aveva avuto sulle labbra e nel cuore che benedizioni per il Signore, ora non ha che dolorosissime esclamazioni. E come mai, quel cuore che prima era così mansueto e chiuso ad ogni movimento di collera, è ora un vulcano che lancia fuori lamentazioni così vive, che non par possibile immaginare? La spiegazione sta in quell'ulcere pessimo, di cui fu coperto il suo corpo da capo a' piedi. Quell'ulcere pessiino, quella piaga terribile, come affermano molti sacri interpreti, fra i quali S. Giovanni Crisostomo, era la lebbra. La lebbra che doveva essere della peggior natura, poichè non potendo nessuno fissare in lui lo sguardo e reggere al fetore che emanava da quelle piaghe, tutte un marciume, il povero Giobbe, provocato all'ira dalla propria moglie, fuggì di casa e di città, anche per obbedire alla legge che ordinava ai lebbrosi di vivere segregati da tutti. E continuai

«Ma perchè mai vi ho contato questo fatto? Per darvi un'idea di quello che soffrirono e soffrono i lebbrosi di ogni tempo. Credetelo : solamente un lebbroso è in grado di sapere quanto sia cosa dolorosa la lebbra, massime nelle sue conseguenze. Sono undici anni che io tratto con loro ; li ho esaminati, li ho interrogati ; tentai più volte di gettare la sonda in quei cuori per misurare l'abisso delle loro pene; ma non vi riuscii : è quello un abisso senza fondo... E se soffrono molto i lebbrosi nei lazzaretti di Agua de Dios e Contratacion, malgrado le cure che ricevono dalla Religione, assai più soffrono tutti gli altri, e sono i più, che vivono fuori dei lazzaretti. »

Creda, amatissimo Padre, la lebbra non è solo nemica del corpo, ma anche dell'anima; copre il primo di orribili e schifosissime piaghe; riempie la seconda di passioni e vizi che cresceranno ogni giorno, e si protrarranno sino alla tomba, se la Religione non vi apporta efficace rimedio. Per me, tengo per certo che in generale vive bene e muore santamente il lebbroso che passa la sua vita in un lazzaretto ; e, al contrario, vive male e muore peggio il lebbroso che passa la sua misera esistenza fuori del lazzaretto. Di qui il bisogno di questi lazzaretti dipartimentali in Colombia, i quali, mentre saranno la salvezza di questa povera Repubblica, saran pure la redenzione morale e materiale per migliaia e migliaia di infelici. Vi si riuscirà? Lo sa il Signore.

Finita la conferenza, l'Arcivescovo benediceva solennemente la prima pietra, circondato dai membri della Giunta e dai Padrini, i quali, in unione delle autorità governative, firmarono la pergamena che fu poi racchiusa nella stessa pietra, come si usa fare in queste circostanze. Si fondò in seguito il Banco dei lebbrosi antiocheni, il quale, in pochissime ore, die' duecento mila pesos, che, uniti alle somme raccolte in due provincie, fanno un totale di un milione e duecento mila pesos: ed io spero, finita che sia la questua in città, di arrivare a due milioni di pesos. Dopo la festa di S. Luigi, nell'ultima settimana di giugno, riprenderò le mie escursioni. Prevedo che sarò a Bogotà fin verso la fine dell'anno, se pure non andrò prima a Popayan (Cauca) o a Santander, dove da quelle autorità sono richiesto con qualche urgenza.

Di salute sempre bene. Son sempre con questi buoni Padri Gesuiti, che ieri vollero festeggiare Maria Ausiliatrice con una bella accademia nel refettorio, dopo il pranzo. Io non so, come potrò ricambiarli di tante gentilezze.

Mi benedica, amatissimo Padre, e mi creda

Suo Dev.mo figlio in Domino Sac. EVASIo RABAGLIATI.

II.

Una bella e consolante notizia.

Medellin, 30 giugno 1903.

VENERATISSIMO SIGNOR DON RUA,

Come le scrissi, il 24 maggio, solennità di Maria Ausiliatrice, l'Arcivescovo di Medellin, nella sua Cattedrale, presente un gran popolo, benediceva solennemente la prima pietra del Lazzaretto dipartimentale, erigendo nelle vicinanze di questa città, cioè circa a una lega dalla medesima. Si voleva dar subito principio ai lavori di costruzione ; ma si cadde tosto in una difficoltà. Il terreno destinato ad hoc non era sufficiente, e bisognava trovar modo di ampliarlo. Si mandarono sul posto due signori della Giunta, con ampii poteri, per contrattare un terreno almeno di quattro cuadras quadrate, limitrofo coll'anteriore. Si credeva la cosa facilissima, e si trovò che era difficilissima. Tutti i proprietarii dei terreni in questione strinsero patto, o dirò meglio, fecero congiura di non vendere a nessun prezzo, non volendo avere così da canto quei poveri infelici, che sono i lebbrosi. L'autorità allora fece correre la voce, che, trattandosi di utilità pubblica, avrebbe espropriato il terreno che meglio le fosse convenuto. Prodigioso rimedio ! Tutti si offersero per vendere ; ma a che prezzo ! Il primo chiedeva nientemeno che cento mila pesos per ogni cuadra, e se ne richiedevano almeno quattro, cioè un terreno di circa quattro cento metri per ogni lato. Un secondo chiedeva seicento scudi in oro ; un terzo chiedeva altro prezzo esorbitante. L'autorità si fece sentire una seconda volta, minacciando di mandare periti per suo conto, se non si usava discrezione nelle richieste. Allora il primo offerente si esibì a darci le quattro cuadras di terreno, di cui abbisognavamo, per cento mila pesos, in ragione di venti. cinque mila pesos per ogni cuadra. Si accettò, per rompere ogni indugio, malgrado il prezzo fosse sempre troppo elevato. Si fissò il giorno per fare le scritture pubbliche, ma l'interessato non si presentò, fissando un altro giorno, poi un terzo. Finalmente mandò a dire che non voleva chiudere il contratto a nesun conto. Si cercò di scoprire il mistero, e si trovò che i vicini di un paesello, nella cui giurisdizione trovasi il terreno del Lazzaretto, gli avevano fatto non so quali minaccie pel caso che vendesse il terreno. Egli s'impaurì; di qui prima l'indecisione e poi la negativa. Per la terza volta s'intromise l'autorità e finalmente, come Dio volle, si potè venire ad un accomodamento, pagando, ben inteso, i cento mila pesos pattuiti. L'indomani, l'ingegnere con i suoi operai aveva già tracciato le linee principali del grosso edifizio, che occupa una superficie di 400 metri quadrati circa, senza contare le parti secondarie che si eleveranno sopra di un'altra area di trecento metri quadrati. In compagnia dell'Arcivescovo e del Governatore feci, giorni sono, una visita ai lavori, e si diede ordine di portare gli operai al numero di cento, ed occorrendo anche a duecento. -

Può partire quando vuole, mi diceva l'Arcivescovo, mentre si tornava in città ; adesso sono sicuro che il lazzaretto si farà; vada pure tranquillamente. - Infatti, io gli aveva esternato più volte il desiderio di andare al vicino dipartimento del Cauca, limitrofo coll'Antiocheno, per dar principio colà all'opera, qui così bene avviata. Ma, e il denaro per condurre a termine un'opera così dispendiosa, dove si prenderà? Ecco : la provincia del Sud-Ovest che visitai in dicembre e gennaio concorse con 310.000 pesos; la provincia del Sud visitata in febbraio e marzo, con 978.000; la città di Medellin da sola, con 351.220; una legge, la 113, chiamata la legge delle mortuorie e donazioni inter vivos, il cui prodotto è ceduto dal Governo della Repubblica a benefizio dei lebbrosi, diede già in otto mesi 175.000 pesos, e seguiterà a produrre mensilmente varie migliaia di pesos; di più il Governo del Dipartimento diede 100.000 pesos per pagare il terreno comprato. In tutto si ha un totale di 1.914.220 pesos di questa moneta. Prima della guerra, con questa somma, si sarebbe potuto gare un lazzaretto sontuoso, ma adesso non sarà sufficiente. Aveva quindi deciso di visitare le altre provincie di questo dipartimento, che sono tre ancora, e così radunare i tre milioni, che gli ingegneri credono necessari per dare l'opera compita, quando ebbi la sorpresa di ricevere da Bogotà un decreto legislativo, in data 6 aprile 1903, firmato dal Presidente della Repubblica e da tutto il suo ministero, che fu una rivelazione per me.

Il decreto ha 28 articoli, dei quali ecco i principali. Dopo alcuni considerando sull'enorme sviluppo della lebbra in Colombia, e la necessità di salvare ad ogni costo questa povera nazione corrosa da questo cancro, vengono gli articoli.

I. È obbligatorio per ogni dipartimento della Repubblica un lazzaretto dentro il territorio di sua giurisdizione, nel quale si raccolgano tutti i lebbrosi che si trovano nello stesso dipartimento.

II. Spetterà ai singoli governatori il compimento della disposizione anteriore : per cui si dà loro ampia facoltà , affinchè, previe le informazioni scientifiche necessarie, prendano incontanente le misure conducenti all'effetto ; di modo che, al più tardi, fra tre anni, sieno fatti tutti i lazzaretti, e raccolti in essi tutti i lebbrosi. I Governatori, frattanto, chiederanno alle rispettive Assemblee le somme che crederanno necessarie a tal uopo.

III. Mentre si organizzano convenientemente i lazzaretti dipartimentali, i Governatori prenderanno tutte le misure opportune per evitare il contagio della lebbra.

IV. Il Governo centrale provvederà coi mezzi più energici perchè questo decreto sia rigorosamente eseguito: e le spese necessarie saranno considerate tanto urgenti e necessarie quanto il pagamento dei pubblici impiegati.

V. Passati i tre anni, il dipartimento che, senza gravi ragioni, non avesse fatto il suo lazzaretto, perderà il diritto al prodotto della legge 113, che sarà mandato a Bogotà integralmente, per essere suddiviso fra i lazzaretti più numerosi e più bisognosi.

VI. Per provvedere alla costruzione e al mantenimento dei singoli lazzaretti, i Governatori disporranno liberamente di tutto quello che produce la suddetta legge 113 del 1890; e quello che manchi, lo prenderanno dal fondo comune, cioè dalle arche fiscali.

VII. Il Governo di Bogotà avrà la suprema ispezione di tutti i lazzaretti, allo scopo di dar loro un'organizzazione uniforme; e d'accordo col personale direttamente incaricato dei medesimi, potrà introdurre tutte quelle riforme che si credessero necessarie o convenienti.

VIII. In ogni dipartimento i Governatori nomineranno una Giunta di beneficenza formata di uomini di assoluta onorabilità e competenza, per maneggiare tutti i fondi necessari alla costruzione e mantenimento dei lazzaretti.

Tutti gli altri articoli, fino al XXVIII, sono diretti a spiegare le obbligazioni ed i diritti di queste Giunte di beneficenza, assai opportune per garantire che i fondi siano impiegati a dovere. Così, forse, la legge non sarà più tanto frodata come prima, ignorando ancora il pubblico dove andava a finire quel denaro che fin dal 1890 era stato per legge destinato ai lebbrosi. Come spiegazione di questo, le mando una Circolare dell'Arcivescovo di Medellin, che le darà molta luce su di questa materia. Adesso la legge c'è, ed è chiara e perentoria. Si manderà a compimento? Lo voglio sperare. Più tardi ebbi un'altra sorpresa molto gradita. Il 20 corrente, il Congresso della Repubblica, formato da una Camera di Senatori ed un'altra di Deputati, scelti in tutta la nazione, si radunava in Bogotà, convocato a sessioni straordinarie dal Presidente.

Il 25 io riceveva dal segretario del Congresso un telegramma, che tradotto letteralmente, dice così: « Siccome uno degli argomenti sottoposti dall'Ecc.mo sig. Presidente della Repubblica al Congresso, è quello dei lazzaretti, che si svolgerà quanto prima, giudichiamo che sarebbe molto conveniente la sua presenza nella Capitale. Crediamo pure che la S. V. potrebbe ottenere molto in benefizio dei lebbrosi e dei lazzaretti, perchè i Congressisti sono molto ben disposti a lavorare per il pubblico bene. »

Il 28 ne riceveva un altro firmato dallo stesso signor Presidente, in senso identico, ove mi si facevano tutte le premure del mondo, perchè mi decidessi a partire al più presto possibile. Partirò quindi fra tre o quattro giorni ; e poco dopo la metà di luglio spero di essere in Bogotà, deciso a tutto, anche a perorare nel Congresso, se fosse necessario, la total redenzione dei poveri lebbrosi della Colombia, per tanto tempo dimenticati e negletti. Preghi e faccia pregare a questo fine, carissimo Padre. Il 27 marzo, la Santità di Papa Leone XIII mandava una benedizione specialissima ai lebbrosi della Colombia ed ai Salesiani che ne hanno la cura spirituale ; ci mandi anche la sua : il Signore farà il resto. Benedica in special modo il suo

Dev.mo ed umil. figlio

Sac. EVASIO RABAGLIATI.

IL CULTO DI MARIA AUSILIATRICE

Ne' templi s'odono preci e salmi che implorano ai defunti la requie eterna : e fra le loro tombe mesti si aggirano i fedeli, quasi per rinnovare ad essi l'estremo saluto. Siamo nel mese dei morti ! Chi non pensa ad essi, e non torna a vagheggiare le amate loro sembianze, in questi mestissimi giorni?

Noi pure pensiamo a quelle anime sante; e ne vediamo una schiera grande, che d'in mezzo alle fiamme del purgatorio fissa ansiosamente lo sguardo sul tuo caro Santuario, o Regina... Sono anime di Cooperatori e buone Cooperatrici che Ti amarono tanto, o Incoronala!... Ah! Madre, quel po' di bene che noi vogliamo fare in questi giorni, le ansie, le amarezze, i dolori di tanti angosciati, tutto, tutto noi offriamo a Te, in suffragio dei nostri fratelli; e Tu, che tanto li hai amati quand'erano in vita, non abbandonarli ora che son vicini ad arrivare a Te per ringraziarti in eterno. Deh ! liberali da quei tormenti e, pietosa qual sei, schiudi loro le porte beate del paradiso.

CONTINUANDO la cronaca del culto a Maria Ausiliatrice, dobbiamo far un cenno speciale delle grandissime feste celebrate a SUCRE, capitale della Bolivia. Abbiamo dinanzi un elegante opuscolo commemorativo di queste solennità, che deporremo con gioia negli archivi del Santuario : intanto spigoliamo. La festa imponente sì celebrò il 7 giugno. Si scelse tal giorno per farla coincidere coll'inaugurazione della nuova facciata della chiesa di quell'istituto salesiano, delle relative due torri e dì sei campane, nonchè del nuovo fabbricato per le scuole professionali. La novena di preparazione non poteva riuscire più solenne. Predicarono per turno i più cospicui oratori della città, a cominciare dai membri più distinti del Capitolo Metropolitano. La conferenza ai Cooperatorì e ai divoti di Maria Ausilìatrice destò vero entusiasmo. Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Michele Taborga, zelantissimo Arcivescovo di Sucre, che ha un grande affetto pei figli dì D. Bosco, volle illustrare colla sua presenza tutte le maestose funzioni. Non si può ritrarre in brevissimi appunti la commozione incredibile, che invase tutto il popolo, quando Mons. Arcivescovo posò, di sua autorità, le sacre corone sul capo di una nuova bellissima statua di Maria Ausiliatrice. Grandiosa fu anche la processione, alla quale parteciparono non meno di diecimila persone. I giornali locali furono concordi nell'affermare, che un simile trionfo di dìvozione a Maria SS. non si era più veduto da secoli nella capitale della Bolivia. Basti il dire, che da quel giorno, fabbriche e miniere, negozi ed officine presero ad intitolarsi col nome di Maria Ausiliatrice.

- Anche nell'isola di GIAMAICA, mercè lo zelo dei nostri confratelli , si celebrò con pompa speciale l'avvenimento dell'Incoronazione della nostra Regina. Lasciamo per non ripeterci, la descrizione della gioconda solennìtà, ma non vogliamo negare ai lettorì queste soavi parole, sgorgate dall'anima di uno di quei nostri confratelli. « Oh! chi mi darà il conforto, così egli, di ancor rivederti, o portentosa incoronata Madonna di D. Bosco? Io ti vedo nei miei sogni evanescenti in un cielo di zaffiro; e quando, a notte, il mare Caribeo mi fa udire il confuso mormorio delle sue acque, m'immagino che quelle voci siano l'eco dei canti delle preci lontane, che si alternano ai piedì tuoi, nel caro Santuario di Valdocco... Sì, io ti vedo, o nostra incoronata Regina, posare i tuoi piedi immacolati sulla perla delle Antille e stendere le braccia alle due Americhe, avvicinandole in un bacio di amore ; ti vedo splendere su cento e cento altari del nuovo mondo, quasi pegno di celesti favori ; ti vedo benedire ai vascelli che recano d'Europa in America i poveri figli di Don Bosco... »

È proprio così. La divozione a Maria Ausiliatrìce ha operato prodigi nelle Repubbliche americane. Ovunque ha infuso un soffio potente di rigogliosa pietà: ha eretto chiese, cappelle e monumenti: ha suscitato altari, ha edificato collegi, ha educato i popoli alla pratica della preghiera ed alle gioie soavi di immortali e divine speranze. E sia benedetto Iddio ! la catena di tali prodigi non è compiuta : anzi accenna a divenire assai più lunga e preziosa.

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

Libera dall'epilessia.

Il 25 dicembre 1901 vennero a trovarmi due povere donne di Cherasco, l'una zia e l'altra madre di Vittoria Mulassano, giovane diciottenne, disgraziatamente affetta da epilessia. Mi pregarono di mandare al signor D. Rua un'offerta per una messa ed una novena all'altare di Maria Ausiliatrice, ed io diedi loro una medaglia di questa potentissima Regina, perchè la ponessero al collo dell'infelice. Si eseguì ogni cosa. Ed ecco il 29 dicembre u. s., cioè dopo un anno, tornarono da me le stesse donne, liete ed esultanti, per annunziarmi che la buona Vittoria non aveva più patito accesso di sorta. Sia sempre benedetta la cara Madonna di D. Bosco.

Santa Vittoria d'Alba, 26 marzo 19o3.

PORO IARDINI TERESA.

Prodigiosamente guarita.

La nostra figliuoletta di cinque anni, per nome Angelina, nello scorso maggio fu colpita da difterite, che in cinque giorni la ridusse agli estremi. Alla sera del I5 fu spedita dal medico, il quale disse che non avrebbe potuto sopravvivere che poche ore. Ma erano i giorni delle grandi feste dell'incoronazione di Maria Ausiliatrice. Noi ricorremmo a Lei con fiducia, e Le promettemmo un regalo, se la grazia ci venisse accordata. Alle undici di notte vedemmo la nostra Angelina placidamente addormentarsi. Dopo un'ora si svegliò libera da ogni incomodo e difficoltà di respiro. Al mattino il medico dovette constatare che era cessato ogni male. La bimba era stata richiamata da morte a vita. Ornai son più di due mesi, che ella è perfettamente guarita. Riconoscenti sciogliamo il voto a Maria Ausiliatrice e spediamo l'offerta.

Negrar (Verona), 19 luglio 1903.

BONI GIUSEPPE e DEGANI GIULIA coniugi

Mi ha conservato la vista!

Quattro valenti oculisti, in differenti epoche, mi trovarono le cataratte ad ambidue gli occhi. Uno mi disse che avrei perduto la vista, e che l'operazione era d'esito incerto. L'ultimo che consultai mi aggiunse che, oltre le cataratte, manifestavasi una complicazione. Tutto questo non mi turbò. Nata e battezzata il 24 maggio, come ebbi sempre una special divozione per Maria SS. Ausiliatrice, il 24 maggio u. s. mi feci scrivere alla pia Associazione dei suoi divoti, e dopo aver rinnovati i voti battesimali, mi abbandonai fra le braccia della Madonna, pregandola che mi aiutasse a rassegnarmi ai divini voleri. Il 25 maggio mi feci visitare nuovamente dall'ultimo oculista consultato, il quale, con mio grande stupore, mi disse che non temessi, che gli occhi erano in buono stato! Non vi trovò che una piccolissima macchia all'occhio sinistro, ma di poca importanza. Vi tornai ancora due volte, e confermandomi sempre il buono stato degli occhi, mi aggiunse che anche la lieve macchia andava diminuendo e dileguandosi... Incapace di ringraziare Maria SS. di sì segnalato favore, invio un'offerta per una messa di ringraziamento.

BURRONI MARIA.

Nel giorno dell'incoronazione.

Da circa 5 mesi sofferente di continue febbri, avevo già scongiurato tutti i Santi del Cielo, per implorare la guarigione, quando giunse il bel mese di maggio. Alla notizia delle straordinarie feste, che si dovevano celebrare in onore di Maria Ausiliatrice, mi sentii nell'anima una dolce speranza ed un'interna voce mi animò a porgere un'ultima supplica al potente Aiuto dei Cristiani. Mi rivolsi allora a questa dolcissima Madre, con fiducia d'ottenere la grazia sospirata.

Ed oh ! bontà di Maria. Nell'istante solenne della Sua Incoronazione, mentre contemplava commossa la cupola del suo Santuario di Valdocco, dall'alto della quale partì lo squillo annunziante il grande avvenimento, mi sentii ricolma di una nuova forza e di una morale certezza di essere perfettamente guarita. Infatti, da quel giorno, io non ebbi più febbre!... Riconoscente alla Vergine Ausiliatrice, offro come tenue pegno l'offerta di L. 3 per la celebrazione di una messa di ringraziamento.

Torino, 24 luglio 1903.

Suor PELAGIA MADDALENA.

Vettersburg (Vestem-Australia). - Anche a queste terre lontane si estende pietosa e potente la mano della Madonna di D. Bosco. Il 25 gennaio dell'anno in corso, circa la mezzanotte fui colpito improvvisamente da imperioso malore. Credeva di soccombere. L'unico mio dolore era di morire senza l'assistenza del sacerdote e senza alcun conforto di religione. In quei momenti affannosi mi rivolsi alla Madonna di D. Bosco, e questa buona Madre venne prodigiosamente in mio aiuto, ridonandomi perfetta salute. Avendo fatto voto di pubblicare la grazia, sciolgo la mia promessa e mando una piccola offerta pel Santuario.

8 febbraio 19o3.

GIOVANNI BELINGHERI.

Barzesto di Schilporio. - Lo scorso mese di febbraio era colpita da grande sventura. Una mia figlia di quattro anni, ammalatasi gravemente, era per giudizio del medico in fin di vita. Oltremodo afflitta e scoraggiata, temendo una vicina catastrofe mi balenò alla mente il pensiero di far ricorso a Maria SS. Ausiliatrice. La invocai col più fervido affetto, e per mezzo del nostro signor Parroco feci scrivere immediatamente ai Salesiani, perchè anch'essi con apposita novena avessero a pregare. Nel frattempo feci pure il voto di offrire alla Vergine dei Salesiani uno dei più preziosi oggetti che possedeva del mio vestiario. E la Vergine non per mio merito, ma per sola sua bontà si degnava esaudirmi. Il male cominciò a diminuire, il pericolo ad arrestarsi, e, con sorpresa anche del medico, vidi la mia figlia rapidamente migliorare e guarire in modo perfetto. A voi, o Vergine Ausiliatrice, sìeno rese infinite grazie !

1 maggio 1903.

BONOMI MARIA in MORANDI.

Entraque (Cuneo). - Nel recarmi a Torino per assistere alle feste dell'Incoronazione di Maria Ausiliatrice, depongo ai piedi di Lei, anche il tributo della mia più viva riconoscenza. Il povero fratello mio, fin dallo scorso settembre, era stato portato al Manicomio di Racconigi. In questo tempo, una dolorosa cancrena venne a tormentarlo nelle estremità dei piedi ; ed io non feci che raccomandarlo ogni giorno a Maria Ausiliatrice. Ora ho ricevuto l'avviso di andarlo a ritirare guarito di mente e di piedi ; e, se Dio vuole, nel ritorno, lo condurrò a a casa. Che si estenda in tutto il mondo la divozione a Maria SS. Ausiliatrice.

14 maggio 1903.

LEONE ANTONINO.

Torino. - Colta da una terribile bronchite, ricorsi alla potente Madonna di D. Bosco, promettendo, se m'avesse esaudita, di far pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano. Incominciata la novena, dopo soli due giorni, mi sentii migliorata e finita la novena perfettamente guarita. Siano rese infinite lodi a Colei che già mi salvò una volta, ed il suo manto materno si stenda ognora su me e su tutta la mia famiglia.

Maggio 1903

MARENGO M.a SECCHI..

Scalenghe. - Travagliata da dolorosissima malattia che non mi dava requie nè giorno nè notte, dopo di aver subita una dolorosissima operazione chirurgica, giunsi a tal punto in cui gli astanti credettero che non avessi che poche ore di vita. Sebbene non potessi far altro che gridare e agitarmi disperatamente, pure divotissima di Maria Ausiliatrice, a Lei ricorreva del continuo ripetendo la prodigiosa e carissima giaculatoria : Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis. « Se mi fate guarire, o Maria Ausiliatrice, io dissi, vi prometto che ben volontieri andrò a Torino a ringraziarvi nel vostro caro Santuario di Valdocco, ivi farò la Santa Comunione, una visita speciale alla vostra taumaturga Immagine ed un'offerta d'uno dei miei più cari oggetti da sposa. » Ohi come è buona la Madonna ! A poco a poco cominciai a migliorare e in capo ad una decina di giorni fui fuori pericolo. Ora sto perfettamente bene, e non solo ora, ma già da parecchi mesi. Il 17 maggio, giorno memorando della solennissima Incoronazione di Maria Ausiliatrice, mi portai a Valdocco, per assistere a tanta solennità e sciogliere il mio voto.

Evviva Maria Ausiliatrice! Evviva il Santuario di Valdocco, fonte perenne di consolazione e salute!

3 agosto 1903.

PRONELLO ORSOLA nata VIOTTO.

Dalle Isole Caroline. - Il carissimo mio figliuolo, colpito da fiero carbonchio, era stato spedito dai medici. Non avendo più nulla da sperare dagli uomini, pieno di dolore e di confidenza, feci ricorso a Maria Ausiliatrice con una novena di preghiera : e proprio nella notte che tutti temevano dovesse essere l'ultima pel poveretto, questi fu bell'e guarito. Quanto è buona Maria SS. Ausiliatrice.

14 agosto 1903.

BERTORELLo FELICE.

Ortona. - « Se la rosa e il giglio torneranno a fiorire sulle guancie dell'egro fanciullo, e le sue luci semispente torneranno a rivivere alla giocondità della luce, sul nuovo altare a Te dedicato, o bella Ausiliatrice, offriremo in tuo onore l'incruento Sacrificio e ti renderemo pubbliche grazie. » Cosi io supplicava la potente Madonna di D. Bosco il giorno dopo' il suo ingresso nella nostra città ; e questa buona Madre appagò l'ardente mio voto e restituì la salute ad un piccolo e caro mio amico, cui l'inesorabile menengite aveva minato la tenera esistenza e rese vane le sapienti ed amorevoli cure di due illustri dottori.

29 agosto 1903.

BONA CARO.

Ortona. - Ogni volta che mi trovai in penose circostanze e feci ricorso alla potente Ausiliatrice dei Cristiani, sempre fui esaudita. L'esito di un giudizio di non lieve mole mi angustiava seriamente, anche perchè era moralmente impossibile che potesse farsi luce, dovendo questa venire dalla parte che aveva sommo interesse di non farla

Mi rivolsi alla buona Mamma di D, Bosco ed Essa che sempre accorre in aiuto dei figli suoi, fece sgorgare la luce donde non si aspettava affatto e l'esito del giudizio fu felicissimo, secondo che il mio cuore desiderava. Adempio alla promessa, rendendo pubbliche grazie alla cara e potente Ausiliatrice, ed inviando una tenue offerta per le opere dell'immortale D. Giovanni fosco.

29 agosto 1903.

Una Cooperatrice.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti

A) - Alcamo (Trapani): Manno Giuseppe 3, per guarigione di una sua conoscente: Ch. Mistretta Vitt. a nome di una povera madre di famiglia, per la guarigione di un bambino.- Argenta (Ferrara): Giberti Malvina 5, per grazia - Avola (Siracusa): Coniugi Barlotta-Guarino , offerta per guarigione insperata del figlio Arturo - Ali Marina (Messina) : Failla-Quattrocchi Francesca 20, per grazia.

B) - Boccaresca: Aliberti Don Francesco 15, per grazia - Branzi (Bergamo): Pedretti Giuseppe e Nina 6, per grazie - Brigota (Bologna) : Berni Don Isaia parroco, per guarigione dopo un triduo di preghiere che si fece fare nel Santuario di Maria SS. Aus. Il medico curante scrive che detto Parroco « fu seriamente ammalato di una forma grave nenosa di atonia gastrica ed intestinale, complicata ad altri disturbi gravissimi. Altri colleghi e Professori chiamati a consulto dichiararono il caso pressoché disperato e fecero prognosi infausta. Ogni speranza pareva quindi interamente spenta, quand'ecco, che quasi all'improvviso lo si vede guarire dai suoi disturbi e ricuperare in poco tempo la primiera salute con maraviglia e soddisfazione di tutti ». - Buriasco (Torino): Losano Vincenza, per grazia.

C) - Caramagna (Cuneo): A. A. 1, per guarigione di gravissima malattia - Casaleggio Novarese: Squazzini Giuseppina 5, per Messa di grazie - Casamicciola: N. N. 20, per grazia - Chivasso: Gurgo Cristina 15, Messa di grazie in adempimento di promessa per ottenuta guarigione, e con preghiera a Maria SS. Ausiliatrice di accettare sotto la sua protezione la sua familia - Cittadella (Padova): Nuco-Rossi Linda 2, per grazia. - Comacchio: Parignani Maria 2,25, per Messa di grazie - Ceggia (Venezia): Monchese Matilde 15, per Messa di grazie - Cremona: Musoni Ernesta ved. Maglia io, per grazia.

D) - Darso (Brescia): Fiorini Bartolo 10, per guarigione di una sua bambina da doppia polmonite da cui i medici stessi disperavano di salvarla.

F) - Fagnigola (Udine): Poletti Ciwan Elisa 2, per Messa di grazie.

G) - Grugliasco (Torino): Francesco Beccassina ringrazia M. Ausiliatrice di averlo scampato da sicura morte il giorno venti dello scorso aprile.

I) - Ivrea: Ch. Pulch Michele, per guarigione ad un occhio che temeva di perdere per grave ferita riportata.

L) - Landriano (Pavia): Facchi Francesca, per guarigione - Lonate Posallo (Milano) : Carabelli Don Ettore parroco 3, per grazia.

M) - Mariago (Udine): Siega Costante 15, per grazie - Monza: Valvassoni Clotilde 10, per grazia.

N) - Nocera Inferiore (Salerno): Bosco Locarelli Fifira 10, per grazia. - Noventa Vicentina: Zatta Domenica 10, per grazia.

P) - Pavía: D. Luigi Porta, per visibile assistenza materna di M. Ausiliatrice, che lo salvò il 10 maggio u. s. da grave disgrazia. - Peveragno (Como): Toselli Agnese, offerta per guarigione della nipote - Ponzone (Acqui) : Fruttero Don Andrea, per guarigione da una grave broncopolmonite con mortale ricaduta accompagnata da artritide di tutte le membra. Ci scrive : « La mia ora per l'eternità stava per suonare ed ogni umana speranza erasi da me dileguata. Allora ravvivai la mia fede nella Vergine Ausiliatrice e feci principiare per me una novena a sì buona Madre. Oh, quanto Ella fu benefica verso di me! Il male, giorno per giorno, andava scomparendo, e terminata la Novena mi trovai fuori pericolo - Padova: Merighi Maria 5, per grazia.

S) - Santiago del Chili: Moglia Eugenio di Castelnuovo d'Asti ringrazia Maria SS. Ausiliatrice per essere stato liberato da pericoloso e fatale incidente. - Settimo Rolaro (Ivrea): Cima Giovanni 2, per grazia - Stella S. Martino (Fenova) : Bolla Fio. Batta. 3, per grazia speciale - S. Cristina di Borgomanero: Valsesia Angela 3,40, per grazia - S. Pier d'Arena: Cippolina Rosa 5, per guarigione del padre - S. Nicolò Gerrei (Sardegna): Cartu Paolino 5, per guarigioni dal tifo e da febbri malariche - Santa Venerina (Acireale): Ch. Sebastiano Grassi 1, per grazia.

V) - Valleregia (Genova) : Pedemonte Rosa 6, per guarigione di una sua amica - Valletta (Malta): Chircop Carmela 25, per grazia ricevuta dopo grave malattia sofferta nello scorso inverno - Venezia: Du Bois Bianchini Cont. Luigia per Messa di grazie - Veviano (Como): Terzaghi Giovanna 2, per grazia -- Verolengo: Passera Don Fernando 5, per grazia - Ferrero Maria 5, per grazia - V. G. C. 2, per Messa di grazia - Versino (Novara) : Mortarotti Marianna 12, per grazia - Villanova d'Asti: Mina Angela offerta di croce d'oro per grazia - Vodo (Belluno): B. M. 2, per Messa di grazie - Valargue (Verona) : Saggiani Tullio e Maria 3, Messa di grazie per guarigione della figlia Jolanda ch'era in grave pericolo di vita.

X) - Una persona divota 5, a soddisfazione di voto, per guarigione da malattia cui nulla valevano le cure dell'arte. - Giacinto Macchi e consorte ringraziano Maria Ausiliatrice per molteplici grazie ricevute, specialmente per la protezione loro accordata durante alcuni mesi di dolorose vicende.

NOTIZIE COMPENDIATE

Per gli emigranti. - Una nuova colonia in Patagonia. - Togliamo dal Cristoforo Colombo , del 10 settembre : « Fu emanato un decreto che destina le terre attigue al lago Argentino, in Patagonia, alla fondazione d'una colonia agricola, divisa in lotti di 100 e 300 ettari rispettivamente. In forza del decreto si regala la quinta parte del terreno ed il resto si vende a padri di famiglia ad i piastra d'oro l'ettaro, solvibile in sei annualità al 6 % di interesse, a condizione che siano domandate prima del 14 aprile 1904. Lo stesso decreto riserva 400 ettari vicino al paese Puerta de los Ciervos, ad usi pubblici. »

ALVITO (Caserta) - Dell'Istituto Salesiano di Alvito ricevemmo testé molte e consolanti notizie, grazie alla gentilezza di un egregio nostro Cooperatore. Ci si assicura, che l'esito degli esami subiti dagli alunni di quel collegio non poteva essere più consolante ; e noi, traendone il miglior augurio per un ampio e desiderato sviluppo, raccomandiamo vivamente quel nostro Istituto alle buone famiglie di quei dintorni. Per programmi, inviare una semplice carta di visita a quella direzione.

BUENOS-AIRES. - Nel Collegio Pio IX. - Il giorno 30 agosto rimarrà scritto a caratteri d'oro negli annali del Collegio Pio IX di Almagro. Circa trecento antichi alunni tornavano tra i loro Superiori, a celebrare le nozze d'argento del Rev.mo D. Giuseppe Vespignani, Ispettore delle Case Salesiane della Repubblica Argentina, e l'anno XXV dell'istituto stesso. Non è a dire quanto riuscirono solenni le funzioni religiose, nè la schietta allegria che innondò il cuore di tutti. L'agape di 800 coperti (480 alunni e 320 ex-allievi e cooperatori) s'imbandì nel cortile del collegio. La presenza dell'Eccellentissimo Internunzio Apostolico, Mons. Sabatucci, pose il colmo alla più soave esultanza. Circa le quattro e mezzo di sera, giungeva all'Istituto anche Mons. Arcivescovo, per assistere ad un trattenimento musico-drammatico, col quale si chiuse quel giorno lietissimo che fu un trionfo di amore e di riconoscenza.

BUSTO ARSIZIO - Festa di S. Luigi all'Oratorio. - Il 6 settembre si solennizzò la festa di San Luigi Gonzaga, patrono di quell'Oratorio , promossa e diretta da un apposito Comitato composto di volenterosi giovanotti del Circolo S. Luigi dell'Oratorio medesimo. Celebrò la S. Messa e distribuì la Santa Comunione ad un'eletta schiera di giovani lo zelantissimo proposto D. Carlo Castelli, il quale, nel pomeriggio, benedisse la nuova e bella bandiera dell'Oratorio. Bello lo spettacolo del cortile, pavesato a festa, in mezzo a cui campeggiava la statua di S. Luigi. Riuscitissimi il banco di beneficenza, i fuochi artificiali e la fantastica illuminazione. Alla gioconda festività parteciparono, coi mille fanciulli e giovanotti dell'Oratorio, circa due mila persone della città e numerose rappresentanze di Società locali e di vicini paesi, accorse con bandiera. Un bravo di cuore all'attivissimo e caro Comitato ed all'ottimo Direttore.

CACHOEIRA DO CAMPO (Brasile) - Scuola D. Bosco. - Alla distanza di 24 chilometri da Ouro-Preto, l'antica capitale dello Stato di Minas-Geraes in un bell'altipiano che domina tutta la vallata di Cachoeira do Campo, fu costrutto, nel tempo dell'Impero, un edilizio di enormi proporzioni, che doveva servire principalmente di quartiere. Ma, abbandonato dallo Stato, lontano dai centri di popolazione, si trasformò a poco a poco in un mucchio di ruine, nido a migliaia di serpenti che si moltiplicavano indisturbati fra quelle macerie. Quei neri muraglioni. perduti nel mezzo del deserto divennero oggetto di paurose superstizioni, e per più di un secolo non vi fu chi pensasse di trarne un utile da quei poderi immensi. Eppure a quel luogo abbandonato e schivato era riservato un glorioso e felice destino. Volle la Provvidenza che nel 1896 il Governo di Minas chiamasse i Salesiani a portare un poco di vita in quelle solitudini coll'aprirvi una Colonia Agricola.

E i Figli di Don Bosco, accettarono l'offerta. Approfittarono di una parte dell'antico quartiere ancora in piedi e sulle ruine dell'antico edifizio fabbricarono altri locali più rispondenti alle nuove necessità ; poi sgombrarono il terreno, regolarono i corsi d'acqua e dopo alcuni anni di intenso lavoro, in quei luoghi, ove solo si vedevan ruine, fecero nascere tale esuberanza di vegetazione, da attirare l'ammirazione di tutti.

E fu per rendere omaggio all'attività dei Salesiani che l'Eccellentissimo Dott. Francesco Salles, Presidente dello Stato di Minas s'indusse a far visita allo - Stabilimento modello - come vien chiamato colà. Ricevuto da Don Albanello, infaticabile direttore della Casa, e dal suo personale, vi si trattenne un giorno intero, in intima famigliarità. Tutto volle vedere, di tutto volle informarsi e ne riportò le migliori impressioni. Attualmente sono 200 i giovani che vivono nello stabilimento divisi in due sezioni. La prima abbraccia le Scuole del corso primario e secondario di lettere. Quest'ultimo, per decreto del Governo è pareggiato al Ginnasio Nazionale. La seconda sezione comprende i giovani apprendisti e forma la tanto lodata e stimata Scuola di Agricoltura. Questa sezione attira maggiormente l'attenzione di tutti, e il governo se ne ripromette gran bene, visti i frutti consolanti che già se n'ebbero.

L'acqua che vien condotta in abbondanza al Collegio, si riparte in tutte le parti e quindi viene usata come forza motrice per la segheria, per macinare la mandioca e per la distillazione dell'alcool e di altre essenze aromatiche. L'allevamento del bestiame ha dato ottimi risultati. Interessante ed originale è pure il riparto di agricoltura coll'ingegnosissimo sistema del Salesiano Don Zatti, che fu premiato alle esposizioni di Montevideo e di Chicago. Presentemente l'area coltivata sotto l'indirizzo dei Salesiani è di 124 ettari, divisi da filari di alberi fruttiferi delle migliori qualità. 28 ettari sono occupati dalla cultura della vite con 30 mila piedi da uno a quattro anni, che dànno un vino classificato tra i primi di America. Qui e là, in questa vasta zona, sorgono diverse case abitate da famiglie di coloni che vanno allargando sempre più l'area coltivata sotto la direzione dei figli di Don Bosco.

Il signor Presidente dello Stato ebbe, nel partire, parole di meritato encomio alla « Scuola D. Bosco » e dichiarò che non cesserà mai di aiutare in ogni modo un'opera così patriottica, che già ha recato tanti vantaggi allo Stato, e da cui tanto si ripromette l'istruzione agricola nazionale.

CUENCA (Equatore) - Distribuzione dei premi - Solenne quanto mai riuscì la distribuzione dei premii agli alunni della casa salesiana di Cuenca. L'onorarono di loro presenza l'ex-Presidente Luigi Cordero e il Rev.mo Mons. Benigno Palacios Amministratore Apostolico. Compiuta la cerimonia, i nobili signori intrervenuti tornarono a pregare i Salesiani, perchè si decidessero ad assumere la direzione della Scuola Governativa di Arti e Mestieri, delle Scuole Comunali, e di una Casa di correzione per uomini dediti al vino ecc. Come vedono i buoni Cooperatori, in ogni parte si moltiplicano le domande per nuove fondazioni Salesiane, le quali non si possono attuare pei mancanza di personale.

Mandi il Signore nuovi operai a lavorare nella sua vigna, ma noi pure adoperiamoci a coltivare nuove vocazioni.

CUYABÀ (Matto Grosso - Brasile) - L'osservatorio Metereologico dell'Istituto Salesiano - Consolantissimi sono i progressi che va facendo l'opera Salesiana in Cuyabà, mercè lo zelo dell'operoso ed instancabile Don Malan, Superiore delle nostre Missioni del Matto Grosso. Fra questi progressi va ricordato con vanto l'Osservatorio metereologico, che ogni giorno trasmette telegraficamente le sue osservazioni agli importantissimi Osservatori di Rio Janeiro e di Buenos Ayres. La stima in cui è già tenuto e l'abile direzione del giovane Direttore D. Oliveira ci fanno sperare, che esso efficacemente continuerà a promuovere l'onore della Religione e l'incremento della scienza in quei lontani paesi.

LISBONA - Per la fabbrica della nuova casa - Pieni di ammirazione e di riconoscenza per tanti egregi benefattori di Lisbona, spigoliamo dal nostro bollettino portoghese questi consolanti notizie. - Il 22 marzo n. s., a beneficio della nuova fabbrica, l'illustrissima Contessa Bruno organizzò nel suo palazzo un magnifico Bazar di beneficenza. Alle cinque di sera cominciò la vendita dei biglietti con animazione straordinaria e, dopo poche ore, tutto era renduto con un provento di circa quattromila lire. Allo stesso scopo, coll'intervento del fior fiore dell'aristocrazia della capitale, il 15 aprile, ebbe luogo nell'Hotel Internazionale un festival promosso da un'eletta Commissione, presieduta dall'illustrissima Contessa Das Antas, con esito assai consolante.

- Premio Oliveira Martins: Nè possiamo tacere l'atto munifico della nobile famiglia Oliveira Martins, la quale a perpetuare la memoria di uno dei più illustri suoi membri, il celebre scrittore Gioacchino Oliveira Martins, fondò nell'Istituto Salesiano di Lisbona un premio perpetuo, in favore del più degno alunno della Scuola professionale dei falegnami. Solennissimo riuscì l'atto inaugurale di questa fondazione, che si svolse in quell'Istituto l'ultimo giorno di aprile, anniversario dell'illustre estinto. Fin da quest'anno, nell'annuale distribuzione dei premi, si conferi anche questo premio specialissimo, fondato dalla nobile famiglia , il cui esempio merita di essere segnalato.

- L'Emo Card. Ajuti, grande nostro benefattore, in occasione del ricevimento dato nel palazzo della Nunziatura per la sua elevazione alla Sacra porpora, degnavasi invitare, come sempre, la nostra scuola di musica istrumentale che riscosse sinceri applausi da quella nobile udienza. Siamo lieti di riprodurre nelle nostre colonne la fotografia ricordo della consegna del zucchetto cardinalizio. con le più vive nostre felicitazioni all'Em.mo Porparato.

MORNESE - Saggio finale nel Collegio-Convitto "Maria Ausiliatrice" - Il giorno 4 agosto, nel fiorente istituto di Mornese, che fu la culla delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dinanzi ad un numeroso pubblico che accolse con slancio l'invito dell'attiva ed assidua direttrice, veniva chiuso l'anno scolastico. Fu un'accademia simpatica e riuscitissima con la distribuzione dei premi alle alunne più meritevoli. Presiedeva la bella riunione il Salesiano Don Enrico Talice il quale aprì l'accademia con un discorso geniale e forbito su Leone XIII. Non potendo enumerare le varie parti in cui era diviso lo svariato programma , diremo che esso fu tale che valse ad addimostrare agli invitati ed al numeroso pubblico accorso, quanto debbonsi apprezzare le fatiche che le Suore di Maria Ausiliatrice sostengono per educare ed istruire la gioventù loro affidata.

MONTEGO-BAY (Giamaica -Grandi Antille) - Un terribile uragano - Il direttore di quella colonia ci scrive: « Ieri, 11 agosto , scoppiò un terribile uragano in questa parte dell'isola. Fu lungo e disastroso. Tutte le piante dei banani, tranne le più giovani, sono a terra. Per un anno intero non potremo avere più nulla. Non si può calcolare il danno di questo esterminio. Egual sorte hanno avuto i punenti, i coubi, i limoni, i bread, gli aranci, ecc. La rimessa è caduta. Il balcone che stava in fronte alla casa volò via. Zinchi ed assi furono trasportati molti metri lontano. Noi temevamo che dovesse piombare a terra anche la casa : ma, come Dio volle, a poco a poco, cessò il furore dell'uragano, e noi uscimmo cogli occhi coperti dal pianto a vedere la desolazione circostante. Ora siamo in grave strettezze. Solo Dio sa come faremo a vivere ed a metterci a posto un po' per volta, se non ci viene nessuno in aiuto. Ci umiliamo nella polvere dinanzi al Signore, e Lo preghiamo che tocchi il cuore di molte anime generose... »

S. SALVADOR (Centro America) - Consolante sviluppo dell'Opera Salesiana - Un nuovo campo si è aperto all'azione dei figli di D. Bosco in questa fortunata Republica. Anche la città di S. Anna ha potuto avere finalmente una casa Salesiana. Il nuovo istituto, inaugurato ufficialmente appena nello scorso luglio, ha già alcuni alunni interni ed un'ottantina di esterni. Nelle feste poi non mancano mai cento o duecento giovani che accorrono allegramente all'oratorio festivo.

La casa di S. Tecla, il 28 giugno, ebbe una graditissima visita del Signor Presidente della Repubblica. E non fu una visita di none, ma di fatto. Volle veder tutto e con un interesse senza pari. Visitò i laboratori, le scuole, i dormitori, la concia di pelli ed anche il terreno della scuola di agricoltura. Fu soddisfattissimo. Di ritorno dal campo, si compiacque sostare in uno dei cortili , ove la scuola musicale dell'Istituto diede un concerto in suo onore. Uno stuolo eletto di Signori della città accorsi nel frattempo dietro invito del direttore, facevano corona al signor Presidente. Tutto andò a meraviglia. Continui il Signore a benedire le fatiche di quei nostri Confratelli.

VARENGO (Monferrato) - Ci scrivono: « Il 30 agosto u. s. fu un giorno per noi indimenticabile. Gli alunni del Collegio Salesiano Germanico di Penango, per iniziativa del nostro compatriota Don Valentino Cassini, erano giunti a Varengo la sera innanzi, ospiti graditissimi e fortunati dell'egregio nostro Sindaco. Ci edificarono tutti colla loro pietà, col loro contegno, coi loro canti devoti , e colla maestà delle sacre funzioni , celebrate nella Chiesa Parrocchiale, messa a festa. Quando riavremo la fortuna di una visita così cara e gradita? Iddio benedica quei baldi giovanotti e quanti furono larghi con loro di attenzioni e di gentilezze. »

In memoriam

Il Conte Giuseppe Barbaroux.

Compiesi in questo mese il mesto annivesario del giudice Conte Giuseppe Barbaroux, del quale la morte quanto meno matura tanto più acerba fu da noi sentita. Modello di modestia e di temperanza civile colla dolcezza dei modi e la semplicità del costume egli conquistò fra tutti noi ed ebbe l'omaggio e la stima, preziosa quanto il prestigio della carica ed il valore della scienza, che si tributano alla sincerità della coscienza ed alla costanza nelle convinzioni. Fedele alle leggi dell'amore che impone stendere la mano benefica ai fratelli infelici, egli usò del largo censo meno per sè e più pei diseredati dalla fortuna, e lo fece col pregio del silenzio, così avverso al vanaglorioso, ma cotanto soave a chi stima le ricchezze nel giusto loro benefizio. Del casato suo illustre non menò scalpore, ma riverente vi attinse una squisita gentilezza di pietà figliale ed una venerazione religiosa alle opere ed alle tradizioni nobili degli avi.

Così di modeste ma rari virtù egli adornò la breve esistenza ancora sollevandola col pensiero e colla fede verso una patria oltre le ampiezze sterminate delle terre e dei cieli, verso una luce inestinguibile di verità e di amore, ai cui raggi si affida ogni speranza della pia e desolata consorte.

La signora Elisabetta verità.

IL 20 corr. novembre compiesi il primo anniversario della morte di quest'esimia Cooperatrice salesiana, che negli ultimi anni di sua vita fu la vera mamma dei Salesiani di Alessan- dria d'Egitto. Infatti, non contenta di soccorrerli in cento guise, volle sobbarcarsi alle più untili occupazioni per quella incipiente fondazione, prendendosi la cura di rimendare e custodire tutta la biancheria. Spiacenti di non aver potuto, per mancanza di spazio, estendere per intero la lunga biografia, che ci è stata mandata, nel mesto anniversario, preghiamo i buoni Coope- ratori ad unire alle nostre le loro preghiere pel suffragio di quest'anima eletta.

Cooperatori Defunti dal 15 Luglio al 15 Settembre 1903

1 Amizzoni D. Pietro - Monticelli d'Ongina, Piacenza. 2 Bernabè Giuseppe - S. Pietro Incariano, Verona. 3 Bettoni Santina - Vigolo, Bergamo. 4 Bivona Carmela - Mussomeli, Caltanisetta.

5 Boccalatte Felicita Ved. Francia -- Cellamonte, Alessandria.

6 Bonsignore Contessa - Castrogiovanni, Caltanisetta. 7 Borga Federico - Tuenno, Austria.

8 Brancalion-Previato Teresa -- Buso Sarzano, Rovigo. 9 Brugnoli Speranza - Genova.

10 Carletti Elisabetta - Calcinatello, Brescia. 11 Cagno D. Francesco - Ovada, Alessandria.

12 Calvesi Francesco - Fara Sabina, Perugia.

13 Camilla Carboni Ved. Bartoli - Savona, Genova. 14 Caserza Biagio - Pozzolo Formigaro, Alessandria. 15 Castegnaro Federico - Arlesega, Padova. 16 Cattaneo Luigi - Madone, Bergamo. 17 Cesconi D. Ignazio - Flavon, Austria.

18 Cuba D. Carlo, Prevosto - Vanda di Front Superiore, Torino.

19 Cugnoni Ing. Ignazio - Roma. 20 Del Rue Giovanna - Salerno.

21 Destefanis Margherita n. Zorgniotti - Torino.

22 Ferazza D. Luigi (Decurione) - Pelugo post Tione, Austria.

23 Fassi Giuseppe Antonio - Vanzaghello, Milano. 24 Ferri Gio. Battista - Paderno, Cremona. 25 Fiorelli Raffaele - Roma.

26 Foderini I). Francesco, Arciprete - Capodimonte Roma.

27 Forcheri Mons. Raffaele, Prelato Domestico di S. S. Leone XIII - Torino.

28 Franco Can. D. Andrea - Roma.

29 Gaja Paolina n. Guglielmino - Torino.

30 Gaiardelli D. Angelo - Mozzecane, Verona.

31 Gatti Giuseppe fu Giovanni - Fraz. Bruni-Murazzano, Cuneo.

32 Geminiami D. Francesco, Parroco - Sappanico, Ancona.

33 Gengo Giuseppa Ved. Costanzo - Mussomeli, Callanisetta.

34 Gilardini Umberto fu Pietro - Canelli, Alessandria. 35 Gioda Comm. Carlo - Roma. 36 Gradenigo Conte Pietro di Gir. - Venezia.

37 Lanata Mons. G. B., Prev. di S. Maria Imm. - Genova.

38 Lange Natale - Torino.

39 Lizzini Teresa Ved. Bozzini - Piacenza.

4o Lo Faro Lucia - S. Agata li Battiati, Catania. 41 Longo Margherita - Marino, Roma.

42 Macciotta Pietro Antonio - S. Paolo Cervo, Novara. 43 Maini D. Giacomo, Curato - Gussola, Cremona. 44 Malvestiti Giuseppe - Mapello, Bergamo. 45 Martoglio Giusto - Torino. 46 Mattei Maria Ved. Carra - Morbegno, Sondrio. 47 Mussano Giovanni - Villa S. Secondo, Alessandria. 48 Negro Matteo (Collina S. Rocco) - Ferrere, Alessandria.

49 Pelà Bolzonella Innocenza - Este, Padova. 5o Pozzi Genoveffa - Coreano Plinio, Como.

5I Puglioli Rosina, Direttr. Istit. S. Croce - Bologna. 52 Raggio Antonio - S. Margherita Ligure - Genova. 53 Rayneri Lucia n. Grosso - Torino. 54 Rastero Mons. G. B., Prof. Filos. - Acqui, Alessandria.

55 Ravizza Nob. Comm. Gustavo Adolfo - Siena.

56 Reviglio Conte Luigi Della Venaria - Cavallermaggiore, Cuneo.

57 Riccardi Enrico - Verucchio, Forlì. 58 Rizzo Francesco - Traina, Catania.

59 Roppolo Dr. Domenico - S. Martino Canavese, Torino.

6o Segà Teresa - Cascina Boscaiolo, Pavia. 61 Silvestri Carlo - Gavirate, Como.

62 Silvestris D. Nicola, Canonico - Bisceglie, Bari. 63 Stoppani Francesca -- Lovere, Bergamo. 64 Tomisari Angela - Lonigo, Vicenza. 65 Valeggia Maria n. Calzavara - Padova. 66 Venere Carlo - Carmagnola, Torino. 67 Venier Mr. Pietro, Pievano - Buia, Udine. 68 Vidich Giovanna   Trieste, Austria. 69 Todeschini D. Antonio - Serego, Vicenza.

70 Morandini Amalia n. Rizzoli - Predazzo, Tirolo. 71 Occhiena Vincenzo - Torino.

72 Cavaglià Teol. D. Domenico, Prev. Vic. For. - Cuorgnè, Torino.

73 Morelli D. Giusto, Priore - Cumiana, Torino. 74 Michelutti D. Giovanni - Rodeano, Udine. 75 Vigani Elisabetta - Cremona.