BS 1890s|1894|Bollettino Salesiano Aprile 1894

ANNO XVIII. N. 4. - Esce una volta al mese - APRILE 1894

BOLLETTINO SALESIANO

SOMMARIO.

IL MESE DI MARIA (Avvisi)    69

SENZA RELIGIONE NON SI DA LICEALE EDUCAZIONE    71

PER LA CHIUSURA DEL GIUBILEO EPISCOPALE DI LEONE XIII (Un' accademia) 73

NOTIZIE DEI MISSIONARI di DoN Bosco: - Il primo viaggio d' esplorazione nel Vicariato di Mendez e Gualaquiza (Equatore) - Una nuova fondazione nella Colombia - Una visita ai Cattolici della Colonia protestante nel Chubut.   74

NECROLOGIE: - Il Conte Prospero Balbo. - Il Can. Giacinto Carpano    82

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE . . . . 84

VARIETÀ    85

COOPERATORI DEFUNTI    86

IL MESE Di MARIA AVVISI

Siccome quest'anno al 24 Maggio cade la solennità di prima classe del Corpo SS. di N. S. Gesù Cristo, che non permette altro rito, colla dovuta licenza celebreremo la FESTA DI MARIA SS. AUSILIATRICE nel dì seguente 25 MAGGIO.

La Conferenza, prescritta per tale occasione e solita a tenersi gli altri anni alla vigilia, questa volta avrà luogo invece nel pomeriggio del Sabato 26, e la Domenica 27 si continuerà a festeggiare, come nel giorno 25, l'Ausiliatrice delle Opere Salesiane. Si chiuderanno le feste il lunedì coi suffragi prescritti pei Cooperatori e Cooperatrici e Consorelle defunti.

Così tutti coloro che desiderassero intervenire a questa nostra cara festa, lo potranno senza dover abbandonare le solenni funzioni parrocchiali del CORPUS DOMINI.

In seguito a questa disposizione, il Mese dedicato alla divozione della Gran Madre di Dio nella Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino avrà principio il giorno 23 del corrente Aprile.

Ricordiamo ai Cooperatori ed alle Cooperatrici della città di Torino, che assistendo divotamente alle funzioni della Comunità che si tengono in detto tempio alle 5 1/2 ed alle 7 1/2 del mattino, per concessione pontificia, possono lucrare l'indulgenza di tre anni.

Nei giorni feriali, al mattino dopo la Messa delle 5 1/2 ed alla sera alle 19 dopo il canto d'una lode, si terrà un breve discorso e si darà la Benedizione col SS. Sacramento. Nei giorni festivi questi discorsi avranno luogo dopo i vespri delle ore 14 1/2 e delle 16 1/2.

Noi invitiamo caldamente i Cooperatori e le Cooperatrici della città a voler intervenire numerosi a queste pie pratiche, ed esortiamo tutti gli altri a volersi unire coi noi in ispirito a celebrare con divozione speciale il mese di Maggio, per ottenere dalla Santissima Vergine tutte quelle grazie spirituali e temporali che ci sono necessarie.

Onoriamo tutti Maria: Essa è la Madre di Dio e la Madre nostra tenerissima.

Nessuno in questo mese lasci passar giorno senza rivolgere una preghiera a Maria, senza offrirle qualche speciale ossequio.

Chi può frequenti quelle Chiese o Cappelle, dove s'onora Maria con una serie di prediche e di benedizioni.

Bello è l'esempio di quei divoti, che non potendo recarsi alla Chiesa tutti i giorni, durante questo mese, sul far della sera radunansi sotto di un porticato davanti al simulacro o all'immagine di Maria Santissima, circondata di luce e di fiorì, e lì, dopo il canto di una lode, recitano il S. Rosario, fanno breve lettura in apposito libro intitolato « Il Mese Mariano », estraggono a sorte un fioretto per il domani, cantano le Litanie Lauretane e finiscono colla recita di qualche PATER o DE-PROFUNDIS per le Sante Anime del Purgatorio.

Questo esempio l'abbiamo visto altri anni darsi con gran frutto da un ottimo signore e Cooperatore Salesiano. Dapprima cominciò egli col radunare la numerosa sua famiglia, i dipendenti, gli amici; ma poscia la comodità e la bella divozione a Maria SS. attirò sotto a quel portico oltre a duecento persone, e quel vasto luogo divenne troppo ristretto, quando, alla chiusura del mese, il Parroco stesso vi andò a tesservi il panegirico dell'Augusta Regina del Cielo.

Edificante assai ed utilissima è poi la buona pratica da molti seguita in questo mese d'accostarsi più frequentemente del solito ai SS. Sacramenti. Maria SS., che con incessante ardore desidera la salute delle anime nostre e la maggior gloria del suo Divin Figlio, oh! quanto deve rallegrarsi nel vedere il suo diletto Gesù entrare sacramentalmente nei nostri cuori fatti mondi dal Sacramento della Penitenza! Questo fioretto, fatto almeno una volta nel mese, servirà per annodare tutti gli altri e renderli meglio accetti alla Gran Madre di Dio.

Ricordiamoci che qualunque ossequio noi renderemo a Maria Santissima, tornerà sempre in nostro vantaggio, giacchè Essa ci assicura che quelli che La onorano avranno la vita eterna: Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt. (Eccli. XXIV, 31).

Oggetti di divozione.

Per comodità di coloro che volessero in quest'occasione far acquisto di oggetti di divozione, daremo qui la seguente lista

I. - L'OLEOGRaFIA DI MaRIA AusiLIaTRIce, dì cui altre volte parlammo, è una stupenda, fedelissima riproduzione del gran quadro di Maria Ausiliatrice, che venerasi nel Santuario a Lei dedicato in Torino, presso l' Oratorio primario di D. Bosco. Quanti artisti la esaminarono ne ebbero a fare i più grandi encomii. È lavoro riuscitissimo. imitazione perfetta della pittura, per modo che non pare oleografia, ma opera di elegante, finissimo pennello. Le dimensioni poi sono le più ampie possibili in tali lavori, misurando un metro e sei centimetri di altezza per sessantacinque centimetri di larghezza. Tale quadro magnifico può adornare qualsiasi altare, cappella, oratorio privato, nonchè ogni più ricca sala.

PREZZI E CONDIZIONI D'ACQUIsTO.

1.° Su buona e forte carta . . . L. 10,00 2° Incollata su tela » 12,50 3° Incollata su tela e fornita di telaio » 16,50 4° Con cornice semplice, o di gran lusso, prezzi a convenirsi da L. 25 a L. 50.

Per gli acquisti segnati al numero 3 il porto resta a carico del committente, le spese d'imballaggio invece si faranno e carico della Libreria: per quelli poi segnati al numero 4, richiedendosi maggior cura, l'imballaggio stesso sarà a carico di chi l'ordina, e l'importo relativo, preventivato in lire quattro, si dovrà unire al prezzo della oleografia o relativa cornice che si desidera; la merce si spedirà pure in porto assegnato.

NB. Stante la modicità dei prezzi non si dà corso alle commissioni non accompagnate dal relativo importo ; è fatta eccezione a quei Signori corrispondenti che già avessero conto corrente colla nostra libreria di Torino.

II. Litografia di M. Ausiliatrice, cent. 49X67 per quadro, color nero . . caduna L. 0,30

La stessa a più colori .   »   » 0,60

III. Immagini di M. Ausiliatrice, in cromo senza merletto, centim. 11X8 al cento » 1.50

Con merletto   »   » 3,00

IV. Fotografie di M. Ausiliatrice. - In formato francob., coro merletto, al cento » 5,00

Form. visita su carton. bianco, caduna » 0;25

»   » fino (7X12) » » 0,30

•   gabinetto » bianco (12X18) » 0.50

»   »   »   » lino   » 0,60

»   in quarto » » (26x35) » 1,50

SENZA RELIGIONE NON SI DA' MORALE EDUCAZIONE.

Dov'è Religione, si presuppone ogni bene; dove manca si presuppone ogni male.

MACCHIAVELLI.

ABBIAMo detto due mesi fa che lo studio del Catechismo, lo studio cioè della nostra santa Religione è tanto necessario alla educazione, che un fanciullo privo di tal scienza non può dirsi ben educato, chè anzi dà molto a temere del suo avvenire. Di questa gran verità i nostri lettori saranno più che persuasi, essendo pienamente convinti che la sola Religione cattolica è efficace a farci operare virtuosamente. Ma tra gli uomini dei nostri giorni molti vi sono, che assolutamente credono si possa dare una buona educazione ai loro figli senza il concorso della nostra Religione santissima; ed altri moltissimi che in pratica mostrano di aderire a questi, giacchè si contentano che i loro figliuoli siano istruiti ed addestrati ad una qualunque carriera, punto non curandosi che il cuore e la volontà dei medesimi lor figli siano coltivati coi veri e sani principii educativi della Religione cattolica che pur dicono di voler professare. Sono questi due errori perniciosissimi alla gioventù, alla famiglia ed alla civile società; errori, contro cui noi ci sentiamo il dovere di alzare la voce come cristiani e come educatori cattolici.

L'educazione, diceva nell' esordire del glorioso suo Pontificato il regnante Pontefice Leone XIII, l'educazione che non informa le tenere menti dei giovanetti e i loro cuori pieghevoli, come cera, ai vizi, col soccorso della dottrina e della morale cristiana, non può generare che una progenie, la quale, guidata dalle prave cupidigie e dalla propria ragione, reca alle private famiglie e alla società sciagure gravissime. Che vale infatti che un fanciullo o collo studio o coll'apprendimento di un'arte diventi capace di guadagnarsi il pane della vita e d'occupare un posto nel civile consorzio, se poi trascurato nella formazione del cuore cresce con malvagie insinuazioni ed abitudini, avido di piaceri, ingiusto, violento, mentitore e dissoluto? Oltre il detrimento dell'anima, oltre il pericolo dell'eterna perdizione, oltre i danni irreparabili al di là della tomba, non sarà egli più che probabile che costui diventi un infelice, insopportabile a se stesso, il disonore ed il cordoglio de' suoi cari, ed abbia un giorno da finire nelle mani dell'umana giustizia? Il più delle volte accade appunto così; e quindi le spese fatte per la sua istruzione, le sollecitudini usate , le speranze concepite, tutto va in fumo, succede il disinganno, il pianto inutile e talora la disperazione.

Allorchè nella camera dei Deputati di Francia, sotto Luigi Filippo, si discusse la proposta di sopprimere ogni insegnamento religioso nelle scuole dello Stato, un coraggioso Deputato s'alzò, e : « Permettete, disse, che, prima di venire alla votazione, io racconti un fatto di cui sono stato testimonio. Io ho conosciuto un padre di famiglia, nobile e ricco, oggi molto disgraziato. Educato alla scuola di Voltaire, non ha volato che i suoi figli ricevessero alcun insegnamento religioso. Egli però ebbe dei grandi disinganni ! Poco non andò che si vide il primo dei figli, dopo aver consumato il fatto suo, associarsi ad una masnada di malfattori e salire il patibolo; la figlia divenuta la favola della città a motivo della sua scostumatezza; ed il terzo figlio, trasformato dai vizi in un cadavere ambulante, entrargli in casa per iscacciare lui, povero vecchio, dopo averlo coperto dei più atroci insulti. Io lo rividi quell'infelice uomo, pochi mesi or sono, al manicomio di Charenton, ove nei momenti di lucido intervallo accusava se stesso di aver assassinato i suoi figli; e le sue grida spezzavano il cuore ». Questa è press'a poco la fine di tutti quei poveri giovani cresciuti senza religiosa educazione e di quegli sgraziati genitori che non si curarono di procurarla loro a tempo debito.

Ma vediamo un poco se veramente si possa dare buona educazione senza il concorso della Religione. Chi ha un po' di sale in zucca di leggieri comprende come la istruzione profana, i motivi umani, l'interesse o il danno, l'onore o l'infamia, il premio od il castigo temporale non giovano sempre, nè a tutti per far amare e praticare il bene e far odiare e fuggire il viale, senza di cui non vi è moralità, non giustizia, non buon costume. Invece i motivi religiosi sono universali a tutte le persone, a tutti gli atti, a tutte le virtù, a tutti i vizi, a tutte le circostanze della vita pubblica e privata. Essi impediscono non solo il male, ma persino la volontà di commetterlo, persino l'idea ed il desiderio.

Veniamo un po' più al particolare. Ed anzi tutto per ciò che spetta alla mente, la istruzione ed erudizione profana per quanto vasta la si voglia, sarà sempre monca, dimezzata, imperfetta, se va disgiunta dalle cognizioni religiose, vale a dire se non comprende eziandio la scienza delle verità rivelate da Dio e contenute nel Catechismo. Da volere o non volere, la Religione ha esistito fin dal principio del mondo. Di essa sono piene le pagine della storia sacra e profana: di essa si interessarono e s'interessano i popoli antichi e i moderni; di essi parlano innumerevoli monumenti che sfidarono i secoli. Questa Religione ebbe ed ha i suoi principii, le sue massime, le sue leggi, i suoi sudditi; questa Religione ebbe ed ha le sue battaglie, le sue persecuzioni, i suoi eroi, le sue vittorie e la sua gloria. Questa Religione fece cangiare la faccia alla terra; ruppe le catene della schiavitù, rese umani i padroni verso i servi, fu ed è la benefattrice dell'umanità, di cui forma e va formando come una sola famiglia, avente per padre Iddio, per capo Gesù Cristo, per guida e maestro il Papa. - Questi sono fatti innegabili. E potrà egli dirsi bastevolmente istruito, sufficientemente educato nella mente colui che, pur imbevuto di ogni altra cognizione, per esempio di grammatica, di letteratura, di aritmetica, di geometria, di disegno, di architettura, di medicina, di chirurgia, di chimica e di qualsiasi altra scienza o mestiere, ignorasse poi afflitto o non avesse che incomplete idee sulla scienza della Religione, che ebbe tanta parte nelle vicende del genere umano? Oh! no di certo. -

Che se poi si ha riguardo alla volontà, alla pratica del bene, viemmeglio appare che senza Religione non si dà buona, morale educazione. Senza Religione invero s'ignora buona parte di ciò che è bene e di ciò che è male; senza Religione si manca degli aiuti principali per evitare il vizio e praticare la virtù. Qual' è il codice più morale che siasi conosciuto e si conosca nel mondo e che meglio guidi al bene ed allontani dal male ? È il Decalogo, è la legge evangelica, sono i precetti di Gesù Cristo. Fate che gli uomini fin dalla loro giovinezza li conoscano e li osservino, e voi avrete famiglie morigerate, avrete la società tranquilla ed in pace e non si avrà bisogno ne di gendarmi, nè di tribunali. Senza la cognizione, senza la pratica di questo codice divino per contrario si avranno le città e le campagne piene di ribelli, di vendicativi, di ladri, di assassini; si avranno le famiglie ed i popoli sconvolti. Ed è appunto la Religione cattolica che somministra autorevolmente questa legge di soda moralità, la quale ha ormai varcato quaranta secoli e sopravvisse a tutte le più rinomate leggi dell'antichità, perchè la sola vera, la sola divina. - Ma v'ha di più. Senza la Religione, la quale in nome di Dio doni autorità alle leggi civili, queste non bastano a far praticare il bene, e far fuggire il male; poichè il più delle volte la passione è sulla volontà più potente che non la voce dell'umano legislatore e della coscienza. Senza la Religione che mostra un premio immortale a chi fa il bene e minaccia un castigo eterno a chi commette il male, il premio ed il castigo temporale non hanno efficacia sulla volontà. Per altra parte il premio temporale non viene sempre promesso, nè sempre si può avere, ed il temporal castigo non è minacciato ad ogni malvagia azione ed in ogni caso si può anche evitare colla destrezza e colla segretezza nel male operare. Per la stessa ragione riescono altresì senza efficacia l'onore ed il disonore, la buona riputazione e l' infamia; il più sovente lo sfogo della lusinghiera passione, l'amor della gloria, la cupidigia del guadagno valgono più a trascinar al male, che non ogni altro umano motivo a resistervi e far operare il bene. È questo ciò che esperimentano pur quelli che hanno a sostegno la nostra santa Religione. Se non fosse di questa, no, nessuna legge umana basterebbe a stimolarli al bene, nè a ritrarli dal male.

Adunque conchiudiamo. Senza Religione non si dà morale educazione; chè anzi, come disse già Macchiavelli, dove vi ha Religione, si presuppone ogni bene, ed al contrario dove manca la Religione, si presuppone ogni male. Persuasi di questo, i nostri Cooperatori e Cooperatrici procurino ai loro figli, e quelli che sono in grado di poterlo anche ai figli dei loro concittadini e compaesani, una buona, religiosa educazione; nè si contentino che siano bene istruiti nelle scienze e nelle lettere o che sappiano a perfezione una arte o mestiere, ma richieggano altresì ed anzitutto che siano bene assodati nei principii della nostra santa Religione, perchè questa sola è che li possa rendere davvero bene educati , formando la loro felicità in questa e nell'altra vita.

PER LA CHIUSURA del Giubileo Episcopale di Leone XIII

UN' ACCADEMIA.

I nostri confratelli e giovanetti, dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù in Roma, che un anno fa aprivano tanto solennemente l'anno giubilare del Sommo Pontefice Leone XIII coll'inaugurazione di quell'Ospizio, ora, per festeggiarne la chiusura il meglio che per loro si potesse, tennero una splendida Accademia musico-drammatica, che venne onorata dall'intervento di numerosa ed eletta udienza di Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Monsignori e d'altri insigni personaggi del Clero e del Laicato Romano.

La seguente breve relazione fatta dal periodico di Roma « Mater amabilis » dirà abbastanza quanto soddisfacente sia riuscita una tal festa

« Il Superiore dei Salesiani a Roma, Don Cesare Dr. Cagliero, aveva diramato molti inviti, nei quali, in eleganti versi latini, stampati su cartoncini colorati, bellamente era riassunto lo scopo e il programma della simpatica festività (1). Ne fu parte principale la recita di una Commedia latina, cui Leo Tertius nomen est inditum, espressamente composta per la fausta circostanza. Sì per il modo con cui fu svolto il soggetto, come per la elegantissima forma latina, la produzione drammatica, egregiamente rappresentata dagli allievi dell'Istituto, riscosse gli applausi del pubblico e l'ammirazione delle persone più competenti. A costo di commettere una indiscrezione, soddisferemo la legittima curiosità dei lettori, rivelando loro il nome dell'Autore della commedia ; egli è il sacerdote salesiano Dott. Francesia, Ispettore della Congregazione, in entrambe le patrie letterature poeta assai valente. Già altre sue composizioni latine poetiche o drammatiche furono meritamente apprezzate a Torino come a Roma, ed in altre città d'Italia, e forse la modestia dell'egregio salesiano non gli torrà di riunirle un giorno in un volume a vantaggio degl'Istituti d'istruzione classica.

» Le varie parti musicali e letterario del programma ebbero una esecuzione perfetta, attestando in pari tempo il profitto degli allievi e lo zelo intelligente dei benemeriti educatori.

» I Salesiani, oltre ai ripetuti applausi di quanti ebbero la fortuna di assistere all'Accademia ed ai sentimenti di soddisfazione manifestati da S. Em. il Cardinale Vicario, il quale onorò colla sua presenza il solenne convegno, ebbero altresì ciò che si può chiamare il massimo della soddisfazione : un elogio cioè da parte dello stesso Sommo Pontefice Leone XIII, trasmesso al loro Procuratore e Superiore in Roma, l'egregio Dott. Don Cesare Cagliero, per mezzo della seguente lettera di S. Em. il Card. Rampolla

« Ill.mo Signore,

« Dopo aver posta sotto gli occhi del Santo Padre la lettera indirizzatami ieri dalla Signoria Vostra, ho il piacere di significarle che il devoto pensiero di cotesta Comunità di festeggiare il felice compimento dell'anno giubilare con una adunanza accademica e con la rappresentazione dell'azione drammatica Leo III, composta dal Sacerdote Salesiano Dott. G. B. Francesia, è tornato molto accetto a Sua Santità. Essa quindi mi ha incaricato di farle conoscere questo suo gradimento e di assicurarla che in pegno di speciale benevolenza imparte di cuore l'Apostolica Benedizione da Lei implorata per sè e per l'autore del dramma, nonchè per i giovanetti raccolti in cotesto Ospizio e i loro Superiori.

Nell'eseguire il quale incarico mi è grato confermarmi con distinta stima

Di V. S.

Roma, 28 Febbraio 1894.

Aff.mo per servirla M. Card. RAMPOLLA. »

(1) Pei buon gustai ci piace riferire il forbitissimo e simpatico invito latino qui sopra accennato
Caesar Cagliere Sacerdos Salesianorum in urbe Procurator Tibi in Domino salutem.

Primo die mensis proximi Martii Hora fere tertia post meridiem, Mei quos litteras puelli doceo, Agent latinani recentem fabulam, Cui Leo Tertius nomen est inditum. Mei actitarunt iam latinam fabulam Magna cum docti populi frequentia. Rem placuisse tunc Romanis gaudeo. Mihi poeta nuper hanc composuit, Et dedicari voluit Pontifici,

Suo qui totem replet orbene Nomine. Adest et Italis decus, praesidium.

Ut belle aptetur tanto viro et commodo Ingenio nostri virorum temporis, Magistrum vexant qui supremum fidei, Tute videbis, veneris si dummodo. Nec assa voce fiunt; more sed meo, Stabunt cantores, stabunt et tybicines, Qui corda numeris hilarant adstantium. Habebis horam saltem sic laetitiae. Nam res angustae nos premunt undique, Adhuc nec ulla fulget spes solatii... Iuvabit otio frui ergo quod facit Bonum nobis Leo Pater Sanctissimus. Sic annus apte iubilaris clauditur. Qui melius possim? Tibi praesens Deus Omen duit bonum felix in posterurn.

NOTIZIE DEI MISSIONARI DI D. BOSCO

Il Vicariato di Mendez e Gualaquiza.

Un po' di storia.

Prima di entrare a discorrere di questa Missione affidata ai figli di Don Bosco, crediamo cosa utile far precedere alcuni cenni storico-geografici di quei luoghi e di quel Vicariato.

La Repubblica dell'Equatore è da nord a sud divisa in due, dall'altissima Cordigliera delle Ande, la quale, come si esprime un recente esploratore di quelle regioni il R. P. Pierre dell'Ordine di S. Domenico (1), si estende come una gigautesca muraglia od un bastione insuperabile. All'ovest, Delle fertili valli, sugli altipiani posti fra i due rami delle Cordigliere, poi sui pianì inclinati che dalla catena occidentale discendono verso il Pacifico, trovasi la parte incivilita, le provincie colle loro metropoli, Esmeraldas, Guayaquìl, Cuenca, Loja, Riobamba, Ambato e Quito, la regina delle provincie. All' est invece c'è la barbarie: popoli numerosissimi, abbrutiti, feroci, che giaciono tuttora nelle tenebre e nell'ombra di morte, a malgrado degl'indicibili sforzì fatti da innumerevoli Missionari, tra cui primeggiano i figli di S. Francesco, i primi evangelizzatori dell'Equatore e dell'America dopo la scoperta di Cristoforo Colombo.

Nel desiderio di trarre dall'ignoranza e dalla barbarie queste numerose tribù selvaggie, che abitano le lontane ed immense foreste delle Amazzoni, il Governo dell'Equatore grandemente si adoperò perchè colà si stabilissero pure i figli di S. Ignazio , quelli di S. Domenico e le Suore del Buon Pastore (1); e mercè questi salutari sforzi si ottennero le fiorenti Missioni del Napo, di Canelos e di Macas, dove, mediante la costante predicazione degli operai di Cristo e le scuole infantili dei due sessi, la civilizzazione evangelica va prendendo un consolante sviluppo. Affine però di viemaggiormente contribuire e nella maniera più efficace alla pronta ed universale diffusione della nostra santa Fede in quelle lontane solitudini, i Rappresentanti della Nazione, le due Camere raccolte a Congresso, l'11 agosto 1888, decretavano di supplicare la Santa Sede che volesse erigere quattro Vicariati Apostolici nel territorio orientale della Repubblica, il 1° del Napo, il 2 di Macas e Canelos, il 3° di Mendez e Gualaquiza ed il 4° di Zamorra, implorando che i due primi continuassero rispettivamente a carico della Compagnia di Gesù e dell'Ordine dei Predicatori, il terzo fosse affidato ai Sacerdoti della Pia Società Salesiana, ovvero ad altro Istituto religioso, ed il quarto a' Missionari Francescani, e che gli incarichi di Vicari Apostolici fossero confidati non mai a semplici sacerdoti, sibbene a Vescovi titolari o in partibus, i quali, in forza della pienezza dei favori sacerdotali che godono, comunicano all'apostolato un potere ed una forza irresistibile. Tale Decreto

Legislativo veniva spedito al S. Padre con l'accompagnamento di una supplica di quel Presidente Antonio Flores, in data 6 ottobre 1888, supplica tutta spirante pietà, amore pei poveri selvaggi e devozione verso la Santa Sede, e nella quale meglio si spiegava che il terzo Vicariato di Mendez e Gualaquiza fosse assegnato ai Sacerdoti della Pia Società Salesiana di Don Bosco di felice memoria.

Il Santo Padre Leone XIII, che nulla di meglio brama che d'ampliare sulla terra il regno di Gesù Cristo e di estendere il più che sia possibile tra i popoli la benefica influenza della nostra santa Religione, altamente encomiando la fede, la pietà e la saviezza del Governo Equatoriano e con lui congratulandosi che per tal zelo sia entrato nella via che conduce alla vera e solida gloria, con lettera 30 gennaio 1889 assicurava il Presidente Flores che la domanda spórta da quel Governo formava l'oggetto delle sue più grandi sollecitudini e che già aveva incaricato persone prudenti e scelte di esaminare la cosa e cercare il mezzo migliore per condurla facilmente e secondo le forme volute a felice esito. Ed infatti pochi anni dopo, l'8 febbraio 1893, la Segreteria della S. Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari stendeva il Decreto d'erezione del nuovo Vicariato Apostolico di Mendez e Gualaquiza, che faceva pervenire a Don Rua proprio nei faustissiini giorni dell'apertura del Giubileo Episcopale di Leone XIII, come annunziammo allora.

(1) Viaggio d'esplorazione fra le tribù selvagqie dell'Equatore, Milano, Tipografia Pontificia S. Giuseppe.

(1) Lettera del Presidente A. Flores al S. Padre Leone XIII, in data 6 ottobre 1888.

*

I confini generali di questo Vicariato, secondo il qui sopra accennato Decreto, sarebbero i seguenti : Al nord, il fiume Apatenoma, che sbocca nel fiume Morona, e questo alla sua volta nel Marañor ; - al sud, il fiume Zamorra che sbocca nel Santiago, e questo alla sua volta nel Marañon; - all'est, i fiumi Morona e Marañon ; - all'ovest, le Diocesi di Cuenca e di Loja. Sappiamo tuttavia da fonte sicura che probabilmente sarà fatto qualche mutamento nella divisione di questi quattro Vicariati.

Cuenca però è alle porte del nuovo Vicariato Salesiano. Quivi i figli di D. Bosco nel marzo dello scorso anno (1) piantavano le loro tende per aver un sito ove prepararsi alla difficile Missione e dove ricoverarsi quando, stanchi e spossati dal valicare quegli alti monti, attraversare le inestricabili foreste e guadare gli immensi fiumi, si sentiranno il bisogno di un po' di riposo.

Per quest'importante Missione si era destinato il nostro compianto D. Angelo Savio, già uso alle fatiche del campo. Ma Iddio ce lo volle rapire! Sia fatta la volontà sua! Si è dovuto aspettare un poco , e poi si è supplito con altro Sacerdote giovane , ma robusto della persona, D. Francesco Spinelli, che, dopo aver dimorato alcuni anni a Quito, erasi l'anno scorso stabilito a Cuenca nella nuova nostra casa. Per compagno gli si è dato il bravo Catechista Giacinto Pancheri, che era partito da Torino con D. Savio, e che ora ci scrive la seguente relazione della prima escursione fatta fino a Gualaquiza.

(1) V. Bollettino di Giugno 1893.

Prima viaggio d' esplorazione.

REV.mo SIG. D. RUA,

Cuenca, 20 Novembre 1893.

SIA RINGRAZIATO Iddio e gli ottimi miei Superiori che si degnarono d'eleggere il povero scrivente ad accompagnare, il caro D. Spinelli nel viaggio d'esplorazione del Vicariato di Mendez e Gualaquiza! Pieno il cuore di gioia e di riconoscenza per un tanto favore, m'affretto a notificare a V. S. Rev.ma che già abbiamo compiuto la prima escursione fino a Gualaquiza, dove siamo stati ricevuti con entusiasmo non solo dai cristiani ivi esistenti, ma ben anche dagli Jivaros (selvaggi) abitanti nei dintorni, de' quali tre vollero accompagnarci nel ritorno fino a Cuenca.

Questo primo viaggio durò trentasei giorni.

Prima di metterci in cammino e mentre aspettavamo le necessarie cavalcature dalla vallata di Gualaquiza (donde le aveva chieste l'ottimo nostro amico e cooperatore Dottore D. Matovelle), per assicurarci viemmeglio la protezione del Cielo, ci ritirammo a fare dieci giorni di esercizi spirituali nella Casa degli Oblati di Cuenca, de' quali potemmo ammirare la grande pietà e la virtù onde sono animati. Poi facemmo gli ultimi preparativi, ed il 9 ottobre, giorno sacro al gran Missionario dell'America S. Luigi Bertrandi, dopo d'aver D. Spinelli e D. Bruzzone celebrata la S. Messa, inforcammo le nostre bestie e ci mettemmo in viaggio. Dico anche D. Bruzzone, il Direttore di questa Casa, che volle accompagnarci fino a Sigsig.

Da Cuenca a Gualaceo - Un felice sbaglio.

La nostra prima tappa era fissata a Gualaceo, il giardino dell'Azuay, posto all' est di Cuenca ed alla distanza di un giorno. Per alcune ore il cammino fu assai buono, ma giunti alla montagna incominciò a farsi difficile. Uno stretto sentiero scavato nella ripidissima roccia forma la maestosa strada per cui passa la nostra comitiva: siamo nella profonda e dirupata gola del Gualaceo. Giù, giù in fondo scorre questo grosso fiume: noi sentiamo il fragoroso rumoreggiare delle, impetuose onde, che rende la situazione più orrida e più pericoloso il cammino.

Noto di passaggio che i paesi che incontreremo in questo viaggio quasi tutti si chiamano collo stesso nome del fiume che scorre loro dappresso.

Il paese di Gualaceo non si trova sulla sponda del fiume omonimo, ma distante da essa un venti e più metri ed all'altezza assoluta di 2320 metri. A mezzo la via che noi percorriamo avvi un ponte, dopo il quale vengono ad unirsi due sentieri : uno di essi conduce a Gualaceo. La nostra guida, meno pratica di noi dei luoghi, prende il falso e ci fa camminare per buon tratto inutilmente. Non vedendo comparire questo benedetto Gualaceo, incominciammo a dubitare. Ci avvicinammo all'unica casetta che incontrammo in quella solitudine, e veniamo in chiaro dell' errore commesso. - Pazienza! diciamo noi; sbagliando s'impara! Ritorneremo indietro.

- Ma scusino, soggiunge allora il padron di casa, uomo gentile e di buon cuore; sono forse Fratelli delle Scuole Cristiane

- Amici dei carissimi Fratelli, siamo Missionari Salesiani.

- Figli di D. Bosco, del grande Don Bosco?

- Precisamente.

- Oh! con quanto piacere sto leggendo la vita di questo sant'uomo datami da mia moglie. Essa è Cooperatrice Salesiana. Vengano, vengano in casa un momento... c' è anch'essa

Noi ci accorgemmo di essere capitati tra amici. Stanchi e, direi, anche affamati, chè non ci eravamo ancora fermati a prendere un po' di ristoro, non ci facemmo ripetere la preghiera, ma tosto seguimmo quel bravo uomo che con quel suo « vengano in casa » voleva dire tutto ciò che noi potevamo desiderare. La sua degna consorte è un'ottima Cooperatrice Salesiana di Cuenca, la quale già conosceva personalmente D. Bruzzone, ed ora ringraziava il Cielo di averci fatto sbagliare la via - perchè, diceva, così mi è dato di poter anche nel campo aiutare i figli di D. Bosco. - Noi pure ringraziammo di cuore la divina Provvidenza e questi buoni amici, perchè quel po' di riposo e la eccellente refezione qui presa ci ristorarono talmente le forze, che potemmo senza disagio poi continuare il nostro cammino fino a Gualaceo e trovarci freschi all'indomani per partire alla volta di Sigsig.

A Gualaceo fummo gentilmente ospitati in casa del Parroco , sig. Dott. D. Nicola Cisneros, il quale volle che lo inscrivessimo tra i Cooperatori Salesiani, desiderando d'esser d'or innanzi considerato come nostro fratello e la sua casa come casa nostra ogni volta che di qua passeremo. Qui potemmo far conoscenza col padrone di molti poderi (entables) di Gualaquiza, il sig. Gesù Vasques. Di quest'incantevole paese già abbiamo due giovani nella Casa di Cuenca.

A Sigsig - La Madonna di Gualaquiza.

All'indomani per tempo, celebrata che ebbero D. Bruzzone e D. Spinelli la S. Messa, ringraziammo il nostro cortese ospite e poi passammo all'altra sponda del rio Gualaceo per riprendere la salita. - A Chordeleg dovemmo sostare un momento, per accontentare quell'ottimo Parroco che volle offrirci un eccellente caffè. - Giunti sul declivio, donde si vede nella valle il paese di Sigsig, scorgemmo un drappello di persone a cavallo che venivano alla nostra volta. Era l'eletta del paese con a capo il Parroco D. Giuseppe Piedra che venivano ad incontrarci per condurci quasi in trionfo nel loro paese. - Incominciamo male, dissi fra me stesso a tal vista; dopo le rose verranno certamente le spine. - Ma poscia pensando che forse il Signore voleva sollevarci alquanto dall'abbattimento in cui tuttora siamo per la perdita del povero D. Savio, mi confortai sperando nella bontà divina. Arrivati in paese, lo trovammo tutto in movimento ed in festa pel nostro arrivo. Archi trionfali, pioggia di fiori, musica e cauto d'una turba di fanciulli acclamanti ai Missionari, ai figli di D. Bosco, furono i segni di gioia di questo buon popolo al nostro passaggio. Ospitammo in casa del Parroco, che ci usò ogni sorta di gentilezze.

Sigsig è l'ultimo paese cristiano civilizzato sul cammino di Gualaquiza. Disterebbe solamente un giorno da Cuenca prendendo la linea diretta; ma avendo noi presa la via di Gualaceo, ce ne impiegammo due. Esso si trova proprio alle falde dell' alta Cordigliera delle Ande orientali e precisamente alle falde del Matanga. Molti anni fa era sede della Missione : qui stavano due Sacerdoti, i quali alternativamente recavansi a Gualaquiza per mesi intieri. Ora conta circa 8000 anime e tutte battezzate: i non pochi cristiani che trovansi al di là della Cordigliera e sparsi nelle selve sono di questo paese. Qui poi vengono tutti dalle selve, anche i pochi Jivaros civilizzati per far le loro compere. Di Sigsig abbiam pure due ragazzi nel collegio di Cuenca.

A Sigsig ci fermammo tutto il giorno 11 per fare ancora varii necessarii preparativi. Intanto potemmo assistere ad uno spettacolo di fede e di divozione verso Maria Santissima e S. Giuseppe. I Cristiani di Gualaquiza alcuni mesi addietro avevano portato a Cuenca per riparare due statuette, una dell'immacolata e l' altra di S. Giuseppe. All'ultimo di agosto poi vennero in cinque, compreso il capo politico, per prenderle. E sentendo che noi presto saremmo andati cola, vennero a sollecitarci, e per farci maggior premura ci dissero che le avrebbero lasciate a Sigsig fino a tanto che noi non saremmo partiti alla volta di Gualaquiza. Ora gli abitanti di Sigsig prima di lasciar partire questi loro ospiti celesti, li vollero portare processionalmente, con musica e canti e con gran seguito di persone, fin sopra ad una vicina collina, dove loro presentarono varii donativi, che a Gualaquiza tornano di molto decoro per questi grandi Protettori della Missione.

Preceduti da sì nobile e sì potente avanguardia, si può immaginare con quanta confidenza ci disponemmo a partire da Sigsig. Qui il signor Michele Moscoso di Cuenca si impegnò per trovarci altre mule ed altri cavalli; ed il nostro buon amico e benefattore il sig. Guglielmo Vega, gran proprietario di Gualaquiza, venne insieme con altro fervente cristiano fino qua per prenderci ed assicurarci che avremmo avuto buon alloggio in casa sua. Ricevuta la benedizione di D. Bruzzone, che con suo e nostro rincrescimento doveva tornare a Cuenca, in compagnia di questi due buoni cristiani incominciammo la traversata della Cordigliera e della foresta.

La traversata del Matanga. - Granadillas - Il tambo rovinato.

Non mi fermo a descrivere il cammino del primo giorno. Tra i viaggi che si possono fare con bestie da soma gli Equatoriani considerano questo come il più brutto della Repubblica; e credo non isbaglino. Quei monti altissimi da superare, quelle profonde vallate d' attraversare, quei boschi foltissimi, quegli erbosi altipiani, quei fiumi rapidissimi nel loro corso rendono il cammino pessimo nel vero senso della parola. S'incontrano, sì, talvolta magnifici panorami che rallegrano la vista, ma più sovente capita d'incontrarsi in ripidi precipizi che riempiono l'animo di - spavento. Per soprappiù fummo tutto il giorno accompagnati dalla pioggia.

Sul far della notte giungemmo al tambo di Granadillas. È questo un piccolo paesuccio mezzo rovinato, posto su d'una collinetta, al piè della lunga e ripidissima discesa del Matanga, all'altezza assoluta di 1800 m., ma perduto in una stretta valle coperta di foltissime selve. Qui non siamo ancora nelle foreste vergini, ma abbondano i banani, la cionta, il caffè. In tempi addietro questo paesello era abitato da varie famiglie di bianchi; ora non avvi che una sola famiglia che vi dimora tutto l'anno; è quella del sig. Gesù Maria Torres di Sigsig. Se si potrà stabilire bene la Missione di Gualaquiza, non mancherà di ripopolarsi di nuovo, specialmente da coloro che ivi posseggono terra coltiva.

Quella buona famiglia ci accolse caritatevolmente in sua casa. Ma che casa! quattro pareti di pali intonacati di fango, vecchie cadenti, che fanno paura a chi entra. Pure ci facemmo animo. Era notte, e la pioggia continuava a cadere; quindi qualunque stamberga valeva meglio a ripararci che non la cappa del cielo.

Quivi ci aveva preceduto la nostra guida, colui che in tanti anni d'assenza del Missionario da Gualaquiza faceva da Cura (Parroco), versava cioè l' acqua battesimale sui bambini in pericolo di morte ed alla festa radunava i pochi cristiani dei contorni per recitare il S. Rosario. Egli aveva fatto fermare le due statue, di cui dissi sopra, e le aveva bellamente disposte nello scompartimento a noi assegnato contornandole di varii lumi. Che contrasto veder il bel simulacro della Vergine tutta pura e quello del casto suo Sposo circondato di luce in un orrido ed affumicato tugurio, nel quale scorgevansi in ogni direzione larghe fessure e grossi spiragli Pareva di trovarci al presepio nella faustissima notte del Natale, colla differenza che a Betlemme s'udivano i canti angelici, ed a Granadillas il gracidar di certi animali anfibii che festeggiavano la copiosissima pioggia caduta durante la giornata.

Ma la Vergine Santissima e S. Giuseppe, a cui lasciammo accese tutta la notte alcune candele, vollero mostrarci visibilmente la loro protezione, tenendo in piedi il misero capannone fino alla nostra partenza. Noi riposammo nel miglior scompartimento e sopra nude tavole, mentre i padroni di casa si rincantucciarono in altra parte con tutti gli animali domestici che possedevano. Al mattino per tempo D. Spinelli desiderava celebrare la S. Messa; ma non essendo ancora arrivata la mula che portava il vino occorrente, decidemmo di partire subito. Gran Dio! Appena siamo in arcioni, il vecchio tugurio scroscia e cade in un mucchio di rovine, lasciando tempo a tutti gli inquilini di mettersi in salvo.

La foresta vergine - Flora e fauna - Difficoltà pel viaggiatore.

Poco più sotto di Granadillas, il cammino discende bruscamente fino al Rio Blanco, che si passa sopra un ponte di legno. In seguito s'incontra il Rio Tigrepungo, che, non ostante le sue impetuose acque, si può guadare senza pericolo. Si torna a salire di alcune centinaia di metri per una ripida costa, e poi il cammino va quasi sempre discendendo per lungo tratto, mantenendosi sempre alla sinistra del Rio Blanco.

Qui noi ci troviamo in piena foresta vergine tropicale. Alberi giganteschi d'ogni specie coprono intieramente le pendici dei monti e le strette e profonde valli. Lunghesso il cammino vedonsi mostruosi cedri che misurano al piede più di quindici metri di circonferenza; ma a pochi metri dal suolo diminuiscono prontamente la loro corpulenza, riducendosi il loro diametro a poco meno di due metri, e con tali dimensioni si elevano ad enorme altezza. Questi alberi così colossali però sono assai rari, perchè arrivati ad un mediocre sviluppo, in generale vengono soffocati da una immensa moltitudine di piante rampicanti e parassite.

Non così abbondante trovammo la fauna. Stando alle poetiche descrizioni di alcuni viaggiatori, ci credevamo di trovare quelle selve risuonanti del canto d'uccelletti e d'uccelloni, d'ogni specie e colore; ma restammo alquanto disillusi. Gli uccelli che potemmo vedere furono molto pochi: varii stormi di pappagalli ed un limitato numero di uccelli più piccoli, quasi tutti dalle piume brillanti di svariati e magnifici colori. Credo che questa mancanza di volatili si possa attribuire alle frequenti e torrenziali pioggie, le quali debbono anche impedire lo sviluppo dei rettili, che nel territorio di Gualaquiza sono rarissimi. Abitano quelle selve alcune specie di scimmie; vi sono cinghiali, tapiri, cervi ed animali carnivori.

Alle nove antimeridiane dello stesso giorno arrivammo a Chiguinda, piccola popolazione, situata sulla sponda del fiumicello omonimo, e formata da varii poderi poco coltivati e quasi abbandonati. Solamente tre famiglie vi hanno residenza fissa; le altre vanno solo per la seminagione e per la mietitura. Chiguinda si trova ad un'altezza assoluta di 1750 metri.

Seguimmo il nostro viaggio verso il sud-est, per l' unico sentiero che attraversa quella folta selva. Di quando in quando si trovano anche qui cattivi passi, ripide salite e spaventose discese. Enormi tronchi di alberi caduti impediscono il passo, e molte volte non potendosi transitare senza grave pericolo, conviene deviare, salir per la costa della montagna, passare per la intricata ramaglia degli alberi, calpestando terreni fangosi, sdrucciolevoli, coperti da reti di radici, che sono un vero pericolo per le unghie delle povere mule.

Sul mezzogiorno all'incirca giungemmo ad altra piccola popolazione denominata Rosario.

Una gola spaventosa ed un orribile massacro.

Anche qui il cammino serpeggia in un pendio lunghissimo e spaventoso: la strettissima valle discende fino al Rio Blanco, il quale si traversa per un ponte pericolosissimo, già in cattivo stato. Si seguita per la destra sponda del fiume fino all'azienda di Cuchipamba, sempre colle penose salite e discese e pericolosi passaggi. A questo punto il fiume taglia la catena della Cordigliera che univa le montagne della sua sponda sinistra con quelle della destra. Quest'angusta gola aperta dalle acque del Rio Blanco avrà una profondità di 1000 metri circa, calcolata dalla cima della montagna di destra. Nella sua parto inferiore è veramente spaventosa; in alcuni punti è tanto stretta, che non si riesce a scorgervi il fondo; sicchè di essa si può ripetere quello che dice il poeta

oscur profonda era e nebulosa Tanto, che per ficcar lo viso al fondo I' non vi discernea veruna cosa.

Solo si ode il gran fracasso delle acque, dal cui impeto si può capire che debbono cadere da considerevole altezza.

È spaventevole pel povero viaggiatore passare per lo stretto sentiero all'orlo di quest'orrenda spaccatura, le cui pareti in alcuni punti sono perpendicolari sopra l'abisso. Ma attraversata questa pericolosa gola, l'orizzonte si apre; le montagne di destra si abbassano verso l'occidente e vanno man mano perdendosi nella grande pianura chiusa tra il fiume Zamorra e il Bomboiza; quelle della sinistra seguono il corso del fiume, ma deprimendosi molto anch'esse.

Verso la metà della discesa di Rosario s'incontra una piccola spianata; è in questo punto ch'esisteva l'antica e numerosa popolazione di Rosario colla propria cappelletta, dove il Missionario, che di tanto in tanto vi passava, celebrava la S. Messa, confessava e predicava. Attualmente non vi sono vestigia di sorta nè della cappella, ne delle abitazioni. Solo vi si erge una rozza croce, ornata di fiori, dove si recano quei pochi abitanti a recitare il S. Rosario, sospirando sempre la venuta di qualche Missionario. Questi popolani abitano in capanne (chozas) poco distanti dalla Croce.

Di fronte a Rosario, sulla parte opposta del fiume, si trova l'altra piccola popolazione di Aguacate, poco superiore per abitanti a Rosario. Ambidue questi paeselli, di temperatura calda e di terreni fertili, potrebbero essere coltivati con gran profitto da coloni che se ne prendessero cura.

Passammo una notte nel tambo di Cuchipamba, ricevuti e trattati egregiamente dal signor Quintanilla.

Saputo che quivi noi sostavamo per una notte, accorsero tutti gli abitanti di Rosario, Aguacate, Cuchipamba e di S. Josè - altro paesello che vedremo in seguito - per ricevere la benedizione del Sacerdote e riconciliarsi con Dio. Non è a dire quanta gioia provasse il caro Don Spinelli nel soddisfare a questi loro santi desiderii! Da or innanzi speriamo di poterli rivedere sovente e fermarci anche tra loro alcuni giorni.

Cuchipamba, come già dissi, è posto alla destra del Rio Blanco. Qui, più di vent'anni. fa, accadde lo spaventoso massacro tanto tristamente celebre in questi luoghi.

L'orribile avvenimento mi fu narrato in questo modo. Tre Jivaros di Gualaquiza avevano domandato alloggio sotto il portico del tambo; parevano amici e fu loro concesso. Ma nell'oscurità e nel silenzio della notte, quando il maggiordomo steso sulla sua amàca e i trenta giornalieri coricati sopra del tavolato si erano immersi in profondo sonno, i tre selvaggi si levano silenziosamente, e, impugnando le loro terribili lancie, si gettano come folgori sopra gli sprovveduti lavoratori. La prima vittima fu il maggiordomo, che col cuore trapassato da una lancia restò quasi istantaneamente morto nella sua amàca. Fatti audaci per la morte del capo, gli Jivaros si slanciano come tigri sopra i giornalieri, e ventisei di loro cadono morti sotto le lancie dei tre selvaggi! Quattro giornalieri soli poterono salvarsi colla fuga.

Questo tragico fatto (e un altro consimile accaduto nell'azienda di Bomboiza appartenente al signor Guglielmo Vega) riempì di spaventg i coloni del territorio di Gualaquiza e fu la causa principale del decadimento di quelle popolazioni.

Di fronte a Cuchipamba, tra il Rio Blanco e il Rio S. Josè, in un clima salubre e in un terreno fertile, si trova il piccolo popolo di questo medesimo nome, formato da circa venti famiglie. La sua altezza assoluta è di 1150 metri. Stabilita che sia la Missione in Gualaquiza, S. Josè si trasformerà certamente in una popolazione importante.

Lasciando Cuchipamba, passammo all'altro lato del Rio Blanco e del S. Josè il cammino sale verso il sud-est, fino a guadagnare la Punta delle Tre Croci. Il Municipio di Sigsig ha fatto costrurre alcune leghe di questa via, e al nostro ritorno da Gualaquiza incontrammo gli operai del signor Guglielmo Vega che stavano per unire un nuovo tronco, col quale si eviterà l'alta costa del monte San Joaquin. Dalla Punta delle Tre Croci si prospetta l'ameno panorama della valle di Gualaquiza.

(Continua)

COLOMBIA

Una nuova fondazione.

VENER.MO SIG. D. RUA,

Fontiban (Bogotà), 24 Novembre 1893.

CREDO non le sarà discaro che questo suo figlio lontano le dia alcuni ragguagli sulla nuova fondazione di Fontiban.

È questo un villaggio di circa due mila anime , sito alla parte occidentale di Bogotà, a 10 chìlometri di distanza. Giace nell'immenso altipiano, che chiamano Sabana di Bogotà, a 2600 m. sul. livello del mare. Il suolo di questa pianura, ben singolare per l'altezza che misura, è tutto calcareo ed arenoso, e questo ci fa pensare esservi stati prima dei grandi pantani e lagune, come tuttavia ve ne sono varie di qui poco lontano. Questo e la frequenza delle pioggie e le nebbie pure assai frequenti, che ci vengono dalle montagne circonvicine, produrrebbero un clima molto umido e fatale, ove non fosse alquanto mitigato dalla buona ventilazione e dalle esilaranti brezze che di sovente spirano su queste vette. La temperatura è eccellente; varia appena dai 10 ai 14 gradi.

Le case sono molto sparse; il nucleo principale è quello vicino alla parrocchia, e le più lontane distano da questa almeno un'ora di cammino. Molte poi anziché case, più propriamente si devono chiamare capanne, perchè costrutte con pali, canne, fango, coperte di paglia, molto basse e meschine. La popolazione si occupa nell'agricoltura e pastorizia; il latte e la patata formano il loro nutrimento principale. Nella cucina di queste genti è anche molto in uso il gran turco; però non si pensi che abbiano bisogno di macinarlo; no, fan bollire le pannocchie intiere; e dopo le addentano e divorano come se fosse l'intingolo più squisito.

La fede si conserva abbastanza bene tra questi cristiani, malgrado che molti per la distanza, o per le pessime strade, od il cattivo tempo passano mesi e mesi senza messa e senza parola di Dio.

La chiesa parrocchiale poi-povera chiesa! - giace mezzo ruinata, in parte, perchè essendo in un terreno sedimentario e di natura vulcanica, cedettero alquanto le fondamenta, ed in parte perchè tempo fa veniva demolita col fine di incontrare tesori. Per il pessimo stato in che stava detta chiesa, circa cinque anni fa si diede principio a poca distanza da essa ad un nuovo tempio di grandi dimensioni ; però condotti già i lavori a sette od otto metri fuori di terra, si dovette desistere dall'impresa , sia per mancanza di mezzi, sia anche perchè, essendo in molti ad erigerla, volevano pure essere molti a dirigere, ed accadde qui un qualche cosa di simile che nella costruzione della famosa torre di Babele. Ormai non resta più nessuna speranza di terminare l'incominciata chiesa ; quindi alcuni mesi fa presero a riedificare ed a ristorare l'antica, della quale rimangono ancora circa 10 metri di rovine, e la facciata che dovrà innalzarsi dalle fondamenta.

La casa parrocchiale non si trova in istato migliore della chiesa; come questa, conta più di tre secoli dacchè fu fondata. Si racconta (e qualche scritto ne fa fede) che l'architetto della casa, che si direbbe una certosa in miniatura, fu un bravo piemontese di Mondovì. La tradizione e le memorie che tuttavia esistono ci apprendono che sull'esordire del secolo XVII i RR. PP. della Compagnia di Gesù funzionavano già essi la parrocchia, e vi tenevano noviziato nella casa. Credesi abbiano durato in questa residenza fino all'anno della loro espulsione avvenuta per ordine di Carlo III nell'anno 1767. - Fino al principio di questo secolo questa chiesa si chiamava Parrocchia della Real Corona, titolo che perdette colla fine del Governo spagnuolo.

Nel 1891, poco dopo d'essere arrivata la seconda spedizione di Salesiani in Bogotà, all'invito del sig. Parroco D. Alfonso Emmanuele, che tanto stima i figli di D. Bosco, il Superiore di Bogotà, D. Evasio Rabagliati, venne a fare una visita a Fontiban ed io ebbi la sorte di accompagnarlo.

Stavamo allora cercando una casa dove accogliere ed allevare alla vita salesiana quelle tenere pianticelle che la Divina Provvidenza incominciava a mandarci in questa fertilissima terra, e questa di Fontiban ci pareva abbastanza a proposito. Il Parroco, siccome voleva rinunziare , instava perchè accettassimo la casa e ci incaricassimo della parrocchia; ma quest'ultimo peso non potevamo accettare per allora stante la scarsezza di personale.

Passarono due anni ed il quod differtur non aufertur si avverò una volta più. Il 22 di ottobre dell'anno di grazia 1893, i Salesiani d'accordo coll'Autorità ecclesiastica entravano in Fontiban al suono della banda e delle campane, ricevuti da tutte le Autorità del paese, accompagnati ed acclamati da tutto il popolo.

Si cantò una grandiosa Messa, infra la quale il sacerdote D. Leopoldo Medina, ottimo Cooperatore Salesiano di Bogotà, disse un bellissimo discorso di circostanza.

Il contento di questa popolazione d'avere con loro i figli di D. Bosco va aumentando ogni giorno più, e speriamo che non sia per scemare giammai.

Il giorno dopo il nostro arrivo si cominciò a spianare un campo per farne un vasto cortile per l'Oratorio festivo, che cominciammo subito alla domenica seguente, inscrivendo la prìma volta 50 ragazzi , che sinora andarono aumentando fino a superare il centinaio.

Coll'intento di fabbricarci una casa propria per collegio, facemmo acquisto delle pareti della chiesa incominciata col terreno corrispondente, ed il denaro che dobbiamo ancora versare deve servire , secondo la convenzione, per ricostruire e ristorare la chiesa antica e la casa parrocchiale.

Instarono già molto perchè ci incaricassimo delle scuole maschili, e forse tra non molto le accetteremo.

Il nostro D. Tomaso Tallone, l'eletto parroco, lavora infaticabile nelle cure parrocchiali; e, come se una sola parrocchia non gli bastasse, attende anche a quella di Engativà, paesuccio a due ore da Fontiban.

Per dare tutta la comodità possibile a queste genti di assistere alla santa messa, mi si concesse nei giorni festivi la facoltà di binare; e così, detta la prima messa, nei giorni di precetto, monto in arcioni e corro a dirne una seconda in Engativà.

La nostra comunità per ora è assai piccola; ma tra alcuni mesi speriamo di raggiungere almeno il numero del Collegio Apostolico. Hoc faxit Deus, e questo ci ottenga Maria Ausiliatrice.; ed arra di tanta grazia sia una copiosa sua benedizione, o veneratissimo signor D. Rua, che umilmente imploro per tutta la piccola famiglia di Fontiban, ed in particolare per questo suo

Affezionatissimo figlio in G. C.

D. MAGGIORINO OLIVAZZO.

DAL CHUBUT

Una visita ai Cattolici della Colonia protestante. REV.MO Sig D. RUA,

Rawson, 20 Dicembre 1893.

TORNo da una breve escursione alla Colonia protestante, ove fui a visitare alcune famiglie cattoliche, che mi desideravano da lungo tempo. Mi sono fermato in Gaionan (parola india, che suona pietra per affilare). È un piccolo e bel paese alle falde di una catena di colline e sulle sponde del Rio Chubut, ed è il centro della Colonia. La mia fermata non durò molto, ma mi pare sia riuscita di qualche vantaggio alle anime.

Appena trovato alloggio in una casa cattolica, mi affrettai a visitare le mie pecorelle. Non ebbi a correre molto. Fui ricevuto cordialmente da tutti. Li invitai alla funzione pel giorno seguente; accettarono con vivo piacere e mi promisero spontaneamente la cooperazione loro per improvvisare una cappella. Difatto un commerciante pose a mia disposizione una sala, se non bella, spaziosa e comoda; altri portarono tappeti e drappi, ed in breve lo stanzone prese un assai regolare e decoroso aspetto. Disposto l'altare portatile su di una buona mensa, feci dare avviso dell'imminente funzione.

Tutti all'improvvisata cappella. - Le esortazioni del Missionario.

Tutti, anche i commercianti, chiusero le loro case e colle famiglie recaronsi all'improvvisata cappella. Non eravamo molti, ma ci eravamo tutti, ed il primo atto ed il più solenne del culto cattolico si compì colla maggior pietà per la prima volta in questa terra. Felice coincidenza ! Si celebrava la festa del santo Vescovo e Martire Giosafatte, celebre specialmente nei fasti della storia per le innumerevoli conversioni da lui operate tra gli eretici!

Conosciuti alcuni inconvenienti, procurai di porvi rimédio , e così , infra Missam, rivolto a' miei cattolici, raccomandai loro 1° Che nessuno portasse i neonati a protestanti pel s. Battesimo; venissero da noi o mandassero a chiamarci. In caso di necessità ognuno, sapendo, può battezzare; lasciai nondimeno incaricato uno, cui feci le istruzioni convenienti, e necessarie, e ne declinai il nome. 2 Che per gli ammalati ci avvisassero, ché noi verremo volando: del resto in caso di premura, si rivolgessero ad un'ottima signora - e ne declinai pure il nome - la quale saprà suggerire orazioni e giaculatorie ai moribondi e prepararli al gran passaggio. 3° Che per le sepolture non chiamassero il ministro protestante : si riunissero tra loro, recitassero il s. Rosario e così accompagnassero il cadavere al cimitero. Procurassero che la Croce onori e difenda sempre le spoglie deì loro cari, nè mai si dimenticassero di pregare pel loro eterno riposo. 4° Ai fanciulli di età conveniente per la S. Comunione incominciassero a far imparar bene le orazioni ed i primi elementi della nostra santa Religione. Altra volta, con più tempo e comodità vedremo di. prepararli noi stessi più prossimamente. Ma, se credessero di mandarli in Rawson, i ragazzi da noi e le bambine dalle Suore di Maria Ausiliatrice per una settimana, loro non costerebbe nulla e così si provvederebbe molto meglio alla religìosa istruzione de' loro figli. 5° In nessun caso presentassero mai per padrini o testimoni di atti religiosi persone protestanti, né comunicassero mai con loro in cose di religione. Rispettassero le cose loro, ma stessero fermi nella fede cattolica, anche in quello che sembrasse loro meno importante. 6° Infine chiamai l'attenzione di quei cari cattolici al gran precetto della santificazione delle feste. Essi, come noi in Rawson, vivono tra gente che ha la bell' usanza di osservare, quasi direi con troppo rigore, il riposo festivo. Bisogna quindi star attenti a non scandalizzarli. Perciò raccomandai di abbandonare non solamente il lavoro, ma anche i divertimenti troppo rumorosi, prolungati e distraenti. Guai ai cattolici che fanno parlar male della Religione nostra col loro mal esempio! Essi ne dovranno render gran conto a Dio! - Manca la chiesa, non v'è il sacerdote. A questo bisogno si vedrà di provvedere quanto prima si possa. Ma intanto, un santuario non manca generalmente a nessuno. Questo è la casa, è la famiglia. Lì, nella pace domestica, si può offrire sull'altare del cuore il sacrifizio dell'orazione e della lode al buon Dio. Lì vi è anche il sacerdote; è il capo, il padre di famiglia, cui stringe il dovere di istruire i figli e coll'esempio e colla parola. Dove si può trovare, dopo le funzioni della chiesa, uno spettacolo più bello, più solenne e più venerando che quello di un padre circondato da tutti i suoi dipendenti, cui insegni il santo timor di Dio ed il rispetto della Religione ? Di un padre ginocchioni avanti al Crocifisso o a qualche altra sacra immagine che diriga le preghiere dei suoi sudditi ? - Infine, raccomandai per la santificazione dei giorni festivi l'esercizio della carità e delle opere di misericordia, specialmente verso degli infermi. Nell'esercizio di questa carità non si deve fare distinzioni nè di razze, nè di religioni, nè di persone: a tutti, cui si può, si deve fare del bene, ravvisando in ognuno un fratello amato in G. C. L'elemosina ridonda sempre in nostro vantaggio !

Progetti - Che bel panorama! -Una stonatura.

Dio poneva queste parole sul mio labbro, ed il mio piccolo uditorio le ascoltò con piacere e buona volontà. Ne vedremo poi i frutti? Così piaccia a Dio! Per ora resta sufficientemente provvisto: tanto più che penso fare colà di tanto in tanto una scappata. Ma più tardi sarà necessario prendere misure più efficaci. L'elemento, scarso ora, aumenterà senza dubbio. La Colonia è la risorsa ed il cuore di tutta la Patagonia Centrale. Il movimento andrà anche aumentando per l'attivazione delle mine d'oro, già incominciata un po' più all'ovest da una società inglese, e per la prolungazione della strada ferrata, che mette a Puerto Madryn in Bahia Nueva, uno dei più sicuri rifugii per i naviganti in tutte le coste meridionali dell'Atlantico. Ebbi un'offerta di terreno; ma non si potrà aspettar altro da questi cattolici, i più poveri tra i poverissimi della Colonia. Bisognerà fare comechessia una chiesuola, poi una casetta per aprire una scuola, perchè i fanciulli cattolici non abbiano da frequentare le scuole protestanti. Ma e i mezzi? Ecco il problema che io presento alla considerazione sua, o mio amato Superiore.

Prima di dar l'addio alla nascente cristianità, volli farmi un'idea della Colonia, e montai su di una di quelle vette. Che amenissima vallata! Estesa a vista d'occhio; fiancheggiata in tutta la sua prolungazione da due catene di colline (giacimenti), che le lasciano una larghezza da otto a dieci chilometri; coperta da verdi ed ondeggianti messi e praterie; irrigata di qua, di là, in tutte le direzioni da un'infinità di canali e canaletti che hanno per padre il Chubut, il quale scorre nel bel contro, ricco d'acque e di salici piangenti, ed un gran canale artificiale lungo la bellezza di 72 miglia; di tratto in tratto nere macchie di piante, tra le cui frondi spunta la rustica casa del colono; più in su, come altre piccole macchie bianche, rosse, nere... sono gli armenti de' buoi, vacche, cavalli, pecore che stanno pascolando. È un panorama da restarne incantato, specialmente per chi non è solito a vedere altro che questi deserti dell'est. Una sola stonatura vi ha in mezzo a tanta bellezza, e sono i varii templi delle sétte qui stabilite. Sono casoni massicci, freddi, di uno stile che vorrebbe essere gotico, senza alcun ornamento, isolati e chiusi tutta la settimana, che fanno un vero contrasto coll'amenità del paesaggio. Oh come l'abbellirebbe una bianca chiesuola, collo svelto campanile, e l'eco festivo delle campane risuonando sulle colline, nelle gole e per la vallata, chiamando l'uomo a visitare il Dio vivo e realmente tra di noi nell'augusto Sacramento dell'altare ! !...

Tornato all'albergo, stese alcune noterelle, preso un po' di ristoro e commiato dai miei cari con mutue promesse, feci ritorno alla cattolica Rawson.

Eccole, Rev.m° Sig. D. Rua, la mia relazione, e mi perdoni se ho passati i confini. Ci benedica tutti, ma specialmente l'umile ed affezionatissimo

Figlio suo in G. C. Sac. BFRNARDO VACCHINA.

NECROLOGIE

Il Conte Prospero Balbo.

Addì 3 marzo il Signore chiamava a sè quest'uomo venerando alle cinque del mattino quando il suono delle campane salutava la Vergine Maria. La sua morte edificante ed eco verace di una vita cristiana passata tutta nell'adempimento de' doveri di figlio, di padre e di cittadino, ha prodotto nella città di Torino un salutare effetto.

Era nato a Parigi nel 1824 dal conte Cesare Balbo e dalla signora contessa di Villeneuve. Tutti lamentarono la sua dipartita, e piansero e pregarono sul suo feretro ; ma più di tutti ha dovuto prendere parte al compianto universale la famiglia dei Salesiani, a cui il caro estinto da tanto tempo si gloriava di appartenere.

Era mirabile la tranquillità d'animo negli ultimi giorni della sua vita, e mentre i suoi figli e nipoti gli facevano mesta corona al letto, egli diceva: « A momenti sarò con Dio!. Vedrò Dio! Oh non piangete la mia grande fortuna ! »

Era stato soldato; aveva ottenuto in giovane età alti gradi nell'esercito, e nella battaglia di Novara meritata la medaglia d'oro al valor militare; e poi, per mantenere intatta la sua fede religiosa, si era ritirato a vita privata, servendo i poveri di Dio, come prima aveva servito il suo Re, cioè con affezione e sacrifizio. Ma fra tutti i poveri, dopo l'illustre del Vaticano, cioè il Papa, aveva scelto quelli de' nostri Oratorii, mettendo se stesso ed i suoi studii a disposizione di Don Bosco.

« Prima, ci diceva, intendeva fare dei soldati che avrebbero un dì portata la morte; ora, per miglior disposizione, lavoro per dare altri soldati alla Chiesa che daranno la vita e la pace ai popoli. » Con ciò voleva alludere alle lezioni che andava a fare alle Scuole Apostoliche, al Cottolengo ed al nostro Oratorio. Ma fra tutti i varii pregi di scienza e di zelo, con cui insegnava, era proprio esemplare per la sua puntualità. Battevano le ore, e la sua maschia figura si vedeva comparire alla porta dell'Oratorio, dopo d'essere stato a pregare alcun poco ai piedi della Madonna.

Riconoscente a D. Bosco, com'esso diceva, che lo toglieva dall'ozio e dalla noia, colla coscienza di essere fatto utile al suo prossimo, alla fine di ogni mese portava con piacere l'obolo della sua carità nelle mani del medesimo D. Bosco. « Ecco il mio salario, diceva, e grazie del favore ! »

Ma, questa occupazione non bastava ancora. Egli conosceva i poveri della sua parrocchia, e se era rigido con sè come un cenobita, sapeva essere generoso con essi. Inoltre in casa lavorava per loro, e non potendo più far altro, impiegava le lunghe ore a preparare zoccoli per l'inverno, con quella soddisfazione che prova un padre quando sa di occuparsi al bene dei figli.

Non fa quindi stupire se alla sua sepoltura, col fiore della nobiltà, con alla testa gli ufficiali d'ordinanza dei Reali Principi, i gentiluomini delle Case del Re, dei Duchi e delle Duchesse, molti veterani dell'esercito, i quali ultimi vollero attestare con la loro presenza la devozione al leale e valoroso cavaliere della patria, intervennero in abbondanza i poveri ad invocargli la pace del Signore. Ma da tutta quella folla, che riverente e commossa accompagnava alla chiesa di S. Filippo la salma benedetta, si sentiva una parola che commoveva il cuore e insieme lo consolava sollevandolo all'alto premio di Dio : « Era un santo, un vero santo ! »

Mentre invitiamo i nostri Cooperatori a pregare per l'anima di questo illustre Cooperatore, preghiamo Dio che conservi tra noi molti che gli abbiano da assomigliare nella santità della fede, nella fortezza delle sante speranze, e nello spirito di sacrifizio pel Signore.

Stampiamo volentieri questa poesia che riceviamo da un buon Cooperatore Salesiano

IL CONTE PROSPERO BALBO A' SUOI FIGLI.

Portai la spada, e nella verde etade

Un dì pugnai per l'itale contrade ; Ed ebbi dal mio re sulla battaglia

Vanto del prode l'aurea medaglia.

Ma chiamato a giurar se al mio sovrano

Più fedele od al ciel fosse la mano, Non esitai; riposi sospirando

Nella vagina immacolato il brando. Il mondo mi guardò con meraviglia ..

Ma che il Signor tenesse in in e le ciglia Conobbi nel poter tutti educare

I figli nell'amor casto dell'are. O Cesare, Leonzio con Enrico

Serbate il patto di famiglia antico I Poi la vita passai solo e negletto,

Tra la polve del secolo scorretto, Nell'amor di famiglia, e di quel Pio

Che tiene in Vatican luogo di Dio! Per dare al poverel caldo e ristoro,

Posi la mano in ruvido lavoro, E la pialla trattò lieta la mano

Che la spada portò pel mio sovrano. Ora il mio vel vestito in saio aspetta

Il giorno del Signor della vendetta ; Mentre lo spirto sciolto in paradiso

V'attende, o figli, giubilante in viso. V'amai! per Voi, pel Re, pel mio Signore

Mi furon sacre e benedette l'ore. Di me, di vostro padre, riparlate

Ai figli vostri di più fresca etate. Così vivo con voi spero e desio

Di riabbracciarvi un dì tutti con Dio.

Dallo Studio storico sull'artiglieria a cavallo del colonnello Volpini, testè pubblicato, riportiamo il seguente racconto

« Alla battaglia di Novara la batteria comandata dal capitano Prospero Balbo si trovò esposta ad un micidialissimo fuoco degli Austriaci, nel momento in cui più accanita ferveva la pugna. I cannonieri, che già tante prove di valore avevano date per lo innanzi, erano ora un po' impressionati dalle gravi perdite che erano toccate alla batteria. Il loro coraggio non scemava perciò, ma certamente era messo a ben dura prova. Il capitano Prospero Balbo, intrepido, dirigeva il fuoco. Ad un tratto, accortosi che alcuni cannonieri e lo stesso valorosissimo fratello suo Ferdinando piegavano il capo al fischio delle palle, per quel movimento istintivo, che soltanto una lunga abitudine può vincere, esclamò : - Cannonieri, chi v'insegna a piegare il capo sotto il fuoco degli Austriaci? Dieno il buon esempio gli ufficiali! - Ed il giovane luogotenente Ferdinando Balbo , mortificato dall' allusione fattagli dal fratello, come per meglio osservare dove vadano a cadere i proiettili dei suoi cannoni, s'avanza di qualche passo, esponendosi a fronte alta nel sito più battuto... Una palla lo colpisce nel petto e cade...

« Un'esitazione pericolosissima si manifestò tra i cannonieri; il momento è assai critico pel capitano che deve tenere alto il coraggio dei suoi soldati, mentre ha il cuore straziato dal dolore per la caduta del fratello. Ma in lui vince il dovere. Senza dar segno di commozione, con uno di quei supremi sforzi di volontà che onorano l'uomo, egli ordina a due serventi di trasportar via il loro ufficiale. Non si muove dal posto, non volge il capo, è sublime nel grande sacrifizio. Il forte esempio del suo valore vince il panico momentaneo dei cannonieri. A sera, quando tutto è finito, il capitano Balbo va in traccia del fratello, ne chiede ansiosamente a tutti notizie. E quando nella stessa casetta, in cui tra i feriti era il luogotenente Robilant, egli vede in un canto giacere il cadavere di Ferdinando, non più nasconde il suo grandissimo dolore. Anche oggi, dopo tanti anni, quando rammenta il tristissimo caso, gli luccicano gli occhi di pianto; ma sempre conclude il racconto col medesimo pensiero, in cui si compendiano tutte le virtù del. suo grande animo di soldato : « Dovevo dire ciò che dissi, se tornassi indietro, in quel momento d'angosciosa ansietà, pel contegno de' miei soldati in faccia alla morte, direi ancora lo stesso: Era il mio dovere! »

Il Can. Giacinto Carpano.

La famiglia salesiana non può dimenticare questo buon sacerdote che compagno e collaboratore con D. Bosco, fin dall'anno 1844, era testimonio oculare delle meraviglie che il Signore aveva operato in mezzo a noi nella formazione degli Oratorii. Giovinetto aveva sentito a dirsi dal ven. Cottolengo: Tu sarai sacerdote, e verrai a lavorare un poco anche in questa casa.

Il Can. Carpano fu il primo direttore dell'Oratorìo di S. Luigi a Porta Nuova, ed anch'egli dovette patire per amore di Dio in quei principii. Come si ricava dalla storia dei cinque lustri, egli fu salvo per miracolo, quando i malevoli scaricarono contro di lui l'arma da fuoco, mentre si stava per dare la benedizione col SS. Sacramento. Comodo di casa, ricco d'ingegno e forte di costituzione, tutto metteva a disposizione di Don Bosco, cui ubbidiva come a superiore ed ammirava come mandato da Dio.

Destinato all'uffizio di cappellano a San Pietro in vincoli in Torino, e non potendo più venire ai nostri Oratorìi, mentre andava a fare scuola al Cottolengo, non cessava di lavorare per la gioventù povera ed abbandonata. Anzi essendo stato condotto a visitare la Generala, ove son rinchiusi centinaia di poveri fanciulli già caduti nel vizio, egli preso da compassione per la loro sorte, aperse un asilo nella stessa sua casa per quelli che volessero cambiar vita. Fu così l'iniziatore dei Patronati per quegli infelici.

Egli fu direttore spirituale della Mendicità istruita, ed ogni volta che si ricorreva a lui per qualche uffizio del sacro ministero, non si rifiutava mai. Quindi faceva volentieri le missioni al popolo, predicava nelle quaresime e mesi di maggio ; e meritava speciali lodi ogni volta che qualche epidemia veniva a desolare la nostra città. Con una vita così operosa, non fa quindi stupire se gli amici, i parenti, e specialmente il curato di S. Gioachino vollero dargli un bell'attestato d'amore e riconoscenza al giorno 8 del mese di marzo coli una messa solenne celebrata dal Padre della Piccola Casa, Can. Mons. Roetti, e cantata dalla nostra scuola musicale.

Si volle l'orazione funebre, e fu recitata da uno dei nostri sacerdoti. Sia pace all'anima sua. Nacque a Torino nell'agosto del 1821, e morì al 26 gennaio dell'anno 1894.

GRAZIE DI MARIA SS. AUSILIATRICE

Maria fu la mia salute? - Signor Don Michele Rua. - Le scrivo questa lettera dal Chilì, mia patria. Passai quattordici anni nella Repubblica Argentina, ove in questi ultimi due anni fui colto da grave infermità allo stomaco, che mi faceva soffrire assai. Una notte, credendomi vicino a spirare, ricorsi alla nostra buona Madre Maria SS. Ausiliatrice, affinchè si degnasse ottenermi la guarigione, promettendole di spedire costà un'offerta per la celebrazione di una Messa in codesto Santuario a Lei dedicato. La Vergine SS. non fu sorda alle mie preghiere. Ottenni infatti l'implorata guarigione.

Riconoscente invio alla S. V. trenta pesos (eguale ora a circa L. 40) supplicandola di voler pubblicare questa mia, se crede conveniente il farlo.

Chillan, 29 Giugno 1893.

LuCAS BECERRA. Cooperatore Salesiano (1).

(1) Lucas Becerra è un nome già noto agli antichi lettori del Bollettino. Essi rammenteranno ancora come nel 1887, Monsignor Cagliero, viaggiando attraverso le Cordigliere diretto alla volta del Chilì, facesse una terribile caduta da cavallo sulle acute punte di roccia ond'era irto il sentiero ; caduta che mise in forse quella preziosa esistenza. È indescrivibile la desolazione di coloro che lo accompagnavano. A chi rivolgersi in quelle contrade deserte? Chi poteva assumere una cura tanto difficile? Fu il signor Lucas Becerra, medico del campo, che la Divina Provvidenza inviò al sofferente Prelato; fu questo signore che lo ospitò in sua casa e tanto seppe fare e le sue cure furono sì intelligenti, assidue, affettuose, che in breve tempo il caro infermo migliorò grandemente; e qualche mese dopo la fatale caduta poteva riprendere le fatiche dell'apostolica sua vita. Dopo Dio benedetto, dopo Maria Ausiliatrice, è dunque al signor Lucas Becerra che dobbiamo la conservazione d'una vita a noi si cara e sì utile alla Chiesa ed alla società.

Grazie a Maria! - Rev.mo Siq. D. Rua. - Il 12 dello scorso gennaio cadeva ammalata d'influenza, la nóstra cara figliuola, e quattro giorni dopo di lei venivamo pure colpiti dalla stessa infermità noi due sottoscritti suoi genitori. Ben presto il nostro stato si fe' grave, anzi quello del marito gravissimo, essendo la sua una polmonite doppia e trovandosi egli all'età di oltre 78 anni. Chiedemmo il nostro confessore il 25, e il giorno appresso ricevemmo il SS. Viatico, chè volevamo fare ciò che deve un cattolico e in tempo di conoscere quel che si fa.

Noi però ci eravamo raccomandati alle preghiere di cotesti suoi figli e speravamo sempre nella intercessione di Maria SS. Ausiliatrice. Non andammo delusi; al termine della novena che si faceva per noi in codesto Oratorio, cominciammo tanto rapidamente a migliorare, che non è possibile non iscorgere l' intervento misericordioso del Signore. Il marito va riacquistando ogni giorno le forze in modo prodigioso, e la consorte già si occupa come non fosse mai stata ammalata. Riconosciamo dunque averci Maria Ausiliatrice ottenuta la guarigione per le preghiere della S. V. Rev.ma e di tutti codesti suoi buoni figli, e ne rendiamo pubblica testimonianza. - Fu grazia puranche l'averci il Signore conservati sani e salvi i due nostri figli, ufficiali nell'esercito, in mezzo ai grandi pericoli dei tumulti della Sicilia; come pure l'averci in queste malattie dato tali amici quali le famiglie B** e F** ed una santa, e carissima Suora Domenicana, che unitamente alla nostra cara figlia e alla buona nostra domestica vegliava al nostro capezzale con perfetta carità.

Novara, 25 Febbraio 1894.

GEROLAMO E MARINA Rossi.

Rendono pure grazie infinite a Maria Ausiliatrice per favori ottenuti dalla sua potentissima intercessione i seguenti

Lorenzo Lusso per la miracolosa guarigione di suo figlio Pietro, Carmagnola - D. Francesco Rocchi, S. Bernardino di Novellara - D. Rosso, Arciprete, Sesto al Reghena (10) - Luigia Vigano, Monza - I. M. Ragusa Inferiore - Sac. Michelangelo Chiatellino, Carignano - Ch. A. E. Masucco, Alba-Eredi Zimara, Svazza (Svizzera) - Teresa della Croce, Tirano - Noli. Giuseppina Graziani, Da Rizio - Not. Girolamo Giusti, Tarzo - Un ammiratore dell'Istituto Salesiano - Giovanni Chiocca, Grenacuore - D. Marcello Cantù, Perana - Carlo Lomater, Villaregia - Giuseppina Dallegre, Arquata - Marietta D'Alberti, Stabio - D. Carlo Molle, Oneglia-Francesca l'olaoni Ved. Boralla, Scaldasole - G. Sibona pel Ch. Luigi Sibona, Torino - Luigi Biletta, Marisenflo-Antonio Cravotto, Barbania - N. D. I. e Maria Dedi Fiusani, Lodi - M. G. C. per la guarigione della loro manina, Prov. di Milano - Maria Zorzi. Trealo (Schio) - Teresa Bodoira, Torino - La Famiglia Gariglio - Giuseppe Zazzi Valmozzolu - D. Pietro Casagrande, Parroco, Mori, Valle Garduneo, (Tirolo) - Fiorentino Pruzzo, Vooeto di Ciocefcesehi - Maria Capusso, Castagnole Monferrato - Maddalena Canale, Caldogno - Giovanni Audisio, Carisio - -Alessandro Floretta, Cloz (Tirolo) - Celestina Isoardi e Marito, Savigliano - Eugenio Cappelletti, Cigole (Brescia) - M. P. e M. C. e famniglia, Fezzano - D. Raffaele Scudellari, Castel di loca - Maria Teresa Baratta, nata Federico, Marina Alì - Matilde Levra, Tintisi Canavese - D. Vivalda Rettore di S. Grato (Mondovì) - Bernardino Boetti, Villanova S. Grato (Mondovì) - Angiola Cappa, Cintona (Torino) - Adele Nicola, Baeehelli (Torino) - Marianna Porro - Agostino Mangiardi, Alpignano Luigia Grassi, Orhassano - Teresa Basso, Torino - Pasquale Icardi, Castigliole (Tinella) - Lorenzo Canta, S. Damiano d'Asti - Agostino Sola - Luigi Peirani, Grngliaseo - Domenica Casaris, Carmagnola - Antonia Basarati, Settiozo - Francesca Allara - Giuseppina Mandero, Montechiaro d'Asti - Pia porsona di Pezza d'Alba - Teresa Saracco, Vinovo - Francesco Milanesio - Rosa Bertolini, Torino - Maria Girando Torino - Carolina Perratone, Torino - Lucia Quaglia, Castagnole (Piemonte) - Lucia Alessio, Caramagna - D. Bernardini Parroco, Zeneredo (Tortora) - D. Placido Chiappone, - Francesco Davico di Gio. Bat., Settimo - Michele Mondino. Piossasco - Il Parroco di Romazzi, Genova - Enrica Palan, Genova - Catterina Chiosso, Pralormo - Giuseppe Fasano, Torino - Cristina Bagnasacco, Chi cesso - Anna Regis, Cigliano - Giovanni Costanzo, Bianzo - Maria Cerasa, Marello - Margherita Pomatto, Torino - Michele Giraudo, Bibiana (Torino).

VARIETÀ.

Conferenza Salesiana a Chioggia.

Alla serie delle Conferenze pubblicate nel numero di Marzo aggiungeremo pure un cenno della prima che tenne in Chioggia quel zelante Direttore D. Francesco Naccari. Ecco come ne scrive egli stesso al Rev.mo Sig. D. Rua:

Grazie a Dio il 1° marzo si fece anche qui per la prima volta la Conferenza Salesiana.

S'invitarono con avviso a stampa i Cooperatori e le Cooperatrici ed altre persone di sentimenti religiosi: il concorso non fu grande, però sufficiente. Intanto insieme all'avviso della Conferenza si mandò agli invitati una copia dell'Elenco del Comitato che cercai di formare, di cui ne spedisco una copia. Le persone furono approvate dai R.mi tre Parroci della Cattedrale e delle altre due Parrocchie della Città.

» L'ordine della Conferenza fu questo: Alla mattina alle ore 7, io celebrai la S. Messa in suffragio dei Cooperatori defunti all'altare, ove si venera l'immagine di S. Francesco di Sales, nella Chiesa dei RR. PP. Filippini, i quali ben volentieri accordarono il permesso. Alla Messa celebrata colla reliquia esposta e coll'altare alquanto parato a festa, vi fu una trentina di Comunioni. Alle ore 3 pom, esposta pur la reliquia, fatta lettura d'un Capitolo della Storia dell' Oratorio, io annunziai la mia nomina a Direttore Diocesano, spiegai brevemente l'origine della Pia Unione dei Cooperato i Salesiani, mie manifestai gli scopi che ebbe D. Bosco, ed accennai gli obblighi ed i vantaggi di quest'Associazione; e mentre lessi la bellissima sua lettera inserita nel Bollettino di gennaio; si fece la colletta e si dispensarono altre copie dell'Elenco del Comitato assieme ad altri foglietti ricevuti da cotesta Direzione. Infine Mons. Decano D. Nicolò Bonaldo, Vicario Generale di questa Diocesi, il quale onorò di sua presenza l'adunanza, la infervorò colla sua robusta parola ringraziando il Signore di aver dato ai grandi bisogni della gioventù un nuovo soccorso nella Società Salesiana, ed esortando quindi ognuno a volerla aiu tare quanto più si possa, ed a pregare istantemente Iddio, Maria SS. e tutti i nostri Santi Patroni, affinche possa anche Chioggia ottenere presto la grazia di avere un Istituto adatto alla necessaria cristiana educazione di tanti figli del popolo. »

L'incendio nella casa di D. Bosco in Sampierdarena

Abbiamo lo scorso mese accennato in nota ad un disastro avvenuto nella Casa Salesiana di Sampierdarena. Ecco come ce ne dava l' annuncio il benemerito Eco d'Italia

« Verso le 5 del mattino 23 febbraio densi nugoli di fumo davano l'all'arme nell'Ospizio Salesiano di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena. Il fuoco era scoppiato nella tipografia. Tutto il personale della casa si adoperò all'estinzione dell'incendio, mentre per telefono erano avvisati i pompieri.

» Il fuoco durò fino alle 7, distruggendo depositi di carta, attrezzi e guastando le macchine. I danni ascendono a parecchie migliaia di lire. L'Ospizio non è assicurato.

» È stata una vera fortuna che il fuoco siasi manifestato nella mattina con violenza, perche se fosse scoppiato nella notte il grandioso fabbricato avrebbe corso un gravissimo rischio.

» Quanto all'origine o causa del fuoco non si fanno che congetture. Pare però che si debba il fatto a un camino di stufa o d'altro che sia. Fu prodigio e una vera grazia se non vennero esplosioni di gaz, perchè si fusero i tubi per il grande calore.

» Fu assai lodato il contegno dei bravi figli di D. Bosco che si adoperarono con grandissima attività e molto coraggio ad apprestare i primi soccorsi per impedire la propagazione dell' incendio che poteva produrre danni grandissimi. E va poi grandemente segnalata l' opera energica e pronta delle brave guardie del fuoco di Sampierdarena.

» È una grave sciagura che colpisce questo Istituto tanto benemerito del popolo e della vera carità. Già ben sanno i nostri lettori come esso faccia completo assegnamento sulla carità dei buoni per fare la... carità. Ed ora a tutti i disimborsi, alle spese, ai debiti che già lo gravano, si aggiunge questo nuovo bisogno, questa impellente necessità !

» Procurino gli abbienti, i generosi, i caritatevoli di ricordarsene. Noi per conto nostro riceveremo ben volentieri le offerte. »

Ricordo ai decorati della Croce « Pro Ecclesia et Pontifice »

Pregati riportiamo il seguente annunzio tolto dal Numero del 27-28 Febbraio del valoroso giornale Milanese l'Osservatore Cattolico:

« Affinché rimanesse ai Decorati della Croce pro Ecclesia et Pontifice un perenne ricordo del loro Pellegrinaggio compiuto a Roma nella prima metà di Novembre u. s., e specialmente della splendida Udienza concessa loro dal S. Padre Leone XIII l'11 del suddetto mese, la Commissione ha voluto completare l'opera sua facendo pubblicare un Fascicolo di cento e più pagine, nel quale viene data minuta relazione di quanto si riferisce al suddetto Pellegrinaggio; vi si riporta in lingua italiana, francese e tedesca il magnifico discorso del Papa ripieno di sagge e robuste istruzioni ai decorati; si ripetono fedelmente i nomi dei singoli aderenti colle loro espressioni di fede e di amore al Vicario di Cristo quali si trovavano nel ricco Album; si dà nota di tutti i presenti all'Udienza Pontificia, si enumerano i Decorati defunti dal 1888 all'ottobre 1893; si parla del gruppo fotografico eseguito per la circostanza, e infine si fa cenno di una Proposta destinata ad eccitare i decorati, affinché concorrano con generosa offerta onde porre un segno perpetuo di amore e venerazione presso la tomba dell'immortale Pontelice Pio IX.

» L'elegante fascicolo, in-8° grande, già tanto gradito dal Santo Padre, sarà spedito innanzi tutto ai quattrocento decorati che hanno aderito colle loro offerte per la Croce d'oro gemmata già presentata al Santo Padre; ma insieme sarà inviato a tutti quei decorati, i quali non avendo aderito per la croce d'oro, invieranno un'offerta non minore di lire 2 per il ricordo alla tomba di Pio IX.

La Commissione nutre viva fiducia che i decorati tutti vorranno corrispondere con prontezza e generosità all'invito, sicuri che mentre renderanno onore alla venerata memoria di Pio IX recheranno sentito conforto all'animo del Santo Padre Leone XIII g. r.

» Le richieste per la grande fotografia (centimetri 6550) della quale fanno parte Gendarmi e Guardie Svizzere in grande uniforme, nonché l'offerta per il ricordo alla tomba di Pio IX sieno spedite sollecitamente al cassiere della Commissione signor Gerolamo Magni, via Santa Maria Fulcorina, num. 4, Milano, il quale si incaricherà della pronta e sicura spedizione di tutto.

LA COMMISSIONE per la Croce d'oro gemmata « Pro Ecclesia et Pontifice »

Cooperatori defunti nel Febbraio e Marzo del 1894.

1. Acerbis Martino - Cornale (Bergamo).

2. Aguggia Cav. D. Gio. Battista - Mosso S. Maria (Novara).

3. Aymo Cav. Luigi - Mondovì-Breo (Cuneo).

4. Albani D. Giuseppe - Castel S. Elia (Roma).

5. Allono D. Domenico prevosto - Fornolosa (Torino).

6. Ariozzi D. Gio. priore -- Macerata. 7. Asinari Paola nata Moris - Torino.

8. Assarotti Catterina - Genova.

b. Bagliano Giovanni - Grana (Alessandria).

10. Barbia Don Felice - Carmagnola (Torino).

11. Bellingeri Geltrude religiosa - Fossano (Cuneo).

12. Benettini Don Enrico parroco - Bollano (Genova).

13. Beni D. Gaspare rettore - Cascia (Firenze).

14. Bergo Filippo D. Mazzorno (Rovigo).

15. Bertinelii P. Lorenzo Camaldolese Roma.

16. Bevilacqua Baldassarre ufficiale in ritiro - Bollano (Genova).

17. Bezzi D. Pellegrino rettore - Crovara (Reggio Emilia).

18. Blangino Margherita - Torino. 19. Bonavia Giuseppe - Genala (Torino).

20. Bonora Catterina - Finalmarina (Genova).

21. Boscredon Mons. Teodoro - Roma. 22. Botta D. Andrea - Lenovagienna (Cuneo).

23. Botta Elisabetta - Sassello (Genova)

24. Brunati Don Giuseppe - Torino (Tirolo).

25. Bronchi D. Giovanni - Agnellengo (Novara).

26. Bruni Maria Teresa religiosa - Sarnauo (Macerata).

27. Bruno Mons. Luigi Vescovo-Ruvo - di Puglia (Bari).

28. Buggiani Antonio Maestro Elem. - Burgianico (Firenze).

29. Buratti Don Pietro - Trevi (Perugia).

30. Cacherano Conti Roberto - Torino. 31. Calò Antonia - Bitonto (Bari). 32. Camburzano Cattorina - Chivasso (Torino).

33. Camosci Don Eliseo - Villarocca (Cremona).

34. Camusso Teresa nata Bianchi - Cumiana (Torino).

35. Candia D. Carlo - Genova.

36. Causa D. Carlo - Porana (Alessandria).

37. Cardinali D. Lugi - Cossano (Piacenza),

38. Cassavi Don Domenico - Prato (Bologna).

39. Cavagroli Edvige - Fubine (Alessandria).

40. Celebrini Cav. Filippo - S. -Martino Metta (Cuneo).

41. Chicco Cav. Filippo - Torino. 42. Chionio D. Tito - Torino.

43. Ciccolini Ben Ubaldo Canonico - Urbino.

44. Clara Felicina - Chivasso (Torino). 45. Conti D. Pietro - Grosso (Arezzo!. 40. Cordeschi D. Nazzareno - Acquapendente (Roma).

47. Cortese D. Valente Capp. - Pozzoleone (Vicenza).

48. Corti Amalia vedova Torti - Voghera (Pavia).

49. Cresti Matilde religiosa - Firenze. 50. Crosta Fortunata religiosa - Sesto Calende (Milano).

51. Cuneo Maria vedova Vivaldi - Genova.

5_. Dallavecchia D. Ulrico Cappellano - S Orso (Vicenza).

53. Dall'Ongaro Don Antonio S. Cauziano - Venezia.

54. Dalvini D. Giov. Vincenzo - Cuneglia (Helvetia).

53. Danieli D. Gaetano - S. Germane (Vicenza).

56. Delconte Giov. - Rosasco (Pavia). 57. Depaoli Carlotta - Caldana (Austria).

S0. Dhmell Conte - Cherasco (Cuneo). 59. Dona Don Felice - Noventa (Vicenza).

60. Durando Barbara - Farigliano (Cuneo).

61. Duri Angiolina - Novara.

62. Fain Don Antonio - Villese (Austria).

63. Falconi ContessaPaola - Piacenza. 64. Fantoni Assunta - Alassio (Genova).

65. Faraggiona Chiara - Vernazza (Genova).

66. Farina Enrico - Pieve di Coriano (Mantova).

67. Fasoli D. Luigi - Asiago (Conio). 68. Ferravi Barbara Cont. Alessandrina - Verona.

69. Ferrentini D. Luigi - S. Giacomo a Po (Torino).

70. Terrori Giacomo - Pradleves (Cuneo).

71. Ferrero Francesca Vedova - Monbercelli (Alessandria).

72. Filippa Giuseppa - Torino. 73. Flei-cher Giuseppe - Trieste.

74. Forassi D. Andrea parroco - Vai di Chio (Arezzo).

75. Foschini Don Pasquale parroco - Riolo (Ravenna).

76. Frogonara Don Andrea - Varallo (Novara).

77. Galante D. Gio. Arciprete - Travesio (Udine).

78. Gariazzo D. Francesco - Canton di Vigellio (Novara). 79. Garperone N. - Torino.

80. Gaterer Don Agostino - Vezzano (Tirolo).

81 . Gatto Giovanni fu Pancrazio - Mombercelli (Alessandria).

82. Giunoni Giuseppe - Bollano (Genova).

83. Giantini D Gaetano - Val di Pii. biaiia (Firenze).

84. Grandis Angela - Torino.

85. Gratterola Maria - Stella S. Martino (Genova).

86. Graziani Don Domenico rettore - Casola (Parma).

87. Grillo Maria moglie 13osio - Belforte Monf. (Alessandria).

88. Guastavigna Rosa - Croce Bianca (Genova).

89. Guidetti D. Giovanni - Vercelli (.Novara).

90. Guidotti D. Lorenzo - Cadarafaglio (Novara).

91. Imperatori D. Leopoldo - Novara. 92. Longo Cav. Giovanni Canonico -Asti (Alessandria).

93. Macchiarlotti D. Giovanni - Bruno (Torino).

94. Manara March. Ottavia Melilupi Soragna (Parma).

95. Marenco Elena ved. Battaglia - Acqui (Alessandria).

96. Maronco Lucia - Castiglion Tinella (Cuneo).

97. Marchi Mose. Pietro Vescovo - Anagni (Roma).

98. :lari Don Luigi - Rimini (Forlì). 99. Marino Giuseppina - Catania. 7.00. Marniroli Ch. Eugenio. - Reggio Emilia.

101. Marino D. Giuseppe - Milano. 102. Martin v Bien P. Antonio - Roma. 103. Masera Giuseppe - Torino.

104. Mattono D. Giuseppe - Miroglio (Cuneo).

105. Mattordes Giacomo - Castello (Austria).

106. Mazali Rosa - Paullo Frignano (Modena).

307. Mazucco Camilla - Torino.

108. Muzio D. Giov. Battista - Varzi (Pavia).

109. Menegatti. Lucia - [Piazzola sul Brenta (Padova).

110. Mentono Giuseppe - Lonigo (Vicenza).

111. Minello D. Vincenzo - Torino. 112. Montarolo Domenico - Trino (Novara). Monticelli Angela - Poutedecimo (Genova).

114. Morendo Teresa vedova - Castiglion Tinella (Cuneo).

115. Morcaldi D. Michele - Badia di Cova (Salerno).

116. Morini Carolina ved. ltamellini - Oleggio ( Novara).

117. Mozzetti Teresa vedova Marton - S. Maria l'eletto (Cuneo).

118. Nani D. Leonida - Soave ( Verona). 119. Negri Don Giuseppe Arciprete - Sidolo (Piacenza).

120. Negro D. Giuseppe - Villafranca d'Asti (Alessandria).

121. P. Samuele da Vigono - Grono (Svizzera).

122. Pausa Teresa vedova Griseri - Cuneo.

123. Papi D. Quirino - Sarnano (Macerata).

124. Parnisetti D. Giov. Capi). Vescovile -- Bobbio (Pavia).

125 Pasquali Carolina - Sarnano (Macerata).

126. Penna Clara - Capelli (Alessandria).

127. Pezzorassi Domenico - Bagolino (Brescia).

128. Piancastelli Luigia in Conti - Brisighella (Ravenna).

129. Pollini D. Luigi - Tortomi (Alessandria).

130. Ratti Giuseppina - Alpiguano (Torino).

131. Ratti Margherita - Alpignano (Torino).

122. Rebaudengo Emilia - Denevagionna (Cuneo),

133. Reyneri Cattorina ved. Lombardi - Torino.

134. Romagna Don Carlo Andrea - Vanda di Front (Cuneo).

135. Ricci Barone Feliciano -- Torino. 136. Riva D. Mattia Arcipr. -- Istrana (Treviso).

137. Reggere Paolo - Ovada (Alessandria).

138. Romani Don Giuseppe - Reggio Emilia.

139. Rossi Maria vedova - Scansano, (Grosseto).

140. Sacco Elisabetta - Racconigi (Cuneo).

141. Santini D. Angiolo - Mozzi (Firenze).

142. Sartore Avv. Valentino- Genova. 143. Scalini Ant. - Bagolino (Brescia). 144. Sciaccaluga Francesco - Genova. -145. Serafini Cardinale Luigi - Roma146. Serri D. Giuseppe - Gesturi (Cagliari).

147. Sobri nata Bianchini - Ventimiglia (Porto Maurizio).

148. Solinas Antonia - Sassari.

149. Sorlini Rachele - Angolo (Brescia). 150. Suor Maria Enrichetta - Torino. 151. Suzzi D. Ippolito - Rovigo. 152. Tannui D. Francesco - Piacenza, 153. Tandura Don Giulio - Fregona (Treviso).

154. Taricchi D. Giovanni - Cherasco (Cuneo).

155. Tavalla Domenico - Maiorato (Catanzaro).

156. Tellici Marianna - Perrero (Cuneo).

157. Torna Catterina - Varallo Sosia (Novara).

158. Trinchieri Cav. Siro - Tortone (Alessandria).

159. Troni-Cattani Marchesa Luigia - Brisighella (Ravenna).

160. Vaccarino Ing. Enrico - Torino. 161. Valdettaro Marchese Luigi - Genova).

162. Vescovi Don Salvatore - Alessandria.

163. Vezzo D. Domenico - Rota (Verona).

164. Vigneti Elia- Avigliana (Torino). 165. Vignono D. Giovanni - Chivasso (Torino).

166. Viora D. Gaetano prevosto - Verolengo (Torno).

167. Visco Catterina - Canale (Cuneo). 168. Zaccheo Antonietta - Milano. 169. Zappalo Don Raffaele parroco - Aiello (Salerno).

170. Zappia D. Gioachino - Basiliana (Catania).