BS 1890s|1890|Bollettino Salesiano Febbraio 1890

ANNO XIV -- N. 2.   Esce una volta al mese.   FEBBRAIO 1890

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario. Dopo due anni - L'Oratorio festivo di S. Domenico in Randazzo ed i Salesiani - Il Sacerdozio Cattolico - Notizie dei nostri Missionari: dalla Patagonia - Grazie di Maria Ausiliatrice - Ai Direttori e Decurioni - Passeggiate - Il Duca d'Aosta - Bibliografia - Cooperatori defunti.

DOPO DUE ANNI.

Sulla tomba dei giusti, dice il Signore, io farò crescere i fiori, e la loro memoria come un profumo d'incenso passerà cara e benedetta fra le genti di generazione in generazione. Sono due anni che D. Bosco ha finito il suo pellegrinaggio quaggiù, ma il suo nome è vivo e fresco come allorchè ci ricreava con la sua presenza. Le sue opere, cominciate per il Signore e nel suo santissimo nome continuate, conservano il medesimo impulso e la medesima vita. Quando egli moriva al primo fiero annunzio per la terra, all'improvvisa mancanza di quel soave oggetto della nostra venerazione, il cordoglio che provammo fu grande, fu immenso ; coi nostri gemiti accompagnavamo i rintocchi della campana funebre che chiamava i pietosi alle esequie e più corone di mesti fiori abbiamo intrecciate per deporre sulla sua bara. Chè la riflessione ci diceva : Noi abbiamo perduto il nostro sostegno, noi torniamo sprovveduti, noi ci troviamo deboli, degni di commiserazione e di pietà.

D. Bosco è morto ! Ma come egli ha detto dovesse succedere per le opere a cui egli aveva dato mano per la gloria di Dio, vediamo tranquillamente compiersi con mirabile esattezza. E quindi all'angoscia nascendo dietro la speranza, e col pianto dando libero sfogo alla piena degli affetti la nostra parola riuscirebbe in un inno di lode.

Lo scrittore inspirato che va sotto il nome di Ecclesiastico, rapito alla dolce contemplazione della virtù, va chiamando alla memoria gli eroi che Dio aveva suscitati in terra , ne fa con l' animo in festa l' enumerazione e li celebra in mezzo al popolo. E la sua parola ritorna serena come il cantico della vittoria, ed il concetto e la parola riesce in una musica soave. Perchè a significare i meriti degli illustri personaggi ed a farne ammirare le azioni , toglie dalla natura le più acconce similitudini, dal cielo le immagini del sole, dell'arcobaleno, delle stelle; dal fiume la limpidezza ed il mormorio dell'acque; dai prati in primavera il giglio e la rosa; dalle api il miele, dal profumiere gli odori, come traeva dalle fornaci la fiamma, e dalla foresta la maestà del leone. Fornito di tali figure componeva quel sublime panegirico de' santi, dal quale usciva con ammirabile accordo la gloria di Dio a nobile scuola della nazione.

« Noi cresciuti all'amor, nati alla scuola » oggi in cui si compie il secondo anno dalla morte dell'amatissimo padre vorremmo allo stesso modo invitare i nostri Cooperatori e Cooperatrici ad intonare l'inno : Laudemus viros gloriosos et parentes nostros ; ma ubbidienti ai desiderii ed agli ordini della Chiesa noi invece li invitiamo a ripensare il suo passaggio, a ricordarlo a Dio, e nell' istesso tempo unirsi coi Salesiani sparsi per tutto il mondo a pregare per l'anima sua. Intanto Valsalice, ove riposa nella pace del Signore l'umile sua spoglia mortale, è per ogni Salesiano meta di divoto pellegrinaggio, ritrovo di figli divoti ed affezionati; dove i figli sogliono venire a ricercare il padre per consiglio, conforto, ed appoggio.

Come gli esuli a Babilonia rivolti a Gerusalemme dicevano che sarebbe stato l'infelice fra tutti i giorni quello che si fossero scordati della bella loro patria perduta, così capita a noi che avremmo pena quel momento in cui scordassimo D. Bosco, la mirabile sua vita, gli impareggiabili suoi esempi. Egli di là da quella sua tomba aperta due anni fa non ci dice che una parola: - Siate imitatori di me, come io fui del Signore !

Sono passati due anni.... passa e non ritorna l'onda del ruscello, passa con la pallida sua luce la stella sul firmamento, passa con la giocondità delle sue feste il secolo; ma non passi dal nostro cuore la memoria dei grandi insegnamenti che ci ha lasciati colui che amiamo come padre, e riconosciamo come maestro e guida.

L'ORATORIO FESTIVO DI S. DOMENICO IN RANDAZZO ED I SALESIANI

ReV.mO SIG. D. RUA,

Conoscendo il grande interessamento della S. V. per gli Oratori Festivi, e memore delle calde raccomandazioni a voce e per iscritto sull'importanza di questi Oratori e sul modo di ben governarli, credo farle cosa gradita, mandandole una breve descrizione d' una bella festicciuola, che si fece qui in Randazzo, Domenica, ottava dell'Immacolata nell'Oratorio di S. Domenico.

Come V. S. ben sa, quest'Oratorio fu aperto or sono tre anni, per le sollecitudini di questo zelante Arciprete, e ne fu affidata la direzione ed il governo ai Salesiani. Quivi si raccolgono, ogni Domenica e feste, i giovani del paese che frequentano le nostre scuole elementari e ginnasiali come esterni, ed altri più adulti. Il nostro ottimo Direttore PROF. D. PIETRO GUIDAZIO, il quale, come ben sa la S. V. Rev.ma , è tutto zelo pel profitto morale e scolastico degli alunni del Collegio, ha pure singolarissima cura di questo Oratorio, di cui affidò la direzione al nostro carissimo D. Emanuele Dompè, coadiuvato da alcuni altri sacerdoti e chierici e da parecchi catechisti, parte alunni del convitto, e parte giovani esterni, che frequentano le classi ginnasiali superiori.

Se si considera la spontaneità, con cui i giovanetti frequentano l'Oratorio, il loro contegno alle funzioni, alle prediche ed ai catechismi, e sopratutto la frequenza ai SS. Sacramenti , bisogna convenire che il Signore gradisce e benedice l' opera nostra. Il numero dei giovani varia dai 250 ai 300; vengono al mattino verso le sette e vi stanno fino a mezzogiorno, poi dalle due fino a sera; poichè dopo le funzioni si trattengono in onesti divertimenti, giuochi ginnastici, e nel teatro dei burattini.

Domenica adunque si solennizzò la festa dell'Immacolata, e si scelse per maggior nostra comodità il giorno dell' Ottava ; si celebrarono con insolita pompa le funzioni del mattino e della sera, e si chiuse la festa con la distribuzione dei premii ai giovanetti , che si segnalarono durante l'anno per esemplare assiduità e contegno. Non poche persone ragguardevoli del clero e laicato Randazzese, aderendo all'invito fatto dal Direttore, onorarono di loro presenza la cara festicciuola, e tutti presero posto in un palco eretto appositamente nell' ampio corridoio del detto convento di S. Domenico. Si eseguirono con rara precisione canti e suoni, alternati da declamazioni di poesie analoghe alla circo stanza; si inneggiò alla Vergine Immacolata, e si resero le debite grazie agli insigni benefattori dell'Oratorio, e sopratutto al Rev. Sig. Arciprete, che concorse generosamente alla spesa della premiazione. Seguì la distribuzione dei premii consistenti in libri , giocattoli, e pei poveretti in vestiarii. Terminata la premiazione, lo scrivente, per incarico del Direttore D. Guidazio trattenuto in Collegio per la predica ai Collegiali, rivolse a quei cari giovanetti alcune parole di congratulazione e di incoraggiamento a perseverare nelle buone disposizioni, dando loro speranza di una seconda premiazione a metà dell'anno, se corrisponderanno, come speriamo, al nostro zelo ed alle comuni speranze.

Son sicuro che questa premiazione lascierà una soave rimembranza nel cuore di tutti, e mentre sarà di eccitamento a molti a promuovere questa istituzione tanto raccomandata dalle circostanze dei tempi, servirà di forte stimolo ai giovani esterni ad accorrere nei giorni festivi all'Oratorio, dove coll'onesta ricreazione trovano quella soda istruzione cristiana che in questi tempi è l'unica salvaguardia della virtù e della fede.

Nutriam ferma fiducia che l'amato nostro padre D. Bosco benedica dal cielo i nostri deboli sforzi, e ci raccomandiamo anche alle S. V. che voglia implorare su di noi e sulle nostre povere fatiche le celesti benedizioni.

Gradisca i sensi della distinta stima e venerazione di tutti i figli di Randazzo e specialmente del

Randazzo, 18 Dicembre 1889.

Suo Aff.mo nel Signore

Sac. BRUNA DOMENICO.

IL SACERDOZIO CATTOLICO.

Festa per un prete novello in paese protestante.

Da due giornali di Londra, il The Weekly Herald e il The Universe, abbiamo ricavato il seguente articolo sopra una festa celebrata dai Salesiani nostri confratelli di quella città.

- Il giorno 27 dell'Ottobre u. s. la Chiesa del S. Cuore di Gesù a Battersea-Londra , era zeppa di parrocchiani e d' altri fedeli , accorsi per assistere alla prima Messa che ivi celebrava il novello Sacerdote D. Eugenio Rabagliati. L'altare, sempre ben fornito di servizio e decentemente tenuto, era stato per questa solenne occasione ornato, con molto buon gusto, con profusione di lumi e di fiori, il che congiunto col devoto aspetto e decoroso atteggiamento degli accoliti, rendeva certa testimonianza alle assidue cure e allo zelo dello stimabile Parroco Don Macey. Questi col Rev. D. Bonavia, Salesiani come il celebrante, servivano da Diacono e da Suddiacono : il Rev.mo D. Connolly, Segretario di Sua Eccellenza il Vescovo di Southwark, era il prete assistente.

- Dopo il Vangelo quest'ultimo tenne un erudito discorso sul Sacramento dell'Ordine. Disse , come due volte solamente si legge nella S. Scrittura, che il Signore abbia soffiato sulle sue creature. La prima quando, avendo formato l'uomo col fango della terra, gli inspirò in faccia un soffio di vita (1), ed in tal modo gli diede ciò che ancora non possedeva, l' anima cioè colla facoltà d' intendere e di volere. La seconda volta, quando Gesù Cristo , dopo la sua risurrezione, apparve ai discepoli radunati per paura de' Giudei, che soffiò sopra di essi e disse: Ricevete lo Spirito Santo: saran rimessi i peccati a chi li rimetterete , e saran ritenuti a chi lì riterrete (2) ; nella qual occasione diede loro cosa che ancor non avevano: aggiunse alla lor natura umana un potere sovrannaturale , affatto divino , il potere del Sacramento dell'Ordine, cui introdusse allora nel mondo. Gli Apostoli, consci d' aver ricevuto un tanto potere, si diedero a predicare ed a battezzare, poscia imponevano le mani sopra de' fedeli, i quali ricevevano lo Spirito Santo. La facoltà di rimettere i peccati gli Apostoli la potevano conferire ad altri: come fecero con s. Mattia, s. Barnaba e s. Paolo, scelti ad essere membri del Collegio Apostolico. Che essi soli l'avessero erano più che persuasi tutti i fedeli; perocchè a loro andavano per ricevere il dono dello Spirito Santo, e nelle S. Scritture non vi ha memoria di alcun uomo che siasi assunto l' Apostolato , senz'aver ricevuto il Sacramento dell'Ordine per l'imposizione delle mani degli Apostoli. Si legge bensì di un certo Simone, che, avendo veduto che per l' imposizione delle mani degli Apostoli davasi lo Spirito Santo, offerse loro del danaro, dicendo: Date anche a me questo potere, che a chiunque imporrò le mani, riceva lo Spirito Santo. Ma Pietro gli disse : Il tuo denaro sia teco in perdizione, perchè credesti si potesse comprare il dono di Dio. Il qual fatto, mentre attesta che il Sacramento dell'Ordine potevasi conferire dai soli Apostoli, prova anche che per esservi assunto bisogna averne la vocazione dall'alto.

- Disse come il novello Sacerdote, chiamato da Dio a sì sublime stato fin dalla sua infanzia, fosse insignito veramente del Sacramento dell'Ordine, di quel Sacramento medesimo che da Cristo agli Apostoli e dagli Apostoli insino a noi fu trasmesso nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana, capi tanata ora da Leone XIII , successore del Principe degli Apostoli, S. Pietro.

- Rivolto quindi al novello celebrante ricordògli quali poteri avesse ricevuto nel Sacramento dell'Ordine , e fermossi specialmente su quello di offerire il Corpo ed il Sangue di N. S. Gesù Cristo e di poter assolvere da' peccati. - Oh ! qual consolazione non provasi nell' offerire il Santo Sacrificio della Messa! Su questa terra la maggior felicità che possa avere l'uomo è senza dubbio questa di far discendere tra le proprie mani Cristo in persona. Non minore per altro è la gioia, il contento, che si esperimenta nel poter restituire alla sconcertata coscienza ed al cuore contrito il perdono, la pace, la consolazione.

- Infine augurò al giovine Sacerdote prosperità e lunga vita nell'esercizio del sacro ministero, nutrendo fiducia che, crescendo ogni dì più in virtù e saggezza, sarebbe sorgente di santità e salvezza a tutti coloro con cui avrebbe a trattare. Lo esortò a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà ed amarezze che avrebbe ad incontrare, e gli promise riconoscenza, amore e venerazione per parte di quei devoti parrocchiani, che in sì gran numero si erano là accalcati per assistere all'incruento suo sacrificio.

(1) Genesi II, i.

(2) loan. xx. 22, 23.

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARI Dalla Patagonia.

Colonia Pringles di Patagonia, 7 agosto 1889.

REv. SIGN. DON RUA,

Perchè non sospenderò per un momento le molte e gravi occupazioni di questa nuova Casa di missione per innalzare al Signore un cantico di lode e di ringraziamento per i beneficii che ci sta dispensando? Perchè non darò parte agli amatissimi Superiori del bene che produce questa incipiente Casa? Perchè non ricorderò agli amici, alle anime buone d'Italia il frutto che si raccoglie delle loro orazioni e del loro obolo?

Sì, più che giusto; è doveroso che il mondo intero si unisca con noi a cantare le misericordie del Signore.

Il dolcissimo Cuore di Gesù ha preso dominio di queste sconosciute regioni, ed ha rammollito i più duri e selvaggi cuori dell'Indio; il Nome amabilissìmo di Maria scorre già sul labbro purificato dal prezioso Sangue di Gesù Cristo di tante giovani anime, che fino ad ora ignoravano le verità e le bellezze della nostra SS. Religione.

La venerazione a Don Bosco si è sparsa per le aride arene della Pampa, è penetrata nei più miserabili ranchos dell'indigeno, entusìasma questi poveri infelici, e Pringles è già cambiato e pare perfino che l'aria sia più pura, la natura medesima più benigna !

Sia benedetto il Signore in eterno !

Attenendomi pertanto all'ordine delle cose, le narrerò, amatissimo Superiore, ciò che il Signore ha fatto a questo popolo, e la metterò al corrente del progresso che va facendo questa nuova Casa della Patagonia.

Fanno poco più di due mesi che il catechista Bacis ed io, prostrati ai piedi dell' amatissimo Pastore Monsignor Giovanni Cagliero, ricevevamo quella benedizione che ci doveva proteggere nella traversata della Pampa, e doveva animarci e sostenerci nelle difficoltà che avremmo incontrate nella fondazione della nuova Casa o Residenza sulla sponda sinistra del Rio Negro, a 18 leghe di distanza da Patagones.

Dato pertanto l'addio ai fratelli di Carmen e di Viedma, e invocata la protezione della buona Madre Maria, montammo i nostri cavalli e battemmo le steppe del deserto. Sul far della sera del secondo giorno di. viaggio, grazie al Signore, giungevamo a Pringles, nostra meta, e fin da quella sera, il primo di giugno corrente anno, prendevamo possesso d'una modesta casa che un buon signore , José Maria Martinez, ci dava in affitto per il moderato prezzo di otto nazionali, equivalenti a circa 40 franchì mensuali.

Il buon Giovanni Bacis, arrivato pochi mesi prima d'Italia, cominciava la sua missione di certo molto svariata , dovendo più tardi fare da sagrestano, ferraio, muratore, falegname, ecc.; e fin da quella sera diede prova di essere valente cuciniere, giacchè, procuratasi una pentola, seppe preparare una eccellente zuppa condita con l'appetito e con il ricordo de' suoi ameni colli di Bergamo e di Alzano.

Il giorno seguente era domenica. Visitate le principali famiglie e radunatele nella piccola cappelletta per la santa Messa, presi occasione dalle parole del santo Evangelio del. giorno per animarle a mettersi bene con Dio ; e spiegando il motivo per cui Monsignore mi mandava in mezzo a loro, stabilimmo un orario per le funzioni di chiesa, e le esortai a non mancare mai alla chiamata.

Non è a dire il giubilo e il contento con cui accolsero le povere mie parole : mi pro- - misero che ci aiuterebbero fin dove consentono le loro forze ; e le promesse effettivamente si vanno verificando, benchè la più parte siano famiglie povere, senza commercio e con meno lavoro.

Ci poniamo adunque all'opera. Bisognava adattare la casa, già mezzo distrutta, ad uso delle Suore di Maria Ausiliatrice : riporre finestre, porte, pavimento, aggiustare le camere, la cucina, il forno, il cortìle, ecc. Detto fatto. Furono: otto giorni di febbrile lavoro, e, grazie al Signore, il sabbato seguente potei telegrafare a Monsignore che le Suore potevano mettersi in cammino.

Difatti un telegramma da Patagones del 9 di giugno mi avvisava che il domani partirebbero le Suore, e che mandando loro cavalli di rinforzo, arriverebbero nella giornata.

Comunico tosto la notizia alle vicine famiglie, che si dispongono a riceverle il meglio possibile. Le madri si concertano a fin di preparare loro un buon puchero (carne lessa) e un assado (carne arrostita) per rifocillarle del lungo viaggio ; i padri si presero l'incarico di, mandarci qualche sedia, casse, legna, un sacco di farina e più altre cose indispensabili. Il nostro Bacis intanto rimane alla custodia dell'improvvisato collegio, che andava di mano in mano adornandosi bellamente dei vari regalucci che precedevano le Suore, mentre la cucina era tappezzata di superbe zucche e nel cortiletto passeggiavano, padrone del campo , varie galline dominate da un grosso gallo della Cocinchina.

Era però necessario che arrivassero nella giornata. Il sottoscritto raduna quanti cavalli può, i quali accompagnati da alcuni ragazzi già famigliarizzati col Padre, mossero contro delle Suore per una trentina di chilometri, fin là dove il cammino allontanandosi dal fiume, ascende tra scabrose e bizzarre collinette per poi internarsi nella Pampa.

Il giorno, benchè nel cuore dell'inverno, era bello ; il vento già si era calmato alquanto, il sole mitigava il freddo della mattina e l' entusiasmo della comitiva. L'improvvisa apparizione dell' umile carretto, che portava tre più umili Suore, contrastava mirabilmente con il paesaggio che si presentava avanti orrido per i mille dossi arenosi e incolti che si accavallano l' uno contro l'altro, minacciando scaricarsi nelle placide acque del fiume, il quale, sorridente per la tranquillità delle acque che maestosamente vi scorgono, bagna le immense praterie, e forma qua e là lagune sulle quali svolazzano i più svariati e curiosi uccelli.

Quel primo incontro fu commovente. Era la prima volta che le Suore di Maria Ausiliatrice uscivano da Patagones, la prima volta che si inoltravano nel deserto, la prima volta che quelle valli risuonavano del cantico puro e sacro delle fedeli Spose di. Gesù Cristo. Erano esse le portatrici dell'olivo, le messaggiere delle grazie del Signore, le dispensatrici dei favori di Maria Ausiliatrice.

Erano le 3 circa della sera, ed una terza parte del cammino restava ancor loro da fare. Di nuovo in marcia , e scortando gli uni il carro tirato da tre superbi cavalli, gli altri le precedono a Pringles, ove esse arrivano a un'ora di notte.

Gli abitanti di questa colonia furono in massa a riceverle, e le signore, commosse e silenziose per il rispetto che loro incutevano le Suore, le accompagnarono nella vicina casa di un buon colono, mentre già la campana ci avvertiva della benedizione che si darebbe nella umile e piccola cappella. Già stava pronta la comida o cena.

La signora Zaguaga, antica emigrata di Spagna, con sua figlia maggiore ed altro signore vollero servire esse stesse ai nuovi ospiti, e lo fecero con quella premura e squisitezza che rivela un cuore delicato nutrito da sincero amore e da viva riconoscenza.

Ma la Madre Giovanna e le altre due Suore erano impazienti di vedere la nuova loro abitazione, e quelle buone signore ve le accompagnarono; furono contente di trovarla migliore di quanto si immagìnavano.

Ecco pertanto, reverendo Padre, installata la nuova casa di Pringles sul Rio Negro.

Il Presidente del Consiglio scolastico del territorio ci donava 24 banchi ; Monsignor Cagliero ci inviava alcuni utensili di scuola, e con questo fino dal 17 di giugno potemmo aprire il collegio di ambi i sessi , le Suore incominciando con quattro fanciulle ed io con un giovinetto.

Ma l'Angelo della Patagonia ci aveva benedetti, e quando partimmo da Carmen ci assicurò che Don Bosco accrescerebbe il frutto delle nostre povere fatiche. E fin d'ora, a onore e gloria di Gesù Cristo e della sua SS. Madre, possiamo contare più di venti ragazzi e ventisei ragazze che frequentano le nostre scuole, aspettando che altri si uniscano quanto prima a questi. Sia dunque sempre benedetto il signore.

Povero Pringles ! I nostri due collegi ti hanno svegliato dal letargo in cui sei sempre vissuto fino dalla tua fondazione; questi ti danno un po' di animazione.

Guidati dalle S. Regole e diretti dall'amatissimo nostro Padre e Superiore Monsignor Cagliero, noi adottiamo tutte quelle misure che possono produrre alcun frutto e che le limitate nostre forze ci permettono.

La mattina sempre viene qualche buona madre ad ascoltare la santa Messa; alla sera la cosa è più consolante. Sul far della notte, mentre le famiglie cenano, la campana le avvisa dell'orazione. Poco dopo lei vedrebbe, reverendo Padre, D. Pestarino circondato da una trentina di ragazzi, le Suore di altrettante ragazze, mentre le famiglie prendono il loro posto stabilito nella modesta ma decente cappella. Radunati così tutti, recitiamo il S. Rosario, e dopo una breve considerazione su qualche verità eterna, diciamo le orazioni come stanno nel Giovane Provveduto ; e terminiamo con cantare una delle belle lodi composte per onorare il S. Cuore di Gesù o Maria SS.

Oh! quanto è consolante nel silenzio della notte, nel deserto, lontani un duemila chilometri dai rumori delle città, vederci tutti, nel raccoglimento dell' umile nostra chiesuola, ai piedi di Maria pura e santa, unire le nostre preghiere a quelle di tanti fanciulli e di tante famiglie, innalzare ad una voce un cantico di lode e di amore alla nostra buona Madre, e conchiudere la nostra quotidiana preghiera con la bella invocazione : Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

Povero Pringles! Ma perchè ancor mi esce questo lamento dalla bocca, se Maria ti protegge l Sì, già da ora sentiamo quanto è potente il suo aiuto.

Nella festa della Madonna del Carmine, che solennizzammo con tutta la pompa possibile, più di trentacinque persone si accostarono al divin banchetto ; e le Suore presentarono ai piedi del trono di Maria il primo mazzolino di fiori che raccoglievano in questo vasto campo. Erano sedici giovanette che aspiravano a divenire figlie di Maria, e varie bambine che si aggregavano al numero degli angioletti. Il nostro Don Andrea Pestarino ricevette la loro accettazione, e solo Maria avrà potuto misurare il contento e la gioia che inondava quei teneri cuori. Madre, diceva una orfanella a suor Magdaleine, madre, ya no tenia mama, y ahora tengo la Virgen. ¿ En dónde está? ¡Qué bella debe ser!... e dicendo questo si gettava nelle braccia della buona Suora, nascondendo le lagrime che le scorrevano abbondanti.

Ma quanto noi siamo poveri ! Dapprincipio Don Pestarino dovette incominciare il collegio nell'unica camera che avevamo ; serviva di sagrestia, scuola, dormitorio, refettorio, ecc.; era il nostro palazzo. Grazie però ad alcuni aiuti che ci potè dare l'autorità locale e mercè la cooperazione di Monsignor Cagliero, potemmo edificare una seconda stanza. Ma ben altro ci bisognerebbe.

Le famiglie sono indìgenti ; più che aiutarci, hanno bisogno di essere aiutate. Monsignore lo vado troppo sovente importunando; e quantunque non lasci mai partire i suoi figli senza farli contenti, pure non può soccorrerci come gli detterebbe il suo amorevole cuore ed esigerebbero le nostre più urgenti necessità.

È, senza dubbio, un palazzo il nostro collegio, in paragone delle case che ci circondario, un palazzo costruito in 15 giorni, e di fango pareti, tetto e pavimento; ciò nonostante siamo in stringente posizione.

Il pezzo di carne, che la divina Provvidenza ci somministra, lo condividiamo con poveri bambini, specialmente Indii, che vengono dai loro ranchos per ricevere dal Padre e dalle Suore l'alimento più sostanziale dell' anima. Come negarci a soccorrere tanta indigenza? Ci privammo di tutto quello che possedevamo, di vitto e vestito, e fin d'ora abbiamo una pena di più da soffrire, quella cioè di vivere tanto davvicino ad estrema miseria senza poterla soccorrere.

Molti sono gli infelici coloni ed Indii che aspettano da noi aiuto e protezione; molti orfani ed orfane che vorrebbero gettarsi nelle nostre braccia, perchè surrogassimo i loro padri o morti o snaturati; molti sono i poveri che ci domandano con il pane dell' anima quello del corpo.

E noi? Noi contiamo sul generoso cuore delle buone persone nostre cooperatrici ; confidiamo che alle preghiere uniranno anche il loro obolo perchè possiamo continuare la missione incominciata, che speriamo riesca di sempre maggior gloria di Dio e di salute a tante anime.

Termino, Rm°. Padre, questa mia succinta e sconnessa relazione, riservandomi in altra di darle notizie più dettagliate su questo punto del Rio Negro, che è d'importanza grande per le nostre missioni, essendo come il centro di molte popolazioni ancora selvagge, il punto di partenza per altre missioni, come quelle di Conesa, Valcheta, Puerto S. Antonio, ecc.

Ci benedica tutti perchè il Signore ci mantenga in salute e ci dia sempre nuovo vigore a lavorare per la salvezza delle anime ; benedica questo grande e incolto campo perchè possa dar frutti salutari, e ci raccomandi alle orazioni dei fratelli, degli amici e dei nostri Cooperatori.

Mi creda in Gesù e Maria

Suo Obbedient.mo e Umil.mo Figlio DON PIETRO BONACINA

REVm°. SIG. D. RUA,

Non era mia intenzione di lasciar trascorrere tanto tempo senza fare consapevole la

S. V. Rma. della nostra nuova Casa aperta in Guardia Pringles, ma le occupazioni che ho avuto al mio ritorno me l'hanno sempre impedito.

Era il mattino del 10 giugno quando, dopo essere state animate col pane de' forti e ricevuta la pastorale benedizione del nostro Padre Monsignor Cagliero, che ci esortava a confidare nel Signore ed a lavorare coraggiosamente per la salvezza delle anìme, montammo su d' un carretto che ci attendeva a poca distanza del nostro collegio di Patagones. La nostra carovana componevasi di quattro persone : io, due Suore (Suor Maria Magdaleine e Suor Isidora Braga) ed una delle nostre più attente giovanette di Viedma, la quale, avendo approfittato delle nostre istruzioni, si rese degna di dividere le sue fatiche con le nostre nelle Missioni.

Oh ! che bel vedere, giù per quelle strade disastrose, tre Suore ed una ragazza ballare come altrettante marionette, per i salti e le scosse continue del nostro veicolo : ora giù una nasata, subito appresso una buona spallata... e via dicendo. Fortuna, dicevam noi, che sono solamente otto o nove ore di viaggio, del resto arriveremmo tutt'ammaccate. E noti che il cocchiere stava attento, affinchè i cavalli passassero per la strada migliore. Dopo cinque ore di cammino facemmo una tappa: scendemmo dalla nostra bella vettura, ci rifocillammo con un poco di carne arrostita, pane e qualche cosetta che avevamo presso di noi, quindi salimmo nuovamente sul carretto.

Verso le tre e mezzo pom. arrivammo ad un luogo chiamato La China Muerta. Vi è quivi una piccola casa abitata da una buona donna francese, vedova da qualche anno e con parecchi figli : noi ci fermammo alcuni istanti, salutammo quella buona donna, e ricevute alcune parole di congratulazione pel nostro arrivo, ci congedammo per seguire il viaggio, rimanendoci ancora 30 kilometri da percorrere. Colà avevamo trovate alcune persone venute da Pringles con parecchi cavalli. Ciò ci aveva consolate assai, e seguitammo il nostro viaggio contente come tanti grilli e col desiderio di vedere presto la nostra casipola. Questa seconda metà del nostro cammino fu più felice della prima, poichè tutta in pianura.

Erano circa le cinque pomeridiane, quando scorgemmo in lontananza alcuni alberi, poscia qualche colono, poi a forza di guardare scoprimmo un piccolo lume. Oh che piacere ! Pochi minuti dopo ecco che siamo circondate da una schiera di signore, che radunate nella prima casa del paese ci attendevano. Fermatosi il carretto,. scendemmo, e dopo i convenienti saluti fummo introdotte in una saletta, dove ci ristorammo con una tazza di caffè. Riposammo qualche istante e poi ci accompagnarono alla parrocchia, dove il R. D. Stefenelli impartì la benedizione col SS. in rendimento di grazie. Avevamo ben motivo di ringraziare il Signore, poichè viaggiammo in un continuo pericolo; imperocchè seppimo, due giorni dopo, che l'asse delle ruote si era storto senza che ce ne avvedessimo, e col peso che portava il povero carretto fu un vero miracolo se non si ruppe gettandoci tutte a terra. Terminata la funzione dovemmo accettare l'invito che gentilmente ci fece il sig. Diacon di andare a cena in casa sua. Accettammo : tutte le signore si disputavano l'onore di servirci a tavola ; quindi avrebbe veduto, Rm°. Padre, una che attenta ci porgeva il vino un'altra ci tagliava il pane, questa ci animava affinchè mangiassimo, quella ci serviva di caffè e via dicendo. In quanto a noi, non era l'appetito che ci molestava, ma sibbene la sete.

Finita che fu la cena, le stesse signore ci condussero a prendere possesso della nostra nuova dimora. Il desiderio era compiuto, entrammo. Essa consisteva in cinque stanzette di mattoni crudi e fango, tutte sul medesimo piano ; tre di queste senza pavimento e con molte fessure. Una, aggiustata il meglio possibile, fu destinata subito per nostra cappella privata ; un'altra per camera di ricevimento, una terza per la scuola, la quarta per dormitorio e l'ultima per cucina, refettorio ed anche laboratorio. In quanto a suppellettili non vi erano se non quattro brande di legno, fornite però del necessario imprestato da una buona famiglia. Mancava però il catino e l'asciugamano. Allora ricordai che sul davanzale d'una finestra aveva veduto delle uova di struzzo : vado, ne prendo uno, rompo tutt' attorno il guscio, poscia soggiungo : - Ecco un bel catino. - Ma le Suore si misero tutte a ridere e mi osservarono che non istava fermo. - Dunque, sentite, nella valigia ho una scatola da olio, ma ora piena di medaglie, usiamo di quella. - E tutte furono d'accordo.

Appena giorno eccomi svegliata, corro, prendo il catino di nuova invenzione, e vado fuori ad attingere acqua ; ma che faccenda ! m'accorgo che era tutto bucato. Mi misi a ridere, entrai col mio inaffiatoio, e feci ridere anche le altre. Quindi ci recammo alla Parrocchia per udire la Messa e fare la Santa Comunione. Tornate al nostro abituro, preparammo tra il pianto e il riso il nostro povero pasto, perchè cucinavamo per terra, con un fumo che faceva lagrimare i nostri occhi e senza poter aprire l' uscio facendo assai freddo. Dopo uscimmo a fare visita ad alcune famiglie che ci ricevettero bene e con segni di molta contentezza pel nostro arrivo. Ritornate a casa, incominciarono a venire i regali. Chi portava un pezzo di salame cotto, che qui usasi molto, chi una forma di cacio o un quarto, chi galline, uova, latte, verdura, pane, il quale qui si trova molto scarso, epperciò è il regalo più bello. Tra le altre famiglie una ci mandò un bel cane (chiamato Boulanger) per la custodia della casa, e la fa tanto bene, chè avendo un coadiutore appeso un suo vestito ad un albero per eseguire certi lavori, il cane lo credette un uomo e lo fece in tanti brani. S'immagini la costernazione del povero coadiutore, che non aveva altro vestito pei giorni di lavoro !

Terminato il pranzo, nei primi giorni uscivamo per conoscere bene i poveri abitanti della colonia, vedere le loro necessità, indagare la loro istruzione e anche per invitare le fanciulle alla scuola. Ma non avendo ancora neanche una sedia nè un banco, ci accontentammo di incominciare ad insegnar loro la dottrina cristiana. Siamo andate a veder gl'Indii e ne trovammo molti. Poverini ! se vedesse, R.m° Padre, fanno proprio compassìone, mangiano male e dormono peggio.

Il giorno del Corpus Domini fecesi una bella festa. Avevamo tre sacerdoti, cosa da tanto tempo non più veduta, essendo arrivati l'antivigilia D. Stefenelli e D. Gavotto. Al mattino vi fu Messa con 12 Comunioni, poscia la Messa cantata con un apparato raro in quel paese. Pel dopo pranzo erasi annunciata la processione, ma a cagione del vento, questa si dovette fare solo intorno alla chiesa; furono soddisfatti tutti , perchè desideravano dare al Signore questa prova d' amore e di riconoscenza. Dopo la processione impartì la benedizione col Venerabile D. Stefenelli

Il giorno di S. Giovanni si celebrò anche una bella festicciuola, e vi furono varie Comunioni. Al dopo pranzo si andò a fare una passeggiata colle fanciulle, le quali, raccolta della paglia con arbusti, portarono il tutto a casa; quindi fattone un bel. fascio, vi appiccarono il fuoco, secondo costumasi in queste terre nel giorno e nella notte di San Giovanni, e vi giravano intorno gridando: - Viva S. Juan ! Viva Monseñor Cagliero!

Passata questa festa ed essendo ben stabilita la nostra Casa, mi preparai a partire. Mi era fermata colà 17 giorni : tutto andava bene (lasciando a parte le incomodità e la povertà, qualità inerenti. all'apertura delle nostre case) e regnava sempre un'allegria di Paradiso che Dio, credo, non manca mai di donare in simili circostanze.

Molte altre cosette vorrei contarle, ma temo abusare della, sua bontà; per altro e dirò ancora che la prima domenica avevamo già all'Oratorio 30 ragazze tutte allegre e vivaci. Le ragazze della scuola nei primi giorni erano soltanto 8, poi 12, indi 17, e al presente sono già 32. Il giorno 26 di giugno si sapeva già nel paese che io stava per ritornare a Patagones: s'affrettavano però tutti a darmi lettere pei loro conoscenti, e a regalarmi anche del pane e companatico. Non mi sarei mai più creduto di trovare tanto buon cuore in quella povera gente.

Al mattino dunque, udita la Santa Messa, partii accompagnata, collo sguardo, da molte figlie accorse per tempo a salutarmi, ed a pregarmi di ritornare presto. Loro implorai in quell'istante una particolare benedizione del cielo e mi posi in cammino. Il ritorno non fu meno felice dell' andata, eravamo più pochi io, una povera orfanella che ricevemmo in Pringles , il cocchiere ed un fanciulletto ; quindi più poche nasate. Alle 4 1/2 pom. del 27 arrivai alla porta della nostra Casa di Patagones dove nessuno aspettavami, perchè ignoravano il giorno del mio ritorno.

Riceva tanti saluti da parte di queste Suore e nel Signore mi creda

Della S. V. M. R.

Patagones, 25 agosto 1889.

Indegna figlia Suor GIOVANNA BORGNA.

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

Pontida (Bergamo), 26 Ottobre 1889. REVERENDO SIG. DIRETTORE,

Nello scorso settembre Bonacina Benigno, giovane diciottenne dì qui, veniva colpito da forti dolori colici, al quale poco giovando i rimedi dell'arte medica, il male progrediva aggiungendovisi anche il vomito; per cui i medici disperavano di sua guarigione. Si ricorse pertanto all'intercessione di Maria SS. Ausiliatrice col mettere al collo dell' ammalato la medaglia, cominciando una novena colla promessa di pubblicare la grazia dopo ottenuta la guarigione. In fatti poco dopo il male cominciò a diminuire, e l'ammalato continuò a migliorare sì da essere in pochi giorni guarito. Le invio un' offerta pregandola di pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano.

ANTONIO BONANONCI

Bianca Pausa V.va Martinolo sente il dovere di attestare la sua gratitudine a Maria SS. Ausiliatrice, che da lei invocata nei giorni di grande afflizione, la consolò prontamente, ottenendole la guarigione di sua figlia, gravemente ammalata di ileo-tifo.

Sia sempre benedetta questa buona Madre, la quale mai non abbandona chi in Lei pienamente confida.

AI DIRETTORI E DECURIONI.

I Signori Direttori e Decurioni, che avessero già tenuta la prescritta Conferenza nel giorno del glorioso nostro Patrono S. Francesco di Sales, sono pregati a volercene mandare qualche notizia, affinchè ne possiamo fare almeno breve cenno nel nostro periodico a comune edificazione ed incoraggiamento dei Cooperatori.

Coloro che l'avessero ancora da tenere possono recitare in fine di essa un Pater, Ave e Requiem a suffragio dell'anima di Don Bosco e de' Confratelli e Consorelle defunte, coll'aggiunta di una Salve Regina per impetrare da Maria Santissima, nostra buona Madre, che il Suo Divin Figlio non faccia di troppo pesare la sua mano sopra degli uomini.

Intanto ricordiamo che tutte queste afflizioni, miserie, infermità e morti , mentre avvengono per ordine di Dio in pena del peccato, sono parimente, per la sua dolce misericordia, come dice San Francesco di Sales, gradi per salir al Cielo, mezzi per profittare della grazia e meriti per ottenere la gloria.

PASSEGGIATE. CAPO III.

La prima sera ai Becchi. - La scuola di musica nei principii dell'Oratorio. -- In marcia per Maretto. - Capriglio. -- Mamma Margherita. Alla cerca di funghi. - Attentato e conversione dell'assassino.

Di là ai Becchi la distanza non è più molta, ed anche noi sentivamo meno la fatica del viaggio. Ci demmo la voce del richiamo, e poi avanti sempre ! Oh finalmente ci siamo Si rivide con gioia Don Bosco, che, nei pochi giorni passati ai Becchi, ci pareva avesse acquistato un po' più di colore. Qual tripudio per noi, e qual viva compiacenza per il buon padre, nel vedere accresciuta in un momento la sua famigliuola ! Voi direste che eravamo stanchi ? Che si cercò subito di andare a riposo l Che fossimo stanchi non sarei capace di metterlo in dubbio, e voi non ci credereste ; ma di andare a riposo neppure per sogno. Era una bellissima sera d' autunno, e la luna e le stelle, con uno splendore proprio meraviglioso, facevam la più stupenda comparsa in cielo. E noi, mentre alcuni sparsi qua e là pel piccolo cortile osservavano, nuovi del luogo , le poche meraviglie di quella collinetta, andavamo a confessarci, chè l'ora era appunto quella, preparavamo la chiesa, o ci esercitavamo a servire per la benedizione, ed alcuni finalmente a fare un'ultima prova per la musìca. Tutti facevano qualche cosa, compresi quelli che, non essendo determinati ad un uffizio, guardavano gli altri a lavorare. La gente accorsa era proprio numerosa, e faceva promettere alla dimane un numero stragrande. Predicava la novena ed il panegirico, nel dì della festa, un amico nostro di lunga data, sincerissimo e religiosissimo. Era Don Michelangelo Chiatellino da Carignano. Anima mite e fervorosa, zelante della salute delle animo, sapeva facilmente guadagnare il cuore dei suoi uditori. Quanto bene voleva ai figli di D. Bosco! Fin dai primi tempi dell' Oratorio , quando Don Bosco doveva fare un poco di tutto, e che tra le altre cose pensava anche alla musica , egli ebbe in questo venerando sacerdote un vero ed intelligente coadiutore. Adesso i nostri giovanetti eseguiscono con disinvoltura ed arte i lavori monumentali dei più illustri maestri di musica, come furono ai loro tempi il Palestrina, il Cherubini, l' Haydn , il Rossini. Ma allora ! Ecco come si faceva, e tuttavia con felice riuscita. Don Bosco sentiva per via un'aria, che poteva andar bene per il Kyrie, e per il principio del Gloria e ve la sapeva adattare per benino la ripeteva nel Cum Sancto Spirito, disposto a farla sentire la terza volta magari nel Crucifixus! Faceva come poteva! Ma Don Chiatellino , buon conoscitore del piano-forte e dell'organo, ci cominciò una scuola regolare. Egli scrisse tanto di note sopra alcuni cartelli, e poi con pazienza eroica ci insegnava il solfeggio , e subito con qualche armonia, ed in modo religioso e fatto esclusivamente per noi dell'Oratorio. Non era ancor musica perfetta, ma non era nemanco più la prima forma dell'Oratorio. Era un'aurora lontana che accennava bellissima giornata. Per noi egli compose vani pezzi, che tuttavia si ripetono con piacere, e con Don Bosco si può dire che lasciò la semenza del buon gusto musicale, estrinsecato e condotto, quasi alla perfezione, se non al massimo grado, ai nostri giorni da Mons. Cagliero, Era lui che predicava, e noi l' ascoltammo sì in quella sera come alla dimane con grande affetto, chè egli soleva, predicare al cuore.

Dopo la festa del Rosario, si aspettava qual sarebbe stata la direzione del nostro viaggio. Si andrà a Castelnuovo ? A Torino? Mah! Chi lo sa? Pareva che Don Bosco non lo volesse ancor manifestare, e ci faceva stare quasi, come si dice, sulla corda. Dopo colazione il rullo del tamburo ci chiamò a raccolta, ed il capo della carovana ci dice, a nome di Don Bosco, che quest' anno si sarebbe andati a Roma senza vedere il Papa: cioè saremmo venuti a Castelnuovo senza vederlo, perchè il nostro viaggio sarebbe stato per altre parti. E con la mano tesa, trinciando l'aria, segnava quale era la via che noi dovevamo prendere. In una parola si doveva andare a Maretto, su quel di Asti., dove quell'ottimo prevosto di allora voleva ospitare i figli di D. Bosco, con la pia intenzione di averli poi colà a lavorare per il Signore. Noi poveretti restammo là smemorati, e poi unendo la preposizion a col nome, ci dicemmo che si andava amaretto, e ci pareva un augurio di poco gusto. Noi a quell' età non si vedeva, non si gustava che cose materiali, e cercavamo occasione da ogni piccola inezia per divagarci e ridere. Perciò lo scambio facilissimo del senso tra i dolci (1) ed il paesello, ci servì di amenità per il viaggio, che, poveretti ! fu abbastanza lungo. Per quelle strade polverose, per quei vigneti omai bruciati dal sole, perchè quell' anno la siccità fu piuttosto sensibile, si camminava verso il mezzodì proprio con disagio. Non oserei dire con noia, perchè la musica, perchè i nostri superiori, e specialmente Don Bosco, ci narravano le più gioconde novità, che ci rendevano ameno o non fastidioso il camminare.

Eccoci a Capriglio !

La madre di Don Bosco era di questa piccola terra, e qui pure nei primi tempi si recava sovente D. Bosco, e qui venivamo noi a trovare quei pochi parenti che Don Bosco aveva, e che ci trattavano con una cortesia patriarcale e generosa. Quando poi si faceva come si poteva, e non era ancor capace l'Oratorio di spedir da Torino candele e candelieri, turiboli e navicella, pel servizio della chiesa, ci ricordiamo, che il buon parroco di allora imprestava volentieri quanto ci occorreva pel bisogno. E che processione faticosa si faceva! Quello che ora forma il più bel versante occidentale della valle, coltivato a vigneti, era ancora a quei tempi tutto bosco. E noi andavamo alcune volte, con sommo piacere, a passare le lunghe ore per leggere questo o quell' autore, quando più batteva il sole, e Don Bosco ce ne lasciava la libertà ; ed alcune volte anche con lui a prender fresco ed alzar cattedra là sotto à quelle piante e farci scuola. Altre volte si andava pure a cercar funghi. Sentite. Questa la è propria nuova di conio. Don Bosco, qualche anno prima di queste passeggiate, un dì, passate le tre della sera, ci disse, con aria più amorevole del solito, di prendere un cestello per un' impresa, e che lo seguissimo. Disse poi rivolto alla mamma, che stava ritta sulla porta a guardarci: - Stasera non preparate pietanza per cena, perchè ne porterò io una dal passeggio! -Ci par di vedere quell'ottima vecchierella fare spalluccie , e poi con aria di incredula dire: « Che volete portare voi? Porterete doppio appetito e null'altro. Dìo voglia che non vi capiti male. » E noi intanto all'invito di Don Bosco ci eravamo già mossi, e con gioia clamorosa domandavamo: « E dove si va? - Nella valle, » ci dice Don Bosco. E noi giù a precipizio per la valle. Qualcuno ebbe per un momento sospetto che si andasse di nuovo per uva, mentre pure si era già vendemmiato. Si vedevano, è vero, già i vigneti poveri e soli con le foglie omai tutte ingiallite; e quella parola nella valle non ci tolse tuttavia ogni illusione. Oh con che gioia si andava qua e là a sbalzi, a salti, a capriole, precorrendo l'arrivo del padre che, more solito, discendeva con calma e tenendo tre, quattro, cinque nostri compagni per mano, che meglio fortunati avevano potuto mettersi più davvicino. Arrivati perciò al fondo in un momento, aspettammo un cenno della nostra guida, per sapere qual ne doveva essere la direzione.

Stemmo colà quel poco ad attendere, che Don Bosco arrivasse. Egli aveva sempre molte cose a dire ai suoi cari figliuoli, molte memorie a ripetere dei suoi primi anni, e noi certamente eravamo ben contenti di sentirle a nostro ammaestramento e piacere. Quando comparve , ci fe' segno che il sito era poco distante di là. Dovete sapere che uno o due giorni prima era piovuto assai, e che i funghi dovevano essere venuti su a furore. Dunque alla cerca di funghi. « Ma chi li conosce? Basta poi che non portiamo a casa il veleno. Basta... » Noi volevamo dire più altre cose, ma D. Bosco ci troncò ogni parola in bocca, e disse : « Venite dove vado io. » Come avesse preveduto dove veramente stavano i funghi , senza esitare, senza prima cercare, andò difilato ad un albero di alto fusto, e poi rivolto a chi portava il cestello disse : « Non allontanarti. Non si ha che da prendere. » Lettori, non ischerzo ! Se aveste veduto ! pareva che ve li avessero piantati a bella posta, anzi gittati a mucchi per nostro giusto divertimento e guadagno. Non si ebbe che a prendere; e ce n' erano tanti, tanti e tanti da riempire il cestello ed un mantile, che si era portato insieme per precauzione; e tutti di ottima qualità. Ce ne erano dei piccoli, dei mezzani e dei grossi, e di sì varie specie da consumare i termini della botanica, se avessimo a chiamarli tutti col loro nome e cognome. Meravigliati di tale scoperta, che a noi aveva l' aria di mistero, e curiosi di saperne qualche cosa, interrogammo Don Bosco. Il quale ci disse che sarebbe venuto anche ad occhi chiusi, perchè li aveva sognati nella notte ! Il fatto è che la raccolta dei funghi fu copiosa, stragrande, e che noi alla sera ce li siamo pappati, ottimamente confezionati dalla mamma, anch'essa stupita di quella raccolta, simile, diceva scherzando , alla pesca meravigliosa.

Ora mentre si va e che alcuni ricordano agli altri il fatto dei funghi e ne segnano il sito, D. Bosco ci narrava:

« Era l' anno 1849, e riavutomi da quella malattia, che pareva dovesse essermi mortale, nel mese di maggio, venni a far in patrìa un po' di convalescenza. Solo e soletto, quasi tutti i giorni, dopo mezzodì, ora con un libro, ora senza , ora accompagnato da qualche amico, faceva qualche corsa a Capriglio. Colà mi portavano le prime memorie della gioventù. Or ecco che mentre me ne ritornava una volta verso sera , nell' entrare in quel viottolo che ora vedete, per discendere nella valle , mi si fa avanti un uomo di sinistro aspetto, e con un coltello in mano, mi dice « O i danari o la vita. » Diceva allora il breviario, ed alzai appena gli occhi dal libro, per assicurarmi, se si scherzava o si faceva sul serio; « Amico, gli dissi : che cosa volete che vi dia un povero prete? » E l'assassino mi soggiunse : - Lei non è povero. O mi dia i soldi, o che io... - E che faresti tu ? gli dissi allora. Oh ti riconosco ! Son questi i proponimenti, son queste le ricompense che preparavi al povero Don Bosco? - Quel poverino confuso, sbalordito, lasciando cadere il coltello di mano, mi si gettò ai piedi, pronunziandomi le più amare parole di pentimento. E chi era costui? Era un infelice che io aveva conosciuto a Torino nelle carceri senatorie, ove scontava un po' di pena, e che aveva detto e ridetto, che, se usciva, avrebbe fatto miracoli per non ricadere mai più. Ed ora il primo miracolo che faceva era di assalire il povero Don Bosco ! Dunque mi si gettò ai piedi, e mi disse, che proprio per forza era stato indotto a quella infame azione : che era uscito di carcere otto giorni prima, ma che andato dai suoi non l' avevano voluto ricevere; che aveva domandata l'elemosina, ma che la fame... - Disgraziato ! diceva poi tutto disfatto in lacrime. E che mi tocca vedere, a chi fare minaccie! Mi perdoni, caro Don Bosco, mi perdoni! Morirò, ma non farò più male ad una mosca... - Prendendolo per mano, gli feci coraggìo a rialzarsi, ed a farmi compagnia fino a casa, dove avrei provveduto per i primi bisogni, se non altro per quella notte. - Dunque, gli dissi, vieni con me, divideremo insieme un poco di cena, e poi sarà quello che Dio vorrà - - Ascolti , disse il povero assassino, (ora non più tale, ma il convertito), ascolti prima la mia confessione. Io non mi alzo di qui, se Ella non mi perdona a nome di Dio questo enorme peccato, e quegli altri, che ho commesso dopo l' ultima volta che mi confessai a Lei in quel luogo del dolore e delle pene. -- C' era là sul principio della viuzza una pietra , gli dissi di andarmela a prendere. Colà stesso mi sedetti, ed ai miei piedi s'ìnginocchiò quell' uomo pentito, e ciò che sia allora succeduto lo sa Dio, lo sanno gli Angeli e lo seppe Don Bosco, che vorrebbe avere pentimento de' suoi peccati , come ne dimostrava quell'infelice.

La notte intanto erasi avanzata, senza essercene accorti, ed io in compagnia di quello strano uomo, arrivava a casa, aspettato già con qualche inquietudine. Quando mio fratello Giuseppe mi vide, non mancò di dirmi : - Oh Don Bosco, era tempo che ci venissi a togliere la paura di qualche male! - Ma quando si accorse di quell'ombra oscura che veniva dietro di me, e lo riconobbe per il famoso commettimale che era, si prese ancor pena maggiore. - Ti insultò forse quel disgraziato ? - No, gli diceva io, anzi voglio che lo trattiamo bene. È mio amico. - Ma bravo, ma bene, ma ottimamente ! Non sai chi è ? - Ed io: - Appunto perchè so chi è , che ti dico che ha bisogno della nostra carità. - E così dicendo, mi rivolsi al convertito che se ne stava a molta distanza, con la testa a terra, con le mani serrate insieme, e con la mente chi sa in quale tempesta. Entrò in casa, sedette a tavola, e per quante istanze gli facessi io e quella perla di mio fratello Giuseppe, non avvenne che egli s' inducesse a mangiare. Non fece che gemere e singhiozzare , prendere la mano di Don Bosco a baciarmela e ringraziarmi della carità che gli usava. Fu tanta l'angoscia che provò, il pentimento che discese al suo cuore, che in tutta quella notte non potè prendere alcun riposo. »

Don Bosco ci diceva che questo povero convertito, per opera sua era stato riammesso nella benevolenza della famiglia, e che tra i suoi passò ancora breve tempo, finchè con i segni della più sincera contrizione, moriva parlando di D. Bosco come del suo più grande benefattore.

Oh valle di Capriglio ! quante pietose istorie ci ricordi ! Ascoltavamo questo racconto con l'anima innamorata di carità, e pensando alla conversione del povero assassino, guardavamo là per quella via e cercavamo con curiosità quei siti, quella pietra, dove ci immaginavamo che Don Bosco fosse stato aggredito, e dove poi vide inginocchiato davanti a sè il lupo diventato agnello, e con giovanile compiacenza lo mostravamo agli altri nostri compagni, al pari di noi meravigliati delle sorprese capitate al nostro buon Padre.

(Continua).

(1) Amaretti in Piemonte sono certe pastine molto in uso, e che in altri tempi erano forse amare, ora invece son dolci assai e care ai bambini, specialmente per quel non so che di eccitante che hanno.

IL DUCA D'AOSTA.

Questo buon Principe di Casa Savoia, che nell' età di 45 anni lascia la vita con rassegnazione ammirabile, e compie i doveri religiosi del cristiano con esemplare esattezza, merita pur un cenno nel nostro Bollettino.

La sua morte ha destato un compianto generale anche tra il popolo, che lo soleva vedere in ogni pubblica occasione o di lutto o di festa. Noi ricordiamo come nel 1865, quando si trattava di mettere la pietra fondamentale della nostra Chiesa di Maria Ausiliatrice, accettasse ben volentieri l' invito che gli fece D. Bosco, e come quel giorno stesse con noi molto tempo, prendendo vivo interesse dell'opera degli Oratorii e lasciando nel partìre una graziosa offerta. Da quel dì Egli fu considerato nostro Cooperatore, e più d'una volta aiutò giovanetti che si raccomandavano alla sua carità per secondare la loro vocazione religiosa.

In mezzo agli splendori del trono, alle divagazioni del secolo, Egli sapeva trovar tempo e modo per compiere i doveri religiosi. A Torino, fra le altre cose, si sapeva con quanta esattezza usava alla Messa festiva nella sua parrocchia. E l'anno scorso (1889) mentre presiedeva alle grandi manovre di Cavalleria, di cui era Ispettore generale, ogni festa, accompagnato da splendido Stato Maggiore, provvedeva di poter andare alla Messa con edificazione generale del nostro popolo di Lombardia. Quando la morte lo venne a colpire, Egli non aspettò di ricevere i Sacramenti troppo tardi, ma quando. s'accorse della gravità del male, da sè li chiamò e li ebbe con serenità e divozione dall'ordinario suo Confessore il P. Caracciolo dell' Oratorio di S. Filippo.

Gli ultimi suoi momenti furono consolati dalla presenza di S. Em. il Card Alìmonda nostro Arcivescovo, dal Re Umberto suo fratello, venuto rapidamente da Roma, dalla sua Sposa la Principessa Letizia, dalla sorella la Principessa Clotilde, e dai figli Emmanuele Filiberto e Vittorio Emmanuele.

Questa sventura fu grande, specialmente per Torino, di, cui il Principe era il primo cittadino, alla cui generosità nessuna pubblica o privata calamità si faceva mai ricorso invano.

Era nato a Torino addì 30 maggio 1845, e morì il 18 gennaio 1890.

Lo raccomandiamo alle preghiere dei nostri Cooperatori e Cooperatrici.

BIBLIOGRAFIA

Collana di Letture Drammatiche.

Esce un volumetto ogni mese.

All' anno L. 4.00 - Estero (Unione Postale) L. 5.00

Uno dei consigli che il nostro sempre amato D. Bosco soleva più frequentemente dare ai suoi cari giovanetti era che stessero allegri, e a questo scopo voleva che nelle sue Case vi rosse anche il Teatrino, il quale servisse a rallegrarli e nel medesimo tempo riuscisse per loro una scuola di cristiana educazione. Ad ottenere più facilmente e con maggior sicurezza questo fine, Egli raccomandava che fra le nostre pubblicazioni non dovesse mancare una collezione di Letture Drammatiche adatte specialmente agli Istituti di educazione. Incominciata nel 1885 questa pubblicazione mensile, trovò il generale aggradimento, e ben presto venne in tanto favore da essere largamente encomiata dalla stampa, non che da esimii scrittori e provetti educatori, fra cui ci piace qui ricordare il R. P. Rondina della C. di G., il quale non è gran tempo ci scriveva queste parole: « Quest'opera de' Salesiani, raccomandata dal santo lor Fondatore, è di tanta gloria a Dio ed utile alla gioventù che io mi recherei a coscienza di non cooperarvi in qualche modo per quel pochissimo ch' io posso... Fo caldi voti pel buon successo di quest'apostolica opera. E noi raccomandiamo queste Letture Drammatiche anche ai nostri buoni Cooperatori, e ai Superiori e alle Superiore degli Istituti educativi, specialmente in questo tempo del carnevale, persuasi che in esse troveranno di che utilmente ricreare alunni ed alunne.

Elenco dei Cooperatori defunti nel Dicembre 1889 e nel Gennaio 1890.

S. A. R. Il Principe Amedeo di Savoia Duca D'Aosta - (Torino).

1 Acquadro Rosa di Antonio Vicheri - Pralungo (Novara).

2 Adarni Annunziata - S. Pietro Incariano (Veronal.

3 Adobrati Pietro - Bergamo.

4 Aiello D. Francesco -Maria vicario foraneo - S. Giovanni di Galermo (Catania).

5 Aimerito Ernesta - Torino.

6 Albano D. Pasquale - Salerno

7 Albera D. Luigi - Finalmarina (Genova).

8 Altare D. Sebastiano - Dogliani (Cuneo).

9 Andreucci D. Cristoforo rettore - Longiano (Forlìì.

10 Annibali D. Giov. Batt. canonico arcipr. - Roma.

11 Arcasio damigella Luigia - Casale Monferrato (Alessandria).

12 Azimouti Annetta - Torino.

13 Baio D. Giuseppe - Schio (Vicenza).

14 Balbi D. Giovanni teologo - Torino.

15 Balladoro contessa Teresa - Verona.

16 Barbero Maria fu Giovanni - Mmrticello d'Alba (Cuneo).

17 Beccari D. Luigi arciprete - Possagno (Treviso).

18 Bellia Antonio capo mastro Pettinengo (Novara).

19 Benedolo Francesco di Giovanni - .Alice Belcolle (Alessandria).

20 Bergodi D. Giuseppe - Bracciano (Roma).

21 Bizzarini D. Giovanni canonico - Feltro (Belluno).

22 Boido Margherita di Lorenzo - Alice Belcolle (Alessandria).

23 Brenna Ferdinando - Birago (Milano).

24 Brianza D. Domenico prevosto - Lodi (Milano).

25 Bruno Luigia nata Carbonero - Piossasco (Torino).

26 Buscaglia D. Giovanni Battista - Castellazzo Bormida (Alessandria).

27 Caddeo D. Antonio parroco - Sini (Cagliari).

28 Cagnani D. Giuseppe arciprete - Dovadola (Forlì).

29 Castino Costanza - Mombercelli (Alessandria).

30 Cavalli Rosa - Monte di Valenza (Alessandria).

31 Ciancia Maurizio - Torino.

32 Clerici D. Giov. Batt. parr. - Cossano Belbo (Cuneo).

33 Cremonesi Catterina nata Zibetti - Cremona.

34 Crotti di Costigliole contessa Clelia nata d'Emarese - Bairo (Torino).

35 D'Aste D. Pietro - Strappa (Genova).

36 De Carli Maria - Ventimiglia - (Porto Maurizio).

37 De Giovine Alfonso - Lacera (Foggia).

38 De Lizzi D. Isidoro prof. Seminario - Troia (Foggia).

39 Dellavalle Cesarina - Casale Monf. (Alessandria).

40 Del Vecchio Mons. Giovanni vicario capitolare, cameriere di S. S. - Novara.

41 Dotti Pietro - Rocca S. Casciano (Firenze).

42 Fabre Nicola maestro - Torino.

43 Fadda Francesco negoziante - Terralba (Cagliari).

44 Falco D. Bartolomeo prevosto - Pramollo (Torino).

45 Fino Margherita nata Carignano - Torino.

46 Flora Luigi - Camaiore (Lucca). 47 Fogliani D. Giovanni - Como.

48 Fugazza Domenico - Creta (Piacenza).

49 Galizzi Paolina - Bergamo.

50 Garrone D. Lorenzo cali. - Alessandria.

51 Giussani D. Enrico - Mondinari (Cremona).

52 Guglielmi Lorenzo - Vallebona (Portomaurizio).

53 Iacopczi D. Serafino - Palicà (Firenze).

54 Lorubara Teresa -. Torino.

55 Longa-Pagani Giovaunina - Broni (Paria).

56 LumelloMaddalena -Rufúa(Cuneo). 57 Macchi contessa Maddalena vedova Zampi - Viterbo (Roma).

58 Maiocchi Carlo - Lodi (Milano).

59 Marchetti D. Tornino - Castelnuovo di Porto Morlupo (Roma).

60 Mardegan D. Gio Batt. - Troviguano (Venezia).

61 Marini D. Giacobbe parroco - Pietramurata (Austria).

62 Mengoi Angelica - S. Pietro Incartano (Verona).

63 Montegasi D. Giovanni - Castellaro Arcelli (Piacenza).

64 Nasi Carolina vedova Chiora - Torino.

65 Nobile Luigi - Milano.

66 Paganini Pagano prof. - Pisa.

67 Palmas D. Giovanni vicario - Solarussa (Cagliari).

Con permesso dell'Autorità ecclesiastica - Gerente -MATTEO GHIGLIONE - Torino, 1839 - Tip. Salesiana.