BS 1890s|1890|Bollettino Salesiano Novembre 1890

ANNO XIV - N. 11.   Esce una volta al mese.   NOVEMBRE 1890

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

SOMMARIO.

Un caldo appello.

Pei nostri defunti.

Uno stadio di suprema importanza.

Un consiglio dato da Maria SS.

Notizie dei nostri Missionarii: il nuovo Collegio D. Bosco a Paysandú; entusiasmo pei Salesiani a Bogotá; altre notizie.

In collegio.

Che s'intende per Cooperatori Salesiani e che debbono fare.

Appendice alle notizie dei nostri Missionarii : D. Costamagna in viaggio per l'Equatore (seguito). Grazie di Maria Ausiliatrice. Notizie varie.

Fioretti per la Novena e Festa dell'Immacolata Concezione.

Passeggiate.

Cooperatori defunti.

UN CALDO APPELLO.

Nei numeri del Bollettino Salesiano di Settembre e di Ottobre abbiamo annunziati i libri di testo pei Licei e per le Classi Ginnasiali superiori ed inferiori di nostra edizione. Abbiamo inoltre pubblicato a parte un ampio Catalogo scolastico della nostra Libreria, del quale già si diffusero oltre a quattro mila copie e spediremo lo altre a quanti ce ne faranno richiesta.

La Libreria Salesiana di Torino avendo in Italia tre Tipografie in continuo lavoro , otto sedi importanti presso varie nostre Case (1) e tenendo deposito presso i principali Librai del Regno, si trova in grado di poter servire con prontezza ed economicamente Seminari, Collegi, Scuole pubbliche e private ecc. con opere di propria e di altrui edizione; offrendo inoltre occasione di fare un po' di elemosina ai nostri ospizi, ai quali va dedicato ogni provento che se ne ricava.

Ci raccomandiamo pertanto alla intelligente carità dei Benemeriti nostri Cooperatori, perchè anche in questo nuovo anno scolastico ci vengano in aiuto in quest'opera colla parola, coll'azione e specialmente colla stampa periodica.

Ne serberemo mai sempre la più sentita riconoscenza.

(1) Di cui v'ha cenno nella copertina del Bollettino.

PEI NOSTRI DEFUNTI

Non muor chi sè lascia chi preghi Pace, e casta e devota erga una tomba.

C. Arici.

Mentre i sacri bronzi suonano a lutto e ci richiamano in questi giorni alla niente ed al cuore la memoria dei morti, mentre tra il rotto baglior delle faci e le funebri salmodie dei Leviti, la nostra pietà è mossa a molteplici suffragi, non possiamo dimenticare le anime a noi carissime dei nostri Cooperatori e Cooperatrici già chiamate da Dio alla eterna vita.

Molte di esse già saranno in Cielo, ove furono portate, come su ali d'oro , dalle loro opere di carità; ma altre molte forse ancor giaceranno in Purgatorio. Non son morti, no, nel nostro cuore questi spiriti generosi, non son morti nel cuore dei nostri orfanelli , nel cuore dei selvaggi già convertiti ed in buon numero vestiti e mantenuti dalle nostre Missioni. Essi partendo per l'eternità hanno lasciato chi prega pace per loro, chi erge più che una tomba, un altare immenso sul quale ogni giorno sollevansi mille suppliche alla Gran Vergine Ausiliatrice, offronsi ferventi comunioni e porgonsi mille opere, per implorare, che il Cielo si apra e li accolga a far parte della vita gloriosa dei celesti.

Come potremo noi dimenticare quelle anime generose, che vennero in aiuto al Venerando Don Bosco ed a noi in tutte le imprese dalle più umili alle più ardue e grandi ?

Come dimenticare quelle anime, che dopo averci aiutati coll'obolo di loro carità ogni anno della loro vita, ancora si ricordarono di noi e dei nostri orfanelli nell'ora della morte ? E se non basteranno al cospetto di Dio le nostre voci, ben saranno eloquenti d'una potenza consolante le opere, che coll' aiuto della loro carità si poterono iniziare, ravvivare e far fiorire in tante parti d'Europa e d'America, ove pervennero i Salesiani.

Ma fra le tombe dei nostri Benefattori se ne erge una già tante volte bagnata colle nostre lacrime.

È la tomba del Padre, è la tomba dell'indimenticabile D. Bosco.

Oh D. Bosco , D. Bosco! Luce e conforto dei nostri giorni più belli, maestro, guida e nostro dolcissimo Padre; deh! se già regni beato in Cielo, valgano per le Anime Purganti dei nostri Cooperatori e Cooperatrici le preghiere ed i suffragi, che circondano la tua tomba e la venerata tua memoria; valga a lor suffragio la tua prece e la tua benedizione.

Viva D. Bosco! gridammo tante volte, quando la sua parola ed il suo esempio infiammavano i nostri cuori. - Viva Don Bosco! ripetiamo oggi con fiducia ardente; viva in Cielo, per accelerare il trionfo di quelle Anime che lui beneficarono in vita, che beneficarono i suoi figli ed oggi ancora gemono nel Purgatorio.

Questa pure è la preghiera che facciamo ai viventi. Un tenero ricordo ce la richiama.

Il medesimo feretro, che nel tempio di Maria Ausiliatrice racchiuse le mortali spoglie di D. Bosco in un giorno per noi di gran dolore, due giorni dopo, toltevi appena le insegne sacerdotali, illuminato dalle medesime faci, serviva pel solenne funerale di trigesima per uno dei più grandi nostri Benefattori, per l' anima dell'illustre Conte Colle.

Oh! i fiori e le preci con cui ora i Salesiani ed i loro allievi, le figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori e le Cooperatrici viventi circondano la tomba di Don Bosco , coprano e suffraghino anche le Anime dei Cooperatori e delle Cooperatrici defunte ed aprano loro il regno dei beati comprensori.

Alla preghiera pel Padre vada sempre unita la preghiera pei figli e pei Benefattori. L'Angelo del Signore discenda su quella venerata tomba e raccolga ogni dì innumerevoli preci a suffragio di Anime tanto a noi care e ne ottenga in breve la sospirata liberazione.

UNO STUDIO DI SUPREMA IMPORTANZA,

Siamo al principio di un nuovo anno scolastico; mentre e nelle scuole pubbliche e nelle private si ripigliano gli studi, un'altra grande scuola, che mai non si chiude, attende i figli del popolo, anzi il popolo tutto alle sue lezioni; questa scuola è la chiesa. - Non udite, o genitori, la campana che ogni festa chiama i vostri figli al Catechismo? Orsù ascoltate quel ripetuto invito, mandate i vostri figli alla chiesa. - Sotto le volte del sacro tempio, presso i santi altari li attende una scuola, alla quale impareranno quanto di più santo, sublime ed utile si possa insegnare a mente umana. - Iddio ed i suoi comandamenti, la Chiesa ed i suoi materni precetti, la virtù, i Sacramenti, i doveri che ha l' uomo verso Dio, verso se stesso e verso il prossimo... ecco quanto verrà loro insegnato, affinchè crescano docili figliuoli , buoni cristiani e possano un dì ascendere alla celeste patria. - Il Catechismo ! v'ha forse libro più utile per la educazione dei giovanetti? Essendo l'accademico Beauzée entrato nello studio di Diderôt senza essere annunziato, lo vide occupato a far ripetere il Catechismo cattolico a sua figlia. Siccome egli manifestava stupore che quello spregiudicato filosofo tenesse alle mani un tal libro, Diderot rise della sua sorpresa; e quali migliori fondamenti, disse, posso io dare all'educazione di mia figlia? Havvi forse un libro migliore di questo ? Si troverà forse una dottrina, una morale che valga quella della Religione Cattolica?

Tuttavia se il Catechismo è in singolar modo necessario ai giovani, non deve esser negletto dagli adulti. Ed è per questo, che nella chiesa s'insegna il Catechismo non solo ai giovanotti, ma, o dall' altare o dal pulpito, si spiega anche al popolo. Si può anzi in certa guisa applicare anche a noi, riguardo a questo prezioso libro, ciò che Iddio disse al popolo ebreo del libro della legge : « Questi comandamenti che io ti do oggi, così il Signore, saran fissi in cuore e li spiegherai a' tuoi figliuoli, e li mediterai assiso in tua casa, e andando per viaggio, andando a dormire e alzandoti. E te li legherai alla mano per memoria, e li avrai pendenti innanzi agli occhi, e li scriverai sul limitare e sulle porte della tua casa. » (Deuter. 6, 6 e seg.).

Quando S. Teresa fu interrogata un giorno dalle monache, alle quali presiedeva come superiora, qual libro dovessero leggere a preferenza, ella porse loro un Catechismo : Ecco, o figliuole mie, il libro in cui dovete leggere giorno e notte, perchè in esso si contiene la legge del Signore.

Il celebre generale Lamoricière aveva famigliari due libri, ed erano il Catechismo e l'Imitazione di Cristo. - Signor generale, gli fu detto un giorno, ella studia ancora il

Catechismo? L'avea difatti sul tavolino di studio. - Ebbene, sì, rispose il famoso eroe; sì, studio il Catechismo. A me non piace essere come certa gente dei tempi nostri, che sta coi piedi in aria tra il cielo e la terra, il giorno e la notte. Io voglio sapere donde vengo , dove vado e come vivere; non ne faccio alcun mistero. E il Catechismo m'insegna tutto ciò.

Il dottìssimo Gersone riteneva a suo grande onore il fare il Catechismo ai fanciulli.

E del nostro Volta leggesi che ogni anno di ritorno a Como in seno della propria famiglia per le vacanze autunnali, con quell'aria veneranda e patriarcale, come scrive l'Alimonda, che lo rassomigliava ad un antico padre della cristianità, entrava alla domenica nella chiesa della propria parrocchia, si circondava di fanciulli , traeva fuori un piccolo Catechismo e l'insegnava loro con gioia ed amorevolezza. ( Civiltà Cattolica, 1879).

E come dimenticare qui quei nobili e caritatevoli signori i quali non isdegnarono di venire per tanti anni in aiuto del venerando D. Bosco nell'opera tanto benefica degli Ora-. tori festivi e del catechizzare i giovanetti? - Come dimenticare i moltissimi che tuttora porgono il medesimo aiuto agli Oratori della nostra Pia Società? Oh nobilissimo esempio, degno invero di essere ammirato ed imitato !

Abbiam ricordati gli Oratori festivi. E non sono forse questi una grande scuola di Catechismo? Una provvidenziale arca di rifugio e di salvezza per tanti giovanetti, massime nelle grandi città

I sudori quindi ed i soccorsi d'ogni maniera che spendonsi a pro di questa istituzione sono ogni dì ricompensati mirabilmente da copiosissimi frutti.

Benedica il Signore questa grand'opera della istruzione ed educazione della gioventù abbandonata e ne benedica i provvidi Benefattori e le pio Benefattrici.

Il Catechismo ! Ecco lo studio più importante ed a cui tutti dobbiamo attendere. C'investa e c'infiammi uno zelo ardente per questo studio, da cui dipende tanto bene per le anime. Coll'esempio, coll'elemosina e coll'opera rendiamolo ognor più diffuso e popolare.

Non vedesi forse con quanto ardore e con quanta attività s'adoprano a tal uopo il clero secolare e regolare l Le Società della Dottrina cristiana, le Società Operaie cattoliche ed altre innumerevoli Istituzioni e pie Associazioni? L'esempio degli uni valga ad eccitamento per gli altri e la Chiesa abbia da consolarsi dell'opera di tutti.

Gli Oratori festivi aperti e diretti dalla nostra Pia Società, mediante l'aiuto dei benemeriti Cooperatori e delle pie Cooperatrici salesiane, sono, grazie a Dio, già circa 150. Il granellino di senapa gettato da Don Bosco il giorno 8 dicembre (festa dell'Immacolata Concezione) del 1841, si è sviluppato in grande albero. Ma non dobbiamo dir: basta; anzi la nostra parola d'ordine sia sempre : avanti. La messe è grande, immensa ; si lavori quindi con lena costante. Ispiriamoci anche noi alla grande massima a cui era informata la vita di D. Bosco : Quaggiù il lavoro, in Paradiso il riposo.

UN CONSIGLIO DATO DA MARIA SANTISSIMA

Verso la metà del secolo IV, sotto il Pontificato di Papa Liberio, viveva in Roma un ricco signore di nome Giovanni, colla sua consorte al pari di lui piissima, i quali non avendo prole si rivolsero con fervore alla SS. Vergine, pregandola che volesse significar loro in quale opera di suo gradimento potessero impiegare le loro sostanze.

Le loro preghiere furono esaudite in modo meraviglioso. Imperocchè nella notte del 4 di agosto dell'anno 352, tanto ai detti coniugi, quanto al Sommo Pontefice apparve Maria SS. e li avvisò di fabbricare in suo onore una chiesa nel luogo stesso che nel seguente mattino, malgrado l'eccessivo caldo della stagione estiva, avessero trovato coperto di neve.

Frattanto sul monte Esquilino cadde appunto gran copia di neve, e fin dal primo albóre del giorno 5 la fama di sì straordinario portento si propagò per tutta la città. Fu allora che il Santo Pontefice con gran folla di popolo si portò processionalmente sul luogo dei prodigio e segnò il piano della chiesa, la quale, eretta appunto dalla generosità dei due signori, fu da lui solennemente consacrata l'anno seguente. E questa è una delle quattro basiliche patriarcali, la magnifica chiesa di Santa Maria Maggiore.

Tra i nostri Cooperatori e Cooperatrici vi sono molti ai quali Iddio fu pure largo di beni di fortuna. Taluni forse si troveranno persino in angustie per non sapere a chi lasciare detti beni, o perchè non hanno eredi o parenti prossimi che ne abbisognino, o perchè temono che questi ne abbiano a fare cattivo uso, come avviene sovente. Affinchè non capiti loro quel che pur troppo capita a tanti altri, di morire cioè ab intestato dando luogo, ad interminabili questioni e discordie tra i parenti, o di disporre dei loro beni in modo ambiguo e pericoloso, di modo che per la malignità dei tempi e delle persone venga ad essere frustrata la loro intenzione, vorremmo ripetere loro il prudente consiglio che già la Madonna diede a quei due suoi devoti : Facciano loro erede la Gran Madre di Dio. E giacchè in Torino si sta decorando il tempio di Maria Ausiliatrice, mandino i loro beni per questo fine, e così saranno sicuri di averli ben impiegati. La Madonna saprà loro ricompensarli in vita ed in morte, prima e dopo la quale nel di Lei Santuario decorato col loro concorso saranno innalzate al Trono di Dio continue e fervide precì in loro favore.

Intanto nella fiducia che qualche benevola persona o molte insieme vogliano per tal modo assumersi la spesa di qualche particolare lavoro per lasciare nella chiesa di Maria Ausiliatrice un ricordo perenne della loro carità, esponiamo qui le molteplici cose che si stanno eseguendo o che ancora rimangono a farsi.

In ogni città e paese si trovano sempre anime pie che sarebbero in grado di venirci in aiuto, ed il verrebbero eziandio di buon cuore se conoscessero il nostro bisogno ed il nobile scopo. Facciamo però calda preghiera a tutti i nostri Cooperatori che vogliano pure adoperarsi per far conoscere quest'opera nostra a tali buone persone a noi ancora ignote. Ne parlino loro e ci faranno una grande carità.

Coloro poi che non hanno troppo da offrire per il Santuario di Maria Ausiliatrice si ricordino che il Signore disse che si offerissero e si accettassero pure i peli di capra, per farci intendere che quando non si può dare molto nè cose preziose, Egli gradisce il buon cuore ed accetta e premia eziandio le offerte più piccole.

Ecco pertanto la lista dei detti lavori:

LAVORI CHE SI ESEGUISCONO

nella Chiesa di Maria SS. Ausiliatrice in Valdocco, la cui spesa è umilmente raccomandata ai caritatevoli devoti e specialmente ai signori Cooperatori e signore Cooperatrici salesiani, a monumento del nostro comun Padre D. Bosco.

1. Grande dipinto del Rollini, che occupa tutta la superficie della grandiosa cupola, con quattro Dottori agl'impeducci della medesima.

2. Decorazione e indoratura di tutta la Chiesa, Cappelle e Cappelloni; i capitelli e fregio secondo il progetto e disegno ideato dal pittore Costa di Vercelli, dal quale viene eseguito.

3. Grandioso altare maggiore, di che già il Bollettino diede il disegno ideato dall'ingegnere cav. Caselli.

4. Elevazione dell'Altare in marmo di S. Pietro.

5. Elevazione dell'Altare di San Giuseppe tutto nuovo in marino, disegno Caselli.

6. Grande invetriata dipinta a fuoco mezzaluna da collocarsi sopra l'Altare di S. Giuseppe, rappresentante la Fuga in Egitto, dipinto del cav. Sereno.

7. Ideare sopra l'Altare di S. Pietro, rappresentante il Santo liberato dal carcere per mezzo dell' Angelo.

8. Sedici finestroni della cupola a vetri istoriati - a figure portanti una invocazione alla Madonna. La spesa di ciascun finestrone è di L. 1250.

9. Quattro altre invetriate, due da collocarsi ai lati dell'Altare di S. Giuseppe, e le altre a quello di S. Pietro. La spesa di ciascuna invetriata è di L. 1800.

10. Ventidue lesene fatte a stucco-lucido, contenente un gran candelabro in bassorilievo, ove trovasi la Via Crucis con fondo dorato. L. 500 l'una.

11. Quaranta colonne grandi della Chiesa fatte a stucco-lucido che stanno eseguendo i fratelli Passera, per L. 50 luna.

12. Sedici altre piccole colonne con capitello nel tamburo della cupola, a L. 60 l'una.

13. Sulla volta maggiore della Chiesa: Apoteosi di S. Francesco di Sales portato in cielo dagli Angeli e l'eresia rovesciata.

14. Cantoria, opera di falegnami, scultori e decoratori.

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARI

Il nuovo Collegio di «D. Bosco » a Paysandù.

Mio AMATISSIMO PADRE,

Paysandú (Collegio D. Bosco), 29 maggio 1890.

Il nuovo Collegio Don Bosco, fondato in questa città al principio di quest'estate, va via prosperando. Oh ! la felicissima idea che fu questa di dar il nome di Don Bosco a questa nuova Casa Salesiana ! ( collocata presso il porto, in posizione perciò felicissima per avere alle scuole ed all'Oratorio festivo un buon numero di giovanetti, degni con meriti maggiori dei primi giovani dell'Oratorio di Torino di essere chiamati i biricchini di Don Bosco.

Qui presso il porto vi ha una popolazione di circa quattro mila abitanti, quasi tutti Italiani.

Alcuni Cooperatori si presero l' incarico di far riparare la Chiesa che da tempo considerevole era abbandonata, ed il giorno in cui la si benedisse fuvvi festa solennissima.

Nell'interno era riccamente tappezzata e sopra l' altar maggiore campeggiava una bella statua di Maria Ausiliatrice. Al di fuori era tutta imbandierata. Imbandierate erano pure le vie di questa parte della città.

Dopo la benedizione della Chiesa e della statua di Maria si cantò Messa in musica. Il sempre carissimo Direttore D. Domenico Albanello fece un eloquente ed infuocato discorso. Il popolo accorso era affollatissimo. Le sacre funzioni riuscirono commoventi e grandiose; vi assisteva anche il piccolo clero formato di buoni giovanetti che col loro divoto contegno edificavano il popolo e ne attiravano la curiosità.

Nel pomeriggio incominciammo a ricevere i giovani per l'Oratorio festivo. Quanto movimento ! quanta allegria ! Quella sera mi pareva di essere nell' antico Oratorio di Torino.

Al rimirare tanti giovanetti, avidi della parola di Dio, accorrere ogni festa alla nostra Chiesa per la S. Messa e le altre sacre funzioni, avvicinarsi con gioia al prete, mentre prima lo bestemmiavano forse ogni volta che l'incontravano, son costretto ad esclamare Digitus Dei est hic; Qui vi ha la mano di Dio.

Ma la dolente nota vi ha anche qui, ed è che ci troviamo sprovvisti quasi completamente di mezzi materiali, degli oggetti necessarii al divin culto; tant' è che per poter dire la S. Messa dobbiamo farci imprestare tutto. Voglia D. Bosco muovere il cuore di qualche buon Cooperatore o pia Cooperatrice, perchè vengano in nostro soccorso.

Amatissimo Sig. D. Rua, anche nella lontana America ha dei figli che l'amano con tutto l'affetto e pregano ogni giorno per lei che è nostro padre e nostra guida.

Riceva i più cordiali saluti dal mio Signor Direttore, dai nostri confratelli e da tutti i giovanetti dei due collegi che ora abbiamo in Paysandú.

Mi benedica e con me benedica tutti i giovanetti che si raccolgono nel nuovo Collegio Don Bosco e mi creda sempre in G. C.

Dev.mo Aff.mo Figlio Sac. GIOVANNI BERALDI.

Entusiasmo pei Salesiani a Bogotà.

REV.mO ED AMATISSIMO

Sig. D. RUA,

Bogotá (Collegio Leone XIII, 19 agosto 1890.

Grazie a Dio godiamo tutti buona salute. Il lavoro non manca, specialmente ai Confessori. In maggio abbiam celebrato, come si fa in Europa, cori grande frequenza di popolo il mese Mariano. Ogni sera la sacra funzione consisteva in un po' di lettura , nella recita del S. Rosario e nella Benedizione col SS. Sacramento.

Altrettanto abbiam fatto nel mese di Giugno, sacro al Cuore dolcissimo di Gesù.

Nel stese di Luglio dedicato alla Vergine SS. del Carmine, Patrona della nostra Chiesa, si volle fare di più. Il nostro buon Direttore, D. Rabagliati, volle tenere una predica tutte le sere. Ma che avvenne? La seconda sera per impedire la gran ressa che si faceva per entrare in Chiesa, convenne mettere alla porta della Chiesa un bel numero di soldati. Per tal modo si evitarono molte disgrazie; giacché l'entusiasmo, o meglio il fanatismo, con che accorrono alle prediche del sig. Direttore ha dell'incredibile. Tutte le domeniche e feste che egli ha da predicare, bisogna prendere tale precauzione per impedire la soverchia calca di popolo. Di tanto entusiasmo, dico il vero, io non trovo altro riscontro in questi tempi che alle prediche del celebre Padre Agostino.

Amatissimo sig. D. Rua, oh se vedesse quale spettacolo intorno ai confessionali ! Dalle prime ore del mattino sino a quando chiudesi la Chiesa la sera sono sempre assiepati. Non ci è mai capitato di uscirne per mancanza di penitenti. Sibbene quando ne usciamo per altri sacri uffici o per non poter più reggere, ne lasciamo sempre un gran numero ad esercitarsi nella pazienza. Oh ! quanto maggior bene potremmo fare se Ella ci mandasse due altri sacerdoti confessori ! Noi tre soli che ci siamo non bastiamo ai bisogni della Chiesa. Ce ne mandi adunque almeno due, sig. D. Rua, e presto. Se le lettere non valgono ad ottenere il tanto sospirato aiuto, speriamo che varranno le ardenti suppliche che farà costi in persona il nostro sig. Direttore tra pochi mesi, quando si recherà in Europa per importanti affari di cui è stato incaricato e per cui, spero, gli sarà pagato il viaggio.

Povero Direttore ! Questo viaggio almeno gli servirà di riposo. Tutti i giorni dello scorso Luglio non usciva mai dal confessionale che all'ora del pranzo. Due ore prima della predica il popolo aveva già invaso la vasta Chiesa, la sacrestia, l' orchestra, ma il Direttore invece di riposarsi per disporsi alla predica, vi si preparava ascoltando le confessioni fino all'ultimo momento. Uscito dal confessionale ascendeva in pulpito; finita la predica andava sull'orchestra, all'harmonium, per suonare e cantare, di poi ritornava al confessionale.

Sappiamo che da tutte le nostre Case dell'Equatore, Brasile, Uruguay, Argentina, Chilì, Patagonia, Terra del Fuoco, Isola Dawson , Isole Maluine , ecc., domandano aiuti; ma per carità, Rev.m° sig. D. Rua, non dimentichi i suoi figli della Colombia. Mentre pel prossimo Gennaio manderà i dieci Salesiani già promessi per Cartagena, ne aggiunga altri per Bogotà.

Gradisca, amatissimo Padre, i più cordiali ossequii. Ci benedica tutti e ci raccomandi al Signore.

Della S. V. Rev.ma

Dev.m° Figlio

Sac. MICHELE UNIA.

Con piacere annunziamo che Don Evasio Rabagliati, già direttore infaticabile di Concezione ed ora di Bogotà, ha posto piede in Europa. Un telegramma da Parigi il 21 ottobre scorso ci annunziava il suo arrivo colà. Prima di venire a Torino, farà una visita ai nostri confratelli di Londra.

NOTIZIE COMPENDIATE.

Collegio d'arti e mestieri del Sacro Cuore a Quito. -- La prima domenica d'agosto u. s. nel Collegio Salesiano d'arti e mestieri del S. Cuore a Quito ebbe luogo una bella festicciuola per la distribuzione dei premi. Furono esposti i lavori eseguiti dagli alunni, ed intervenne numeroso pubblico ad assistere all'accademia che vi si tenne ad onore di S. S. il regnante Pontefice, alla quale presiedeva S. E. Rev.ma il Delegato Apostolico di quella Repubblica.

Ecco come ne parla El Telégrama, giornale Equatoriano : « Mirabile fu la perizia onde gli alunni eseguirono il vario e lungo programma. Tra le molte declamazioni meritaronsi ripetuti applausi l'Ode a Leone XIII dei poeta signor Belisario Peña, il discorso del Direttore D. Calcagno e le belle parole di S. E. Rev.ma il Delegato. - Il pubblico rimase molto contento e soddisfatto del progresso manifestato da tutti gli apprendisti di ciascun laboratorio di questo importante stabilimento, destinato a somministrare alla Nazione operai onorati, abili e laboriosi, assicurando loro così un'onesta sussistenza per mezzo del lavoro fecondo e moralizzatore.

Tal fu lo scopo del paterno Governo che stabilì il Protettorato Cattolico, il quale fu costantemente assecondato dall' amministrazione del l'Ecc.mo sig. Caamaño e dalla attuale. Ci congratuliamo coi superiori del Collegio Salesiano e cogli alunni che han saputo corrispondere alle amorevoli loro cure.»

Per meglio far conoscere quanto fanno i nostri Salesiani di Quito, crediamo pur bene di riportare dal Diario Officiale di quella città, un brano del resoconto che il Ministro dell'istruzione pubblica faceva sulla fine dello scorso anno scolastico al Presidente della Repubblica

« Le Scuole d'Arti e Mestieri dirette dai Salesiani sono uno stabilimento misto, perché ivi non s'insegnano solamente arti o mestieri, ma vi sono ben anche le scuole primarie. Quivi tutti i ragazzi durante il mattino imparano a leggere, scrivere, far di conto ed i doveri del cristiano, e lungo il resto del giorno vengono applicati a quell'arte o mestiere cui da natura sentonsi inclinati... La correzione moderata imposta a tre alunni bastò perché tutti gli altri osservino strettamente il regolamento. - I laboratorii hanno le comodità e le condizioni igieniche indispensabili.. - Il progresso degli alunni nell'istruzione primaria, nella musica, nel disegno, nei mestieri del sarto, falegname, ebanista, ferraio, calzolaio e sellaio è già notevole, poichè hanno già presentati lavori molto commendevoli. - Sarebbe assai utile al paese stabilire ivi una fonderia di caratteri con tipografia e legatoria, perché per aver caratteri siamo ancora costretti ricorrere a Nuova York od in Europa... »

Noi ci uniamo a quei nostri confratelli nell'esprimere la nostra riconoscenza ai Cooperatori salesiani di Quito e specialmente inverso al Governo ed all'Ecc.m° Presidente di quella Repubblica per la valida loro protezione e pel sincero loro affetto inverso di noi.

Confidiamo pertanto, coll'aiuto di Dio e della Vergine Ausiliatrice, di poter sempre meglio corrispondere ai loro generosi desiderii.

Monsignor Cagliero nel Brasile. - Riceviamo dal Brasile in data delli 5 di settembre dettagliate notizie della visita fatta da Monsignor Cagliero e da D. Lasagna alle Case Salesiane di quella Repubblica. Ne riportiamo qui brevi cenni.

I Cooperatori salesiani sono animatissimi nell'aiutare le opere nostre e secondo i nostri desiderii di salvare la povera gioventù

In tutte le nostre Case il lavoro abbonda in modo opprimente, ma colla buona volontà e collo spirito di sacrifizio tutto si sopporta...

Nei Collegi del paese si cambiò l'orario brasileno in quello salesiano che pare migliore.

In S. Rosa di Nichteroy i Salesiani hanno da lottare col clima; ma sono disposti a lottare a costo anche di morire !

Abbondano in molte parti della Repubblica domande e profferte per l'apertura di nuove Case Salesiane. Messis multa, ma i Salesiani ove prenderli per mandarli a lavorare in tanti luoghi?

Monsignor Cagliero tenne tre solenni conferenze ai Cooperatori.

Nella Casa Salesiana di S. Paolo intervennero a feste religiose ed accademiche con Monsignor Cagliero i venerandi Vescovi brasileni, riunitisi in quei giorni in conferenza straordinaria per affari urgenti spettanti al loro ministero. Stimano ed amano assai i figli di D. Bosco e l'opera loro.

Monsignor Cagliero e D. Lasagna si trattennero nel Brasile per oltre un mese. Per le opere nostre la loro visita fu veramente provvidenziale.

Le Letture Cattoliche nel Brasile. - Annunziamo con piacere che i nostri Salesiani nel Brasile hanno anche cominciato la pubblicazione delle Letture Cattoliche con grandissimo frutto specialmente delle classi popolari.

Hanno già tradotto in portoghese (lingua nazionale) e stampato parecchie operette di D. Bosco ed altre scritte appositamente per la collezione. Seppero ben presto imitare l'esempio dei Salesiani dell'Argentina, ove da più anni si pubblicano le medesime letture in lingua spagnuola.

Da questa notizia prendiamo occasione per raccomandare sempre più la diffusione delle Letture Cattoliche che da 37 anni si pubblicano da noi. ogni mese a volumetti in-32' di circa 108 pagine all'infimo prezzo di L. 2,25 d'abbonamento annuo, e formano, come ormai tutto l'Episcopato italiano e lo stesso Papa Pio IX di venerata memoria hanno più volte dichiarato, una delle più profittevoli letture pel popolo cattolico.

Contro il mal di mare. - Ad istruzione dei nostri Missionari e di quanti hanno da viaggiare per mare indichiamo qui un nuovo ritrovato contro il male che molti soffrono in tali viaggi.

Il dott. Idelson di Londra ha scoperto che il male cosidetto di mare è il risultato di un avvelenamento di acido carbonico prodotto dalla mancanza di armonia nei movimenti di inspirazione e di espirazione, la quale trae con sè un'ossigenazione imperfetta di sangue. Per questo avvelenamento il cerebro si reprime e si effettuano dei movimenti riflessi che dan luogo ai sintomi tanto noti.

Il sullodato medico dice che il mezzo più semplice per curar questo male consiste in regolare respirazione, il che si ottiene per mezzo del seguente processo: Si ponga il sofferente su di una sedia e gli si mettano le mani sopra le ginocchia; all'alzar la mano, primo tempo, deve fare un'inspirazione d'aria, all'abbassarla deve fare un'espirazione. - Siccome son necessarie venti inspirazioni per minuto, il sofferente deve procurare di fare il movimento indicato in modo tale da ottenere le venti dette inspirazioni al minuto e colla maggior regolarità possibile. In poco tempo i fenomeni del mal di mare spariscono.

IN COLLEGIO.

In tanti collegi, seminari, ospizi ed altri istituti di educazione si legge ogni mese a pubblica mensa il nostro Bollettino Salesiano. Non ci pare quindi inopportuno in questi giorni, in cui incomincia il nuovo anno scolastico e si riaprono detti istituti, rivolgere due parole ai nuovi convittori, per far con loro conoscenza e per ravvivarla con quelli che già da più anni ci conoscono.

Fummo anche noi un giorno giovani convittori, e provammo quanto costi l'addio ai patrii lari per porre piede in collegio. Il primo passo su quella soglia non fu senza una spina al cuore ed una lacrimuccia che furtivamente ci sfuggiva dagli occhi.

Oh le prime ore di collegio, i primi giorni arrecano a tanti giovanetti cupa mestizia ed acuti scoraggiamenti ! Ma e vorreste sempre esser bamboli? Sempre starvene presso il grembiale della mamma? Fa pur duopo che qualche giorno usciate di casa !

E non pensaste mai ai vantaggi della vita di collegio? In un buon collegio la scienza e le cure degli educatori, gli ordini e le discipline, tutto ciò, insomma, che può illuminare la mente ed educare il cuore non manca, e mirabilmente tutto concorre per formare in voi giovani di forte e retto carattere e perfezionare l'educazione ricevuta in famiglia.

Voi per somma ventura siete stati mandati in collegio cristiano; or bene, quivi sentirete la salutare influenza del sacerdote. Ivi posa la benedizione di Dio che conserva e purifica le anime; ivi frequentansi i Sacramenti, fonti inesauribili di ineffabili soavità, di virtù gagliarde e di grazia feconda per ogni profitto spirituale; la santa parola vi alimenta la vita morale; il culto di Maria vi è amato come il ricordo di una buona madre; tutte le forze divine della pietà vi proteggono contro le debolezze della natura. In collegio cristiano, o cari giovani, vi è più facile la preghiera per preservarvi dal male; la Confessione per sollevarvi più prontamente se siete caduti in fallo; più potente ritrovato la guida delle anime vostre; il direttore spirituale, il cui occhio vigile vi segue, la cui esperienza vi consiglia, la cui benignità non vi lascia senza appoggio nè consolazione.

Non lagnatevi adunque, se i vostri genitori hanno scelto per voi un istituto in cui la religione domina da madre ed è l'anima di tutta la vostra vita di collegio.

Guai per voi, per i vostri genitori e pel vostro avvenire, se vi avessero mandati in certi istituti, in cui la religione è come una madre in pianto, vi ha una parvenza di educazione religiosa, tanto per ingannare genitori e figli ed attirare maggior numero di convittori, ed in verità i frutti ben tristi che se ne ottengono fanno fremere e piangere.

Benedite il Signore, o cari giovani, della ventura vostra.

Corrispondete pertanto alle premure dei superiori ed alle speranze dei genitori.

Siate ubbidienti, rispettosi ; dedicatevi di buon animo e con diligenza allo studio, coltivate la pietà e tutto fate per amore del dovere, per amore di quel Dio da cui proviene ogni bene.

I vostri giorni saran più lieti, passeranno veloci i mesi e gli anni, ma saranno per voi fecondi di ottimi frutti e di molteplici consolazioni pei vostri parenti e benefattori.

Oh felici voi, o giovanetti, soleva dire S. Filippo Neri, o felici voi, che avete tempo a far del bene.

Non perdete quindi la felice occasione che vi offre la vostra età e corrispondete a quanto e Religione e Patria, e Dio e Parenti si aspettano da voi.

Operette di D. Bosco opportunissime pei giovanetti di collegio

Vita di Collegio, L. 0,50.

Vita del giovane Savio Domenico, L. 0, 20 Vita del giovane Magone Michele, L. 0, 15

Il Pastorello delle Alpi, ovvero la Vita del giovane

Besucco Francesco, L. 0, 20

CHE S'INTENDE PER COOPERATORI SALESIANI e che cosa debbono fare.

Molti dei nostri nuovi Cooperatori, nel desiderio di meglio adempiere ai doveri che di sua natura pare imponga una simile ascrizione, ci fanno mille svariate domande, alle quali noi ora risponderemo in poche parole riportando alcune spiegazioni od avvisi importanti già pubblicati in altri numeri del nostro periodico.

Il titolo del diploma o del libretto presentato ai Cooperatori dice quale ne sia lo scopo. Diamone tuttavia breve spiegazione.

Diconsi Cooperatori Salesiani coloro che desiderano occuparsi di opere caritatevoli non in generale ma in ispecie, d'accordo e secondo lo spirito della Pia Società di S. Francesco di Sales.

Un Cooperatore di per sé può far del bene, ma il frutto resta assai limitato e per lo più di poca durata. Al contrario unito con altri trova appoggio, consiglio, coraggio e spesso con leggera fatica ottiene assai, perchè le forze anche deboli diventano forti se vengono riunite. Quindi il gran detto, che: l'unione fa la forza, vis unita fortior. Pertanto i nostri Cooperatori seguendo lo scopo della Pia Società Salesiana si adopereranno secondo le loro forze per raccogliere ragazzi pericolanti ed abbandonati nelle vie e nelle piazze; avviarli al Catechismo, trattenerli nei giorni festivi e collocarli presso ad onesto padrone, dirigerli, consigliarli, aiutarli per quanto si può per farne buoni Cristiani ed onesti cittadini.

Si aggiungono le parole: Modo pratico, per notare che qui non si stabilisce una Confraternita , non un' associazione religiosa, letteraria o scientifica, ma una semplice unione di benefattori dell'umanità, pronti a dedicare non promesse, ma fatti, sollecitudini, disturbi e sacrifizi per giovare al nostro simile. Si è messa la parola: un modo pratico, perchè non intendiamo dire che questo sia il solo mezzo per far del bene in mezzo alla civile società: anzi noi approviamo ed altamente lodiamo tutte le istituzioni, le unioni, le associazioni pubbliche o private che tendono a beneficare l' umanità, e preghiamo Dio che a tutti mandi mezzi morali e materiali per conservarsi, progredire e conseguire il fine proposto. Noi a nostra volta crediamo bene proporre un mezzo di operare e questo mezzo lo proponiamo nell'Associazione dei Cooperatori Salesiani.

Le parole : giovare al buon costume, danno ancora più chiaramente a conoscere ciò che vogliamo fare e quale sia il comune nostro intendimento.

Il Bollettino Salesiano si manda ai Cooperatori e Cooperatrici per ottemperare a quanto è prescritto al n° 7 del capo V del Regolamento ove si legge: Ogni tre mesi ed anche più sovente con un Bollettino o foglietto a stampa, si darà ai Soci un ragguaglio delle cose proposte e fatte, o che si propongono a fare. Laonde resta inteso che questa non è un'associazione estranea alla Pia Unione, e a cui si debba corrispondere con una tangente obbligatoria. Tuttavia chi amasse dal canto suo soddisfare alle spese di stampa e di posta, noi crediamo che sia sufficiente la somma di L. 3 all'anno per l'Italia e L. 3,60 per l'estero.

APPENDICE alle Notizie dei nostri Missionarii

D. Costamagna in viaggio per l'Equatore.

(Seguito). Poveri Indii: - Un corteo funebre. - L'ultimo giorno delle ascensioni. - Festevoli accogienze. - La solennità di Maria Ausiliatrice.

Verso sera, lasciata, la pianura, cominciammo colla pioggia fitta fitta la salita dell' altissimo monte Torneado. Incontra vamo di tratto in tratto frotte di Indii carichi di commestibili, e talvolta in numero di cinquanta, di cento, che trasportavano macchine, pianoforti , ecc. Poveri Indii! Questi dall'Occidente sono molto buoni; i Missionarii han lavorato bene per trasformarli ! Oggi stesso mi disse il Vicario apostolico del Napo, Mons. Tobias, che quelli dell'Oriente invece sono in istato di orribile abbrutimento.

A proposito di questi Indii , or ora furon qui a trovarmi tre senatori di Cuenca, venuti al Congresso nazionale di Quito. Essi mi pregano e supplicano che vada a visitare gli orientali di Mendes e Gualaquiza, che devon esser l'eredità dei Salesiani.

Giunti alla cima del Torneado, scorsi in fondo ad una valle un villaggio detto di San Michele. Volli andarvi per celebrare il santo Sacrificio. Era già mezzogiorno e i montanari tornavan dalla Messa grande alle loro capanne.

All'una e mezzo vi arrivammo. Approfittando del nostro privilegio, dopo d' essermi lavato e mani e piedi e faccia, celebrai la santa Messa, ed accompagnai la sera sull'harmonium le lodi del Mese di Maria, che colà si faceva. Fui albergato da un sant'uomo che chiamasi Giovanni Pio de Mora. Egli è colonnello dello Stato, zuavo pontificio e Intendente municipale, e mi trattò da vero amico.

Il giorno seguente ripresi il cammino verso Guaranda e m'incontrai in passi veramente difficili ; ma vegliava il buon Angelo Custode e Maria SS. Ausiliatrice, e non mi accadde nulla di triste. Le giaculatorie alla Madonna, all'Angelo ed ai Santi del cielo fiorivano sulle labbra.

Toccato Guaranda, mi fermai nel villaggio di Guanujo, ove celebrai la santa Messa nella chiesa parrocchiale e feci un discorsetto della Madonna al Popolo che era accorso numerosissimo.

A cento passi da. Guanujo dovemmo fermarci per lasciar passare un corteo funebre di Indii ed Indie che a passo accelerato portavano un morto alla chiesa. La cassa funebre consisteva in sole tre assi tagliate coll'accetta. Pregavano in quichoa, ed il mio mulattiero, il quale intendeva il loro idioma, m'assìcurò che alle preghiere mescolavano qualche resto di superstizione, e ripetevano con lunghi piagnistei i lamenti della madre del defunto : Figlio mio, tu sparisti come il sole, che ci è tolto dallo sguardo da' neri nuvoloni dell'orizzonte, ecc.

Guadagnate le falde del Chimborazo, ci portammo all'opposto versante; e dopo d'aver incontrati molti pericoli, c'imbattemmo in una casa. Chiedemmo la carità, e ci fu fatta con vera squisitezza dal padrone, colombiano di patria e d'origine italiano, un certo Buccelli. Era preso da forte febbre, ed appena in casa cercai un letto e vi caddi sopra come corpo morto.

All'indomani, settimo giorno di viaggio, la febbre era passata, ed io potei celebrar la santa Messa nel paese vicino di S. Rosa; quindi, fatta una buona colazione in casa del parroco ed accompagnati da questo buon Pastore e da una frotta di amici fino alla città di Ambato, lasciando alla destra il vulcano Tuncurahua, seguimmo il viaggio alla volta di Tacunga, città situata alle falde del terribile vulcano Cotopaxi. La notte di questo settimo giorno fummo cordialmente albergati a Tacunga dai buoni Fratelli delle Scuole Crìstiane. All'indomani, detta Messa nella loro cappella, essendo l'ottava dell'Ascensione, speravamo che dovesse essere pure l'ottavo ed ultimo giorno delle nostre ascensionì sopra di quelle aspre montagne. E non andammo illusi.

Alle 10 di notte entravamo finalmente in Quito, ed alle 10 1/4 battevamo alla porta della nostra Casa Salesiana. Poveri nostri confratelli ! Essi avevano mandati messaggeri e telegrammi fino ad Ambato per fermarmi ed accompagnarmi; essi avevan preparato e fuochi artifiziali e imbandieramenti, ecc.; ed ora dormivano tranquilli il primo sonno, certi che sarei arrivato alla dimane. Quand'ecco si batte alla porta; i cani abbaiano, i fratelli si svegliano, e dubitando di ciò che è, si vestono in fretta e si precipitano al parlatorio. Ed allor quanta gioia, quante lagrime di tenerezza ! Poveretti! era questa la prima visita che ricevevano da un Salesiano dopo il dì della fondazione.

Io ero stanco ed affranto, e le gambe aveva quasi morte, ma il cuor mio batteva a martello pel contento; allora conobbi quanto i Salesiani si amino davvero a vicenda, e benedissi ancor una volta Maria e Don Bosco d'avermi fatto Salesiano.

Il giorno dopo i convittori fecero in ringraziamento la Comunione generale, quindi la banda suonò varii pezzi del nostro maestro Devecchi. Verso sera una scelta orchestra di Quito rallegrava l'accademia che tennero i nostri artigianelli, i quali si distinsero con canti, poesie e dialoghi in castigliano ed anche in latino. Ciò che mi commosse si fu un dialogo , nel quale uno studente mi pregava che impiantassi un noviziato, un ragazzo dell'oratorio festivo voleva un cortile più ampio , un artigiano voleva altri laboratorii, un carcerato carico di catene chiedeva aiuto, e finalmente un Indio interrompeva di quando in quando gli altri, dicendo : Misiones, taita padre, misiones ! - Li ringraziai di cuore, per i bei sentimenti espressimi, dissi di essere venuto per aiutarli tutti, ed in fine li invitai a gridare un viva a Maria Ausiliatrice, un altro a Don Bosco, un terzo a D. Rua ed un quarto a Mons. Cagliero che loro m'aveva inviato.

Il carissimo D. Calcagno ne godeva con tutto il cuore, e poteva così avere un piccolo compenso di tante sofferenze che sono inseparabili da un Direttorato così lontano da tutti i Superiori. Questo buon Direttore , non che i suoi attivi collaboratori, meritano proprio un bravo di cuore.

Intanto il giorno seguente era la festa di nostra Mamma Ausiliatrice, ma, per esser il 24 maggio giorno di festa patria, ed il monte del Collegio essendo tutto imbandierato, la nostra fu perciò trasportata al dì seguente, 25, dì solenne di Pentecoste.

Fu una festa gaia e maestosa. Il Padre Gil della Compagnia nel suo bel panegirico ci mostrò Maria Ausiliatrice come sollevata sulle palme di Don Bosco davanti alla faccia, del mondo intiero, perchè si conosca meglio il potente aiuto di Lei, e conoscendola si ami. Al pranzo intervennero Mons. Macchi, il Delegato Apostolico, che s'intrattenne tutto il giorno con noi. V'intervenne pure il senatore Can. Matorelli e vari altri monsignori ed avvocati, fra i quali il dotto poeta Belisario Peña. Alla sera dopo i Vespri e la Benedizione, razzi, globi areostatici , altri evviva a Maria Ausiliatrice, a Don Bosco, ai Salesiani ed agli Equatoriani tutti.

Adesso si aspetta la conferenza dei Cooperatori, che, per esser la prima che si tiene in questa Repubblica , dovrà farsi con impegno particolare.

La gita agli Indii non è cosa facile per certo. Certi passi bisognerà farli a piedi, chè sarà impossibile che li possa superare il cavallo. Chi sa qual sorte mi toccherà! Ho da andare anche nella Bolivia dove il tragitto si fa pure solamente sopra mule. Benedette mule! Più d'una volta m'hanno sbalzato a terra, ma grazie a Dio, senza alcuna lesione.

Mi benedica e mi creda

Aff m° ed obb.m° figlio in G. C. D. GIACOMO COSTAMAGNA.

Una visita alle carceri. - Conferenza di Cooperatori. - La solenne processione del Corpus Domini. - Doloroso addio.

Riobamba (Equatore) 15 giugno 1890.

Son già di ritorno dalla capitale della Repubblica del Sacro Cuore, e fra quattro giorni, se Dio vorrà, arriverò a Guayaquil, lasciando per ora la visita agli Indii di Mendes e Gualaquiza, a ciò consigliato dall'Autorità competente.

Nel breve tempo del mio soggiorno in Quito ebbi molte e grandi consolazioni, che io vo' raccontare al mio amatissimo Padre D. Rua.

Vicino al nostro Collegio v'è la carcere, chiamata Panoptico, di cui hanno la direzione spirituale i Salesiani. Or bene, la prima domenica del corrente mese si faceva ivi la chiusura del Mese di Maria, con Messa cantata e Comunione generale, ed io fui invitato a far da celebrante. Appena entrato, trovai due ritratti del nostro Don Bosco. A quella vista dissi fra me : Don Bosco in prigione, oh!... certo ne farà delle sue, chè lui è pur sempre il Don Bosco della Generala di Torino. Infatti i nostri Salesiani ebbero la consolazione di veder convertiti tanti cuori induriti nella colpa, e di lupi e scandalosi che erano, divenire docili agnelletti e missionari ai compagni di sventura. Basti il dire che di 124 carcerati, più di cento ricevettero in quella mattina il Pane degli Angeli. Alla Comunione della Messa, fatto un breve fervorino ed avvicinatomi alle cinque grandi inferriate dei corridoi per distribuire loro la SS.ma Eucaristia, vedendo tanta divozione in quei criminosi, mi sentii fortemente commosso; e quando mi vidi portar sopra di un pagliericcio un povero detenuto gravemente ammalato, non potei trattener le lagrime. È pur sempre lo stesso Gesù, pensava, al quale, nelle contrade della Palestina, venivano portati gl'infermi nei loro lettucci perchè li sanasse !...

Sul meriggio dello stesso giorno, nella cappella del nostro Collegio si dava principio alla Conferenza dei Cooperatori. Intervennero, oltre il Presidente del Senato, varie Autorità ecclesiastiche e civili. Dopo la lettura fatta da D. Calcagno del testamento di Don Bosco lasciato ai Cooperatori, dissi io alcune parole sui doveri dei medesimi e della necessità di praticare i mezzi che il caro Padre ha suggerito per esser veri Cooperatori. Dopo la benedizione col Santissimo Sacramento, si passò in una sala vicina, dove si venne a concretar qualche cosa sulle proposte che aveva accennate nella conferenza. Le cose principali che si trattarono furono : 1° L'oratorio festivo, coadiuvato da quei buoni Quitesi, che vorrebbero imitare i Cays ed i Fassati ; 2° l'impianto d'una tipografia che provveda libri buoni ; 3° preparar i premii non solo per i più perseveranti all'oratorio festivo, ma per gl'interni eziandio al fin dell'anno. E qui fu una gara tra i Cooperatori nel disputarsi quali premii si dovessero preparare pei musici, pei singoli laboratorii , e per quelli che avessero avuto miglior condotta. Si propose infine di far una grande accademia in onore di Leone XIII nella stessa occasione della distribuzione dei premii; fu eletto il nostro caro amico ed esimio poeta Belisario Peña a presidente della Commissione., a cui si dava l'incarico di proporre varii temi da trattarsi in onore del Sommo Pontefice. Generali applausi accolsero le proposte; si grìdarono viva a Don Bosco, viva a Don Rua, viva all'immortal Garcia Moreno, fondatore dello stabilimento, e così ebbe termine quella festa, che mai la più cara, e che sollevò assai il tenero cuore del nostro carissimo Don Calcagno, direttore della Casa.

Il giovedì appresso, festa del Corpus Domini, i nostri giovani presero parte alla solennissima processione , colla loro banda musicale nel centro e lo stendardo di Maria Ausiliatrice spiegato dinanzi. Cominciò alle ore 8 antimeridiane e finì alle 10. Fu davvero imponentissima e commoventissima. V'intervenne tutto il Governo, dal Presidente della Repubblica, all'esercito. Il quale esercito, vestito in grande gala, dopo d'esser sfilato davanti al Santissimo, adorandolo, si mise alla retroguardia, come un'immensa coda, facendo echeggiar l'aria di allegre sinfonie, che venivano di quando di quando interrotte dal tuonar del cannone del vicino monte Panecillo.

Il Santissimo era portato da Monsignor Macchi, delegato apostolico, sotto un superbo baldacchino, e sempre fra una densa nuvola d'incenso formata da dodici turiboli, i quali alternavano il movimento loro con quello di altrettanti angioletti che spargevano il cammino di ogni sorta di fiori.

Al rientrar della processione nella cattedrale , le armonie dell'organo del nostro cav. Bernasconi parevano dire ad ogni fedele : Credi, adora ed ama; ed un raggio di sole vivissimo che dal zenit penetrava per una delle finestre della volta, illuminando tutte quelle teste incurvate davanti al Sol Salutis, sembrava annunziarci che le porte del cielo si erano aperte per osservare e ricrearsi di tanta festa, e benedire solennemente questo pubblico atto di fede e d'amore, che verso il suo Redentore Gesù la capitale della Repubblica del Sacro Cuore aveva testè fatto pubblicamente.

La terza domenica del mio soggiorno i nostri alunni andarono a cantare la Messa della Beata Marianna nella chiesa dei Gesuiti. Era il dì della festa di questo giglio, ed io ebbi la fortuna di celebrare proprio all'altare dove conservarsi le sue reliquie. Visitai in seguito il gran convento di San Francesco eretto dai Re di Spagna, quindi il Collegio dei Fratelli delle Scuole Cristiane, che hanno 1200 alunni esterni, tutti maravigliosamente disciplinati; ricevetti la visita di Monsignor Delegato, tutto amico nostro, e quella di Monsignor Arcivescovo di Quito, che, nonostante i quattro attacchi che gli diede l'influenza, volle degnarsi egli pure di restituirmi la visita... e poi al fine convenne pur dar l'addio a questi buoni confratelli di Quito... e partire.

Il carissimo D. Calcagno volle ad ogni costo accompagnarmi con il coadiutore Garrone, e per bei 4 giorni fino a questa città di Riobamba, di dove le scrivo la presente. Gli altri confratelli per altro ed i cento alunni non si contennero dal valicar la porta, e correre e precipitarsi dietro alle mule, che volevano involarci alla loro amata compagnia. I più lesti riuscirono ad afferrarmi alle staffe, cercando di ritardar la marcia, e tutti ci accompagnarono fuori di Quito per ben una mezz'ora. Ad un cenno di Don Calcagno si fermarono in un piccolo spianato d'una valletta, e là al gran sollione circondandomi e facendo ressa perchè non mi muovessi, mi diedero il mesto addio, prima i confratelli, poscia i giovani studenti, quindi gli artigiani, promettendomi tutti tante Comunioni e preghiere pel felice mio ritorno a Buenos Ayres, che dista 45 giornate da Quito.

D. Calcagno piangeva come un ragazzo, ed io, sentendo che le parole di ringraziamento mi si strozzavano in gola per la commozione, data bruscamente una spronata al cavallo m'involai alla loro presenza seguito dal Direttore e da Garrone. - Signor Don Rua, bisogna proprio aprire e presto un'altra Casa in questo lontanissimo Equatore, affinchè i nostri Quitesi si possano aiutare, consigliare e consolare a vicenda.

All' Estancia del Sig. Donoso. - Brutto costume degli Indii Equatoriani. - I danzantes. - A Riobamba.

Nel cammino trovammo in una capanna un povero moribondo che desiderava da tanto tempo un sacerdote ; scesi a confortarlo. Verso sera Don Calcagno volle che andassimo a pernottare all'Hacienda del buon cooperatore Donoso, il quale fa soventi volte di bei regali ai nostri giovani di Quito, mandando legumi, formaggi e perfin le vacche pel latte. Nol trovammo in casa, ma la sua consorte, Donna Allegria Checa-Barba nipote di Mons. Checa, l'Arcivescovo di Quito antecessore dell'attuale, ci ricevette con tutta carità. Dalla bocca di questa signora conobbi meglio tutti i particolari dell'inaudito sacrilego assassinio commesso nella persona del ven. Arcivescovo, il quale, due anni dopo quello del grande Garcia Moreno, venne avvelenato proprio nella Messa (secca) del Venerdì Santo da alcuni satanassi, che gli misero il veleno nelle ampolline. Il Venerdì Santo di quell'anno (1877) cadde il 30 marzo. Or bene, tre anni dopo, il 30 marzo appunto, il capo di quella infame congiura, passeggiando in una via di Parigi con alcuni dei suoi commilitoni, ebbe fracassato le cervella da un pezzo di cornice staccatosi dall'alto, che , lasciando intatti gli altri, diede a lui solo istantanea morte. Quell'infelice chiamavasi Emmanuele Cornejo.

In questa famiglia del signor Donoso si celebrava allora il Mese del Sacro Cuore con cantici, letture e preghiere ogni sera. Eran ben 35 cogli Indii aggruppati intorno all'altarino del Sacro Cuore, ornato di varie immagini. Non mi potei trattener dal far un predicozzo, che quei buoni contadini udirono a bocca aperta.

Il giorno dopo, alle tre del mattino, udimmo una voce fortissima, prolungata. Era, il maggiordomo che svegliava gli abitanti delle colline vicine. Alle 4 eran tutti raccolti nella casa di Donoso e recitarono per mezz'ora le orazioni mattutine. Alle 4 1/2 sparvero; ognuno si portò al campo del suo lavoro, e noi scendemmo al villaggio vicino per celebrar la santa Messa. Quell'Hacienda o Estancia de Donoso è una vera oasi morale.

Pernottammo in Latacunga in casa dei Fratelli delle Scuole Cristiane, e il giorno seguente, ottava del Corpus Domini, verso le 4 pom., arrivammo ad Ambato, dove fummo testimoni di scene le più originali. Appena entrati in città, vediamo varii gruppi d'indii ballare al suon d'un brutto tamburo e d'un piffero, colla testa coperta d'un mazzo di penne e con indosso una specie di tunichella ed una gran pianeta pendente al dorso. Arrivati sulla gran piazza, ci si presenta un nuovo spettacolo. Era zeppa di gente, massime di Indii, vestiti di varvissimi colori, verde, giallo, rosso scarlatto, rosso sangue rosa, ecc. Nei quattro angoli della piazza innalzavansi quattro superbi altari per la processione del Santissimo. In quella ecco che in file più o meno ordinate escon di chiesa molti Indii, portando tre statuette di Santi, protettori delle loro borgate, e cantando non so che inno. Volevan portarli in processione col Santissimo, ma il buon parroco oppose loro il divieto del rito; anzi, appena finita questa loro mascherata di processione, fattisi portare i tre santi, li chiuse a chiave in una stanza , nè si commosse alle replicate proteste di quegli Indii. Quell'ottimo parroco mi assicurò che se non usava di questo rigore, quei signori Indii avrebbero seguito il costume antico di portar i loro santi, per tutta quanta la notte, alla taverna a bere e ballare con loro. Del qual uso eccone l'origine in poche parole. I primi missionarii, volendo dar un premio a quelli tra gli Indii che si portassero meglio e che favorissero la Missione, avevan disposto che si vestissero in quella foggia, quasi ecclesiastica, e, come Davide davanti all'arca quando questa dalla casa del buon Obededon passava al regio palazzo , così essi saltassero accompagnati dalla loro musica davanti al SS. Sacramento. Presentemente per ottenere questo favore vanno due o tre , per turno, eletti dal sindaco d'ogni borgata, a far i servizi della parrocchia, sacrificando tempo, salute e tutto, pur d'ottenere d'esser connumerati tra i danzantes o saltantes. Durante questa specie di noviziato si chiamano Barapanes. Il parroco attuale però, vedendo che questa istituzione era degenerata, non volle più il servizio, per aver in mano il mezzo di por termine a questo scandalo.

Dopo la processione dei santi degli Indii, uscì regolarmente e con molta pompa quella del Santissimo. I danzantes aprivan la processione, ma senza pifferi, nè tamburi. Ad ogni altare fermandosi il Signore, le campane cessavan di suonare, e tutta quella gente riverente prostravasi al canto del Tantum ergo e per la benedizione.

Dopo la processione vi fu il giuoco dell'albero della cuccagna. Alcuni Indii tentaron inutilmente di arrampicarsi, un solo ragazzetto vi riuscì ed ebbe colle ovazioni generali il premio di tutto l'albero.

In seguito ebbe luogo la rassegna dei varii gruppi di danzantes, capitanati dai loro sindaci armati di bacchetta , al suon di pifferi e di tamburi. Venne la notte, e quella musica indiavolata non cessava ; vennero le 10, la mezzanotte, e seguiva ancora. Noi, che alloggiavamo in casa dei Domenicani, annoiati dell'incessante strepito, passammo gran parte della notte in compagnia di uno dì que' buoni Padri, che ci narrò tante cose di questi poveri danzantes. Dopo d' averci esposte le difficoltà di catechizzare gli Indii dell'Equatore, e come sia mestieri penetrare a piedi in quelle selve, facendosi strada a colpi d'accetta, sempre tra nuvole di terribili moscherini, in mezzo a serpenti velenosi, nuotando ad ogni piè sospinto per traghettare i fiumi, e penetrando nel fango talvolta fin ai fianchi, dopo d'averci narrato come lui una volta dando missione giunse al punto da dover mangiar un cane , ed un'altra una specie di rospo per non morir dl fame; dopo d'averci dichiarato che la missione che si voleva dare ai Salesiani era peggiore delle altre, perchè gli Ivaros, Indii di Gualaquiza e Mendes, sono semi-feroci, traditori, da non paragonarsi cogli altri di Zamora e del Napo, che sono d'indole assai mite, quand'anche rozzissimi, finì per dire : Questi poveri danzantes, per prender in affitto le preziose vestimenta che indossano oggi e stanotte, son capaci di vendere, come davvero lo fanno, i proprii figli. Essi credono fermamente che dopo dodici anni d'aver fatto il danzante saranno santi , e come tali , anche senza confessarsi e senza lasciar affatto l'ubbriachezza, si pensano d'aver il paradiso assicurato. Poveri Indii !

Alle tre del mattino seguente, assordati dai continui fracassi dei saltantes, andammo in chiesa per la Messa, poscia c'incamminammo su veloci destrieri per Riobamba attraversando paeselli tutti imbandieratì. Molte bandiere portavano un bel cuore nel centro. Era la festa civica del Cuor di Gesù, cui l'Equatore è consacrato.

Giugnemmo a Riobamba alle 4 1/2 di sera, e prendemmo alloggio presso i troppo buoni Padri Redentoristi, che non finivano mai di farci festa. Un'ora dopo nella loro magnifica chiesa si dava principio alla novena della loro Patrona, La Madonna del Perpetuo Soccorso, e noi La pregammo di rimunerar Ella stessa questi buoni Padri.

Il giorno dopo, visite reciproche del Municipio e di Monsignor Vescovo coi poveri Salesiani; visitammo il grande terreno che si mette a nostra disposizione, pur di venire a prendersi cura dei ragazzi abbandonati di questa città. Riobamba è situata in una vasta pianura tutta circondata da altissime montagne nevose e da vulcani, e presenta un panorama unico nell'Equatore ; l'aria è purissima, la temperatura assai mite, quand'anche per certi geli imprevisti i Riobambesi non s'arrischino a coltivare la vigna. Questa città fu fondata nell'anno quinto di questo secolo, a due leghe di distanza dall'antica Riobamba che nel 1797 fu completamente distrutta dal terremoto. È città pulita, colle strade dritte ed ampie, e promette assai per l'avvenire. Oltre i RR. PP. Redentoristi , vi sono i PP. della Compagnia e gli Oblati di San Francesco di Sales che lavorano con grande frutto.

Amatissimo sig. D. Rua, domattina ho da far l'ultimo distacco; separarmi cioè dal caro D. Calcagno e dal buon Garrone che ritor nano alla loro Quito. Se essi son dolenti, che sarà di me, che dovrò restarmene solo, senza la compagnia dei Salesiani' - Devo passare in Lima, dove tempestano con domande, poscia passerò per quasi tutta la Bolivia. Intanto Ella mi benedica e preghi pel suo

Dev.m° e a.ff.MO figlio Sac. G. COSTAMAGNA.

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE,

La preghiera di una madre. - Io devo confessare, ad onore di Dio e dell'augustissima sua Madre Maria SS. Ausiliatrice ed a conforto di tante povere madri che soffrono e piangono in questa valle di esiguo, d'aver ricevuto la grazia seguente. Avevo un bambino che formava la mia consolazione e la mia speranza; ma, giunto poco oltre ad un anno, mi moriva, e Dio sa con quale mia pena. Mi acquietava tuttavia nella mia disgrazia, perchè il buon Dio mi aveva concessa una figlia che temperava l'acerbità del mio dolore. Ma essa pure mi venne a maucare quando arrivò all'età del fratellino, e per la medesima malattia. Non mi bastava più a lenire il cordoglio l'idea che due angioletti pregavano per me, ma fui quasi per rivolgere le mie doglianze a Dio che mi dava e mi toglieva con tanta severità. Fu in quel momento che , come una soave distrazione, mi si presentò alla mento l'imagine di Colei che raccoglie le nostre lagrime, e non come suolo il inondo, ma ci consola, epperciò dissi: Se Dio mi concede altra prole , la voterò a Voi, Maria Ansiliatrice. Ebbi un figlio che venne a rallegrare la mia solitudine, ma che insieme mi faceva temere che dopo breve ora sarebbe ritornato a Dio. Rinnovai allora la mia confidenza a Maria Ausiliatrice, ogni dì feci una preghiera speciale, e promisi di venire al suo Santuario a Torino, se mi viveva. Giunto all'età fatale, mi cadde annualato; ma mentre più si temeva per lui, io maggiormente ne sperava da Maria Ausiliatrice la guarigione. Il bambino si riebbe di fatto, riacquistò la salute primiera e sta così bene da togliere ogni pena. E la sua buona salute dura da tre mesi. Fedele alla mia promessa, oggi vengo a ringraziare Maria Ausiliatrice, a fare le mio divozioni ed a lasciare una piccola offerta per la mia riconoscenza.

Torino, 8 ottobre 1890.

C. M. riconoscente.

Un pio scultore a Maria. - Da più anni io lavorava presso altri, quando per recare maggior aiuto alla mia famiglia credetti partito migliore aprire uno studio a mio conto godendo così di tutti gli utili dell'arte mia. Ebbi subito a toccar gravi traversie. Non venni meuo d'animo e nei momenti più difficili fui consigliato a raccomandarmi a Maria Ausiliatrice. Fu questo per me un provvido consiglio. Pregai, promisi a Maria una statua di marmo, ed Essa mi esaudì, Troppo lungo sarebbe l'esporre le vie mirabili per le quali Maria SS. mi venne in aiuto. Ne serberò in cuore perenne memoria; e per sciogliere il mio voto consegno ora al Rettore del Santuario di Maria Ausiliatrice la statua promessa, per scolpir la quale posi tutto il mio debole ingegno e paziente studio.

Finalmarina, 8 settembre 1890.

FRATTINI MARIO.

Morondo Varr11o - Il signor Valenti Giuseppe ringrazia Maria Ausiliatrice per la ottenuta piena guarigione di una sua figlia che sventuratamente era divenuta pazza furiosa.

Nizza Monferrato. - La signora Novelli Carolina, maestra, trovandosi gravemente inferma di polmonite, si raccomandò a Maria Ausiliatrice con promessa di offerta al suo Santuario di Torino. Ottenne la grazia e manda riconoscen te l'offerta promessa.

Farigliano. - I signori coniugi Gioachipo e Margherita Durando ricorsero a Maria Ausiliatrice con una novena per la guarigione di un loro figlio gravemente infermo. Al terzo giorno della novena migliorò e dopo altri pochi giorni era interamente guarito.

Cornino (Udine). - Il Reverendo Ch. Pietro E. Marcuzzi ringrazia la Beata Vergine per la guarigione di un suo pareute che per lunga e grave infermità era già per morire. Mentre non v'era più argon ento a sperare e già si trattava dei funerali, il sullodato chierico raccomandò l'infermo a Maria Ausiliatrice. Felice ispirazione! Maria non si fece a lungo aspettare. Dopo breve tempo l'inferno migliorò, uscì quindi di pericolo, entrò in convalescenza ed ora è pienamente ristabilito in salute.

Voghera. - Il signor Pronetti Giacomo consegna l'offerta di L. 100 a nome di persona divota per grazia ricevuta e prega se ne dia cenno nel Bollettino Salesiano.

Salassa Canavese.-La signora Borgiallo Anna manda una tavoletta votiva per riconoscenza e memoria di grazia ricevuta.

Altre grazie attestano riconoscenti

(Loggia) Dugliotti Luigi. - (S. Benigno di Cuneo) Verra Catterina. - (Caraníagna) Battis Maria. - (Novara) Bressi Francesca. - (Cari) l'eretto Catterina. - (Basca) Varengo Lorenzo - Marino Pietro. - (S(íntignano d'Asti) Crevera Giuseppe - Vogliotti Carolina - Dallino Domenica. - (Saluttgia) Barbero Margherita. - (Vill(istellone) Crivello Maria. - (Levaldigi) Canare Margherita - Porta Giulia. - (Castel Rosso) Santa Eugenio. - (Palest-ro) Daffara Giovannina. (Cannerana) Bianco Consolina - Chiavarino Giovanni - Bozzano Antonietta - Raineri Paola - Borgaro Clara - Guarniori Luigi -'Berta Delfino - Careglio Tommaso - Scati Vittorio - Daniele Catterina - Dompó Catterina - Rollone Maria - Careggio Angela - Merlo Giuseppe - Rizzi Luigi - Ferrero Orsola - Parola Agnese - Dutti Margherita - Tola Maria - Gianoglio Bernardo - Leso Carlo - Galli Albertino - Gavino Maria - De Marchesi Santina - Calvo Giovanni.

Altri molti ci scrissero relazioni di grazie o vennero a riferirle a voce; ci perdonino se per la riatrettezza dello spazio concessoci non ne possiamo per ora far cenno.

Accertiamo inoltre che delle relazioni scritte in lingua francese ed in lingua spagnuola si tien conto nei rispettivi Bollettini Salesiani pubblicati pure dalla nostra tipografia di Torino in dette lingue.

Consiglio d'una pia Cooperatrice Salesiana. - Una pia Cooperatrice ci diceva che da più anni, nella stagione invernale, va soggetta a malattie più o meno gravi che la obbligano a spese non lievi ed a tener il letto per più settimane. Non sarebbe cosa lodevole, ci domandava essa, che io promettessi a Maria Ausiliatrice la somma di L. 100 per la decorazione del suo Santuario, se mi concederà salute per modo che non sia obbligata nel prossimo inverno a tener il letto neppure per un giorno?

È meglio assai, abbiam risposto noi, star sani e dar il denaro a Maria od in suo nome alle opere di carità, che cader ammalati e pagar medici e medicina. .In conclusione sarebbe non solo questo un vantaggio per la salute, ma anche per la borsa.

Gli annali del Santuario di Maria Ausiliatrice ci ricordano molti di simili fatti, e D. Bosco diede più volte simiglianti consigli.

Prezzi delle Medaglie, immagini e Statue

di Maria Ausiliatrice. Medaglie di M. A. e del S. Cuore di Gesù : L. 1,10 -

1,60 - 2,00 al cento - 5,00 alla grossa. - D'argento

L. 0,50 - 1,00 - 4,00 l'una.

Immagini di M. A. (cromolitografra) : L. 4,00 - 5,00

- 6,00 - 7,00 al cento. - In distensioni per quadri

da camera, dipinte a mano, L. 0,30 - 0,50 l'una. Statue di M. A. diverse dimensioni. In bronzo : L. 0,30

0,55 - 1,20 - 2,00 - 3,00 -- 3,60 - 5,00 - 12,00. - In scagliola: L. 0,25 - 2,50 - 3,50 - 16,00. -

ln scagliola od in legno, ben dipinte o indorate, a prezzi da convenirsi.

Si eseguiscono pure nei nostri laboratorii immagini cu tela e tavolette votive.

NOTIZIE VARIE

Passeggiata dei giovani dell'Oratorio festivo di San Gaetano (San Pier d'Arena). - Riportiamo dall'eccellente Eco d'Italia il seguente articolo

« Una bella festa Salesiana.

» Gentilmente invitati, abbiamo preso parte ad una cara festicciuola ch'ebbe luogo nell' antichissima ed insigne Badia dei Benedettini al Boschetto presso Rivarolo, ch'è ora proprietà degli egregi fratelli Dellepiano.

Era la cara festa dei fanciulli dell'Oratorio festivo dei benemeriti figli di Don Bosco della Casa di San Pier d'Arena, i quali si recarono colà in numero di circa 200 (una metà circa dell'Oratorio , che conta ben 400 e più giovanetti) con la loro brava musica e con la simpatica bandiera (croce rossa in campo bianco).

Celebrò la santa Messa e impartì la benedizione col Venerabile l'Ill.mo e Rev.mo Monsignor Negrotto, Protonotario Apostolico e Canonico di S. Pietro in Vaticano. Dopo la funzione religiosa, a quei casi fanciulli venne servita una frugale, ma abbondante colazione (merito e fatica particolare del bravissimo signor Giacomino) che mise il colmo all'allegria di quelle tante piccole speranze della patria. Sul finire, due sacerdoti rivolsero opportune e belle parole di circostanza a quei giovanetti , incoraggiandoli a mantenersi fedeli a quella Religione che sola può dirsi vera amica specialmente dei deboli e dei poveri.

Finalmente uno dei più grandicelli tra quei giovanetti lesse un brioso e bellissimo brindisi in vernacolo che sollevò fino al delirio l'entusiasmo dei numerosi convenuti, tra cui notammo alcuni signori colà in villeggiatura e tutti furono veramente ammirati nel vedere quanto bene possano fare e facciano alla società questi ricreatori dei benemeriti Salesiani tanto benefici alla religione ed alla patria. »

Fin qui l'ottimo giornale genovese. Noi ci crediamo in dovere d'agginngere che i due sacerdoti i quali parlarono sono i signori D. Parodi, direttore del giornale L'Eco d'Italia, e D. Dellepiane.

Il primo esordì dalle parole del Salvatore : Sinite parvulos venire ad me, che formarono, a così dire, il programma delle fatiche di S. Gerolamo Emiliani , di cui ricordò brevemente la vita, notando come, di soldato convertito in apostolo, si die tutto all'educazione della gioventù. Indi con tratto veramente da maestro lo paragonò a Don Bosco, che ha con quello tanta rassomiglianza nell'affetto e zelo per la gioventù povera ed abbandonata. Mise in rilievo il gran bene che fanno gli Oratorii festivi, e terminò coll'esortare i giovanetti a frequentarli, mostrarsi riconoscenti ai loro superiori nell'imparare e nel praticare le massime cristiane che loro vengono inculcate, fonte del benessere civile e spirituale. Terminò con un'ovazione a Sua Santità Leone XIII ed a Don Bosco, ovazione che fu applauditissima.

Dopo lui prese la parola il signor D. Dellepiane, che esordì da S. Benedetto, i cui figli fondarono quella chiesa ed Abbazia. Poi ne fece un bel riscontro con Don Bosco ed i suoi figli, anch'essi, come quel gran Patriarca, tutti dati al bene delle anime, specie della gioventù più bisognosa, mediante il lavoro e lo studio. E terminava elogiando Don Bosco, Don Rua ed i loro figli, a cui furon mandati fragorosi evviva, che fecero risuonare quelle sacre mura.

Sian rese vive grazie a tutti quegli illustri e benemeriti nostri benefattori che diedero occasione e mezzo di compiere questa bella passeggiata. Dio ne renda loro il ben meritato guiderdone !

Festa religiosa nell'Ospizio Salesiano di S. Pier d'Arena. - Ci scrivono:

Non crediamo far meglio la breve relazione della festa di S. Gaetano e della premiazione dei nostri allievi che colle parole degli ottimi giornali L'Eco d'Italia ed il Cittadino, che così ne parlano nei loro numeri degli 11 agosto

Nella chiesa dei benemeriti figli di Don Bosco si festeggiava ieri il titolare della parrocchia, San Gaetano. Il tempio, tutto addobbato con eleganza e risplendente di mille faci, accoglieva un'onda di popolo accorsa per assistere alle enunciate funzioni che furon riuscitissime.

Nella mattina ci fu Comunione generale, cui presero parte un gran numero di persone. Verso le 11 la Messa solenne in canto fu celebrata dall'Ill.mo e Rev.mo Mons. Negrotto. La musica, del Gounod fu eseguita egregiamente dagli allievi dell'Istituto.

Ma più efficace fu l'orazione panegirica del santo della Provvidenza, recitata da quel facile e fine parlatore che è il M. Rev. P. Zocchi d. C. d. G., il quale aveva già predicato durante la novena, fattasi solenne con grandissimo frutto e con istraordinario concorso di persone.

Verso sera Vespri solenni e benedizione. Durante il giorno la brava banda dell'Ospizio suonò varii pezzi concertati, eseguendoli con tale abilità da pareggiare le migliori bande musicali. Piacque moltissimo uno Strambotto del M. De-Vecchi con accompagnamento di canto. Ma la nota cara, consolante raggiunse il colmo dell'entusiasmo alla sera quando si videro quei bravi ragazzi alternare in un'accademia veramente magistrale inni, dialoghi e canti e pezzi musicali. Faceva veramente bene al cuore veder quella balda gioventù così fiera e contenta, così buona ed amante dei superiori, i quali tanta cura si prendono di loro per lo più derelitti, abbandonati.

Chiuse la cara festa il discorso del Direttore dell'Ospizio, il Dottore Giov. Marenco, che nella sua bella semplicità piacque assai. Dopo aver detto che la festa era non solo degli allievi e dei superiori, sua e dei cari benefattori, che sostengono l'Ospizio colla loro carità, e specialmente di Don Bosco, che ne fu il fondatore, esortò tutti a calcare lo orme di sì buon Padre, e rendersene degni figliuoli. Finiva pregando il R.mo P. Zocchi a farci udire anche una volta quella sua potente parola che tanto ci aveva commossi nella novena e festa di S. Gaetano.

Il caro Religioso accondiscese, e colla facilità tutta sua propria improvvisò un magnifico discorsetto, in cui pose in grande rilievo l'eccellenza della carità di Cristo personificata in Don Bosco e nelle sue opere, rimpetto alla fredda e gretta filantropia del secolo, che nulla finora seppe trovare in favore del popolo che la distruzione di quelle opere, che per esso aveva fondato la cristiana pietà degli avi. Aggiunse nulla aver che fare la grandezza di Don Bosco colla nullità degli uomini nuovi, ai quali per ogni parte s'erigono monumenti. Che un monumento s'era eretto Don Bosco assai più grande, più prezioso ed imperituro, i giovanetti, cui egli salvò e salva dalla miseria e dalla corruzione ; i giovanetti, i quali, scesi noi fra non molto nella tomba, vittime forse della rivoluzione trionfante, riavvieranno la società al bene, alla virtù, sotto la bandiera di Don Bosco.

È superfluo il dire che una salve straordinaria di applausi pose fine al suo dire sopra ogni elogio eloquente. Così aveva termine quella festa, la cui grata rimembranza resterà certo molto impressa nel cuore di quegli allievi, insieme coi sensi di riconoscenza verso quei cari benefattori che la resero colla loro presenza più splendida.

All' Oratorio dell' Immacolata Concezione - Firenze. - Ricaviamo dall' egregio giornale fiorentino Il Giorno il seguente articolo

Ieri (15 agosto) nell'Asilo Salesiano di D. Bosco in via Frà Giovanni Angelico ebbe luogo la festa in onore di S. Luigi Gonzaga e la solenne distribuzione dei premi ai giovanetti dell'Istituto.

La mattina S. E. Ill.ma e Rev.ma Monsignor dei Duchi di S. Clemente, vescovo ausiliare della Diocesi, offriva l'incruento Sacrifizio ed ammetteva per la prima volta alla Mensa degli Angeli dieci fra quei cari giovanetti. Alle 10 1/4 il M. R. signor D. Luigi Dolfi, priore di S. Salvi, cantava solennemente la Messa accompagnata da scelta musica. Alle 3 1/4 pom. poi si cantò Vespro in musica seguito dal panegirico e dall'Eucaristica Benedizione.

Alle 6 1/2 circa giungeva salutato dalla fanfara dell'Istituto Sua Eminenza il nostro CardinaleArcivescovo, il quale si assideva tra il Direttore dell'Istituto ed il signor Presidente della benemerita Società di Carità reciproca fra operai cattolici sul trono a lui appositamente preparato.

La bella e cara cerimonia della distribuzione dei premi ebbe luogo nel loggiato prospiciente il grande piazzale addobbato con molta eleganza.

Esordì il ch.mo e solerte Direttore sac. Dottor Stefano Febraro, leggendo a S. E. un breve ma elaborato rendiconto sul profitto degli alunni e sull'andamento dell'Istituto nello spirante anno scolastico. Lo stesso zelantissimo sacerdote, che è, non esitiamo a dirlo, più padre che superiore ai suoi alunni, dava parimente lettura di un suo bellissimo discorso, tessendo un raffronto fra il buono e il cattivo operaio, parlando dei doveri dell'operaio.

Fu data lettura delle promozioni degli alunni nelle classi professionali artigiane, elementari e ginnasiali, e compivasi la distribuzione dei premi a quei giovanetti che maggiormente si erano distinti per condotta e studio. Gli allievi premiati sfilavano quasi tutti innanzi al nostro venerando Card. Arcivescovo il quale degnava incoraggiarli e benedirli.

Finalmente prendeva la parola l'illustre Porporato Domenicano, il quale, ascoltato con religiosa attenzione, si rivolgeva ai numerosi alunni di Don Bosco, incoraggiandoli col suo sapiente discorso a diventar l'onor delle proprie famiglie, della Società e dell'Istituto stesso, facendo voti che questo sia sempre fecondo di missionari che rechino l'Evangelio nei paesi infedeli.

Ci passiamo poi dal dire che negli intermezzi furono eseguito delle sceltissime sinfonie e dei bellissimi cori diretti dal M. R. Prefetto.

La sera si illuminò l'Istituto : sulla facciata interna campeggiava la scritta TV. S. Luigi Gonzaga, si incendiarono dei fuochi d'artificio e si eseguirono fino alle 10 dei concerti musicali.

Fu insomma una sì bella solennità, che ha lasciato in tutti il più dolce ricordo. Ed ora un mi rallegro al benemerito Direttore, agli egregi professori e maestri, ai numerosi allievi, in una pa rola, all'intiero Istituto in cui rivive per vero l'anima grande di Don Bosco, e che l'anno prossimo vedremo ampliato di nuovi locali, ed accresciuto di una nuova chiesa.

Musica Salesiana in Saluzzo. -

Nell'ultimo scorso agosto i musici del nostro Oratorio di Torino ebbero l'alto onore di recarsi in Saluzzo per le solennissime feste del novello Beato Giovenale Ancina, già Vescovo di quella città e diocesi. I cantori vi eseguirono scelta musica alle sacre funzioni e presero parte al concerto musicale che la nostra banda doveva dare alla presenza di colto pubblico a modo d'accademia. Riguardo all'esito ci limitiamo a pubblicare poche parole ricavate dal N. 72 del Monviso, giornale di Saluzzo

A proposito del concerto musicale eseguito sabato scorso nel cortile del Seminario, ci viene trasmessa una relazione di un'autorità musicale, che è il cav. Giulio Roberti, scritta, al Superiore dell'Oratorio Salesiano di Torino, che noi di buon grado pubblichiamo

« Rev.m° signor D. Rua,

» Io sono poco amico delle bande in generale e specialmente delle bande, (per lo meno sotto il punto di vista musicale) addette ad istituti di educazione.

» Trovandomi a villeggiare a Barge, ebbi la felice idea di recarmi al nostro capoluogo di circondario, Saluzzo, nell'occasione della festa per il Beato Ancina ed assistetti al bellissimo concerto Salesiano nel Seminario. Quello che vi udii cancellò non solo le mie cattive prevenzioni antibandistiche, ma mi riempì l'animo dì ammirazione.

» Un affiatamento straordinario, una esattezza grandissima nel ritmo e una intonazione perfetta, un chiaro oscuro non mai smentito un solo istante, senza ombra di esagerazione furono i pregi ch'io incontrai subito nella esecuzione della banda Salesiana   

» La parte corale, che è (mi perdoni la buona anima del Fanfani) più la mia partita, mi soddisfece assai, più di tutto la forza e la dolcezza delle note di testa dei soprani e la purezza e giustezza delle note medie dei contralti

» Io non voglio dare un'importanza soverchia ai miei sinceri appunti contenuti in queste affrettate righe; ma non ho potuto fare a meno di aggiungere al coro universale di ammirazione e di riconoscenza verso Don Bosco ed i suoi degni coadiutori e continuatori anche la voce convinta, dell'arte musicale.

» Con rispetto e stima,

Barge, 31 agosto 1890.

« GIULIO ROBERTI

Operai alla tomba di D. Bosco.

- Leggiamo nella Voce dell'Operaio, 5 ottobre, il seguente articolo

Domenica scorsa un manipolo di operai rappresentanti la Sezione di S. Gioachino) si recarono per la visita annuale alla venerata tomba di Don Bosco nel Collegio delle Missioni Salesiane in Valsalice oltre Po. Giunsero al Collegio verso le 6,45 antimeridiane.

Ricevuti con affetto, vennero introdotti ed accompagnati avanti al sacro avello ove riposano le spoglie mortali del più grande Apostolo dei tempi presenti : recitata una breve preghiera, salirono sopra per assistere alla S. Messa, la quale venne celebrata dal M. R. D. Cagnoli, parroco della chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma. Dopo la consumazione ebbe luogo la S. Comunione di tutti i soci presenti.

Finita questa prima Messa, una seconda venne subito celebrata pure all'altare della Cripta, la quale venne udita per ringraziamento recitando in coro il Rosario. Passarono quindi in refettorio per un po' di refezione. Il Direttore della Casa, Rev. sig. D. Barberis, colla sua consueta cortesia li accompagnò poscia a felicitar D. Rua, presidente onorario della Sezione, essendo in quel giorno la vigilia del suo onomastico. Alla presenza di quel santo uomo, successore ad altro santo, il cuore si sente battere forte forte per l'emozione che si prova d'essere davanti a chi è capo di ben 300 mila giovani che obbedienti s'inchinano. Disse qualche parola di circostanza il Presidente della Sezione, facendo voti per una lunga conservazione in vita di sì grand'uomo. Rispose a tutti D. Rua, rallegrandosi della buona memoria che conservano i cattolici operai per D. Bosco, loro presidente onorario perpetuo; ringraziando in pari tempo per gli auguri fatti pel suo onomastico o raccomandando la santa unione e fratellanza cristiana, li congedò dopo d'aver a tutti fatto regalo di una medaglia benedetta dal Santo Padre.

I figli di D. Bosco a Trino. - La domenica 19 ottobre scorso a Trino, nella diocesi di Vercelli, ebbe luogo la solenne inaugurazione ed apertura d' una nuova Casa Salesiana. Per mancanza di spazio, rimandiamo al mese venturo la succinta relazione che ci mandarono di sì bella festa.

FIORETTI per la Novena e Festa dell'immacolata Concezione di Maria Santissima.

Nei nostri archivi conserviamo copia di molti fioretti che il nostro venerando Don Bosco soleva dare ai giovani dell'Oratorio, e talvolta mandava a quelli degli altri suoi Istituti, per bene disporli a celebrare le principali novene e solennità dell'anno. Crediamo di far cosa gradita ai direttori, maestri, istitutori... nelle cui mani perviene il nostro Bollettino, col pubblicar qui alcuni di detti fioretti, che potrebbero servire per la prossima novena e per la solennità di Maria SS. Immacolata.

Il venerando Don Bosco soleva dare detti fioretti nel sermoncino che teneva, ai giovani dopo le orazioni della sera. Nelle novene, invece di dir altro nell'augurar la buona notte, spendeva due minuti nel suggerire e spiegare un fioretto da praticarsi nel giorno se guente. Il suo dire era breve ma efficacissimo e lasciava le più salutari impressioni negli animi di quanti lo udivano. Qui pubblichiamo i fioretti da lui dati nel 1878 per la Novena e Solennità di Maria SS. Immacolata

1° Fortuna di chi si dà a Dio per tempo. 2° Pericolo di perdersi per chi ritarda di incominciare una buona vita.

3° Il gran nemico della gioventù è l'ozio. 4° Il peccato è la tortura del cuore e toglie la pace dell'anima.

5° Detestare il peccato dell'immodestia.

6° Rivista delle confessioni passate, riflettendo ai proponimenti fatti e non mantenuti. 7° Occupare il tempo nei proprii doveri e promuovere il buon esempio.

8° Fuggire come la peste i cattivi discorsi. 9° Amare, conservare a qualunque costo e sacrifizio la santa ed angelica virtù della Purità.

Festa dell'Immacolata Concezione. -Divota Comunione ed attenzione nelle pratiche religiose.

Ricordo. - Frequente Comunione.

PASSEGGIATE. CAPO V.

A Villa S. Secondo d'Asti - Entrata trionfale- I nostri ospiti -- La festa della Madonna delle Grazie - Il ballo -- Al Teatro - Una querela - A Cossombrato - Effetti della musica -- La demolizione di un castello --- A Cursione --- Un po' di ombra - Si parte - A Piea -- Una conoscenza antica.

Quel nostro amico cercò D. Bosco, e, dopo infinite fatiche, lo trovò con gioia reciproca, e tentò di fargli violenza, perchè si fermasse almeno a togliersi la polvere ; ma gli si diceva, che era omai tempo che questa lunghissima giornata finisse, e noi potessimo arrivare a Villa S. Secondo.

Dico finalmente perchè ne era tempo, e ci arrivammo che eravamo stanchi, carichi di polvere, assetati, e veramente col bisogno di riposo. Perciò si andò difilato dall'altra parte di Montechiaro, e via quasi di corsa. La gente si fermò fuori le mura, applaudì ancora una volta alla musìca, e poi ci lasciò liberamente per la nostra strada. La Villa S. Secondo non è molto distante da Montechiaro, ci si disse, e noi con fiducia ci facevamo animo di poter presto riposarci. I primi che arrivarono cominciarono a fermarsi, perciò alla Villa ci si aspettava, e quando quasi tutti fummo raccolti, si die' fiato alle trombe, e via nel paese come ad una giocondissima festa. E festa vera ci attendeva. Ma anche qui, appena al principio del paese si io' sentire il rullo del tamburo e lo strepito degli strumenti musicali , fu un accorrere di gente da tutte parti in modo proprio stravagante. Noi avevamo cercato di metterci in ordine due a due, per fare la nostra entrata quasi quasi come i Romani in trionfo. Sì, trionfo ! Quella gente che irrompeva da tutti i viottoli, da tutte le parti, da tutti gli usci, insistente, numerosa, meravigliata e punta dalla curiosità, impediva persino alla musica di stare unita. La gente che ci preme è molta! era da dire col poeta, e come si sarebbe potuto sperare di non andar sparpagliati? Ce ne erano poi in tutti i costumi.

La musica li aveva sorpresi chi a cena, chi nelle stalle, chi nelle cantine, e come si trovavano, comparvero in pubblico. Uno fu veduto, con le gambe nude e tutte unte di mosto, accompagnare i musici, come fosse stato del più corretto costume. Che parapiglia, che confusione, che allegria, che festa ! E qui di nuovo le solite parole:

« Chi sono? - Dove vanno ? -Donde vengono ? - Sono seminaristi ! - No ! Sono signori, che corrono a divertimento.

« No! Sono musici, che hanno appetito, e vanno suonando per guadagnarne.

« Eppure ci son preti

« Guarda là il nostro pievano, che si riunisce a loro e li accompagna.

« Non ricordi, che ce ne avvisò domenica del loro arrivo? »

Questi ed altri simili erano i cicalecci della moltitudine, accorsa al nostro arrivo, e noi serii, contenti, anzi superbi di quella accoglienza, andavamo dietro al suono, che sempre più si allontanava, e quasi si perdeva in mezzo a tanto frastuono di voci, di grida, di esclamazioni di vario genere. Un bel raggio di luna cominciava a battere sul sacrato e sulla magnifica chiesa, o rendeva più vaga, più fantastica, quasi romantica quella serata. Sulla piazzetta si fermò ancora un istante la comitiva, dando, per così dire, un ultimo saluto a quell'immensa. moltitudine di curiosi, chiamati dalle case a vederci ed a sentirci. Oh! qual magnifica sera fu mai quella per noi nel primo entrare in quel paesello. Sono venticinque o ventisei anni passati, ma ci sta fissa nel pensiero come di ieri. Il buon pievano, teologo Barbero, aveva chiamato Don Bosco ed i suoi figli, con l'intenzione di avere così un aiuto a far meglio una festa alla Madonna delle Grazie, titolare, credo, del paese. D. Bosco, in quella occasione, doveva farne il panegirico. Il buon parroco confidava molto, che la parola del nostro Padre avrebbe incontrata l'approvazione dei suoi figli, i quali ne avrebbero ricavato profitto. Tanto più che, da qualche tempo, quella festa era per lui sorgente di amarezza, e pel popolo causa di scandalo e di peccato. Noi poi per completare la festa dovevamo cantare la Messa, i Vespri ed il Tantum ergo, ed il tutto con l'accompagnamento di grand'orchestra e banda. Il pio e generoso uomo aveva pensato e provveduto ad ogni cosa, Colà abbiamo avuto l'avventura di fermarci la bagatella di più che otto giorni. Ma siccome le cose sono molte, così dirò di alcune con agio e comodità a forma di annalista.

Due parole sui nostri caritatevoli ospiti, i quali fecero del loro meglio per trattar bene D. Bosco e noi suoi figli. Già lo accennai più sopra, che col titolo di Pievano era il teologo Barbero di Govone S. Martino, che in pochi anni rese la sua parrocchia come il modello della Diocesi. La sua pietà, la sua prudenza, il suo zelo illuminato e perseverante, l'avevano fatto padrone di tutti i cuori dei suoi parrocchiani, i quali andavano a gara per secondarlo ed appagarlo, diciamo noi, anche nei suoi desiderii e consigli. Egli componeva le liti, egli aggiustava le questioni, che potevano sorgere, egli preveniva i disordini, e portava dappertutto la pace e la concordia. L'aiutava potentemente con umiltà e con fedeltà il suo curato D. Chà, scorza di ferro, ma cuore d'oro. Amico a Don Bosco, dalla scuola di morale a Torino, l'aveva sempre ammirato nelle sue pie imprese a prò dei giovanetti, che vedeva allora raccolti in S. Francesco d'Assisi a Torino; e, raccoltosi nel sacro ministero nella Diocesi d'Asti, rivide, dopo tanto tempo, e con piacere l'antico suo condiscepolo. In lui trovammo subito un amico cordiale, che sapeva dar ragione della illimitata confidenza di cui godeva presso il pievano. Il paese lo trovava sempre pronto ad ogni bisogno, ed alla sua volta il medesimo D. Chà otteneva dal paese quanto desiderava. Il che si vide meglio, quando il Vescovo, in tempi posteriori assai, chiamò in Asti, alla direzione del Seminario, il sig. pievano, il paese supplicò unanimemente il Vescovo, a volergli almeno concedere, che rimanesse a pievano chi fino allora era stato curato. Terza fra tanta pietà, se possiamo dire, era la sorella del pievano, che era la mamma viva e vera di tutti, e diventò anche di noi. A noi per la sua prudenza, per la sua carità in tutti i nostri bisogni, per la sua industria nel prevenire anche le nostre domande, pareva ritrovare in essa la buona mamma Margherita. Nè voglio dimenticare, il buon Macario, sacrestano della parrocchia, ed affezionato ai suoi come un figlio al padre. Di lui ne riportammo le più care impressioni ; e le sue maniere, i suoi motti, le suo cortesie, ci tornavano sovente alla memoria per tutto l'anno appresso. Quindi la sua bontà faceva che noi ne invocassimo sovente l'aiuto. E Macario di qua, Macario dì là, di su, di giù, come il famoso barbiere della commedia. Non mai che l'abbiamo veduto o impaziente, o scortese, non mai che abbia risposto di usargli un po' di riposo! Ma sempre arrendevole, docile, ilare, rispondeva sempre di sì. Noi gli abbiamo posto un'affezione tale, che quando abbiamo dovuto separarci, non si poterono frenare le lacrime. Anche lui, poveretto, piangeva, malgrado si facesse violenza per comparir allegro, e far a noi quel coraggio, che mancava a lui medesimo. Ecco adunque dove erano capitati D. Bosco con i suoi figli. Ora continuiamo la narrazione, e per meglio intenderci ed evitare la confusione, cominciamo dalla festa della Madonna.

Si era arrivati, come si disse, venerdì a sera, e D. Bosco ebbe a confessare, tutto il sabato mattino, noi giovanetti, che volevamo prepararci per tempo ad onorare la nostra buona Mamma celeste. Il pievano ebbe la bontà di dirci, che piacque assai il nostro contegno a quella divota gente ! Alla sera ci avevano visti e sentiti a suonare, come persone intese solo a divertimenti, ed ora erano meravigliati di vederci così raccolti in chiesa, come non si sarebbero mai aspettato. Qualcuno temeva persino che fossimo causa di disordine. Sì, fummo, ma di ben altra natura. Al sabato mattino molti di noi gìà fecero la S. Comunione, e questo tirò ancora meglio la loro meraviglia, che sparsi qua e là per la terra dicevano gran cose di tutti noi. Quel sabato fu tutto speso nei preparativi per la festa della dimane. Avevamo poi un nemico da scongiurare e da vincere. Nè questo era piccolo, nè debole: anzi potente era ed insidioso.- D. Bosco ne era impensierito, e ci raccomandò di pregare per un suo bisogno speciale.

Ognuno sa come i Monferrìni sono amanti del ballo, e come anzi uno dei più popolari e conosciuti prende appunto il nome da loro. Quindi in ogni festa si prepara il ballo, e guai se manca ! La festa non sembrerebbe, anche ai più moderati, nè lieta nè compita.

Anche alla Villa era stato preparato un ballo, e come ! Si era anzi fatto correre la voce, che da Torino sarebbero venuti musici per la chiesa, e che perciò si sperava che i vicini ed i lontani se ne sarebbero approfittati, e ne sarebbero stati contenti. Questa diceria, che il nostro Oratorio doveva portare il suo concorso per la festa da ballo, rincresceva molto a Don Bosco, e non so che cosa avrebbe fatto, per allontanare anche il più lontano pericolo. D. Bosco promuovere il ballo ? Nemanco per sogno ! Alla domenica mattina intanto le due città.... voleva dire quella di Dio, e quella di Satana, si mettevano in movimento, per compiere ciascuna la sua missione. Don Bosco pareva serio, ma avendo visto alla mattina, quanto fu lunga, un grande accorrere ai sacramenti, sperava che il buon Dio l'avrebbe aiutato; ma temeva sempre sul ballo, che, piantato in capo al paese, minacciava di fare un contraltare non indifferente alla festa di chiesa. Ma la Madonna è da lungo tempo solita a schiacciare la testa del demonio, ed anche in quel giorno si fece sentire. La nostra banda, le voci argentine dei nostri compagni, ben armonizzate con quelle dei tenori e dei bassi, e tutti sotto la guida sicura ed intelligente di Don Cagliero, trattenne quel popolo, che era accorso alla gran Messa, e faceva sperare se non di più, almeno altrettanto alla sera. Era appunto quel tempo, il più pericoloso, ed allora che si doveva combattere la gran battaglia. Imperocchè alle due dopo mezzodì, mentre le campane della parrocchia suonavano per l'ultima volta a distesa per le funzioni religiose, colà a basso, tre o quattro violini, una tromba ed un clarinetto facevano un po' di preludio, per dire che aveva da incominciare il ballo. Si vide in sulle prime arrivare la gente, ma pochetta, e con aria di non volersi fermare. Si sperò tuttavia, e si credette che quel po' di rumore poteva chiamare i soliti amici, almeno gli spiriti forti che si trovano sempre in ogni paese. Dunque un'altra volta e zunne, zunne, tà tà, zunne, zunne con il contrabasso, con i violini e trombe con maggior fracasso di prima, per fare un po' di popolo e togliersi la vergogna. Ma la fu speranza vana, perchè la gente non solo non crebbe, andò anzi via via diminuendo, quando, tacendo le campane, si supponeva che le funzioni di chiesa fossero incominciate. Che magnifico spettacolo! La chiesa, che raramente era piena, e che ogni anno, in quell'epoca aveva da piangere, perchè nessuno la frequentava, era adesso al completo assoluto. Tra la musica, tra la speranza di sentire Don Bosco a predicare; ed infine tra le raccomandazioni delle madri, a cui il buon parroco si era indirizzato, il fatto sta che tutti vennero alla chiesa, e vi si fermarono quanto tempo durarono le funzioni. La predica che ci fece Don Bosco durò più di tre quarti d'ora, e parve un istante. Tutti erano come appesi dal suo labbro, e ne erano santamente meravigliati. Lo intendevano, ecco tutto! Questo fu sempre il gran segreto di Don Bosco, e che cercò di raccomandare ai suoi sacerdoti, parlare popolarmente ed in modo che il popolo capisca. A lui questo studio costò non poca fatica, ma ebbe la consolazione di sapere d'essere riuscito a meraviglia.

La nostra banda, lo dissi già, convertita a piccola orchestra, faceva la sua bella prova anche nei Vespri e nel canto del Tantum ergo, e piacque anche all'udito più di qualunque altra musica.

Al teatro! Dopo le funzioni della chiesa, doveva esservi il teatro ; perchè , si sa , dopo l'utile il divertimento; dopo l'occupazione di spirito, un po' di svago, un po' di allegria al corpo. Ecco come D. Bosco provvide, e come si fece. In un cortile di costa alla chiesa, appartenente ad un nostro buon amico, si era, con l'opera anche di qualche artigiano del paese, fatto su un po' di palco. Si erano uniti insieme due carri di campagna, verso la fonte della casa, lasciando solo in disparte libera la porta. Con alcune corde e con qualche chiodo, si erano fermati insieme ai quattro lati alcuni pali, innalzati per attaccarvi il senario, le quinte ed il telone. La sera, con un apparato da disgradare qualunque compagnia comica, i nostri giovanetti , vollero divertire con un po' di teatro quei buoni contadini. Si era pensato alla luminaria, provveduto al colto pubblico, senza l'inclita guarnigione, accendendo per l'ampio cortile varii fanali, disponendo banchi e sedie da tutte le parti ; e poi verso le sei di sera... cioè quando appena si poteva supporre, che dopo le funzioni avevano fatto un po' di cena, si diè principio al teatrino. Cosa più gioconda non si aspettavano, e, se noi dovevamo giudicare dagli applausi, dalle approvazioni, e più ancora dal concorso, fu una serata indovinata. Immaginatevi un cortile quadrato, che avesse per ogni lato una ventina di metri, tutto rigurgitante di popolo seduto su panche, sedie, scranne, assi posti sopra ceppi di legno. C'era gente, specialmente fanciulli, sopra tutto il recinto, e fin sulle tegole della casetta, dove i contadini, in fondo al cortile, sogliono tenere i loro utensili per le campagne. Per un poco si tenne ordine, per alcuni pochi invitati di Cossombrato, signori di quel castello, ma poi tutto fu occupato, e quasi venne a mettersi di contro e sopra al palco. - Ed il ballo ? erasi tentato di ballare dopo le funzioni, si era dato fiato alle trombe e polvere ai violini, ma la gente non ne voleva proprio sapere. Pareva che avessero tutt'altro per la mente. Si fe' un po' di violenza, si suonarono ancora due o tre correnti, come dicevano, ma poi ai musici cadevano le mani dalle corde, e gli strumenti dalla bocca, vedendo che assolutamente nessuno accorreva, e chi era accorso se ne andava pentito e mortificato. Che fare? Per non essere maggiormente scornati e confusi, credettero miglior partito venire anche loro al teatro, e divertirsi e dimenticare, tra le facezie ed arguzie, che faceva sentire il nostro simpatico Gianduia, la noia passata per la solitudine, in cui erano stati condannati. Si dovette recitare anche la dimane, e sempre con il medesimo concorso, con la medesima soddisfazione e con il medesimo effetto pel ballo, che a tutti i costi aveva voluto rinnovarsi. Si narra di una querela. L'impresario del ballo non poteva darsi vinto e tirar giù quella pillola proprio amarissima, e ciò che più lo angustiava era il danno e le rispettive beffe. Insomma, gli dicevano : « Voi siete venuti a suonare, e siete stati suonati. » Una parte di noi andava a dormire in una casetta, proprio davanti al luogo fatale, e vedeva anche al lunedì quei poveri musici, con lo strumento al braccio, aspettare inutilmente chi non arrivava mai. Qualcuno di noi diceva, ma sotto voce, per non compromettersi, la nota canzone popolare: Bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza! terminando Lasciarci riposar! Al martedì mattino si disfece la baracca, e si deciso proprio di andarsene via. Volle però tentare un colpo maestro, che tuttavia non riuscì, nè certamente per sua colpa. Mentre noi ci preparavamo per an dare ad una passeggiata fino a Cossombrato, si videro entrare due o tre uomini, che chiesero di parlare al pievano, ed anche a Don Bosco. I quali erano proprio lì anch'essi, per accompagnarci in quella escursione di piacere. Cortesi si fecero entrare, si introdussero in un camerino a parte, e poi si manifestarono gli interessati pel ballo, e venivano nientemeno che a reclamare i danni. Pensate, come Don Bosco ed il pievano caddero giù dalle stelle a quella sparata, e non fecero poco se non iscoppiarono in una sonora risata. Uno della comitiva soggiunse, quasi in maniera di minaccia : « Se loro intendessero di rifiutarsi, sappiano che ricorreremo ai tribunali! » Il pievano disse semplicemente, che egli non s'intendeva nè di ballo nè di ballerini, che lui faceva il parroco, e che nella festa egli non si occupava di altro, che di fare che le funzioni riuscissero il più decorose possibili, e che veramente ne era stato contento ed edificato. Che il ballo non era nel suo programma; e che se ci fosse stato, l'avrebbe tolto. Gli altri strepitavano, gridavano, che avevano invitato musici forestieri e teatranti, e che così aveva impedito il loro tornaconto. Don Bosco, vedendo che la cosa si inaspriva, prese egli a dire: « E Voi quanto pretendete? » « Noi avremmo potuto guadagnare almeno un 50 franchi ! » « Ed io ve li darò col patto, che voi me ne diate altri cinquanta e più, pel danno morale e materiale, che mi avete fatto, impedendo che alcuni venissero alla chiesa ed alle funzioni. » Non seppero che dire, si strinsero nelle spalle, si guardarono fra di loro, e poi ridendo dissero: « Oh non ci aspettavamo una simile proposta ! Ci vorrebbe ancor questo ! Non abbiamo guadagnato nulla o si esige ancora cinquanta franchi. Bei guadagni, bei guadagni ! » e così dicendo fecero per alzarsi e andarsene. Il signor pievano fece portare una bottiglia e di quello..., e poi toccando alla monferrina, si lasciarono da buoni amici, non mancando però di dire : « Don Bosco ci dica dove va, perchè non abbiamo mai più ad incontrarci! » - « Si va a Cossombrato. »

Poco distante dalla Villa sta il castello di Cossombrato, un giorno appartenente ai nobili signori conti Peletta. In tanta facilità di mutazioni di vendita e di compera non sappiamo a chi ora appartenga. L'importante è il sapere, che vi si andò, ed invitati a visitare quell'antico edifizio ed a godersi il vantaggio di una passeggiata. La nostra musica, solita a scuotere le fibre degli uomini, minacciò di scuoterle per benino anche ad una vacca. Sì, signori, ad una vacca ! Ecco come.

Mentre si avvicinava al paesello, la musica die' fiato alle trombe, e rinnovò i suoi graziosissimi effetti di chiamare al nostro incontro quante persone erano o in casa, o nei campi. La musica è sempre musica, cioè la benefattrice dell'umanità, e la consolatrice degli afflitti, come lo provò Saul sotto l'impressione dell'arpa e della voce di David. Dunque tutti là col viso, coll'aspetto della persona, e come colti in quel momento, a guardarci, ed a sentirci. Là il paesello presentava quest'aspetto: In alto il castello, che torreggiava coi suoi merli, e si innalzava con le sue formidabili mura, quasi a sfida dei secoli, che passando si erano limitati a stendere sopra un po' di nero, e nulla più; poi la via, poi il paesello d'attorno, poi una riva abbastanza ripida. Su quella ripa pascolava tranquillamente una vacca. Che cosa di più naturale? Brucava quel poco d'erba che poteva, contenta, od almeno senza pensieri od altro: così potevamo credere noi. Ma quando sentì il rullo del tamburro, lo strepito della gran cassa, l'armonia degli strumenti, cominciò ad alzare la testa, e star là a guardarci proprio anch'essa come suole il villan quando s'inurba. E poi come presa dal male di S. Vito, ad agitare la testa, scuotere ed alzare convulsivamente la coda, e mettersi a correre e ballare pel prato e quasi a suon di battuta. Venne verso di noi con la testa alta, con le narici sbuffanti e tutta spaventata, e poi ricorre indietro ricominciando la danza di prima. Appena noi ce ne siamo accorti, pensate, con quale trasporto, fu ordinata una ripresa del divertimento, e tutti ad osservare la vacca, che ballava e correva a precipizio giù a valle, e tornava rapidamente indietro, traendosi indietro il villanello, che non aveva poco a fare per non cadere, e non essere maltrattato in quella corsa vertiginosa. Ciò, che più dava ai nervi della bestia, era il colpo della gran cassa. Non ci volle altro per farci battere giù giù più forte, e far correre più rapidamente qua e là il povero quadrupede. Tutti guardavano e ridevano; nè il bel gioco ebbe termine finchè la musica fu allontanata. - A Cossombrato era in demolizione una parte del castello antico; e così si ebbe un esempio oculare delle vicende e caducità delle cose di questo mondo e delle loro grandezze. Il nuovo proprietario lo distruggeva per i soli materiali, che dovevano servire ad altri edifizi. In quel dì però era capitato un caso che poteva aver dolorosa conseguenza. Mentre dunque stavano varii operai, sopra ad un grosso muraglione, col martello, con lo scalpello e col piccone, e si cantava allegramente, tutto ad un tratto per il paese si sentì un rumore cupo, profondo, che anche la terra ne fu quasi scossa come per terremoto. Fu udito un grido pieno di spavento, e poi un silenzio profondo ed improvviso. La gente sbigottita era accorsa su quel sito, con la prevenzione di trovare chi sa quale strage di persone; ed invece non vide che i muratori, che rovinati giù al piano sopra le macerie, ma soavemente, ma sicuramente, come si corre in barca sopra le acque, si erano già rilevati e si ripulivano, non cessando di guardare in su, senza nemanco pensare da qual pericolo erano stati scampati. Fece poi ridere senza misura la semplicità di un ragazzino operaio, che venuto giù anch'esso, e con maggior pericolo di essere schiacciato, piangeva, gridava e quasi delirava, perchè egli non trovava più una sua scarpa! Si temeva che si fosse fatto male, per i lamenti che faceva, ma lui tranquillo, ripeteva solo: Oh la mia scarpa, oh la mia scarpa ! Nè si acquietò, finche gli si portò la scarpa tutta rotta e rappezzata, con la berretta che gli era caduta di capo. Noi abbiamo ancor potuto vedere il cumulo delle macerie sparse pel dorso della collinetta, e sentire il racconto di quella disgrazia, che per fortuna non recò altro danno che un po' di paura: E la nostra musica compi la gioia del paese, che staccandosi di là, ci accompagnarono alla casa di un nostro amico che ci aspettava con impazienza. Si ritornò intanto alla Villa e ad un'ora abbastanza avanzata, ma lieti della fatta passeggiata. - Si va a Cursione. - La gita che si fece a questo paesello fu per noi un'oncia, anzi una libbra di buon sangue, prima per la novità, e poi per il bene che vi si trovò. Quel caro signor prevosto d'allora volle essere proprio generoso verso i figli di Don Bosco. Sapendo che a Villa potevamo fermarci ancora un giorno, volle che noi l'andassimo a passare con lui. Ci disse che Cursione era quasi alle porte della Villa, e che i suoi parrocchiani desideravano pure di sentire la musica, vedere Don Bosco, e che questi ed i suoi figli non dovevano mostrarsi solo alle frontiere, ma entrare nel territorio, perchè anche colà giuste son l'alme e la pietade antica. Bisognò arrenderci ed andare. Dirò subito che non abbiamo dovuto pentirci di aver tenuto quest'invito. Come si stette allegri, com'ei si fece in più parti, perchè ognuno di noi non mancasse di nulla! Provvide tutto e con molta, anzi con estrema generosità, da Farci passare per proverbio quella camminata pel suo genere e per la sua specie.,

Siamo stati a Carsione, voleva dire nel nostro volgare, quello che presso i latini significava stare in Apolline, cioè bene, benissimo, ottimamente, per alludere la parola d'ordine di quel re dei buongustai, che fu a suo tempo Lucullo. Capitò anzi qui un fatterello, che per essere stato unico in tutto le nostre passeggiate, per la verità storica merita d'essere qui ricordato. Speriamo, che anche il protagonista tuttora vivente, vedendosi qui fotografato riderà anch'esso di ciò che gli avvenne. Comincierò a dire, che egli ora il più allegro umore della brigata, come fra i più affezionati figli, che aveva ed ha Don Bosco. Per accompagnarci nelle nostre passaggiate, sapendo di far piacere a D. Bosco, interrompeva i suoi lavori a Torino, e si passava le sue vacanze con noi, come qualche anno prima, senza pretese e senza eccezioni. Oggi ci aveva preso gusto alla bella festa ; e per accrescerla con i suoi canti, con le sue poesie, per cui diventò assai famoso fra noi, come inventore di un genere nuovo, e con le sue arguzie, aveva interrotto il suo pasto dopo appena un po' di minestra. Fatto sta che cantando, recitando e correndo, la sua ugola si asciugava, e trovava la necessità di inumidirla sovente. Un sorso adesso, due dopo, e poi un altro, senza però ber molto, il poveretto si senti i fumi al capo, lo stomaco imbrogliato, la testa confusa... e conoscendo sè stesso, si accorse che non poteva più essere padrone di sè. Dubitò di essere ubbriaco, pensò a Don Bosco, al dolore che avrebbe potuto avere, al dispiacere dei suoi compagni, e pianse. Chi l'aveva invitato a bere, e ne rideva dapprima, aspettandosi ciò che ne doveva venire, ora prese quel nostro compagno, e lo condusse al riposo. Dopo più di un'ora egli era di nuovo arzillo e in piedi, ma non potè più raggiungerci.

Si va a R... Si dice cche le ombre son necessarie per dar risalto al quadro. Noi le trovammo a R.... Era un giorno di venerdì, e Don Bosco, sapendo che il castello di R... stava dappresso, ci volle procurare anche questa ricreazione. I segni del tempo erano piuttosto sfavorevoli, e ci facevano presagire che doveva in quel giorno piovere. Pareva dunque che la giornata minacciasse qualche sventura. I segni... Veramente i segni li abbiamo poi spiegati noi, ma essi poveretti dicevano niente per sè, e noi ora vogliamo comparire sapienti col dire : Oh l'aveva detto io? E' sempre il caso di ripetere, che del senno di, poi son piene le fosse! Si andò: per via fummo sorpresi dalla pioggia, ed arrivammo colà che, per dirla, con una reminiscenza romantica,, ci voleva il da tanto in su, cioè la pioggia raccolta per la persona, a fine di togliere il da tanto in giù, cioè il fango, di cui erano impasticciate le scarpe, i calzoni più che a metà gamba. Ah Cursione, Cursione ! come era cara e preziosa la tua rimembranza ! Un amico, l'uomo, anzi il re del divertimento, e che ieri aveva dovuto fermarsi colà, ci serviva a richiamarne sempre più il pensiero. Egli aveva pernottato a Cursione, e saputo che noi andavamo a R... venne a trovarvici, ma con fermo proponimento di non gustar vino, per tutto quel giorno e per altri ancora. E siccome andava, dicendo : Acqua! acqua ! per la presa risoluzione di non ber altro per qualche tempo, a noi pareva che volesse far piovere, e gli ripetevamo, scherzando : Vino ! vino ! Quasi quasi ci si offendeva, temendo che noi lo facessimo, per ricordargli l'avvenimento del giorno prima. Intanto il signor di R... ci venne all'incontro per introdurci... Bisogna che io dica tutto quello che ci capitò, e se tacio i nomi, è per non comparire sgarbati anche adesso con rinfacciare una sgarbatezza che ci si usò. Il signor di R..., almeno così ci fu detto, stava un po' sul tirato, avendo forse paura che si guastasse il pavimento del castello, non pensò a condurci all'asciutto.

Meno male però, che, sapendo Don Bosco riparato, noi abbiamo studiato il modo di toglierci dalla pioggia, che insistente, uggiosa e continua, veniva giù in certi tratti come a catinelle. Ricordo che uno di noi per evitare quella bagnatura, salì sul campanile, altri si ritirò nella stalla, chi stette sotto le piante, altri poi senza paura a correre qua e là in cerca di qualche bella veduta. Non si trovò nulla che potesse rallegrare il nostro occhio ed il nostro spirito. Ci fu uno che volle persino recitare, con aspetto e voce tragica, un verso diventato per noi volgarissimo: O mie speranze convertite in fumo ! Tutto combinava in mirabile accordo, pioggia, nebbia, lampi, tuoni, a nostro danno. Si preparò da mangiare, tutto ci pareva cattivo: anche il vino che pur non poteva essere che buono. Non potevamo intendere quella meschinità come si fa delle cose poco gradite, che si coprono all'occhio dei profani, noi abbiamo coperto di un velo questo funereo quadro, e passò in proverbio di mal augurio : Oggi siamo stati a R... Devo dire però, che colà ed in quel castello c'erano anime pie, che ci seppero compatire, non potendo riparare od impedire quello che pareva poco garbo. Era il figlio, giovane di pochi anni, ma di molto e virile ingegno e di fino giudizio, ed a quest'ora già morto, che alcuni anni dopo, diceva con pena l'avventura di quel dì, e se ne scusava, dicendo, che ne aveva sofferto, e come avrebbe voluto avere qualche anno di più per meglio fare le cose. Avevamo con noi il buon parroco di Villa che vedendo la mala parataa mandò subito a casa ad avvisare che noi saremmo arrivati e per tempo, e che si preparasse da farci dimenticare R... E così avvenne puntualmente. Due cose concorsero poi a renderci più gradito il ritorno. Il cielo si era intanto rasserenato, il sole, ritornato sull'orizzonte verso le tre, aveva asciugato un poco il fango, e ci rese più facile la via, formando anche, nel cadere dietro le Alpi, una corona di nuvole così luminose, che lasciò in noi una dolce memoria incancellabile. Un arco, non sicuramente quello di Tito, ma abbastanza bello, sotto cui dovevamo passare, accresceva la nostra illusione, e rendeva più fantastico l'effetto, pareva coronasse il bel quadro del sole, delle nuvole sì ben disposte pel cielo. Oh sera memoranda ! Che rovescio di medaglia per tutto ! Entrando in paese si diè nuovamente fiato alle trombe, e parevamo rinati. Già eravamo asciutti, riparati, lautamente ospitati, e con quel piatto di buona ciera, che fa buon prò anche quando si è meno disposti.

Ala venne finalmente quel giorno che per noi era fatale. Erano passati dieci giorni di vera e chiassosa ricreazione : avevamo visitate palmo a palmo tutte le rarità dei paeselli vicini, ci eravamo divertiti e riposati dalle fatiche annuali, gustate le cantine di quegli invidiabili paesi, ove la cortesia era pari all'abbondanza, cioè immensa ; e Don Bosco ci disse che la cuccagna doveva finire. Alla domenica si recitò una terza volta e con uguale, se non maggior concorso di gente, e poi al lunedì bisognava proprio partire. Con un cuore, che Dio vel dica, preparammo i nostri piccoli fagotti, e dopo un po' di pranzo non guari lieto per la condizione dell'animo nostro, ci dovemmo separare dal venerando pievano e dall'ottima sua sorella, che ci era stata vera mamma, e con reciproco dolore ci siam dati un addio che ci feriva il cuore. Con una voce, che ci discendeva nell'anima volle salutarci tutti, e ciò che era ben singolare tutti per nome. Ella si collocò sulla porta della casa, e di là con l'occhio e con la mano ci salutò ancora una volta. Poi, visibilmente commossa si ritirò, lasciando in tutti noi un vivo desiderio ed una gratitudine eterna. I nostri giovanotti suonarono sul piazzale della chiesa, alzarono il loro fazzoletto, in segno di giubilo e di saluto; ma la loro sinfonia non era più così vigorosa come per l'addietro. Era il caso di dire col povero esule, che suonava il piano-forte

Ma fa l'eburnee dita Scorrer sull'arpa invan; Dell'alma impietosita Partecipe è la man.

Il paese ci venne ancora ad accompagnare, fino ad un buon tratto di via, e poi tornò indietro anche il pievano col suo curato e noi rimanemmo soli e proprio mesti del doloroso distacco.

Verso le quattro si arrivò a Peia. La musica chiamò sul nostro cammino una folla enorme di gente, e non tutta volgare. Fece anche discendere dal suo castello il cav. G... che non si pensava mai di trovare per quelle parti Don Bosco con i suoi figli. Anche noi abbiamo avuto la sorpresa carissima di rivedere ospite e professore in quella casa uno dei primi nostri professori, di cui conservavamo grata memoria. Egli era di Buttigliera d'Asti. Come lo rivedemmo con piacere ! Egli era stato all'Oratorio due anni, incerto tuttavia della sua vocazione, e qui aveva impiegato santamente il tempo in aiuto di Don Bosco facendo scuola di latino, di cui si mostrava esperto conoscitore. Noi temevamo chi sa che cosa di lui, e siccome lo si amava, l'abbiamo riveduto doppiamente con simpatia, perchè già diventato sacerdote. Anche lui ci venne all'incontro con festa, appena ebbe a sapere, che i disturbatori della pace in quell'ora ed in quel luogo erano i figli di Don Bosco. La sua aria serena e cordialissima riverberava la contentezza del cuore, e ci fece conoscere come egli ci rivedeva con affetto.

(Continua).

LANFRANCHI SAC. ANTONIO. RACCONTO. Una Compagnia di Cristiani Cattolici praticanti, ossia considerazioni famigliari sui doveri pratici del Cristiano Cattolico. Torino, Tipografia Salesiana, 1890, in-32.° di pag. 5   L. 1.50 (D).

È un libro che merita di essere divulgato e fatto conoscere per il sodo frutto spirituale che in molti ne potrà provenire. L'Autore, già noto per altri simili lavori, con vivace e piacevole forma tratta in quindici conversazioni famigliari dei doveri pratici d'un buon cattolico. Non già che egli intenda, come ce ne rende avvisati nella prefazione, di offerire al lettore «un Corso completo d'istruzioni catechistiche o un Corso regolare di lezioni morali». Precipuo suo fine fu di porgere, specialmente ai membri delle Società Operaie, delle Confraternite e di altre Associazioni di laici un bel serto di spirituali ammaestramenti. E perchè fossero accolti con più favore, li fece ammannire con bella schiettezza e semplicità ora da un fervente scrittore, ora da un popolano, ora da uno studente, ora da un negoziante e via dicendo. Rendono più variata e dilettevole la trattazione i numerosi esempii, anche recenti, nei quali si veggono come attuati i consigli e le saggie massime inculcate, secondo l'opportunità, dalle diverse persone del dialogo. Noi ci rallegriamo di cuore coll'Autore per questa sua novella opera, che, così ci giova a sperare, riuscirà non meno delle precedenti utile a mantenere ed accrescere la pietà nel popolo cristiano.

(Dalla Civiltà Cattolica, Serie xiv, vol. vii, quid. 965, 6 Sett. 1890).

Elenco dei Cooperatori defunti nel settembre e ottobre

1. Accornero Angela nata Panizza - Torino.

2. Albano Mons. Francesco-Bassano (I'icenza).

3. Andreis-Murialdo vedova Aurelia - Torino.'

4. Ardissone Giuditta nata Grossi - Borganzo Porto Maurizio).

5. Bacicalupo D. Luigi Rett. Vie. For. - Mezzanego (Genova).

6. Baldi D. Carlo - Pontecurone (Aleeaand,°ia).

7. Bollorti D. Gaetano - Albano (l'ero n.a).

8. Bernardo 1). Alessandro - Torchia (Benevento).

9. Bianchi D. Paolo Arcipr. Vie. For. - Vernazza (Genova).

10. Bini D. Giovanni Rettore - Sciano 11. Caneva D. Paolo - Valmarana ( l'icenza).

12. Cardone D. Innocenzo - Nole Canavose (Torino).

13. Carminati nobile Carlo patrizio veneto - S. Maria di Carceri (Padova).

14. Caroli Canonico - Martina Franca (Lecce).

15. Carpinteri D. Francesco Decano - Seicli (Siracusa).

16. Cassini D. Giacomo Prevosto Can. Ceriana (l'orto Maurizio).

17. Checucci D. Odoardo Pievano'- Sovicille (Siena).

18. Cima D. (ido. Lati. Arciprete - Caneve (Udine).

19. Clara D. Vincenzo-S. Daniele del Friuli (Udine).

20. Corradi Angela - San Remo (Porto Maurizio).

21, Cravosio Anfossi cav. Cesare maggiore fanteria - Messina.

22. De Pioli I). Giuseppe Arciprete - ponte di Piave (Treviso).

23. Ferrario D. Giovanni Arciprete - Castìgliun d'Drtelvi (Como).

24. Giachetti D. Carlo Maria Rettore - Palazzo Canavese (Turino).

25. Giaconnzzi Francesco-Ziano(Anstria)

26. Gi:annettino D. Antonio Canonico - l'aleruio.

27. Giordano baronessa Dorotea li. Apostoli - Sassari.

28. Grillo 1o. Ilario Antonio - ColzaTI ajaso !Udine).

29. Griaaudi D. ì'rancescoCurato-Fusignuuo (Ravenna).

30. Guerrini D. Luigi Parroco - Trebbio (Arezzo).

31L li.: risio (:liti ido - Rossignano Monferrato iAlovz vndria).

32. Lanciua cav. Giacwno capitano - S. Giorgio C.uiaveso (Torino).

33. Linguitti 1). Francesco CauonicoSalurno.

34. Loruuzi 1). Francesco Vie. Gen. - Fir,nze.

35. Macchi Carlo chimìeo - à1ilano.

30. Ma nasci D. Pietro Can. Rett. Se minario - Biella (Novara).

37. Maltisc D. Carmolo Prevosto - Seieli (Siracusa).

38. Mruzotto,Giovanni-Bosconero(Torino).

39. Mauziui-Alessandro - Chero (Pia. cenza).

40. Il auzoui Teresa - Frassinetto Po (A l essand ria

41. Mardoui D. Claudiano Parroco - Velletri Roma).

42. Mastropietro l). Vincenzo Arciprete - Cerce Piccola (Campobasso).

43. Mattoacci D. Giovanni- Schio (Vicenzao.

44. Milella Mons. MichelejVescovo - Teramo.

45. Mnllonis Benvenuta - Pradamano (Udine).

46. Negri D. Paolo Are. Vie. For. - Arcoveggio (Bologna).

47. Negrini Luigi - S. Pietro di Lava. gno ( Verona).

48. Nicolicchia D. Gioachino - Palermo.

49. Orlandini D. Antonio Vie. Curato - Bubbiano (Parma).

50. Palagano D. Carmelo - Palermo.

51. Pallotti I). Luigi Segr. Congr. dogi Studi - henna.

52. I'asuli Giovanni- Trento (Avatria). 53. Persegaro D. Stofanu - Morendole (Padovai.

54. Pirotti D. Vincenzo - Sarzana (Od nova).

55. Pisani D. Luigi Canonico - Scio11 (Siracusa).

56. Pitt:uniglio D. Giovanni Canonico Ci(terLule Savoia (Genova)., 57. Quaranta \\Iuus. (7i,,.Butt.Canonico, Prevosto Vicario Genorale e Camer. segreto di 5. S. Leone XIII - saloczo ((]Numi.

58. ReTI.Aeg lu-Rombardnue(Pavia).

59. Rn„azzuni D. Ferdinando Parroco - Lutrutico (I:rrgavaoi.

60. Sabbri D. Pietro maestro - S. Gil. lio (Torino).

61. San Giuliano D. Gio. Batt. Missionario Apostolico - farete (Caserta).

62. Sella D. Giuseppe Cappellano - Tonezza ( l'icenza).

63. Sottalia Felicita - Torino.

64. Sterza dottor Luigi - S. Colombano al Li rnhro (JTrlano).

65. Tostuni D. Angelo Parroco - Sot. to.-hiesi (Berganno).

66. Tiberti Mari:uuia - Saviore (Brescia).

67. 'fogno D. Giovanni Prevosto-LuoZOgno (Noc ival.

68. Torchio D. Gio. Batt. Cameriere di S. S. arciprete -- S. Martino al Tanaro (Alessandria).

69. Treutin 1). Rutenio V cario Sp. - S. Biagio di Callalta (Treviso). 70. Trevisau Rosa nata Rezzadore Lezzo (Padova)

71. Vardi D. Ferdinando - Tegoleto rezzo).

72. Vittorie Tommaso droghiere - Froesasco (Torino).

73. Zavagli D. Giuseppe Rettore- lede Cesare (Firenze).