BS 1890s|1890|Bollettino Salesiano Aprile 1890

ANO XIV - N. 4.   Esce una volta al mese.   APRILE 1890

BOLLETTINO SALESIANO

Sommario - Avviso ai Cooperatori e Cooperatrici Salesiani. - Don Rua in Francia. -La luce nelle tenebre, ossia l'Enciclica Sapientiae Christianae di Papa Leone XIII (seguito). - Onoranze a Don Bosco. - Notizie de' nostri Missionari. - Un grazioso invito. - Conferenze in onore di S. Francesco di Sales. - Bibliografia. - Cooperatori defunti.

AVVISO Ai Cooperatori e Cooperatrici Salesiani.

Cadendo quest'anno nel giorno 24 maggio la vigilia della festa di Pentecoste, e non permettendo il rito la Messa e i vespri in onore di Maria SS. Ausiliatrice, abbiamo fissata questa solennità pel 3 di giugno. Perciò il mese che precede la festa incomincierà il 2 di maggio. Nel prossimo Bollettino pubblicheremo l' orario di tutte queste funzioni. Intanto prepariamoci ad onorare Maria sotto il suo titolo di Ausiliatrice, che per noi deve essere caparra di ogni benedizione. Per tante disgrazie che avvengono nella società pur troppo molti soffrono un doloroso presente e tutti intravedono un pauroso avvenire. Ricorriamo adunque a Maria colla fiducia di amantissimi figliuoli, ricopiando in noi colla purezza della vita l'immagine del suo Divin Figliuolo. Essa è e sarà sempre l'aiuto nostro.

DON RUA IN FRANCIA.

Nei due mesi or ora scorsi di febbraio e marzo D. Rua trovavasi in Francia. Era la prima visita che egli faceva a quelle nostre Case ed a quei nostri Cooperatori come Rettor Maggiore. La fede, la venerazione, l' amore e l' entusiasmo onde fu accolto ci ricorda quei tempi, in cui D. Bosco di v. m. passava di trionfo in trionfo fra mezzo alla cattolica Francia. Ne sia ringraziato il Signore. Questo ci fa sperare copiosi frutti spirituali e temporali per la nostra Pia Società.

Mentre raccomandiamo alle preci dei nostri Cooperatori d'Italia il felice esito di questa visita che D. Rua continuerà nella Spagna, nell'Inghilterra e nel Belgio, visita di somma importanza per il buon andamento delle nostre Case, crediamo di far loro piacere dando alcune notizie ricavate dal Bollettino Francese.

Patronato di S. Pietro a Nizza Mare.

DON RUA A NIZZA. - 8 febbraio 1890 - Il giorno 8 febbraio, alle 9 di sera, D. Rua, accompagnato da D. Cartier, che era andato ad incontrarlo a Ventimiglia, faceva il suo ingresso nel cortile del Patronato di S. Pietro di Nizza. La casa era tutta imbandierata ed illuminata di mille faci per l'occasione.

La giovine musica salutò l' amatissimo nostro Superiore Generale, ed i fanciulli al grido unanime di « Viva Don Rua » si precipitarono verso di lui attestandogli la loro affezione e il loro rispetto. E così circondato da questi gruppi compatti, si portò nel parlatorio addobbato per il suo ricevimento.

Uno dei nostri confratelli allora lesse alcune parole di benvenuto, dettate da D. Cartier in questa circostanza. Eccole

« Gavisi sunt discipuli, viso Domino. »

« Dopo la morte del Salvatore, gli Apostoli ed i discepoli turbati fin in fondo all'animo d'un avvenimento che atterrava tutte le loro speranze, incominciarono a dubitare della divinità del Salvatore. - Essi erano ancora infermi e deboli nella lor fede.

« Ma qual non fu la loro gioia allorchè videro Gesù risuscitato ! Gavisi sani discipuli, viso Domino.

« Amatissimo Padre, figliuoli e discepoli di Don Bosco, noi ci siamo profondamente turbati alla morte del nostro venerato Padre; la nostra anima, come quella degli Apostoli e dei discepoli, fu straziata dal dolore, e obliando un momento tutte le meraviglie di cui fummo testimoni, abbiamo sentito una pena indicibile ed lui grande timore, pensando a tutto quello che perdevamo.

« Oggi ella viene a noi, o amatissimo Padre, e ritrovando in lei l'anima, lo spirito ed il cuore di colui che noi abbiamo perduto, o piuttosto ritrovandolo in lei tutto intiero, i nostri occhi s'aprono alla luce, e noi sentiamo in noi medesimi che il nostro Padre, il nostro Maestro non è morto, mentre la nostra voce ripete : « Non arde forse il nostro cuore d'amore quando l'eco della sua voce risuona alle nostre orecchie? »

« Il perchè la nostra gioia è grande in questo giorno benedetto; ella la vede splendere sulle nostre fronti come brilla nelle anime nostre ; ed attestandole la nostra affezione, noi siamo felici di dar a D. Bosco una nuova prova d'amore e di obbedienza. E non ci ha forse egli detto in quel testamento, dove ha espresso i suoi ultimi desiderii, di amare lei come abbiamo amato lui stesso, di obbedirla come noi abbiamo obbedito alla sua volontà ?

« Pertanto eccoci tutti stretti intorno a lei.

« Ecco confratelli animati delle più belle disposizioni, che meco condividono largamente e con affettuoso sacrifizio le mie cure, le mie fatiche. Ecco dei fanciulli, suoi fanciulli, che la amano, perchè ella, pel primo li ha amati piena di santo desiderio di salvare le loro anime.

« Ella viene, o amatissino Padre, ad incoraggiarci, a dirigerci, a dare a tutti gli avvisi ed i consigli che ha appreso dal cuore di D. Bosco ed ai piedi di Maria Ausiliatrice.

« Allorchè trattasi di condurre in battaglia truppe di fresco raggranellate, egli è cosa saggia inviar loro insieme qualche veterano che abbia di spesso veduto il fuoco. - Egli mostra a tutti le medaglie prese sul campo d'onore, ricorda le campagne cui ha preso parte. - Egli insegna a tutti come convenga azzuffarsi per trionfare nella lotta, per assicurarsi la vittoria, malgrado le forze e le insidie del nemico ; qual ordine, qual disciplina. qual metodo si debba osservare, in quali pratiche ed in quai sentimenti appoggiar le forze e lo slancio necessario per ben meritare della patria e del Principe.

« Così ella, amatissimo Padre, che ha preso parte a tante lotte e a tanti combattimenti, ci insegnerà come noi dobbiam combattere contro il nemico della salute, come possiamo pararci dai suoi colpi e conquistare al Signore un gran numero di anime, preziosa messe irrigata e riscattata col suo sangue.

« Oh ! quanto noi abbiamo bisogno dei suoi consigli! Quanto ancor abbiamo a fare per seguirla ed imitarla! noi siamo deboli, senza esperienza, ma abbiano buona volontà. Noi la amiamo e dietro la sua guida speriamo colla grazia di Dio di meritarci un giorno la palma del vincitore.

« Ci aiuti, o amatissimo Padre; il giorno s'avvicina al tramonto e noi abbiamo fatto ancor niente. Perciò ripetiamo tutti dal fondo del cuore: Domine, mane nobiscum, quoniam advesperascit. »

Siamo dispiacenti di non poter dare per intiero la bella risposta di D. Rua. Ecco un breve riassunto.

- Il nostro amatissimo Rettor Generale comincia col dichiarare quanto abbia caro che gli venga ricordato Don Bosco. Questo ricordo, mentre fa rivivere profondi dolori, è ben acconcio a ricordare tutto ciò che il nostro venerato Padre ha fatto e tutto ciò che noi dobbiamo fare. Frattanto D. Bosco è in cielo : e noi abbiamo già molte volta esperimentato il suo benefico appoggio. Egli vi ha raccomandato di amarmi come avete amato lui, e di obbedirmi come avete a lui obbedito. Ottemperando alle sue raccomandazioni voi renderete soave e facile il compito mio, che consiste soprattutto, voi lo sapete, nel fare dell bene alle anime.

Voi mi avete detto : Domine, mane nobiscum, quoniam advesperascit; « Rimanete con noi, Signore, perchè è già tardi. » Ebbene, miei cari fanciulli, D. Bosco amava di fermarsi a Nizza, ed io non ho altro desiderio che di fare come faceva D. Bosco. Dimorerò a dunque con voi più settimane (vivi applausi), e come non essere commosso della vostra splendida accoglienza? voi mi avete ricevuto come un Re. -

Dopo queste parole ed una nuova suonatina che guadagnò ai musici i cordiali ringraziamenti del nostro Rettor Maggiore, questi andò a prendere un po' di celia col Direttore D. Cartier. Erano passate le 10 di sera.

Domenica 9 Febbraio.

Il 9 febbraio al Patronato di S. Pietro si celebrò la festa del nostro glorioso Patrono S. Francesco di Sales. La modesta cappella era addobbata a festa.

Nel mattino D. Rua è occupato ad ascoltare numerose confessioni. Egli non lascia il confessìonale che per celebrare alle 7 1/2 la Messa della Comunità. Il suo cuore paterno è pieno di gioia vedendo il gran numero di fanciulli che s' accostano al banchetto eucaristico. Alle ore 10 Messa solenne con canto e musica.

A mezzogiorno, pranzo, al quale prese parte un certo numero di invìtati, tra cui il Rev. P. Anton-Maria, valente e pio cappuccino, la cui parola, come quella di San Paolo, in ostensione spiritus et virtutis è di tanto vantaggio alle anime, e il sig. Levrot, Presìdente del Comitato protettore dei nostri laboratori, ecc.

Infine, alle 3 pom., vespri a Notre Dame, poi sermone di carità pronunziato da D. Rua in presenza di S. E. il Vescovo di Nizza. Ecco il breve riassunto che ne fa la Semaine Religieuse di Nizza

« Il venerando successore di D. Bosco, il cui aspetto impone stima e rispetto, sul principio del suo discorso ringraziò vivamente tutti coloro che s'interessano delle sue Opere, accorsi così numerosi per ascoltare la sua parola. Queste Opere per le quali egli chiede la loro generosa cooperazione, la loro ardente simpatia, il loro sollecito concorso, comprendono tre sorta di stabilimenti : i Patronati della Domenica od Oratori festivi, gli Ospizi e i Collegi di educazione, e infine le missioni estere.

« Avendo spiegata la natura di queste tre sorta di fondazioni, l'oratore narrò quanti sacrifizi esigono il loro sostenimento e sviluppo. Ora questi sacrifizi, così fecondi di magnifici risultati, che è che li rende possibili, se non la carità dei Cooperatori e delle Cooperatrici: carità che fino al giorno d'oggi si mostrò sempre generosa nei suoi doni, indefettibile nella sua costanza, carità la cui effusione non ha migliore sorgente in tutta la contrada che il recinto di Notre-Dame di Nizza

« D. Rua disse in seguito, che in conformità di un voto emesso dal suo venerabile predecessore, e confermato dal S. Padre Leone XIII, la Congregazione Salesiana aveva impiegato questi ultimi anni a raccogliersi e a rinforzare le proprie file. Egli non aveva accolto nessuna domanda di nuove fondazioni, preferendo consolidare quelle già esistenti ; ma soggiunse che il momento è venuto di uscire da questa prudente determinazione, di accettare nuovi campi da lavorare, d' aprire nuovi orizzonti all'attività dei suoi religiosi. »

Lunedì 10 Febbraio.

Lunedì ebbe luogo, sotto la presidenza di D. Rua, la riunione dei membri del Comitato protettore dei laboratori del Patronato, come pure la riunione delle Dame protettrici dell' Opera.

Quasi tutti i membri dei due Comitati si arresero all'invito; così il salone fu insufficiente per contenere i numerosi accorsi, ed una parte di costoro dovettero rimanere in una sala attigua.

Dopo la preghiera, D. Rua prese la parola. Ecco in compendio la sua allocuzione

« Cari Cooperatori e Buone Cooperatrici,

« Già più volte, in occasione delle feste di Natale e del primo giorno dell'anno, ebbi occasione di indirizzarvi per lettera i miei ringraziamenti pel vostro zelo e per la vostra carità verso il patronato di S. Pietro di Nizza. Io so tutto ciò che il Comitato protettore ha già fatto per questa Opera, tutto l' appoggio che a lui presta ogni giorno. Non ignoro punto le pratiche sì generose che furon fatte per costituire in maniera permanente il Comitato delle Dame protettrici e assicurare la regolarità delle loro riunioni periodiche.

« Oggi finalmente mi è concesso di ringraziarvi a viva voce. D. Bosco amava di venire a Nizza e di soggiornarvi. In nessuna parte della Francia e fuori di essa Don Bosco si fermò così lungamente come a Nizza. Questa Casa, la prima da lui aperta sul territorio francese, a lui fu sempre particolarmente cara.

« Io intendo di imitare D. Bosco in tutto e per tutto, per quanto mi è possibile ; e mi sta a cuore di stringere vieppiù il vincolo che univa D. Bosco alla città di Nizza, culla delle sue opere fuori della penisola italica.

« Il vostro Convitato già ha fatto molto bene co' suoi consigli, col suo zelo nella ricerca dei lavori pei nostri laboratori, e infine pei suoi savi avvisi in tutte le questioni delicate e difficili.

« Io sono adunque felice, di rinnovarvi qui tutti i miei ringraziamenti e di pregarvi con istanza a voler continuare le vostre opere di beneficenza. Il Direttore del Patronato di S. Pietro e i suoi coadiutori impiegheranno certamente tutti i loro sforzi per far prosperare le opere intraprese ; ma senza di voi essi possono far nulla.

« Noi possiam dire che il Patronato di S. Pietro fa un gran bene. Tra personale ed allievi comprende più di duecento persone.

« I nostri ragazzi, come voi ben sapete, si dividono in due sezioni : gli artigiani, che imparano nei nostri laboratori a campare onestamente la vita, ed a conservare intatti i principii di morale e di religione che formano la loro forza, la loro consolazione e la loro felicità.

« Gli Studenti. In quanto a questi, D. Bosco aveva soprattutto per fine di coltivare le vocazioni ecclesiastiche, e noi speriamo che sorgeranno numerosi manipoli, i quali andranno dappertutto a sviluppare e ad accrescere le opere di D. Bosco.

« Ma insieme a questo patronato interno noi dobbiamo occuparci di tutti quei poveri ragazzi, che passano la maggior parte della vita per le strade e sulle piazze, triste luogo dove disgraziatamente sviluppansi e con grande vigore tutti i malvagi istinti della nostra corrotta natura.

« Per completare l'opera di D. Bosco sarebbe necessario il Patronato esterno. Questo esiste già per le ragazze. Le Suore di Maria Ausiliatrice le radunano la Domenica e il giovedì. Ieri 150 eran venute a prender parte agli esercizi religiosi ed ai giuochi per loro apprestati.

« Noi vorremmo un Oratorio esterno per i giovani. Voi avete già fatto molto, miei Signori, per la gioventù. Il Circolo Cattolico è un vero Patronato, ed io son certo che, D. Bosco dal Cielo si compiace di tutto il bene che voi fate ai giovami onerai. Ma quanti ragazzi hanno ancor bisogno di esser soccorsi ! Sembra che noi dovremmo cercare sovra la riva sinistra del Paillon, tra la parrocchia di S. Rocco del porto e di S. Agostino, un locale adattato alla fondazione di un patronato esterno.

« lo vi sarei ben riconoscente, miei Signori, se ci aiuterete in queste ricerche.

« Non voglio terminare senza porgere alle Dame protettrici nuove preghiere, acciocchè per un' organizzazione definitiva, esse abbiano una buona parte dei favori e dei meriti spirituali annessi al compimento delle opere Salesiane. Io loro ricordo eziandio che tutte possono aiutarci sia dando esse stesse lavori ai nostri laboratori, sia impegnando altre persone a darcene.

« Ritornando indietro noi vediamo che l'anno 1876 fu fecondo per le opere di D. Bosco. Voi rammentate che esse presero in quell' anno una meravigliosa estensione. La prima partenza dei Missionari Salesiani sotto la guida di Monsig. Cagliero ebbe luogo circa quest' epoca. D. Bosco fonda le Case di Bordighera e di Lucca, quindi viene a Nizza, e il Patronato di S. Pietro cominciò, come la casa di Torino, con un Oratorio esterno. Lavoriamo con coraggio, e stiamo sicuri che D. Bosco professerà una riconoscenza patente verso i benefattori dei suoi ragazzi.

Permettetemi di parlare ancora di una grazia singolarissima fra molte altre che mostra ad evidenza il credito del nostro santo Fondatore.

Accadeva a Torino in sullo scorcio del febbrajo 1889. Una pia e caritatevole signora di Torino, la quale spesse volte aveva dato prove di sua generosità verso i giovanetti di D. Bosco, era così gravemente inferma per un cancro, che da cinque anni non era più uscita di sua casa, e da quattro non aveva varcata la soglia di sua camera.

« Una prima novena fatta in onore della B. Margherita Maria, di S. Francesco di Sales e di S. Giuseppe non aveva ottenuto alcun miglioramento. Il male si aggravava in maniera spaventosa.

« Un pio ecclesiastico fece osservare alla famiglia che non si era presa la miglior via. Un miracolo non poteva essere ottenuto che in vista di glorificare il Signore in qualcheduno de' suoi Santi. Per ciò ottenere conveniva ricorrere all' intercessione di un solo, e si decise di fare una novena a D. Bosco.

« L'inferma accolse questo progetto con gioia e con fede. Ed esclamò : - D. Bosco, voi sapete che allorquando io era di buona sanità ho fatto quanto ho potuto per aiutare le opere vostre: or dunque aiutate me, e se piace al buon Dio, ottenetemi la guarigione.

« Si incominciò la novena a D. Bosco il giorno 31 gennaio, anniversario della sua morte.

« Dopo il secondo giorno si vide un notevole miglioramento. La povera inferma, che poteva appena sopportare qualche po' di brodo, domandò di mangiare e mangiò davvero alimenti sostanziosi, con grande stupore di quelli che la circondavano. Il medico constatò con meraviglia il cangiamento sopravvenuto nello stato dell'ammalata. Finalmente l' ultimo giorno della novena chiese di alzarsi da letto. Grande fu l' imbarazzo del marito. Questi, persuaso come lo erano tutti gli altri e come lo era lo stesso medico, che la sua moglie non si sarebbe giammai alzata, aveva distribuite le sue vestimenta ad alcune povere famiglie. A gran stento potè ottenere ch' ella aspettasse l'indomani per alzarsi, e nel frattempo le procurò i vestiti necessarii.

« L'indomani, un venerdì, con grande sorpresa dei vicini, l' inferma andò a ringraziare Dio e Don Bosco nella nostra Chiesa di S. Giovanni Evangelista. Il sabato ella si recò a Valsalice a visitare la tomba di D. Bosco. La domenica venne a fare i suoi ringraziamenti ai piedi di Maria Ausiliatrice nella Chiesa dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Finalmente il lunedì si mise in viaggio per recare in persona la buona novella alla sua famiglia. La guarigione era completa.

Quanta riconoscenza non dobbiam noi professare al Signore che sembra compiacersi di essere glorificato nel suo umile servo ! »

Allora il Presidente del Comitato, sig. Levrot, prese a dire che il Comitato avrebbe fatto sempre quanto era in suo potere per venire in aiuto dell' Opera del Patronato e di tutte le Opere Salesiane. Quindi col seguente fatto mostrò esservi una quantità di mezzi per procurare l' utilità del Patronato.

« Un membro del Comitato andò a chiedere al Direttore del Gaz di Nizza una riduzione sul prezzo del gaz necessario al Patronato di S. Pietro. In sulle prime la risposta non fu punto soddisfacente. Il Direttore riconobbe bensì tutti i servigi resi dal Patronato di S. Pietro ; ma l' Amministrazione non poteva accondiscendere a questa riduzione, perché un precedente di questa natura avrebbe fatto necessariamente sporgere domande analoghe da tutti gli stabilimenti di beneficenza, ospizi, asili, etc.... Il membro del Comitato non si scoraggiò, ed ottenne la promessa : 1° Che il Patronato di S. Pietro sarebbe inscritto per una somma all'incirca eguale a quella della riduzione domandata nella ripartizione delle somme che l' Amministrazione mette ogni anno a disposizione delle opere di beneficenza. 2° Che l' Amministrazione darebbe ad imprimere nei nostri laboratori i suoi stampati ; ed ecco come senza aprire la propria borsa si può essere utile al nostro caro Patronato. »

Uno degli astanti chiese allora che il sig. Levrot volesse trasmettere i ringraziamenti di tutti al collega che seppe ottenere un così gran favore per il Patronato di S. Pietro.

« Poichè si parla di ringraziamenti, ripigliò il sig. Levrot, io domando il permesso di ringraziare D. Rua della visita fattaci. Il Reverendo Padre ci ha detto di voler imitare D. Bosco. Don Bosco passava un mese a Nizza. Noi domandiamo che D. Rua s'impegni a restare un mese con noi. »

Al Circolo Cattolico.

La stessa sera il Presidente e i membri del Circolo Cattolico avevano con piacere ottenuto di ricevere D. Rua. Ci sia permesso di riferire la parlata del signor Beaulieu, avvocato, presidente del Circolo; e le impressioni, che il Rev. P. Anton-Maria ebbe la compiacenza di comunicarci, finiranno di. completare la descrizione commovente del ricevimento di D. Rua a Nizza.

Reverendo Padre,

« Signori,

« La festa di questo giorno lascerà nei nostri cuori incancellabili ricordi. Essa ne sveglia dei ben soavi e dei ben amari nello stesso tempo, che io non posso passare sotto silenzio.

« Or sono quattro anni D. Bosco era qui in questa stessa sala. Noi facevamo pressa, attorno a lui e gli narravamo le gioie che esperimentavamo nel riceverlo. E doveva essere, ohimè ! per l' ultima volta. Oggi è il successore, che, continuando le tradizioni di benevolenza e di carità di D. Bosco per noi, si degna di onorarci con una visita sua e di tre dei suoi figli più cari : noi ne siamo profondamente commossi e riconoscenti, ed io, mio Rev. Padre, io sono intenerito nel dirglielo.

« Noi eravamo abituati alla bontà di D. Bosco ; che cosa penserà di noi il suo Successore? Fummo adottati da D. Bosco; questa adozione sarà ratificata da D. Rua?... La sua presenza, Reverendo Padre, risponde ampiamente alla mia domanda e conferma l' adozione della quale andiamo superbi e felici.

« Sì, noi ci teniam fortunati di appartenere alla grande famiglia di D. Bosco; di questa famiglia che copre la superficie della terra e che su tutti i punti del globo canta le lodi del padre suo, e ben presto l'invocherà (se già non lo fa in segreto), come uno dei Santi più amati da Dio. Possiamo noi esser degni dell'onore che ci fa questa adozione ! Noi siam qui radunati, o Reverendo Padre, per prometterle di lavorare ogni giorno più.

« Ella è circondata dai membri del nostro Comitato, il fiore degli Operai ai quali noi ci sforziamo di fare un po' di bene: ella vede qui eziandìo i venerandi Fratelli della Dottrina Cristiana, che dirigono con affettuoso sacrifizio, del quale noi siamo altamente riconoscenti, il nostro piccolo Patronato, semenzaio dei nostri futuri operai : tutti insieme ci siamo associati per fare questa promessa.

« Noi glielo promettiamo in presenza del nostro zelante cappellano, del Rev. Padre Anton-Maria, che io saluto con rispetto e ringrazio d'aver corrisposto al nostro appello.

« Questi due Apostoli ci rammenteranno la nostra promessa e ci aiuteranno a mantenerla.

«Mi permetta, Rev. Padre, di domandarle, come ieri dicevano tutti i giovanetti dell' Oratorio, di non ritardare il ritorno fra noi per chiederci conto stelle risoluzioni prese in questo giorno.

« Viva D. Rua ! »

Don Rua e Don Bosco.

Ho visto un miracolo : D. Bosco risuscitato ! Don Rua non è solamente successore di D. Bosco, è un altro lui stesso, la stessa dolcezza, la stessa umiltà, la stessa semplicità, la stessa grandezza d'animo, la stessa gioia che irraggia intorno a lui.

Tutto è miracolo nella vita e nelle opere di D. Bosco ; ma questa perpetuità di lui stesso in D. Rua mi sembra il più grande di tutti i miracoli. Quali sono i grandi uomini ed eziandio i grandi santi, che han potuto darsi un successore simile a se stessi?

Quando la madre di D. Bosco, mamma Margherita, morì, la madre di D. Rua prese il suo posto, e divenne la mamma dei piccoli orfanelli; D. Bosco è morto, ed ecco D. Rua; che prende il suo posto in mezzo agli stessi orfanelli.

Io lo ascoltai in cattedra, egli parla colla stessa sublime semplicità; l'ho visto nelle riunioni private, egli discorre colla stessa grazìa e colla stessa potenza d'attrazione. Fui assiso a suo lato alla festa di famiglia che a lui offrì il Circolo Cattolico degli Operai, e ho visto, ho ascoltato Don Bosco, e come D. Bosco era la copia vivente del Cristo, io mi aveva d'innanzi una visione vivente di Cristo. Or voi lo sapete, Gesù Cristo ama la Francia, perciò fui vivamente applaudito, quando, prendendo la parola dietro l'invito di tutti, ho esclamato: Salutiamo la venuta di D. Rua nella nostra cara Francia ! Il cuore della Francia, impastato a carità, ha l' intuizione degli eroi della carità, e va incontro a questi. eroi ! Il cuore della Francia viene incontro a Lei, venerato Padre, come andava incontro a D. Bosco. Qui avvi visibilmente una misteriosa affinità ! L' affinità dell' amore. Sì, mio Padre, il cuore della Francia e il vostro si comprendono : battono all'unissono : io lo proclamo altamente, eco ed interprete di tutti i cuori che battono qui all'unissono col mio quanto il cuor di D. Bosco amava la Francia, altrettanto l' ama il cuor di D. Rua ; quanto D. Bosco era amato dalla Francia, altrettanto è già amato e lo sarà sempre D. Rua. (vivi applausi).

« In questa stessa sala, ha detto il Direttore del Circolo Cattolico, e in questo stesso posto, D. Bosco or sono quattro anni, presiedeva le nostre agapi ; la morte ce l'ha rapito, noi eravamo tristi, egualmente lo erano gli Apostoli alla morte di Gesù ; ma eccolo qui risuscitato!!! Egli comparisse all'improvviso, in mezzo di loro : quale gioia ! È proprio lui! gridano gli Apostoli e trasaliscono dell'allegrezza. Ecco la nostra gioja Reverendo Padre, vedendovi in mezzo di noi.

Noi tutti abbiamo applaudito a questi pietosi accenti ed io pensava allora all' animirabile quadro che adorna il santuario della Cappella del Circolo : vi si vede S. Giuseppe che lavora. È notte, ma Gesù tiene la lucerna, e Giuseppe sembra illuminato meglio che pel sole di pien meriggio. Ohime ! si fa più che mai notte sulla terra e le risorse sembrano esaurite. Come potrà D. Rua dirigere tante opere difficili e alimentarle? Non temiamo nulla ! Don Bosco è disceso dal Cielo; io lo vedo: con una mano egli tiene avanti D. Rua la fiaccola che lo illumina, dall'altra versa tesori che del continuo attinge alla sorgente divina. Così le opere di D. Rua procedono sempre, e il miracolo continua.

Quale felicità, se un abile pittore potesse in un magnifico quadro offrire ai nostri sguardi tutto ciò che avvi di verità e di poesia in questo sublime ideale !

F. ANTON-MARIA. Nizza, 10 febbraio 1890.

D. Rua ha visto Canne, la Navarra, Tolone, S. Cyr, Marsiglia, e, varcati i Pirenei, ha già visitato Barcellona e Utrera. Speriamo di poter dare ne' seguenti numeri qualche notizia della affettuosa e commovente accoglienza avuta anche in questi punti.

Avvertiamo i Sigg. Cooperatori e Cooperatrici che l' associazione della Pia Opera del Sacro Cuore in Roma non sarà chiusa fino al compimento dell'Ospizio. Quindi continuerà per un tempo indefinito. I collettori possono rivolgersi alla Direzione del BOLLETTINO per provvedersi di nuove schede.

LA LUCE NELLE TENEBRE

OSSIA

LA PAROLA DI PAPA LEONE XIII NELLA SUA ENCICLICA SAPIENTIAE CHRISTIANAE in dati del 10 Gennaio 1890

(seguito) La Chiesa in relazione cogli Stati.

La società cristiana dista moltissimo da ogni genere di politico dominio. Che se ha somiglianza e forma di regno, tuttavolta non ha la stessa origine, causa e natura dei regni mortali. È dunque ragionevole che la Chiesa viva e si conservi con leggi ed istituti conformi alla sua natura. La stessa, essendo una società non solo perfetta ma superiore a qualunque società umana, ha il diritto e il dovere di non farsi ancella de' partiti, nè di piegarsi servilmente alle mutabili esigenze della politica. Per somigliante ragione la Chiesa, custode del diritto suo e osservantissima dell'altrui, è indifferente alle varie forme di governo e alle istituzioni civili degli stati cristiani ; purchè vi sia rispettata la religione e la morale cristiana.

Su questo stampo conviene che ciascun cattolico modelli il pensiero e l'azione. Non vi ha dubbio essere lecita nelle cose politiche qualche lotta, quando, cioè, si combatte, salva la verità e la giustizia, coll' intento che trionfino di fatto e, in pratica quelle idee o quei sistemi, i quali sembrino più conducenti al bene comune. Ma trarre a un partito la Chiesa e volere al postutto ch'ella dia braccio a superare i politici avversarii, è un fare enorme abuso della religione. Questa per contrario dev' essere presso tutti santa ed inviolata : anzi nella politica medesima , la quale non può prescindere dalle leggi morali e dai religiosi doveri, hanno i cattolici da aver principalmente e sempre di mira gli interessi cristiani. Che se questi in qualche luogo pericolano per opera nemica, e si debbono rimanersi da ogni dissidio, e prendere con animo e intendimento concorde la difesa della religione, che è il sommo e comun bene, a cui tutti gli altri si hanno a subordinare. Il che convien che sia da Noi alquanto più accuratamente esposto.

Tanto la Chiesa come lo Stato hanno l'una e l'altro la propria sovranità ; e però nell'amministrazione delle cose sue niun d'essi obbedisce all'altro, ne' limiti tuttavia a ciascuno dall' immediato suo fine determinati. Donde peraltro non s'inferisce per verun modo che debbano essere separati e molto meno ostili.

Necessità di questa relazione.

E in vero l'uomo di sua natura non è soltanto un ente fisico, ma altresì un essere morale. Quindi dalla tranquillità dell'ordine pubblico , che è il fine prossimo della civil società, l'uomo domanda i mezzi del suo fisico perfezionamento, e più ancora quelli della sua perfezione morale : e questa in niun'altra cosa è riposta, se non nella conoscenza e nella pratica della virtù. Allo stesso tempo vuol egli, come è giusto, trovare nella Chiesa i mezzi adatti alla sua perfezione religiosa, la quale con siste nella scienza e nella pratica della vera religione, regina delle virtù morali, appunto perchè ordinandole a Dio, le compie e perfeziona tutte. Nello stabilire pertanto le leggi e le istituzioni ha da aversi riguardo alla natura morale e religiosa dell'uomo e curarne ordinatamente la perfezione; nè comandare o proibire cosa alcuna se non in vista del fine proprio di ciascuna delle due società civile e religiosa.

Laonde non può essere la Chiesa indifferente intorno alle leggi dello stato, non in quanto tali, ma perchè talora, travalicando i debiti confini, invadono i diritti della Chiesa. Anzi è per essa un dovere, impostole da. Dio, di resistere, sempreche la politica danneggi la religione, e di argomentarsi con ogni studio acciocché lo spirito della legislazione evangelica informi le leggi e le istituzioni dei popoli. E perchè l' andamento degli Stati specialmente dipende dall'indole e natura dei governanti, la Chiesa non può prestare favore ed appoggio a coloro, i quali osteggianla, disconoscono apertamente i suoi diritti e si sforzano di separare due cose , di lor natura, inseparabili, Religione e Stato. All' incontro ell' è favoreggiatrice, come è suo debito , di coloro che, avendo dello Stato e della società cristiana un giusto concetto, vogliono che amendue procaccino d'accordo il ben comune. - In questi precetti si contiene la norma che ogni cattolico nell' esercizio della vita pubblica deve seguitare. Vale a dire, che dovunque la Chiesa non vieta di prendere parte alla pubblica amministrazione, debbonsi favorire le persone di specchiata probità e che danno speranza di tornarsi benemerite della causa cattolica ; nè per ragione alcuna è lecito di dare la preferenza ad uomini ostili alla religione.

Della concordia degli animi.

Donde chiaro apparisce quanto sia importante il dovere di conservare la concordia degli animi, massimamente che ai tempi nostri impugnasi con finissimi artifizi e divisamenti la religione cristiana. Quei che hanno a cuore di rimanere strettamente uniti alla Chiesa, che è columna et firmamentum veritatis (Timoth. Ia.III 15) , colonna e fondamento di verità , agevolmente schiveranno magistros mendaces... i menzogneri maestri, libertatem illis promittentes, cum ipsi servi sint corruptionis (Petr. II, 1, 19), i quali promettono altrui libertà, essendo essi medesimi schiavi della propria corruzione ; anzi , merce la forza della stessa Chiesa che verrà in essa trasfusa, supereranno con la sapienza le insidie e le violenze con la fortezza. Non fa qui luogo d'indagare se e quanto abbiano contribuito all'attuale stato di cose ne' politici sconvolgimenti de' tempi nostri l'inerzia e le dissensioni de' cattolici ; egli è tuttavia fuor di dubbio che i malvagi sarebbero stati meno audaci, nè avrebbero accumulate tante ruine, se più robusta e vigorosa fosse stata generalmente negli animi la fede, la quale per caritatem operatur (Galat. v, 6), « è per la carità operosa » e se la morale cristiana, divinamente insegnataci, non fosse presso tanti scaduta. Piaccia a Dio che il passato ci rechi almeno con la rimembranza questo vantaggio dii farci più saggi ed avvisati per l'avvenire !

Partecipazione alla vita pubblica.

Quanto poi a quelli che prenderanno parte alla vita pubblica, due sono i difetti ch'essi dovranno evitare , l' uno è la falsa prudenza , l'altro è la stolta temerità. - Poichè certuni avvisano che non convenga a fronte scoperta resistere alla potente e dominante iniquità, temendo che la resistenza non inacerbisca per ventura gli animi degli avversarii. Di costoro non si sa se stieno per la Chiesa, o contro, essendochè affermano di professare la dottrina cattolica, ma pur vorrebbero che la Chiesa lasciasse libero il corso a certe teorie da quella discordanti. Dolgonsi dello scadimento della fede e della corruzione dei costumi ; e nondimeno niente adoprano per rimediarvi, se pure per via di concessioni o di simulazioni colpevoli non aggravano talvolta il male. Gli stessi pretendono che niun metta in dubbio la loro devozione verso l'Apostolica Sede : ma trovano sempre di che censurare il Papa. La prudenza di costoro è, di quel genere appunto, che da Paolo Apostolo vien detto sapientia carnis et mors, sapienza della carne e morte » dell'annua; lacchè non è nè può essere subordinata alla legge divina (Sapientia carnis inimica est Deo: legi nim Dei non est subiecta, neque enim potest. Rom. viii, 6, 7.). Con siffatta prudenza non si provvede punto a menomare i mali, poiché i nemici han fermo nell'animo di opprimere l'unica vera religione, il Cattolicismo; e molti di loro il dicono spudoratamente e non si peritano di gloriarsene. Con questo reo proposito in cuore niente v'ha ch'essi non osino dacchè ben sentono che quanto più atterrito sarà il coraggio degli altri, tanto più di balia essi avranno a misfare. Quelli pertanto che amano prudentiam carnis, e fingono d'ignorare che ogni

cristiano deve essere buon soldato di Cristo ; quei che presumono di conseguire per fioriti sentieri, e senza combattere, i premi dovuti ai vincitori, essi ben lungi dal tagliare ai mali la via, non fanno che spianarla.

Per l'opposto, non pochi mossi da falso zelo, o peggio ancora, da secondi fini, arrogansi un officio che loro non s'appartiene. Eglino vorrebbero che la Chiesa si governasse a senno e voglia loro, fino al punto di non soffrire che altrimente si faccia e di accettare il fatto con ripugnanza. Costoro contendonsi invano, e non sono meno riprensibili (lei precedenti. Poichè egli è cotesto un prevenire e non seguitare la legittima autorità, ed un voler trasferire ne' privati l'ufficio de' Pastori con grande sconvolgimento di quell'ordine, che Dio nella sua Chiesa ha in perpetuo stabilito, nè permette che sia da veruno impunemente violato. - Quelli operano assai bene, che al bisogno non ricusano la battaglia, nella ferma persuasione che l'impero dell'ingiustizia non è durevole, e che la vittoria finale è assicurata alla santità del diritto e della religione. Costoro veramente imprendono cosa degna dell'antico valore, quando si studiano di difendere la religione specialmente contro quell'audacissima setta, nata per guerreggiare il cristianesimo, e che mai non si rimane dal perseguitare il Sommo Pontefice, su cui stese la mano: nella qual lotta per altro conservano con ogni studio e diligenza la debita sommissione, avendo in costume di nulla intraprendere di proprio senno. E perchè cotesta volontà di ubbidire, unita alla gagliardia dell'animo e alla costanza, è necessaria a tutti i cristiani, acciocchè in ogni evento in nullo sint deficientes (Iac. I, 4.), non vengano meno in veruna cosa, » vorremmo di tutto cuore che nell'animo di ciascheduno altamente si radicasse quella che Paolo chiama prudentiam spiritus (Rom. VIII, 6) « prudenza dello spirito. Dappoichè questa, in governare le umane azioni segue l'ottima regola del giusto mezzo, facendo sì che l'uomo nè per codardia si disperi, nè per temerità troppo di sè presuma. - Corre poi divario tra la prudenza politica, che riguarda il bene comune; e la individuale che mira al bene di ciascheduno in particolare. Questa è propria d'ogni privato, che nel governo di se stesso segue i dettami della retta ragione ; l'altra de' superiori, massime dei Principi, il cui officio è governare con autorità sovrana la cosa pubblica; cotalchè tutta la politica prudenza dei privati consiste nell' eseguire fedelmente gli ordini del legittimo potere (3).

Questa disposizione e quest'ordine deve tanto più vigorire nella società cristiana, quanto è piú largo il campo, che la prudenza politica del Papa abbraccia; essendo sua missione non solo governare la Chiesa, ma eziandio dirigere in generale gli atti de' cittadini cristiani, coordinandoli acconciamente allo sperato conseguimento dell' eterna salvezza. Donde chiaro apparisce esser indispensabile, oltre a una somma concordia di pensiero e di azione, il prendere costantemente e religiosamente a norma dell'operare la politica sapienza dell'ecclesiastica autorità. Ora il governo della società cristiana dopo il Papa e dipendentemente dal Papa, spetta ai Vescovi; i quali sebbene non poggino alla sommità del potere, sono tuttavia nell'ecclesiastica gerarchia veramente principi; e amministrando ciascun d'essi la sua Chiesa, sono quasi principales artifices... in aedificio spirituali (S. Thom. Quodlib. I, art. IL ), ed hanno per coadiutori nel loro ufficio ed esecutori delle loro deliberazioni i sacerdoti. A siffatto organismo della Chiesa, che niun mortale può mai mutare, è d' uopo che si adatti l'azione della vita. Imperocchè, come è obbligo dei Vescovi tenersi stretti alla Sede Apostolica nel governo delle loro Diocesi, così conviene che i chierici e i laici vivano ed operino in perfetta concordia coi loro Pastori. - Vi può aver in questi alcun che di men lodevole nella vita o di riprovevole nelle opinioni : ma niun privato arroghisi la persona di giudice, che Cristo Signore impose a quel solo cui diede a governare gli agnelli e le pecorelle. Tenga, ognuno bene scolpita in mente la sentenza di Gregorio Magno : « Debbonsi ammonire i sudditi che se veggono per avventura alcun che di biasimevole nelle azioni dei loro superiori non si facciano per questo a giudicare temerariamente della vita loro ; acciocchè mentr' essi giustamente riprovano il mal fatto, non vengano per superbia a sommergersi in più profondo abisso. È d'uopo avvertirli che, tenendo essi l'occhio ai difetti dei superiori, non prendano quinci maggiore baldanza contro di essi, e se pur gravi fossero alcuni lor mancamenti, ne facciano seco stessi ragione, sì che mai non ricusino di portare per timor di Dio il giogo della loro obbedienza... Perciocchè le azioni dei superiori, anche allora che si reputano degne di biasimo, non si hanno a ferire con la spada della lingua » (Reg. Pastor. P. III, cap. IV ).

(3) La prudenza nella ragion risiede, di cui è proprio il reggere e il governare; e però in tanto ha da avere ciascuno ragione e prudenza in quanto partecipa del reggimento e del governo. Ora è evidente che è proprio di un suddito, in quanto è suddito e di un servo in quanto servo. non il reggere e governare, ma l' essere retto e governato. E però la prudenza non è virtù del servo né del suddito in quanto tale. Ma perché ogni uomo, emme ente razionale, partecipa in qualche modo del governo secondo l'arbitrio della ragione, però a lui conviene la prudenza. Donde si fa manifesto che la prudenza è nel principio a silo' d'arte architettonica, come si disse nel VI Ethicorum; e ne' sudditi a mo' d' arte manuale (S. Th 2-2 Qu. XLVII, art.12).

Della vita pratica cristiana.

Ma non approderanno guari cotesti sforzi, ove non s'intraprenda un tenor di vita conforme alla morale cristiana. - Disse della nazione giudaica la sacra Scrittura : Usque dum non peccarent in conspectu Dei sui, erant cum illis bona; Deus enim illorum odit iniquitatem... Cum recessissent a via, quam dederat illis Deus, ut ambularent in ea, exterminati sunt praeliis a multis nationibus (Iudith. v, 21-22): « fino a tanto ch'essi non peccarono nel cospetto del loro Dio, ebbero felicità, perchè il loro Dio ha in odio l'iniquità... Ma quando abbandonarono la via insegnata loro da Dio, acciocché la seguitassero, furono disfatti in battaglia da molte genti. » Ora la nazione giudaica portava in sé, abbozzata la forma del popolo cristiano ; e nelle antiche sue vicende spesso prefigurava la verità futura : senonchè, avendoci la bontà divina e ornati di molti e più grandi doni, la macchia d' ingratitudine torna assai più gravi le colpe dei cristiani.

Pericoli degli Stati moderni.

La Chiesa non è in verun tempo e di modo alcuno da Dio abbandonata, e quindi nulla ha a temere dalla malvagità degli uomini ; ma non possono avere eguale sicurezza le nazioni, che vanno degenerando dalla virtù cristiana Imperocchè miseros facit populos peccatum (Prov. xiv, 30): « il peccato fa miseri i popoli. » - Della qual sentenza, se per l'addietro ogni secolo ha esperimentata la verità e la forza, chi ne assicura che non avrà a provarla il nostro? Anzi da molti segni si fa manifesto penderci già sul capo il meritato castigo; e ben ce lo conferma l' istessa condizione degli Stati moderni, molti de' quali veggiamo travagliati da interni mali, e niuno del tutto tranquillo e sicuro. Che se le fazioni de' tristi audacemente proseguiranno pel cammino che battono, se verrà lor fatto di crescere in influenza e potere, esse che con male arti e con peggiori propositi già scapestrano cotanto, havvi di certo a temere che non demoliscano lino dalle stesse fondamenta, che vi pose natura, tutto l' edifizio sociale. - Nè è possibile che gli Stati cessino da se cotanti pericoli coi soli aiuti umani, sopratutto perchè una gran moltitudine di gente, ripudiata la fede cristiana, paga giustamente il fio della sua superbia in questo che, accecata dalle passioni, ricerca invano la verità, abbraccia per verità l'errore, e si avvisa di essere sapiente, quando chiama malum bonum, et bonum malum, e dice: tenebras lucem, et lucem tenebras (Is. v, 20 ).

Dei rimedi, e in primo luogo della carità.

Bisogna dunque che Dio intervenga, e mentore della sua bontà con occhio pietoso riguardi il civile consorzio. Il perché, come altre volte abbiamo caldamente raccomandato, è d'uopo adoprarsi con singolare ardore e costanza, che la divina clemenza venga con umili preghiere implorata, e sieno richiamate in vigore quelle virtù, che formano l'essenza della vita cristiana. - Primieramente fa di mestieri accendere nei cuori e custodire la carità, precipuo fondamento della vita cristiana, senza cui o non vi hanno virtù, o queste sono infeconde. Laonde il beato Paolo avendo esortato i Colossesi a fuggire ogni sorta di vizi e a praticare le virtù cristiane, soggiunge: super omnia autem haec caritatem habete, quod est vinculum perfectionis (Colos. III, 14.), « sopra ogni altra cosa conservate la carità, che è il vincolo della perfezione. » E veramente vincolo di perfezione è la carità, perché quanti essa abbraccia, altrettanti intimamente congiunge coll'istesso Dio e fa ch'essi da Dio attingano la vita dell'anima e vivano con Lui e per Lui. La carità poi verso Dio deve andare a quella del prossimo associata ; perché gli uomini sono come una partecipazione dell' infinita bontà di Dio ; e di Lui portano in sè scolpita l'immagine e la somiglianza.

Hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum diligat fratrem suum (I Io. iv, 21). Si quis dixerit, quoniam diligo Deum, et fratrem suum oderit, mendax est » (Ib. 20 ). « Questo precetto abbiam da Dio, che chi ama Dio, ami ancora il proprio fratello. Se taluno dirà : io amo Dio e avrà in odio il suo fratello, egli è menzognero.

Il divin Legislatore chiamò nuovo cotesto precetto della carità, non quasi che niun'altra legge e la stessa natura non ci avesse comandato di amare il prossimo ; ma perchè questo modo di dilezione imposto da Cristo era affatto nuovo e a memoria d'uomo non mai udito. Imperocchè Gesù Cristo impetrò a' suoi discepoli e seguaci quella stessa carità, con cui Egli è amato dal Padre, ed ama egli stesso gli uomini; affinché questi esser potessero in lui un cuor solo, un'anima sola, come egli e il Padre sono per natura una cosa sola. Niuno ignora quanto profondamente da principio nei cristiani la virtù di questo precetto, e quali e quanti frutti di mutua benevolenza, di concordia, di pietà, di pazienza, di fortezza arrecasse al mondo. Perchè non si dà opera a imitare gli esempi dei maggiori? L'istessa condizione dei tempi non è di lieve incitamento alla carità. A misura che rinciprignisee l'odio degli empii contro Gesù Cristo, debbono i cristiani rinvigorire la pietà e rinfocolare la carità, madre feconda di grandi imprese. Racquetinsi dunque i dissidii, se ve n'ha; tacciano quelle contese che dividono le forze dei combattenti, e punto nulla approdano alla religione ; e tutti uniti di niente per la fede, di cuore per la carità, vivano, com'è di dovere, nell'amore di Dio e dell'umanità.

Dell'educazione.

Cade qui in taglio di ammonire massimamente i padri di famiglia, che si studino di governare con queste regole la casa e di ben educare fino dall'età più tenera i figliuoli. La famiglia contiene in sè il germe della civile società; e in gran parte la sorte di questa si va maturando tra le domestiche pareti. E però quei che vogliono schiantarla dal cristianesimo, mettono mano alla radice e s'affrettano a corrompere la famiglia. E da tanta ribalderia non li ritiene nè atterrisce il pensiero dell'enorme ingiuria, che in ciò fanno eziandio ai genitori.; i quali hanno dalla natura il diritto di educare quei ch'essi procrearono ; diritto, a cui va unito il dovere di coordinare l'istruzione ed educazione dei fanciulli al fine, pel quale ebbero dalla bontà di Dio la prole. Conviene adunqúe che i genitori contendano e si sforzino di respingere in questa bisogna ogni attentato; di rivendicare a ogni costo il diritto di educare, com'è di ragione, cristianamente i figliuoli, e sopratutto di tenerli lontani da, quelle scuole in cui corrono il rischio d'assorbire il veleno dell'empietà. Quando trattasi di ben educare la gioventù, niun'opera e fatica è tanta che basti.. Nel che degni della pubblica ammirazione sono molti cattolici di varie nazioni.; i quali con ingenti spese e con maggiore costanza aprirono scuole per l'educazione dei fanciulli. È d'uopo emulare cotesto salutare esempio, dovunque sembri richiederlo la condizione dei tempi : abbia però ognuno per prima cosa fermo in cuore, che ad informare a virtù l'animo dei fanciulli vale moltissimo e anzitutto la domestica educazione. Se l'adolescente età troverà in casa la morigeratezza del vivere, e come una palestra delle virtù cristiane, sarà in gran parte assicurata la salvezza della società.

Diffusione dell'Enciclica e conclusione.

E già sembraci di avere toccate le cose principali, che in questi tempi i cattolici debbono fare ovvero fuggire. - Resta ora, e ciò a voi si spetta, Venerabili Fratelli, procurare che la voce Nostra per ogni parte echeggi, e che tutti intendano quanto importi mettere ad affetto le cose di che abbiamo in questa lettera ragionato. L'osservanza degli esposti doveri non può tornare grave e molesta a veruno; perchè il giogo di Gesù Cristo è soave e il suo peso è leggero. Che se taluna cosa parrà malagevole ad eseguirsi, Voi con l'autorità e con l'esempio farete sì, che ognuno con la maggior vigoria di animo vi si applichi e mostri contro le difficoltà indomabile coraggio. Mettete loro avanti, siccome Noi stessi soventi volte vi dicemmo, essere in pericolo i più sublimi e sommamente desiderabili beni dell'uomo, per la conservazione dei quali dovrebbesi aver per nulla ogni travaglio ; ed essere alle fatiche e ai patimenti riserbato tal guiderdone, quale, e grandissimo, ne frutta una vita cristianamente menata. D'altra parte, il non voler pugnare per Cristo è un impugnarlo; ed egli stesso protesta (Luc. IX, 26 ) che rinnegherà innanzi al Padre suo in cielo chiunque avrà ricusato di confessarlo avanti agli uomini in terra.

Quanto a Noi, e a voi tutti, non lasceremo mai, fin che ci basti la vita, che l'autorità, il consiglio e l'opera Nostra venga meno di qualsiasi modo nel combattimento. Nè v'ha dubbio che non sia presto al bisogno, tanto del gregge come dei pastori, fino a guerra vinta, lo speciale aiuto di Dio.

Da questa speranza ravvalorati, Noi dal fondo del Nostro cuore impartiamo nel Signore a Voi, Venerabili Fratelli, e a tutto il Clero e popolo vostro l'Apostolica benedizione, auspice de' celesti doni e pegno della Nostra benevolenza.

Dato in Roma presso S. Pietro il dì 10 gennaio dell'anno 1890, duodecimo del Nostro Pontificato.

LEO PP. XIII.

ONORANZE A DON BOSCO.

Faenza, 2 febbraio 1890.

Don Bosco vive ! Oh sì, eglì vive nei suoi figli, ne' suoi giovanetti, nelle sue opere; vive in Italia, in Francia, nell' intera Europa: vive in America , e già in Asia, in Africa, vive dappertutto ora che è in Paradiso meglio che quando era in terra; e vive anche nella nostra cara Faenza ch'egli tanto amava. Ecco l'espressione che usciva dalla bocca e ci scambiavamo tra noi gloriosi, sebbene indegni, Cooperatori e Cooperatrici Salesiane al chiudersi del giorno 31 Gennaio, secondo anniversario del suo beato transito al Cielo, dove tutti lo crediamo e lo preghiamo. Il buon Dìrettore di questa fiorente Casa molti giorni prima aveva mandati gl'inviti per una solenne commemorazione di tal giorno. In essi ci pregava non solo di pigliar parte alla Comunione generale ed al solenne funerale, in cui i giovanetti dell'Istituto, coadiuvati da' migliori cantanti della città, avrebbero eseguita la grandiosa Messa funebre coll' esequie di Mons. Cagliero; ma c'invitava ancora a pigliar parte ad una solenne e pubblica accademia commemorativa de' meriti e delle virtù di sì gran Padre. Ottimo, bellissimo pensiero fu il suo, di pregarci a prendere parte non solo di presenza ma di azione, lasciando così anche a noi campo di sfogare con poesie, o con prose, parte almeno del grande affetto e gratitudine che all' amato Don Bosco ci lega e sempre terrà legata Faenza non solamente, ma l'intera Romagna.

Egli non volle far parare a lutto la nuova Chiesa perché, come molto a ragione disse, quel giorno gli sapeva più di festa che di duolo; furono tuttavia coperte le lesene e le colonne coi drappi neri dati in imprestito dal M. R. e Bent°. Parroco de' Servi. Magnifico poi fu il catafalco lasciato pure in imprestito dal Re.do D. Chiarini e messo anzi a posto da lui stesso. Formava tre piani coperti di candelieri e torcia in buon numero ed artisticamente disposte; s'innalzava al disopra un'alta e maestosa piramide sormontata dalla Croce ed attorniata alla base da quattro vasi, ne' quali con bella grazia erano piantati quattro salici piangenti che ricordavano sì bene Valsalice, il luogo fortunato che ne custodisce le care spoglie.

Il simpatico ritratto dell'amato D. Bosco campeggiava bello e sorridente in mezzo al lato di fronte al portone, e quella cara fisionomia pareva sorridere più dolcemente che mai a' suoi figli, a' suoi Cooperatori e Cooperatrici che venivano ad onorarlo. Sul portone maggiore della Chiesa vi era questa breve iscrizione

A DON BOSCO PREGANO LA PACE DEI GIUSTI I SUOI FIGLI I SUOI COOPERATORI, LE SUE COOPERATRICI

Al mattino la Comunione fu davvero generale. Non pochi Sacerdoti secolari e religiosi vennero spontaneamente a celebrare la S. Messa, tra i quali sono da notarsi il sig. Canonico D. Filippo Lanzonì, che dìsse la Messa della Comunità, in cui fece un fervorino tanto più bello ed a proposito, quanto più spontaneo ed improvvisato; l' Eccell.m° Mons. Vicario Preposto Can. Baldassari, il quale cantò la Messa e fece le Esequie, mentre i giovanetti, sostenuti dalle potenti voci specialmente dei nostri bravi mansionari del Duomo, imparadisavano colle loro meste armonie ! Si sentiva in quelle espressioni e si leggeva sul volto di tutti il dolore di non aver più tra noi D. Bosco, e la gioia di ritenerlo già ad intercessore in Cielo.

La sera, all'ora indicata, tutto era all'ordine per l' accademia, che non poteva essere più bella, nè più solenne. In fondo al palco scenico, ridotto a sala tutta coperta a lutto, tra un gran numero di belle fiammelle campeggiava maestosa, sorridente con una serenità da Paradiso, la cara figura del Vener. Padre degli Orfani che si voleva onorare. Una bendisposta ed ampia scala metteva in comunicazione la platea col detto palco, dove erano alcuni posti riservati. Al di qua e al di là del provvisorio scalone stavano in bell'ordìne la banda ed i cantori dell'Istituto. In un subito il gran salone fu pieno di Cooperatori e Cooperatrici accorsi alla cara dimostrazione.

All'entrare di Mons. Vicario, che rappresentava anche l'amatissimo nostro Pastore, la banda diè principio al trattenimento con una bella marcia funebre ; quindi aprì l' accademia l'Eccll.m° Mons. Vicario stesso, invitando a cantare le lodi di questo vero eroe chiamandolo ben degno di maggiori onori, il che fece con classici distici, quali soli soliti sgorgare dalla sua bocca, e che io son dolentissimo di non poter riprodurre. Fu secondo il Rev.m° sig. Can. Lanzoni, che pronunziò un lungo e magnifico discorso sulle virtù del Fondatore de' Salesiani. Ma non finirei sì presto, se tutti volessi passare a rassegna i varii componimenti di ténere prose e di sublimi miste ad infantili poesie che si succedettero, intramezzate da suoni e canti.

Non posso però lasciar dimenticato qualcuno, che merita troppo bene di essere ricordato ! Come il bellissimo ritratto di D. Bosco fatto in purissima poesia dal M. Rev. Don Conti; i sonetti e le poesie declamate dai Chierici Pasi e Cicognani di questa città. Si meritano pur lode i lavori poetici inviati dal M. Rev. D. Lama e dalle due illustri poetesse Faentine, la sig. Anna Rossi Ved. Boschi e la sig. Lucia Spada. E meritano di essere per intiero riportati due sonetti ; uno letto del Rev. Padre Pio da Lugo a nome di tutta la Comunità de' Cappuccini, l'altro del M. Rev. D. Taroni, rappresentante il nostro Ven. Seminario.

I.

Figli a D. Bosco! dolorosi in viso Assister vi mirai al funerale

Oggi io cui Esso dal suo fral diviso Alla reggia del ciel spiegava Tale.'

Tergete il pianto ornai. Nel Paradiso

Egli cinge di fior serto immortale, E fra i Beati nell'eterno viso

Il premio gode a' suoi gran merti eguale.

Forse presto avverrà (mel dice il core)

Che qual s'offre agli Eroi nel ciel gloriosi Abbia anch'Esso quaggiù culto ed onore.

E in questo dì non di funereo canto Ma d'allegre armonie, d'inni festosi Fia che risuoni tutto il Loco Santo.

Il.

Dei due che D. Taroni lesse, mi piace riferire quello intitolato: La furberia di D. Bosco. Strano titolo! Degno in tutto però del Santo cui s'inneggia.

Don Bosco sì ch'Egli ha saputo fare;

Che nel tempo ch'è stato in mezzo a noi Ha fatto così bene i conti suoi, Che un Santo è riuscito a diventare!

Eccolo infatti, che tra lo più chiare

Alme risplendo dei celesti eroi; Ed ode dall'occaso ai lidi eoi,

Da un polo all'altro il nome suo suonare.

Già mi fu detto, che un gran furbo Egli era, Ed io, stolto che fui, me l'ebbi a male, Ma or ben m'avveggo che dal torto io era.

Altro che furbo! Avere i primi posti

Lassù nel cielo, e qui gloria immortale!!... Ah sì, o Don Bosco, che un gran furbo fosti!!

L'egregio Direttore poneva termine con tre parole : Ringraziamento, promessa e preghiera. Ringraziamento per quanti si erano prestati alla bella dimostrazione; promessa de' giovani di volersi sempre mantenere fedeli agli insegnamenti di Don Bosco, preghiera ai Cooperatori ed alle Cooperatrici di continuare a sostenere le opere Salesiane, che in compenso ne avranno larghi aiuti anche da Don Bosco.

La stima e la venerazione per D. Bosco è grande ne' Faentini; ed essi l'han dimostrata una volta più in questa solenne rimembranza. E a ragione dopo varie segnalate grazie ricevutesi qui in città, andiamo ripetendo : D. Bosco ci ama ancor più dal Cielo. Ei vive e vive in eterno !

Ú. A. C.

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARI.

I Missionari partiti con D. Costamagna sul principio di dicembre u. s. sono giunti tutti a loro destinazione, e già sono ai loro posti nel campo del lavoro. Ebbero qualche momento di grave burrasca ; ma, ringraziando Iddio, cessò ben presto. Ed essi sempre allegri e contenti si resero ai loro Confratelli dell'Argentina e dell'Uruguay.

Dall'Argentina.

Buenos Aires, 31 agosto1889. REV.m° SIG. D. RUA,

A quest'ora sarà già perfettamente informata dello sviluppo delle nostre Case dell' Argentina , ed in particolare di questo Collegio di arti e mestieri, che pare chiamato a riprodurre il grandioso spettacolo dell'Oratorio di Valdocco in questo sempre crescente sobborgo di Almagro. Il nostro Superiore D. Costamagna le avrà fatto relazione di quanto coll' aiuto di Dio e col favore e protezione deì nostri buoni Cooperatori si opera in favore dei figli del popolo, che qua più che altrove si trovano abbandonati, sì per mancanza di esempi ed istruzione morale nelle famiglie, come per la desolante ed iniqua proscrizione della religione nelle scuole. In questi giorni però ho potuto io stesso sperimentare più che mai le consolazioni, onde Maria SS. Ausiliatrice vuol ricompensarci di quelle povere fatiche sostenute per dodici anni, affine di stabilire in questa Capitale l'Opera di D. Bosco.

Gli esami semestrali che si diedero con maggiore importanza, chiamando anche esaminatori da altre Case, riuscirono bene, grazie anche al rinforzo di personale pervenutoci quest'anno colla ultima spedizione di Mons. Cagliero.

Le due scuole superiori che chiamiamo di Latinità contano più di 50 alunni che, oltre alle materie prescritte dal programma governativo, si dedicano anche al latino; di maniera che fa sperare abbia loro da essere profittevole un dì per il negozio delle anime, più che le scienze naturali e matematiche pei negozi materiali.

Gli Esercizi spirituali ci consolarono assai più col mostrarci le buone disposizioni dei giovanetti, per ascoltarla parola di Dio e darsi del tutto alla pratìca delle cristiane virtù. Al darsi per ricordo un piccolo Crocifisso si potè conoscere che il numero degli intervenuti fu di 284 interni o convittori, oltre a 95 esterni che vennero essi pure assidui alle prediche e ricevettero i SS. Sacramenti con edificante divozione il dì dell' Assunzione di Maria SS. Noi ascrivemmo anche questa bella grazia ai meriti ed all'intercessione di Don Bosco, poichè incominciammo i SS. Esercizi nel giorno che, secondo i nostri calcoli, il nostro Ispettore doveva deporre sulla tomba del V.do Fondatore nostro la corona funebre che gli consegnammo, e finimmo il dì natalizio dello stesso Don Bosco. Che miglior grazia potevamo noi aspettarci che di vedere in quel bel giorno rinascere a vita spirituale e più virtuosa tante tenere anime, che formano ora la compiacenza del Signore, e sono l'oggetto di tutte le cure e fatiche di noi poveri Salesiani? Ne sia dunque ringraziato il Signore, e la benedetta anima di Don. Bosco ne sia rimunerata nel Cielo con gloria sempre maggiore, al vedere le sue opere produrre sempre più copiosi frutti.

Era giusto che, dopo avere sperimentato la docile corrispondenza dei nostri alunni sì nella parte religiosa come intellettuale e professionale, concedessimo loro un giorno di speciale divertimento, dove si sfogasse tutta l'ilarità ed espansione dei cuori giovanili diretti dalla assistenza continua e famigliare dei loro educatori. Una passeggiata campestre, alla maniera di quelle dell'Oratorio, era il nostro progetto ed il desiderio di tutti. Seppe il nostro divisamento il Sig. Romolo Ayerza, fervoroso nostro Cooperatore, e ci offrì dì andare alla bellissima sua fabbrica di mattoni, pianelle e tegole (sistema tedesco), luogo dove già si diede il raro e consolante spettacolo del precetto pasquale adempiuto da 120 lavoratori, con alla testa lo stesso Sig. Ayerza e la sua pietosa famiglia. Questo gentil signore, presidente di una frazione della Società di San Vincenzo de' Paoli, volle pensare a tutte le spese della passeggiata, e preparò tre volte più di quello che a sua inchiesta gli si era esposto come necessario.

Il giorno di S.ta Rosa, primo fiore dell'Amerìca del Sud e protettrice di queste regioni, partivamo di buon mattino, preceduti dalla nostra banda musicale, con ben 350 fra convittori ed esterni, per prendere il treno che partiva dalla stazione centrale posta sopra il Rio de la Plata , alla distanza di più di una lega da San Carlos in linea retta. In due grandissimi vagoni stivati come le acciughe, ma con la maggior allegria, giungemmo a Barracas al Norte, dove discesi ed ordinati al suono di una festevole - marcia entrammo nel grande stabilimento.

Era una maraviglia per gli abitanti di quei sobborghi vedere una sì lunga schiera di giovanetti, guidati da Chierici e Sacerdoti, e camminare in ordine al suono della banda: accorrevano da tutte parti e si domandavano che Collegio fosse e perchè a quell'ora colà: univasi quindi nelle bocche di tutti il nome del Collegio di Don Bosco con quello ben conosciuto del Sig. Romolo Ayerza.

Mentre i collegiali si schieravano per l'ampio spianato che circonda lo smisurato forno cellulare o a camere, ed ammiravano l' altezza dei camini, la vastità dei corridoi coperti da tettoie, le grandiose macchine, e le pile di ogni classe di mattoni, si preparò in un vastìssimo locale l'altare portatile per la celebrazione della S.ta Messa, ed un confessionale posticcio per riconciliare alcuni. Quindi entrati in bell' ordine i giovanetti coi loro assistenti, si diede principio alla S.ta Messa, che io stesso ebbi il piacere di celebrare, applicandola secondo le intenzioni del Sig. Ayerza e del distintissimo suo cognato e socio dott. Gioachino Cullen ed in pro delle loro rispettabili famiglie.

Cosa provvidenziale ! Il Santo Sacrifizio, senza pensarci prima, si celebrò nel luogo stesso dove la Pasqua anteriore 120 operai ricevevano la S.ta Comunione, ed ora pure 120 fra giovanetti e Salesiani. offrivano un'altra Comunione al Signore perchè benedicesse due famiglie, che, fomentando l'industria, congiungono soavemente la religione col lavoro e progresso materiale.

Terminato il S.to Sacrifizio e rese grazie a Gesù per essersi degnato di rinascere nei nostri cuori per la S.ta Comunione, come già un dì era disceso nella tettoia di Betlemme, tutti uscimmo nello spazioso recinto della fabbrica, dove stavano già disposte le tavole per il campestre desinare.

In un angolo del cortile si vedevano tre grassi buoi squartati, che, posti a pezzi in molti schidioni fissi nel suolo, col fuoco che si accendeva attorno, venivano arrostiti. Presa intanto la colezione, che consisteva in due fette di salame, la corrispondente pagnotta ed un bicchierino di vino, tutti si sparsero per le sponde del fiumicello che passa a fianco della fabbrica.

Ognuno si era provvisto di ami per pescare : formaronsi quindi tanti gruppi di pescatori guidati dai chierici e confratelli, ed andarono a fissarsi nei punti più atti a ricavare buona pescagione. Da una parte e dall'altra si sentivano echeggiare per l'aria le grida di allegrezza e di trionfo per ogni pesciolino che si lasciava prendere all'amo i più pratici e fortunati entrarono in una specie di emulazione, ed altri correndo da un punto all'altro recavano le notizie e godevano di tutti i successi; e non mancarono gl'inesperti che, prendendo nelle mani i pesci ancor vivi, si sentirono punti e feriti dalle loro acute pinne e conobbero i pericoli della pesca.

Siccome il cavallo per la gioventù americana ha speciale attrattiva, così non mancò neppure il trattenimento della caballada. Si trovavano presso la fabbrica molti cavalli destinati a condur mattoni. Si riunivano e si spingevano nell'acqua a bagnarsi : poi si lasciavano venir tutti alla riva, quindi con grida ed altri stimoli si eccitavano a tornare nuovamente nell'acqua; i più arditi se ne sceglievano uno per montarvi sopra e fare un poco d'esercizio. In questo si davano ben a conoscere quelli che erano esercitati nella vita del campo; sentivansi essi rinascere l'antico istinto, menavano vanto delle passate bravure, le quali per i nati in città erano inusitate, quasi incredibili.

Intanto giungeva circa alle 11 il nostro caro Prefetto D. Valentino Cassinis per celebrare la seconda Messa con tutta la solennità ed accompagnata col suono della banda si diede avviso a tutti con grida, battiti di mano e colla campanella della fabbrica, e ben presto si vide riunita tutta la nostra squadra ed in bell' ordine ritornò sotto la gran tettoia delle macchine dove era collocato l'altare. Là trovammo i nostri due benefattori Sig. Romolo Ayerza e Dott. Gioachino Cullen: assisteva pure il Dott. Orlandini medico che, con tanta bontà, attende colle sue cure da varii anni al nostro Collegio, e alcune altre persone dei dintorni della fabbrica, che venivano a prender parte alla religiosa funzione.

Durante la celebrazione della S.ta Messa si recitarono alcune preghiere, e la banda suonò scelti pezzi di musica sacra che rispondevano bene alla santa allegria di quel giorno.

Terminata la Messa e recitato l'Angelus, proprio quando era tempo di desinare ci accorgemmo che il sole era troppo cocente, e si divisò di ritirare le tavole posticcia sotto la tettoia. Allora si vide una di quelle scene strane di confusione e contrattempo che danno risalto alle feste straordinarie : i giovani coi loro piatti, bicchiere e posate in mano andar vagando da una parte e dall'altra: alcuni prendere da un capo e dall'altro le tavole per farle entrare e collocarle sotto la tettoia. Intanto da varii punti si cominciava già a scompartire il pane e l'asado o carne arrostita altri andavano , con grandi orciuoli, a dar vino inacquato: mentre alcuni non trovavano ancora il posto ove collocarsi.

In mezzo a questo trambusto risuonavano già gli evviva al nostro benefattore il Sig. Ayerza, il quale si affaccendava per far distribuire carne, pane, formaggio e dolci da ogni parte ed in abbondanza e per assegnare il posto a chi ancora non l'aveva.

Allora non potemmo a meno di esclamare Che avrebbe detto il venerato nostro Don Bosco, se nelle sue passeggiate avesse trovato tanta abbondanza, egli che soleva dire ai suoi giovanetti « quando poi troveremo un bue senza padrone, allora sì che gli vogliamo fare la festa » ! Noi in minor numero facevamo intanto la festa a tre pingui buoi, grazie alla generosità di quel buon Cooperatore. Questi poi andava tutto allegro e fuori di se per la gioia per avere con sè i figli di D. Bosco, e ripeteva : « Ecco una passeggiata ad uso Valdocco » : e ricordandosi di Torino, dove fece pratica da ingegnere nel Valentino, ci ripeteva con garbo le frasi piemontesi che colà aveva apprese.

Finito il desinare di nuovo si tornò alla ricreazione ed alla pesca. Il signor Ayerza ebbe la compiacenza di farci visitare tutto il bellissìmo ed estesissimo stabilimento guidato giornalmente dalla sua intelligente attività. Era bello il vedere come dava spiegazione di tutto ai giovanetti che curiosi lo accerchiavano, come per ciascuno s' interessava, le graziose domande che lor dirigeva.

In mezzo a queste conversazioni giunse l'ora del teatrino che sotto la stessa tettoia si doveva rappresentare. Si diede l'avviso col tamburo e tutti corsero affollati: vi furono alcune farse, atte a destare le risa e tener allegra la brigata, tramezzate da belle suonate di banda.

Intanto il Sig. Ayerza col suo degno socio il Sig. Dott. Cullen ed il cooperatore nostro zelante Sacerdote D. Kiernan, dopo aver assistito un poco allo spettacolo delizioso di quei 350 giovani, dovendo partire, si congedarono lasciando una copiosa merenda di aranci e dolci d'ogni specie ai numerosi loro ospiti, i quali ringraziaronli con un cordiale e sincero evviva.

Finito lo spettacolo e presa la graziosa merenda, si uscì allo spianato e si suonarono varii pezzi di scelta musica, per rallegrare le famiglie di quei dintorni. Giunta l'ora della partenza, posti in bella fila, si diede un saluto al Capo della fabbrica che si era incaricato di tutti i preparativi per quella festa; poi ci avviammo verso la stazione portando con noi il perpetuo ricordo della cordialità dì questi nostri amici, e pregando Iddio che benedicesse questi nostri benefattori nelle loro anime e nei loro interessi materiali.

Si notò in quel giorno che lo stemma della fabbrica del Signor Ayerza è un cuore e porta per iscritto « La Fede : » ciò vuol dire che la religione impera e dirige tutto il progresso di quella industriosa casa. La fede dunque del Signor Ayerza fece bella alleanza colla carità di Don Bosco, dichiarandosi egli protettore dei giovanetti, che appunto colla fede e colla carità l' Apostolo della gioventù volle mettere sul sentiero del vero progresso spirituale e materiale.

La modestia dei Sig.ri Ayerza e Dottor Cullen non permetterebbe che noi pubblicassimo le belle limosine che ci hanno fatto, e l'ardore con cui ci favoriscono, ma speriamo che il Signore li premierà secondo le sue divine promesse; e desideriamo che il loro esempio sia eccitamento ad altri molti, che si uniscano per favorire l'opera di D. Bosco che è quella di salvare la gioventù, e specialmente i figli del popolo tanto abbandonati in questi paesi, dove l'interesse materiale e la corruzione tolgono dai teneri cuori ogni seme di virtù e di religione.

Preghi ella, amatissimo Sig. D. Rua, perchè le nostre fatiche siano salutari, fruttuose; riceva i nostri affettuosi ossequii e benedica il suo

A ff.m° Figlio in G. C.

Sac. GIUSEPPE VESPIGNANI.

UN GRAZIOSO INVITO

Il 20 febbraio nella parrocchiale di Moncalieri celebrossi una commovente funzione funebre per il compianto principe Amedeo di Savoia. Aveala ordinata S. A. R. la principessa Clotilde, a cui, nell' immenso dolore per la perdita dell'amato fratello, è dolce, supremo conforto la religione. Era perciò suo pensiero che detto funerale fosse più un privato tributo di pii suffragi, che di solenni pubbliche onoranze. Ma il popolo di Moncalieri ha voluto in sì pietosa circostanza dimostrare quanto affetto, quanta riconoscenza nutra verso la pia Principessa, poiché, oltre le Autorità del luogo, il R. Collegio Carlo Alberto ed altri Istituti, intervenne una immensa folla di cittadini. Celebrò il M. R. prevosto canonico Ballesio ; e venne eseguita la veramente inspirata Messa del Cherubini dai giovani cantori dell' Oratorio di D. Bosco di Torino. Le loro voci educate ad un correttissimo metodo di canto, emesse senza sforzo, con una intonazione sicura, risuonavano dolcissime per l' ampia navata, penetravano nei cuori, destandone le più soavi emozioni, e, sollevandoli come per incanto dalle miserie della terra, li rapivano alle belle visioni del paradiso.

Erano le medesime voci che già avevano lasciato sì cara impressione nei solenni funerali di trigesima, celebratisi nella Cattedrale di Torino, dove tra l'accompagnamento dell'orchestra, tra le voci potenti di egregi artisti, tenori e bassi spiccavano limpide e soavi : e dove per certo dovettero commuovere l'anima delicata della pia Clotilde, poichè, terminata appena la funzione, esprimeva il desiderio che intervenissero pure ai funerali di Moncalieri i bravi giovanetti. I quali, onorati di sì grazioso invito, disimpegnarono quivi la parte loro in maniera da lasciare in tutti e per lungo tempo carissima memoria.

(Dall' Unità Cattolica).'

CONFERENZE in onore di San Francesco di Sales.

PAVIA.

Così ci scriveva il 31 gennaio scorso quel: zelante Direttore de' Cooperatori di Pavia, il Can. Francesco Mariani

« Dietro previo invito diramato ai singoli Cooperatori e Cooperatrici della città, ci radunammo il 23 corrente nella chiesa parrocchiale di S. Teodoro, a ciò designata da Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Vescovo e sempre gentilmente concessa dall' ottimo Prevosto Don Pietro Beretta, nostro zelantissimo confratello.

» Aperta l'adunanza colle preci ante Congregationem, si lesse il verbale dell' ultima conferenza di maggio (giacchè si tiene precisa nota di tutto) : indi si diede il rendiconto delle offerte fatte e spedite a Torino nel 1889: poi si passò alla lettura della circolare emanata da V. S. R.ma per le Missioni d'America, e dell' altra circolare stampata nel Bollettino di questo gennaio 1890 circa le opere da compiersi nel corrente anno : e ciò per eccitare maggiormente la carità dei Cooperatori a contribuirvi colle loro elemosine. Da ultimo si stabilì che la festa di San Francesco di Sales si sarebbe celebrata nella chiesa stessa di S. Teodoro.

» E infatti, il 29, l' umile scrivente, alle ore 8 , celebrò la s. Messa ad un apposito altare, pomposamente apparato per la fausta circostanza, e dove era esposto alla pubblica venerazione, il quadro e le reliquie del Santo: tenne un piccolo discorso sulla carità del Salesio e sulla missione da lui compiuta nel Chiablese; e distribuì la ss. Comunione generale ai Cooperatori. La sera poi si chiuse la festa colla Benedizione solenne dell'Augustissimo Sacramento, l'inno del Santo e il bacio delle sacre Reliquie.

» Ecco in breve tutto quel poco che si è potuto fare anche in quest' anno nella nostra Pavia, dove è appena la terza volta che i pii ascritti salesiani si producono al pubblico in corpo, essendosi organizzata la Conferenza solamente nel gennaio 1889.

» Certamente che se si volesse lasciare libero il campo allo slancio della pietà di questi ottimi Cooperatori, si potrebbe fare molto di più, quanto a pompa e splendor di sacre funzioni nelle solennità di s. Francesco di Sales e di Maria SS. Ausiliatrice. Ma lo scopo principale dell' Opera essendo quello di portar soccorso alle istituzioni sante di Don Bosco , è giusto e necessario che ci limitiamo al minimo delle spese da una parte, per inviare dall'altra il più largo contributo possibile a V. S. R.ma

» Del resto mi gode l'animo di poterle attestare il vivissimo interessamento che si prendono questi cari Cooperatori per le Opere Salesiane. Vedere con che cuore e generosità offrono il proprio obolo e si prestano ai loro pii doveri, è cosa che commuove!... Il che mi fa esclamare con giubilo che le creazionì di Don Bosco è impossibile che abbiano a perire, dappoichè hanno posto così profonde le radici nell'affetto di ogni cuore bennato, senza dire che si fondano nella virtù della potenza di Dio. »

CARAVAGGIO.

A Caravaggio pure si è fatta una piccola festicciuola in onore di San Francesco di Sales. Nell' Oratorio ove radunansi tutte le domeniche le giovani cooperatrici, il 2 febbraio, si celebrò la S. Messa ed un buon numero di esse s'accostò alla Sacra Mensa; mentre un coro di altre facevano echeggiare la volta di quella Chiesuola delle loro angeliche voci. - Nel pomeriggio si tenne breve conferenza intorno alle virtù del Santo Patrono, e si parlò anche della Pia nostra Società e del venerato nostro Fondatore. - Si chiuse la festicciuola col canto dell' Iste Confessor e la benedizione col Santissimo.

La colletta fattasi supera 35 lire, somma alquanto considerevole, avuto riguardo alle condizioni delle offerenti. Sono quasi tutte giovanette che, per guadagnare una meschina giornata, debbono fare cinque, otto e persin dieci chilometri di viaggio per recarsi alle filande. Ciò non ostante, mosse dal desiderio di cooperare alle opere Salesiane, al bene della gioventù, all'estensione del regno di Gesù Cristo sopra la terra, tutte hanno volato offrire ìl loro obolo, privandosi di qualche soldo necessario. Ne siano infinitamente ringraziate ; e sia pur ringraziato quel zelante Arciprete Don Massimiliano Gandini, che da tutto sa trarre occasione per fare del bene alle anime.

FERRARA.

Noi rendiamo vivi ringraziamenti anche ai giovanetti dell'Ospizio S. Carlo Borromeo di Ferrara per la cooperazione che annualmente ci danno secondo le loro forze. Il Signore li benedica e D. Bosco dal cielo, ove fondatamente lo speriamo, li aiuti a percorrere gloriosa carriera. Per loro incoraggiamento pubblichiamo qui la lettera che il Prefetto di quell'Ospizio ci ha trasmesso , in data 5 Febbraio.

« MOLTO REV. SIGNORE,

» Anche in quest'anno i nostri alunni hanno voluto privarsi di qualche soldo a favore dei giovanetti di D. Bosco. È una tenue offerta, ma data di tutto cuore. È l'amico che pensa all'amico. Questa offerta non si è potuto far prima per certi fortunosi casi che accaddero tanto a me in particolare, quanto agli altri di questa casa; ma si è detto: Quod differtur, non aufertur. E difatti quel che prima non si è fatto, si è fatto il giorno di S. Francesco di Sales, nel qual giorno si è fatto ancora in questa Casa la prima conferenza dei Cooperatori, considerando come Cooperatori tutti quanti i giovani, essendovi inscritto il Superiore della Casa.

» Ecco l'ordine che si è tenuto nella conferenza. Alle 10 1/2, entrati in chiesa i giovani cantarono la lode Salve , salve , pietosa Maria, collo stesso ritmo col quale si canta costi all'Oratorio ; quindi il sottoscritto parlò loro di D. Bosco, del suo degnissimo Successore, delle cose fatte nell'anno scorso e da farsi nel presente , delle missioni, e li intrattenne per ben quasi un'ora e mezzo.

» Alla sera poi, dopo il panegirico tenuto pure dall'umile scrivente , si cantò l'Iste Confessor di Mons. Cagliero, e quindi l'ottavo Tantum Ergo della piccola Novena del prelodato Monsignore. Così ebbe termine la funzione di quel giorno, cui speriamo sia tornata di gloria a Dio, ed a consolazione di D. Bosco, il quale dal Cielo guarda sicuramente ancor questi giovani , che cercano di far pur qualche cosa per le sue opere , e d'imitarne lo spirito.

» Voglia pertanto, o Reverendo Padre, accettare la tenue offerta di lire 13 che in un coi loro Superiori fanno gli alunni di quest'Ospizio, mentre con tutta riverenza implorando la sua benedizione per me, per gli altri Superiori e per i nostri giovani, mi sottoscrivo

» Della S. V. Rev.ma

Dev.mo aff.mo figlio

» Sac. GAETANO SCARPARI. »

Sul finire la serie di queste conferenze invernali, crediamo nostro dovere di far ancor un cenno di quelle tenute in S. Aquillina di Rimini, a Pocapaglia e a Scandeluzza, alle quali ci fu uno straordinario concorso e si notò un vero profitto spirituale per quelle anime. A Prignano poi ìn questa circostanza aumentò notevolmente il numero dei Cooperatori. Ne sia lodato Iddio. Per questi buoni Cooperatori e per tutti quei mille altri che non abbian potuto ricordare, noi assicuriamo eterna riconoscenza. Le preghiere dei Salesiani e dei loro giovanetti saranno ognora dirette a pro de' nostri Benefattori.

BIBLIOGRAFIA

Vita del Venerabile P. Benigno da

Cuneo pel Sacerdote P. Gastaldi O. d. M.

Un elegante vol. in 16° di pag. 440.

Dalla penna del Chiarissimo agiografo P. Gastaldi, Oblato di Maria, usciva non ha guari la Vita del Ven. P. Benigno, nato nella seconda metà del xvii secolo, nella Città di Cuneo, la quale ne raccolse pure l' ultimo respiro e ne custodisce religiosamente le spoglie immortali. Delle apostoliche fatiche di questo servo di Dio, onde si narra distesamente e bellamente nel libro che raccomandiamo ai fedeli, fu testimonio l' iutiero Piemonte ed in modo speciale la diocesi di Mondovì, di cui faceva parte Cuneo in quei tempi, quelle di Saluzzo, di Fossano, di Alba e l'Archidiocesi di Torino. Coetaneo del B. Sebastiano Valfrè, di San Leonardo da Porto Maurizio e del Ven. Trona prete dell' Oratorio di Mondovì, ne emulò le virtù e le glorie di che non è a meravigliare se piacque a Dio illustrarne il sepolcro e con non pochi miracoli confermare il concetto di santità in cui era universalmente tenuto.

La vita del Ven. Benigno da Cuneo del P. Gastaldi è condotta sui diversi processi che ebbero luogo nei vari periodi della causa della Beatificazione, ora arrivata al Decreto sulle virtù esercitate in grado eroico, quindi dal lato della storica esattezza e della copia di notizie nulla lascia a desiderare. Il miglior pregio gliene deriva però da quella unzione, che non dovrebbe mai mancare in questo genere di lavori, e che nella Vita del Benigno scorre abbondante da ogni pagina. Alla quale dote se si aggiunga l'eleganza dello stile e la purezza del linguaggio che le fanno leggiadra corona, niente si troverà che difetti di quanto si richiede per farne un capolavoro nel suo genere, come ebbe a dirlo l'egregia Unità Cattolica. Ne raccomandiamo la lettura non solo per queste ragioni, ma altresì ancora perchè dove venga largamente diffusa, concorrerà a promuovere la Causa di Beatificazione del Ven. Benigno, che è uno dei voti che più stanno a cuore all'angelo della Diocasi Cuneese, Monsignor Teodoro dei Conti Valfrè di Bonzo, il quale lo accolse come eredità preziosa dal suo antecessore Monsìg. Andrea Formica di v. m., promotore zelantissimo della Causa del Ven. Benigno. - Si vende presso la Tipografia Salesiana e presso i principali librai in Torino e presso la Curia Vescovile di Cuneo, al prezzo di L. 2, 50.

Elenco dei Cooperatori defunti nel Gennaio e Febbraio

91 Guarda D. Antonio - Locara (Ve 92 Guaiatti Giuseppe Francesco - Trieste (Austria.

93 Guazzarotti I). Arcangelo -.Ancona. 94 Lionello D. Pietro Mosci (V ceci Ca) 95 Longhi Teresa - Jdraeoinello (Novara.

96 Lorenzi D. Lorenzo - Castione (Austria).

97 Lo Russo-Fàrina Sebastiano - Rau esa Inferiore Siracusa).

98 Macagno Angela: fu Michele - MoeAlc-sandria).

99 Mn, nlan 1). Bartolomeo parroco -

100 Mu piva Giuseppe - Tortino.

101 Manciana Provino - Calcinatello (Brescia).

102 Manno Anna vedova Massolino - Cherasco - (Torino).

103 Manzi Luigi - Milano.

104 Margosio D. Giuseppe - Angone (Brescia).

105 Marietti D. Pietro cav. tipografo pontificio - Torino

103 Monete Luigi - Cassana (Genova). 107 Marnetti D. Paolo prevosto - Usseglio (Torino).

108 _Meneghini D. Giuseppe - Arsiero (Vicenza).

109 Metica D. Angelo parroco - Volle Guidino (Milano).

110 Mocci Anna - Bosa (Cagliari).

111 Moralnli chierico Domenico - Prospiano (Milano).

112 Munaretti D. Giovanni - Corlarazone Vicenza).

113 Mussi D. Severino canon. - Asti (Alessandria).

114 Musso-Dupuy Adriana - Legna (Torino).

115 Nono Padre Ma. Pacifico Priore Generale dei Ronútani - Roma116 Nota Sobri doti. Raffaele - Vendimiglia (l'orto Maurizio).

117 Nuara D. Fedele parroco - Teli (Cagliari).

118 Olivieri D. Bartolomeo - Piva (Austria).

119. Ottonelli Maria - Molare (Alessandria).

120 Padre Filippo da Verona - Villafranca (Verona).

121 Padre Giuseppe da Verona, Id. Id. 122 Padre Leonardo da Vestenanova-Id. Id.

123 Pagliassi Antonia nata Gastaldi - (Cuneo).

124 Pa','ori D. Angelo parroco - Caste,),-'a (Milano).

125 Palruubo D. Giuseppe canonico - I'errnini Ivnerese (Palermo).

126 PanceriD.Vincenzo parr.-)Milano. 127 Panieri D. Antonio parroco - Castello sopra Lecco (Conio).

128 Parravieini Luigi - Morbegno (Sondrio).

129 Pasqualotti D. Giovanni parroco - Minerbe (Verona).

130 Pavese D. Marcellino can. Vicario - Frassinello Monferrato (Alessandria).

131 Poco D. Fedele prov. vicario for. - l'onella (Novara).

132 Peloso D. Antonio arcipr. - Reeanca (T,, vi-o).

133 Pente ' do Carlo - Incisa Belbo (Alessandria).

134 Perotto Teresa - Vinovo (Torino). 1'35 Picoolomini conto Luigi - Siena. 136 Polvani I). Luigi parroco - Val eli Chìo (Arezzo).

137 Primo D. Francesco parroco - Cornegliano (Milano).

138 Pronol Costantina - Valdobbiadene (Treviso).

139 Reina Felino - Arona (Novara). 140 Rizzarli D. Celestino - Tajo (Austria).

141 Rivolta D. Giuseppe parroco - Caponago (Milano).

142 Ih,d,;r D, Giovanni canon. -- Porro (Venezia).

143 1.   io 1), Antonio Michele prev. t':rstagnetto l'o (Torino;. 144 Rossi Pietro - Montieelli Pavese 'I',, v-ia ).

145 Rossini alonsig. Gaetano Vescovo - Molfetta (Bari).

146 Rota Mons. Pietro Arcivescovo di Tebe canon. al vaticano - Roma. 147 Sala Marianna nata Ferraris - Torino.

148 Salvatico Laura nata Buglione di Monalo - Salazzo (Cuneo).

149 Saugiorgi 1). Giov. arciprete -- Pideera (Faenza).

150 Sartorelli D. Carlo - Carzano (Austria).

151 Scaletta D. Agostino - Termini I in,crese (Palermo).

152 Sciagnato D. Luigi - Diano Arentino (Porto Maurizio).

153 Sciorati cav. profess. Leonardo - l'o, o lfaarizio.

154 Siunsoni D. Giosn© parroco - Ca- (Treviso).

155 ~~ , ori-Alliand Adele - Madonna Pilone (Torino).

156 :~a,aughoro Giacomo - Palrnanova (Vdiue).

157 Stoppani D. Gaudenzio - Agognate (Novara).

158 Tola Annetta di Nuragus - Cenoni (Cagliari).

159 Villa D. Alessandro parroco - Rolate (Conio).

160 V sintainer Giovanni - Trento (Au161 >alino D Giov. Pietro priore - Cirié (Torino).

162 Zanchetta D. Antonio vice-parroco - laldobbiadene (Treviso).

163 Zorzeuoani D. Antonio parroco - Spereenigo (Treviso).

164 Zuliani nobile Teresa - Perarolo (Belluno)

Elenco dei Cooperatori defunti nel Febbraio e Marzo.

1 Actis Giacinto - Castelrosso (Torino) 2 Anlbrosi l). Antonio Canonico - Ascoli Piceno.

3 Arduino Giacomo - Ormea (Cuneo). 4 Asplanati I). Giovanni. Canonico - Triora (Porto Maurizio).

5 Baracca Francesco - Lugo (Ravenna).

6 Barbetta Antonio - (Torino).

7 Barbi Paolo - Casamorcia (Perugia). 8 Barbi Francesco Marchese -Gubbio (Perugia).

9 Baroncelli D. Tommaso parroco - Fano (Pistoia).

10 Beccuti Giovanni - Sanico ( Alessandria).

11 Bellingeri Priscilla - (Torino).

12 Benedetto Giuseppe fu Antonio - Dr,:ent (Torino).

13 Bortinelli D. Luigi - Mezzano Inferiore (Parma).

14 Biancllessi D. Giuseppe - Salvirola (Cremona).

15 Boccaccio Fedele - Maranzana (Alessandria).

16 Bossatis Ved.va Thorosano Catterina - Barge (Cuneo).

17 Brunetti D. Giuseppe Rettore - Montefoseoli (Firenze).

18 Bruschi Paolo Chierico-(Cremona). 19 Burzio D. Maurizio Can.co Moncalieri (Torino).

20 Cadoni D. Salvatore Vice parroco - Milis (Cagliari).

21 Callori Federico Conto di Vignale Provano Balliani -- Casale Monferrato (Alessandria).

22 Canlerana Contessa Adele nata Arborio di Gattinara - (Torino).

23 Carbonari Annibale - (Macerata). 24 Cassinis Maria (Torinoo.

25 Castoldi D. Pietro Prevosto Vie.°Binasco (Milano).

26 Cerutti Francesco - Sanico (Alessandria).

27 Cerntti Teresa - (Padova).

28 ChelottiElisabetta --Druent(Torino). 29 Chiesa Rosa - (Torino).

30 Ciabatti D. Antonio Can.co - Prato in Toscana (Firenzeo.

31 Clerico Giuseppe - Trezzo Tinella (Cuneo).

32 Conio D. Giuseppe Parroco Tigliole d'Asti (Alessandria).

33 Cnlasso Giuseppe - Trezzo 'Tinella (Cuneo).

34 Delfini D. Paolo Parroco-Castione (Bergamo).

95 Donadio Bartolomeo - Montemale (Cuneo).

36 Emaldi Monsig. Giuseppe - Lugo (Ravenna).

37 Felesina Giovanni Maria - Grossotto (Sondrio).

38 Gentilini Baldassare- Romallo (Austria)

39 Ghersi Commend.re Adolfo - (Torino).

40 Gialdi D. Pietro professore - Desenzano (Brescia).

41 Gibertini D. Salvatore Arciprete - Fornovo (Parma).

42 Giudici D. Donato - Chisone (Bergamo).

43 Grasselli D. Carlo - Coad. - (Milano). 44 Grilli Francesco - Lugo (Ravenna). 45 Liverzani Anna - Brisighella (Ravenna).

46 Lunardi Antonio - Prova (Verona). 47 Mauzieri Giuseppe Ingegnere -Lago (Ravenna)

48 Marchese D . Domenico Can.co - (Genova).

49 MarizzaD. Antonio Vicario - Bruma (Austria).

50 Martinelli D. Gaetano - Concordia (Venezia).

51 Mazzi Assunta - Pallagnedra (Svizzera).

52 Mazzoni Elisabetta Soave (Verona). 53 Melica Maria Vedova Marianti - Argenta (Ferrara).

54 Mensa Margherita - Chivasso (Torino).

55 Mondadori D. Gaetano Arciprete - Argenta (Ferrara).

56 Nicoletti D . Luigi - Transacqua (Austria).

57 Papero D. Giovanni - Cherasco (Cuneo).

58 Pattero D. Giuseppe - Cherasco

(Cuneo).