BS 1890s|1890|Bollettino Salesiano Dicembre 1890

ANNO XIV - N. 12.   Esce una volta al mese.   DICEMBRE 1890

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

AUGURII.

IL Sacerdote Michele Rua augura col più vivo e riconoscente affetto

BUONE FESTE NATALIZIE e BUON FINE e CAPO D' ANNO ai cari e benemeriti Cooperatori e pie Cooperatrici Salesiani.

Agli augurii del Padre s'uniscono gli augurii dei figli, non esclusi quelli che pure di grati cuore mandano ai loro Benefattori i Missionari Salesiani e i selvaggi da loro convertiti.

La Comunione poi che per Privilegio Pontificio i Salesiani ed i loro alunni faranno nella notte del Santo Natale, la indirizzeranno a Dio, affinchè per i meriti del graziosissimo Gesù Bambino spanda sopra i Cooperatori e Cooperatrici l'abbondanza delle .sue grazie celesti e conceda loro un nuovo e felicissimo anno colla perseveranza nel bene.

SOMMARIO.

Nuova partenza di Missionari Salesiani. La carità: pericoli e provvedimenti.

Preghiamo pel Cardinale Alimonda.

Don Rabagliati in Torino e Don Bosco in America.

Un regalo a Don Bosco e le Letture Cattoliche di Torino. Grazie di Maria Ausiliatrice.

I quadri dell'altare maggiore e dell'altare di S. Giuseppe nel Santuario di Maria Ausiliatrice.

Notizie dei nostri Missionari: Dalla Terra del Fuoco - Dal Brasile - Monsignor Pietro Maria De Lacerda. Grazia di Don Bosco.

Notizie varie.

Appendice alle notizie dei nostri Missionari: Don Costamagna di ritorno dall'Equatore.

L'insegnamento del Catechismo e sua necessità. Il Cav. Carlo Dufour.

Passeggiate.

Bibliografia.

Cooperatori defunti.

Indice dell'annata.

NUOVA PARTENZA DI MISSIONARI SALESIANI.

Nel prossimo mese di gennaio partiranno da Torino altri numerosi sacerdoti, chierici, laici e suore di Maria Ausiliatrice per recarsi ad ampliare l'opera di Don Bosco nella Colombia, nell'Equatore, nel Chilì e nella Terra del Fuoco.

Si apriranno nuove Case Salesiane e si porteranno aiuti a quelle che colà già furono impiantate in questi ultimi anni.

Non manca la buona volontà, non manca il sacrifizio per parte di questi giovani nostri compagni, i quali senza alcuna ricompensa terrena abbandonano patria, parenti, amici e quanto hanno di più caro in Europa per recarsi a far del bene alle anime in lontanissime contrade. Ma i mezzi materiali, le ingenti spese pel viaggio, vitto e vestito ove sono

Questo è un quesito a cui seppero rispondere con generosa carità in tante altre simiglianti occasioni i benemeriti nostri Cooperatori e benemerite Cooperatrici. Speriamo anche questa volta copiosi i loro aiuti.

Chi dà ai poveri dà a Dio. Chi coopera per la salvezza delle anime altrui assicura la salvezza dell'anima propria Divinorum divinissimum est cooperare Deo in salutem animarum.

Tra le cose sante e divine è santissima e divinissima il cooperare col Signore nella salvezza delle anime.

Valgano poi anche questa volta a comune conforto ed incoraggiamento le seguenti parole che il venerando D. Bosco indirizzava nella ultima lettera, quasi a modo di testamento del suo cuore, ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane

... Se avete aiutato me con tanta bontà e perseveranza, ora vi prego che continuiate ad aiutare il mio Successore dopo la mia morte. Le opere che col vostro appoggio io ho cominciate non hanno più bisogno di me, ma continuano ad avere bisogno di voi e di tutti quelli che come voi amano di promuovere il bene su questa terra. A tutti pertanto io le affido e le raccomando.

A vostro incoraggiamento e conforto lascio al mio Successore che nelle comuni e private preghiere, che si fanno o si faranno nelle Case Salesiane, siano sempre compresi i nostri Benefattori e le nostre Benefattrici, e che metta ognora l'intenzione che Dio conceda il centuplo della loro carità anche nella vita presente colla sanità e concordia nella famiglia, colla prosperità nelle campagne e negli affari, e colla liberazione ed allontanamento da ogni disgrazia.

A vostro incoraggiamento e conforto noto ancora che l'opera più efficace ad ottenerci il perdono dei peccati ed assicurarci la vita eterna, è la carità fatta ai piccoli fanciulli uni ex minimis, ad un piccolino abbandonato, . come ne assicura il Divino Maestro Gesù. Vi fo eziandio notare come in questi tempi, facendosi molto sentire la mancanza dei mezzi materiali per educare e fare educare nella fede e nel buon costume i giovanetti più poveri ed abbandonati, la santa Vergine si costituì essa medesima loro protettrice; e perciò ottiene ai loro Benefattori e alle loro Benefattrici molte grazie e spirituali ed anche temporali straordinarie.

Io stesso e con me tutti i Salesiani siamo testimoni che molti nostri Benefattori, i quali prima erano di scarsa fortuna, divennero assai benestanti dopo che cominciarono a largheggiare in carità verso i nostri orfanelli.

In vista di ciò e ammaestrati dalla esperienza parecchi di loro, chi in un modo e chi in un altro, mi dissero più volte queste ed altre consimili parole: Non voglio che lei mi ringrazii quando fo la carità ai suoi poverelli; ma debbo io ringraziare lei, che me ne fa domanda. Dacchè ho cominciato a sovvenire i suoi orfanelli, le mie sostanze hanno triplicato. Un altro signore, il Comm. Antonio Cotta, veniva sovente egli stesso a portare limosine, dicendo Più le porto danaro per le sue opere, e più i miei affari vanno bene. Io provo col fatto che il Signore mi dà anche nella vita presente il centuplo di quanto io dono per amor suo. Egli fu nostro insigne benefattore fino alla età di 86 anni, quando Iddio lo chiamò alla vita eterna per godere colà il frutto della sua beneficenza.

Sebbene stanco e sfinito di forze io non lascierei più di parlarvi e raccomandarvi i miei fanciulli, che sto per abbandonare; ma pur debbo far punto e deporre la penna.

Addio, miei cari Benefattori, Cooperatori Salesiani e Cooperatrici, addio. Molti di voi io non ho potuto conoscere di persona in questa vita, ma non importa: nell'altro mondo ci conosceremo tutti, e in eterno ci rallegreremo insieme del bene, che colla grazia di Dio abbiamo fatto in questa terra, specialmente a vantaggio della povera gioventù.

Se dopo la mia morte, la Divina Misericordia, pei meriti .di Gesù Cristo, e per la protezione di Maria Ausiliatrice, mi troverà degno di essere ricevuto in Paradiso, io pregherò sempre per voi, pregherò per le vostre famiglie, pregherò pei vostri cari, affinché un giorno vengano tutti a lodare in eterno la Maestà del Creatore, ad inebriarsi delle sue divine delizie, a cantare le sue infinite misericordie, Amen.

LA CARITÀ PERICOLI E PROVVEDIMENTI.

Anche la carità corre oggi molti pericoli; si son veduti patrimoni, dotazioni, lasciti cospicui per ospedali, orfanotrofii ed altre opere di beneficenza o di culto, andar consumando ed in breve ridursi a minimi termini : altri venire deviati dal santo scopo cui erano diretti dalla ben dichiarata volontà dei pii offerenti, altri per giunta essere rivolti a fini diametralmente opposti a quelli per cui erano stati offerti.

Dovrà per questo venir meno la carità dei cattolici? Non sarà mai! La carità toccò in altri tempi pericoli maggiori, e fu appunto allora che si sviluppò gigante e manifestò tale una fecondità da farne meravigliare i nemici stessi del nome cristiano.

La Storia della Chiesa Cattolica ha pagine d'oro sulla carità dei fedeli nei tempi più difficili e bellicosi.

Giustino, Tertulliano , Dionigi di Corinto ed Eusebio magnificano la liberalità dei ricchi fedeli di Roma verso i fratelli poveri delle provincie, cui inviavano doviziosi sussidi.

Luciano scherniva bensì la fede dei discepoli di Gesù, ma ne esaltava la indefettibile carità.

Giuliano Apostata, che con ogni perfidia cercava di spiantare il Cristianesimo dalla terra , non inveiva forse contro i pagani, che non sapevano fare l'un mille di ciò che i cattolici operavano colla meravigliosa loro carità?

Ma come far fronte ai pericoli? Come assicurare che le nostre elemosine, i nostri legati sortiranno l'effetto desiderato?

Si aprano gli occhi, si operi con avvedutezza e ponderazione.

Nuova vita.

Si son fatte nuove leggi? Orbene la carità ha già presa nuova vita.

Appena si previde che gli enti morali potevano cadere in mano profana, gli araldi della carità gridarono all' erta, e poser mano a nuova forma di istituzioni.

A queste la vostra carità, a queste i vostri legati.

Grazie a Dio anche in ciò i Cattolici Italiani sono bene avviati. Quante caritatevoli società, difatti, non si noverano tra noi indipendenti da protezioni e da mani profane ?

Quante pie unioni maschili e femminili di carità, e per soccorrere i poveri in casa, e per assistervi gli infermi , e per ospitare i vecchi, e per curare la buona educazione della gioventù, e per cento altri salutari effetti, che sarebbe lungo il numerare singolarmente ?

Oltre questa congerie di aggregazioni, aventi carattere privato, le quali si so• stentano con oblazioni ed elemosine, fioriscono poi stupende istituzioni di simil natura, tra le quali l'ottimo periodico la Civiltà Cattolica, nel secondo quaderno di Agosto, ebbe la bontà di annoverare

anche l' umile pia nostra società di S. Francesco di Sales. Non dimentica il citato periodico le opere del Venerabile Cottolengo, degli Artigianelli di Torino, quelle del P. Ludovico da Casoria in Napoli ed in Firenze, quelle degli Artigianelli di S. Giuseppe e di S. Margherita da Cortona in Roma; quella dei Sordomuti, diretta dai benemeriti fratelli Gualandi in Bologna, in Firenze, in Roma.

Dopo ciò opportunamente soggiunge:

« Tutte queste gloriose opere di carità , veramente secondo Cristo , con altre assai, si alimentano della generosità dei Cattolici Italiani, i quali perciò esortiamo a fissar l'occhio in tal campo vastissimo, ogni qualvolta si sentono dallo spirito di Gesù Cristo eccitati ad usare misericordia al prossimo, per ottenere misericordia da Dio.

A queste e simili istituzioni facciano parte del bene che vogliono largire, a queste i loro donativi, a queste i loro lasciti, a queste i loro legati; certi come sono, che tutto, in quel modo che viene dal cuor loro acceso di carità cristiana, così terminerà in frutti fecondi di carità pur cristiana. »

Fate testamento a tempo.

Non facciamo ancor punto su questo argomento, ma vogliamo chiamar l'attenzione dei nostri Benemeriti Cooperatori e Benemerite Cooperatrici sopra altri pericoli.

Vi sono molte caritatevoli persone che intendono lasciare dopo la morte parte di loro sostanze ad opere di culto o di beneficenza, ma non si danno mai premura di fare testamento.

Che il Cielo li conservi ancora a lungo in florida salute; ma e se per avventura fossero sorpresi da male repentino e morissero senza più aver tempo a manifestare per via legale la loro volontà? I loro pii desideri rimarrebbero per sempre inefficaci.

Quando il nostro caro Don Bosco di veneranda memoria, disponevasi per recarsi a Roma per la fausta occasione della consacrazione della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, una nobile Cooperatrice di Firenze gli avea spedito in elemosina lire 500, scrivendogli che ne serbava altre 500; ma non sapeva, se aveva da spedirgliele subito a Torino, oppure conservarle per consegnargliele poi, quando fosse passato a Firenze, per recarsi a Roma.

D. Bosco le rispose, che quanto voleva fare, lo facesse subito, perciò gli mandasse pure subito la sua caritatevole offerta.

Quando dopo poche settimane D. Bosco passava a Firenze, quella nobile signora era già morta, anzi per la rapidità del male non ebbe tempo a far testamento.

Era ricchissima di sostanze e di pii desideri; non avendo eredi necessari, andava sempre dicendo che avrebbe poi lasciato i suoi milioni a pie opere, ed invece mori senza neppure aver lasciato la elemosina per una Messa.

Intelligenti pauca!

Chi ha sostanze da dare a Dio ed ai suoi figli prediletti , che sono i poveri, se non può darle in vita, almeno provveda per tempo per via testamentaria, affinchè la sua carità si compia dopo morte.

Altro pericolo.

Un altro pericolo che può rendere inefficace la carità, viene ricordato dal fatto seguente

Un sacerdote di una città del Piemonte, disposti per testamento alcuni legati a pro dei parenti, lasciava il rimanente dei suoi beni a D. Bosco, già suo compagno di scuola, ben sapendo che ne avrebbe usato non a vantaggio proprio, ma della povera gioventù, e a sostegno delle varie opere di religione e carità, che aveva intrapreso nell'Europa e nell'America.

Il pio testatore adoperava queste espressioni: - In tutto il resto della mia eredità, niente escluso ne riservato, chiamo e nomino a mio erede universale il sacerdote Don Bosco, residente in Torino, fondatore ed amministratore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, ed in sua mancanza chi ne farà le veci ed amministrerà il predetto Oratorio. -

Era dunque chiara la volontà del testatore, e così chiara che il tribunale di prima istanza, a cui alcuni parenti ricorsero per far annullare il testamento, diede una sentenza a noi favorevole. Eppure detti parenti ricorrendo in appello e domandando rinvii ad ogni tratto, riuscirono ad incontrare dei giudici, i quali non solamente invalidarono la prima sentenza già emanata e il testamento medesimo, ma condannarono ancora D. Bosco alle spese del processo e al risarcimento dei danni, per non aver fin da principio rinunziato all'eredità, lasciatagli per soccorrere tante migliaia di poveri figli

Questa sentenza fu da magistrati e da persone intelligenti ed oneste definita per una mostruosità, e con ragione; ma il fatto si è che l'ultima volontà del Sacerdote andò interamente frustrata, e quei beni temporali, che egli aveva raccolti, forse con molti sacrifizi, finirono nelle mani di quei parenti, a cui egli non intendeva di lasciarli., perchè o non ne abbisognavano , o per altri ragionevoli motìvi.

Pertanto se il testatore, di cui abbiamo parlato di sopra, dopo nominato D. Bosco non avesse aggiunto le altre espressioni: - Fondatore ed amministratore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales: - od almeno avesse tralasciato queste ultime: - ed in sua mancanza chi ne farà le veci ed amministrerà l' Oratorio predetto - la sfavorevole sentenza si sarebbe potuta evitare.

Perciò chi vuole per testamento soccorrere persone che fondarono o sostengono opere pie non legalmente riconosciute, deve avvertire attentamente di non usare espressioni, che indichino queste opere medesime, le quali per la vigente legislazione non sono considerate come enti morali e non possono succedere nè ereditare.

Quindi getti l'occhio sopra alcuna delle persone suddette, e nel testamento, sia olografo sia pubblico, non metta che il nome e cognome ed abitazione della persona che egli vuole lasciar erede, e non faccia alcun cenno che appartenga a qualche pia istituzione; altrettanto osservisi delle altre persone che vuol lasciar eredi in mancanza della prima (1).

(1) Per maggior chiarezza mettiamo qui qualche formola di testamento o di legato che potrà servire di norma:

Nomino mio erede universale il sig. (nome, cognome, via e numero dell'abitazione, senza far cenno dell'istituto a cui appartiene e della carica che nel medesimo sostiene).

Lego ecc. (qui si notano i legati ove se ne vogliano fare).

Intendo che questo mio scritto sia considerato come mia ultima volontà, ed abbia forza di testamento; pel che mi firmo (paese, giorno, mese, anno - tutto in parole).   Firma : N. N. del fu, o del (nome del padre).

Altra formola

Lascio o lego al sig. (nome, ecc., come sopra) ed in sua premorienza al sig. (nome, cognome, ecc.).

Questo foglio scritto di mio pugno contiene la mia ultima volontà, ed in fede mi firmo (paese, giorno, ecc., come sopra).   N. N. del fu, a del (nome del padre).

Allora sarà eseguita la sua volontà, senza che alcuno possa per tribunale invalidare quell' atto; ne avranno sollievo i poveri e vantaggio i figli del popolo, ne avrà il tornaconto lo stesso Governo, in quanto che, dov' esso, per le ingenti spese di stato non può giungere a portar soccorso, giungerà a portarlo la carità e la generosità dei privati cittadini, promovendo la pubblica moralità, il buon ordine sociale ed il verace progresso.

Parole di S. Leonardo da Porto Maurizio.

Ci piace finire quest'articolo con opportunissime parole ricavate dalla stupenda predica del Purgatorio , che leggesi nel Quaresimale di S. Leonardo da Porto Maurizio.

« Ecco il bel ricordo, così l' ardente apostolo , che vi mandano quelle anime sante del purgatorio. Anime cristiane, fate bene per voi adesso che siete in vita, perché pochi vi saranno che il facciano per voi dopo la morte.

« Ricordatevi del proverbio assai trito, che fa più lume un candelliere dinnanzi che una torcia dietro le spalle; più vi gioverà una messa che vi facciate dire in vita: che molte dopo morte.

« Fate come un savio e ricco mercante delle riviere di Genova, che, venuto a morte, non lasciò cosa alcuna in suffragio dell'anima sua; ma morto che fu si trovò scritto ne' suoi libri il gran bene che si era fatto per l'anima in vita; ed in fine di quel libro vi era scritto : Chi vuol del bene se lo faccia in vita, e non si fidi di chi resta dopo la morte.

Salutare ricordo che noi di gran cuore raccomandiamo a quanti sono i lettori del nostro Bollettino.

PREGHIAMO pel Cardinale Alimonda.

Giorni fa trepidavamo per la preziosa salute del veneratissimo nostro Arcivescovo di Torino, l'Eminent.mo Cardinale Gaetano Alimonda, che colpito da grave infermità, domandava e riceveva il SS. Viatico. Il buon Dio si mosse pietoso ai voti ardenti di quanti conoscono ed amano questo Eminentissimo Principe di S. R. Chiesa, ed il pericolo fu felicemente superato.

Tuttavia, la sua infermità, se diminuì di forza, non è ancora interamente scomparsa; perciò lo raccomandiamo caldamente alle preghiere dei Cooperatori e delle Cooperatrici.

Questo illustre Porporato fu mai sempre amicissimo del nostro Don Bosco, protettore e benefattore insigne delle opere salesiane e Cooperatore affezionatissimo.

Esaudisca Iddio i nostri voti e conceda al venerando Pastore torinese florida salute e lunga vita.

D. RABAGLIATI IN TORINO e Don Bosco in America.

Il giorno 29 dello scorso ottobre giungeva all' Oratorio il carissimo nostro missionario Don Evasio Rabagliati , attualmente direttore della Casa salesiana di Bogotà ( Colombia). Grazie a Dio ed alla Beata Vergine ebbe un viaggio felicissimo e giungeva tra noi in ottima salute.

Ad ogni visita di Missionari se il nostro cuore esulta nel poter riabbracciare quei confratelli, che al dire di Don Bosco comperano il Paradiso a tanto caro prezzo, i nostri giovani allievi li ricevono con festa ed avidità di sentire mille notizie dal labbro di questi valorosi apostoli, la cui patria non è un palmo di suolo, ma il mondo intero. Perciò la parlata del Missionario è sempre da loro ascoltata con desiderio indicibile.

Fin dai primi giorni del suo arrivo Don Rabagliati volle parlare ai nostri giovani. Aveva campo a dire mille avventure della vita di missionario, ma la nota che più gli era impressa nel cuore ed infuocava la sua parola si era un nome che val quanto un poema, il nome di Don Bosco... « - Don Bosco , diceva egli, ci ha preceduti dovunque. Bastava dire : Siam figli di Don Bosco, per esser subito circondati con affetto e venerazione. Le città del Chili , della Bolivia , della Colombia nelle quali non era ancora mai penetrato un salesiano, eran già piene del nome di Don Bosco, ed al nostro comparire ci vedevamo tra amici e fratelli.

Ma, direte voi, come potè Don Bosco precedere così presto e preparare il terreno ai suoi figli?

Rispondo. In Lima il suo nome era sconosciuto. Un giorno un Padre Francescano di quella città era in alto mare sopra un bastimento che per fiera burrasca stava per naufragare. Aveva letto su quel medesimo bastimento pochi giorni prima la vita di Don Bosco del d'Espiney. Quando ogni speranza era perduta ed il naufragio era imminente, si ricordò di Don Bosco. Promise che, se otteneva lo scampo da quel pericolo, avrebbe tradotto quella vita e l'avrebbe fatta stampare e diffondere in Lima. Il voto era fatto, il pericolo scomparve, e come per incanto tutti i viaggiatori respirarono a salute.

La vita di Don Bosco divenne in breve il libro del popolo limese.

Ed in Bogotà?

Anni sono, quando Don Bosco era a Parigi, una signora di Bogotà ne sentì parlare assai, volle vederlo, volle udirlo.

Fu da Don Bosco mentre una desolata madre lo pregava d'una benedizione per un suo figlio morente. - Sì, rispose D. Bosco, io lo benedirò, ma a patto che domani mattina venga a servirmi la s. Messa. Quella scena parve un mistero.

La signora di Bogotá recossi alla casa dell'infermo, che era già come agonizzante; la mattina seguente intervenne alla Messa di D. Bosco. Il giovane infermo vi era anch'esso pienamente guarito.

Non ci volle di più. Ritornata in patria seppe ben ella far conoscere Don Bosco. La stampa ne parlò, la vita di Don Bosco e la fama delle sue opere in breve si diffusero in Bogotà. Quella signora, ora zelante Cooperatrice salesiana , non ebbe piccola parte in ciò. Il buon Dio ne la rimeriti.

Don Bosco nell'America è ora conosciuto come in Italia. Alla sua morte gli furon celebrati funerali in quasi tutte quelle repubbliche e stati.

La stampa di tutte le città parlò di lui e delle sue opere, e tanta è la venerazione che gli hanno, che i figli suoi arrivano colà sempre desideratissimi ».

Vorremmo riempire tutte le colonne del nostro Bollettino colle eloquenti e per noi tanto consolanti parole di questo valoroso nostro missionario.

Se ci consola col mar di notizie , che ci arreca, teneramente ci commuove col parlarci di Don Bosco con affetto impareggiabile.

Se un voto ci fa col più vivo sentimento del cuore si è che Don Bosco sia ognor più conosciuto ed amato, ed i figli suoi possano, animati dallo spirito di un tanto padre, compiere del gran bene nella vigna del Signore.

UN REGALO A D. BOSCO e le Letture Cattoliche di Torino.

Una delle opere che stavano più a cuore al venerando Don Bosco, si era la diffusione delle Letture Cattoliche da lui fondato e con paziente fatica sostenute per tanti anni. Sarebbe quindi un bel regalo alla sua venerata memoria l'adoperarsi per aumentarne gli associati.

Le Letture Cattoliche di Torino sono una pubblicazione periodica di un volumetto ogni mese, al prezzo di L. 2,25 all'anno per la posta. La materia che vi si tratta è generalmente istruzioni morali , racconti ameni , vite edificanti e dilettevoli. I 500 volumi già pubblicati, i 37 anni di vita florida, i tredici mila associati che la Dio mercè vanno ogni anno aumentando, sono una bella prova della bontà e utilità loro. Innumerevoli sono poi le lodi loro tributate dalla stampa e da molti autorevoli personaggi.

I. - Voce della stampa periodica.

Parecchi egregi scrittori di giornali e di altri periodici ebbero parole del più alto favore a lode delle Letture Cattoliche e ne raccomandarono con ardore l'associazione. Ci piace qui su tale argomento almeno riportare le seguenti parole dei valorosi scrittori della Civiltà Cattolica.

« Invitiamo, così essi, tutti i buoni ad associarsi a questo periodico mensile, che esce sempre ricco di nuova materia per istruire ed allettare i suoi associati, ed insieme premunirli contro la profluvie dei libri perversi. Fondatore di quest'ottima opera è il Reverendo Don Giovanni Bosco , sacerdote del clero torinese, il quale indefessamente attende a mantenere questa associazione, unicamente per mettere un argine ai mali, che produce la rivoluzione dei libri e delle massime protestanti. Le non poche lettere di Sua Santità Pio IX ad incoraggiarlo nell'impresa, le molte pastorali dei Vescovi che raccomandano queste Letture, le persecuzioni mossegli in vario tempo, massime dai protestanti, ed il numero grande d'associati che ricevono i suoi fascicoli provano la bontà del lavoro, e non lasciano dubbio sopra il bene che da esse ne deriva ».

II. - La voce dei Parroci.

Un venerando parroco, tra i moltissimi che ci furon larghi di aiuti e di incoraggiamenti così esprimevasi : « Quanto bene si potrebbe fare se le Letture Cattoliche circolassero nelle mani della gioventù d'ogni comune del Regno. La privata somma di 15 o 20 lire occorrenti per costituire un modesto centro di associazioni, ben si potrebbe dire impiegata al cento per uno. Facciano appello alle anime generose, favorite dal Cielo di mezzi di fortuna, dicano ad esse di assecondare l'impulso dell' Atleta di Maria Ausiliatrice, del venerando Don Bosco! »

III. - La voce dei Vescovi.

« Il libro intitolato Letture Cattoliche, scriveva Mons. Gianotti vescovo di Saluzzo, sia per la scelta degli argomenti, sia per la chiarezza dell'esposizione e dello stile, sia finalmente per la modicità della spesa, ci parve il più adattato all'intelligenza, come ai bisogni del popolo. Persuasi del vantaggio spirituale che ne avverrebbe ai fedeli, raccomandiamo allo zelo dei signori Parroci che suggeriscano ai loro parrocchiani di associarsi a quest'operetta.. »

« All'irrompere di libri osceni e perversi, così il venerando Pastore di Biella Monsignor Losanna , è necessario frapporre libri edificanti e pii : tale scopo si propongono le Letture Cattoliche, le quali per la loro amenità e discretezza di prezzo da nessuno dovrebbero rifiutarsi. Si affrettino i signori parroci e quanti zelano alla conservazione del buon costume nei loro paesi a diffonderne la lettura. »

« Avvertiamo i signori Parroci, diceva il martello dei Valdesi Mons. Charvaz, vescovo di Pinerolo, poi arcivescovo di Genova, essere nostro vivo desiderio che vogliano adoperarsi per la diffusione delle Letture Cattoliche, che coll'approvazione del Sommo Pontefice, si pubblicano mensilmente in Torino. Lo scopo di cotali letture si è di contribuire a mantenere l'integrità della fede e la santità dei costumi nel popolo contro gli sforzi degli empi, che con fogli e libercoli d'ogni maniera si studiano di pervertirlo e di corromperlo. »

E il Rev.mo Monsig. Moreno, vescovo d'Ivrea, scriveva pure a sua volta : « Rinnoviamo con viva istanza ai RR. Parroci e sacerdoti tutte le nostre esortazioni, affinchè promuovano la buona lettura coll' associazione alle Letture Cattoliche. »

IV. - La voce del Papa.

Ma per quanto preziose e valevoli siano tutte queste testimonianze per assicurarci intorno alla bontà ed alla utilità delle Letture Cattoliche, cionondimeno di gran lunga le superano e le parole del Santo Padre Pio IX, di felice memoria, e la raccomandazione fattane a nome suo dall'Eminentissimo Cardinal Vicario.

L'immortale Pontefice in una preziosa lettera che degnavasi di scrivere al venerando Don Bosco, dopo aver lamentato che la fede fosse messa in pericolo da una colluvie di libri e giornali perversi, essendo ad un tempo stato informato che ad allontanare siffatti pericoli e porre ostacolo alle macchinazioni dei nemici della Religione, si pubblicavano e diffondevano i libretti delle Letture Cattoliche, se ne mostrò altamente consolato, e soggiunse : « Non v' ha cosa più eccellente di questa, non vi ha cosa più utile per promuovere ed infiammare la pietà del popolo nihil excellentius, nihil utilius (1).

Altrettanto degnavasi ripetere il sapientissimo Pontefice Leone XIII in una delle ultime visite che l' amatissimo nostro Don Bosco aveva il bene di fargli poco prima di morire.

Alcuni mezzi per la diffusione delle Letture Cattoliche.

1° I Direttori di seminari, collegi, scuole pubbliche e private, i professori, i maestri, gl' istitutori ne raccomandino l' associazione ai loro dipendenti ed allievi.

In molti istituti basterebbe che, fattane la raccomandazione si dicesse agli allievi che ne facciano dimanda per biglietto al Superiore da cui sogliono ricevere gli altri libri.

2° Altrettanto potrebbesi praticare negli educandati ì monasteri ed altri istituti femminili.

3° I signori Cooperatori e le signore Cooperatrici ne parlino coi loro parenti e conoscenti e ci procurino col loro zelo buon numero di associati.

4° In qualche parrocchia negli anni scorsi se ne parlò dal pulpito e poi si delegarono zelatori e zelatrici a raccogliere i nomi e l'elemosina dei nuovi associati. Non sarebbe forse questo un mezzo plausibile ed efficace anche per altre parrocchie?

5° Le persone doviziose mandino una somma considerevole per un conveniente numero di associazioni, onde siano in grado di far leggere le Letture Cattoliche alle loro persone di servizio , a molte famiglie di loro conoscenza e diffonderle in mezzo al popolo nei rispettivi loro paesi e parrocchie.

Altri mezzi anche più efficaci di questi saprà rinvenire la solerte carità dei nostri lettori. Noi li raccomandiamo ben di cuore al loro attivissimo zelo.

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE. Due telegrammi a Don Bosco.

Ci fu consegnata poco fa la seguente relazione, perciò non la potemmo pubblicare prima quantunque abbastanza arretrata.

Era da quaranta giorni che i miei tre figli giacevano oppressi per angina e scarlattina. Si ebbero le migliori cure dei più distinti medici del luogo , ma di guarigione meno che niente.

Finalmente una mattina si sentirono all' improvviso così sollevati dal male che incominciarono a parlare liberamente ed a domandare avidamente da mangiare. Colpito da alta meraviglia attesi ansioso la visita dei medici, i quali più meravigliati di me dovettero constatare un vero miracolo.

Un'ora dopo il mio suocero mi consegnava due telegrammi; uno da lui diretto il giorno innanzi a Don Bosco di f. m., e l'altro era di risposta ed annunziava l'ora in cui si sarebbe incominciata dai suoi giovani una novena a Maria Ausiliatrice; ora l' ora medesima in cui i miei cari figli come per incanto entrarono in piena convalescenza.

Promettemmo allora io e mia moglie un pellegrinaggio al Santuario di Maria Ausiliatrice a Torino.

La promessa era fatta , ma ritardando ad osservarla, una gravissima malattia cinque mesi dopo colpiva mia moglie. Il caso era disperato. Quando mia moglie chiese i Sacramenti mi ricordai di nuovo della novena di Maria Ausiliatrice.

Telegrafai prontamente a Don Bosco e ne ebbi pronta risposta. Il miracolo dei figli si ripetè nella madre. L'ora indicata dal telegramma pel principio della novena, fu pur quella nella quale mia moglie miracolosamente passava da morte a vita. Dopo tanti giorni di letto e di dolori che l' avevano come consunta, all'improvviso si sentì guarita e si alzò subito di letto; ogni male le era scomparso, potè subito nutrirsi e uscire presto di convalescenza.

La nostra visita al Santuario di Maria Ausiliatrice fu fatta , e di gran cuore ringraziammo la Beata Vergine dinanzi alla sua miracolosa effigie delle grazie ottenute.

Chiavari...

N. C. V.

Maria ama i bambini.

Il medico mi disse che ci voleva un miracolo per guarire il mio figlio cinquenne, gravemente infermo. Lo raccomandai a Maria Ausiliatrice ed il miracolo si ottenne. Riconoscente mando offerta per la decorazione del santuario di Maria.

Alessandria, 15 ottobre 1890.

BOGLIANI SEBASTIANO. Maria mi consolò.

Affetta da tre anni da penosa malattia, giudicata da valenti dottori inguaribile senza operazione, mi venne il pensiero nella mia afflizione di ricorrere a Maria SS. Aiuto dei cristiani, ed ecco che dopo tanto soffrire ottenni miracolosamente la guarigione, senza dover subire operazione di sorta.

Sciogliendo la fatta promessa d'una offerta al suo santuario, desidero sia pubblicata tale grazia ottenuta, onde con confidenza sempre si ricorra a questa cara Madre nelle nostre necessità sì spirituali che temporali.

Brà, 1° ottobre 1890.

MARGHERITA MORINO. La Madonna di Don Bosco.

Già altre volte, in bisogni miei e spirituali e temporali, ebbi la bella sorte di sperimentare l' efficacissima protezione di Maria Au siliatrice, venerata costì in Torino, la quale io uso chiamare colle parole La Madonna di Don Bosco.

Or è appunto dietro tali dolci esperienze che io qualche tempo fa, afflitto da un male assai fastidioso massime durante il disimpegno de' miei doveri di scuola, contro il quale avevo usato inutilmente tutti i rimedi suggeritimi da bravi medici miei amici , mi rivolsi di nuovo con viva fede e ferma fiducia alla Madonna di Don Bosco, pregandola a voler ottenermene dal suo Gesù la liberazione e facendo in pari tempo voto di regalare lare L. 50 a cotesta chiesa in Valdocco a Lei dedicata. Essendo io quindi stato pienamente esaudito mi fo premuroso dovere di adempiere al voto fatto.

Invio pertanto alla S. V. molto Rev.da la suddetta somma, pregandola a voler impiegarla in quel modo che crederà bene a decoro di codesta chiesa e ad onore di Maria SS. Madre nostra tenerissima.

Rueglio (Ivrea).

GIANOLA D. MARTINO Maestro.

Offerta a Maria ed una strenna.

Come da promessa fatta, anche quest'anno sono a fare l'offerta per essere stati immuni della grandine, coll'aiuto di Dio e di Maria Ausiliatrice.

Unisco vaglia postale di L. 105; cento è l'offerta annua e cinque da darsi come strenna al più povero orfanello di Don Bosco, affinchè dica una Salve Regina a Maria Ausiliatrice.

Rivignano (Udine), 5 novembre 1890.

CATTERINA OTTELIO.

Salus infirmorum. - Nel passato inverno io fui attaccato dalla pur troppo famosa influenza. Migliorato un po' del primo attacco, fui colpito, come successe a tanti, dalla polmonite con pericolo di morte.

In quelle distrette, non avendo più speranza negli umani rimedi, un mio conoscente che aveva già provato a suo vantaggio quanto sia buona la Vergine Ausiliatrice, si rivolse a questa benedetta Madre, facendo voto, se otteneva la guarigione, di far pubblicare la grazia nel Bollettino Salesiano.

Sia sempre benedetta Maria Ausiliatrice ! Incominciai ben presto a migliorare, ed in breve mi ristabilii in perfetta salute che mi dura tuttora da più mesi.

Adempio in ritardo il voto, per far conoscere che la mia guarigione non fu parziale e passeggera, ma intera e durevole.

Torino, 18 settembre.

P. A.

Da una lettera di una Cooperatrice. - In questa mia troverà un vaglia postale di L. 120; mi furon consegnate da buoni Cooperatori e Cooperatrici, da alcuni

per grazie ricevute, da altri pel Bollettino e da altri infine perchè si preghi secondo le intenzioni degli offerenti. La offerta maggiore è di L. 50, ed è di una pia persona che ottenne da Maria Ausiliatrice una grazia segnalata.

IARDINI TERESA.

S. Vittoria d'Alba, 23 agosto 1890.

Loggia. - La signora Spinello Catterina ringrazia la Vergine per la prodigiosa guarigione della figlia, per la quale più nulla speravasi dal Parte salutare.

Vinovo.- ll sig. Cherasco Natale era fin da fanciullo affetto da epilessia. Venne più volte a domandare la benedizione ed a pregare nel Santuario di Maria Ausiliatrice. Pertanto il male invece di cessare gli crebbe sempre più. Ma crebbe col male la fiducia e la preghiera dell'infermo. Maria Ausiliatrice premiò alfine tanta costanza. L'infermo ora da più anni è affatto libero dal terribile male.

Grugliasco. - La signora Bussa Maria attribuisce all'efficacia di una santa Messa fatta celebrare nel Santuario di Maria Ausiliatrice, l'aver potuto ancora ottenere una somma dovutale da più di 20 anni e che omai non sperava più di ricuperare.

Collegno. - La signora Parachiotti Rosa ringrazia la Beata Vergine per la ottenuta guarigione di una sua figlia ch'era affetta da grave bronchite e febbre tifoidea.

Groppello (Pavia). - La signora Maria Capa fece una novena a Maria Ausiliatrice per la guarigione di una sua figlia già ridotta agli estremi da forte polmonite. Avendo ottenuta la sospirata grazia, manda offerta e fa celebrare una santa Messa.

Caluso. - Il sig. Salvetti Teodoro infermo di fistola, ebbe le cure di valenti medici, ma senza miglioramento di sorta. Dopo un lungo soffrire finalmente si rivolse a Maria Ausiliatrice ed in breve ottenne M sospirata guarigione.

S. Giorgio Scarampi .- Il sig. Serra Luigi promise offerta a Maria Ausiliatrice se otteneva un buon raccolto dai suoi campi. Ottenne quanto desiderava e con piena riconoscenza compie la fatta promessa.

Campo Ligure. - Il M. R. Can. Bernardo Leoncini ringrazia Maria Ausiliatrice e manda offerta per la guarigione della sorella.

Torino (Oratorio). - Il giovanetto Augusto Scarpellino si raccomandò a Maria Ausiliatrice ed ottenne una sospiratissima grazia.

Malo. - La sign. Anna Margari-Cozzi manda un preziosissimo quadro commemorativo d'una segnalatissima grazia.

Ragusa Inferiore - Il Rev. Diac. Calvo Benedetto travagliato da forte catarro al petto e da dolore neofritico, si raccomandò a Maria Ausiliatrice promettendole che se guariva avrebbe man dato elemosina per gli orfanelli della Terra del Fuoco. Ottenne la grazia e ben di cuore manda la promessa elemòsina.

Grognardo. - Il sig. Soave Andrea raccomandò a Maria Ausiliatrice una sua nipote inferma, per la quale nulla si era ottenuto colle medicine. La preghiera a Maria ottenne la sospirata guarigione.

Pensione-Casabianca.-Il sig. Francesco Benedicenti da molti anni aveva male ad un piede. Il male andò sempre ampliandosi e peggiorando, di guisa che dovette sottoporsi all'amputazione della gamba. Il caso era gravissimo, tanto più per la sua età di quasi settant'anni ; perciò ricevette prima i SS. Sacramenti e si raccomandò a Maria Ausiliatrice. In paese temevano forte di non più rivederlo ; invece superata felicemente l' operazione vi potè far ritorno ed in buona salute. Riconoscente, ne ringrazia la Beata Vergine Ausiliatrice e manda L. 100 per i ristauri del suo tempio.

Cuorgnè. - La signora Tarizzo Teresa ringrazia col più vivo affetto Maria Ausiliatrice per sospiratissima guarigione ottenuta, per la quale erasi già perduta ogni umana speranza.

Scrivono riconoscenti, ringraziano Maria Santissima Ausiliatrice per grazie ricevute e mandano offerte i seguenti

Porta Amalia (Sestri Ponente). - Martignoni Germano (Porto Valtravaglia, Como). - Sorelle Porta Emilia e Caterina (Genova). - Sac. Gianmaria Trio, (Putignano-Bari). - Maestri D. Eligio curato (Breguzzo nel Trentino). - Giusto Clotilde (Varazze). - Farinetti Domenico (Rivalta Bormida). - Antonio Bonanomi, (Pontida Bergamo). - Dibernardo Lucia, Portis (Udine). - Robino Biagio (0rsara Bormida). - D. Stefano Blengini arciprete Vicoforto (Moline). - Chierano Margherita (11lontiglio). - Baroselli Orsolina Ganinara (Pavia,). - Una Signora di Borgo S. Martino. - Ch. E. Osella (Torino). - D. Giuseppe Tossii vicario Rocca forte (Val Lurisia). - Sesto Rietardi, Cattabiano di Langhirano (Parma). - Fetta Maria (Torino). - Adele Picco (Messina). - Ferrero Teresa maestra (Lequio Tanaro). - D. Mattia del Frari (Spilimbergo). - Teol. Bernardo Arato (Cavour). Asson Giuseppina (Torino). - Monasterolo Barbara (Beinasco). - Castagneto Clara (8. Giorgio Canavese). - Enrichetta Mortarino Moro (Confcenza). - Artusio Maria (Corniliano d'Alba). - Andriua Domenico, Vialfrè (Ivrea). - Pistono Domenico (Fogliz.zo). - Quaranta Angelo (Forlì). - Marino Maddalena (Bra). - Abelonio Antonio, Priocea (Alba). - Ameri.o Margherita (Bevigliasco). Rostagno Annetta (Pino Torinese). - Vassallo Carlo (Saluzzo). - Raviolo Giovanni (Castiglione). - Benzo Francesco (Casozzo). - D.. Cortavesio Francesco arciprete (Soniano). - Bozello Rosa (Chiusa S. Michele). - Suor Margherita (Nizza Monferrato). - Vignati Antonio Groppello). - Luigi Olivieri (Verona).

(Dalle lettere scritte in lingua francese e spagnuola faremo cenno nei rispettivi Bollettini pubblicati in dette lingue. - Di altre lettere in lingua italiana daremo pubblicazione nelle Letture Cattoliche).

I QUADRI dell'Altare maggiore e dell'Altare di S. Giuseppe NEL SANTUARIO DI MARIA AUSILIATRICE

Ricaviamo dagli scritti dell'indimenticabile nostro Fondatore e Padre la descrizione del due principali quadri ch'egli ideava e faceva eseguire pel gran tempio da lui eretto a Maria SS. Ausiliatrice.

« Il più glorioso monumento di questa Chiesa, così Don Bosco, è l'ancona, ossia il gran dipinto che sovrasta all'Altare maggiore. Esso è opera del Lorenzone, la cui valentia, massime in opere di soggetto religioso, non abbisogna di parole per essere conosciuta. Amici e nemici del valoroso artista riconoscono del pari che in ciò che dicesi sentimento, ossia espressione d'affetto religioso, che parla all'anima e che desta vivi e svariati affetti nel cuore di chiunque rimiri la pittura, egli non è secondo a veruno dei pittori dei nostri tempi. L'altezza del quadro è di oltre a sette metri per quattro. Si presenta allo sguardo come una comparsa di Maria Ausiliatrice nel modo seguente:

« Maria SS. vi campeggia in un mare di luce e di maestà sopra di un trono di nubi e coronata di stelle nonchè del diadema con cui è proclamata Regina del cielo e della terra, Una schiera di angeli, facendole corona, le porgono ossequio come a loro Regina. Colla destra Ella tiene lo scettro, simbolo della sua potenza, quasi alludendo alle parole da Lei proferite nel santo Vangelo: Fecit mihi magna qui potens est. Colui che è potente fece a me cose grandi. Colla sinistra tiene il Bambino che ha le braccia aperte offerendo così le sue grazie e la sua misericordia a chi fa ricorso all'Augusta sua Genitrice.

Nell' alto del quadro sono rappresentati Iddio Padre e lo Spirito Santo. Da essi piovono raggi di luce tutt'intorno a Maria SS. quasi per dirle : Virtus Altissimi obumbrabit tibi : la virtù dell'Altissimo ti adombrerà, ti coprirà; Ave Maria gratia piena: Dio ti salvi, o Maria, tu sei piena di grazia.

« Più in basso sono i Santi Apostoli e gli Evangelisti S. Luca, S. Marco in figura alquanto maggiore del naturale. Essi, trasportati da dolce estasi quasi esclamando : Regina Apostolorum , ora pro nobis , rimirano attoniti la Santa Vergine che loro appare maestosa sopra le nubi. Finalmente in fondo del dipinto avvi la città di Torino con vari divoti che ringraziano la Santa Vergine dei benefizi ricevuti, e la supplicano a continuare a mostrarsi Madre di misericordia nei gravi pericoli della presente vita.

« Nella crociera a sinistra avvi l'altare dedicato a S. Giuseppe. Il quadro è pure opera del Lorenzone. 1l concetto che informa il lavoro è semplice, ma divoto quanto mai, e adatto alla capacità del popolo per fargli conoscere ad una semplice occhiata la sublimità o la potenza del patrocinio del gloriosissiino Sposo della Madre di Dio. Il Santo, ritto in piedi sopra una nuvola , î attorniato da angeli in attegiamenti vari e tutti divoti, ha in braccio il Bambino Gesù, il quale tiene sulle ginocchia un panierino pieno di rose. Il Bambino piglia le rose dal panierino e le dà a S. Giuseppe, e questi a mano a mano le fa piovere sulla Chiesa di Maria Ausiliatrice, che vedesi di sotto. L'atteggiamento del Bambino Gesù è preziosissimo, perchè, rivolto al suo padre putativo, gli sorride con infinita dolcezza. A quel divino sorriso sembra imparadisarsi il Santo Patriarca, e si direbbe che la celeste letizia del Divino Infante si raddoppia col riflettersì in quell'amato volto. A compiere questo delizioso gruppo sta a lato del Bambino Gesù, ritta; In piedi ed in bella movenza, la sua

Santissima Madre Maria Vergine, la quale, in atto devotissimo e tutta rapita nella contemplazione di quel dolce scambio di ineffabile amorevolezza per il suo divin Figlio ed il suo purissimo Sposo, sembra fuori di sè per l'infinita gioia che innonda il suo cuore ».

N B. Il dipinto dell'Altare Maggiore, qui sopra descritto, si può vedere nell'incisione da noi riportata nel numero di Agosto u. s.

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARI.

Fueghini dell' Esposizione di Parigi.

Puntarenas, 15 settembre 1890.

REV mo SIG. D. RUA,

Credo farle cosa gradita annunziandole ch'Ella è stato fatta padrino ad un ragazzo indigeno della Terra del Fuoco, il quale però è già stato in Europa, anzi ha fatto la sua bella figura nell' Esposizione ultima di Parigi. Poverino ! dopo aver reso si bel servigio ai curiosi delle cinque parti del mondo insieme con altri nove, rapiti da un incettatore francese un mese prima dell'apertura di detta Esposizione, da paese cattolìco veniva rinviato alle sue deserte spiaggie natìe ancora ignaro della cognizione del vero Dio e della santa sua religione !

Il primo incontro ch'io ebbi con questo fueghino fu nel giugno p. p., mentre ritornavo da Montevideo, dove ero andato per incarico de' miei Superiori. Vistolo a bordo del vapore, me gli avvicinai, gli regalai qualche cosuccia e cominciai a farmelo amico. Intanto seppi del suo rapimento, del suo trasporto in Francia, della mostra che dovette fare di sè nella mondiale Esposizione, e finalmente che era stato imbarcato a Liverpool senza guida nè proprietario. M'informai se, ritornando alla sua terra, avesse saputo trovare i suoi genitori, e mi parve di no. Pensai allora di farmelo mio per dargli il battesimo e salvarlo. Le mie maniere me lo affezionarono talmente, che non sapeva allontanarsi da me un istante. Giunto a Puntarenas, lo invitai a venire alla nostra Casa, e, chiesto il permesso dal sig. Valdivieso, Governatore del territorio, lo ritenni presso di noi.

Oh quanta gioia provava nel vedersi trattato come uno di noi medesimi! Gli facemmo un po' di scuola, gli insegnammo un po' di catechismo, lo istruimmo insomma in modo da poter ricevere il santo battesimo, il quale gli fu amministrato domenica scorsa, imponendogli i nomi del venerando suo padrino e della madrina Suor Angela Vallese. Egli si chiama Luis Miguel Angel Kalafacte. Il primo è il nome con cui lo chiamavamo i primi mesi della sua dimora tra noi, l'ultimo l'appellativo che gli davano i suoi conterranei fueghini. L'età sua è di circa dodici anni e finora non ci venne ancora dato di trovare i suoi genitori.

Dissi sopra che questo ragazzino era stato portato a Parigi insieme con altri dieci fueghini. Di questi solo cinque rividero la terra natia, tre morirono in Europa e due soccombettero prima di arrivare allo Stretto di Magellano. I cinque superstiti capitarono tutti tra le braccia dei Missionari salesiani, ai quali furono affidati dallo stesso Governatore del luogo. Tre adulti li inviammo alla Missione di Dawson affine di affamigliarizzarli cogli indigeni dei Canali, dei quali sono acerrimi nemici i Fueghini. Però una bella notte, temendo forse le ire di quegli isolani, coll'unica scialuppa che là avevamo se la svignarono, nè più abbiam potuto rivederli. I due ragazzini tenuti nella nostra Casa di Puntarenas vivono allegri e contenti, ed ora sono cristiani e portano l'uno il nome dell'amatissimo nostro Superiore Maggiore, l'altro quello di un insigne nostro benefattore d'Italia.

Il Principe Luigi di Savoia a Puntarenas.

Amatissimo Padre, di questi giorni abbiamo avuto una preziosa visita, che ben si merita ch'io gliene faccia parola. Venne a trovarci il Principe Luigi di Savoia, figlio del compianto Principe Amedeo, accompagnato dall'illustrissimo conte di Falicon, comandante del vapore italiano l'incrociatore Americo Vespucci e vice-governatore del Principe. Visitò con soddisfazione la nostra povera Casa, chiedendo mille svariate notizie degli Indii, dei quali aggradi con vera compiacenza alcuni oggetti ch'io gli presentai. Fermossi ad assistere alla Messa parrocchiale e ad ascoltare la predica ch'io soglio fare a questa popolazione nei giorni di festa. Noi abbiam fatto quanto era in nostro potere per trattarlo il meglio possibile. Egli ci si mostrò molto affabile, strinse a tutti la mano e prima di partire lasciò una bella offerta, per cui gliene siamo riconoscentissimi. Il conte di Falicon volle ci lasciassimo fotografare, in vari luoghi e posizioni, insieme cogli indii che abbiamo in casa, ed egli pure nel lasciarci mi pose in mano la sua offerta. Per ricordo di tale visita ci lasciarono pure una bella e grande bandiera nazionale italiana, che noi tosto inalberammo sulla nostra Casa.

Vorrei ancora parlarle di una visita ch'io feci la settimana scorsa alla Missione dell'isola Dawson, dove, oltre ad altri oggetti, condussi meco cento quintali di pan biscotto (galletta) per i nostri Missionari e gli indii di quell'isola. Questa è la provvisione che loro si manda ogni mese. Quei nostri confratelli incontrano molte difficoltà a far del bene, specialmente per l'incostanza e volubilità di quegli abitanti. Colla pazienza e l'aiuto di Dio sperano però di poter far molto. I principii fanno pronosticare bene.

Qui a Puntarenas coll'aiuto di Dio si va avanti abbastanza bene. Don Fagnano, per assunti della Missione, ha dovuto andare a Santiago; speriamo che ritornerà presto. Nella sua assenza benedica Lei, rev.mo ed amat.mo sig. D. Rua, questa nostra Missione.

Dev.mo ed obb.mo figlio Sac. GIUSEPPE MARIA BEAUVOIR.

DAL BRASILE. Visita di Mons. Cagliero.

Nictheroy (Collegio S. Rosa), 18 settembre 1890.

VENERATISSIMO PADRE,

Finalmente anche i Salesiani del Brasile hanno ricevuto una visita dell'amatissimo Mons. Cagliero. Da varii anni lo aspettavamo; ed or con preghiere, or con lettere tanto abbiam fatto, che fumino esauditi. Monsignore sul finir di luglio s'imbarcò in Montevideo in compagnia del sig. D. Luigi Lasagna, nostro ispettore, per alla volta di Rio Janeiro. Il giorno 28 era aspettato il vapore Équateur in questa vastissima baia. In Collegio da vari giorni si viveva in una vera impazienza; tutti eravamo in azione per preparare un brillante ricevimento a tanto ospite. I giornali cattolici della capitale n'avevano annunziato l'arrivo con parole di encomio all'Apostolo dei Patagoni.

Festevoli accoglienze a Nictheroy.

Nel dì adunque 28 luglio, di buon mattino, dopo aver assistito alla Santa Messa, uscimmo di Collegio in numero di circa 200, preceduti dalla nostra banda, e ci avviammo verso il molo di Nictheroy. Quivi ci attendeva una comoda e bella barca a vapore. Non le descrivo l'entusiasmo, l'allegria dei nostri giovanetti ! Erano le sette del mattino. Al suono della banda il vaporino levò l'àncora, e, salutati da immenso popolo sparso per la spiaggia, ci spingemmo incontro all'Équateur, che precisamente a quell'ora entrava in porto. Giunti a poca distanza si inalberò la bandiera del nostro Collegio ; i musici diedero fiato agli strumenti, mentre da tutti, agitando fazzoletti e cappelli, si fe' risuonar la baia di fragorosi evviva e di grida di gioia a Monsignor Cagliero, che andarono crescendo man mano che il nostro battello s'avvicinava all'Équateur; e quando potemmo scorgere le sembianze dell'illustre missionario, accompagnato dal non meno caro nostro Ispettore, fu un vero delirio !

Erano con noi, oltre il sig. D. Giordano, direttore del Collegio di S. Paolo, e il signor D. Carlo Peretto, direttore della Casa di Lorena, altri distinti personaggi e nostri intimi amici e benefattori che mi piace qui ricordare. L'illustrissimo sig. Commendatore Guglielmo Morrissy, il primo che accolse i Salesiani qui in Brasile, uomo infaticabile nel promuovere ogni sorta di bene e conosciuto ed apprezzato in tutta questa vastissima Repubblica; il sig. Commendatore Antonio Benevides, altro dei primi e più cari nostri amici ; il signor Dottor Saladino de Aguiar, colui che in S. Paolo lavorò con tutte le sue forze per ottenere i figli di D. Bosco, sacrificando le proprie occupazioni per raccogliere elemosine ed offerte per la fondazione di quella Casa; il molto rev.° Padre sig. Gian Battista Gomes, compagno al dottor Saladino nel cercare mezzi pel Collegio di S. Paolo ; il molto rev., Padre sig. Gian Paolo, coadiutore della Parrocchia di Lorena e grande amico dei nostri confratelli di quella città ; il sig. Dr. Narciano da Silva Pontes e altre persone a noi benevole.

Appena l'Équateur ebbe gittato l' àncora, Monsignore discese frettoloso e fra pochi minuti fu in mezzo a noi, accolto da mille ovazioni e dalla musica. Allora tutti gli alunni in fila passarono a baciar l'anello di Monsignore e la mano al carissimo sig. Ispettore. Che gioia, che soddisfazione si provava in quei momenti ! E tosto rivolta la prora verso Nictheroy ci avviammo al Collegio distante da questa città non più che una mezz'ora. Alla spiaggia di nuovo numerosissimo popolo ci attendeva; sei tramways particolari ci trasportarono a S. Rosa. Lungo il tragitto fuochi e musica e grida d'esultanza che attraevano da ogni parte un mondo di gente. Alle 10 eravamo in Collegio, ove pure ci aspettava un'eletta di nostri amici e cooperatori; l'entrata era stata graziosamente addobbata con mille maniere di piante e di fiori, formando archi di trionfo; sulla porta principale leggevasi

JOANNI CAGLIERO EPISCOPO MAGIDANO CLARISSIMO LAETI LIBENTER PLAUDIMUS.

Monsignore e D. Lasagna celebrarono la S. Messa, a cui assistettero gli alunni e molta gente del vicinato.

Al pranzo presero parte vari Cooperatori salesiani, che ben presto rimasero maravigliati dell'amabilità ed insieme della franchezza di Mons. Cagliero.

Dopo quattro giorni di dimora in S. Rosa Monsignore partì per visitare le Case di San Paolo e di Lorena. Quivi si ebbe una splendida accoglienza, ma non si fermò che un giorno, giacchè doveva al ritorno di S. Paolo celebrarvi la festa di S. Gioachino. A San Paolo mirabilia!!! In quei giorni si trovavano in S. Paolo quattordici Vescovi brasiliani radunati a conferenza per intendersi circa il Concilio Nazionale che dovrà tenersi nel prossimo anno. Da S. Paolo Monsignore si recò a Itù, ove i RR. PP. della Compagnia di Gesù hanno un fiorentissimo Collegio frequentato da oltre 400 alunni che vi accorrono da ogni parte del Brasile. Là si incontrò col nostro veneratissimo Vescovo Mons. Pietro Maria de Lacerda, grande nostro amico ed insigne benefattore nel Brasile.

Dopo una dimora di quindici giorni Monsignore, accompagnato da D. Lasagna e da D. Giordano, ritornò a Lorena, dove pontificò per occasione della festa di S. Gioachino, patrono di quel Collegio. Ebbe splendidissima accoglienza dal conte Moreira Lima e dal fratello barone di Castro Lima, insigni benefattori di quella nostra Casa. Da Lorena si recò nella Provincia (presentemente Stato Federale) di Minas Geraes per visitare in S. Joào d'El-Rei una Casa con vastissimo terreno che si vuol dare ai Salesiani. Colà fu pure ricevuto con grandi dimostrazioni, poichè erano ad aspettarlo, oltre il rev.mo Parroco e altri Sacerdoti, l'intiera popolazione con musica e fuochi d'artifizio.

La Festa di S. Luigi Gonzaga.

Finalmente ai 19 d'agosto fu di ritorno fra noi. Nel dì 31 si fece la festa di S. Luigi Gonzaga. Al mattino Monsignore conferì il sacro presbiterato a due dei nostri confratelli. La Messa solenne eseguita in musica da un bel coro dei nostri alunni fu celebrata dal sig. Ispettore; Monsignore assistè pontificalmente.

Dopo la Messa vi fu la conferenza ai Cooperatori e Cooperatrici salesiani ; fu tanta l'eloquenza, tanto lo zelo, tanto l'ardore con cui Monsignore parlò, che tutti ne erano rapiti.

Il pranzo fu onorato da molti illustri signori, fra cui i già mentovati fratelli conte Moreira Lima e barone di Castro Lima. Vi furono brindisi a profusione : alla Congregazione Salesiana, a Monsignore, al Vescovo Diocesano Mons. Pierto Maria de Lacerda ed alla prosperità dell'opera di Don Bosco nel Brasile.

Alle ore 4 pom. ebbe luogo un'accademia musico-letteraria in onore dell'illustre ospite. Alla funzione della sera fece il Panegirico di S. Luigi il sig. Ispettore, il quale, benchè residente in paese ove si parla lo spagnuolo, pure possiede e parla con arte anche la lingua di Camòens.

Usciti di chiesa vi fu grande illuminazione e fuochi nei cortili del Collegio, immenso popolo, musica interrotta da calorosi evviva a Mons. Cagliero.

Il giorno appresso cominciarono gli esercizi spirituali pei giovani, dettati da D. Lasagna, e, se ne raccolse copiosissimo frutto.

Ed ora debbo dirle della partenza, che fu ai 5 di settembre. Commovente al sommo fu l'addio. I nostri giovanetti piangevano e non finivano più di far ressa attorno all'amatissimo Monsignor Cagliero, che benedicendoli e animandoli alla perseveranza nel bene, dovette farsi violenza e partire. Fu accompagnato a bordo dell'Europa da vari confratelli e da alcuni nostri Cooperatori. A quest'ora si trova in Montevideo, e di là farà ritorno alla sua diletta Patagonia.

Veneratissimo Padre, la visita di Monsignor Cagliero al Brasile produsse un bene straordinario. Noi tutti ricevemmo nuova lena e coraggio per lavorare indefessamente al bene di tanta gioventù sì abbandonata in questo paese. Dio benedica e torni ognor più efficace lo zelo e l'infaticabile carità di Monsignor Cagliero, che sì al vivo ci ricorda le belle doti del Santo nostro Fondatore.

Gradisca, veneratissimo Padre, gli ossequii e i più vivi sentimenti di amore di questi suoi figli del Brasile; benedica questa Casa di S. Rosa. Le bacio riverentemente la mano e mi professo

Di V. S. Rev.

Umil.m° e obb.m° figlio Sao. COGLIOLO PIETRO.

Mons. PIETRO MARIA DE LACERDA.

Il 15 novembre u. s. un telegramma da Rio Janeiro ci annunziava la morte di Monsignor Pietro Maria De Lacerda, vescovo di San Sebastiano o Rio Janeiro, capitale del Brasile. Questo prelato era nato in quella città il 21 gennaio 1830 ed era stato preconizzato Vescovo dalla cara memoria di Pio IX nel Concistoro segreto del 24 settembre 1868. Venuto in Torino nell'anno 1877 si degnò di accettare l'ospitalità offertagli da D. Bosco, e rinnovò le vive istanze, acciocchè gli fossero concessi alcuni Salesiani per la vasta sua Diocesi. D. Bosco dopo alcuni anni lo accontentò, ed egli li accolse e li trattò con un affetto più che paterno, mantenendo ad oltranza la promessa fatta a D. Bosco : I suoi figli saranno i miei figli. Il Collegio d'arti e mestieri di S. Rosa in Nictheroy fu sua fondazione, e deve in massima parte a lui tutta la sua presente prosperità. Quivi egli più volte all'anno andava a trovare un po' di sollievo e di conforto alle gravissime cure che lo opprimevano in mezzo ai figli di Don Bosco e suoi ed ai tanti giovanetti operai da lui beneficati.

Noi raccomandiamo la sua bell'anima alle preghiere dei nostri Cooperatori e Cooperatrici, mentre per parte nostra cercheremo coi suffragi della Chiesa di sdebitarci, per quanto è possibile, dell'obbligo di profonda gratitudine che a lui ci lega.

NOTIZIE COMPENDIATE,

Guardia Pringles (Patagonia). - Così ne scrivono in data 29 agosto scorso le Suore di Maria Ausiliatrice colà stabilitesi

« Alla scuola abbiamo un discreto numero di ragazze ; si diportano benino e danno prove che approfittano del poco bene che si procura far loro.

Mediante lo zelo di Mons. Cagliero si è potuto iniziare la Società delle Figlie di Maria per le giovinette e quella del S. Cuore di Gesù per le donne. Della prima si videro presto i fiori, poi anche i frutti, perchè cominciarono quasi subito a non voler più frequentare i balli molto usati in questi paesi e ancor più pericolosi che non in Italia, a desiderare la istruzione religiosa e ad essere ansiose di ricevere i Santi Sacramenti. - Ma non fu lo stesso della seconda, fondata nel dicembre del 1889. Già eravamo alla fine dell'aprile di quest'anno, che ancora non avevamo potuto indurre se non due o tre associate a compiere almeno la santa Pasqua. Ma arrivato il bel mese di maggio, mese dei fiori e delle grazie, Maria ha toccato quei cuori. Dopo d'esserci a Lei raccomandate per tutto il suo mese, verso la fine scrivemmo una letterina d'invito a ciascuna madre di famiglia. Oh miracolo ! La prima domenica di giugno, giorno fissato per la Comunione, quasi tutte le donne del paese s'accostarono ai SS. Sacramenti. Fra queste ve ne furono parecchie che ricevettero in quel giorno la loro prima Comunione ed altre non poche che da dieci e più anni stavano lontane dai Sacramenti. Alcune, a cui non fu possibile di andare in quel giorno, vennero a dirne il motivo ed a promettere e che s'accosterebbero al più presto possibile, come infatti fecero. Deo gratias !

Le famiglie indie continuano ad esserci molto amiche. Per la festa di Maria Ausiliatrice vi furono pure molte Comunioni. Le ragazze cantarono per la prima volta la Messa degli Innocenti del rev.o D. Costamagna, ed alla sera il Succurre miseris e una lode del medesimo. Fu una festicciuola semplice sì, ma devota.

La casa che abitiamo presentemente l'abbiamo in affitto; però se ne sta costruendo per noi una benchè piccola vicina alla Chiesa. Non sappiamo ancora se di quest'anno la potremo abitare perchè, per mancanza di mezzi, vi lavora attorno un solo muratore. Abbiamo pure già incominciato a raccogliere nella nostra casa alcune orfanelle. »

Missione di S. Raffaele (Isola Dawson). - Le medesime Suore di Maria Ausiliatrice nell'Isola Dawson fanno per le ragazze e le donne press'a poco quello che i Salesiani per gli uomini ed i ragazzi. Radunano quelle povere bambine colle loro madri, insegnano loro a farsi un po' di pulizia, le vestono decentemente, le raccolgono nelle scuole e fanno loro imparare un po' di catechismo, a leggere, scrivere e far di conto. Già hanno provveduto una divisa uniforme per i fanciulli e le fanciulle, i quali la portano nei giorni festivi quando vanno alle funzioni religiose e alla scuola. Ora stanno procurandone altra per gli uomini e le donne.

Presentemente quivi si sta fabbricando una nuova Cappella di legno (come sono tutte le case), essendo insufficiente, anzi inservibile il corridoio stato addobbato a cappella provvisoria.

Gli Italiani nel Brasile. - Ricaviamo da una lettera che ne scrive il Sacerdote salesiano che attendo alla cura spirituale degli infermi nell'Ospedale di S. Paolo nel Brasile : « Per chi vuol meditare qui non ha bisogno di libri. Oli! quanto eloquentemente parlano al cuore le miserie della vita umana ! Oh ! quanto è mai triste il fine che hanno in questo inondo stesso il vizio e le passioni mal raffrenate... ! In questo Ospedale vi ha ogni genere di malattie ed ogni sorta di persone. Oltre ai brasileni ed ai negri nativi od oriundi dall'Africa, vi sono pure di varie nazioni d'Europa. Ci costa molta fatica l'istruire e preparare a ben morire i negri, i quali passarono quasi tutta la loro vita nell'orribile stato, della schiavitù e non ebbero altra educazione fuori di quella delle sferzate. Ma quello che più fa pena a noi italiani è il trovare qui a gemere ed a soffrire tanti nostri connazionali venuti in cerca di fortuna. Muove proprio fino alle lagrime la narrazione delle miserie e dei patimenti avuti a soffrire nei bei principii del loro arrivo, patimenti e miserie che li riducono in breve inetti al lavoro e costretti a rifugiarsi, se pur il possono, negli ospedali. Oh ! quanti appena arrivati, pentiti farebbero tosto ritorno alla diletta patria se ne avessero i denari necessari ! Molti di questi nostri buoni italiani per aver lavoro si spargono nelle estese campagne e negli sterili boschi distanti leghe e leghe dagli abitati e dalle chiese, e là vivono poco diversamente dalle bestie, lungi dai Sacramenti e dimentichi affatto di ogni pratica di pietà. Povera gente ! - Non è piccola consolazione per quei fortunati che trovano ancor modo di venire all'Ospedale a finire i loro giorni e trovare quivi un Sacerdote che parla il linguaggio natìo e loro ricorda e fa gustare le pure gioie di quella religione che han professato in patria. Ma questa sorte non tocca a tutti. Oh ! quanti miseramente periscono fra le deserte steppe senza poter sentire la dolce parola del Sacerdote ! Oh ! quante famiglie solite in patria udire ogni festa la calda ed amorevole parola del parroco che le esortava al dovere, vivono ora sconsolate, prive d'ogni speranza d'aver un simile conforto nemmeno in fin di vita ! »

Italiani, udiste ? Voi che fate conto di emigrare nel mondo della falsa cuccagna, pensate bene prima d'avventurarvi, provvedete ai casi vostri.

GRAZIE DI D. BOSCO.

Molti ci mandano relazioni di grazie che essi dicono d'aver ricevuto per intercessione di Don Bosco ed insistono perchè ne facciamo pubblicazione nel Bollettino.

Quanti credessero d'aver ricevuto di tali grazie, ce ne scrivano pure, che le loro lettere saranno sempre bene accolte, tanto più dacchè si iniziò il processo di Beatificazione del caro nostro Padre presso la Curia Arcivescovile di Torino.

Ma in quanto a pubblicazione non possiamo per ora appagarli.

Sarebbe poi pregio dell'opera se siffatte relazioni fossero confortate con attestati di autorevoli testimoni, specie poi di medici se si tratta di guarigioni; e meglio ancora se fossero munite del visto dell'autorità ecclesiastica parrocchiale e vescovile.

NOTIZIE VARIE.

I figli alla tomba del Padre. - Prima e dopo la solenne commemorazione dei defunti fummo coi giovanetti del primario Oratorio di Don Bosco a Valsalice a pregare su quella tomba che racchiude le spoglie mortali del nostro indimenticabile Fondatore e Padre.

Oh ! quante cose ci parla al cuore quella tomba! Ed è per questo che vi ci sentiamo attirati e di frequente la visitiamo ! Frequenti pure sono colà le visite di Cooperatori e Cooperatrici non solo di Torino. ma di paesi lontanissimi. Colà si riaccende l' amore verso Don Bosco ed alle sue opere, si prega con la più viva espansione e ci par che quelle ossa parlino con noi, e si uniscano alla nostra preghiera perchè più agile sollevisi al trono dell'Altissimo.

Pregammo per lui, pregammo per le sue opere, pregammo pei Cooperatori e per le Cooperatrici, e con gli occhi inumiditi dal pianto partimmo di là; ma vi lasciammo il cuore.

I giovanetti alla preghiera unirono il canto ed eseguirono in facile melodia le seguenti strofe di un inno intitolato

ALLA TOMBA DI DON BOSCO.

Presso l'augusto avello Che, padre mio, ti cela Così quest'orfanello L'interno affetto svela.

T'amo: ed in quest'esiglio Guida il mio lasso piè, Puro sarò qual giglio, D. Bosco, io vengo a te.

Lasciasti del glorioso

Tuo nome la virtú? Ripeto ora festoso

« Egli mio padre fu. »

Son di D. Bosco figlio, Ei pensa ognora a me; Deh mi rivolgi il ciglio; D. Bosco, io vengo a te.

Alla visita fatta dai giovani studenti il Superiore che li accompagnava lesse il seguente indirizzo

PADRE CARISSIMO,

In numero di oltre a cinquecento vengono alla vostra tomba i vostri figli studenti dell'Oratorio in sul principio del nuovo anno scolastico 1890-91.

Di quelli che due mesi fa qui raccoglievansi prima di partire per le vacanze autunnali, in numero di oltre ottanta indossarono l'abito chiericale e con nobile slancio seguirono la voce di Dio che li chiamava ad ingrossare le file dei sacri leviti. Ancor pochi anni e poi sparsi pel mondo e nelle civili e nelle selvaggie contrade lavoreranno da indefessi apostoli per convertire anime a Dio.

Don Bosco carissimo, l'esempio vostro è seme fecondo di frutti incessanti.

Questi giovanetti che or circondano con affetto la vostra tomba anch' essi hanno spiriti ardenti e santi affetti. Anch'essi qui convengono a prendere magnanime risoluzioni!

Se i figli del secolo sono in movimento per imprese più o meno nobili, più o meno commendevoli, non dormono, non neghittiscono gli allievi del vostro Oratorio, di quell' Oratorio in cui non son morti i palpiti del vostro cuore e per sempre vive il vostro spirito di mansuetudine e di fortezza, di studio e di operosità.

Gli allievi dell' Oratorio si studieranno ognora di inspirarsi ai vostri gagliardi esempi e rendersi sempre degni di chiamarsi con vanto che consola il cuore

figli di Don Bosco.

Cari giovani, qui sulla tomba del nostro Padre ponete la vostra recano per promettere a Don Bosco di essere degni suoi figli. Un anno scolastico è breve ; ma può essere fonte per voi di frutti preziosissimi. Questa tomba vi parli all'intelletto e al cuore. L'Angelo dei sepolcri vi dice: Qui son racchiuso, o giovani, le spoglie mortali di uno dei più grandi uomini del secolo vostro, di uno dei più attivi operai della religione e della carità, di colui pel quale uno sterminato numero di giovani, al pari di voi, hanno tetto, pane e scuola. - Ma come si formò dal nulla in cui nacque alla grandezza delle opere che ci lasciava in morte ? - Collo studio e colla pietà.

Studiato anche voi, vi dice Don Bosco, studiato e coltivate la pietà. Queste son le due ali che vi solleveranno a voli sublimi. Farete del gran bene nella società, nella Chiesa ed allo animo vostro.

Padre carissimo, sì, lo studio e la pietà saranno anche in quest'anno fiorenti nell'Oratorio, i vostri figli ve ne danno solenne promessa.

Esaudisca Iddio le preci e gli ardenti voti che noi facciamo per P anima vostra, e ci aiuti a vivere in modo da consolare il vostro paterno cuore, e rendere sempre più accettevoli a voi, o Don Bosco, i vostri figli dell'Oratorio.

Alla visita fatta dai giovani artigiani prese la parola il Direttore del Seminario delle Missioni estere in Valsalice, il Teol. D. Giulio Barberis.

Egli, che è il custode della tomba di l). Bosco, ha sempre parole di. efficacissima eloquenza che trascinano ad amar Don Bosco d'un amore tenerissimo ed incancellabile.

Non alzammo la voce per ripetere il grido di una volta : Evviva Don Bosco , perchè l' aspetto di una tomba è sempre mesto, ma ben sospirammo col cuore elio lo spirito di Don Bosco viva in noi, nei nostri allievi , ed aleggi fecondo di benedizioni sui nostri Cooperatori e Cooperatrici.

I Salesiani a Trino. - Il 19 dello scorso ottobre in Trino (diocesi di Vercelli) aprivasi ed inauguravasi solennemente la nuova Casa Salesiana, di cui già abbiam fatto cenno in altro numero.

I voti di ottimi nostri Cooperatori di quella città sono compiuti. Anni sono un venerando Padre Domenicano, che risiedeva in quella città, venne nella felice determinazione di impiantare un Oratorio festivo per ragazzi. Coll'aiuto di buoni Terziari del suo Ordine gettò le fondamenta di una chiesa dedicata al S. Cuore di Gesù. Ogni festa accorrevano colà al lavoro i detti Terziari, ma l'opera procedeva lentamente.

Il zelante Parroco del luogo fece allora coniare medaglie coll'immagine del Cuore di Gesù e col ritratto del S. P. Pio IX di venerata memoria, e vendendole al prezzo di 10 centesimi l'una potè radunare un po' di denaro ; altri sussidi ottenne da pie persone, ed in pochi anni la chiesa fu eretta. Nel 1885 veniva benedetta ed aperta al pubblico. S'incominciò l'Oratorio festivo, che prese presto a fiorire e produrre buoni frutti stante la solerte cura del buon Parroco.

Nel 1889 moriva in Trino il Canonico Montarolo, insigne Cooperatore salesiano. Proprietaria del terreno su cui era stata eretta la chiesa e delle case annesse, morendo lasciava erede universale di quelli e degli altri suoi beni il sullodato Parroco, colla clausola clic presso la detta chiesa fosse innalzato un palazzo da offrirsi al sacerdote D. Michele Rua per l'impianto di un istituto di educazione.

Il pio desiderio dell'ottimo Canonico e gli ardenti voti dei Cooperatori Trinesi ottennero compimento.

La solenne apertura di questa Casa celebravasi poi con felice incontro con altra carissima festa, che tutta allietava la città. In quel medesimo giorno la Società operaia cattolica di Trino inaugurava solennemente la sua splendida bandiera coll'intervento delle rappresentanze numerose di Società operaie e Pio Unioni di altre città e paesi.

Ad accrescere splendore e solennità erano intervenuti i venerandi prelati Monsignor Riccardi, vescovo di Novara, e Monsignor Leto, titolare di Samaria. Le sacre funzioni furono accompagnate da scelta musica, eseguita dai giovani cantori del nostro Oratorio di Torino, e per la città e nel nuovo Collegio echeggiarono gli armoniosi concenti della nostra banda musicale che era stata invitata colà per così fausta occasione.

Il Sacratissimo Cuore di Gesù a cui è dedicata la bella Chiesa salesiana di Trino e l'Istituto annesso benedica e protegga quella pia Opera e quanti concorsero ad impiantarla.

Raccomandiamo poi alle preghiere di tutti i Cooperatori e Cooperatrici l'anima pia del Canonico Antonio Montarolo, alla cui carità specialmente devesi l'erezione di questa nuova Casa salesiana.

A modo di nota ci sia poi lecito di fare qui un'osservazione alle pie persone che volessero lasciarci qualche parte dei loro averi a pro della pia nostra Società, che non impongano cioè la condizione impostaci dal sullodato canonico. Primieramente perchè non potremmo così presto e forse mai trar partito della loro carità ; secondariamente perchè potremmo forse utilizzar meglio per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime i beni che ci lasciassero senza la detta condizione. Infine poi non devesi dimenticare che dopo morte giova grandemente a suffragio delle anime che i beni lasciati subito servano a pie e sante opere, e non rimangano dimentichi ed infecondi.

Una preziosa visita. - (Dal N. 22 della Voce dell'Operaio). - Nella circostanza dell' annuale festa patronale che gli operai (torinesi) della Sezione di S. Gioachino celebrarono, secondo il solito privatamente, l'ultima domenica di ottobre, la riunione straordinaria riuscì memorabile per l'intervento del venerando D. Michele Rua, superiore della Congregazione salesiana, presidente onorario della Sezione; il quale fu ricevuto dall'Assistente ecclesiastico, dai vice-Assistenti, dal predicatore, da vari ecclesiastici dal presidente generale dell' Unione, da un vice-presidente e dal computista, nonchè dalla Direzione della Sezione. Il reverendissimo D. Rua presiedette la seduta, ed in fine, dopo generale istanza, parlò con quella popolarità che caratterizza i figli di D. Bosco, e seppe trovare nel paterno suo cuore e nella sua mente illuminata consigli ed istruzioni tali e così adatto che migliori non si potrebbero desiderare. Fratellanza, unione, coraggio, fortezza cristiana, spirito di sommessione, guerra al rispetto umano, zelo di propaganda, buon esempio, ubbidienza alle autorità, alla Chiesa, al Papa, tutto questo entrava nel discorsetto di D. Rua, e il tutto svolto in maniera così pratica che non ci resta altro che dire : « Orsù, all'opera ; facciamo quello che ci ha detto D. Rua. » La Sezione ricorderà sempre questa onorevole e graditissima visita del signor D. Rua, e spera che questo venerando Apostolo non avrà mai per l'avvenire a lamentarsi co' suoi membri di non aver essi posto in pratica le sue parole.

Preghiere pei Benefattori e per le Benefattrici del Santuario di Maria Ausiliatrice. - Siamo lieti di annunziare che nei giorni 26, 27 e 28 dello scorso ottobre, celebrandosi nel Santuario di Maria Ausiliatrice in

Torino le solenni QUARANT'oRE, si fecero speciali preghiere per i Benefattori e le Benefattrici della Chiesa stessa. Nel manifesto che s'era fatto stampare per l'occasione da affiggere alle porte di tutte le chiese della città leggevansi le seguenti parole

Tutte le preghiere, le sacre funzioni e le altre pie pratiche che avranno luogo in detti giorni, saranno indirizzate per implorare le celesti benedizioni sopra i Benefattori e le .Benefattrici che concorsero e concorreranno a sostenere le ingenti spese per la decorazione di questo sacro Tempio.

Furono tre giorni di festa pel nostro Santuario. Le sacre funzioni riuscirono grandiose : l'adorazione fu frequentatissima e le Comunioni generali alle Messe delle ore 6 e delle 7 1/2 furono numerosissime.

Qui non restringesi la nostra riconoscenza presso l'altare di Maria per i Benefattori e le Benefattrici delle opere nostre, ed in ispecie per quelli che ci aiutano nella decorazione del tempio di Maria Ausiliatrice, ma di loro facciamo memoria ogni giorno nelle nostre orazioni e pie pratiche. Con noi s'uniscono tutti i nostri giovanetti, le cui preghiere e Comunioni speriamo siano bene accette al cospetto del Signore ed al Cuore dolcissimo di Maria Ausiliatrice.

Macerata. - Grazie a Dio ed al potente aiuto dei Cooperatori di Macerata si aperse colà una Casa salesiana. Il giorno di S. Carlo, 4 novembre u. S. se ne fece solenne inaugurazione coll' intervento dell'illustre Vescovo di quella città e di ragguardevoli signori.

Nello stesso giorno fu pure benedetta dal prelodato Vescovo la cappella dell'Istituto.

San Giuseppe, a cui è dedicata questa nuova . Casa, la prenda sotto la sua valida protezione e la renda feconda di frutti consolanti ed abbondevoli.

Gli zelanti Cooperatori di Macerata che già tanto fecero a pro della pia nostra Società, vogliano continuarci il loro appoggio ed il loro aiuto per quella e per le altre opere Salesiane. Noi continueremo a pregar per loro, affinchè la Beata Vergine Ausiliatrice ne li ricompensi larghissimamente ed implori per loro dal suo Divin Figlio le più elette grazie e copiose benedizioni sui loro interessi spirituali e temporali.

APPENDICE alle notizie dei nostri Missionari

D. Costamagna di ritorno dall'Equatore. (seguito)

REV.mO ED AMAT.mO SIG. D. RUA,

Jujuí, 15 agosto 1890.

Eccomi finalmente giunto nei confini dell'Argentina. Che viaggio ! Mi si diceva che avrebbe durato quarantacinque giorni, invece dovetti impiegarne ben sessantaquat tro da Quito a Jujuí

Da Riobamba a Mollendo - L'asina del Signore ed il pullus subjugalis. - Un porto che non è porto.

Lasciato il carissimo D. Calcagno col coadiutore Garrone in Riobamba , continuai il mio viaggio a cavallo in compagnia d'un antico colonnello, Cooperatore Salesiano, che mi venne istruendo sulla fauna e flora e sulla storia dell'Equatore.

Alla sera, siccome ci toccava dormire sul nudo suolo, questo buon colonnello mi preparava il letticciuolo, dopo di avermi fatto parte del suo cioccolatte che serviva di cena. E così passai allegramente i quattro giorni di viaggio da Riobamba a Guayaquil.

A Claimbo prendemmo la ferrovia, e dopo otto lunghe ore attraverso densissime foreste, giungemmo a Guayaquil in casa dei Fratelli delle Scuole Cristiane, che mi diedero una seconda prova di lor squisita carità.

Il 19 giugno sul piroscafo Quito partii per Lima. In questo tragitto della costa Peruvana ho visto , tra l'altre cose, che in molte parrocchie si conserva ancora l'asina del Signore col suo pullus subiugalis. In certi paesi è un simulacro di legno, su cui collocano l'immagine del Signore che entra trionfante in Gerusalemme, ed in altri è proprio viva, di color bianco e ben mantenuta; quest' asina non ha padrone, ma tutto il paese s'impegna in alimentarla, e ognuno si considera fortunato di poterla aver per qualche giorno in sua casa. Arrivata poi la Domenica delle Palme, tutto il popolo la conduce alla chiesa, e così quei buoni Peruvani fan la processione delle Palme coll'asina viva.

Scesi un'altra volta, in Lima. La colonia italiana quivi e nei dintorni è assai numerosa, e i Padri Redentoristi , desiderosi di procurarle il vero bene, inviarono più volte alla casa di ciascun Italiano un loro Padre siciliano, per invitarli alla Messa, alla predica , alla confessione, ecc. Ma quei disgraziati pare che non cerchino e non amino altro che l' oro. Poveri italiani ! ove vengono a perdere la fede e l'anima.

Lasciata Lima, m'imbarcai sul vapore Coquimbo e dopo tre giorni sbarcai nel così detto Porto di Mollendo. Che razza di porto ! Il pìù delle volte i passeggieri, per montar sul molo, devono lasciarsi metter dentro un barile e quindi elevar in aria dalla prue, come fossero merci. Per fortuna quel giorno il mare era relativamente tranquillo e nel discendere fui trattato ancora da buon cristiano.

Alla bella Arequipa - Le nozze d'argento di Mons. Huerta - Una spina sostituita da una rosa.

Era il dì di S. Pietro, e potei celebrar in Mollendo prima di partire sulla ferrovia di Arequipa. Per una via poetica, tentavamo di guadagnar le cime di quegli isterili monti. La macchina sudava, gemeva e non si finiva mai di montare, e le curve, e i zig-zag infiniti, e le audaci ascensioni erano interminabili.

Finalmente verso sera si giunse alla bella città d'Arequipa, situata alle falde del vulcano Misti, che misura un'altezza di m. 5651 sopra il livello del mare. Fui accolto col cuore aperto dal M. R. Padre Duhamel, prete della Missione e fondatore d'un piccolo Seminario in quella città.

In quel giorno si celebravano le nozze d'argento del vescovo diocesano Mons. Huerta. Io l' andai a riverire ed a porgergli le congratulazioni e le felicitazioni per parte dei Missionari Salesiani. La cortesia con cui mi accolse è indescrivibile. Non appena seppe che un Salesiano voleva riverirlo, alzossi per venirmi incontro, ed esclamando : - Oh ! un figlio di Don Bosco... del gran Don Bosco - m' abbracciò teneramente. Poi mi invitò ad accompagnarlo ad una tenera funzione che si faceva nell' Istituto delle Suore dei Sacri Cuori. Era la chiusa del Mese di Giugno, ed ogni educanda, avvicinandosi ad un altarino , dove maestosa sorgeva fra cento lumi l'effigie del S. Cuore, tolta una spina dalla corona che ne cingeva il Cuore, la deponeva nelle mani di Monsignore, e vi sostituiva una rosa. Quelle educande eran tutte giubilanti, meno tre o quattro che in un angolo sconsolate piangevano. Non avevan saputo meritarsi una tanta grazia le poverette ! Il perchè, per poter cavar quella spina, bisognava aver passato tutto il mese con un dieci di condotta, che voleva dire : In questo mese ho consolato il Cuor di Gesù, gli feci dimenticar il dolore delle spine con cui certi ingrati cristiani crudelmente il trafiggono. Finita la commovente e graziosa cerimonia, Monsignore prese per testo le parole del Profeta : Improperium expectavit Cor meum et miseriam, et sustinui qui simul contristaretur, et non fuit, et qui consolaretur, et non inveni; e fece un tenero discorsetto, in cui dimostrò che se nel mondo nessuno consolava il Divin Cuore, in quel sacro recinto Gesù aveva pur trovato chi lo consolasse e chi piangesse con Lui, come la cerimonia delle simboliche spine e la diligenza nei proprii doveri per tutto il mese di giugno l'avevan provato. - Monsignore poi volle che io tenessi una predica nella cattedrale per aiutare i due oratori che, dovendo predicare ogni sera del Mese, eran già stanchi ! Non potei negarmi. Il P. Duhamel coi principali dei suoi seminaristi ebbero la bontà di accompagnarmi alla stazione ferroviaria, ed accomiatatomi partii.

Sul lago Titicaca - La più alta navigazione del mondo - Alla capitale della Bolivia.

Il convoglio cominciò di nuovo a salire fino ad un punto che chiamasi Crucero alto, situato a metri 4470 sul livello del mare.

Nessuna macchina a vapore del mondo arriva sì alto. A non pochi la rarefazione dell'aria produce il così detto sorroche (emorragia). A notte buia si arrivò a Puno, piccola città sulle rive del lago Titicaca. - Alla dimane viaggio sul lago. Un vaporino di cui le macchine alimentansi non con carbone o legna, ma con escremento secco di animali, ci condusse lentamente quel giorno e la notte consecutiva. E anche questa è la navigazione più alta del mondo. Le sponde sono frastagliate assai. Alle volte paion volersi toccare, poi si allontanano per riavvicinarsi di nuovo. Il lago è situato a 12505 piedi sul mare. Ha cento leghe di circuito. Metà appartiene al Perù , l'altra metà alla Bolivia. Di quando in quando passavano scivolando a noi vicini alcuni pescatori Indii, nelle loro barchette di paglia, con vele pure di paglia. Sopra una costa del lago si eleva il Santuario di Copacabana, il più celebre di tutti i santuari d'America. Terminata la navigazione, ci trovammo su d'un grande altipiano con a destra il sistema del Misti ed a sinistra quel dell'Ilimani, del Huaita Potosi, ecc. tutti coperti di neve. Montammo in un vetturone guidato da otto cavalli, e dopo otto ore, lasciando l' altipiano, ci sprofondammo in un vallone, nel cui fondo giace la città di La Paz, capitale provvisoria della Bolivia.

Quantunque coperto di polvere come un Gabaonita, per la fretta di partir tosto , mi presentai all'Ill.m° signor Presidente Dottor Aniceto Arce, e per ossequiarlo e per mettermi ai suoi ordini riguardo alla fondazione d'una Casa Salesiana in Chuquisaca (Sucre) dove i Superiori m' inviavano. Egli, dopo aver tentato inutilmente di farmi restar in La Paz almeno, come diceva , dieci giorni, vedendomi risoluto di partir tosto, volle accompagnarmi lui stesso con due ministri e varii militari graduati, e, fattemi visitare due case del Governo , mi disse che scegliessi, pur d'impiantare colà una casa d'arti e mestieri, non solo utile, ma assolutamente necessaria. Poi mi volle a pranzo con sè ; quindi mi obbligò a parlare in una assemblea, dove aveva convocati almeno duecento operai e varii ministri perchè facessero ressa ai Salesiani per andar presto colà. Risposi come il cuore e la mente mi dettarono, e ricordai al signor Presidente della Repubblica ed all'assemblea che l'ultima parola dovevano pronunziarla i miei Superiori.

In La Paz m' albergarono i RR. Padri della Mercede, di cui serberò eterna memoria.

Una cruda notte - A Oruro - Le antiche tombe degli Indi e le attuali loro catapecchie - La spaccatura di S. Bartolomeo - Trionfale ingresso in Potosi!

Accompagnato da un buon Inglese e da un certo Peruvano di Tacna, educato in Chiavari, partii in una vettura aperta per Oruro. Il primo giorno di viaggio fu buono, ma verso la fine del secondo, arrivati ad un punto che chiamano Panduro, trovammo che era durissimo. I cavalli della posta, che testè ci avevano dati, eran magri che facevano pietà. Già il sole volgeva all' occaso, quando essi si piantano lì in mezzo alla strada. Si grida, si spinge, si dà alle ruote, si dà mano allo scudiscio, si accende loro sotto il fuoco, ma non c'è verso di farli muovere d' un passo. Che fare ? Quello era un deserto, senz'acqua, senza un riparo dove rifugiarci; il sole se n'era andato, la buia notte ci avvolgeva nel suo negro pianto e, ciò che era più terribile, il gelo ci assaliva inesorabile, nè sapevamo come difenderci. Quella notte fu crudele davvero, nè io so come non abbia sofferto gravemente. Al mattino i vestiti, . specie il mio cappello, eran diventati bianchi a causa della brina.

Facemmo un tratto a piedi, quindi, ottenuti altri cavalli, potemmo al terzo giorno giungere ad Oruro, la città dell'oro, ma che è brutta assai, nè sa ostentar un miserabile fil d'erba nè dentro nè fuori del suo recinto.

E qui comincia di nuovo la dolorosa istoria. Addio vapore, addio carrozza, addio rapidità di viaggio ! Bisogna appigliarsi ancora a quelle benedette mule, che già tanto m'han fatto soffrire. - Il mio fido Inglese, che doveva andar a Buenos Aires per la via più breve, non mi volle lasciar fino a Potosi. Arrivando a qualche Tambo di Indii (luogo dove si cambia la cavalcatura, e ciò si deve fare tre o quattro volte al giorno), in quella che io mi gittava in un canto, affranto per la stanchezza, a dir un po' di Breviario, o ad insegnare il segno della croce a quegli Indii che ancora nol sanno, l' amico Inglese collocatasi la sella sulle ginocchia e dato di mano alla penna, scriveva alla sfuriata le impressioni avute nel tragitto percorso di cinque o sei leghe.

Tra le molte cose, abbozzò nel suo taccuino le antiche tombe degli Indii, che son come casette tutte d'un pezzo, di terra biancastra, alte tre metri, con una sola stretta apertura di m. 0,30, alta 1,50 , e rivolta verso l'oriente, come solevan fare gli adoratori del sole del basso e dell'alto Perù; le attuali loro catapecchie , senza un buco per respirare , dalla porta infuori, col fuoco nel centro e con un' infinità di olle, pignatte e pignattini dal collo strettissimo, appesi alle rustiche e strette pareti, tra le quali bisogna trovar luogo pel giaciglio dell' animale, dei genitori, dei nonni, dei figli, dei nipoti, ecc. ecc.

Gl'insetti che brulicano in alcune di quelle catapecchie, sono innumerevoli; tanto che ci assicurano essere un vero miracolo, se non si vedono muovere e camminare come di per sè stesse. Non poche volte certi Indii sudici sono obbligati a dar fuoco alla loro casa, abbandonare quel luogo infausto e costrursi un altro nido, che, a causa della lor pigrizia, dovranno ben presto pur abbandonare. È però da notare che ciò accade solo a certe razze di Indii. Ve n'è tra essi non pochi che son piuttosto puliti e laboriosi.

Attirò pure la mia attenzione l'usanza che han le donne boliviane di portar davanti al petto uno o due grandi cucchiai, i quali mentre servono all'uso loro proprio di sbarazzar il piatto, servono pure di ornamento e di fermaglio al manto.

Lasciato l'altipiano per precipitarci in certi ghiacciati valloni e rimontare sulla vetta di ardentissime montagne, dopo molti giorni arrivammo finalmente alla così detta Quebrada de San Bartolomé, che è una maestosissima spaccatura di montagna, qual non si vede forse in tutto il mondo. Penetrando in quella spaccatura il cuore diventa piccino piccino, e si raccomanda necessariamente al Dio dell'onnipotenza. Tant'è vero che in due luoghi di quel passaggio sì imponente s'eleva una croce, quasi a rinfrancare il pauroso passeggiero. Se si alza la vista in su, molto in su, pare che i massi si cimentino alla lotta; se si guarda abbasso, un rio che par di sangue perchè tinto di rosso dalle fucine dell'oro di Potosi, par voglia contender il passo alle stradicciuole, le quali s'ingegnano, per mezzo di spessi ponti di passargli or alla destra ed or alla sinistra, finchè pare, che stanche di lottare si separano dove la Quebrada finisce, e il viaggiatore si trova un bellissimo panorama di fronte : il monte Potosi dalla vetta di color rossastro, alle cui falde giace l'antica villa imperiale di Potosi, distante non più di un' oretta. Si sferzano , si spronano le mule, ed eccoci dopo un'ora di penosa salita, nella sospirata Potosi. Ma qui ci si presenta un gendarme, e... il passaporto? mi dice, - Lo tengo meco, eccolo. - Nol voglio, venga alla polizia! Oh bella ! - Vengan tutti e due. - E l'inglese protesta in lingua francese: Jamais, jamais. -- Ma ci convenne obbedire. Un gran mondo ci accompagnava,, e noi in .breve diventammo l'ammirazione di tutta Potosi. Il passaporto nostro era in regola, quindi ci lasciarono subito in libertà.

L' inglese dopo alcune ore riprese il cammino per Tupiza e Iujuì alla volta di Buenos Aires, ed io mi fermai presso di una ottima famiglia Murga e Morales, che già conobbi da Buenos Aires.

Ma saputo che nella città eravi un convento di Francescani, andai a picchiare alla loro porta, che tosto mi venne aperta e fui cordialmente accolto e con ogni finezza trattato per ben due giorni da quei buoni Padri.

Il monte Potosi, fiume d'argento e fiume di lagrime-La mita- Un vero miracolo - La Chicha - A Chuquisaca (Sucre).

Potosi fu fondata per ordine di Carlo V , che le diede il nome di Villa imperiale. La sua altezza sul livello del mare è di metri 4166; non ha vegetazione alcuna, benchè sia nella zona torrida, a cagione della differenza troppo marcata di temperatura tra la notte e il giorno. Conta attualmente 15000 abitanti; vi fu un tempo in cui ne contava ben 150000, quando cioè il monte Potosi , alle cui falde giace la città omonima, rispondeva al suo nome, che vuol dire sorgente d'argento. Una tradizione assicura che questo monte, che ha l'altezza di 4888 metri sul mare, era un vulcano, il quale eruttando dal suo cratere una immensa quantità d' argento s'otturò alla bocca e rimase con tutto il suo cono coperto di questo prezioso metallo. Ancor adesso si vedono molti affannati vagar per gl' infiniti sentieri del monte in cerca d' argento. Ben cinquemila bocche di mine lo perforano da ogni parte. Da quanto Cesare Cantù assicura delle ricchezze americane esportate in Europa, risulta che la terza parte di esse vennero cavato dalle viscere del Potosi. Da questo viscere scorse adunque un vero fiume di argento, ma in esse ci seppellì eziandio un altro fiume di lagrime. Per ben tre secoli e mezzo brulicava su quel monte un popolo di minatori, i quali tutti dopo quattro o cinque anni di lavoro vi lasciarono la vita. Eppure ben venti mila Indii, tirati a sorte, erano annualmente inviati a quell' orribile lavoro. Il giorno del commiato dai loro cari era chiamato mita, ed era giorno di duolo generale. Il dolore dei nostri baldi giovani alla partenza per la vita militare in tempo di guerra non è da paragonarsi al crepacuore di quei poveri. Indii nel dì della mita. - Non avendo acque la città di Potosi, si dovette far derivare dall'altissimo monte vicino di Kari-Kari. Per il che si costrussero grandi lagune difese da immense dighe. Ma nel 1627, essendosi rotte le dighe, piombò sulla povera Potosi una terribile fiumana, che fece due mila vittime di indii. Il convento dei Francescani, ove io fui sì bene albergato, avrebbe dovuto essere uno dei primi edifizi a rovinare ; ma quei buoni Padri , raccoltisi tosto a pregare innanzi alla miracolosa immagine di Nostro Signore di Vera-Cruz, ne furono miracolosa niente scampati insieme col loro edifizio. - Queste notizie le appresi in parte da quegli ottimi religiosi, i quali prima di lasciarmi partire alla volta di Sucre o Chuquisaca, mi provvidero d'un arriero e d'abbondante viatico.

Ad un punto di questo tratto di viaggio, quando io aveva più bisogno dell' arriero, quest'era sparito senza ch'io me ne fossi ac. corto. Il sentiero si smarriva in un fiume detto Pilcomajo, nè io sapeva per dove si potesse traghettarlo. Che fare? Azzardiamoci. Spinsi la mula nelle acque e con grave pericolo le passai e ripassai tre volte non sapendo più qual via seguire. Dopo d'essermi anche bagnato per bene e mentre me ne stavo perplesso e sopra pensiero, ecco l'arriero che arriva tutto allegro e sorridente. - Ove se n'era andato? - A salutare la chicha (ciccia). È questa una bibita spiritosa formata di gran turco pesto e masticato, messo in tinozze di terra cotta piene di acqua , e lasciato in ebollizione per un dato tempo. Gli Indii ne sono avidissimi. Dove si vende sventola una bandiera rosso-bianca, e nei giorni di festa vi si fanno cagnare indiavolate. La mia guida aveva visto in lontananza un tal segno sopra di una capannuccia, e senza nulla dirmi se ne era colà andato. Ora se ne ritornava quasi brillo. Che doveva dirle? Sgridarla? Sarebbe stata cosa inutile. Pensai di tacere e di farmi precedere nella via.

Il viaggiò a Sucre, essendo ordinariamente di tre giorni, io lo volli fare in due, per non aver a dormire due notti in quegli orribili tambos con ogni sorta di gente; ma la pagai cara. Perchè arrivato alla capitale e ricevuto cortesemente dai Padri Filippini, dovetti mettermi a letto con una forte febbre. Quei buoni religiosi temevano che fosse una terzana presa nel fiume Pilcomajo, che suole fare simili regali ai suoi visitatori, ma per fortuna si conobbe che la mia era cagionata solamente dagli strapazzi e dalla stanchezza. Le cure prodigatemi da questi ottimi figli di san Filippo e le medicine mandatemi dalle Suore italiane di S. Anna colà residenti, fecero sì che al dimani mi trovassi di nuovo in gamba, come suol dirsi.

Ma che vale? Io era colà andato per trattare coll'Arcivescovo intorno alla desiderata fondazione salesiana e l' Arcivescovo era in visita pastorale. Che fare? Mi vennero , è vero , a pregare per detta fondazione, oltre i religiosi, già ivi esistenti, i Canonici, specie il Rev. Sig. Moscoso , e molti signori e signore della città, ma senza l'intesa coll'Arcivescovo non poteva conchiudere nulla; risolsi adunque di rintracciarlo per quelle benedette montagne boliviane. Ma prima di partire, i Padri Filippini con tutta cortesia mi vollero far visitare i monumenti locali, quali sono il Duomo, la sala del Capitolo, il convento dei Francescani e il palazzo del Governo. - Il duomo ha nel centro un tabernacolo sì grande che occupa tutta la superficie corrispondente alla vasta cupola: ha quattro altari all' intorno e maestoso e gigantesco s'innalza sin verso la cupola: sugli altari eranvi candelieri d'argento massiccio , dell' altezza di circa due metri. - Il palazzo del Governo era tutto crivellato dalle palle ricevuto la notte di s. Pietro di quest'anno, in cui è scoppiata quella rivoluzione o guerra civile che durò dalle 9 di sera alle 5 del mattino e che fece ben 120 vittime. Sucre dopo questo fatto ignominiosissimo dà l'aspetto di un deserto ed è tuttora in istato di assedio per i continui timori che si hanno.

Sulla mula presidenziale - Per l' onomastico - Quanta fede, quanto entusiasmo pel Vescovo!

Dopo quattro giorni di permanenza in questa città, avuta una bella mula bianca in regalo dal Presidente della Repubblica, senza alcuna guida mi posi in viaggio per raggiungere S. E. R.ma Mons. Pietro Gaetano De La Lloza, Arcivescovo diocesano. Era quello il giorno del mio onomastico, 25 di luglio. Dopo aver percorso 18 leghe, sfinito di forze scendo alle 10 di sera nella città di Camargo, capitale della provincia dei Cinti. Domando se v'è qualche albergo e mi si risponde che no. Colla mia mula presidenziale allora vado di porta in porta chiedendo di grazia alloggio per quella notte, ma niuno vuole aprirmi. Finalmente veggo in lontananza un lume in una casa, a quella m'avvio e batto alla porta

- Chi c'è?

- Un povero prete.

D'un tratto si spalanca la porta e si presenta un capitano dell'esercito.

Oh! Taita, che c'è di nuovo a quest'ora?

- Ho bisogno ch'ella, sig. Capitano, mi riconcilii con questo paese che mi tratta troppo male, ho bisogno che mi dia ciò che invano ho chiesto ad altre porte, un letto cioè per riposarmi.

- Oh! povero Padre, venga con me, le voglio cedere il mio.

- Scusi, ma io non posso accettare, e lei dove se ne andrebbe a dormire?

- Padre, non ci pensi, venga con me. - E mi fu forza seguirlo colla mia mula; arrivati ad una porticina, con un calcio l'apre e mi trovo in un quartiere ove dormiva una truppa di soldati. Indicandomi il primo pagliericcio che c'era

- Padre, questo è il mio letto, si corichi pure.

- Ma, scusi, vi dorme già uno.

- Oh ! birbante ! ti alza dal mio letto - e sì dicendo prende pel collo quel poverino di soldato che saporitamente si riposava, d'un colpo lo getta a terra e ne lo manda in un cantuccio. - Poveretto, dissi tra me, io debbo esser cagione di questo tuo maltrattamento. - Padre, si corichi tosto che è stanco. Veda, il mio letto è bello e soffice e vi si riposa bene. - Non faccio per dire, ma io lo trovai abbastanza duro, nulladimeno ringraziai san Giacomo, mio patrono, e quel buon capitano e mi vi adattai di buon grado, persuaso di star meglio che in istrada. Raccomandai la mia mula che era più stanca e più affamata ancora di me, ed avute parole di sicurtà, diedi la buona note e mi addormentai.

All'indomani mi portai a Camataquì dove eravi Mons. De La Lloza. Quel santo Arcivescovo volle che mi fermassi con lui due giorni per trattar della Casa di Sucre. Egli desidererebbe che c'incaricassimo del Semi nario e che pensassimo anche a tante anime della vasta sua Archidiocesi che non hanno alcun sacerdote. Povero Arcivescovo ! La visita pastorale, copiosa di tanti frutti, è per altro difficilissima nella Bolivia , dove bisogna andare sempre per cavalcatura. Egli poi è molto malandato di salute, eppure ha un coraggio da leone, non la risparmia a fatica alcuna pur di apportare un po' di bene a quest'anime derelitte. - Fra tanti disagi ha tuttavia delle consolazioni quel buon Pastore. Fui presente al ricevimento che gli fece il popolo di S. Giovanni, il quale non ha nè parroco, nè sacerdote, nè sacristano e ne fui oltremodo commosso. Già m'aveano edificato i popolani di Camataquì, i quali nel partire l'avevano accompagnato tutti in massa per circa una lega, e prima d'accomiatarsi ne vollero per l'ultima volta la pastorale benedizione. Due leghe prima di arrivare a San Giovanni, ecco giungere gli Anziani del paese, portanti in mano rami d'olivo. Accostatisi al venerando Pastore che loro andava a visitare, scendono di cavallo, stendono al suolo i verdeggianti rami, e fatta la debita genuflessione, ne baciano l' anello tremanti d'emozione. Alcuni minuti dopo arriva pure una squadra di baldi giovanotti che, fatta la stessa cerimonia, si mettono co' primi alla retroguardia. Dopo questi viene pur un drappello di buone signore, quindi è un continuo sbucare da tutte parti di gente d'ogni sesso, età e condizione, che giubilanti venivan innalzando archi trionfali a quel santo Pastore. Egli era commosso fino alle lagrime ed io ne era ammiratissimo, perchè tanta fede, tanta devozione e tanto entusiamo per un Vescovo non vidi in nessuna parte d'America.

Gli Angeli di Tarija - Commovente addio di due fratelli ai loro parenti - Il viaggio è finito - Ringraziamenti.

Dissi sopra che queste popolazioni non han sacerdote; dissi male. Ci sono i Padri Francescani di Tarija, gli Angeli di queste terre, i quali da quel loro convento penetrano nelle valli e con tridui , novene e quaresimali mantengono viva la fede cattolica in quella buona gente. Io ebbi la fortuna di passare tre giorni nel loro convento : vi si respira un' aria di Paradiso. È da più di duecento anni che lavorano per la conversione degli Indii boliviani orientali ed hanno delle pagine gloriosissime nella storia di queste missioni. - Ivi fui visitato dal Prefetto di Tarija, sig. avv. Luigi Paz, il quale, a nome dei. capi di famiglia che l' accompagnavano, pregommi che volessimo andare pure ivi a prendere cura dell' educazion dei loro figli. Promisi loro che ne avrei parlato con Mons. Cagliero, Superiore generale delle nostre missioni, e che avrei fatto del mio meglio per appoggiarli. Però uno di quei padri di nome Rocco Zuñiga volle che io già incominciassi a prendere due suoi figli e li conducessi nel nostro collegio di Buenos Aires, distante 15 giorni di viaggio. La mamma prima d' accomiatarli recise ad entrambi un pizzico di capegli, pose loro al collo l'abitino del Carmine, poi pregò dinanzi ad un quadro della Madonna perchè volesse Ella far loro da madre, quindi li benedisse fra dirottissimo pianto. Pianse pure il padre nel lasciarmeli , ma godeva pensando che li affidava ai figli di Don Bosco.

Lasciando mille altre peripezie, che troppo lungo sarei se dovessi parlare di tutte, dirò solo che anche a Jujuì, donde scrivo, questo povero figlio di D. Bosco è trattato squisitissimamente, specialmente dal Padre Guardiano dei Francescani. Il Vicario Capitolare Mons. Padilla vorrebbe affidarci una Casa con chiesa. - Oh! quante fondazioni mi offrirono in questo mio viaggio. Da tutte parti si desiderano i Salesiani, dovunque sia passato ebbi istanze perchè andassimo presto a prenderci cura della povera gioventù, dei miseri Indii e delle popolazioni prive di sacerdoti. I bisogni sono reali.

Amatissimo Sig. Don Rua, mentre prego il Padrone della messe che mandi operai nella messe sua, vorrei raccomandarmi a lei, perchè sia numerosa di prodi la nuova spedizione che intende di fare verso la fine di quest'anno o sul principio del nuovo. Delle mille offerte di fondazioni fatteci non poche furono accettate, dove abbiam visto speciale bisogno , e parecchie dovremo aprirle col 1891. Nelle Case già impiantate il lavoro è immenso ed il personale limitatissimo. Provveda adunque affinchè non abbiam a venir meno agli alti disegni del venerato nostro Don Bosco.

Termino questa mia raccomandandomi alle sue preghiere, perchè continui felice questo mio viaggio di ritorno fino a Buenos Aires. Mi riverisca tutti i buoni Superiori di Torino, e mi creda

Il suo aff.mo figlio in G. C. Sac. GIACOMO COSTAMAGNA.

Il 1° settembre scorso Don Costamagna ci inviava altra lettera , colla quale ci annunziava il suo ritorno a Buenos Aires. Passò per Cordova ed anche quel Vescovo fece proposto per aver i Salesiani a reggere la parrocchia e lo scuole di Chilesito. Visitò le Case nostre di Rosario e S. Nicolas ed ebbe gratissime sorprese. Egli ringrazia i Salesiani, i benemeriti Cooperatori e le pie Cooperatrici e tutti i nostri giovanetti che hanno innalzate speciali preghiere pei buon esito di questo suo viaggio; ci assicura d'essersi trovato in tali pericoli, dai quali se è uscito incolume, è un vero miracolo della protezione - di Maria Ausiliatrice.

L'INSEGNAMENTO DEL CATECHISMO e sua necessità.

Togliamo da una circolare di S. E. Rma. Mons. Richelmy, vescovo d'Ivrea, in data del 4 novembre scorso , il seguente brano che serve viemeglio a confermare l' articolo nostro del numero precedente intorno a questo argomento.

« Avvicinandosi i giorni del santo Avvento, richiamo l' attenzione dei venerandi parrochi sopra l' avvertimento loro dato nella mia lettera n° 23 , in nome di tutto l' Episcopato subalpino, intorno al catechismo dei fanciulli. Due forti ragioni ne devono spingere a moltiplicare le sollecitudini e fatiche in pro dei nostri cari giovanetti l'abolizione in molte scuole di ogni insegnamento religioso e il pericolo da cui è minacciata la diletta nostra Italia di perdere lo stesso preziosissimo tesoro della fede cattolica. E non è punto mestieri che si spendano molte parole per ragionare dell' una o dell' altra di tali cause ; quanto alla prima ne basta aprire gli occhi per essere testimoni del triste fatto : riguardo alla seconda, meglio di ogni mio detto, la voce augusta del Sommo Pontefice ne ammonisce con mirabile efficacia. Desidera il Santo Padre che ogni cattolico italiano legga e mediti attentamente la Lettera da lui scritta nello scorso mese di ottobre ed indirizzata appunto ai Vescovi, al Clero e al popolo d'Italia ; e frutto legittimo di una tal lettura e meditazione sarà un aumento di operosità e di zelo per la conservazione ed esaltazione della fede in Gesù Cristo e nella sua Sposa la Santa Chiesa cattolica, oggidì cotanto disprezzata a perseguitata. »

Mentre in Italia si fa di tutto per togliere l'insegnamento religioso dalle scuole, il Governo della provincia di Treveri in Prussia ha diramato la seguente circolare, che merita di essere riferita « Il ministro dei culti con sua ordinanza del 2 novembre, n° 21,368, ci ha autorizzati ad aumentare di un'ora per settimana, recandole così al numero di cinque, quelle stabilite per l'insegnamento religioso nelle scuole secondario e superiori ; e di diminuire del tempo concesso per l'istruzione religiosa con questa ordinanza, quello stabilito per l'insegnamento della madre lingua. Recando a cognizione di V. S. quanto sopra, la invitiamo a modificare in questo senso gli orari scolastici, e ad impiegare le cinque ore d'insegnamento religioso nello studio e nella lettura della Bibbia o Catechismo , della Istoria sacra e dei cantici ecclesiastici. Il Governo stesso ha inoltre stabilito di lasciar condurre alla chiesa parrocchiale dei Padri Cappuccini, per frequentarvi il Catechismo e gl'insegnamenti religiosi durante la settimana dal 2 all' 8 novembre, gli scolari cattolici delle nostre pubbliche scuole in Treveri. »

IL CAV. CARLO DUFOUR.

Alle 12 pom. del 21 ottobre scorso spirava la bell' anima in seno a Dio nella sua villeggiatura di Cornigliano Ligure il Cav. Carlo Dufour. Molte ed onorifiche furono le cariche coperte dal Cavalier Carlo Dufour. Dal 1879 rivestiva la carica di Consigliere comunale a Cornigliano e più volte fece parte della Giunta, disimpegnando sempre le sue attribuzioni con grande ed ammirabile attività. Fu per qualche tempo assistente di clinica all'Istituto tecnico di Genova, giudice al tribunale di commercio ed amministratore della Raffineria Ligure-Lombarda. Altre e di non minor importanza furono le cariche coperte dal defunto.

Il Cav. Carlo Dufour era uomo religiosissimo , esempio di pietà e di modestia. Fornito di largo censo, soccorreva i poverelli che a lui ricorrevano.

I Salesiani piangono in lui un esimio benefattore, un valido sostegno dell' Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli a Sampierdarena, un affettuoso amico di Don Giovanni Bosco.

Moriva a 63 anni, confortato da quella religione ch'egli ebbe fedele compagna nel duro cammino di questa vita.

Per suffragio della sua bell'anima ed a conforto della sua degnissima famiglia nelle Case salesiane furon fatte speciali preghiere e numerose Comunioni.

PASSEGGIATE

(Continuazione). CAPO VI.

Il Castello di Pieia - Si ritorna ai Becchi - La musica ai merli Un renitente castigato - Lo zio Michele - Si parte per Torino.

I signori del castello di Pieia, nostri buoni benefattori quando erano a Torino, vollero che facessimo una piccola sosta; e non fu bisogno una replica. Magnifica dimora : una volta però, ci si dice, era asilo tranquillo di religiosi, e poi sotto l'opera dello scalpello e del muratore, durante la prima rivoluzione francese, prese l'aspetto d'uno dei più severi e comodi castelli dell'Astigiano. Ma pare che non abbia portato fortuna al suo proprietario, perchè, malgrado tutte le sue virtù, dovette venderlo all'asta pubblica, e lui stesso esulare in lontani paesi in cerca di pane, che gli mancava in patria. Com'è proprio vero che la roba di chiesa non porta mai fortuna ! Dopo un po' di riposo, rallegrato da una buona merenda, bagnata con alcuni bicchieri di quel vino, che, a sentir dire dai campagnuoli, darebbe la vita ai morti, se ne prendessero ancora, con un nuvolo di curiosi che ci seguiva, si ripartì per la casetta di Don Bosco. Questa fermata, non inscritta nell'itinerario, ritardò il nostro arrivo di molto ; e a notte avanzata noi camminavamo per un boschetto folto e per noi proprio inesplorato, dove, senza la guida pratica di Don Bosco stesso, avremmo dovuto girarvi chi sa per quanto tempo. Eran forse le dieci; splendeva una magnifica luna d'autunno, e solo poche stelle brillavano, perchè abbagliate le altre dalla gran luce che mandava all' intorno il benefico astro. Tutta la natura pareva come addormentata in placido sonno, e soli, noi, taciti e pieni di sonno, camminavamo con rapidi passi verso all'antico nido. Ma a Don Bosco nacque una stupendissima idea, di fare cioè una suonata, per risvegliare i merli. Che poi con quella musica insolita siansi svegliati anche i passeri ed i cuculi, non l'abbiamo mai potuto sapere. Si diede la voce ai musici che... via, si dica tutta la verità, aspettavano ben altra proposta... e giù un po' di sinfonia. Si misero in giro là sur un poco di spianata che fu trovata, e con quel maggior ordine possibile, con gli occhi quasi addormentati, e la gola asciutta, suonarono senza potervi dire come ; ma suonarono. D. Bosco li volle aiutare con l'esempio, battendo lui la gran cassa, con nostra meraviglia, ma anche con suo danno; perchè, senza badare più che tanto, non essendosi trovato subito chi ne aveva il battente, in tanta fretta e novità, diede giù alcuni colpi col pugno. Egli non ne potè dare molti, perchè le dita si spelarono tosto, e dovette desistere. Ma la musica dei merli fu ricordata, e si ricorda da tutti, ed anche per molto tempo da Don Bosco. Ma uno dei nostri, e musico per di più, impaziente di arrivar presto a casa, di cui sentiva indicibile bisogno, non si degnò di udire la famosa musica, ma continuò tranquillamente il suo viaggio, consolandosi di godere qualche minuto di più di riposo. « Oh! sì, diceva tra sé e sè, statevene pur lì a suonare ai merli ! Io non sono così merlo da lasciarmi cogliere. lo voglio dormire, io sono stanco e me la batto. Si diverta chi vuole! Baie ! Questa che è marchiana ! Suonare in un bosco, verso le dieci di sera, ad onore e gloria dei merli! Il mio strumento l'ho qui, e non sarà tanto necessario, nessuno se ne accorgerà. Io fortunato che me la posso così battere ! » Così pensando e discorrendo fra sè, si mise in cammino, e andava, andava avanti lieto nell'animo suo di averla indovinata veramente. E di là ascoltando, diceva « Senti, senti, che sinfonia ! senti che accordi, misericordia ! Fuggiamo. » E veramente di buon passo se ne andava., e perdendosi ormai la musica per l'aria, egli si accorgeva d'aver già fatto molto cammino. Anzi si immaginava di essere da un momento all'altro sull'uscio di casa e dire che tutti erano prossimi ad arrivare. Ma con sua meraviglia nulla ancora vedeva, anzi nulla gli poteva dare a presumere di essersi avvicinato. Il silenzio erasi fatto completo d'attorno a lui; la musica taceva intieramente, la collina era tornata tranquilla, e non si sentiva omai che il rumore dei suoi medesimi passi. Allora gli venne in animo il dubbio di avere sbagliata la via, e che perciò invece di giungere prima, sarebbe forse arrivato molto dopo di noi. Si pentiva in cuor suo, di essersi avventurato così per quelle colline, dove era niente pratico, e di andar forse a male. Anzi un momento era già lì lì per tornare indietro, nella speranza di incontrarsi in noi, quando vide a qualche distanza un lume. « Oh! ecco, disse, ci siamo! Si sa che dobbiamo arrivare, e ci aspettano ! Benone ! Coraggio, gambe mie, ancora un poco... Ma, disse, fermandosì e girando gli occhi d'attorno con meraviglia, come tutto è già cambiato ! Non riconosco più i luoghi lasciati pochi giorni fa. Ma come va questo ? » Come andasse il poverino se ne accorse un po' tardi, quando cioè si vide davanti ad un forno, dove i contadini, a risparmio di legna, continuavano a far cuocere il loro pane anche di notte. Al chiarore della fiamma, distinse qualche persona, che stava togliendo il pane, sentì il loro vario discorrere, il raccontarsi a vicenda facezie... « Dunque ho sbagliato ! » disse fermandosi sulla via quel poveretto. « Dove sono mai capitato? » Stette due o tre minuti consigliandosi che cosa avrebbe dovuto fare, e poi disse: « Tornerò indietro; ma e poi? Sarebbe peggio : Mi fermerò? Ma come ? » In questo discorrere fra sé, egli non si accorse che si era accostato di troppo, e che era già stato veduto da qualcuno. Uno di quegli uomini, che stavano alla veglia del forno, vedendo un'ombra, a muoversi, e quel po' di bagliore, che mandava lo strumento musicale ch'ei si portava sotto il braccio, sospettò che ci fosse qualche ladro e macchinasse non so che male, e si volesse rubare od assassinare. Dà di piglio ad una di quelle pale che si adoperano appunto per infornare la pasta, e sbucando fuori dalla porta, urla gridando

« Chi va là? Fermi, o vi uccido! » Quel poveretto fu lì lì per cadere tramortito a quella mala parata. « Sono un galantuomo, non affannatevi ! - Un galantuomo? Un galantuomo di dietro alle piante ! Un assassino! E come vi chiamate? Dove andate così di notte? - Io non sono di questo paese... ma di Torino. - Dunque un commetti-male, un vagabondo ! Giù quelle armi! » E, dicendo queste parole, faceva le viste di avvicinarsi, ed agitava quell'arnese in aria, disegnando in terra una di quelle figure così minacciose, che fecero gelare di spavento quel nostro povero compagno. Il quale, non sapendo più a qual santo raccomandarsi, disse : « Io ho un corno, e non armi. Io suono un corno ! Io sono un figlio di Don Bosco ! Questa parola produsse un effetto magico, che tolse il poveretto da ben serio pericolo. Al rumore erano accorsi già molti, che sicuramente avrebbero fatto un'accoglienza, tutt'altro che onorevole, al povero nostro amico. Ma chi, prima l' aveva assalito, gli disse prontamente: « Don Bosco, hai detto? Oh dunque sei nostro amico, vieni avanti, » e senza più depose quell'arnese, ed avvicinandosi cortesemente a quel nostro poveretto, lo prese per mano, lo riconfortò con dolci parole, facendolo quasi passare dall'inferno ai paradiso.

« Ma voi avrete bisogno di qualche ristoro, non è vero? » Perciò anzitutto gli volle far portare un po' di uva, un po' di pane fresco, ed un po' di vino. Rifocillato alquanto gli disse « Ma come va da queste parti? - Mi sono sperduto. Venivamo da Villa S. Secondo, e per fare più presto ho lasciato la compagnia, che a quest'ora sarà già tranquilla a letto. - Ma voi avete bisogno di dormire, non è vero? - Oh sì, sì che ne ho bisogno! Ed è appunto perchè ne aveva tanto bisogno, che mi sono perduto! Ma mi preme tornar presto a casa, e se vi piace di indicarmi la via, io me ne vado da me. » « Son zio di Don Bosco, per Bacco ! sapete; e come voglio bene a lui, così ne voglio ai suoi figli; a Torino ci vado a trovarlo qualche volta, ed ogni anno lo vado a trovare ai Becchi, e tutti conoscono barba Michlin, fratello di sua madre. Come vedete siete in buone mani. » Qui tacque un istante come contento di sè stesso, senza sapere che queste parole dette con tanto spirito di bontà, commossero il nostro buon amico fino alle lacrime. Poi continuava : « Se volete partire, io vi lodo, e non ve lo posso impedire, ma non più da solo. O io od uno dei miei amici vi accompagneremo, quando vi siate riposato. Non è vero? » Ed i molti che erano già corsi alle grida, risposero che sì, che sì... E come disse, così fece. L'amico Ciliegia arrivò prima di tutti noi ai Becchi... ; erano soltanto le quattro del mattino. Pensate che risata se ne fece, quando si seppe l'avvenuto. Quante volte gli si diede poi la berta, domandandogli se voleva andare avanti, per anticipare il riposo ! Ma dove era andato a parare ? voi mi domanderete, Ed io vi dirò, che egli era andato a cadere niente meno che a Caprìglio, paesetto collocato proprio in faccia, ma sur un'altra collina, a quella dove nacque Don Bosco.

A Capriglio, come si disse alquanto sopra, era nata colei, che fu madre di Don Bosco, ed a quel tempo viveva ancora questo suo fratello; un vero galantuomo, un buon cristianone, uno di quelli, che vivono di fede e di opere buone, e che piacciono tanto al Signore. Ed egli stesso volle a sua età, che ne contava già una sessantina, accompagnare il povero smarrito, contento di avere così un'occasione per rivedere suo nipote D. Bosco. Durante quel piccolo tragitto, che non era che di una piccola valletta, così graziosa a vedersi di giorno, il buon vecchio contò quel poco e quel molto, che aveva veduto di particolare intorno al suo nipote, quand'era giovinetto. Sovente prendeva l'amico nostro per mano, e, fermandolo, per contargli con miglior agio le cose, soggiungeva poi a modo di intercalare: « L' ho sempre detto a mia sorella, fallo studiare questo figlio, vedrai che non mi sbaglio. Ha una buona testa; vedrai, fallo studiare. E son contento che la mia buona sorella, che Dio l'abbia in gloria, si sia decisa di seguire il mio consiglio. E vedete se mi sono sbagliato! Egli potrebbe prendere qualunque parrocchia, ed a sua scelta. Mi dicono anzi che lo avrebbero già fatto canonico. Chi sa che cosa sarebbe capace di diventare! Ma io lo presagiva fin da ragazzo, e lo raccomandava a mia sorella, e le diceva : Fallo studiare, e vedrai che io non mi sbaglio. » Quante volte il buon vecchio, contento del suo consiglio e della mirabile vita di Don Bosco, ripetè col nostro amico le sue geniali espressioni, che facevano così bene al suo animo! Cosìcchè dovette benedire in parte la sua buona sorte di averlo fatto capitare in quel simpatico contadinello, che lo divertiva con l'argomento più caro che mai fosse. Perciò diceva sotto voce a sè stesso : E tutto questo per la musica ai merli !

Alla dimane si passò di gran corsa a Buttigliera d'Asti, a Chieri, ed arrivammo nel nostro caro sempre e simpatico Oratorio verso le sette di sera. Anche noi sentivamo il bisogno di correre a casa, e senza più fermarci in nessun posto, malgrado che a Don Bosco fossero fatte molte ed insistenti preghiere. Villa S. Secondo era una memoria così cara e bella, che non volevamo intorbidare per nessuna cosa al mondo. Si arrivò per Porta Po, e la vista incantevole di Torino, con la sua luce così viva per noi allora, e superata solo adesso con quella elettrica, le sue vie, il suo ordine, la sua popolazione vivace e pulita, ci fece capire che si entrava in una grande città, e bisognava smettere quelle libertà, quasi padronanze, di cui ci eravamo serviti di fuori. Raccolti insieme, e silenziosi, passammo tutta la città, e, scendendo all'Oratorio, si diè per l'ultima volta fiato alle trombe, per dar segno che eravamo noi !

Quei giorni passati come un lampo, ma giocondissimi, tornano ancora adesso belli e sereni, e, mentre ci fanno accorti, che tutto finisce in questa misera terra, e non vi abbiamo una dimora stabile, ma che una ben miglìore e più comoda e sicura ci aspetta ; ci piace ricordare, col nostro pensiero, in queste pagine le cose e le persone, ad attestarne a tutti la nostra sincera riconoscenza.

BIBLIOGRAFIA.

L'Aritmetica Razionale pel Ginnasio Superiore secondo l'ultimo Programma Ministeriale, esposta dal Prof. Ing. PIETRO AGNINO. - Un vol. in-16° di pag. 176 . (E) L. 1

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Relativi scapolari di panno color tané o maron, con doppia e bella immagine della Madonna del Carmine.

Alla dozzina   . (B) L. 1 - Alla grossa (12 dozzine) (A) » 10 -

Essendo stata spedita copia del suddetto libriccino al Priore Generale dei Carmelitani in Roma, egli, in data 2 p. p. Agosto, così ne scriveva al Compilatore : « Ho ricevuto il Piccolo Manuale ad uso degli Ascritti alla Confraternita di Maria SS. del Carmelo. L'ho letto attentamente e, con mio grandissimo piacere, debbo dirle che un lavoretto così breve, preciso, chiaro, esatto e compiuto, avuto riguardo allo scopo cui è diretto, non mi era stato mai concesso di leggere per lo passato. Me ne congratulo con la S. V. e le desidero largo compenso dalla SS. Madre del Carmelo. »

Mezzo facile per andare in Paradiso, ossia piccolo manuale d'istruzioni e preghiere ad uso degli Ascritti all'Abitino Ceruleo della Immacolata Concezione, coll'aggiunta delle formole per l'ascrizione ed assoluzione in articolo di morte. Un grazioso opuscolo in-64° di pagine 76 . . . (E) L. 0 10

Al cento    (D) » 8 -

Scapolari relativi, di panno color ceruleo, con doppia ed elegante immagine dell' Immacolata Concezione.

Alla dozzina   . (B) L. 1 -

Alla grossa (12 dozzine) . (A) > 10 -

È questo un altro elegante opuscoletto non meno prezioso del primo. Esso fu compilato primieramente per facilitare ai Confratelli del detto Abitino o Scapolare la pratica di questa cara divozione alla Vergine Immacolata. In secondo luogo per far viemeglio conoscere ed apprezzare anche da tutti gli altri Fedeli Cristiani gli immensi tesori d'Indulgenze e di favori spirituali, che possono guadagnare, tanto per sè stessi, quanto per le Anime del Purgatorio, coloro che abbracciano tal divozione, portandone divotamente al collo l' Abitino benedetto da un Sacerdote a ciò delegato. Ecco come S. Alfonso de' Liguori, nel libro intitolato : Le Glorie di Maria all'ossequio VI, Dell'Abitino, si esprime, riguardo a questa divota pratica Singolarmente sappiasi, egli dice, che all' Abitino dell' Immacolata Concezione che si benedice dai padri Teatini, o da chi ne ha ottenuta facoltà, oltre delle molte Indulgenze particolari, vi, sono annesse tutte le Indulgenze concedute a qualunque luogo pio e persona. E specialmente recitandosi sei Pater, Ave e Gloria ad onore della SS. Trinità e di Maria Immacolata si guadagnano toties quoties ogni volta (*) tutte le Indulgenze di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di Gallizia, le quali giungono a,533 Indulgenze Plenarie, oltre alle temporali, che sono innumerabili. » Le quali Indulgenze Pio IX il 7 Giugno 1850 dichiarò applicabili eziandio alle Anime del Purgatorio.

(*) Salvo il decreto Delatae Saepius della S. Cong. delle Indulgenze, 7 Marzo 1678, approvato da Innocenzo XI, in cui è stabilito che la medesima Indulgenza Plenaria pei vivi annessa alla visita di una Chiesa in certi giorni, o ad una pratica di pietà, ordinariamente non si possa lucrare più d'una volta al giorno.

Elenco dei Cooperatori defunti nell'ottobre e novembre

1. Acquarone Giulia ved. Queirolo - Genova.

2. Actis D. Giuseppe prevosto - Casabianca (Torino).

3. Aldanesi D. Nicolao Maria canonico- Corneto Tarquinia (Roma). 4. Angelini D. Angelo - Tiarno Superiore (Austria).

5. Balloni D. Cesare arciprete - Polesine (Mantova).

6. Belsere Delfina - Morsasco (Alessandria),

7. Belsere Luigia - Morsasco (Alessandria).

8. Berruti D. Filippo arciprete vicario foraneo - Montafia (Alessandria). 9. Bertolini Barbara - Furva (Sondrio).

10. Biotti D. Giacomo teologo - Busto Arsizio (Milano).

11. Bondiè Annetta - Chiari (Brescia). 12. Brossa D. Giuseppe prevosto -San Paolo d'Asti (Alessandria). 13. Calandri D.Gine.-Stroppo (Cuneo). 14. Cappa Andrea sindaco - Roccacigliè (Cuneo).

15. Carrano Mons. Giuseppe barone di Sant'Arsenio, vescovo di Cava e Sarno - Teggiauo (Salerno).

16. Castelnuovo D. Francesco arciprete vie. for. - Cuggiono (Milano).

17. Colmia D. Francesco Federico viceparroco- Chiaverano (Torino). 18. Danesi 1). Luigi parroco - Colleochia (Massa Carrara).

19. De Matteis D. Domenico canonico Giaveno (Torino).

20. Dufour cav. Carlo - Cornigliano Ligure (Genova).

21. Eleonoro D. Aronne vescovo - Montalto Marche (Ascoli Piceno).

22. Ettore dottor D. Raffaele - Sperlonga (Gaeta).

23. Ferrari D. Giovanni priore - San Giovanni in LQuerzolo (Reggio Emilia).

24. Ferrari D. Luigi arciprete - Neviano degl'Arduini (Parma).

25. Gays di Gilotta conto Vittorio sottotenente - Castello di Caselette (Torinoo.

26. Gervasi Francesca - Fiorenzuola d'Arda (Piacenza).

27. Gilli Antonio - Montecchio (Reggio Emilia).

28. Gualzetti Dionigi chierico- Sondrio. 29. Inandi Teresa - Busca (Cuneo). 30. Maira D. Raimondo canonico vicario foraneo - S. Cataldo (Caltanicetta).

31. Maneglia D. Martino parroco - Cncceglio (Torino).

32. Manzini D. Gaetano arciprete - Portiolo (Mantova).

33. Marchelli Rosa - Trisobbio (Alessandria).

34. Martano Tori-sa - Torino.

33. Mezzeno Giacomo -Savigliano(Cuneo).

36. Micozzi D. Giuseppe - Collina (Macerata).

37. Migliavacca Francesca - Trisobbie (Alessandria).

38. Pellegrinetti Maria - Camporgiano Garfagnana (Massa Carrara).

39. Rainoldi D. Andrea - Ponmarol( (Austria).

40. Reverdino cav. Felice professore - Cunieo (Alessandria).

41. Rossetti Maria Cadei - Chiari (Brea.ia).

42. Sala Gaetana suora religiosa delle Orsolino - Sesto Calende (Milano,.

43. Sanna Floris Vincenzo -. Mogoro (Cagliari).

44. Troia Natalo-Montaldo Roero (Cuneo).

45. Tuvori Don Francesco parroco - Pompo (Cagliari).

46. Zedda D Efisio vice-parroco - Fordongianus (Cagliari).

INDICE

Gennaio.

Lettera del Sac. Michele Rua ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane    pag.   i

Pia Opera del S. Cuore di Gesù    » 6 L'addio e la partenza di nuovi Missionarii Salesiani    »   8

I pellegrini Operai e D. Rua    »   9

Conferenza Salesiana    » 10 L'Immacolata all'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino    » 10 Notizie dei nostri Missìonarii: dalla Plata . » 12

Necrologia    » 14 Grazia ottenuta per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice    » 14

Bibliografia    » 15

Cooperatori defunti    », 16

Febbraio.

Dopo due anni    » 17 L'Oratorio festivo di S. Domenico in Randazzo ed i Salesiani    » 18

Il Sacerdozio Cattolico    » 19 Notizie dei nostri Missionarii : dalla Patagonia » 20

Grazie di Maria Ausiliatrice    » 24

Ai Direttori e Decurioni    » 24

Passeggiate    » 25

Il Duca d'Aosta    » 27

Bibliografia    » 28

Cooperatori defunti    » 28

Marzo.

S. Francesco di Sales e D. Bosco . . . . » 29 Don Bosco nel 110 anniversario dalla sua morte »' 30 Guarigione ottenuta per intercessione dì D. Bosco » 32 La luce nelle tenebre, ossia l'Enciclica Sapientice

Christianae di Papa Leone XIII . . . . » 32 Conferenze in onore di S. Francesco di Sales: Genova e Torino    » 38 Notizie dei nostri Missionari: dall'Uruguay e dall'Equatore    » 40

Mons. Pietro Rota    » 42

Una bella festa    » 43

Bibliografia    » 43

Cooperatori defunti    » 44

Avviso importante    z 44

Aprile.

Avviso ai Cooperatori e Cooperatrici Salesiani » 45 Don Rua in Francia    » 45 La luce nelle tenebre, ossia l'Enciclica Sapientim

Christianca di Papa Leone XIII (seguito) . > 50

Onoranze a D. Bosco    pag. 53

Notizie de' nostri Missionari    » 55

Un grazioso invito    » 57 Conferenze in onore di S. Francesco di Sales » 57

Bibliografia    » 59

Cooperatori defunti    > 60

Maggio.

Viva Maria Ausiliatrice    > 61 Orario del Mese, Novena e Festa di M. A. . » 63 Grazia ottenuta per intercessione di M. A. . > 63 Viaggio dei nostri Missionari alla Colombia ed all'Equatore: preziosa morte di uno di essi » 64 Inaugurazione della Società Operaia Cattolica a Bordighera-Torrione    » 71 Don Rua in Francia    » 72 Notizie dei nostri Missionari: dalla Patagonia » 72 Una bella festa nell'Oratorio delle Suore di M. A. a Novara    » 75

Bibliografia    » 75

Cooperatori defunti    » 76

Giugno.

Il mese di giugno e la divozione al Sacro Cuore di Gesù    » 77

D. Rua in Ispagna    » 78 Notizie dei nostri Missionari: Dalla Patagonia » 81 Come si adempie il precetto pasquale negli Oratori festivi    » 83

S. Giovanni ante Portam latinam . . .   » 85

I Salesiani a Parma    » 85

Un'utile passeggiata    » 86

Bibliografia    » 87

Cooperatori defunti    > 88

Luglio.

L'Ausiliatrice di Torino nel 250 anniversario della fondazione del tempio a Lei dedicato presso

il primo Oratorio di D. Bosco . . : , » 8s La solennità di Maria SS. Ausiliatrice e il monumento di Torino a D. Bosco . .   . » 91 La Conferenza di D. Rua alla vigilia della festa e la benedizione della. Cartiera di S. Francesco di Sales in Mathi    » 92

Domanda e risposta    » 93 Grazie ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice    » 93 Don Rua > 94 Norme pei collettori delle offerte per la Pia Opera del Sacro Cuore di Gesù in Roma . . . » 94 Corrispondenze Lucchesi    » 95 Notizie dei nostri_ Missionari: dalla Patagonia » 97

Festa di Maria Ausiliatrice e conferenze Salesiane in varie città e paesi    pag. 105 Esercizi spirituali per le Maestre ed altre pie Signore e Cooperatrici Salesiane . . . . » 107 Bibliografia    » 107

Cooperatori defunti    » 108

Agosto.

W. S. Gioachino! W. il Papa    » 109 A. S. S. Leone XIII ed a S. E. il Card. Alimonda

Arciv. di Torino nell'auspicatissimo loro Onomastico    » 110

Feste di famiglia    » 111 Concorriamo tutti per erigere il monumento a D. Bosco    » 113 Completamento dell'Altare maggiore nel Santuario di Maria Aus. in Torino    » 114 La decorazione della facciata ed altri lavori nell'esterno del tempio suddetto    » 115 Mezzi con cui fuedificata questa chiesa e relazione di nuove grazie di Maria    » 115 Una cara visita e una nuova Casa alla Venezuela » 1 18

Festa di S. Luigi Gonzaga   » 119 Don Rua al Nord della Francia ed in Inghilterra » 120 Notizie dei nostri Missionaria: dall' Equatore e dall'Uruguay    124

Passeggiate    » 131 Bibliografia » 135

Necrologia    » 136

Cooperatori defunti    » 136

Settembre.

La Direzione del Bollettino Salesiano ai Signori

Cooperatori    » 137

Al riaprirsi delle Scuole    » 138 Gli antichi Allievi di D. Bosco e la memoria del

loro caro Padre    » 139

Ai Signori Decurioni    » 141 Descrizione del Santuario di Maria Ausiliatrice » 141

Grazie di Maria SS. Ausiliatrice    » 142 Notizie dei nostri Missionari: dalla Patagonia e

Terra del Fuoco    » 144 Lettera d'un Collettore della Pia Opera del Sacro

Cuore di Gesù in Roma    » 149 Collegi Salesiani ed Educatori per fanciulli . r 150 Corso di Studio per giovani adulti che intendono consacrarsi a Dio nello stato ecclesiastico » 151 Don Rua al Nord della Francia e nel Belgio » 152 Notizie varie    » 156 Ricordi pei giovani che desiderano passar bene

le vacanze    » 157

Bibliografia    » 159

1l monumento a D. Bosco    » 160

Cooperatori defunti    » 160

Ottobre.

Ringraziamento e preghiera    » 161

Recitiamo il S. Rosario    » 162 Parole di D. Bosco e nuove grazie di Maria Ausiliatrice    » 163

Mamma Margherita e le provvide imitatrici della sua carità   pag. 166 Associazione dei Divoti di Maria Ausiliatrice » 169 Notizie dei nostri Missionari: una visita alle Case dell' Argentina e dell' Uruguay : ancora una visita alla Missione di S. Raffaele nell'Isola Dawson : i Salesiani nell'Argentina durante la Rivoluzione: una nuova Cappella a Puntarenas e della prima visita alla Missione di S. Raffaele: notizie compendiate . . . . » 170 Adorazione universale a Gesù Sacramentato . - » 176 L' inaugurazione delle nuove scuole Salesiane a Londra    » 178 Appendice alle notizie dei nostri Missionari: Don Costamagna in viaggio per l'Equatore . . » 178 Cooperatori defunti    » 184

Novembre.

Un caldo appello    » 185

Pei nostri defunti    » 186 Uno studio di suprema importanza '. . » 187

Un consiglio dato da Maria SS   » 188 Notizie dei nostri Missionari: il nuovo collegio di D.Bosco a Paysanrlù ; entusiasmo pei Salesiani a Bogotà; altre notizie    » 189

In collegio    » 191 Che s'intende per Cooperatori Salesiani e che debbono fare    » 192 Appendice alle notizie dei nostri Missionari: D. Costamagna in viaggio per l' Equatore (seguito)   » 192 Grazie di Maria Ausiliatrice   » 198 Notizie varie    » 199 Fioretti per la Novena e Festa dell' Immacolata

Concezione   » 201

Passeggiate   » 202

Cooperatori defunti    » 208

Dicembre.

Nuova partenza di Missionari Salesiani . . . » 210 La carità: pericoli e provvedimenti . . . . » 211 Preghiamo pel Cardinale Alimonda . . . . » 213 Don Rabagliati in Torino e Don Bosco in America    » 214 Un regalo a Don Bosco e le Letture Cattoliche di Torino    » 21-1

Grazie di Maria Ausiliatrice   » 210 I quadri de11' altare maggiore e dell'altare di

San Giuseppe nel Santuario di Maria Ausiliatrice    » 218 Notizie (lei nostri Missionari: Dalla Terra del

Fuoco - Dal Brasile - Mons. Pietro Maria De Lacerda    » 220

Grazie di Don Bosco    » 223

Notizie varie    » iv Appendice alle notizie dei nostri Missionari : Don Costamagna di ritorno dall'Equatore . . » 22h. L'insegnamento del Catechismo e sua necessità » 231 Il Cav. Carlo Dufour    » ivi

Passeggiate    » ivi

Bibliografie    » 233

Cooperatori defunti    » 234